Dall'Idea alla Forma_Il diagramma come strumento di progetto_ Paolo Macchiavello

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Dall’idea alla forma Il diagramma come strumento di progetto Paolo Macchiavello



UniversitĂ degli Studi di Genova - Scuola Politecnica DAD - Dipartimento Architettura e Design

Tesi di Laurea Magistrale in Architettura a.a. 2015-2016 Sessione di Laurea: Marzo 2017

Dall’idea alla forma Il diagramma come strumento di progetto

Relatore: Prof. Arch. Giovanni Galli Candidato: Paolo Macchiavello



A mio Nonno e alla mia Famiglia




INDICE

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Indice D

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I

Introduzione

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A

Principi del diagramma

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G

Diagramma contemporaneo

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Contesto teorico

Diagramma come tracciato geometrico Prime esperienze Triade archetipale Prime derivazioni

Peter Eisenman Bernard Tschumi Rem Koolhaas (OMA) Kazuyo Sejima (SANAA) Ben van Berkel (UNStudio) Maas, Van Rijs, deVris (MVRDV) Joshua Prince-Ramus (REX) Bjarke Ingels (BIG)

Tavole R A Conclusioni

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M

Bibliografia

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Ringraziamenti

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INTRODUZIONE

1. S. Allen, Diagrams Matter, in Any, 23, 1998, pp. 16-19

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Un diagramma non è una cosa in sé, ma è una descrizione di possibili relazioni tra gli elementi, non solo un modello astratto di come le cose si comportano nel mondo ma una mappa dei possibili mondi. Stan Allen1

‘Cos’è comunque un diagramma?’. Questo è il titolo di un saggio con cui Anthony Vidler, all’interno del libro Contropiede di Peter Eisenman, cerca di comprendere la figura del diagramma all’interno dell’architettura ripercorrendone le diverse teorie. Questa stessa domanda mi è servita per studiare personalmente i diagrammi, dalle possibili origini fino agli esempi più contemporanei. Quello che verrà presentato all’interno della mia tesi sarà un catalogo, una cronologia tematica che ripercorre lo sviluppo di questo strumento, cercando di capirne tutte le diverse sfaccettature che sono state presentate nel corso degli anni. Lo scopo sarà quello di comprenderne il diverso impatto all’interno del processo progettuale degli architetti, sia da un punto di vista teorico, studiando le teorie che accompagnano la pratica, sia dal punto di vista della progettazione vera e propria.


Contesto teorico Prima di studiare ed analizzare le pratiche diagrammatiche, è utile svolgere una digressione teorica sul significato di diagramma dato da filosofi e teorici del Novecento e, successivamente, da quelli dei primi anni Duemila. Uno dei primi a decifrare e classificare il concetto di diagramma è stato il matematico e semiologo Charles Sanders Peirce, il quale nei suoi Collected Papers, porta in luce una triade che considera indispensabile in ogni ragionamento. Questa triade è composta da tre diversi tipi di segni2: l’icona, l’indice e il simbolo. Il primo, icona o segno diagrammatico, mostra, con un’analogia, l’oggetto del discorso, cioè rimanda all’oggetto grazie ai suoi caratteri. Il secondo, l’indice, porta l’attenzione all’oggetto senza però descriverlo, cioè mostra l’influenza dell’oggetto che, attraverso un’azione, lascia una traccia materiale. Infine, il terzo, il simbolo, è la descrizione generale dell’oggetto attraverso associazione di idee o connessioni abituali, cioè rimanda al suo oggetto attraverso una rappresentazione formale. Secono la tesi di Peirce, il diagramma è, in particolare, strumento utile a connettere elementi che non sono connessi, è, cioè, un diagramma di relazioni. Nel compiere questa opera di collegamento il diagramma può somigliare ad un’icona; con la differenza che nel caso del diagramma si può perdere la concezione astratta del segno tanto da farlo divenire realtà. Pierce poi aggiunge che i diagrammi servono a comprendere meglio lo stato delle cose: per esempio, una mappa può essere un diagramma, anche semplicemente come rappresentazione di ciò che è presente e reale in un dato sito, ma allo stesso tempo con il supporto di punti e linee può divenire più specifico nella sua funzione. Dalla semiotica traggono alcune riflessioni anche i filosofi Michel Foucault, Gilles Deleuze con Felix Guattari e Jacques

2. «Intendiamo per segno, nella sua accezione più lata, qualsiasi cosa che, determinata da un oggetto, determina un’interpretazione determinata, attraverso il segno stesso, dal medesimo oggetto.» [Peirce, 1906, CP. 4.531]. «Un segno dunque è un oggetto in relazione con il suo oggetto da una parte e con un interpretante dall’altra, in modo tale da mettere l’interpretante in una relazione con l’oggetto, corrispondente alla sua propria relazione con l’oggetto.» [Peirce, 1908, CP. 8.332].

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PRINCIPI DEL DIAGRAMMA

Diagramma come tracciato geometrico

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1. Cfr. The Oxford English Dictionary, Vol. 1, p. 714

2. P. Eisenman, Diagram: An Original Scene of Writing, Any, 23, 1998, p. 27

In una prima introduzione al discorso sul diagramma si può partire dal più elementare esercizio pratico di definizione di una parola, l’etimologia. Diagramma: derivazione dal greco composta da dia ‘attraverso’ e graphein ‘qualcosa di scritto’; di seguito la definizione: «una figura composta da linee, che serve ad illustrare una definizione o una formulazione o come contributo alla dimostrazione di un teorema. Una figura illustrativa che, senza rappresentare l’esatta apparenza di un oggetto, ne offre un contorno o uno schema generale, in modo da mostrarne la forma e la relazione tra le parti. Un sistema di linee, segni o tracciati che rappresentano simbolicamente l’andamento o i risultati di un’azione o processo, o le variazioni che lo caratterizzano. Una traccia usata per simbolizzare proposizioni astratte in relazione tra loro o processi mentali»1. Il campo che si apre grazie alla definizione e all’etimologia è molto ampio, e da questa non precisa definizione di un confine scaturiscono differenti ipotesi sul significato, sulle origini, sull’uso e sulle tipologie del diagramma. Da una parte possiamo enunciare le parole di Peter Eisenman, il quale sostiene che «il diagramma è vecchio quanto l’architettura»2. Nel riferire questa teoria si avvale dell’esempio dello storico Kurt Forster che sottolinea come nell’antico Egitto, nei disegni architettonici su pergamena, vi era spesso una traccia, una base diagrammatica, disegnata o incisa leggermente con uno stilo non inchiostrato che poi, in un secondo momento, veniva ripassata con l’inchiostro, come a seguire un diagramma di base. In questi disegni la copertura


con inchiostro non utilizzava tutto il tracciato, ma solo alcune parti. Queste tracce intermedie, linee invisibili, sono quelle che possono essere definite diagramma: una situazione transitoria che diviene visibile solo attraverso l’uso di un secondo mezzo. Nel sostenere questa ipotesi storica bisogna tenere conto dei vocaboli usati per definire gli stessi diagrammi – traccia, segno – i quali delineano, piuttosto che un susseguirsi di azioni generative, un’impostazione base su cui viene creata l’architettura. Tenendo conto quindi di questa teoria si deve inserire nella sequenza di esempi una serie di regole geometriche usate dagli architetti. Porterò quindi in esame tre raggruppamenti: la proporzione aurea, i modelli antropomorfici e gli schemi geometrici. Tracciando rapidamente un elenco di esperienze di questo tipo possiamo elencare, a partire dall’antichità, come primo trattato che discute delle proporzioni, il De Architectura di Vitruvio, con le varie illustrazioni dei teorici che si sono susseguiti nella trascrizione e nella rappresentazione del manoscritto. Un esempio è l’attenzione data allo studio delle proporzioni umane rappresentate nell’Uomo Vitruviano (fra gli altri Fra Giocondo, Cesariano, Leonardo) e agli ordini architettonici e alle loro proporzioni fra le parti. Poi volendoci mantenere sulla stessa linea delle proporzioni antropomorfiche come base dell’architettura - quindi il corpo umano come traccia da cui dedurre lo spazio architettonico - ci sono le esperienze di Francesco di Giorgio Martini. Tra queste si possono portare all’attenzione la serie di planimetrie e prospetti di chiese dove la forma deriva dal corpo umano e il rapporto tra le parti di una trabeazione e le parti di un busto. Un esempio invece più contemporaneo è il Modulor di Le Corbusier, dove una figura d’uomo imposta le misure per l’architettura. Interessanti poi sono gli schemi dell’ad triangolum e dell’ad quadratum, con gli esempi del Duomo di Milano, rappresentato da Cesariano, e della Rotonda di Palladio. Simile per tipologia è il diagramma

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continua che diverrà la forma della torre. In parallelo alla definizione della forma vi è anche un’impostazione in accordo al programma funzionale dell’edificio; la sua reinterpretazione architettonica permette una ridefinizione delle relazioni tra la forma e la funzione per quanto riguarda il suo dinamismo e la sua continuità. Nella Città della Cultura della Galizia (1999) la forma ondulata di tutti i sei edifici si evolve dalla sovrapposizione di una serie di informazioni: la planimetria del centro medievale di Santiago de Compostela, una griglia cartesiana che rappresenta la città moderna, la forma generale di una conchiglia – quindi un elemento esterno che imprime un’idea nel processo – e la topografia della collina. Le antiche e le moderne tracce sovrapposte sono combinate in una matrice che crea la superficie topologica e il movimento fluido sia del terreno che delle coperture; questa matrice deriva originariamente dall’impronta sul diagramma data dai diversi percorsi dei pellegrini. Il diagramma emerge come una giunzione parametrica dei diversi pattern dei diversi livelli e crea uno spazio continuo, dove non esiste terreno o copertura, ma un unico corpo dinamico. Nuovamente, la base concettuale è legata al territorio e alla sua storia, e l’esteriorità e l’interiorità sono i soggetti della progettazione.

Bernard Tschumi

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L’aspetto più interessante e utile all’interno di questa ricerca per quanto riguarda Bernard Tschumi è il progetto per il Parc de la Villette, dove l’architetto svizzero sperimenta un nuovo metodo diagrammatico di sovrapposizione, che poi ripresenterà anche in architetture successive. Questo metodo prende avvio già dalle ricerche svolte dallo stesso all’interno della raccolta The Manhattan Transcript (1981). All’interno di questa raccolta Tschumi presenta quattro tematiche: il Parco, la Strada, la Torre e il Blocco. Questi quattro elementi a loro volta si inseriscono in tre livelli: l’Evento, il


Movimento e lo Spazio, rappresentati rispettivamente da fotografie, diagrammi di movimento e planimetrie. L’idea, che può essere ritenuta simile in alcune sue parti alla teoria di Kevin Lynch, è che l’esperienza dell’architettura venga a formarsi attraverso l’interazione di questi tre livelli. La sovrapposizione del programma e del movimento all’interno dei diagrammi architettonici permette il rovesciamento delle regole tradizionali di rappresentazione, e di conseguenza anche della progettazione, che, perciò, deriva dalla libera manipolazione delle parti. Il progetto per il Parc de la Villette (1982) rappresenta, per Tschumi, la prima occasione per tradurre concretamente i principi della sua teoria architettonica. Infatti, tale progetto si fonda sulle tre categorie delle condizioni architettoniche – evento, movimento e spazio – che vengono rielaborate attraverso una serie di tecniche diagrammatiche. I diagrammi in questo caso sono utili sia ad integrare l’architettura nella proposta, sottolineando il rapporto tra gli edifici e il contesto, sia per sviluppare il programma. Entrambe queste caratteristiche dei diagrammi si legano ad un ordine geometrico: punti, linee, superfici. I punti, che rappresentano i chioschi, i bar o i punti panoramici, sono le manifestazioni locali del sistema organizzativo; le linee sono principalmente i componenti del sistema di movimento, ossia la circolazione; ed, infine, le superfici sono le aree per lo sport o per eventi. Il diagramma finale stratifica questi tre layer astratti ponendoli insieme attraverso una sovrapposizione arbitraria. Lo stesso Tschumi offre un’interessante lettura del suo diagramma per la Villette. L’architetto ritiene che a partire da un concetto, derivato dai requisiti del progetto, questo debba essere definito in architettura. Per questo passaggio i diagrammi sono lo strumento più adatto, per due motivi: da un lato, riescono a delineare un’idea in maniera schematica e diretta, dall’altro, spogliano l’architetto dalla sua soggettività; infatti, Tschumi ritiene che, anche se in principio ognuno dei sistemi – punti, linee e superfici – viene definito dall’architetto

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soggetto, il diagramma, attraverso la sovrapposizione e quindi la contaminazione vicendevole di ogni sistema, oggettivizza l’architettura finale e la slega dal suo artefice. Nel suo testo Architettura e Disgiunzione (1994), Tschumi, pone tre elementi come base della pratica dell’architettura: spazio, programma e disgiunzione. Da una parte la ricerca verso la comprensione dello spazio, dall’altra l’imposizione del programma come principio fondativo della progettazione e la disgiunzione come attuatrice di una serie di operazioni più autonome sull’architettura. Questi tre elementi, al contempo collaboranti ed autonomi, definiscono quello che poi diviene l’architettura. Esempi interessanti di progettazione combinata tra programma, disgiunzione e serie di azioni cooperanti e intersecanti sono i progetti per l’Opera di Tokyo (1986), per l’Aeroporto di Kansai (1988), e per il Lerner Hall Student Center (1994). Per quanto riguarda il primo progetto, questo viene presentato come lo sviluppo architettonico del pentagramma; infatti sulla sequenza di linee parallele vengono inseriti, in maniera simile alle notazioni musicali, una serie di volumi che racchiudono tutte le diverse funzioni di un teatro dell’opera. Il principio esterno del progetto, il pentagramma, permette la decostruzione dell’idea e dell’organizzazione tradizionale dello spazio teatrale. Vengono a crearsi, quindi, sette strisce ognuna delle quali accoglie una funzione precisa: ‘il viale di vetro’ che permette l’accesso lungo tutta la facciata; il foyer, rialzato rispetto al viale, che accoglie botteghini, guardaroba e bar; gli Auditoria; il proscenio, che funziona come arteria centrale, i palcoscenici; il backstage, che contiene tutta la ‘fabbrica’ del teatro; ed, infine, l’ultima striscia che accoglie lo spazio per il personale. Nel progetto per l’aeroporto di Kansai, Tschumi propone lo sviluppo dell’edificio come una struttura di interscambio, dividendola in due parti: la città lineare e la piastra. La città lineare, a sua volta, viene divisa in tre elementi: la doppia


striscia, l’onda e la stecca. La doppia striscia contiene tutte le funzioni di passaggio dell’aeroporto; l’onda accoglie le funzioni di intrattenimento, sport e cultura; la stecca, infine, contiene l’aspetto ricettivo e spazio per uffici. La piastra, invece, si presenta come uno sconfinato paesaggio funzionale in cui si sviluppano diverse categorie. Tutti questi diversi elementi, singoli ed autonomi nella funzione originale, attraverso la sovrapposizione, vengono ad intersecarsi e a creare fenditure parallele che permettono spazi interstiziali di rilievo. Nel progetto per il Lerner Hall Student Center della Columbia University, lo sviluppo della struttura parte dai limiti architettonici del contesto e dal programma dell’edificio. Come mostra il diagramma di progetto, l’edificio viene a costituirsi a partire da un circuito centrale; le due ali esterne al vuoto centrale accolgono una serie di stanze funzionali, mentre nel vuoto centrale vengono posizionati gli spazi principali (l’auditorium, la hall e il teatro). L’area centrale diviene, così, sia scambio dinamico sia spazio ricreativo. Questo duplice valore permette l’utilizzo dello spazio in maniera più flessibile e più distribuita nelle ore del giorno.

Rem Koolhaas (OMA) Il diagramma gioca un ruolo particolarmente interessante per Rem Koolhaas, sia come mezzo di comunicazione sia come generatore di concetti. Sarebbe quindi riduttivo sottolineare soltanto il grande uso da parte di Koolhaas dei diagrammi come semplici forme visuali che incarnano l’idea del progetto; è invece più interessante analizzare il suo interesse in questo strumento come un dispositivo per il processo architettonico. Il ruolo di rilievo dato al diagramma è dovuto principalmente al fatto che Koolhaas, nei suoi progetti, è sempre attivo nell’inserire informazioni non architettoniche che possono generare concept e temi progettuali – programma, restrizioni, regolamenti, sito. Il diagramma quindi è lo strumento più adatto a svolgere questo compito, cioè di convertire i dati

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TRACCIATI REGOLATORI _ FIGURE GEOMETRICHE


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RUDOLPH WITTKOWER _ GRIGLIA DEI NOVE QUADRATI _ 1949


Villa Thiene

Villa Sarego

Villa Poiana

Villa Badoer

Villa Zeno

Villa Cornaro

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Villa Pisani, Montagnana

Villa Emo

Villa Malcontenta

Villa Pisani, Bagnolo

Villa Rotonda

Griglia geometrica


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PETER EISENMAN _ PARC DE LA VILLETTE _ 1987


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BEN VAN BERKEL (UNSTUDIO) _ MERCEDES-BENZ _ 2001


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