La bellezza della fede. Meditare il credo con le icone - estratto - Paoline

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BELLEZZA E FEDE

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Antonio Bongiorno

LA BELLEZZA DELLA FEDE Meditare il Credo con le icone

Prefazione di monsignor Rino Fisichella

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Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena Per i testi citati dal Magistero e dai documenti dei sommi pontefici © Libreria Editrice Vaticana Icone dipinte da Antonio Bongiorno

PAOLINE Editoriale Libri © FIGLIE DI SAN PAOLO, 2012 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it edlibri.mi@paoline.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino

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Capitolo primo

Credo in Dio Padre onnipotente creatore del cielo e della terra

L’Onnipotente e santissimo Verbo del Padre, penetrando tutte le cose e arrivando dappertutto con la sua forza, dà luce a ogni realtà e tutto contiene e abbraccia in se stesso. Tutte le cose ricevono da lui interamente la vita e da lui in essa vengono mantenute: le creature singole nelle loro individualità e l’universo creato nella sua globalità. Sant’Atanasio

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Capitolo primo

PAROLA DI DIO

« Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile. Non avrai altri dei di fronte a me ». Dt 5,6

« Quando Israele era un fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio (…). A Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare ». Os 11,1-4

In principio Dio creò il cielo e la terra. Dio disse: « Sia la luce! » (…). « Sia un firmamento (…) ». « Ci siano fonti di luce nel firmamento (…) ». (…) E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. (…) Dio disse: « La terra produca esseri viventi secondo la loro specie ». Gen 1,1-25

Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Gen 2,7

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Capitolo primo

IO CREDO IN DIO

I

l nostro viaggio di riscoperta della fede comincia da un percorso alquanto arduo, affascinante e misterioso: quello riguardante Dio. Dinanzi a tale argomento l’uomo può solo balbettare qualcosa. Mentre da una parte si avverte la grandiosità, la maestà, l’impossibilità di superare tout court la profondità del mistero, dall’altra sorge, nel profondo dell’animo umano, un insopprimibile bisogno di conoscere e farsi conoscere da Dio, di aprire il sipario del cielo per intrattenere un dialogo non solo per vivere momenti di mistica attrazione, ma per sperimentare la sua presenza nell’ordito del canovaccio della nostra vita di ogni giorno. Il discorso su Dio non può assolutamente prescindere dalla Sacra Scrittura, la quale non contiene un trattato su Dio ma ci dice come egli si è rivelato nella creazione e, in modo tutto speciale, nella redenzione attraverso l’incarnazione in Gesù Cristo. All’uomo è chiesto di ascoltare la sua voce, confessare la sua gloria e amarlo e servirlo come sommo bene. L’uomo non conosce Dio, non sa chi egli sia, quale sia il suo nome. Ecco che Dio prende l’iniziativa, si presenta a Mosè sotto forma di un roveto che arde e non si consuma e lo manda a liberare dalla schiavitù del faraone egiziano il popolo di Israele (Es 3,1-14). « Mosè disse a Dio: “Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: ‘Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi’. Ma mi di36

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Credo in Dio Padre

ranno: ‘Qual è il suo nome?’. E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”. E aggiunse: “Così dirai agli Israeliti: ‘Io-Sono mi ha mandato a voi’. (…) Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione” » (Es 3,13-15). A tale proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) al n. 206 riporta: « Rivelando il suo Nome misterioso di YHWH, “Io sono colui che è” oppure “Io sono colui che Sono” o anche “Io sono chi Io sono”, Dio dice chi egli è e con quale nome lo si deve chiamare. Questo Nome divino è misterioso come Dio è Mistero. A un tempo è un nome rivelato e quasi il rifiuto di un nome; proprio per questo esprime, come meglio non si potrebbe, la realtà di Dio, infinitamente al di sopra di tutto ciò che possiamo comprendere o dire: egli è il “Dio nascosto” (Is 45,15), il suo nome è ineffabile ed è il Dio che si fa vicino agli uomini ». Egli non è un Dio statico, ma è un Ente che interviene, agisce, opera nell’universo e nella vita dell’uomo, per amore. È un Dio che « passa » per condurre dalla schiavitù alla libertà. Tramite Mosè, infatti, il popolo eletto passa all’asciutto attraverso il Mar Rosso, libero dalle grinfie del faraone, per andare verso la terra promessa. Allo stesso modo, tramite Gesù Cristo « passa » per portare l’uomo dalla schiavitù del peccato alla grazia, dall’angoscia che procura il male, alla pace della vita eterna. È un Dio vivo, un Dio dinamico, un Dio pasquale, che dalla morte fa uscire la vita, la risurrezione. Davanti a questa Persona impetuosa d’amore come un uragano, l’uomo deve sentirsi piccolo, una creatura debole e impotente, capace unicamente di aprire il cuore per accogliere magari solo una goccia di quell’acqua viva che sgorga dalla fonte dell’amore che è il costato di Cristo. Dio rivela di essere « ricco di misericordia » (Ef 2,4) nel donare suo Figlio per la 37

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Capitolo primo

salvezza del mondo e Gesù, sull’altare della croce, proclama la natura divina del suo nome: « Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono » (Gv 8,28). Il roveto ardente è una « teofania », cioè una manifestazione di Dio, un segno della sua presenza. Secondo la tradizione di Israele, il nome esprime l’essenza, perciò, dicendo « Io sono Colui che sono », Dio dice la sua essenza, dice che è l’Essere per se stesso. Paolo VI, ne Il Credo del popolo di Dio scritto nel 1968, afferma: « Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è colui che è, come egli stesso ha rivelato a Mosè; ed egli è Amore, come ci insegna l’apostolo Giovanni; cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa realtà divina di colui che ha voluto darsi a conoscere a noi e che, abitando in una luce inaccessibile, è in se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata ». A queste considerazioni fanno eco i Salmi: « O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza » (Sal 8,2); « Grande tu sei e compi meraviglie: tu solo sei Dio » (Sal 86,10). « Io credo in Dio ». Questa prima espressione del Simbolo apostolico non vuole dire soltanto: « Credo che esiste un dio o degli dei », ma anche, con la maiuscola: « Credo che Dio esiste », ossia: « Credo in un solo Dio ». Questo « Credo in Dio » ha lo stesso contenuto della professione di fede del popolo di Israele: « Ascolta, Israele: il Signore è nostro Dio, il Signore è uno solo » (Dt 6,4). Il popolo di Israele era circondato dalle nazioni pagane e, per mantenere salda la sua fede in un solo Dio, doveva difender38

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Credo in Dio Padre

si ogni giorno dal loro credere in molti dei, che non avevano nulla a che fare con il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Allo stesso modo l’uomo di oggi è bersagliato costantemente dall’influenza di mille voci che gli sussurrano all’orecchio, così come fece il serpente con Eva, che non è vero che Dio è uno solo, anzi che Dio non esiste. Questa voce dice che l’uomo è il dio di se stesso e della storia; che l’autosufficienza è la forza con la quale l’uomo dimostra il suo essere dio. Lungo i secoli passati l’uomo ha attribuito la divinità ad altre creature: astri, forze della natura, animali (es. il vitello d’oro) ecc. Oggi l’uomo dice di credere in Dio ma, in realtà, adora le proprie passioni (il potere, il sesso, il denaro, la politica, lo sport). Tali passioni, invece di portare felicità, causano profonde sofferenze in sé e negli altri, tra cui avidità, prevaricazioni, ingiustizie, violenze. L’uomo, che è « capace di Dio », a causa della natura indebolita dal peccato, si ritrova imbrigliato dalle catene del male e adoratore della creatura al posto del Creatore. A tale proposito il Salmo dice: « Non ci sia in mezzo a te un dio straniero e non prostrarti a un dio straniero. Sono io il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto salire dal paese di Egitto: apri la bocca, la voglio riempire » (Sal 81,10-11). Se l’uomo di oggi vuole dire ancora il suo « Credo in Dio », è importante che imbocchi la via della conversione all’unico Dio di Gesù Cristo e rifiuti di adorare il potere, il consumo a ogni costo, il piacere fine a se stesso. È importante che lasci spirare il vento dello Spirito Santo come in una novella Pentecoste affinché il cielo chiuso a causa del peccato, possa nuovamente aprirsi per fare splendere il Sole di giustizia che rinnova la faccia della terra, della nostra terra, e la faccia germogliare di frutti di vita eterna.

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Capitolo primo

PADRE ONNIPOTENTE

A

ttraverso la storia dell’Antico Testamento Dio si è rivelato al popolo di Israele come un padre amoroso che guida i suoi figli per manifestare la sua tenerezza. Ogni volta che Israele viene meno all’alleanza, sa di trovare nel suo Dio il luogo dove trovare misericordia e salvezza: « Tu, pastore di Israele, ascolta, tu che guidi Giuseppe come un gregge. Seduto sui cherubini, risplendi davanti a Efraim, Beniamino e Manasse. Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. O Dio, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi » (Sal 80,1-4). Anche i profeti hanno esaltato la paternità di Dio ponendo in evidenza come fin dal momento in cui ha chiamato Israele (quando era fanciullo nella fede), egli lo ha preso per mano per condurlo sulla via del bene. Ma Israele è un popolo di dura cervice, perciò Dio è costretto a correggerlo come un padre corregge il proprio figlio per indirizzarlo sulla retta via: « Egli lo trovò in terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. Come un’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore lo guidò da solo, non c’era con lui alcun dio straniero » (Dt 32,10-12). Come un pedagogo Dio istruisce il suo popolo che, una volta uscito dall’Egitto, deve affrontare nel deserto una lunga 40

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Credo in Dio Padre

serie di prove affinché la sua fede venga purificata: soffre la fame per comprendere che « l’uomo non vive soltanto di pane, ma di tutto ciò che esce dalla bocca di Dio » (Dt 8,3), Padre misericordioso che provvede ogni giorno a nutrirlo con la manna e con le quaglie nel momento in cui ha fame (cfr. Es 16,11-35); a far sgorgare l’acqua dalla roccia per soddisfare la sete (cfr. Es 17,1-7). Finalmente Israele si converte e dice: « Mi hai castigato e io ho subito la correzione come un torello non domato. Fammi ritornare e io ritornerò perché tu sei il Signore, mio Dio » (Ger 31,18). E con il Salmo 119,67 prega: « Prima di essere umiliato andavo errando, ma ora osservo la tua promessa ». Nella pienezza dei tempi Dio manifesta la sua onnipotenza e la sua paternità in Gesù Cristo, suo unico Figlio, il quale prende su di sé le correzioni che gli uomini meritavano a causa delle loro scelleratezze. Gesù continua, nel Nuovo Testamento, l’opera educatrice del Padre prima di tutto nei confronti dei suoi discepoli e poi nei riguardi di tutto il genere umano. Dà l’esempio, da vero educatore, prendendo su di sé il peccato del mondo: « Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono » (Eb 5,8-9). Dopo la risurrezione di Gesù e la sua ascensione al cielo è lo Spirito Santo, profondamente interiore a noi stessi, che ci fa dire: « Abbà! Padre! » (Rm 8,15). Abbiamo bisogno di essere corretti da Dio per sperimentare la sua paternità: « Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Se invece non subite correzioni, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete illegittimi, non figli! » (Eb 12,7-8). 41

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Capitolo primo

Parlare di Dio, oggi, in termini di « Padre » è una vera e propria provocazione. Le nuove generazioni sono arrivate al « parricidio », cioè all’opposizione ai genitori, al padre in particolare, sazie fino alla nausea di ogni « paternalismo ». Forse perché i padri non sanno dare l’esempio, non esercitano la loro autorità così come sa fare Dio con i suoi figli. Per questo il cammino di riscoperta della fede con questa « porta della fede » che si apre, deve portare i genitori a imitare il comportamento di Gesù per acquisire quella sapienza che viene da lui; sapienza che porta alla comprensione e non al giudizio, al perdono e all’amore vicendevole.

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Credo in Dio Padre

CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA

L

’icona che ho scritto (in gergo iconografico è più esatto dire « scrivere un’icona » che non dipingere un’icona), per la meditazione di questo primo capitolo, è quella della creazione. Sulla sinistra ho raffigurato Gesù nell’atto di creare e quindi di benedire, tenendo conto che Dio nessuno lo ha mai visto, ma solo Gesù lo ha rivelato, e di ciò che dice l’apostolo Giovanni nel prologo del suo Vangelo: « In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste » (Gv 1,1-3). La creazione, comunque, è un’opera trinitaria nella quale intervengono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Al centro, in alto, il cielo con il sole, la luna e tutto il firmamento. In basso, la terra con gli animali, le piante e la rappresentazione della creazione della donna tratta da una costola dell’uomo, caduto in un profondo torpore. Creare significa chiamare all’essere dal non essere, cioè dal nulla. Essere creato significa ricevere l’esistenza da un altro. La « creazione » è il punto di partenza del disegno di Dio e della storia della salvezza, il primo atto con il quale Dio manifesta la sua grandezza e la sua onnipotenza. « Nulla è impossibile a Dio », dirà l’arcangelo Gabriele alla Vergine Maria (Lc 1,37) attribuendo al Creatore qualità inconcepibili alla mente umana. 43

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Capitolo primo

La contemplazione dell’universo e di tutte le cose create fa nascere nel cuore del salmista un canto di gloria: « I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio » (Sal 19,1-5). Il mondo, infatti, è stato creato affinché l’uomo possa glorificare Dio, affinché possa nascere in lui un profondo sentimento di ammirazione e di riconoscenza e far sprigionare nel suo spirito un canto di lode e di benedizione. I tre giovani nella fornace ardente del Cantico di Daniele (Dn 3,57) sono l’espressione altissima del canto di lode e di benedizione che ogni credente dovrebbe rivolgere a Dio ogni giorno della vita. L’uomo, contemplando le meraviglie del Creatore, deve entrare in una umiltà profonda e porsi nell’autentica consapevolezza di creatura bisognosa dei doni divini sia materiali che spirituali. L’uomo deve far nascere nel profondo del suo cuore un sentimento di fiducia, perché l’abbondanza dei beni, di cui può usufruire con la creazione, si arricchisce con i beni sovrabbondanti che Dio opera con la nuova creazione nel momento in cui, con il perdono dei peccati, lo introduce nuovamente nel suo Regno e gli fa gustare quanto buono e soave è il Signore.

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