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Debolezza

Vedendo le mie imperfezioni non me ne stupisco più, perché so di essere la debolezza stessa.

(C, p. 254)

Tutta la forza di Teresa sta nella sua debolezza. Non soltanto non tenta di giustificare a se stessa e agli altri le sue mancanze, ma giunge perfino a gustare la gioia di sentirsi imperfetta.

Dio infatti «sceglie ciò che nel mondo è debole» per compiere le sue meraviglie, e pertanto nulla rende felice Teresa quanto il sentire operare in lei l’Amore misericordioso.

Sperimenta perciò la sua debolezza non come qualcosa di cui vergognarsi, ma piuttosto come lo spazio in cui raccogliere il torrente di grazia che renderà forte e coraggiosa lei che è così debole. È l’esperienza di essere un servo inutile che le dà gioia, « perché non avendo nulla » (DE, p. 1018) riceverà tutto dal buon Dio.

L’infanzia ipersensibile, i rapporti scolastici difficili, il periodo degli scrupoli, le sofferenze intime alimentano la storia interiore di Teresa, che avrà sempre una piena consapevolezza della sua fragilità.

Sento la mia impotenza a ridire con parole terrestri i segreti del cielo. E poi, dopo aver scritto pagine e pagine, mi sembrerebbe di non avere ancora incominciato...

Vi sono tanti orizzonti diversi, tante sfumature infinitamente varie, che soltanto la tavolozza del Pittore celeste, dopo la notte di questa vita, potrà fornirmi i colori capaci di dipingere le meraviglie che rivela all’occhio della mia anima (196).

Non essere così ingrata da non riconoscere le grazie che ti fa Gesù. Mi fai l’effetto di una contadinella che un re potente venisse a chiedere in sposa e che non osasse accettare, con il pretesto di non essere abbastanza ricca e istruita nelle abitudini della corte, senza riflettere che il suo regale fidanzato conosce la sua povertà e la sua debolezza meglio di quanto non la conosca lei stessa (109).

I suoi prediletti, Gesù vuol renderli simili a lui. Perché spaventarti di non poter portare questa croce senza sperimentare la debolezza?

Gesù sulla via del Calvario è caduto proprio tre volte, e tu, povera piccolina, tu non vorresti essere simile al tuo Sposo, tu non vorresti cadere cento volte, se è necessario, per dargli prova del tuo amore, risollevandoti, dopo la caduta, con una forza ancora più grande? (81)

Ho letto stamattina un passo del Vangelo dov’è detto: «Non sono venuto a portare la pace, ma la spada»; non ci resta che combattere.

Quando non ne abbiamo la forza, è allora che Gesù combatte per noi.

Mettiamo insieme la scure alla radice dell’albero (57). Com’è facile piacere a Gesù, conquistare il suo cuore: non c’è che da amarlo senza badare a se stessi, senza troppo esaminare i propri difetti (142).

Non temere! Fintanto che la tua lira non cesserà di cantare per Gesù, non si spezzerà mai.

Senza dubbio è fragile, più fragile del cristallo; se tu la dessi a un musicista inesperto, si spezzerebbe subito, ma è Gesù che fa vibrare la lira del tuo c uore.

Egli è felice che tu senta la tua debolezza; è lui che imprime nella tua anima i sentimenti di sfiducia verso te stessa.

Ringrazia dunque Gesù: egli ti colma delle sue grazie più eccelse. Se ti manterrai sempre fedele per fargli piacere nelle piccole cose, lui si troverà obbligato ad aiutarti nelle grandi (161).

Tu ti inganni se credi che la piccola Teresa cammini sempre con ardore nella strada della virtù: lei è debole, molto debole; tutti i giorni ne fa una nuova esperienza.

Ma Gesù si compiace d’insegnarle, come a san Paolo, la scienza di trovar gloria nelle sue infermità: questa è una grande grazia e io prego Gesù di insegnartela, poiché è soltanto in questo che si trova la pace e il riposo del cuore.

Quando ci si vede così miserabili, non ci si vuole più prendere in considerazione e non si guarda che l’unico Diletto! (109)

Il giocattolo di Gesù è la debolezza personificata se Gesù non lo sostiene, e se non è lui stesso a lanciare la sua pallina, questa resterà là inerte, sempre nello stesso posto! (79)

Se noi siamo nulla, bisogna non dimenticare che Gesù è tutto, perciò occorre perdere il nostro piccolo niente nel suo infinito tutto e non pensare che a questo tutto, il solo amabile (109).

Maria Antonietta La Barbera, palermitana, già docente di Lingua e letteratura francese presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Palermo. I suoi molti interessi in ambito teologico, letterario e spirituale l’hanno portata ad approfondire figure quali Flaubert, Bernanos, Raïssa Maritain, Ionesco. Dal 2010 si occupa di animare gruppi di «scrittura partecipata» per l’associazione Partecipalermo, per la quale sono stati pubblicati - tra il 2015 e il 2018quattro volumi di scritture a più mani. Ha al suo attivo varie pubblicazioni, fra le quali ricordiamo per le Paoline: Bernanos, pensieri parole e profezie (1996). Inoltre: Perché letteratura oggi. Oltre i generi letterari, la scrittura, traccia di una presenza , Marna (2001), Scrittura e presenza. Sulle tracce di Georges Bernanos e Jean Sullivan , Aracne (2006).

In copertina: Vincent van Gogh (1853-1890), Le Rose (1890), olio su tela. Dono di Pamela Harriman in ricordo di W. Averell Harriman. Su gentile concessione della National Gallery of Art, Washington.

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