Manchevoli - Estratto

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Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2024

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Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI)

ISBN 978-88-315-5724-5

A mio padre

«Così si potesse dimezzare ogni cosa intera. Così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso, e te l’auguro, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa.

E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani».

(Italo Calvino, Il visconte dimezzato)

Qualcosa manca sempre

Manchevole è una parola un po’ desueta ma precisa: evoca immagini come un tavolo con una gamba più corta delle altre, traballante, oppure una sequenza numerica che salta un elemento, o un’opera d’arte inconclusa. Manchevole è qualcosa che non è come ci si aspetta: ha un difetto, è fuori norma, sembra mancare (appunto) l’obiettivo. Di personaggi che rientrano in questa descrizione, nella Scrittura, se ne incontrano tantissimi. I primi che vengono in mente sono quelli con una menomazione fisica o sensoriale: sordi, ciechi, muti, sterili e amputati… Da un capo all’altro della Bibbia zoppicano sia Giacobbe sia il mendicante incontrato da Pietro e Giovanni alla porta Bella, Mosè balbetta, un tale Enea è paralizzato, e un’anonima «donna curva» del Vangelo è addirittura ricordata con il nome della sua disabilità. Ma l’elenco si potrebbe allungare finché si vuole, ben oltre le pagine di questo libro e con nomi più o meno noti: tra i ciechi ci sarebbero Isacco,

Tobi, Bartimeo; è zoppo Merib-Baal figlio di Giònata; nella schiera delle sterili c’è Elisabetta, ma anche Sara, la donna di Sunem e Anna di Samuele. Di tutti e tutte loro varrebbe la pena che si raccontasse nuovamente la storia, perché ogni rilettura e narrazione sono sempre parziali, manchevoli – appunto –da alcuni lati e rivelatrici da altri.

Ma non sono solo le imperfezioni del corpo a rendere manchevoli gli uomini e le donne di ogni tempo. È per questo che la selezione dei volti biblici in queste pagine non include soltanto personaggi con una disabilità fisica o sensoriale. A chiunque, a fasi alterne nella vita, manca qualcosa. La manchevolezza è in fondo una condizione umana, che ha a che fare con i limiti e le possibilità delle nostre singolari esperienze. Ad Acsa manca una dote, a Pietro il coraggio, e a tutti prima o poi manca il tempo, come al capo di sinagoga Giàiro.

Ci manca ciò che ci sfugge, oppure ciò che abbiamo perduto. Perdiamo affetti, popoli, poteri, privilegi… o ci rendiamo conto di non averli avuti mai. A volte succede anche con i luoghi; la poetessa Elizabeth Bishop scriveva: «Ho perso due città, proprio graziose. E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo, due fiumi, un continente».

La sua voce potrebbe essere quella della regina Vasti o del profeta Geremia.

Giudichiamo manchevoli le persone che derogano al proprio ruolo: Gamaliele è un giudice che non vuole giudicare, la profetessa Culda porta solo cattive notizie. Ma, volendo, si può essere manchevoli anche perché non si deroga a sé stessi: il cammello della parabola, finché resta cammello, non riesce proprio a passare dalla cruna di un ago.

Nella Bibbia, e non raramente anche nella vita, a rendere possibili certe storie è lo scarto tra l’aspettativa e la realtà. L’incompiutezza fa procedere la trama. La zoppìa di alcuni corpi genera risvolti creativi: furbizie, incontri, guarigioni, compensazioni.

E così per ogni manchevolezza, che di per sé invoca aiuto e fantasia, affidamento e speranza.

Quando si presta attenzione alle mancanze dei vari personaggi biblici (vere o presunte, definitive o provvisorie), ci si accorge che esse sono spazi di evoluzione delle vicende. Spesso, il senso teologico delle loro storie sta proprio lì, in quello spazio, senza che esso edulcori la fatica, la solitudine e la frustrazione che talvolta le accompagnano.

Sono una cinquantina le donne e gli uomini variamente manchevoli che questo libro raccoglie, ri-

percorrendo la Scrittura. Avrebbero potuto essere di più, ma le pagine che seguono non hanno pretesa di esaustività: restano fedeli all’incompiutezza che indagano. Per questo stesso motivo non ci si aspetti identikit dettagliati: qui ci sono solo ritratti abbozzati, come se li disegnassimo a penna distrattamente su un fazzoletto, o sull’interno di una copertina di un diario, o su un’altra superficie a portata di mano. Per accennare a ogni storia ci si accontenta di poche pagine; chi volesse approfondire dovrebbe dedicarsi piuttosto ai libri, preziosissimi, che altre penne esperte hanno scritto. Alcuni sono riportati nella bibliografia finale: sono i lavori di bibliste ed esegeti che hanno permesso anche a questo volume di proporsi come fondato sul piano scientifico, verificato sulla lingua ebraica e greca, pertinente con il contesto.

Le storie che seguono, come quelle narrate nel libro precedente di questa serie, Sconosciute, restano ritratti piccoli, pensati per disegnatrici e disegnatori non professionisti. Anche i dialoghi tra i personaggi biblici a volte sono letterali e a volte invece sono resi con la libertà delle conversazioni quotidiane, come fa chi, mentre ascolta certe pagine della Bibbia, completa il racconto a spanne con i ricordi che

ha. Questi racconti sono fatti per lettori e lettrici manchevoli senza sensi di colpa, che rileggono ogni tanto qualche brano della Scrittura «perché capita», e non con l’intenzione dichiarata di trovare ciò che non avevano colto all’inizio, e proprio per questa gratuità di approccio forse sanno stupirsi di più dei rimandi tra figure, delle alleanze tra personaggi e delle affinità tra loro e sé stessi.

Non è importante che si capisca indubitabilmente che cosa manca a ogni figura biblica nelle intenzioni di chi l’ha scelta e l’ha inserita in questo libro. Anzi, meglio sarebbe se questa lettura fosse un modo per abituare lo sguardo alle altre possibilità, alle incompiutezze di ogni narrazione, inclusa la presente. Per esercitarsi a intrecciare le storie della Scrittura notando dove sono in grado di accoglierne altre, dove c’è una svolta possibile, e non dove sono finite in loro stesse. Ogni personaggio ha qualche lacuna, palese o nascosta, se non altro perché è un essere umano: uno scenario mancato, una speranza disattesa, una potenzialità inespressa, una comunità desiderata. La narrazione resta aperta, e chi legge potrebbe scorgere tra le righe manchevolezze, non preventivate, di un personaggio principale o secondario, oppure di sé stesso in confronto a tutti loro.

È l’incompletezza a far accadere le cose; è quando sono incompiute che le storie possono proseguire. Perché in verità sono le storie a essere manchevoli, non le persone. E lo saranno fino al regno dei cieli, in quanto tutta la storia è incompiuta. Così si rivela Dio: nelle vicende di un popolo che cammina nel deserto e che attende il Messia; e di una comunità che lo veglia crocifisso e aspetta che torni di nuovo, dopo averlo visto ascendere al cielo. C’è uno spazio di mancanza e desiderio in cui tendere a un domani, ed è sempre un’incompiutezza che ci consente di procedere.

· Questo libro raccoglie, adattati e integrati, articoli comparsi tra il 2022 e il 2024 nella rubrica La Bibbia racconta del settimanale diocesano di Brescia La Voce del Popolo. Un sincero ringraziamento va dunque al direttore, Luciano Zanardini, per avermi dato occasione di ristudiare, rinarrare, e oggi rilanciare, le storie di molti personaggi biblici.

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Allora, Dio crea l’essere umano non come l’apice della creazione ma come l’ aiuto per eccellenza, capace di coltivare il suolo e colmare, insieme a lui, la prima necessità del mondo. Dio lo plasma dal suolo e soffia nelle sue narici un alito di vita. Non è né maschio né femmina in questo momento: è solo l’ adam, l’essere fatto di terra (che infatti in ebraico si dice adamah). Poi Dio fa germogliare piante e sgorgare quattro fiumi, e la terra diventa un grande giardino, con al centro l’albero della vita e, poco più in là, l’albero della conoscenza del bene e del male.

Il Signore accompagna l’essere umano nel giardino perché lo abiti e lo custodisca. C’è solo un’avvertenza: può mangiare ogni frutto, tranne quello dell’albero della conoscenza del bene e del male. Questo vuol dire che, nella lista delle cose disponibili, c’è di nuovo una mancanza. Non è l’unica: l’adam ha nostalgia di un “essere alla pari”, un aiuto, qualcuno in cui trovare corrispondenza, in cui riconoscersi. Nessun animale sembra poter assolvere a questo ruolo, perciò Dio s’inventa una soluzione assurda: colma una mancanza… creandone un’altra!

La condizione per ogni relazione è infatti questa: che nessuna persona possieda l’altra, che ciascuna

resti sempre sconosciuta, sfuggente, affinché qualsiasi legame si fondi fin da subito sulla fiducia. Ed ecco che Dio addormenta l’essere umano, gli estrae dal petto una costola (ma la parola ebraica tselah è enigmatica, vuol dire «parte», «lato», o forse «vita» o chissà), ricuce la pelle sul vuoto rimasto e plasma con l’osso una donna. Ed è un uomo quello che si sveglia, con un pezzo in meno e un’altra persona davanti.

Solo chi ammette di non essere pieno è capace di far spazio all’altro.

Ma si è accorto che gli manca una costola? Si è accorto che è proprio quell’assenza, quello spazio libero che gli si è creato dentro, ad aver permesso il loro incontro? Non sembra granché consapevole, visto che parla solo lui (pur con frasi lusinghiere) sottraendo alla donna ogni spazio di risposta. E infatti lei resta muta, le mancano la voce o il coraggio, mentre lui si fa ingombrante di parole, forse nel tentativo di nascondere il vuoto lasciato dalla costola. Non riesce a fidarsi. Solo chi ammette di non essere pieno e autosufficiente è capace di far spazio all’altro.

In principio Dio crea la mancanza, ma essa porta con sé un po’ di ambiguità… Qualcuno potrebbe non accettare la propria, e qualcun altro (come il serpente) potrebbe approfittarne. Intanto, però, l’uomo e la donna sono entrambi nudi l’uno di fronte all’altra, senza vergogna. La mancanza è rischiosa ma benedetta, fin dal principio.

Malco. Amputazioni e luci pag. 126

Tommaso. Ferite aperte come finestre » 129

Mattia. Il posto vacante » 132

Il mendicante della porta Bella. Una mano » 135

Gamaliele. Sospendere il giudizio » 138

Le vedove di Gerusalemme. Discriminazioni » 141

Enea. Fin da quando ti rifai il letto » 144

Paolo e Anania. Nessuno si salva da solo » 147

Pietro e Cornelio. Lo Spirito prodigo » 150

Dàmaris e Dionigi. Il Dio che ti manca » 153

Le donne di Efeso. Indecorose » 156

Onesimo. Lo schiavo mancante » 159

La fidanzata. Non è la fine » 162

Piccola bibliografia » 165

Tra le pagine della Scrittura le figure femminili sono tante, ma spesso si trovano accartocciate, quasi nascoste, nelle pieghe dei racconti più famosi. Alcune sono sconosciute ai più, a volte addirittura anonime, mentre di altre sono noti i nomi e la fama (che non sempre rende loro giustizia), ma si tralascia di leggerne la storia dal loro punto di vista. Cominciamo, allora, a ri-scoprirle e a farle parlare.

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