“U MARI NUN SI SPIRTUSA”
L'Italia è il paese dei navigatori, poeti e santi.
Riguardo ai navigatori, le pagine di cronaca dei nostri quotidiani ci confermano che il settore della navigazione non sforna piĂš illustri nocchieri. Come poeti siamo insuperabili, basti pensare che il petrolio si "coltiva" e gli impianti si dicono di "coltivazione". Riguardo ai santi... Non ci rimane che affidarci a loro in caso le coltivazioni vadano male.
Il mediterraneo è un mare meraviglioso che nutre e abbraccia paesi e popoli diversi tra loro. Il Mediterraneo è un mare importante, il suo cuore pulsante è il canale di Sicilia un patrimonio di biodiversità unico dove tante specie rare vengono per riprodursi. L'isola di Pantelleria nel canale di Sicilia è circondata da richieste di trivellazioni petrolifere. Il mediterraneo è anche un mare chiuso, uno sversamento comporterebbe danni irreparabili non solo qui ma in tutte le sue coste.
Greenpeace contro le trivelle
Un venerdì mattina del Luglio 2012 i bagnanti di Mondello si sono trovati ad assistere agli effetti disastrosi di uno sversamento petrolifero in mare. È la simulazione degli attivisti di Greenpeace che, “sporchi di petrolio”, hanno aperto sia in spiaggia sia in mare due grandi striscioni con le scritte “No trivelle nel Canale di Sicilia” e “Meglio l’oro blu dell’oro nero”. Sullo sfondo la barca a vela di Greenpeace con il logo del tour dal nome siciliano “U MARI NUN SI SPIRTUSA” contro la minaccia delle perforazioni in mare.“Meglio l’oro blu dell’oro nero” è anche il titolo del rapporto che Greenpeace lanciò quel giorno per denunciare i rischi della folle corsa petrolifera già partita nel Canale.
I rischi creati dalle perforazioni offshore sono inaccettabili per l’ambiente, per l’economia e per il benessere delle comunità che vivono sulla costa. Non possiamo permetterci un secondo “Golfo del Messico” nel cuore del nostro Mediterraneo. Perciò Greenpeace chiede agli amministratori locali e ai siciliani tutti di sostenere il loro appello affinché il ministero dell’Ambiente fermi la folle corsa all’oro nero.
Questo patrimonio è minacciato da ben ventinove richieste di ricerca di petrolio, di cui undici già autorizzate. L’Italia è un paradiso per i petrolieri. Se le richieste fossero tutte approvate, compagnie come Shell e ENI e altre meno note come la Northen Petroleum pagherebbero in totale poco più di 66 mila euro l’anno di canone per fare ricerca in un’area di oltre 10 mila chilometri quadrati. Inoltre, se trovassero il petrolio, pagherebbero delle royalties tra le più basse al mondo.
I rischi invece sarebbero tutti a carico della comunità : la stima dei danni per il settore turistico causati dalla Deepwater Horizon è di circa 18 miliardi di euro; anche un incidente nel Canale non sarebbe senza conseguenze: qui infatti si trova circa il 40 per cento della flotta da pesca regionale che genera oltre il 17% dei ricavi nazionali per il settore, mentre l’insieme delle province che si affacciano sul Canale assorbe circa il 38,6 per cento del flusso di presenze turistiche regionali, con il 35% degli occupati per alberghi e ristoranti.
Con il tour“U MARI NUN SI SPIRTUSA”, Greenpeace organizzerà incontri ed eventi di sensibilizzazione per illustrare la roadmap di tutela del Canale di Sicilia. Non siamo soli nella battaglia per mettere un freno ai folli progetti di prospezione e ricerca di idrocarburi da parte della compagnia petrolifera Schlumberger Italiana S.p.A in quell’angolo di mare – fra Pantelleria, Malta e capo Passero- che, oltre ad essere la casa di decine di specie animali - tra cui vulnerabili specie di cetacei, è interessata da pericolosi fenomeni di pseudo vulcanesimo: al nostro fianco ci sono le amministrazioni locali, altre associazioni, le cooperative dei pescatori, i rappresentanti del turismo e i comitati locali, capitanati da Enzo Maiorca.
No trivelle nel mare di Sicilia: la nostra diffida al Ministero dell’Ambiente
Sarebbe scandaloso se la Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero avallasse le richieste dei petrolieri: le valutazioni presentate dalla società sono infatti lacunose ed erronee. Ignorare – o fingere di ignorare – che l’area dove si vuole trivellare sia interessata da fenomeni di pseudo vulcanesimo conosciuti come “pockmarks”, che rendono tale zona ad alto rischio geologico, e dunque pericolosa per l’offshore, è da irresponsabili.
E che dire del fatto che la compagnia petrolifera afferma che nelle due aree i cetacei sarebbero “scarsi”, ignorando che le aree oggetto di richiesta sono state considerate dalla comunità internazionale – sia dalla Convenzione di Barcellona, che da quella per la tutela dei mammiferi marini (ACCOBAMS) - meritevoli di tutela per il loro alto valore biologico, in particolare proprio per la presenza di cetacei, tra cui la balenottera comune?
Si tratta di un vera e propria “culla marina” per la riproduzione di specie ittiche come il gambero rosso, il gambero bianco, il nasello, la triglia di fango, l’acciuga, il tonno rosso. I risvolti di attività di ricerca e trivellazione petrolifera nell’area sarebbero quindi drammatici non solo per la biodiversità marina, ma anche per attività economiche importanti come la pesca. Non vogliamo che tutto questo passi sotto silenzio! Noi crediamo che il Ministero abbia il dovere di ascoltarci… e andremo fino in fondo a questa battaglia con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione. Insieme dimostreremo che questo non è un Paese per fossili!
Trivelle in Sicilia: altro che ricchezza, i dati di Crocetta sono solo sogni Secondo l’articolo 826 del Codice Civile, in Italia, i giacimenti di idrocarburi sono “patrimonio indisponibile” dello Stato che non si impegna direttamente nella ricerca e nel loro sfruttamento, ma che lascia in concessione ad imprese private. Una società petrolifera titolare di una concessione di coltivazione di idrocarburi è quindi soggetta al rispetto dei programmi di lavoro, al pagamento di canoni proporzionati alla superficie coperta dai titoli minerari e al pagamento di royalties proporzionate alle quantità di idrocarburi prodotte.
Le royalties sono calcolate rispetto a dove il giacimento si trova e a cosa si estrae. Per tutte le concessioni c’è una quota di esenzione: ad esempio le prime 50mila tonnellate di petrolio estratte in mare non sono soggette a royalties, che sono del 4% per tutto ciò che viene estratto in eccesso rispetto a quel limite. I petrolieri, e i politici che gli sono amici, parlano spesso di royalties strabilianti versati alle comunità locali, riflettendo miraggi di improbabili El Dorado.
E così succede che su La Sicilia del 14 novembre 2014 compaia un’intervista al Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta riguardo il recente voto dell’Assemblea Regionale Siciliana, promosso dal M5S, in cui l’Assemblea stessa si dichiara contraria alle trivellazioni nell’isola sia in terra che in mare. Crocetta dichiara che non può “esserci incompatibilità tra progresso e ambiente”, che gli ambientalisti sono “pronti a dire no a tutto” e, commentando il voto dell’Ams, dice “Dico che è una follia. Dico che la Sicilia perderebbe di guadagnare 500 milioni l’anno di royalties con cui si potrebbe risanare il bilancio e creare nuovi posti di lavoro”.
Fonti: www.wwf.it www.ilfattoquotidiano.it www.greenpeace.org palermo.repubblica.it