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Dio, l’Amore misericordioso
Canterò eternamente le misericordie del Signore!!!
(A, p. 71)
Domenica 9 giugno 1895, festa della Santissima
Trinità, Teresa penetra più intimamente nel mistero di Dio: sperimenta in modo luminoso che Dio è misericordia e che lei è oggetto privilegiato di questa infinita misericordia.
Come potrà manifestare la sua illimitata riconoscenza? Consapevole della sua debolezza e della inadeguatezza di qualsiasi dono, Teresa sceglie di offrirsi, come vittima, all’Amore misericordioso.
Sarà questo Amore ad animare tutto il suo cammino spirituale. Teresa quel giorno scrive il suo atto di Offerta all’Amore misericordioso del buon Dio, che è riportato nella sezione delle preghiere nelle Opere complete , e la cui meditazione consente di partecipare, in qualche modo, alla profonda e rivoluzionaria esperienza interiore della carmelitana di Lisieux.
Da quando mi è stato dato di capire così l’amore del cuore di Gesù, riconosco che quest’amore ha scacciato dal mio cuore ogni timore.
Il ricordo dei miei errori mi umilia, mi induce a non appoggiarmi mai sulla mia forza che non è che debolezza, ma ancor più questo ricordo mi parla di misericordia e d’amore.
Quando con confidenza tutta filiale si gettano i propri errori nel braciere divorante dell’Amore, come potrebbero non essere consumati definitivamente? (247)
La notte del Natale 1886 fu decisiva per la mia vocazione ma per dare un nome più esatto devo chiamarla la notte della mia conversione. In questa notte benedetta, di cui è scritto che essa illumina le delizie di Dio stesso, Gesù, che si faceva Bambino per amor mio, si degnò di farmi uscire dalle fasce e dalle imperfezioni dell’infanzia: mi trasformò in tal modo che io stessa non mi riconoscevo più. Senza questo cambiamento avrei dovuto restare ancora molti anni nel mondo.
Santa Teresa, che diceva alle sue figlie: «Voglio che non siate in nulla come donnicciole, ma che in tutto eguagliate gli uomini forti», santa Teresa non avrebbe voluto riconoscermi come sua figlia, se il Signore non mi avesse rivestito della sua forza divina, se lui stesso non mi avesse armato per la guerra (201).
È vero che la croce mi ha seguito fin dalla culla, ma questa croce Gesù me l’ha fatta amare con passione; mi ha sempre fatto desiderare quel che voleva donarmi (253).
Su questa terra, dove tutto cambia, soltanto una cosa rimane stabile: è la condotta del Re dei cieli nei confronti dei suoi amici (226).
È perché Dio è giusto che «egli è compassionevole e pieno di dolcezza, lento nel punire e ricco di misericordia. Infatti conosce la nostra fragilità e si ricorda che non siamo che polvere. Come un padre ha tenerezza per i suoi figli, così il Signore ha compassione di noi».
Ascoltando queste belle e consolanti parole del Re-profeta, come dubitare che il buon Dio possa non aprire le porte del Regno ai suoi figli che l’hanno amato fino a sacrificare tutto per lui? (226)
Chiedo a Gesù di prendermi quando vuole, anche il giorno della mia professione, se dovessi ancora offenderlo dopo, poiché vorrei portare in cielo la veste bianca del mio secondo battesimo senza alcuna macchia. Ma mi sembra che Gesù possa proprio farmi la grazia di non offenderlo più, oppure di commettere soltanto errori che non l’offendono, ma umiliano e rendono l’amore più forte (114).
Mi sembra che il buon Dio non abbia bisogno di anni per compiere la sua opera d’amore in un’anima: un raggio del suo cuore, in un istante, può far sbocciare il suo fiore per l’eternità! (124)
Non farai fatica a prediligere la croce e le lacrime di Gesù se penserai spesso a questa Parola: «Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me!» (184).
Dio non si lascia vincere in generosità: come potrebbe purificare nelle fiamme del purgatorio anime già consumate dal fuoco dell’amore divino? (226)
Gesù tiene tanto al nostro cuore che, per averlo per lui, acconsente ad alloggiare in un bugigattolo sporco e scuro.
Ah, come non amare un Amico che si riduce a una così estrema indigenza, come osare ancora citare la propria povertà, mentre Gesù, da ricco che era, si è fatto povero per unire la sua povertà alla nostra povertà: che mistero d’amore! (109)
Sì, è nel rifugio segreto dell’anima che Gesù ci istruisce (137).
Gesù ha da molto tempo dimenticato le tue infedeltà; soltanto i tuoi desideri di perfezione gli sono presenti per rallegrare il suo cuore (261).
Gesù si serve di tutti i mezzi, le creature sono tutte al suo servizio ed egli ama servirsene durante la notte della vita.
Ecco una bella pesca, così rosata e zuccherata che tutti i dolciari non riuscirebbero a immaginare un sapore così dolce. Dimmi: è per la pesca che il buon Dio ha creato questo grazioso color rosa così vellutato e gradevole da vedere e da toccare?
È sempre per lei che ha consumato tanto zucchero? Ma no, è per noi e non per lei. Ciò che gli appartiene, ciò che fa l’essenza della vita della pesca è il nocciolo, noi possiamo portarle via tutta la sua bellezza senza toglierle il suo essere (147).
Il buon Dio non può darmi prove che sono al di sopra delle mie forze. Mi ha dato il coraggio di sopportare questa prova. Oh, è davvero grande! (36)
Mi fa molto bene vedere che Gesù è sempre così dolce, così tenero verso di me! Mi sono ricordata di quelle parole che un giorno Gesù rivolse alla donna adultera: «Qualcuno ti ha condannata?».
E io, con le lacrime agli occhi, gli ho risposto: «Nessuno, Signore. Né la mia piccola Madre, immagine della vostra tenerezza, né la mia suor san Giovanni Battista, immagine della vostra giustizia, e sento proprio che posso andare in pace, perché neppure voi mi condannerete!».
Perché dunque il buon Gesù è così «dolce» verso di me? Perché non mi rimprovera mai? Veramente c’è di che morire di riconoscenza e d’amore! (230)
Il profeta Isaia ci rivela che l’ultimo giorno «il Signore condurrà il suo gregge nei pascoli, riunirà gli agnellini e se li stringerà al petto».
E, come se tutte queste promesse non bastassero, lo stesso profeta, il cui sguardo ispirato si immergeva già nelle profondità eterne, grida in nome del Signore: «Come una madre carezza suo figlio, così io vi consolerò, vi porterò sul mio petto e vi carezzerò sulle mie ginocchia».
Dopo un simile linguaggio, non resta che tacere, piangere di riconoscenza e d’amore (196).
Sì, Gesù ha le sue preferenze: ci sono nel suo giardino frutti che il sole del suo amore fa maturare quasi in un batter d’occhio. Perché noi apparteniamo a questo numero? Domanda piena di mistero... Che motivazione potrebbe darci Gesù? Ahimè, la sua motivazione è che non ha motivazione! (89)
Oh, mio Dio, come siete dolce per la piccola vittima del vostro amore misericordioso! Persino adesso che voi unite la sofferenza esteriore alle prove dell’anima, non posso dire: «Le angosce della morte mi hanno circondato». Ma grido nella mia riconoscenza: «Sono scesa nella valle dell’ombra della morte, ma non temo alcun male, perché voi siete con me, Signore!» (262).
Vorrei cercare di mostrare con un paragone semplicissimo quanto Gesù ami le anime anche imperfette che si affidano a lui: io immagino che un padre abbia due figli birichini e disobbedienti e che, venendo per punirli, ne veda uno che trema e si allontana da lui con terrore, pur sapendo in fondo al cuore che merita d’essere punito, mentre invece il fratello si getta nelle braccia del padre dicendo che gli spiace di averlo addolorato, che lo ama e che, per dargliene prova, d’ora in poi sarà saggio. Poi, se questo figlio domanderà al padre di punirlo con un bacio, non credo che il cuore del padre felice possa resistere alla fiducia filiale del suo bambino di cui conosce la sincerità e l’amore.
Tuttavia non ignora che più d’una volta suo figlio ricadrà negli stessi errori, ma è disposto a perdonarlo sempre, se suo figlio lo prenderà sempre per il cuore (258).
So che è necessario essere completamente puri per comparire dinanzi al Dio di ogni santità, ma so anche che il Signore è infinitamente giusto, ed è questa giustizia, che spaventa tante anime, che è invece la causa della mia gioia e della mia fiducia.
Essere giusto non vuol dire soltanto esercitare la severità per punire i colpevoli, vuol dire anche riconoscere le intenzioni rette e ricompensare la virtù.
Io spero nella giustizia di Dio, così come nella sua misericordia (226).
Ahimè, non c’è nulla che perde il suo splendore più facilmente del giglio. Ebbene, io dico che se Gesù ha detto, a proposito di Maddalena, che ama di più colui al quale si è perdonato di più, lo si può dire a maggior ragione, quando Gesù ha rimesso i peccati in anticipo! (130)
Come sono poco conosciute la bontà, l’amore misericordioso di Gesù!
È vero che, per gioire di questi tesori, è necessario umiliarsi, riconoscere il proprio niente ed è questo che molte anime non vogliono fare (261).
Gesù è libero e nessuno ha da domandargli perché dia le sue grazie a un’anima invece che a un’altra (57).