Anselm Grün
PREGHIERA E CONOSCENZA DI SÉ PER INCONTRARE DIO
Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena Titolo originale dell’opera: Gebet und Selbsterkenntnis © Vier-Türme-Verlag, 2002 Münsterschwarzach Traduzione dal tedesco di Giuliana Lupi In copertina: © St. Nick / Shutterstock
1a e 2a edizione, 2007 3a edizione, 2013 4a edizione, 2016 5a edizione, 2018 6a edizione, riveduta e aggiornata, 2023
PAOLINE Editoriale Libri
© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2007 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it • www.paolinestore.it edlibri.mi@paoline.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) ISBN 978-88-315-5667-5
Introduzione
La « cura delle anime » è diventata sempre più la sfera di competenza della psicologia. Gli psicologi ci dicono ciò che giova o nuoce all’« anima », alla « psiche » umana. I teologi sembrano aver perso fiducia nella propria esperienza di curatori d’anime e ormai cercano di adottare ‒ talvolta in modo acritico – metodi psicologici anche nella guida spirituale. Sicuramente oggi la cura dell’anima non può prescindere dalle scoperte della psicologia, ma anziché aspettarsi ogni salvezza da questa disciplina e misurare la teologia sulla psicologia, asservendola ad essa, sarebbe più « salutare » per gli uomini del nostro tempo recuperare l’esperienza psicologica della pratica religiosa. Una teologia che voglia seguire soltanto le scuole psicologiche più disparate, non è considerata seriamente dagli psicologi, i quali si aspettano dai teologi che riscoprano e rendano fruttuosa per l’uomo d’oggi la ricca esperienza accumulata dagli oranti di tutti i tempi. 5
La pratica della preghiera che incontriamo nei monaci tra il III e il VI secolo è una fonte inesauribile di esperienze psicologiche. Per gli antichi monaci, il metodo religioso e quello psicologico non erano ancora in contrasto. Per loro, il metodo puramente religioso era anche psicologico. La via della religione abbracciava tutte le conoscenze e i metodi psicologici rivendicati oggi da una scienza che si sta rendendo indipendente. Per gli antichi monaci la preghiera era la fonte della conoscenza di sé e una cura per tutte quelle ferite che oggi cerchiamo di guarire con le tecniche psicologiche. La preghiera ha una funzione tanto analitica quanto terapeutica. Nella preghiera l’uomo riconosce tutti i suoi atteggiamenti sbagliati e le sue malattie, e pregando sperimenta la guarigione. L’orante non è semplicemente una persona devota; attraverso la preghiera diviene una persona più matura, più sana, più saggia, più integra, una persona della quale oggi diremmo che ha trovato se stessa, la propria identità, e si è realizzata. La realizzazione di sé, che oggi cerchiamo di conseguire con numerose pratiche psicologiche e meditative, era per i monaci il risultato di un cammino di preghiera portato avanti con coerenza. Tut6
tavia, la realizzazione di sé non era la meta di quel cammino. I monaci non volevano realizzare se stessi, bensì cercare Dio. Nell’ideale della realizzazione di sé perseguito oggi, l’uomo è al centro. Tutto ruota intorno a lui. Perfino Dio è finalizzato alla sua realizzazione. Le pratiche meditative e religiose hanno lo scopo di sviluppare tutte le facoltà umane. Si è riconosciuto che anche l’inclinazione religiosa fa parte dell’interezza umana e quindi va sviluppata. In ciò, Dio è soltanto un mezzo per raggiungere un fine. Non m’interessa in quanto Dio, bensì soltanto come aiuto per la realizzazione di me stesso. I monaci non volevano realizzare se stessi, ma cercare Dio. Tentavano di eliminare dentro di sé tutto ciò che precludeva loro Dio. In questo processo hanno scoperto che non si può trovare Dio se ci si ignora, se non ci si conosce. Alla conoscenza di Dio si giunge soltanto attraverso la conoscenza di sé. Lo aveva capito già il primo importante monaco scrittore, Evagrio Pontico († 399): « Se vuoi conoscere Dio, conosci prima te stesso » (Patrologia Greca [PG] 40, 1267)1. Qui, e dove non diversamente indicato, la traduzione è dal tedesco (ndt). 1
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E molto prima di lui, Clemente di Alessandria († 215 ca.) eleva l’uomo dalla conoscenza di sé alla conoscenza di Dio: « Conoscere se stessi, a quanto pare, è l’insegnamento più grande fra tutti. Infatti chi conosce se stesso conoscerà Dio »2. Analogamente Nilo il Sinaita († 430 ca.), in una lettera a un giovane monaco, scrive: Innanzitutto conosci te stesso. Infatti nulla è più difficile che conoscere se stessi, nulla più faticoso, nulla richiede un lavoro maggiore. Tuttavia, quando hai conosciuto te stesso, potrai conoscere anche Dio (PG 79, 536C).
La conoscenza di sé così come l’intendono i monaci ha due aspetti diversi: innanzitutto l’uomo si riconosce nella grandezza di Dio, che si riflette in lui. L’uomo è immagine di Dio. Questa concezione della conoscenza di sé da parte dell’uomo la troviamo soprattutto in Origene e Ambrogio, e poi, subordinata a questa, nei monaci scrittori del Medioevo, in Bernardo di Chiaravalle († 1153) e Guglielmo di Saint-Thierry († 1148): « Conosci te stesso, perClemente Alessandrino, Il pedagogo, 3,1,1, Città Nuova, Roma 2005, p. 252. 2
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ché sei la mia immagine, e così conoscerai me, di cui sei l’immagine. In te stesso troverai me »3 . Al tempo stesso però, secondo Bernardo, l’uomo deve riconoscere di essere un’immagine deturpata di Dio: Riconosciti come immagine di Dio e arrossisci perché l’hai ricoperta con un’altra. Pensa a quanto sei nobile e vergognati di un tale declino! Ma non misconoscere la tua bellezza, affinché tu rabbrividisca ancor più a cagione della tua bruttezza (PL 183, 571D) 4 .
I monaci vissuti tra il III e il VI secolo sottolineano maggiormente l’aspetto della miseria umana in cui ci si imbatte lungo la conoscenza di sé, conoscenza che diventa così la via dell’umiltà, in cui ci si sperimenta come peccatori allontanatisi da Dio: Un fratello interrogò il padre Sisoes: « Vedo che il ricordo di Dio permane in me ». L’anziano gli dice: Gugielmo di Saint-Thierry, Patrologia Latina [PL] 180, 494; cfr. a proposito J.M. Déchanet, La connaissance de soi d’après Guillaume de Saint-Thierry, in Supplément à la Vie Spirituelle, 1938. 4 Cfr. S. Gilson, Die Mystik des Heiligen Bernhard von Clairvaux, Georg Fischer, Wittlich 1936, p. 111. 3
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« Non è gran cosa se il tuo pensiero è con Dio. È cosa grande invece vedere se stessi al di sotto di ogni creatura. Questo infatti, e la fatica del corpo, conducono all’umiltà » (Detti 13, 165, I) 5.
Anche il padre dei monaci, Antonio († 356), sottolinea l’importanza di riconoscersi peccatori dinanzi a Dio: Disse il padre Antonio al padre Poemen: « Questa è l’opera più grande dell’uomo: gettare su di sé il proprio peccato davanti a Dio; e attendersi tentazioni fino all’ultimo respiro » (Detti 4, 84-85, I).
Entrambi questi aspetti sono propri della conoscenza di sé da parte dell’uomo: l’uomo è immagine di Dio. Deve riconoscere la dignità, la bellezza, il bene che Dio ha messo in lui, la sua capacità di diventare dimora di Dio. E al tempo stesso deve portare alla luce tutto ciò che, dentro di lui, nasconde e Weisungen der Väter, trad. tedesca di Bonifaz Miller, Trier 19863 (d’ora in poi citati con « Apo » e il numero dell’apoftegma). Esiste una traduzione italiana: L. Mortari (a cura di), Vita e detti dei padri del deserto, Città Nuova, Roma 19862, da cui ho tratto alcuni apoftegmi, indicati con Detti, numero del detto, numero della pagina e vol. I o II (ndt). 5
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deforma questa immagine, deve scoprire in sé l’oscurità, la cattiveria, ciò che è sbagliato e distorto, il demoniaco. Allora Dio lo guarirà, ripristinerà l’immagine originaria, lo farà diventare così com’era stato concepito. E questa non è altro che la realizzazione dell’uomo, il quale si realizza come immagine di Dio, o, per meglio dire: Dio realizza nell’uomo la sua immagine. La via per arrivare a questo passa, per gli antichi monaci, attraverso la preghiera.
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Parte prima
LA PREGHIERA COME FONTE DELLA CONOSCENZA DI SÉ
LA PREGHIERA COSTRINGE ALLA CONOSCENZA DI SÉ
Nella preghiera i monaci vogliono parlare con Dio e rivolgere a lui il loro cuore. Tuttavia sperimentano ogni volta che Dio costringe l’orante a riflettere su se stesso e a occuparsi innanzitutto del proprio cuore. Così Agostino descrive come Dio lo respingesse sempre verso se stesso: Tu, Signore, (...) mi facevi rientrare in me stesso; per non guardarmi mi ero come nascosto dietro le mie spalle e tu mi strappasti di là mettendomi dinanzi a me stesso, affinché vedessi quanto ero indegno, deforme, sordido, tutto macchiato e piagato. Io vedevo e inorridivo, senza potermi sfuggire1.
Nella preghiera non possiamo fuggire da noi stessi. Dio non si fa strumentalizzare come via di fuga. Ce lo dimostra facendo sempre riaffiorare nelAgostino d’Ippona, Le confessioni, a cura di A. Landi, Paoline, Milano 20238, p. 168 (8,7). 1
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la preghiera i nostri sentimenti e pensieri, rivelandoci così il nostro stato interiore. L’abate Nilo dice della preghiera: « Tutto quanto farai per vendicarti di un fratello che ti ha offeso, ti sarà d’inciampo nel tempo della preghiera » (Detti 1, 60, II). E un padre anziano giudica vana ogni preghiera che non ci mette di fronte a noi stessi e alla nostra realtà: « Se un uomo nella preghiera dimentica ciò che ha fatto, si sforza invano pregando » (Apo 1125). È quindi un dato di fatto empirico che la preghiera mi costringe alla conoscenza di me stesso. I monaci hanno anche una spiegazione per questo: non appena s’inizia a pregare, i demoni diventano gelosi e cercano di impedire all’orante di pregare, suscitando in lui cattivi pensieri, passioni ed emozioni. Il monaco non deve meravigliarsene, ma considerarla una cosa normale, anzi, aspettarsela addirittura, come dice Evagrio: « Quando preghi come si conviene, aspettati ciò che non si conviene e resisti valorosamente » (PG 79, 1178). Se pensieri e passioni ci impediscono di pregare, non resta altro da fare che lasciar perdere la preghiera e occuparsi prima dei pensieri che affiorano. 16
Guglielmo di Saint-Thierry descrive efficacemente la marea di pensieri che si riversa in lui non appena inizia a pregare. Ma non li scaccia né li reprime per potersi raccogliere a pregare, bensì rivolge a essi tutta la sua attenzione. Tenta di approfondirli, nella convinzione che soltanto così non lo disturberanno più. È per questo che, lasciando la mia offerta davanti all’altare, mi indigno con me stesso e mi scuoto, rialzandomi dentro di me. Poi, dopo aver acceso la lampada del Verbo di Dio, con l’indignazione e l’amarezza del mio spirito entro nella casa buia della mia coscienza, come per vedere da dove provengano queste tenebre, da dove provenga questa odiosa oscurità che scava un abisso fra me e la luce del mio cuore. Ed ecco, come un flagello di mosche che si precipita contro i miei occhi e poco manca che mi scacci dal domicilio privato della mia coscienza. Entro lo stesso, come è mio diritto, ed ecco un tumulto di pensieri così provocatorio, così sregolato, così mutevole, così confuso che il cuore dell’uomo, che pure li ha generati, non riesce a distinguerli. Tuttavia sto seduto, come se mi accingessi a giudicarli. Ordino loro di presentarsi davanti a me, in modo da riconoscere il volto e la natura di ciascuno, per assegnargli il suo posto davanti a me 2 . Guglielmo di Saint-Thierry, Preghiere meditative, Città Nuova, Roma 1998, p. 212 (9,24). 2
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Una volta dissipata la nebbia dei suoi pensieri, si rivolge al luogo d’origine, agli umori e alle emozioni, per mettere ordine nella sua vita emotiva. Sa che dietro ai pensieri si nascondono i sentimenti. E soltanto quando emozioni come la gelosia, l’ira, l’odio e la rabbia sono rimosse dall’amore, i pensieri si placano e può finalmente rivolgersi a Dio: Dispersa ormai tutta l’oscurità, dunque, volgo verso di te occhi più sani, o luce di verità, e, dopo aver escluso tutto, mi isolo con te, o verità, e nascondendomi nel segreto del tuo volto, ti parlo con più intimità e familiarità, aprendoti tutte le pieghe della mia coscienza 3 .
Quindi, nella preghiera il monaco deve occuparsi consapevolmente di se stesso, osservare se stesso e i pensieri e gli umori che affiorano, e interrogarsi sulle cause. La conoscenza di sé non è però fine a se stessa, bensì serve a pregare meglio. Attraverso la conoscenza di sé si deve rimuovere tutto ciò che turba la preghiera e cerca di impedirla. Il monaco non può semplicemente scacciare o reprimere i pensieri 3
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Ibid., p. 213 (8).
che lo tengono prigioniero impedendogli di pregare, può lasciarli andare soltanto dedicandosi espressamente a essi e approfondendoli. Quando i monaci esortano ripetutamente a una coerente osservazione e conoscenza di sé, lo fanno allo scopo di permettere la vera preghiera. Per Antonio conoscere se stesso è parte del suo essere monaco: « È bene per noi che ci ritiriamo nella nostra cella e durante la nostra vita riflettiamo molto su noi stessi, finché non sapremo come siamo » 4. E di san Benedetto, Gregorio Magno scriveva: « Esaminando e considerando unicamente se stesso, non divagò mai fuori di sé l’occhio dell’anima sua »5. La Filocalia (una raccolta di scritti sulla « preghiera di Gesù ») menziona espressamente lo scopo dell’osservazione di sé: « Quanto più esaminerai con L. Regnault (a cura di), Les sentences des pères du désert, terza raccolta (= III), Solesmes, Paris 1976, p. 147 (Am 35,13). “Am” indica la numerazione secondo gli Apoftegmi tradotti dal copto di E. Amélineau. 5 Gregorio Magno, Storie di santi e di diavoli. Dialoghi, vol. I, Mondadori, Milano 2005 (II,3). 4
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attenzione il tuo pensiero, tanto più pregherai Gesù con fervente desiderio » 6 . La conoscenza di sé è un presupposto della preghiera: « È dunque indispensabile per la vita della preghiera conoscere le singole tentazioni e osservare attentamente i moti della propria anima, come pure tutti gli influssi esterni »7. La preghiera ci costringe a conoscere noi stessi, perché non possiamo raccoglierci a pregare se non conosciamo i nostri pensieri e le nostre aspirazioni più profonde. Senza la vigilanza interiore saremo sempre tormentati dalle distrazioni mentre preghiamo. Viceversa, le distrazioni che si presentano continuamente durante la preghiera sono un buon mezzo per conoscere se stessi. Hausherr, uno dei massimi esperti dell’antico monachesimo, ritiene che le diJ. Gouillard (a cura di), Piccola filocalia della preghiera del cuore, Paoline, Milano 202113, p. 135. 7 Das immerwährende Herzensgebet (La preghiera incessante del cuore, ndt). Testi originali russi raccolti e tradotti da A. Selawary, Weilheim 19763, p. 120. D’ora in poi indicato con Preghiera del cuore. 6
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strazioni nella preghiera abbiano la stessa funzione dei sogni per la conoscenza di sé: « Le distrazioni sono preziose per le indicazioni che danno. Sono una sorta di sogni a occhi aperti su ciò che ci preoccupa » 8. Come i sogni ci forniscono informazioni su ciò che accade nel profondo della nostra anima, nel nostro inconscio, altrettanto fanno le distrazioni, che derivano anch’esse dall’inconscio. Ci mostrano le inclinazioni del nostro cuore. Se ci rendiamo conto di pensare sempre alle stesse cose, a certi eventi o persone, o che ci frullano in testa sempre gli stessi problemi o programmi, possiamo trarne conclusioni preziose circa noi stessi. E non appena ci saremo conosciuti meglio in questo modo, le distrazioni scemeranno e saremo in grado di pregare Dio nel raccoglimento.
I. Hausherr, Leben aus dem Gebet, Olphe-Galliard, Salzburg 1969, p. 202. 8
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Indice
Introduzione
pag. 5
Parte prima La preghiera come fonte della conoscenza di sé
»
13
Parte seconda La preghiera e la compunzione del cuore
»
39
Parte terza preghiera e guarigione
»
65
Conclusione
»
87
La preghiera costringe alla conoscenza di sé La preghiera come aiuto per conoscere se stessi La preghiera come metodo di conoscenza di sé
La conoscenza dolorosa di sé Le lacrime vere purificano il cuore Le lacrime uniscono corpo e anima
Il rapporto con i pensieri Il potere terapeutico della preghiera
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AL POZZO DI SICÀR Nel frastuono, nella fretta, nella precarietà dei nostri giorni, un invito a sostare al pozzo di Sicàr per colmare la sete di amore, di relazione, di verità, di infinito, di Dio. 1. Gianluigi Corti, Amico dei peccatori. Amicizia e perdono nel Vangelo di Luca 5. Michel Rondet, I mille volti della preghiera. Come, quando, perché pregare 6. Domenico Pezzini, La forza della fragilità. Provocazioni sulla speranza cristiana 8. Primo Mazzolari, Tempo di Passione. Meditazioni per la settimana santa 9. Domenico Pezzini, La strada e la mensa. Il discepolo nel Vangelo di Luca 10. Anselm Grün, L’accompagnamento spirituale nei Padri del deserto 12. Cesare Falletti, Come voce di sottile silenzio. Interiorità e rapporto con Dio 15. Alfredo Battisti, Il paradosso delle Beatitudini. La felicità secondo Gesù 17. Gabriele Corini, Non di solo pane. Parola ed Eucaristia alimento del cammino 18. Anselm Grün - M. Reepen, L’anno liturgico come terapia 19. Agostino Clerici, Il tesoro nel campo. Chi trova, cerca 20. Carlos Marcías De Lara, Giuseppe e i suoi fratelli. Dalla discordia alla riconciliazione 23. Primo Mazzolari, Il Padre nostro. Commento 24. Albert Vanhoye, Lo Spirito dell’unità. Meditazioni bibliche 25. Aurelio Fusi, Vogliamo vedere Gesù. Storie di sequela nei Vangeli 26. Agostino Clerici, Incontrare il Risorto. Riflessioni per il Triduo pasquale 27. Giuseppe Casale, Esperienza di conversione. Gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola 28. Xavier Quinzà Lleó, Le porte della felicità. Le Beatitudini: benedizione di chi sa scegliere 29. Gabriele Corini, Educati all’amore. Itinerario biblico 31. Benito Marconcini, Alla sequela di Gesù. Il discepolo nel Nuovo Testamento 32. Felice Accrocca, Schiavo in Egitto. La storia di Giuseppe 33. Patrizia Girolami, Il Vangelo di Giovanni. Dall’incredulità alla fede piena 34. Giuseppe Alcamo, Il Dio di Gesù Cristo. Nella Lettera ai Galati 35. Raffaele Ruffo, Capire per credere. Una fede da ri-pensare 36. Giuseppe Alcamo, Mi è venuto incontro. L’identità cristiana secondo Giovanni 37. Teresa Ciccolini, Le parole scomode di Gesù 38. Rocco Quaglia, Il Dio sconosciuto. L’attualità del messaggio di Paolo ai sapienti del mondo
39. Gabriele Gaetano Piccolo, profumo dello sposo. Esercizi biblico spirituali con il Cantico 29. Corini, Il Educati all’amore. Itinerario dei Cantici 30. Bernard Pitaud, Eucaristia e discernimento in Madeleine Delbrêl Carlo Maria Martini,Alla Itinerario preghiera. l’evangelista LucaTe40. Benito 31. Marconcini, sequeladidi Gesù. IlCon discepolo nel Nuovo Alessandro Deho’, Maria. Un cammino 41. stamento 42. Felice AnselmAccrocca, Grün, Il Schiavo piccolo coach della Bibbia. Guida alla lettura del Libro 32. in Egitto. La storia di Giuseppe dei libri Girolami, Il Vangelo di Giovanni. Dall’incredulità alla fede 33. Patrizia Gaetano Piccolo, Parole per domani. Itinerario di avvento 43. piena AlessandroAlcamo, 44. Deho’, La Parola liberaCristo. lacrimeNella e baci Lettera ai Galati 34. Giuseppe Il Dio di Gesù Enzo Appella, 45. Raffaele di Giacobbe. Racconto della fraternità compiuta 35. Ruffo,Giuseppe Capire per credere. Una fede da ri-pensare 46. Anselm Grün, Preghiera e conoscenza di sé per incontrare Dio 36. Giuseppe Alcamo, Mi è venuto incontro. L’identità cristiana secondo 47. Angelo Comastri, Dio è Padre Giovanni 37. Teresa Sezione oro Ciccolini, Le parole scomode di Gesù 38. Rocco Quaglia, Il Dio sconosciuto. L’attualità del messaggio di Paolo ai Agostino 50. sapienti delClerici, mondoLettera di Gesù Bambino Carlo Maria 51. Gaetano Martini, Felice chi crede 39. Piccolo, Il profumo dello sposo. Esercizi spirituali con il Can52. Ermes Ronchi, I baci non dati tico dei Cantici 53. Andrea Riccardi, Paolo. Uomo dell’incontro 40. Carlo Maria Martini, Itinerario di preghiera. Con l’evangelista Luca 54. Agostino Clerici, L’Essenziale è visibile 41. Alessandro Deho’, Maria. Un cammino 55. Tonino Bello, L’attesa si fa danza 56. Ermes Ronchi, Tu sei bellezza 57. Andrea Riccardi, Uomo e donna, sogno di Dio 58. Anna Maria Cànopi, Maria, donna della bellezza interiore 60. Ermes Ronchi, Al mercato della speranza 62. Luce Irigaray, Il mistero di Maria 63. Aelredo di Rievaulx; Domenico Pezzini (cur.), Preghiera di un pastore e altre preghiere 64. Carlo Maria Martini; Cristina Uguccioni (cur.), Il dono dell’amore 65. Agostino Clerici, « Che cosa cercate? ». Avvento e Natale nel cuore dell’Anno liturgico 66. Angelo Casati, Busso a una casa 67. Fratel MichaelDavide, Sinfonie di umanità 68. Giovanni Cesare Pagazzi, Il garbo del Vincitore 69. Marco D’Agostino, Ero nudo e non mi sono nascosto
La Bibbia è piena di storie meravigliose e sagge. Ma se manca la giusta chiave per comprenderla, semplicemente non si sa da dove iniziare a leggere... Ci si trova di fronte a dubbi e perplessità: « Mi piacerebbe molto leggere la Bibbia, ma appena comincio, la sento difficile. Non vedo cosa potrebbe dire a me, oggi... ». Partendo da perplessità molto comuni Anselm Grün “allena” il lettore all’uso della Bibbia, indicando alcuni modi per leggerla e comprenderla e offrendo suggerimenti per pregare con la Scrittura da soli o insieme ad altri.
Anselm Grün (1945), monaco benedettino tedesco, è uno dei più noti autori cristiani di spiritualità. Ha compiuto studi di filosofia, teologia e psicologia oltre che di economia. I suoi libri sono tradotti in varie lingue. Tra i più recenti pubblicati da Paoline: Vivere ogni giorno con fiducia (2023); Il piccolo coach della Bibbia (2021); Ogni giorno un nuovo inizio. La saggezza dei padri del deserto (20202). ISBN 978-88-315-5667-5
€ 9,00
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« La realizzazione di sé, che oggi cerchiamo di conseguire con numerose pratiche psicologiche e meditative, era per i monaci il risultato di un cammino di preghiera portato avanti con coerenza ». Preghiera e conoscenza di sé sono per i primi monaci intimamente legate. Non si può infatti trovare Dio se ci si ignora, se non ci si conosce: alla conoscenza di Dio si giunge soltanto attraverso la conoscenza di sé. Però « soltanto lo Spirito Santo infonde la vera conoscenza di sé, senza di lui neppure la persona più intelligente può conoscersi a dovere o percepire il proprio stato interiore più profondo » (da La Filocalia).