D O S S I E R
“ Volto amico Inserto da e a t s ccar
Ragazzi
”
&
Dintorni
Gennaio 2014
1
Ragazzi & dintorni 2
Imbattersi in persone moleste non è difficile, oggi, in quanto sono aumentate le possibilità di relazioni e le situazioni di disagio e instabilità, che procurano tensioni e ansie (Attualità). Perfino fra i ragazzi si trovano «carnefici» che danno soprannomi e si prodigano in atti di bullismo, e «vittime» che li subiscono. Ma una via di uscita c’è… (Focus). In rete le persone importune, soprattutto sui social networks, assillano con messaggi, notifiche continue, richieste di conversazioni (In rete). Come difendersi, allora? Il problema è tutto qui: non c’è da difendersi ma da cambiare atteggiamento, passando dall’«ostile» a uno «stile» rispettoso e gentile; al guardare gli altri con occhi nuovi e con volto amico: è quanto emerge dalle canzoni (Musica e fede). Ed è quello che ci indica Gesù, invitandoci a vedere il fratello anche in chi è invadente e insistente. Egli ci spinge, anzi, come figli, a «importunare» Dio Padre, non stancandoci di chiedere (Bibbia nella vita). Il dipinto di Caravaggio ci pone davanti all’amore che tradisce e all’amore che subisce, chiamandoci a scegliere da che parte stare (Colori dell’arte). Il film apre alla relazione, che è possibilità di maturazione anche per l’adulto, «importunato» da un ragazzo (Ciak, si gira). Bakhita, infine, offre un’alta testimonianza di perdono e amore, nonostante le torture subite (Testimoni). Il Test permette di misurare il livello di sopportazione e accoglienza degli altri. La Celebrazione fa sperimentare Dio, come amico paziente e amorevole.
SOMMARIO Molesti e molestati - Tonino Lasconi
pag.
3
»
4
Attualità
Passare dall’«ostile» allo «stile» - Fausto Negri . . . . . . . »
6
In rete
Importuni e molesti in rete - Alessia Cambi
7
Musica e fede
Volto amico? Quale, il tuo? - Mariangela Tassielli
Ciak, si gira
Qualcuno alla porta - Cecilia Salizzoni
Focus
....................
Bibbia nella vita Importuni, ma fratelli - Tonino Lasconi
...................
............» ....»
8
....................»
10
Colori dell’arte
Quel bacio traditore - Fausto Negri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
12
Test
Lo sguardo del cuore - Maria Teresa Panico
14
Celebrazione
Dio è un amico paziente - Veronica Bernasconi
........»
15
Testimoni
Bakhita - Mai una parola di odio - Redazione . . . . . . . . . . »
16
.............»
RAGAZZI & DINTORNI - Sulla scia delle «indicazioni evangeliche» che ci offre papa Francesco, ci lasciamo condurre, ispirati dalle opere di misericordia corporali e spirituali, a sperimentare l’amore del Signore, per declinarlo in gesti e parole di solidarietà. La vivacità delle proposte, con l’utilizzo di tutti i linguaggi, caratterizza il percorso. Da valorizzare in itinerari di catechesi e pastorale giovanile, in campiscuola e ritiri.
Tema: Gesti e parole d’amore «Va’ e anche tu fa’ così» - Mani operose Cuore ospitale - Volto amico - Ali ai piedi - Occhi misericordiosi Parole di speranza - Spirito empatico
Focus
Tonino Lasconi - toninolasconi@gmail.com
MOLESTI E MOLESTATI
P
roponendo le opere di misericordia a bambini e ragazzi, si deve essere attenti a calibrare il messaggio alla loro età e alle loro situazioni di vita. Questa attenzione vale in modo particolare per il sopportare pazientemente le persone moleste. Due molestie sono molto presenti e, in maniera pesante, specialmente fra i ragazzi della scuola media: i soprannomi e il bullismo. Analizziamole per educare bambini e ragazzi a non metterle in atto verso gli altri, e a sopportarle quando ne diventano oggetto.
I
SOPRANNOMI. Fra gli adulti i soprannomi possono essere anche simpatiche espressioni di affetto e di amicizia. Per i bambini non è così. Sono, anzi, motivo di sofferenza e di molestia. Abituati a sentirsi, per i genitori, bravi, buoni e belli (spesso, essendo figli unici, senza possibilità di confrontarsi con i fratelli), al di fuori dalla famiglia si ritrovano a essere considerati dai compagni in maniera completamente diversa: né bravi, né buoni, né belli. on è facile superare questa diversità di giudizio, anche perché i ragazzi delle medie, in particolare, hanno un intuito speciale per individuare e colpire il difetto fisico o il comportamento che procura più sofferenza: le orecchie a sventola, la statura troppo bassa o troppo alta, la conformazione fisica (troppa ciccia o troppo magra), la balbuzie, la facilità a piangere, la timidezza… Individuato il punto debole, non c’è misericordia: arrivano i soprannomi che girano il dito nella piaga: tappo, palla, elefante, scheletro, mammone… Che fare?
N
a prima cosa è combattere i molestatori, insistendo nell’educare al rispetto dei più deboli, ricorrendo anche alla motivazione religiosa: questo è il peccato più grave nel quale possono cadere alla loro età. Tanto grave che, se commesso non per sbaglio o disattenzione, ma con continuità e cattiveria, impedisce di accostarsi alla Comunione.
L
lle vittime, la strada da suggerire è sopportare pazientemente, cioè: fare finta di niente. Non è una strada facile, ma è l’unica. Piangere, chiedere soccorso all’insegnante, fare intervenire i genitori fa peggiorare le cose. Se non possono prendere in giro in classe o durante la catechesi, lo faranno con maggiore pesantezza fuori. Ricorrere ai genitori può scatenare prese in giro più forti: «Uh, il bambino piccolo va a piangere dalla mammina!». Fare finta di niente, anche se dentro il cuore piange, conduce i molestatori, prima o poi, vedendo che le vittime non soffrono, a non provarci più gusto, e a smettere.
A
L BULLISMO. Sembra che le forme vere e proprie di violenza stiano aumentando in maniera preoccupante, forse perché i media, dedicando un’attenzione esagerata al fenomeno, stimolano l’imitazione. Se le molestie diventano pesanti, è necessario aiutare le vittime a trovare il coraggio di fare intervenire gli insegnanti o la catechista, che dovranno essere severissimi a stroncare gli episodi appena si manifestano. Nei casi più gravi, è bene far intervenire i genitori, sia dei molestati e, soprattutto, dei molestatori.
I
3
Bibbia nella vita
Tonino Lasconi - toninolasconi@gmail.com
IMPORTUNI, MA FRATELLI
L
a sopportazione delle persone moleste è una delle opere di misericordia, definite spirituali, perché non riguardano l’attenzione e il soccorso al prossimo nelle sue esigenze materiali (fame, sete, nudità, essere pellegrini, malattia, carcere, sepoltura), ma in quelle di tipo psicologico e culturale (consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti), o più strettamente spirituali (ammonire i peccatori, perdonare le offese). Tali opere di misericordia possono sembrare più facili da attuare rispetto a quelle materiali. Ma non è detto che sia così, come induce a pensare proprio quella alla quale, stavolta, dedichiamo la nostra attenzione: sopportare pazientemente le persone moleste. Affamati, assetati, carcerati… ti possono capitare, infatti, ogni tanto, ma le persone moleste ce le hai tutti i giorni. Non c’è scampo!
LE PERSONE MOLESTE • Sono quelle che ti fermano per strada, e anche se dici che vai di fretta, non ti lasciano più; • quelle che telefonano all’ora di pranzo o cena, chiedendoti: «Stai mangiando? Scusa se ti disturbo», ma poi non la finiscono più; • sono quelle che ti vengono a dare un saluto «veloce», poi si piazzano lì e non riesci a schiodarle; • sono quelle che, quando le vedi arrivare da lontano, cerchi di svicolare per non rovinarti la giornata, ma inutilmente, perché in quella strada non ci sono vie di fuga; • sono quelle alle quali hai spiegato cento volte una certa cosa, ma loro continuano ostinatamente a chiederti quella stessa cosa; • sono quelle che… • In sintesi: sono coloro che ti parlano, ti cercano, ti telefonano, ti incontrano, ti vengono a trovare… preoccupati soltanto di se stessi, senza tenere assolutamente conto di te, del tuo tempo, delle tue esigenze, delle tue urgenze. • Sono come le zanzare, che più le scacci più tornano a ronzarti intorno. • Sono come i sassolini che ti si infilano nelle scarpe, quando non puoi fermarti per toglierli.
DIO E LE PERSONE MOLESTE Nell’Antico Testamento, non si trovano riferimenti espliciti a questa opera di misericordia. • C’è Dio stesso che manifesta quanta pazienza è necessaria per sopportare le persone moleste: il suo popolo che, nonostante le continue attenzioni, non lo ascolta. Sono tante le volte che la sua pazienza è al limite: «Fino a quando mi tratterà senza rispetto questo popolo? E fino a quando non crederanno in me, dopo tutti i segni che ho compiuto in mezzo a loro? Io lo colpirò con la peste e lo escluderò dall’eredità…» (Nm 14,11-13). • Non mancano gli inviti a non essere persone moleste: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 22,20); e – questo un po’ ci sorprende – a evitare le persone che possono diventare moleste, cioè gli stolti, quelli che è inutile perderci tempo, tanto possono procurare soltanto fastidi: «Parlare a uno stolto è parlare a chi ha sonno; alla fine dirà: “Cosa c’è?”» (Sir 22,10); «Che c’è di più pesante del piombo? E qual è il suo nome, se non quello di stolto?» (Sir 22,14).
GESÙ E LE PERSONE MOLESTE • Gesù, come il Padre, è stato messo duramen-
4
Ermes Ronchi (ed.)
LO STRANIERO: NEMICO, OSPITE, PROFETA? Paoline, Milano 2006 pp. 120 - € 8,50 Cinque letture bibliche, sulla figura dello straniero, a sostegno della nostra realtà più che mai bisognosa di accoglienza e fratellanza. Gli autori: E. Bianchi, C. Di Sante, P. Ricca, E. Salmann, R. Virgili, basando la propria riflessione su una realtà biblica, aprono gli orizzonti ai popoli di tutti i tempi e tracciano un itinerario che va dalla paura all’accoglienza per approdare a un evento di salvezza.
Gesù, ci indica il perché dell’impegno a sopportare le persone moleste. Ce lo spiega il grande san Tommaso d’Aquino. Per sopportare chi ci infastidisce occorre avere una motivazione alta che ci fa vedere un fratello anche nella persona più molesta. Questa motivazione è l’amore per il Signore, che è presente anche in lei. Gesù ci chiede di essere insistenti fino alla molestia con il Padre, perché egli, al di là dei nostri difetti e peccati, vede il nostro essere suoi figli. Noi, al di là e nonostante il fastidio, dobbiamo vedere «nostri fratelli» anche nelle persone moleste. • Proviamo a fare un’intervista a persone di fede cristiana, impegnate, a livello lavorativo, nell’ambito sanitario o nel sociale. • I ragazzi si dividono in gruppetti di due o tre. • Scelgono tra medici, farmacisti, infermieri, insegnanti, assistenti sociali, mediatori culturali… • Possibili domande da rivolgere: - Da quanto tempo è impegnato in questa attività lavorativa? - Quali difficoltà le si presentano? - I fruitori del suo servizio, in genere, sono abbastanza rispettosi del suo lavoro? - Hanno pretese? Si dimostrano, spesso, impazienti o addirittura importuni? - Lei come riesce a gestire eventuali insistenze o escandescenze? - È valido, anche in queste occasioni, l’invito di Gesù a relazionarci con tutti, come fratelli e sorelle, e ad amarli come ci ama lui? - Ritiene che papa Francesco, con i suoi gesti d’amore, soprattutto verso i piccoli e i più sofferenti, ci spinga ad assumere un atteggiamento più amorevole verso gli altri? • Dopo un confronto in gruppo, a partire dalle risposte raccolte, i ragazzi verificano i loro atteggiamenti e comportamenti verso le persone «importune»: amici che chiedono sempre aiuto, anziani che ripetono sempre le stesse cose; adulti che non sanno usare i mezzi tecnologici e chiedono il loro intervento… - Che tipo di risposta danno? - Che tipo di risposta sarebbe bene dare? - Sono disponibili verso di loro?
E INSIEM
PERCHÉ SOPPORTARE PERSONE MOLESTE?
CREDIA MO
te alla prova dalle persone moleste: quelle che più segni vedevano e più ne chiedevano; quelle che lo ascoltavano ma facevano, poi, il contrario (gli apostoli che litigavano per decidere chi fosse il più grande: Mc 9,34), tanto che una volta è sembrato sul punto di perdere proprio la pazienza: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?» (Mt 17,17). • Questa esclamazione di Gesù è interessantissima, perché, oltre a farci entrare nella sua profonda e vera umanità, ci fa comprendere il senso del suo invito sorprendente a essere «molesti» con il Padre: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!» (Mt 7,7-11). • «Questa non è molestia, ma insistenza!», si dirà. È vero, ma Gesù rafforza il suo invito con la bellissima parabola della vedova che dà fastidio al giudice che non temeva Dio, andando continuamente a importunarlo (Lc 18,1-8), e con quella altrettanto bella dell’amico importuno, che deve essere accontentato altrimenti non la smette di bussare (Lc 11,5-8).
5
Attualità
Fausto Negri - fausto.negri@libero.it
PASSARE DALL’«OSTILE» ALLO «STILE»
UNO STILE RISPETTOSO Il rispetto (che significa: vedere l’altro dietro la facciata) va oltre la cosiddetta buona educazione: si avvicina alla sacralità di ogni persona. Va in tre direzioni fondamentali: verso la persona, chiunque sia; verso le sue cose; verso le sue idee. Il rispetto è una forza dominata, che viene dal profondo. Forse la vera trasgressione oggi è il recupero di un comportamento gentile, della delicatezza, del buon gusto, della misura. Non è facile passare dall’«ostile» a uno «stile» fatto di educazione e di correttezza. È questo, però, l’unico modo per non cadere nella barbarie. Senza mai dimenticare che se ognuno ha una sua cerchia di «molesti», anche noi possiamo risultare molesti per qualcuno.
6
UNO STILE «ALTERNATIVO» • Ogni ragazzo racconta un episodio circa una molestia ricevuta. Insieme, poi, si cerca il comportamento migliore da assumere in una situazione simile. • Si può anche proporre il brano di un film in cui «un bullo» è affrontato in modo corretto (ad es. Draco Malfoy in Harry Potter).
E
Tutte le opere di misericordia sono attive e, quindi, praticare «la sopportazione» non significa subire tutto quanto. L’indicazione di Gesù: «Siate semplici come le colombe e furbi come i serpenti» (Mt 10,16) è il giusto equilibrio sempre da ricercare. Non significa cedere al buonismo, cioè tacere sul male altrui e rinunciare alla propria identità. L’obiettivo rimane, comunque, sempre l’amore, cioè il bene dell’altro. Talvolta è opportuno comunicare il proprio disappunto in modo schietto e produttivo; altre volte occorre prendere le distanze, proteggere la propria sfera privata; altre volte occorre farsi aiutare da chi ha l’autorevolezza di farlo. Altre, infine, è bene soprassedere… Il verbo «tollerare» significa infatti «sostenere, portare un peso». Pazienza e sopportazione sono collegate tra loro. Non è solo passività, ma esige una buona dose di resistenza, nutrita dalla speranza che anche nell’altro c’è del buono.
INSIEM
CHE FARE?
CREDIA MO
Molesto è colui che è di peso, che risulta sgradevole, che con il suo comportamento o con il suo linguaggio dà sui nervi. Tutti i sociologi moderni sono d’accordo sul fatto che le relazioni sono, oggi, la maggiore fonte di ansia. Infatti, essendo più facili i contatti, è aumentata enormemente anche la possibilità di entrare in rapporto con persone seccanti, insistenti, fastidiose, sgradevoli, irritanti, noiose…
In rete
Alessia Cambi - alessia.cambi@gmail.com
IMPORTUNI E MOLESTI IN RETE
I
n internet chi sono le persone «moleste»? Come nella vita reale chi ci disturba, ci importuna. Nel mondo digitale, soprattutto sui social networks, è facile incontrarne: quelli che usano Facebook, per farsi pubblicità commerciale, e mandano messaggi in posta privata, come la posta indesiderata, chiamata «spam». • Sui social networks ci sono diverse modalità di disturbo: messaggi commerciali; essere aggiunti a gruppi e ricevere notifiche; essere inseriti in conversazioni rivolte a più destinatari, in una sorta di chat, e ricevere notifica di ogni risposta; chi cerca una relazione; persone che, pur essendo nella vostra lista di amici vi infastidiscono, vi offendono e mancano di rispetto anche riguardo alle vostre idee e valori. • Su Facebook è possibile tutelarsi e limitare queste situazioni. Occorre scegliere il livello di «privacy» per il proprio profilo che può essere: pubblico (tutti possono vedere i nostri post e commenti), o privato (solo gli amici li possono vedere e commentare). Su questa pagina ufficiale trovate le istruzioni su come impostare la vostra privacy: www.facebook.com/notes/poliziapostale-official-web-site-fan/come-impostarela-privacy-allinterno-del-nostro-profilo-face book-per-tutelare-la/1015033690 2647240. • Non c’è modo di evitare l’aggiunta del nostro profilo ai diversi gruppi di FB, possiamo solo abbandonare il gruppo (cliccando sulla rotellina di ingranaggio, in alto a destra, e su «abbandona»), mettendo la crocetta sull’opzione di
non essere aggiunti più a quel gruppo, o se il tema del gruppo ci interessa possiamo scegliere di non riceverne le notifiche, cliccando su «notifiche» e levando la «V» di verde. • Per le conversazioni basta «abbandonare» la conversazione. Quando si conosce la persona che crea messaggi multipli, si può chiedere la cortesia di non essere più inclusi, ma spesso la gente se ne dimentica. Anzi capita che, quando si chiede di non ricevere ciò che non si gradisce, si viene offesi o etichettati come persone «stucche, noiose, rompiscatole». Qui bisogna sopportare pazientemente. In casi estremi potete cancellarli dagli amici o, in casi gravissimi, potete bloccare la persona e denunciarla a FB, dicendone il motivo. • Essere bloccati o cancellati fa male come nella vita reale… A me è successo di essere bloccata da mia cognata, alla quale davano fastidio, per la sua sensibilità, gli appelli umanitari e le immagini dei post che le apparivano sulla home, però non me lo ha mai detto, mi ha bloccata e basta e questa cosa mi ha causato molta sofferenza. «Sopportare» significa anche creare un dialogo e arrivare alla radice del problema per risolverlo o accordarsi. Per esempio con amici, che la pensano in maniera diversa da me, sul piano della fede e della politica, non commentiamo i post legati a quei temi, per non litigare e perdere l’amicizia. • Per «sopportare pazientemente» nella vita reale, consultate: www.amicidomenicani.it/leggi_ sacerdote.php?id=1574; www.donboscoland.it/ articoli/articolo.php?id=129347.
7
Musica e fede
Mariangela Tassielli - m.tassielli@paoline.it
VOLTO AMICO? QUALE, IL TUO?
I
l titolo è già un programma! Volto amico, ossia volto da scoprire, da guardare con occhi nuovi, da accogliere con amicizia. Eppure, a guardarci intorno, sembra tutt’altro che facile… o comunque sembra un atteggiamento spesso poco abituale nella nostra porzione di mondo. Questa volta vi propongo di dare il «la» al percorso, servendovi di una canzone alquanto strana. E di fatto l’ho scelta proprio per questo. Il titolo è Mi dai fastidio, dei Camillas, un duo rock di Pordenone, nato nel 1994, ma il cui primo lavoro di composizione è del 2004. Testo alquanto lineare, in cui il mi dai fastidio si ripete costantemente per ben dodici volte, in riferimento a dodici categorie di persone e tutto questo in due minuti e undici secondi. Di fronte a testi simili, la domanda è: • che cosa vive chi sente di dover scrivere e cantare un testo simile? Quanto la loro canzone è, di fatto, una sorta di specchio di situazioni di rabbia, impazienza e intolleranza generalizzata, in cui facilmente ci si può imbattere? Prima di portare i ragazzi oltre, chiedete: • che cosa li infastidisce? • Che cosa li rende impazienti nelle relazioni con gli altri? • Qual è il momento in cui un’amicizia diventa fastidiosa? Aiutateli a esplicitare situazioni ed esempi tratti dalla loro vita concreta. • Quanti stalker (molestatori) abitano attorno a voi e con voi? • Bacheche di Facebook, sms, mail: in quanti ogni giorno vi infastidiscono?
UNO SGUARDO IN GIRO Continuando a dare uno sguardo in giro, proponete ai ragazzi musica e testo di Noi di Jovanotti.
8
E, una volta pungolati dalla canzone, conduceteli dal loro mondo a un ambiente più vasto: la città, la nazione, il continente, il mondo. • Chi sono i molesti? • Chi disturba la nostra tranquillità? • Chi ci dà fastidio, anche solo vedendolo attraverso uno schermo? • Quante situazioni scomode emergono dalla canzone? • «Chi sono questi che vanno avanti per le strade, in testa grandi carichi, in braccio bimbi piccoli… chi sono questi qui intorno a un tavolo che parlano con traduzioni simultanee… chi sono questi uomini che pensano che, al di là del mare, può essere diverso»? • Chiedete con coraggio ai ragazzi: chi sono loro? E chi siamo noi? Chi siamo noi quando «i molesti» ci danno fastidio? Sopportiamo con pazienza e tolleranza? E poi? Se la pazienza finisce? Se i molesti non spariscono? È solo questione di pazienza, oppure in quel «noi», cantato da Jovanotti, c’è molto di più? È solo questione di tolleranza o nella proposta di Gesù Cristo e della parabola del samaritano c’è di più?
• A questo punto avrà più senso proporre, in conclusione, Il più grande spettacolo dopo il big bang di Jovanotti. Si tratta di lanciare la sfida: passare dall’io al noi! Passare dalle differenze che dividono alle differenze che uniscono e moltiplicano le forze. Si tratta di uscire, di aprirsi, di scoprire nell’altro, con le sue particolarità, il volto dell’amico, di quel «Io e te» come «il più grande spettacolo dopo il big bang, altro che il Colosseo, internet, Lady Gaga, l’oro, gli oceani, l’astronave». Testo alla mano, fate evidenziare ai ragazzi i passaggi in cui il cantautore descrive quell’«io e te» e fate aggiungere altre azioni, a partire dall’esperienza in gruppo, a scuola, a casa, in parrocchia. «Io e te, volti amici e cuori fratelli» siamo chiamati a costruire amore, sempre!
Facciamo la differenza! L’obiettivo è quello di aiutare i ragazzi a non fermarsi alle differenze che allontanano, ma a scoprire l’altro come amico, fratello con cui fare la differenza, nel costruire relazioni più positive.
E
ATTIVIAMOCI CON UN’ESPERIENZA DA VIVERE
INSIEM
Il nostro percorso procede ora attraverso due canzoni. L’obiettivo è quello di dare un volto, di riconoscere nei «molesti» persone in carne e ossa, con una storia e con esperienze da cui sono stati segnati. Dobbiamo arrivare a riconoscere, in altri anonimi e molesti, fratelli e sorelle come noi, che vivono e respirano la nostra stessa aria. • Tiziano Ferro con La differenza tra me e te e, poi, Jovanotti con Il più grande spettacolo dopo il big bang ci aiutano in questo tentativo. Indubbiamente uno degli ostacoli più insormontabili nelle relazioni sono le differenze. «Ciò che ci distingue» si mette fra noi, diventando ciò che di fatto ci divide, ci rende intoccabili, inavvicinabili, spesso nemici. • Tiziano Ferro, attraverso la canzone, può aiutare i ragazzi a mettersi di fronte all’altro, per scoprire come le differenze possono diventare opportunità. Se tutti fossimo soprani o tenori, non potremmo cantare a più voci; se tutti suonassimo il violino non esisterebbe l’orchestra; se tutti fossimo medici, chi farebbe il pane? Le differenze possono aiutarci a guardare il mondo da più punti di vista; l’essere diversi permette a un amico di incoraggiare chi è disperato, di tendergli una mano. Accompagnate i ragazzi a scoprire le differenze, a dare voce alle proprie differenze rispetto agli altri, amici o nemici, e dedicate a questa ricerca un incontro specifico, come descritto nel box.
CREDIA MO
SCENDIAMO PIÙ IN PROFONDITÀ
• Riascoltate la canzone di Tiziano Ferro, La differenza tra me e te. Partite dalla conclusione del testo: «Uno sorride l’altro piange… è bellissimo». Il bello non è renderci tutti uguali ma, nella nostra originalità, scoprire quanta vita vibra nelle nostre differenze, da dove esse vengono, perché esistono. • Aiutate i ragazzi a descriversi, a raccontarsi, a dire quali sono, in loro, quelle differenze che, a volte, vorrebbero evidenziare e, a volte, vorrebbero far sparire. Sarebbe interessante riuscire a farlo in gruppo, uno dopo l’altro, magari con un po’ di tempo per pensarci su, così che ci si ascolti reciprocamente. • Se, però, non sentite il gruppo pronto, allora potreste far scrivere un testo ai ragazzi, come se fosse un post per Facebook, un video per YouTube, una lettera… da leggere o far vedere, poi, in gruppo. Ciò che conta è aiutarli a essere veri e ad andare in profondità… a raccontarsi. • Alla fine radunate le loro condivisioni, scritte o espresse da simboli e, in un momento di preghiera, offritele al Signore, magari mentre bruciano grani di incenso e ne esala il profumo. Consegnate, poi, a ogni ragazzo un segnalibro con il nome di un altro del gruppo, perché ognuno diventi custode del proprio fratello/sorella.
Sul blog www.cantalavita.com, sul box in alto a destra, trovate il link alla preghiera che potrete proporre per concludere l’incontro e che potreste consigliare ai ragazzi di pregare, ogni giorno, all’inizio della giornata.
9
Ciak, si gira
Cecilia Salizzoni - c.salizzoni@diocesitn.it
QUALCUNO ALLA PORTA
W
ill Freeman ha 38 anni, ma è come Peter Pan, un ragazzo prigioniero di un’isola. Per la verità Will Freeman (il nome = uomo libero è un programma di vita) è convinto che ogni uomo sia un’isola, ed è felice che sia così, tanto più che lui ha i mezzi per vivere senza dipendere da nessuno e senza dover rendere conto a nessuno. Lui si vede come un’isola affascinante e alla moda, come Ibiza, che attrae le turiste in cerca di avventure. E questa è l’unica eccezione di contatto che Will ammette, purché avventure restino: rapporti usa-e-getta, senza implicazioni. Per il resto, Will crede di essere ben attrezzato per tenere dentro casa le cose piacevoli e fuori casa ogni realtà molesta, cioè chiunque e qualsiasi cosa lo sottragga al perseguimento del proprio piacere. L’ultima cosa che avrebbe immaginato, iscrivendosi al gruppo «Soli insieme» per genitori single con figli (con l’unico intento di conoscere donne disponibili a relazioni occasionali), era di trovarsi ad aprire la porta a Marcus: 12 anni, con madre single, «alternativa» e depressa. Esatto contrario del conformista e consumista Will, Fiona ha scelto per sé e per il figlio un’isola ideologica e fuori moda, stile hippy anni ’70, e Mar-
10
cus ci starebbe anche bene se non dovesse andare a scuola e confrontarsi, ogni giorno, con un mondo radicalmente diverso. La realtà quotidiana è letteralmente «una mole» che schiaccia Marcus: da un lato, infatti, deve reggere il peso della propria diversità di fronte a compagni superficiali e ottusi che lo prendono di mira; dall’altro deve fare i conti con la fragilità della madre che, al contrario di quanto essa crede, non sopporta la solitudine, ed è talmente depressa da tentare il suicidio. È a quel punto che Marcus pensa di uscire dal circolo vizioso, trovandole un compagno. «Se sei in due e uno perde la testa, rimani solo», ragiona Marcus, «due non è un numero perfetto, meglio tre». E punta su Will…
UN PERCORSO DI GUARIGIONE Pur non essendo bello come il romanzo di Nick Hornby, da cui è tratto, About a boy - un ragazzo è un film azzeccato e godibile, con Hugh Grant perfetto nei panni di Will Freeman. Un film che mette a fuoco con modi lievi, ma incisivi, il malessere di una società incapace di uscire dal narcisismo infantile e di aprirsi a relazioni autentiche. Un ritrat-
Titolo: About a boy un ragazzo Regia: Paul e Chris Weitz Interpreti: Hugh Grant, Toni Collette, Rachel Weisz, Nicholas Hoult Genere: commedia • Origine: Usa/GB 2002 Durata: 101’ • Consigliato: da 12 anni Distribuzione: Universal Pictures, 2003
E INSIEM
SCHEDA FILM
CREDIA MO
to della crisi dell’individuo e del modello familiare che ne discende, nella società della tecnica, ma allo stesso tempo un percorso di guarigione che avviene grazie al fatto di aver aperto la porta all’importuno. • La determinazione del ragazzino, il vicolo cieco in cui si trova, la forza di sopportazione alimentata dall’amore e orientata all’amore che egli dimostra, metterà l’adulto di fronte al vero se stesso, più immaturo del ragazzo che si rifugia da lui, dopo la scuola, per sfuggire alle molestie dei coetanei e all’incubo di una madre che potrebbe ritentare gesti estremi. • Marcus e Will, insieme, giorno dopo giorno, matureranno e impareranno ad affrontare il mondo. Will imparerà da Marcus ad accettare la verità e riconoscerà – grazie alla donna di cui finalmente si innamora – il vuoto insensato e insignificante della propria esistenza. Imparerà a prendersi cura degli altri e arriverà a compiere l’impensabile, per lui che ha sempre badato a rendersi invisibile nella folla: esporsi al ridicolo per salvare Marcus da «un suicidio sociale». Sul palco della scuola, non solo sopporterà di accompagnare – chitarra e voce – l’aborrita Killing me softly, canzone-feticcio della relazione madre-figlio, ma si identificherà a tal punto da cantarla chiudendo gli occhi, proprio come Marcus e Fiona. • Questa identificazione, che segna la rinascita di Will e l’apertura degli occhi di Fiona, suggerisce un nuovo aspetto della persona «molesta» che, a volte, non è molesta per come è, o per ciò che fa, ma per la somiglianza nascosta e negata che porta alla luce nell’altro. Sopportare e accogliere l’altro nei suoi limiti e mancanze, permette di riconoscere i propri, e così facendo di porre le basi per sanare fratture antiche. • Il punto di Will, che motiva la sua fuga dagli uomini – «se gli altri possono renderti felice, possono anche renderti infelice» – vale anche in senso contrario. Come pensa Marcus. Il Natale dopo, a casa di Will, ci sono tante persone, e lui è costretto a riconoscere che «alcuni uomini fanno parte di un arcipelago di isole» e «sotto l’oceano, in effetti, le isole sono collegate». • Quanto a Marcus, è convinto che la coppia non basti e ci voglia «un appoggio»: adesso tutti e due hanno un appoggio.
PER SCANDAGLIARE IL RACCONTO • Per il modo in cui mette in scena un fenomeno tipico del nostro tempo – l’adolescenza protratta degli adulti e l’adultizzazione precoce dei ragazzi – About a boy è un film adatto a genitori ed educatori. Tuttavia anche i ragazzi ne possono cogliere bene il nocciolo e specchiarsi in entrambi i protagonisti. • Il racconto filmico utilizza una struttura parallela, sottolineata da «tendine», che affianca l’esperienza di Will e quella di Marcus: - Che cosa significa questa scelta espressiva? - Chi è il protagonista? E il ragazzo del titolo? - Chi si trasforma, in che modo e grazie a chi? • Tra le cose che Will non sopporta, c’è la canzone del padre che gli dà da vivere: - Perché? Che relazione aveva il padre con quella canzone? - Che relazione aveva Will con il padre? • Come entra il Natale in questa storia? - Cosa accade il primo Natale in casa di Marcus? - Cosa sente Will? - Cosa accade il Natale seguente in casa di Will? • Al di là di questa storia: - Che cos’è accaduto a Natale? - Che cosa «sopporta» Dio, facendosi uomo? - Perché lo fa? Che cosa offre alla fragilità dell’uomo? - Che cosa «ri-unisce»? - Che cosa può accadere anche a noi a Natale, se gli «apriamo la porta»? • La storia di Marcus e di Will riguarda anche ciascuno di noi? - Quali sono le cose che ci danno fastidio negli altri e perché? - In base a cosa giudichiamo chi è diverso da noi? - Quale spazio siamo disposti a fare agli altri sul divano di casa nostra? - Quale tipo di relazione cerchiamo con gli altri?
11
Colori dell’arte
Fausto Negri - fausto.negri@libero.it
QUEL BACIO TRADITORE
A
ttorno è notte, i soldati arrivano alla luce delle lanterne che si riflette sulle armature. La luce sulla tela è un bagliore che esplicita sui volti i sentimenti dell’animo. Il quadro è chiaramente diviso in due blocchi di figure contrapposte.
UN PESANTE MACIGNO • Il blocco di destra sembra un pesante macigno che si rovescia addosso al Cristo inerme con la brutalità degli sguardi truci, la pesantezza degli elmi e delle corazze che assorbono e rimandano la luce. - I visi dei soldati sono schermati, allusione possibile alla furia di una violenza che prefe-
Cattura di Cristo nell’orto olio su tela, cm 133,5x169,5 1602, Caravaggio National Gallery of Ireland (Dublino)
12
risce restare senza nome e senza volto; le mani, invece, si stringono a tenaglia come se volessero afferrare una preda, a riprova di un cerchio che inesorabilmente si chiude senza scampo sull’innocente. Vengono a prendere Gesù come se fosse un bandito. - Anche Giuda lo assale come se fosse un delinquente e lo attira a sé afferrandolo con violenta decisione. La sua mano pare un artiglio.
UN TRAGICO PARADOSSO • Gesù, sulla sinistra, cerca di discostarsi da Giuda, allontanando il viso. Gesù va tolto di mezzo al più presto, perché non si veda più quel viso che interroga. È lo scandalo insopportabile di un Dio che si è fatto uomo e che adesso si sacrifica per l’umanità. - In un tragico paradosso, Giuda lo tradisce proprio riconoscendo il suo maestro come tale, con un bacio, simbolo di questo amore di cui lui non ha capito nulla. Sotto l’urto di Giuda Gesù vacilla ed arretra, non ricambia l’abbraccio. Proprio Gesù, che sulla croce tenderà le braccia per accogliere l’umanità, qui si rifiuta. - Il viso di Gesù pare sussurrare il suo totale abbandono, mormorato tra le labbra socchiuse. Le sue mani sono intrecciate come in un gesto che sta tra una sofferta impotenza e una consapevole rassegnazione. Non c’è neppure l’incrocio degli sguardi. - Gesù chiude gli occhi, consapevole che
• Attorno stanno soldati in lucenti corazze, splendide nella loro tornitura, terribili anche perché indicano violenza, ingiustizia e prevaricazione. Sono armature lombarde e spagnole del Seicento, che Caravaggio conosceva bene. Dunque, per i suoi tempi, armature moderne. Il pittore ripropone la cattura di Gesù ai suoi giorni: perché sempre, ancora oggi, Gesù è tradito da mille «Giuda» che non esitano a sacrificare innocenti con la violenza e la menzogna. • E gli altri undici apostoli dove sono? Il personaggio che sta alle spalle di Gesù, sul limite sinistro della tela, è il discepolo più amato da Gesù, Giovanni, l’unico che avrà il coraggio di stare sul Calvario. Pare che sia già sotto la croce: le braccia e lo sguardo alzato, verso il Cristo crocifisso, sulla bocca il grido disperato proprio della morte di un amico. • Un ultimo dettaglio. In alto, sulla destra, c’è il volto di un giovane uomo che si fa largo sollevando una lanterna, l’unica fonte di luce del dipinto, e protende il volto in avanti per vedere quello che sta succedendo. Trattasi dello stesso autore quando, trentenne, dipinse questa tela per una delle famiglie più in vista, più note della Roma del ‘600. Qui Caravaggio rappresenta ciascuno di noi, rendendo contemporaneo a ciascuno l’amore che tradisce e l’amore che subisce. Davanti alla passione di Cristo, ognuno è chiamato a scegliere da che parte stare.
• Ci si può soffermare a esaminare i volti e le mani di ogni singolo personaggio del quadro, per esplicitare, poi, i sentimenti che la scena suscita in ciascuno. • Si possono leggere, quindi, i brani dei Vangeli che parlano di Giuda (Gv 13,21-30: annuncio del tradimento; Mt 26,45-50: il bacio di Giuda e l’arresto di Gesù; Mt 27,1-10: la morte di Giuda) e, dopo alcune riflessioni su di essi, individuare insieme quali sono i tradimenti che, oggi, continuiamo a infliggere a Gesù. • E noi possiamo evitare di tradire e offendere il Signore sia nel rapporto con lui sia con gli altri?
E INSIEM
QUALI SENTIMENTI PROVO?
CREDIA MO
a volte è preferibile non vedere, pur sapendo ciò che accade. Giuda invece fissa il nulla, sono orbite vuote le sue; le orbite di chi ormai vede soltanto l’abisso della disperazione. - Sopra la testa di Giuda e di Gesù c’è un telo scarlatto che sta quasi per calare, una rete che già prefigura la passione e la morte di Gesù e che imprigiona il traditore nel suo destino. Nel pomeriggio del Venerdì santo il Vangelo ci pone dinanzi due alberi: la croce e l’albero dell’impiccagione di Giuda: una condanna a morte e un suicidio. Muore uno e muore l’altro, ma c’è una grande differenza fra queste due morti!
Francesco Russo
CHE FAVOLA LA VITA! Paoline, Milano 2008 pp. 128 - € 9,50 Venti racconti per adolescenti e giovani, che mettono al centro la persona e le sue relazioni, con le emozioni, passioni, desideri e paure che intessono il vivere quotidiano. Quei temi universali, che vanno dall’amicizia all’amore, dalla gelosia alla delusione, dall’entusiasmo gioioso alla fatica nella debolezza.
Diego Motta
PEZZI DI VITA Sperare è possibile Paoline, Milano 2010 pp. 120 - € 11,00 Storie e ritratti di giovani che passano dalla disperazione alla speranza, dall’odio alla riconciliazione; da anoressia, bullismo, carcere… al grande impegno per la pace, il rispetto, la legalità… C’è una linea di frontiera che separa la sofferenza dalla speranza. Per arrivarci è necessario decidere di rialzarsi e mettersi in cammino.
13
Test
Maria Teresa Panico - mt.pan@iol.it
LO SGUARDO DEL CUORE
1 2 3
Peter Pan:
7 8
Un profumo intenso:
a. non stringe la mano. b. parla a voce molto alta. c. non ti guarda negli occhi.
a. è avvolgente. b. ti infastidisce. c. copre i cattivi odori!
I soldati:
Avere tanti amici su fb:
Il cactus:
5 6
a. indossano l’uniforme. b. usano le armi. c. vanno alla guerra.
a. non è una cosa importante. a. sopravvive senz’acqua. b. vuol dire che passi tanto b. punge. tempo collegato. c. cresce nel deserto. c. è fondamentale per essere figo.
Hai paura dei ragni?
«Ogni viso è un messaggio»:
a. Sì, non riesci nemmeno a guardarli. b. Solo di quelli grandi e pelosi. c. No, sono solo insetti.
a. no, a volte il viso non racconta granché. b. vero, il volto racconta l’anima. c. non ti sembra: le persone si devono conoscere a fondo.
9
Un amico ti telefona continuamente…
a. pensi che ha bisogno di parlare. b. non ha nulla da fare. c. è un rompiscatole.
da 9 a 14 punti:
da 15 a 21 punti:
da 22 a 27 punti:
COME ALLO SPECCHIO
PUNTARE SUL BENE
ALLA RICERCA Sant’Agostino ha detto: «Perché non dovrei sopportare gli altri, se Dio sopporta me?». Questa riflessione, che ci fa sorridere e pensare, dovrebbe appartenere a ognuno di noi. Cerca di farla tua, andando alla ricerca del buono che c’è in ogni individuo che incontri, provando ad andare oltre la superficie di durezza, egoismo, cattiveria, inciviltà, ecc.
n° 2 1 3 2
Spesso dagli altri aspettiamo soltanto il bene e, invece, riceviamo il male. Questo rende sempre più diffidenti, poco aperti verso chi ci viene incontro e chiede aiuto. Cosa fare, allora, per non lasciare nel cuore e nella mente spazio alla delusione? Puntare sulla pazienza e sulla forza d’animo per mostrare un volto amico e accogliente.
n° 1 1 2 3
n° 3 1 2 3
n° 4 2 1 3
n° 5 3 2 1
n° 6 1 3 2
Hai poca capacità di accettare e sopportare le persone complicate, difficili, che possono portare con sé problemi e situazioni poco chiare. Non è semplice mettere da parte «l’io», per fare spazio al «tu», già nella normalità, figurarsi in condizioni eccezionali. Eppure se ti guardi allo specchio sai che anche tu a volte non sei facile da sopportare…
n° 7 1 3 2
n° 8 3 1 2
n° 9 3 2 1
14
4
Non ti dà fiducia chi:
a. non vuole crescere. b. sa volare. c. cerca la sua ombra.
A B C
L
e persone che frequentiamo, che incontriamo ogni giorno, non sono sempre quello che appaiono. Spesso è necessario vedere con il cuore per capire l’altro, a volte si resta delusi per la superficialità, la stupidità, l’egoismo di molti. Come vivi e come affronti queste situazioni?
Veronica Bernasconi - veronica.bernasconi@hotmail.it
Celebrazione
DIO È UN AMICO PAZIENTE Si preparano cartoncini bianchi di forma ovale di circa 20 cm. Si dispongono le sedie in cerchio. Al centro si colloca la Bibbia aperta. I canti sono ripresi da: Aa.vv., Amico Gesù, Paoline, Roma 2010.
Canto: In sintonia Catechista: Signore, tu ti prendi cura delle nostre necessità; a te rivolgiamo, oggi, i nostri cuori riprendendo le parole del profeta Isaia (49,13-16). I Coro: Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». II Coro: Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato.
due facce di uno stesso cartoncino che indicano la nostra appartenenza alla medesima umanità, caratterizzata da fragilità e difetti. E come tutti, però, siamo con qualità e difetti, figli dello stesso amorevole Padre. C. A Dio Padre, con riconoscenza, esprimiamo la nostra figliolanza e fraternità.
PREGHIERA I Coro: Padre, noi ti ringraziamo perché ci accogli come figli amati. II Coro: Padre, dacci la grazia di vivere come fratelli e sorelle che si rispettano perché, in tutto il mondo, si realizzi il tuo regno di giustizia e di pace. I Coro: Padre, grazie perché ci incoraggi a rivolgere a te le nostre richieste e i nostri desideri. IN ASCOLTO DELLA PAROLA: II Coro: Padre, donaci il tuo Luca 11,5-10 perdono, rendici capaci di perdonare i fratelli, le sorelle, i comC.Quante volte siamo insistenpagni, gli amici: chiunque ci ti, fino alla molestia, verso Dio, abbia importunato, e ricomcon tutte le nostre richieste. È pensa quelli che hanno avuto pazienza con noi. una grande gioia, però, sapeC. In un momento di silenzio re che Gesù ci invita a rivolciascuno rivolge a Dio una pregerci a Dio Padre, perché siaghiera per la persona che fa più mo suoi figli. Seguiamo anSopportare con pazienza i molesti fatica a «sopportare». che noi il modo di agire di Dio: al Vetrata, 1924, Chiesa di Saint George Hermann, Missouri (USA) Insieme: Padre, aiutaci a camdi là e nonostante il fastidio che ne possiamo ricevere, vediamo «fratelli e sorel- biare le disposizioni del nostro cuore, per fare ciò che tu vuoi e donaci di sentire che tu sei vicino le» anche nelle persone moleste. a noi come Padre e Amico paziente. Ciascuno disegna sul cartoncino a forma di viso Padre Nostro il proprio volto più fastidioso; poi, dall’altra parte, la caratteristica che meno sopporta negli altri. Si C. Esprimiamo la nostra gioia con il canto. può far notare, conclusi i disegni, che si tratta di Canto: Ballata del grazie
15
Testimoni
BAKHITA MAI UNA PAROLA DI ODIO
N
ata intorno al 1869 in un piccolo villaggio del Sudan occidentale, all’età di otto anni fu rapita da mercanti arabi di schiavi. Per il trauma subito, dimenticò il proprio nome: i suoi rapitori la chiamarono Bakhita, che in arabo significa «fortunata». Venduta più volte dai mercanti di schiavi, conobbe le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù. Subì tatuaggi cruenti mentre era a servizio di un generale turco: le furono disegnati più di un centinaio di segni sul corpo, incisi poi con un rasoio e coperti di sale per creare cicatrici permanenti.
VERSO L’ITALIA Nella capitale del Sudan, Bakhita fu comprata da un Console italiano, il signor Callisto Legnani. Si accorse, con piacevole sorpresa, che nessuno, nel darle comandi, usava più lo staffile. Quando il console partì per l’Italia, Bakhita ottenne di partire con lui e con un suo amico, un certo signor Augusto Michieli. Giunti a Genova, Legnani, su insistente richiesta della moglie del Michieli, accettò che Bakhita rimanesse con loro. Così, quando nacque la figlia Mimmina, Bakhita ne divenne la bambinaia e l’amica. Mimmina e Bakhita furono affidate alle Suore Canossiane di Venezia. Qui Bakhita cominciò a conoscere quel Dio che, fin
da bambina, «sentiva in cuore senza sapere chi fosse». Ricevette i sacramenti dell’iniziazione cristiana e il nome di Giuseppina. Era il 9 gennaio 1890. Ogni giorno capiva, sempre più, come Dio, che, ora, conosceva e amava, l’aveva condotta a sé per vie misteriose, tenendola per mano.
CONSACRAZIONE AL SIGNORE L’8 dicembre 1896 Bakhita si consacrava per sempre al Signore che lei chiamava, con espressione dolce, «el me Paròn». Per oltre cinquant’anni visse, prestandosi in diverse occupazioni nella casa di Schio: fu cuciniera, guardarobiera, ricamatrice, portinaia. La sua umiltà, semplicità e il costante sorriso conquistarono il cuore di tutti. Le consorelle la stimavano per la sua squisita bontà e il suo profondo desiderio di far conoscere il Signore: «Quando raccontava i fatti più tragici, non la lasciava mai l’espressione serena e calma che la distingueva. Non conosceva nemici». Mai, dunque, una parola d’odio o di risentimento verso chi l’aveva rapita o torturata. Affermava la sola bontà di Dio: «Non sono morta perché il buon Dio mi aveva destinata a cose migliori… Sapeste che grande grazia è conoscere Dio!». Bakhita si spense l’8 febbraio 1947 nella casa di Schio. È stata proclamata santa il 1° ottobre del 2000.
CONSIGLIATO
Beatrice Immediata
DA MARIE CURIE A RIGOBERTA MENCHÙ Volti e storie del nostro tempo Paoline, Milano 2012 - pp. 192 - € 13,50
Ventuno figure di donne e di uomini, che lasciano un segno e sono ricordate con ammirazione e gratitudine: A. Zarri, M. Curie, M. Montessori, C. Lubich, il fondatore G. Alberione, E. Stein, G. Moscati, E. Medi, C. di Savoia, G. La Pira, Bakhita, O. Romero, T. Bello…
EDITORIALE LIBRI - www.paoline.it - nelle Librerie