OPERATORE SPECIALIZZATO IN ANTINCENDIO BOSCHIVO Dispensa didattica A cura di Paolo Mandara
Prefazione Ogni anno centinaia di ettari di bosco vengono distrutti dagli incendi, un patrimonio inestimabile per la nostra nazione e per l’intero pianeta va in fumo per l’incuria di qualche maldestro o, ancor peggio, per la volontà di arrecare danno ad un bene che è di tutti e che è nostro dovere proteggerlo per la nostra stessa sopravvivenza. Questo piccolo manuale nasce con l’intenzione di sensibilizzare l’opinione pubblica al problema degli incendi boschivi e di dare qualche piccolo consiglio agli operatori ed ai volontari che operano nel settore dell’antincendio boschivo. Nella speranza che questa nostra iniziativa sia gradita dalle amministrazioni, dagli operatori, dai volontari e da tutti coloro che siano interessati alla salvaguardia della natura auguro a tutti una buona lettura. Paolo Mandara
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FUOCO ED INCENDI. Il fuoco è un fenomeno termico e luminoso dovuto alla combustione di varie sostanze, rapidissima reazione di ossidazione con liberazione di energia e consumo di ossigeno. Perché il fuoco abbia vita sono necessari tre elementi: combustibile, ossigeno (comburente) e calore sufficiente. Eliminando o riducendo drasticamente uno di questi elementi si può ottenere l'estinzione del fuoco. La combustione dei materiali vegetali ( cellulosa, lignina, resine, oli, ecc.) Può essere divisa in tre fasi: preriscaldamento, combustione gassosa e combustione solida. Preriscaldamento: il calore viene assorbito dal combustibile che si essicca espellendo acqua sotto forma di vapore. Combustione gassosa: superati i 200 °C (la temperatura di innesco del fuoco può essere anche più bassa) dal materiale vegetale cominciano a liberarsi gas combustibili ( ossido di carbonio, metano, metanolo, idrogeno, formaldeide, acido formico, acido acetico, ecc.) Che, a contatto con l'ossigeno, bruciano producendo fiamme con una reazione che cede calore. Durante questa fase, il processo di combustione produce anidride carbonica, ancora vapore acqueo, ossido di carbonio, ossidi di azoto, gas o sostanze volatili incombuste. Il calore emesso può innalzare la temperatura fino ai 400 0C. Combustione solida: esaurita l'emissione e la combustione dei gas, brucia il carbone rimasto e le braci incandescenti raggiungono temperature superiori agli 800 0C, senza più fiamme. Quando per lo spegnimento si usa l'acqua si interviene soprattutto sull'elemento calore, con il raffreddamento del combustibile fino all'interruzione della combustione. L'acqua infatti, ha una grandissima capacità di assorbire calore e per farla evaporare servono ben 539 calorie per ogni grammo, più 70- 80 cal/g per innalzarne la temperatura da quella ambientale a quella di ebollizione. L'acqua assorbe meglio il calore se viene nebulizzata, inoltre agisce anche sul comburente (ossigeno) sostituendolo con il vapore acqueo (soffocamento: effetto secondario dell'acqua). Quando si getta sabbia o terra sul fuoco si agisce sul comburente sottraendolo alla combustione. Questa, assieme all'effetto secondario dell'acqua, è l'unica vera azione di soffocamento che si applica durante lo spegnimento di un incendio boschivo. Quando si batte sulle fiamme con un flabello o quando si usa il potente getto d'aria di un soffiatore a zaino, si agisce sul combustibile gassoso allontanandolo violentemente dal punto di origine, interrompendo la combustione, mentre si rivela pericolosamente controproducente sulla terza fase (sulle braci). Anche un violento getto d'acqua ha questa azione sul combustibile gassoso; è questo uno dei motivi per cui nello spegnimento degli incendi boschivi si preferiscono pompe capaci di elevate pressioni e basse portate. Per semplicità, si continuerà a parlare di azione di soffocamento, anche nel caso dell'azione sul combustibile gassoso. Sul combustibile solido, naturalmente, si può agire preventivamente asportandolo prima che bruci, con decespugliatori, moto seghe, ronco le, ecc. In ogni caso è sempre meglio agire precedentemente o durante la prima e la seconda fase della combustione; è difficile ed assolutamente inefficiente l'azione sulla terza fase, per l'enorme calore emanato. Le caratteristiche principali che facilitano l'accensione e la combustione dei materiali vegetali sono: basso contenuto di acqua, contenuto in oli e resine, alto rapporto superficie/volume, porosità, elevata disponibilità di ossigeno (posizione ventilata) elevate temperature, posizioni che favoriscono il preriscaldamento per convenzione. La propagazione delle fiamme in un bosco, oltre che dalle precedenti caratteristiche è facilitata dalla continuità orizzontale e verticale (dal suolo alle chiome) della vegetazione, dal vento, dalla pendenza del terreno che esalta la fase del preriscaldamento (il calore viene portato in alto per convenzione).
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In base al tipo di combustibile interessato dal fuoco si distinguono quattro tipi di incendio: a) INCENDI SOTTERRANEI(fig. 1a) Gli incendi sotterranei bruciano lentamente le sostanze vegetali sotto il livello del suolo: il muschio, la torba, l'humus indecomposto. In questo caso la combustione è lenta, ma si spegne con difficoltà. Nei nostri ambienti è possibile quando bruciano le ceppaie creando pericoli per la ripresa e la diffusione del fuoco.
b) INCENDI DI SUPERFICIE (fig. 1b) Gli incendi di superficie sono i più frequenti: bruciano la vegetazione al livello del suolo. Quasi tutti gli incendi cominciano in questo modo. Sono gli incendi più comuni nei nostri boschi, bruciano la lettiera, l'erba, le foglie e i rami morti (vegetazione di superficie). Il fuoco è rapido ma non intenso.
c) INCENDIDI CHIOMA (fig. 1c) Gli incendi di chioma ( o di corona), sono preoccupanti per il forte sviluppo di calore e la possibilità del salto di faville a distanza. Sono gli incendi più pericolosi perché le fiamme si estendono alle chiome degli alberi. Interessano in particolare i rimboschimenti di conifere allo stato di perticaia ad elevata densità. L'unico mezzo di difesa è la soppressione del combustibile effettuando una barriera naturale o artificiale o mettendo in pratica la tecnica del controfuoco. d) INCENDI DI BARRIERA (fig. 1d) Si ha un incendio di barriera quando l'incendio di chioma è accompagnato da un incendio di superficie. É estremamente intenso e distruttivo.
I combustibili possono essere distinti in: Leggeri: Erba, foglie secche, rami di piccole dimensioni, rami morti di diametro inferiore a 5 cm; sono molto infiammabili e bruciano rapidamente. Pesanti: Tronchi, rami di grosse dimensioni, ceppaie secche che bruciano a lungo e ad alte temperature. Fattore importante per i combustibili è il contenuto di acqua, infatti quando essa è superiore al 25% l’accensione è possibile solo con un elevato apporto esterno di calorie.
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FATTORI CHE INFLUENZANO IL COMPORTAMENTO DEL FUOCO La propagazione del fuoco è inversamente proporzionale al contenuto di acqua dei combustibili vegetali. Il contenuto di acqua dipende: 1. dalle precipitazioni (distribuzione delle piogge nell'arco di un anno) per cui i pericoli derivano dalla siccità; 2. dalla temperatura che riscalda il combustibile, lo fa essiccare e lo porta vicino alla temperatura di accensione; 3. dall’umidità atmosferica che influenza il contenuto di acqua nel combustibile; 4. dal vento; II vento apporta grandi quantità di aria e quindi di ossigeno per la combustione, essicca i materiali vegetali facendo evaporare l'acqua, trasporta i tizzoni ed impone la direzione e la velocità di avanzamento dell'incendio. E' stato calcolato che tale velocità sia approssimativamente proporzionale alla radice quadrata della velocità del vento in una letti era compatta. Nella macchia mediterranea la velocità è proporzionale al quadrato della velocità del vento. Il fuoco è variabile in funzione del vento: a) Assenza di vento e terreno pianeggiante: il fuoco tende ad espandersi in tutte direzioni in forma circolare. (fig. 2a) b) Vento costante in una direzione: l'incendio una caratteristica forma allungata ellittico - ovale. (fig. 2b) c) Vento variabile: si alternano diverse direzioni preferenziali del fuoco. (fig. 2c)
5. Pendenza del terreno: esalta il preriscaldamento per l'apporto di calore esterno, i materiali vengono gradualmente riscaldati ed essiccati, scompare l'acqua, la temperatura raggiunge i 100 gradi e facilità l'avanzata dell'incendio verso le zone più alte. (fig. 3a) 6. Sul crinale il fuoco un andamento quasi verticale; con la convezione (il calore viene asportato da gas o liquidi in movimento, le differenze di densità dovute alle temperature producono dei moti) si ha un richiamo di aria in senso opposto dall'altro versante. (fig. 3b) 7. La morfologia del terreno: influisce in vario modo sulla propagazione dell'incendio. Durante il giorno per l'irraggiamento solare l'aria si scalda maggiormente nel fondovalle e sale verso le zone più alte, durante le ore notturne si ha il fenomeno inverso. (fig. 3c)
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8. L'esposizione: determina l’irraggiamento solare e quindi influisce sulla temperatura e sull'umidità; l'esposizione a sud - ovest è la più calda e quindi la più pericolosa. 9. La pendenza : facilita l'avanzamento del fuoco verso le zone più alte preriscaldando con la convezione dell'aria calda i combustibili sovrastanti (osserviamo per esempio che un fiammifero si accende più facilmente con la capocchia rivolta verso il basso). Quando il fuoco raggiunge il crinale assume un andamento quasi verticale e richiama aria in senso opposto dall'altro versante, spesso impedendo che le fiamme lo percorrano in discesa. Conseguenza della pendenza è il rotolio di materiali vegetali infiammati, per esempio ricci che possono riaccendere eventuali nuovi focolai. 10. Quando vi sono burroni, crepacci o strettoie, il fuoco avanza con la massima rapidità per l'intensità del tiraggio dell'aria calda, paragonabile ad un camino. Secondo dati americani l'influenza della pendenza è data dalle seguenti grandezze: - con pendenza da 0 a 5%=V - con pendenza del 30% = 2V V = velocità di propagazione di un incendio - con pendenza del 55% = 4V LOTTA ATTIVA CONTRO IL FUOCO. Affinché l'azione di spegnimento sia efficace, economica e tempestiva è importante prevedere il comportamento dell'incendio, ossia la sua intensità, lo sviluppo del fuoco nello spazio e nel tempo. Base fondamentale è la conoscenza del territorio, ciò permette la lotta attiva attraverso l'avvistamento e lo spegnimento. La tecnica di spegnimento si basa sul principio di rompere almeno uno dei lati del "triangolo del fuoco" mediante: - eliminazione del combustibile; - eliminazione dell'aria; - raffreddamento della combustione. L'intervento si basa su due metodi:
1) L'ATTACCO DIRETTO che consiste nel battere sulle fiamme con frasche, battifuoco o frustini; coprire con terra le fiamme; irrorare con acqua o prodotti chimici (ritardanti); uso del soffiatore (fig. 4a).
2) L'ATTACCO INDIRETTO. Si tratta di realizzare una linea di difesa davanti all'incendio eliminando il combustibile con il taglio e l'asportazione. (fig4b)
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Negli incendi di superficie se il fuoco non è troppo intenso si cerca di affrontarlo sulla "testa", cioè sul lato in cui avanza più rapidamente si esegue l'attacco diretto battendo i combustibili, raccogliendo terra e gettandola sul fuoco. - Se le fiamme superano MT 1,00-1,20 si devono usare acqua e pompe. - Se l'incendio ha una dimensione ed una propagazione tale da permetterlo conviene attaccare direttamente non alla "testa" (combustione rapida ed intensa), ma ai "fianchi" dove le fiamme sono più basse, in tal modo si stringe l'incendio convergendo su ambo i lati fino alla "testa". - Negli incendi di chioma (trasporto di faville e tizzoni a distanza, accensione di focolai secondari) di regola si esegue l'attacco indiretto costruendo una linea di difesa a distanza conveniente.
LA DENOMINAZIONE DELLE DIVERSE PARTI DELL’INCENDIO
Esigenza fondamentale è che una sola persona assuma il comando delle operazioni allo scopo di non creare confusione. In generale i criteri da seguire sono i seguenti. Dopo l'allarme è necessario: a) rendersi conto dell'ubicazione precisa dell'incendio; b) osservare il comportamento (velocità e direzione) del fuoco; c) rilevare località e beni minacciati dall'incendio; d) informarsi sulle vie di accesso più rapide. Giunti sul posto è necessario: 1. Osservare attentamente le caratteristiche del fumo (dimensioni - forma - altezza - colore – direzione); 2. Controllare il vento; 3. Controllare il tipo e la quantità di combustibile; 4. Controllare il terreno e la topografia;
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5. Osservare da dove è partito l'incendio; 6. Rilevare le cause; 7. Osservare dove si trova la "testa" dell'incendio; 8. Valutare la velocità di avanzamento del fuoco; 9. Rilevare eventuali ostacoli naturali e le vie migliori per l'attacco ed eventualmente per la ritirata. Il colore del fumo è un elemento fondamentale per comprendere la natura dell'incendio: un fumo grigio - bianco indica un incendio di residui vegetali secchi, può trattarsi di un incendio di stoppie, di un pascolo. Un fumo molto nero e intenso indica un incendio di prodotti derivati del petrolio. Si tratta con ogni probabilità di un incendio in una di scarica abusiva. Se il fumo è marrone rossiccio indica la combustione di cespuglio zone boscate. E' utile calcolare il tempo occorrente per costruire una linea di difesa, di determinata larghezza con i mezzi a disposizione tenendo conto dell'avanzata del fuoco. Il massimo pericolo si ha nelle ore meridiane, verso sera vi è un'attenuazione dei fenomeni che prosegue nella notte e tocca il minimo all'alba. Alla fine delle operazioni è importante assicurarsi che lo spegnimento sia completo affinché non rimangano focolai e punti caldi in grado di riprendere e diffondere di nuovo la combustione. Si possono avere tre casi: 1. Se l’incendio è di tipo radente (o superficiale) con presenza di un strato di lettiera o erba secca, per impedire l'estensione si possono usare rastrelli per discostare la lettiera per un tratto lungo il margine dell'incendio dove il fuoco avanza più velocemente. All'azione dei rastrelli deve seguire quello della zappa per scoprire il suolo minerale, poi si aggrediranno le fiamme che sono basse con frustini, con pale o con soffiatori; se il terreno è sciolto si può gettare terra alla base delle fiamme. 2. Quando l'incendio investe un bosco con presenza di specie arboree infiammabili è necessario affrontare una linea di difesa ad una certa distanza dall'incendio seguendo l'orientamento del fuoco. La linea di difesa viene ricavata tagliando la vegetazione con motoseghe, decespugliatori, roncole, e scoprendo il terreno dalla sostanza organica vegetale con rastrelli, zappe e soffiatori. Occorre eliminare la vegetazione sul lato interessato dall'incendio gettando materiale tagliato dalla parte opposta a quella del fronte dell'incendio. E' sconsigliabile avventurarsi vicino al fuoco in presenza di vegetazione fitta e intricata. Una volta circoscritta la zona con una "fascia parafuoco" si aggredisce l'incendio, per quanto possibile, con i soliti mezzi. 3. Quando l'incendio colpisce giovani rimboschimenti di conifere è facile si sviluppino incendi di chioma per cui si cercherà di impedire il passaggio del fuoco tagliando piante ortogonalmente alla direzione della testa dell'incendio e poi sui lati, eliminando anche il sottobosco. La zona priva di piante dovrà essere ampia in modo da impedire che un albero in fiamme possa cadere e andare oltre la fascia nella quale per un tratto occorrerà scoprire il terreno allo scopo di impedire alla letti era di bruciare.
IL CONTROFUOCO. Questa tecnica per combattere il fuoco consiste nell'abbruciamento della vegetazione effettuato deliberatamente davanti all'incendio in modo da esaurire preventivamente il combustibile ed arrestare il processo di combustione. Solitamente il controfuoco viene effettuato partendo da una linea di difesa che valga la pena di difendere, possibilmente appoggiata ad ostacoli naturali o artificiali, in modo che eventualmente si possa allargarla e consolidarla. La larghezza della fascia da bruciare
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preventivamente tra la linea di difesa ed il fuoco principale dipende: a) b) c) d) e)
dalla violenza dell’incendio; dalla densità della vegetazione; dalla distribuzione della vegetazione; dal tipo di vegetazione; dal numero di uomini a disposizione.
Non è indispensabile che il controfuoco consumi totalmente il combustibile e blocchi completamente l'incendio, basta che ne riduca sensibilmente l'intensità e ne renda più facile lo spegnimento. In generale conviene appiccare il fuoco di notte e nelle prime ore del mattino quando è presente una maggiore umidità relativa e la combustione è intensa. Se il vento spira dalla linea di arresto al fuoco principale le condizioni sono tranquille anche se poco utili perché il fuoco è facilmente arrestato. Se il vento è forte il controfuoco diventa pericoloso. Quando la linea di arresto è artificiale il contro fuoco si appicca dopo che essa è stata aperta. I modi di eseguire il controfuoco sono i seguenti: 1. Appiccare il fuoco dal bordo interno della linea di arresto (più sicuro per il personale); 2. Accensione secondo una linea parallela davanti al fronte delle fiamme (per gli incendi di chioma); 3. Accendere strisce perpendicolari alla linea di arresto. Oltre che in corrispondenza del fronte (cioè la parte del margine dell'incendio a maggior velocità di diffusione) il controfuoco può essere fatto in corrispondenza dei "fianchi" o della "coda". In ogni caso il controfuoco è una tecnica da riservare a personale capace ed esperto in quanto un'esecuzione maldestra potrebbe peggiorare la situazione, per questo la responsabilità viene assunta dal personale del Corpo Forestale della Stato.
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EQUIPAGGIAMENTO PERSONALE. E' molto importante che chi interviene sul fuoco sia equipaggiato al meglio per l'efficacia del lavoro ma soprattutto per la sicurezza; ed è per questi motivi che una squadra di volontari ben equipaggiata viene presa in maggior considerazione dal Corpo Forestale e dai Vigili del Fuoco. STIVALE PER PROTEZIONE CIVILE E ANTINCENDIO BOSCHIVO: sono l'elemento più importante assieme alla tuta, permettono di muoversi su ogni terreno proteggendo i piedi da asperità, spine e dal calore delle braci su cui spesso si deve camminare.
Stivale per Antincendio Boschivo
TUTA PER ANTINCENDIO BOSCHIVO: E importante che la tuta si possa indossare velocemente, e che abbia la chiusura protetta. La tuta deve avere maniche lunghe per proteggere le braccia da spine e calore. Da evitare categoricamente le tute in poliammide o simili.
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GUANTI
Le mani durante lo spegnimento del fuoco sono la parte del corpo più esposta al calore e al pericolo di piccole ustioni, ferite, vesciche.
CINTURONE
Serve per portare la borraccia, i guanti, eventualmente il casco o la radio o la roncola nel suo fodero.
BORRACCIA A.I.B. Ogni operatore deve avere con sé una borraccia da un litro, piena d'acqua, portata a tracolla o alla cintura. Il sole estivo, il duro lavoro fisico, il calore del fuoco disidratano in breve tempo ed in queste condizioni si arriva a bere più di un litro d'acqua l'ora. Per ovviare alla perdita di sali dell'organismo e alla conseguente stanchezza si può aggiungere all'acqua un integratore salino o si possono portare a parte delle tavolette di integratore per uso sportivo.
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CASCO PER SQUADRE ANTINCENDIO BOSCHIVO
Protegge da eventuali cadute di rami o sassi dall'alto o più comunemente da movimenti maldestri. Si ricorda che comunque è bene conservare una pronta sensibilità al calore che permetta di allontanarsi in tempo da zone pericolose. Chi utilizza la motosega o il decespugliatore deve invece indossare un casco con l'apposita visiera in rete metallica per proteggersi dalle schegge prodotte da questi attrezzi.
FAZZOLETTO: un grande fazzoletto umido portato sul viso può proteggere dal calore e dalla fuliggine, in parte anche dal fuoco; la sua efficacia non è molta ma è semplice portarlo al collo.
LAMPADA INDIVIDUALE
E' bene portarla quando si prevede di dover restare anche dopo il tramonto.
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BORSA PORTAEQUIPAGGIAMENTO: Fa parte dell'equipaggiamento personale ma non si porta sull'incendio, si lascia presso il coordinatore delle operazioni, contiene qualche indumento di ricambio, una felpa, una giacca a vento, eccetera (quando si torna dal fuoco si è sempre fradici di sudore e acqua). Nella borsa ci sarà anche qualche cosa da mangiare e da bere, la torcia, lacci per scarpe e altri oggetti personali. Sulla borsa deve essere sempre scritto il nome del proprietario.
COLTELLINO DA CAMPEGGIO: non è indispensabile, ma è meglio che qualcuno della squadra lo abbia con se.
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MEZZI DI SPEGNIMENTO MANUALI. I mezzi di spegnimento manuale, nonostante l’esistenza e la diffusione dei mezzi meccanici sono ancora oggi i più usati nella lotta agli incendi boschivi. Comunque spesso, i mezzi manuali sono i soli a poter essere utilizzati in zone impervie e scarsamente servite da strade, tipiche di molte aree mediterranee; inoltre essi vengono sempre impiegati, anche quando intervengo autopompe ed aerei antincendio, nelle operazioni di consolidamento e di bonifica degli incendi. Si tratta di strumenti molto semplici ed economici che però richiedono una certa esperienza ed abilità nell'uso e soprattutto un discreto impegno fisico. La loro efficacia è limitata, non permettono di affrontare fiamme più alte di un metro (incendi di superficie, su steppa, gariga, macchia bassa), ma si ricorda che il fuoco non avanza mai regolarmente e che ci sono momenti in cui il vento cala o la vegetazione si fa rada o meno combustibile; è proprio in questi momenti che il fuoco può essere attaccato, restando sempre pronti a ritirasi quando le fiamme riprendono forza. In questo modo l'estinzione dell'incendio è fatta di continui attacchi e ritirate per approfittare dei momenti favorevoli: non è la potenza dei mezzi, ma l'intelligenza, l'organizzazione e la tenacia del gruppo a domare le fiamme. FRASCA: è il più antico e semplice strumento antincendio, ricavato da un bel ramo di oltre un metro, diritto ricco di foglie verdi ottimo se di leccio (da evitare le resinose, l'erica, il corbezzolo, mentre si possono usare tre o quattro fronde di ginestra legate insieme, anche alle loro estremità.) Dopo una sommaria pulitura della base che funge da manico, si usa battendola con decisione sulle fiamme vicino al loro punto di partenza, tra la zona che brucia e quella che sta per bruciare. Agisce per soffocamento. La frasca ha il difetto di durare poco, di essere scomoda e di sollevare molte faville che possono propagare ulteriormente le fiamme. E' lo strumento che si usa quando non si dispone di altro. FLABELLO BATTIFUOCO: Il flabello va usato in modo da sfruttare l'effetto frusta delle strisce di piatto, come ci suggerisce il nome di "scudiscio "datogli da alcuni. Non è la forza con cui si batte ma il colpo secco delle strisce alla base delle fiamme ad essere efficace, è il violento spostamento d'aria che le estingue. In genere ci si alterna in due colpendo la stessa zona, la dove le fiamme prendono origine, tendendo a far coincidere le strisce con la linea che separa la parte ancora incombusta da quella in fiamme. Anche lo scudiscio, battuto su materia vegetale secca e leggera, solleva faville. Solo con un po' di pratica si riuscirà a vibrare colpi efficaci e bisogna tenere presente che non si può usare lo scudiscio sulle fiamme per più di qualche minuto a causa del fumo e del calore insopportabili e che coppie di operatori debbono continuamente alternarsi. PALA BATTIFUOCO: Realizzata disponendo a ventaglio n° 9 lamelle d’acciaio armonico ad
un corpo in metallo con canotto portamanico. BADILE:In zone sabbiose, come gli ambienti dunali litoranei è utile per gettare sabbia sul fuoco soffocandolo. Un vantaggio della pala è quello di potere operare da una distanza di tre metri dalle fiamme. Scarsi risultati si ottenono usandola come un flabello.
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FLABELLO, PALA BATTIFUOCO, RASTRO
POMPA A ZAINO: esistono squadre di operai forestali capaci di spegnere vasti tratti di un incendio usando esclusivamente i flabelli ma, introducendo l'uso di un semplice strumento come una pompa irroratrice a zaino, di quelle usate in agricoltura , con pochi litri di acqua si aumenta l'efficienza fino a dimezzare i tempi di spegnimento. Il serbatoio deve essere in plastica per motivi di comodità e di sicurezza in caso di cadute. Gli spallacci vanno cambiati con altri più larghi e morbidi, magari imbottiti. Il cannello o lancia deve essere in ottone o rame e non un fragile alluminio o plastica. L'ugello deve permettere una fase di regolazione del getto (diretto o nebulizzato) tramite una manopola e non da un rubinetto. E' bene disporre sempre di cannelli ed ugelli di ricambio. La pompa a zaino può avere tre impieghi principali il primo e più importante è quello della bonifica lungo il margine della zona già spenta. In questo caso si usa il getto nebulizzato a pochi cm dai tizzoni e dalle foglie fumanti. Si ricorda che l'acqua nebulizzata è molto più efficiente nel raffreddare di quella a getto diretto (fino a 10 volte); per aumentare la penetrazione (potere bagnante) dell'acqua negli strati di erba e foglie secche della lettiera si può aggiungere ad essa un tensioattivo (sapone per piatti liquido ad esempio) nella proporzione dello 0,5%. In questo caso però non si potrà usare l'acqua per rinfrescarsi il viso o le mani. Nella bonifica l'uso dell'acqua sarà comunque parsimonioso e coadiuvato da altri strumenti quali roncole e rastri. Altro impiego della pompa è nell'attacco diretto sulle fiamme affiancata allo scudiscio, per il raffreddamento del combustibile dopo il soffocamento effettuato dai "battitori", usando un getto a cono stretto. Il "pompista" dunque, segue i due battitori e dopo ogni colpo raffredda con brevi e precisi getti d'acqua il sottile limite tra il combusto e l'incombusto. In certi casi si possono usare una o più pompe per abbassare le fiamme a distanza con un getto diretto alla loro base, e permettere ai battitori di avvicinarsi. Questo uso è molto dispendioso di acqua e poco efficace. La pompa a zaino presume comunque un rifornimento di acqua continuo scaricandosi rapidamente (15 - 60 minuti) perciò oltre ad usare con parsimonia l'acqua, bisogna organizzare un servizio di rifornimento in cui alcuni volontari si occupino del trasporto dell'acqua in taniche da 5 - 10 litri. Portate con zaini e comode imbracature (durante il rifornimento bisogna impedire l'ingresso di impurità usando sempre i filtri di cui sono dotate le pompe).
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RONCOLA CON MANICO IN CUOIO: E’ lo strumento più adatto a tagliare le ramaglie della macchia mediterranea, utile per aprirsi un varco nella vegetazione, nelle operazioni di bonifica per tagliare e spostare rami lungo la zona di confine tra il bruciato ed il verde, nella creazione di limitate fasce tagliafuoco libere da vegetazione. La roncola deve essere sempre ben affilata e quando viene portata alla cintura deve assolutamente avere un fodero sicuro in cuoio. E' bene che la squadra ne abbia sempre un paio con se.
FALCIONE: vero e proprio decespugliatore manuale, è costituito da un robusto manico in legno o ferro di oltre un metro con una lama di roncola all'estremità molto più efficace della roncola nella creazione di fasce tagliafuoco tra gli arbusti. Bisogna stare molto alla larga da chi la sta usando vista la somiglianza con un'alabarda medioevale e la medesima pericolosità. E' ingombrante e va portato solo se si intende aprire una fascia tagliafuoco.
RASTRO DECESPUGLIATORE: Trova impiego nella bonifica e nel completare fasce tagliafuoco. Viene usato per troncare alla base cespi d'erba e piccoli cespugli e asportare uno strato superficiale di terreno e lettiera, la dove la petrosità sia limitata. ZAPPA - ACCETTA: corta zappa recante un'accetta sul dorso della tozza lama, ottima nella bonifica delle ceppaie (nella macchia, nei lecceti, negli oliveti,) di uso scomodo e pericoloso nelle altre operazioni.
MEZZI MECCANICI LEGGERI. L'uso di mezzi meccanici leggeri costituisce un notevole passo in avanti nella lotta gli incendi boschivi; stranamente l'evoluzione delle tecniche di spegnimento sembra essere passata direttamente dai sistemi manuali agli automezzi ed agli aerei, riscoprendo solo in secondo tempo i mezzi meccanici leggeri. Uno dei meriti del volontariato è proprio quello di contribuire alla loro diffusione nella lotta agli incendi grazie alla necessità di aumentare l'efficienza con spese limitate e al coraggio di sperimentare. I mezzi meccanici leggeri non sono completamente sostitutivi di quelli manuali né sono un surrogato economico degli automezzi essi sono invece un indispensabile complemento a qualsiasi sistema di spegnimento. E' fondamentale, sia per un buon uso che per la sicurezza, una continua ed accurata manutenzione di qualsiasi mezzo meccanico. ATOMIZZATORE A ZAINO: è dotato di motore a scoppio (2 - 5 CV) che aziona una turbina che comprime l'aria e la convoglia in un tubo distributore con alta pressione e velocità (fino a 90 m/s). Nel
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tubo viene rilasciata una piccola quantità d'acqua che viene fortemente nebulizzata dalla corrente d'aria. Il suo peso è notevole (oltre i 20 Kg) soprattutto per uso su terreni accidentati. L'atomizzatore viene impiegato al meglio nello spegnimento più che nella bonifica. Va usato a breve distanza dalle fiamme (0,5 - 2 m) in modo da sfruttare al massimo l'effetto soffocante del violento getto d'aria e quello di raffreddamento dell'acqua. Se usato a distanza superiore si rischia di alimentare le fiamme vista la scarsa quantità d'acqua presente nel getto. Un vantaggio degli atomizzatori molto più potenti è quello di poter essere usati, con abilità ed esperienza, senza acqua solo per il soffocamento , dirigendo il getto d'aria dalla zona incombusta verso quella bruciata. La massima efficacia si ottiene comunque usando l'atomizzatore per irrorare miscele d'acqua e ritardanti della combustione. Se l’atomizzatore viene usato male solleva una gran quantità di faville, che ne rendono controproducente l'uso. Anche in questo caso va considerata la breve autonomia (30 mm. Circa) e va confrontato il prezzo con quello di altri mezzi come il decespugliatore o la pompa barellabile.
SOFFIATORE A ZAINO: è uno strumento simile all'atomizzatore ma privo di serbatoio d'acqua, usato generalmente per spazzare giardini pubblici, viali, stadi ecc. Genera un violento flusso di aria (oltre i 90m/s=324 Km/h), che usata a breve distanza, estingue le fiamme. Il getto d'aria deve poter essere regolato da una manopola sull'impugnatura del tubo. E la vera e propria "frasca meccanica" e sostituisce il flabello, se si è capaci di usarlo con abilità. Se usato male solleva una grande quantità di faville; il getto d'aria va sempre diretto verso la zona già bruciata.
Durante lo spegnimento è necessario far seguire al soffiatore le pompe a zaino. E' meno pesante dell'atomizzatore ed ha un'autonomia superiore (1 h).
MOTOPOMPA BARELLABILE: è composta da un motore a scoppio accoppiato ad una pompa alternativa (generalmente a membrana), tubo semirigido di pescaggio con filtro, tubo di mandata (100 - 200 m) e lancia a getto regolabile. Anche questo tipo di pompa viene usato in agricoltura per la distribuzione di antiparassitari; per l'uso nello spegnimento degli incendi è necessario che sia capace di esercitare pressioni comprese tra le 20 e le 40 atmosfere, e che sia facilmente trasportabile su
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terreni accidentati da due persone (non deve pesare più di 30 Kg), se il motore della pompa è a due tempi l'insieme peserà meno. Tutto il gruppo motore pompa deve essere montato su un telaio che ne renda comodo il trasporto manuale e quello a bordo di un'autovettura. Il tubo di mandata viene trasportato a parte, arrotolato su un naspo montato su telaio. L'uso di questa motopompa presuppone la disponibilità di acqua nei pressi dell'incendio: cioè la presenza nella zona dove si intende operare, di punti d'acqua (fonti, abbeveratoi, cisterne, pozzi, in vasi , ecc.), abitazioni o del sicuro rifornimento da parte di un'autopompa o di un'autocisterna (dei volontari stessi, dei Vigili del Fuoco, del Corpo Forestale.)
L'uso di vasche prefabbricate smontabili e trasportabili (che possono contenere oltre 1.000 litri di acqua) o di semplici bidoni in plastica (poco più di 100 LT) permette di raggiungere con l'acqua zone anche molto distanti dalle strade, ad esempio riempiendo con la pompa una vasca posta a 100 m dal
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punto di rifornimento e, trasportando in quel punto la pompa, riempiendo un'altra vasca posta ancora più lontana; questo sistema potrà apparire laborioso, ma sempre meno del dover usare solo flabelli e pompe a zaino. E' chiaro comunque che l'uso di una pompa barellabile diventa molto conveniente se si dispone di un'autopompa di cui può aumentare molto la versatilità e la capacità operativa, mente nel caso contrario dipende molto dalla possibilità di rifornirsi in loco di acqua. Per l'impiego della pompa sono necessarie 4 -5 persone addette al trasporto della pompa stessa, del tubo di mandata e delle vasche smontabili.
Nell'uso di una qualsiasi pompa bisogna tenere conto della vulnerabilità del tubo di mandata al calore delle braci, disponendolo con attenzione in terra lontano da tizzoni ardenti; è comunque inevitabile che durante lo spegnimento il tubo venga a contatto con il fuoco, per questo motivo è importante avere dei tubi capaci di resistere qualche minuto al forte calore ed avere sempre l'occorrente per effettuare rapide riparazioni. I tubi generalmente usati sono quelli ad alta pressione di gomma con anima di tela d'acciaio, nylon, o Kevlar ed il loro costo incide pesantemente sull'acquisto di tutta l'attrezzatura. I raccordi del tubo di mandata devono essere del tipo rapido. Durante lo spegnimento due persone si occupano della pompa, del trasporto e disposizione del tubo, mentre una attacca le fiamme dirigendo alla loro base il getto d'acqua. Si ricorda il grave pericolo, dell'impiego di acqua, in presenza di linee elettriche. DECESPUGLIATORE: indispensabile per la creazione di linee tagliafuoco nella gariga e nella macchia bassa. I modelli che si usano per questo lavoro sono quelli per uso forestale tra i più potenti in commercio (oltre i 2 CV), con cilindrata compresa tra i 40 e i 50 cc, pesanti tra gli 8 e i 10Kg, dotati di disco metallico dentato e capaci di tagliare tronchi anche del diametro superiore ai 10 cm. Esistono modelli con il motore portato a zaino, che anche se più comodi, lasciano meno libertà di movimento, in presenza di vegetazione, dei modelli con il motore incorporato (più adatti e più sicuri). Il decespugliatore con il motore incorporato viene agganciato al fianco dell'operatore tramite un sistema di cinghie e manovrato con un manubrio in modo da permettere un minore affaticamento e la massima sicurezza (una volta assicurato il decespugliatore al cinghiaggio risulta impossibile ferirsi con la lama). E' importante che il cinghiaggio di sicurezza sia il più confortevole possibile e che sia a sganciamento rapido. L'operatore deve indossare il casco con la visiera in rete metallica e scarponi che proteggano la parte alta della caviglia (anfibi o parastinchi) da eventuali schegge; tutte le altre persone devono mantenersi a più di tre metri di distanza e posteriormente all'operatore. Il decespugliatore va usato solo da chi ne ha esperienza. Le difficoltà nell'uso del decespugliatore nascono su terreni pietrosi, molto scoscesi e nella macchia alta. Si ricorda che l'asportazione della ramaglia presenta spesso maggiori difficoltà delle operazioni di taglio e che quindi il lavoro di decespugliamento va bene organizzato.
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MOTOSEGA: il suo uso nella creazione di fasce tagliafuoco va considerato, nella macchia mediterranea, un complemento a quello del decespugliatore per l’abbattimento di piante con tronchi del diametro superiore ai 10cm. Per questo bastano motoseghe con 3 - 4 CV di potenza, con cilindrata attorno ai 50 cc e peso intorno ai 5 Kg. La motosega deve essere dotata di tutti i sistemi di sicurezza (doppio acceleratore, freno della catena ad inerzia, paramani, sistema antivibrante) così come l'operatore (casco con visiera in rete metallica, pantaloni di protezione, calzature antinfortunistiche), che naturalmente deve essere anche esperto. La motosega è senz'altro lo strumento più pericoloso usato nello spegnimento degli incendi. In genere, nella creazione delle fasce il decespugliatore precede la motosega che viene usata solo per tagliare le piante più grosse e fare a pezzi i rami più ingombranti; tutto questo rispettando sempre le distanze di sicurezza. In certe situazioni locali (pinete) ci si può dotare di motoseghe più potenti, ricordando però le difficoltà e il pericolo che presenta l'abbattimento di alberi veri e propri, soprattutto in condizioni di emergenza; In questi casi chi usa la motosega deve avere un'esperienza professionale.
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AUTOMEZZI Autopompa leggera: consiste in un autoveicolo fuori strada a trazione integrale (tipo Land Rover, UAZ, FIAT CAMPAGNOLA) equipaggiato con un serbatoio da circa 400 litri e una pompa da 40 - 60 atmosfere e portata massima i circa 50 l/min., azionata da un motore autonomo da 5 -7 cavalli, con tubo di mandata e di aspirazione. Il fuoristrada deve essere affidabile e robusto, le prestazioni quali la velocità o i ridotti consumi sono assolutamente secondari, mentre sono importanti la potenza del motore (superiore agli 80 cavalli), la presenza di marce ridotte, una sufficiente altezza minima dal suolo, possibilità di affrontare pendenze superiori al 30% a pieno carico, velocità minima inferiore ai 5 Km/h, meccanica del motore semplice (meglio rinunciare ai turbo), pneumatici rigidi (diagonali) e piuttosto stretti, protezioni anteriori, posteriori e del differenziale, carrozzeria robusta. Possibilmente devono essere disponibili tre posti anteriori, poiché tutto il pianale posteriore viene occupato dal gruppo serbatoio - motopompa - aspi. Preferibilmente il mezzo deve essere "telonato", almeno posteriormente. Il serbatoio può essere in vetroresina o in acciaio inox, dotato internamente di frangiflutti e costruito su misura del mezzo che lo trasporta. Il serbatoio deve essere montato in posizione centrale e schiacciato in basso, in modo da occupare tutto il pianale posteriore. Su di esso viene fissata la motopompa e un arroto latore con base girevole. Il tubo di mandata (100 - 150 m) è ad alta pressione con tele interne, innesti rapidi maschio femmina da ½ pollice terminante con una lancia a getto regolabile e ugello da 2 mm. Il tubo di rifornimento è semirigido di 67 m con filtro; il sistema di aspirazione può essere costruito in modo da sfruttare l'effetto Venturi. La pompa è generalmente a membrana (di rado a pistoni) e la pressione di esercizio effettiva risulta circa la metà di quella massima (nominale):20 - 30 atmosfere. A bordo del mezzo deve naturalmente esserci una ricetrasmittente, un minimo di attrezzatura di spegnimento manuale, attrezzi vari, una cassetta di pronto soccorso, acqua da bere, torce. Esternamente deve esserci un faro per le operazioni notturne e un lampeggiatore giallo. Chi conduce il mezzo deve essere addestrato alla guida in fuoristrada e al ritorno da qualsiasi intervento deve curarsi di fare rifornimento di carburante e di acqua. Inoltre deve segnalare subito qualsiasi guasto e fare in modo che il mezzo sia subito pronto per un altro intervento.
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UOMINI, ORGANIZZAZIONE LOGISTICA. Il limite dei volontari è quello di non spegnere incendi per mestiere, ma solo nel tempo libero. Ciò li rende spesso meno esperti e capaci dei professionisti e più esposti ad errori e a critiche. Ciò che invece rende prezioso l'intervento dei volontari è l'entusiasmo che finisce per contagiare anche che viene pagato per questo lavoro. E' fondamentale che chiunque decida di affrontare questa dura attività estiva, si ricordi sempre che anche se é un volontario, quando ha deciso di partecipare ad una operazione di spegnimento, qualsiasi sia la sua mansione, non è affatto privo di responsabilità e di doveri verso gli altri volontari. Il gruppo antincendio va strutturato in modo chiaro in base ai vari momenti dell'attività: -
Avvistatori: fissi o mobili, possono anche essere ragazzi tra i 14 e i 18 anni di età. Essi devono essere buoni conoscitori della zona, della toponomastica locale e della viabilità, essere chiari e concisi nel comunicare via telefono o radio, essere dotati di radio VHF (o altro) o telefono cellulare binocolo ed eventuali carte topografiche. La loro presenza funge anche da deterrente per gli incendiari.
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Base: dove c'è sempre qualcuno a ricevere le segnalazioni, capace nel comunicare via telefono a radio avendo sempre ben presente la sequenza prestabilita di chiamate da fare, se possibile deve avere una buona conoscenza della zona (carte topografiche). Quando la segnalazione di un incendio è certa, la base avverte in primo luogo il coordinamento regionale antincendio del Corpo Forestale (numero verde 1515), quindi direttamente la squadra.
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Coordinatore dei volontari: ha funzioni prettamente organizzative, di collegamento tra base e caposquadra, con il quale decide se, come, dove e quando intervenire sul fuoco; appresta i rifornimenti di acqua per le pompe e da bere, cibo, attrezzature per la squadra di spegnimento; prepara, comunicando con la base, eventuali squadre di ricambio. Il coordinatore dei volontari si pone in posizione comoda lungo una strada o stradello da dove può seguire le fasi dello spegnimento, nei pressi del mezzo con l'attrezzatura ed i viveri di tutto il gruppo. Egli deve essere sempre in contatto e collaborazione con il coordinatore vero e proprio del Corpo Forestale, figura ufficiale che dirige tutte le operazioni, comprese quelle dei volontari (a volte, nel caso ci siano pochi uomini disponibili, il coordinatore dei volontari può essere del tutto sostituito da quello del Corpo Forestale che potrà usare la radio dei volontari). Sarà dotato di radio o cellulare,, di binocolo, carta topografica della zona, bussola, cassetta del pronto soccorso, se possibile di penna e taccuino ove annotare numeri telefonici, frequenze, nominativi, fasi dell'incendio, ecc. In molti casi è utile che sia coadiuvato da un volontario che assume il compito di staffetta. Risulta evidente come il coordinatore dei volontari deve essere una persona con esperienza, capacità organizzative e comunicative, conoscenza dei luoghi ed abilità nell'evitare le inutili discussioni che spesso esplodono tra i curiosi e chi si da fare
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Capo squadra: dirige le fasi di spegnimento e di rifornimento, a lui spetta sempre l'ultima parola in materia è il più esperto, è un conoscitore dei luoghi, dei componenti della squadra, delle condizioni in cui si opera, sa "farsi sentire" senza esagerare, partecipa egli stesso alle operazioni di spegnimento. Comunica via radio con il coordinatore dei volontari e con squadra rifornimento. Il ruolo del caposquadra è sicuramente il più difficile e quello che comporta la maggiore responsabilità, gli altri membri della squadra devono tenere conto di ciò coadiuvandolo nel prendere decisioni, evitando inutili discussioni durante lo spegnimento: critiche e rimostranze si faranno dopo con calma. La cosa più importante che deve sapere il caposquadra è quando ritirarsi dal fuoco.
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Squadra di spegnimento: capo compreso, richiede a chi la compone buone doti di resistenza fisica, capacità di mantenere la calma nelle situazioni pericolose ma prontezza di riflessi, abilità nel muoversi su terreni accidentati, spirito di gruppo. E' importante che nella squadra che opera sulle fiamme i principianti siano sempre in forte minoranza (1/5), affidati ciascuno ad un volontario più esperto ed impiegati solo in operazioni di consolidamento e bonifica. Possiamo individuale per semplicità tre tipi di squadra di spegnimento: Squadra minima, squadra completa, squadra con autopompa.
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Squadra minima: composta da 4 o 5 persone (una autovettura) dotata di attrezzatura manuale e meccanica leggera (decespugliatore, soffiatore, ecc.); Agisce nel primo intervento in caso di principi di incendio odi incendi di steppa. E' il nucleo minimo di persone che possa operare sul fuoco con una qualche efficacia; la durata della sua azione è breve e quindi può fare a meno del coordinatore e della squadra di rifornimento, è opportuno comunque che anche questa squadra sia collegata con la base per comunicare eventuali difficoltà o necessità di rinforzi.
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Squadra completa: composta da 6 a 12 persone, dotate di attrezzatura manuale e meccanica leggera. Questa squadra necessita sempre del coordinatore e della squadra di rifornimento (2 - 8 persone). Il numero di persone che operano nella squadra di spegnimento non deve essere superiore alle li - 12, per non creare difficoltà di direzione e coordinamento al caposquadra. Se si dispone di un numero superiore di persone e la situazione lo richiede è bene creare un'altra squadra con rispettivo capo, seguita sempre dallo stesso coordinatore. Una squadra completa può affrontare anche incedi di macchia bassa e incendi in boschi radi (sughereti) se non c'è troppo vento.
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Squadra con autopompa: composta da 3 persone, dotata anche di attrezzatura manuale, oltre che della pompa e serbatoio portati dal fuori strada. lì ruolo del coordinatore viene assunto da una delle tre persone portate dal mezzo, che si occupa della pompa e dei collegamenti. Il capo squadra interviene con un altro volontario alternandosi alla lancia. La squadra con autopompa non necessita di quella con rifornimento, ma può essere coadiuvata da un'altra (minima o completa) per operazioni di bonifica o di spegnimento in altre parti dell'incendio non raggiungibili con l'acqua. L'impiego di un'autopompa rende più efficace l'intervento nel raggio di 100 - 150 metri da dove questa può arrivare, permettendo, in alcuni casi, di intervenire anche sulla macchia alta.
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Squadra di rifornimento (o di supporto): si occupa di portare acqua potabile (con integratore salino) e vivande agli uomini della squadra di spegnimento e si occupa di rifornirli di acqua per le pompe a zaino, miscela per i decespugliatori e di altre attrezzature che via via si rendono necessarie durante le varie fasi dell'intervento. Richiede a chi la compone una minore preparazione, ma non minori fatiche. Comunque ne farà parte anche qualcuno che conosce bene il terreno ed i sentieri. Non c'è netta separazione tra i componenti della squadra di rifornimento e quella di spegnimento in quanto possono alternarsi o sostituirsi tra di loro, di questi cambi bisogna sempre informare caposquadra e coordinatore, così come del percorso seguito dai rifornimenti. A questo proposito, se si decide di organizzare un gruppo antincendio senza aver mai avuto esperienze dirette, è bene, dopo essersi preparati teoricamente (corsi antincendio boschivo), farlo presente al coordinatore ufficiale (C.F. 5.), e dedicarsi la prima volta solo alla bonifica degli incendi e solo dopo aver completato l'organizzazione ed affidandosi al coordinatore ufficiale ed alle squadre professionali, si potrà cominciare ad attaccare il fuoco direttamente.
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FORMAZIONE DEL PERSONALE (D.L. 626/94) E' molto importante, infine ,che ci sia sempre qualcuno che si occupi della manutenzione dei mezzi, del loro reperimento, acquisto e dei fondi necessari, che si occupi di reclutare i nuovi volontari, pubblicizzare l'attività svolta e di mantenere gli indispensabili rapporti con le istituzioni (Comune, Provincia, Regione, Corpo Forestale dello Stato, Vigili del Fuoco, ecc.) e le eventuali altre associazioni. Uno o più responsabili possono dedicarsi queste cose, sempre con l'aiuto di altri volontari. Senza queste attività non è possibile nessun tipo di lotta antincendio. Prima dell'estate il gruppo antincendio prepara al meglio le attrezzature ed i volontari stessi organizzando veri e propri corsi ed esercitazioni all'uso di attrezzi e mezzi (senza fuoco naturalmente!)che aiuteranno a definire l’indispensabile struttura organizzativa. Per questo fine non bisogna esitare a chiede collaborazione a chi ha più esperienza nel campo (C.F.S., VV.F F., altre associazioni di volontariato). Fanno parte della preparazione di un volontario antincendio: nozioni di pronto soccorso, capacità di usare le ricetrasmittenti, buona conoscenza della topografia locale, qualche nozione di meccanica. Bisogna ricordare che il volontariato antincendio boschivo è considerato ormai parte del Servizio Nazionale di Protezione Civile, istituito dalla legge 24/02/92, n0 225, assieme a: Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (componenti fondamentali), Forze Armate, Forze di Polizia, Corpo Forestale dello Stato, Servizi Tecnici Nazionali, Croce Rossa Italiana, Servizio sanitario Nazionale, Volontariato, Corpo Nazionale di Soccorso Alpino. Perché l'associazione di volontariato venga riconosciuta tale deve risultare iscritta nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato, così come prescrive la legge 11/08/1991, n. 266. Questa legge definisce l'attività di volontariato (art. 2) come quelle prestate in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontariato fa parte, senza fini di lucro, anche indiretto ed esclusivamente per finì di solidarietà. Inoltre obbliga l'assicurazione degli aderenti all'organizzazione, contro infortuni e malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi (art. 4). L'iscrizione ai registri regionali è condizione necessaria per accedere ai contributi pubblici nonché per stipulare le convenzioni e per beneficiare delle agevolazioni fiscali (art. 6). Si possono stipulare convenzioni tra organizzazioni di volontariato e Stato, Regione, Province Autonome, Enti Locali, ecc.(art. 7). La convenzione contiene disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità l'attività oggetto della convenzione stessa. La copertura assicurativa è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'Ente con il quale viene stipulata. Questa legge, infine, prevede che i lavoratori, facenti parte delle organizzazioni iscritte nei registri personali, per espletare attività di volontariato possano usufruire di particolari forme di flessibilità dell'orario di lavoro o di turnazione (art. 17).
OPERAZIONI DI SPEGNIMENTO. Le operazioni di spegnimento si possono dividere in tre fasi principali: avvistamento, spegnimento e bonifica. Avvistamento dell'incendio: può essere occasionale cioè effettuato da comuni passanti o dagli abitanti della zona interessata, oppure organizzato dai volontari o dal Corpo Forestale in punti di avvistamento fisso (torrette o luoghi panoramici) o mobile (sorveglianza) percorrendo continuamente le zone a rischio in auto, moto, motorino o bicicletta. Con la sorveglianza si ottiene un certo effetto deterrente nei confronti degli incendiari; ma essa non sostituisce l'avvistamento, più efficiente nell'individuare tempestivamente i focolai. L'avvistamento occasionale va incrementato ed educato attraverso la sensibilizzazione e la diffusione dei numeri telefonici del Corpo Forestale (stazioni locali), dei Vigili del Fuoco e dei Gruppi di Volontariato Antincendio. Molto spesso le persone che telefonano per segnalare un incendio sono imprecise e poco chiare, sta alla bravura di chi riceve la telefonata capire qualcosa. In generale bisogna seguire le seguenti regole: Chiedere nominativo e numero telefonico di chi chiama (per eventuali verifiche), il punto da dove è stato avvistato il fuoco o il fumo (località, via, altri chiari punti di riferimento), il nome della località dove si sta fuoco. Prima di effettuare le chiamate di emergenza è bene fare qualche rapida verifica e, quando si avverte il Corpo Forestale, bisogna specificare i casi dubbi evitando di dare per scontato ciò che non lo è. Per quanto riguarda l'avvistamento organizzato, risulta evidente la necessità di un collegamento continuo con la
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base via radio o telefono (cellulare). Chi segnala l'incendio deve essere breve e preciso ed oltre a specificare il luogo, deve dare anche un'idea delle dimensioni, del tipo di vegetazione interessata e delle strade per raggiungere l'incendio. In base, una volta accertata l'esistenza dell'incendio, lo si segnala al numero verde 1515, dopodiché si chiamano i volontari pronti nel punto di partenza o a casa secondo una catena prestabilita di telefonate (o chiamate radio), di cui tutti i volontari hanno uno schema, in modo che dalla base non si facciano più di 4 o 5 telefonate. In base si decide e si comunica l'orario in cui è prevista la partenza dal luogo prestabilito (da 10 a 15 minuti dalla chiamata). Nel punto di partenza i volontari, se non dispongono di un'autopompa, metteranno il materiale già preparato su una o due automobili, quindi partiranno alla volta dell'incendio. Durante il tragitto è bene non lasciarsi prendere dall'agitazione e dalla fretta, cinque minuti in più non pregiudicano lo spegnimento, mentre è importante prendere la strada giusta. Si tenga presente che il maggior impiego di tempo tra la segnalazione e l'inizio dello spegnimento è dovuto soprattutto alle chiamate che la base deve effettuare, le verifiche, i preparativi di ciascun volontario e quelle della squadra, ed il momento in cui giunti nei pressi dell'incendio bisogna decidere in quale punto avvicinarsi e cominciare l'attacco. Se si riesce ad arrivare sull'incendio in meno di 30 minuti dalla chiamata si può essere soddisfatti; come tempo limite si possono tenere presenti i 45 minuti. Nel caso la squadra sia dotata solo dimezzi manuali e meccanici leggeri, bisogna lasciare le automobili in un posto al sicuro dal fuoco e in modo da non intralciare il passaggio, in posizione adatta ad un rapido allontanamento; se l'incendio è lontano dalla strada gli uomini sceglieranno la via meno faticosa e più comoda anche se più lunga, procedendo con passo regolare non affrettato: è inutile arrivare sul fuoco con l'affanno. Evitare categoricamente di raggiungere l'incendio dall'alto o con il vento contro, preferire sempre gli spostamenti in piano lungo le curve di livello, tenendosi sulla zona già bruciata o lungo il margine di questa dove il fuoco è già estinto. Con I 'autopompa invece ci si avvicina nel punto più idoneo all'attacco mettendo 1' automezzo in posizione di fuga, il coordinatore bada alla pompa e al resto mentre gli altri due volontari procederanno con la lancia verso le fiamme. Anche in questo caso evitare di raggiungere l'incendio dall'alto e contro vento. Spegnimento: come abbiamo visto, un incendio forma un perimetro irregolare contenente la zona bruciata ed avanza allargandosi a macchia d'olio. Il perimetro dell'incendio presenta sempre una zona dove le fiamme sono più alte e dove avanzano più rapidamente in direzione del vento o in salita: questo è il fronte o la testa dell'incendio che in minor tempo percorre una maggiore superficie, ed è questo il punto che in teoria sarebbe meglio bloccare per primo. In pratica però, la testa dell'incendio è anche la parte dove le fiamme sono più inavvicinabili e pericolose, nel caso di incendi di steppa o di gariga risulta ancora più praticabile un attacco diretto alla testa dell'incendio ma già in incendi di macchia bassa, anche disponendo di un'autopompa, si incontrano notevoli difficoltà che rendono pericoloso e molto lento l'intervento. Un altro motivo che rende pericoloso questo attacco è che il fianco sinistro e il fianco destro dell'incendio possono sempre trasformarsi in una nuova testa più in basso o sopravvento. L'intervento sulla testa dell'incendio può essere vantaggioso solo se indiretto o supportato da mezzi aerei. L'attacco indiretto con la creazione di fasce tagliafuoco presuppone la disponibilità di decespugliatori, di motoseghe, di un certo numero di volontari addetti al taglio e alla rimozione del materiale vegetale ma soprattutto di tempo, ottime previsioni sull'andamento dell'incendio e possibilità di allontanarsi rapidamente dalla zona, nel caso venisse raggiunta anzitempo dalle fiamme. Proprio per evitare ogni rischio, le fasce tagliafuoco devono venire create a grande distanza dal fronte (anche centinaia di metri), tanto maggiore quanto maggiore è la sua velocità di avanzamento e quanto maggiore è il tempo impiegato nel completare la fascia. lì modo più rapido per creare delle fasce tagliafuoco è quello di appoggiarsi a zone già libere dalla vegetazione e ad ostacoli come muri a secco, stradine, sentieri, lastroni di roccia, ecc., ampliando e rendendo continui gli spazi privi di vegetazione. Se il fronte risale in pendio si cercherà di creare una linea tagliafuoco a monte in un punto dove la pendenza è minore (terrazzamento, dosso, ecc.). Maggiore è l’altezza della vegetazione, la pendenza, la velocità del vento, maggiore dovrà essere la larghezza della fascia: da 2 - 3 metri a 10 -20 metri di larghezza, cioè da una a due volte l'altezza della vegetazione. La cosa migliore sarebbe ottenere una fascia tagliafuoco che non sia parallela al fronte ma inclinata rispetto a questo (e quindi più lunga), in modo che venga raggiunta gradualmente dal fuoco permettendo agli uomini di controllare lo spegnimento punto per punto avanzando lungo la fascia man mano che il fuoco arriva. Si inizia a tagliare la vegetazione formando prima un comodo sentiero lungo quanto la fascia che si prevede di fare; quindi si procede allargandolo sul lato verso il fuoco: per primi avanzeranno gli uomini con i decespugliatori distanziati tra loro, poi seguiranno quelli dotati di motosega che taglieranno le piante più grosse (tutti coloro che
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usano decespugliatori e motoseghe dovranno indossare le protezioni specifiche e lavorare a non meno di 3 metri l'uno dall'altro). Infine dietro ci saranno diverse persone per sfrondare e spostare il materiale tagliato dalla parte opposta a quella che sarà raggiunta dalle fiamme. Per trascinare la ramaglia si possono usare delle funi. Se si opera nella macchia alta o nei lecceti, ci sono grossi problemi per le dimensioni delle piante e si può decidere di limitarsi ad abbattere le piante asportando solo le chiome e lasciando in terra, distanziati tra loro, i tronchi ed i rami più grossi, il fuoco rallenterà comunque e le fiamme si abbasseranno notevolmente fino ad estinguersi. La fascia tagliafuoco in questo caso dovrà essere molto larga in modo da permettere un buon controllo se il fuoco cominciasse ad attraversarla. Una volta eliminata la vegetazione arborea e arbustiva, bisognerà ripulire il terreno con l'aiuto di rastri e zappaccette; se non c'è tempo basterà ripulire una stretta striscia (1 - 2 metri) all'interno della fascia. Se si dispone di acqua e di ritardanti si può irrorare la vegetazione lungo la fascia tagliafuoco aumentandone la sicurezza. La creazione di fasce tagliafuoco durante l'incendio va concordata con il coordinatore ufficiale del Corpo Forestale. Risulta chiaro che l'attacco indiretto non prescinde quasi mai da quello diretto poiché sarà comunque necessario stringere l'incendio ai lati perché non aggiri la fascia tagliafuoco, inoltre sarà necessario controllare con l'azione diretta eventuali attraversamenti che possono rendere vano il lavoro fatto. Per completare una fascia tagliafuoco possono essere necessarie ore di lavoro per una decina di uomini e, in presenza di forti venti, le faville possono portare il fuoco a molti metri di distanza. Per questi motivi vi si ricorre raramente e solo in casi particolari cioè quando non c'è altro modo di risolvere l'incendio, quando si tratta di salvare zone preziose, quando la topografia e la vegetazione del luogo la rendono particolarmente efficace, di rapido e sicuro completamento. In ogni caso per incendi di gariga e di macchia bassa l'uso del decespugliatore rende piuttosto conveniente questo sistema (bastano anche fasce larghe 2 - metri). Una tecnica mista tra l'attacco diretto e quello indiretto, idonea nella macchia bassa, consiste proprio nel creare una corta (10-15 metri) e sommaria fascia tagliafuoco (larga 2-3 metri) lungo un fianco dell'incendio, in modo da rendere più agevole l'attacco diretto quando il fuoco raggiunge la zona liberata dalla vegetazione; una volta estinte le fiamme lungo questo tratto, si procede ad aprire una corta fascia successiva e così via. Impiegando questo sistema la squadra di spegnimento e la squadra addetta al decespugliamento si alternano tra loro fino al raggiungimento della testa dell'incendio ed al suo completo spegnimento. Questo sistema è meno rischioso poiché è più facile prevedere l'andamento dell'incendio per i seguenti 5 o 20 minuti piuttosto che per le seguenti due ore; i volontari addetti al decespugliamento per allontanarsi dalla fascia devono percorrere pochi metri per trovarsi in zona sicura, estinta e presidiata dalla squadra di spegnimento; comporta un minore affaticamento di tutti gli uomini. Un altro vantaggio dell'attacco diretto - indiretto consiste nella possibilità di ridurre la distanza di sicurezza tra la linea del fuoco e fascia tagliafuoco, limitando la superficie bruciata, grazie alle migliori previsioni consentite. Per quanto riguarda l'uso del controfuoco dell'attacco indiretto, nessun volontario, per quanto esperto, può' permettersi la responsabilità di aggravare la situazione e il rischio di mettere in pericolo delle vite umane. Ne va assolutamente escluso l'uso da parte dei volontari. L'attacco diretto alle fiamme non è uno scontro frontale con l'incendio bensì un attento e faticoso lavoro ai fianchi di questo. Anche in questo caso sono necessarie ottime previsioni sull'andamento dell'incendio. La scelta del punto d’attacco è estremamente importante per l'esito finale; essa dipenderà molto dalle attrezzature e dal numero di volontari disponibili. Il punto d'attacco migliore in genere è uno dei due lati dell'incendio, nella parte più vicina alla coda. La scelta di uno o dell'altro lato è legata in primo luogo alla previsione dello sviluppo dell'incendio, cioè si cercherà di bloccare il lato che rivela più distruttivo, in secondo luogo alla facilità o possibilità di intervento. Il perimetro dell'incendio viene spento andando in direzione della testa e gli uomini non si pongono né alle spalle né di fronte alla linea del fuoco, ma lateralmente, a cavallo tra la zona combusta e quella incombusta; dietro di loro altri consolidano e sorvegliano la parte del perimetro già estinta (coprendo le spalle a chi effettua il primo spegnimento). Questo procedimento viene seguito sia da volontari dotati esclusivamente di mezzi manuali sia da volontari dotati del getto di una motopompa. Gli uomini che operano sulle fiamme si alternano rapidamente tra loro in modo da non rimanere a lungo esposti a fiamme e calore (5 minuti al massimo per chi usa i flabelli o le pompe a zaino, 10 - 15 minuti per chi usa una lancia o un soffiatore). L'estinzione viene curata in prima persona dal caposquadra. Le fiamme vengono affrontate nel momento in cui si abbassano, quando il vento cala o quando la vegetazione si fa più rada o meno combustibile. Appena le fiamme si rialzano, i volontari si ritirano velocemente a distanza di sicurezza nella zona già estinta, preferibilmente sul bruciato, in attesa di un nuovo momento favorevole. Lo spegnimento diretto consiste proprio
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in continui attacchi e ritirate effettuati con rapidità ed intelligenza. Nel caso si utilizzi il getto di una motopompa i momenti favorevoli all'attacco saranno numerosi per la maggiore distanza da cui si opera e per l'efficacia dell'acqua, inoltre non sarà sempre necessaria l'azione di consolidamento. Nel caso dell'uso di flabelli e pompe a zaino il lavoro va ben organizzato: due battitori ed un pompista (o due) attaccano le fiamme con precisione (cosa difficile fra fumo e calore) alla loro base nella sottile striscia (pochi cm) tra ciò che sta bruciando e ciò che sta per bruciare. A pochi e regolari colpi di flabello devono seguire brevi getti d'acqua (a cono molto stretto) delle pompe a zaino diretti con precisione sulla linea che divide il "nero" dal "verde". L'acqua delle pompe può essere usata per abbassare le fiamme e permettere l'avvicinamento dei battitori, o (nella steppa e nella gariga) direttamente nello spegnimento; questo uso però esaurisce rapidamente l'acqua ed è meno efficiente. Dietro questi volontari ce ne sono altri, sempre con pompe e flabelli, che consolidano lo spegnimento. Infatti lo spegnimento effettuato da coloro che si trovano "in prima linea" non deve essere accurato, ma rapido, mirando a "mangiare" quanto più fuoco è possibile, risalendo i lati dell'incendio verso la testa. Per questo il successivo consolidamento è fondamentale. Il gruppo in prima linea e il gruppo di consolidamento non devono mai distanziarsi sia perché devono alternarsi tra loro (ogni 5 - 10 minuti), sia per motivi di sicurezza (copertura delle spalle). I rifornimenti d'acqua per le pompe e di quella da bere devono essere regolari e tempestivi: vanno calcolati la durata dell'acqua (20 30 minuti) e il tempo impiegato nel trasporto. Il soffiatore sostituisce i flabelli e permette un avanzamento più rapido ma necessita di una maggiore quantità di acqua per il raffreddamento, deve perciò essere seguito da almeno due pompe a zaino. La fase critica dell'attacco diretto è il momento in cui si raggiunge la testa dell'incendio. Ci sono sostanzialmente tre possibilità di risolvere l'incendio: - continuare a controllare i lati della testa, attendendo che le fiamme si abbassino per completare lo spegnimento. Questo se ci sono concrete possibilità che la vegetazione più avanti sia più bassa e rada o che il vento cali o che diminuisca la pendenza oche sia previsto un intervento aereo. - Organizzare ed attuare un attacco indiretto preparando una fascia tagliafuoco molto più avanti, nel caso si preveda che le fiamme non si abbasseranno. Continuando, nel frattempo, a controllare i lati della testa dell'incendio. - Usare la tecnica mista di attacco diretto - indiretto, nel caso la vegetazione non sia più alta di 1,5 - 2 metri (macchia bassa, usando una distanza di sicurezza tra testa e fascia tagliafuoco maggiore di quella usata per i lati dell'incendio.
Bonifica: una volta estinte le fiamme, per essere sicuri che queste non riprendano a bruciare, si procede ad un'attenta e meticolosa operazione di controllo del perimetro dell'incendio, allontanando brace e tizzoni dal margine incombusto o spegnendoli con l'acqua, estinguendo le ceppaie fumanti che rischiano di propagare il fuoco all'esterno dell'area bruciata. In pratica si tratta di creare una netta separazione tra il verde e il bruciato ancora caldo, aprendo, quando è possibile, un vero e proprio sentiero lungo il margine dell'incendio, eliminando tutte le foglie secche e lasciando a nudo il terreno per una larghezza di 30-40cm. La bonifica richiede molta attenzione e tempo, solo dopo averla effettuata si può considerare estinto l'incendio. Troppo spesso accade che a causa di frettolose e superficiali bonifiche l'incendio riprenda, vanificando tutto il lavoro fatto in precedenza. Per evitare che ciò accada un buon accorgimento è quello di usare uomini freschi, soprattutto se le operazioni di spegnimento sono state lunghe e faticose, affiancati, con funzioni di guida, da qualcuno dei volontari che ha partecipato allo spegnimento (caposquadra). Si ricordi sempre che questa operazione richiede grande responsabilità, soprattutto verso chi ha compiuto lo spegnimento, e che la ri4>resa del fuoco sarò generalmente imputata ad una cattiva bonifica. Nella bonifica vengono molto usati gli strumenti manuali per la cura che richiede, anche se c'è la possibilità di usare acqua in abbondanza (motopompa), questa non è molto efficace sulle ceppaie roventi. Gli strumenti sono: la pompa a zaino, la roncola, il rastro, la zappaccetta e il flabello nell'eventualità di dover affrontare dei focolai. In genere non servono molti uomini (5 06), ma essi devono comunque essere in contatto con il coordinatore ed alcuni di loro devono avere una buona esperienza di queste operazioni, perché non è facile individuare i punti che potrebbero sviluppare un nuovo focolaio. La difficoltà di bonificare e quindi la cura che si deve applicare, aumenta con l'aumentare dell'intensità dell'incendio e l'intrico della vegetazione: la bonifica è semplice se si tratta di steppa, gariga o lettiera di lecceti;
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molto difficoltosa nella macchia alta. Nel caso di pinete o di macchie con resinose (ginepri) bisognerà scavare anche dei solchi e, se possibile, usare molta acqua, poiché il fuoco può propagarsi sottoterra, attraverso le radici, verso la zona salvata. Infine, terminata la bonifica, è necessario organizzare la sorveglianza della zona, per non essere colti impreparati dalla ripresa di qualche focolaio. Infatti il vento può sempre sollevare faville dall'area bruciata, dove le braci covano anche per qualche giorno incendi ad alta densità), portando le fuori da perimetro bonificato. Intervento con l'appoggio di mezzi aerei. Il lavoro delle squadre a terra non è affatto concluso con l'arrivo dei mezzi aerei. Infatti il lavoro si fa più serrato poiché bisogna allontanarsi rapidamente dalla zona interessata al lancio e subito dopo approfittare dell'abbassamento delle fiamme e completare l'estinzione. E' necessario che il coordinamento tra mezzi aerei e squadre a terra sia massimo e che i volontari seguano scrupolosamente le direttive del coordinamento del Corpo Forestale. Esso si trova in contatto radio con il pilota e coni volontari (avendo la loro radio o tramite il coordinatore dei volontari). Solo lui decide se chiedere l'intervento al Centro Operativo aereo Unificato, presso il dipartimento della Protezione Civile. Durante un intervento aereo gli uomini devono essere tutti ben visibili, devono restare vicini tra loro, non devono trovarsi nel punto di lancio, ne a valle se la zona di impatto è frano sa. Anche l'intervento aereo può essere diretto ed in questo caso si usa acqua (a volte addizionata con schiumogeni) e mezzi che permettono ripetuti lanci in breve tempo (elicotteri e Canadair) o indiretto con l'uso di ritardanti lanciati sulla vegetazione, prima che sia raggiunta dal fuoco, onde formare una fascia in grado di rallentare la combustione. Gli aerei usati in questo caso (Aeritalia G222, Hercules C130) devono rifornirsi tornando in aeroporto ed i lanci sono molto distanziati nel tempo. Quando un elicottero deve avvicinarsi al suolo, per atterrare o per rifornirsi d'acqua, bisogna tenersi a debita distanza. Se, in caso di rifornimento o di soccorso, è proprio necessario avvicinarsi ad esso, farlo anteriormente, rendendosi visibili al pilota.
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TAB. n. I MEZZI IMPEGNATI DAL CENTRO OPERATIVO AEREO UNIFICATO:
AEREI CANADAIR CL 215 Forestale
ELICOTTERI CHINOOK CH 47 EI
AERITALIAG 222 A.M.
AUGUSTA BELL4l2 EI
HERCULESC 130A.M
AUGUSTA BELL 212 M.M.
Aerei CANADAIR CL 215: Sono il più efficace mezzo d'intervento per gli incendi di grosse proporzioni, ma in genere arrivano tardi a causa delle insufficienti unità e alle obiettive esigenze della Regione. Gli aerei più validi restano ancora i Canadair, (sia come precisione di lancio sia come tempi di carico). Questi aerei risultano oltre tutto più economici, ma sono sempre stati stranamente boicottati al momento dell'acquisto. Capacità di carico del Canadair 5.346 litri. Aerei militari: Alla buona volontà dei piloti si contrappongono dei mezzi del tutto inadeguati allo scopo. Sia l'Aeritalia G 222, che l'Hercules C 130 Lockeed, non sono maneggevoli e facilmente pilotabili. Ogni aereo costa il doppio del Canadair, non può caricare liquido ritardante senza atterrare, e per ogni lancio di questo liquido getta al vento circa 16 milioni di lire (mentre i Canadair usano acqua normale). In pratica è provato che un Canadair ha un'efficacia di lancio 10 volte superiore, a costo e tempi più che dimezzati. Elicotteri: Potrebbero risultare utili per la localizzazione degli incendi (se non vi è il telerilevamento satellitare) o per il trasporto delle cose o persone sul luogo dell'incendio. Poco funzionali in attività di spegnimento, anche i nuovi Augusta Bell. Capacità di carico degli elicotteri 530\1 000 litri. Intervento notturno: è più pericoloso e difficile raggiungere l'incendio effettuare i rifornimenti e bonificare. Lo spegnimento in se non presenta particolari difficoltà perché le fiamme illuminano a giorno il punto dove si opera. I problemi sorgono durante la bonifica poiché, al buio, non si riesce ad individuare il margine tra il combusto e l'incombusto. L'intervento notturno deve essere limitato a steppa, gariga e macchia bassa, cioè dove sia consentita una certa visibilità tra i membri della squadra e una certa praticabilità del terreno. I volontari che intervengono devono essere tutti esperti, anche quelli della squadra di rifornimento. Tutti devono essere dotati di bande fluorescenti sulla tuta ed avere ognuno una torcia portatile. I membri della squadra devono restare sempre vicini tra loro ed essere ben collegati con il coordinatore con almeno due radio. Per individuarsi nel buio si ricorre alle torce, alle radio e se necessario a voce (le grida vanno usate solo per far sapere in che direzione siamo). In ogni caso i rifornimenti vanno limitati al minimo. Se i volontari sono sul fuoco dal pomeriggio, va organizzato un ricambio con uomini freschi (anche se è bene che qualcuno dei meno stanchi resti, perché ricorda la situazione precedente).
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CAUSE PRINCIPALI DEGLI INCENDI TAB. n. Il CAUSE PRINCIPALI Naturali
% 0.7%
Involontarie
29.8%
Volontarie
69.5%
DESCRIZIONI Fulmini Autocombustione Bruciatura delle stoppie Incendi o dei pascoli Fuochi d'artificio Bottiglia al sole che funge da lente ustoria Mozziconi di sigaretta accesi Incidenti alle condutture elettriche ecc. Piromania Fini speculativi Protesta sociale Esibizionismo Vendetta
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IL BOSCO: UTILITÀ, DEFINIZIONE LEGISLATIVA. I boschi si possono suddividere in due categorie: Naturali e Artificiali. Alla prima categoria appartengono i boschi spontanei, centenari o inizialmente artificiali poi naturalizzati. Alla seconda categoria appartengono esclusivamente i boschi artificiali o c.d. produttivi piantumati esclusivamente per la finalità del taglio, (sono però comuni casi di naturalizzazione, e quindi di protezione ex Legge n.431/85, e R.D. 3267/1923 dei boschi artificiali). Le funzioni essenziali del bosco si possono ricondurre in tre diversi ordini: 1) Funzione Produttiva; 2) Funzione Ecologica-Protettiva; 3) Funzione Estetico-Ricreativa. La funzione produttiva è finalizzata essenzialmente alla silvicoltura1, m, non solo, vi sono anche altre forme di sfruttamento commerciale del bosco ad esempio i frutti, (castagne, pinoli, etc.), le cortecce, le resine, le gomme, i funghi e i frutti del sottobosco (fragole, mirtilli, piante officinali, etc.), infine la selvaggina. Per tutte queste attività, è importante sottolineare la responsabilità degli Enti autorizzativi all'uso razionale delle stesse, non permettendo l'abuso sconsiderato. La funzione ecologica-protettiva2 è fondamentalmente nota, per l'effetto di fenomeni fisici (coibenza, intercettazione) e biologici (ossigenazione dell'aria, scambi gassosi ed energetici, produzione di sostanze organiche). Il bosco è anche un moderatore dei valori estremi della temperatura. L'umidità è maggiore nell'interno del bosco, mentre le piogge vengono intercettate (diminuendo sensibilmente i danni del l'impatto violento col suolo), dalle chiome in misura varia a secondo dei vari fattori contingenti, clima, densità di copertura, intensità e durata delle piogge ecc., e dalle radici (funzione antierosiva, di regimazione del flusso idrico e geologico e di influenza sulle piene). E' infatti scientificamente affermato che ~ bosco, intercettando la pioggia, riducendo la sua velocità di caduta, rendendo il terreno permeabile e riducendo lo scorrimento superficiale, regolarizza il deflusso dei corsi d'acqua. Un'altra importante funzione del bosco è la sua influenza sulla velocità del vento (quasi del tutto annullata), e l'intensità luminosa (molto ridotta) permettendo la crescita di peculiari e diversificati ecosistemi. Le azioni del bosco sulla pedogenesi sono dovute al continuo rifornimento di sostanze organiche al terreno e alle radici, per tale ragione vi è una presenza di diversi tipi di humus. Non meno importante è la funzione del bosco quale rifugio naturale e serbatoio alimentare della fauna, e di specie fioristiche. La Funzione Estetico-Ricreativa spesso pone il problema della notevole pressione antropica, dell'inquinamento e frequentemente è una delle causa del l'innesco degli incendi. 1
Il taglio di un pioppeto, rientrando quest’ultimo nell'arboricultura da legno quando sia coltivato con regolare sesto di impianto per servire le esigenze relative alla produzione di materiale legnoso, va considerato attività agro - silvo - pastorale esente dal vincolo imposto dalla 1. n. 431 del 1985, purché insista su cultura arborea e non su bosco o foresta ai fini della legge citata. Quando, tuttavia, il pioppeto è presente in formazioni spontanee può costituire veri e propri boschi ripariali; e in particolari situazioni anche una formazione impiantato artificialmente ne/tempo può integrarsi nel paesaggio vegetale si' da assimilarsi ad una vera e propria formazione rlpariale, il taglio della quale pregiudicherebbe da un punto di vista paesaggistico il valore estetico dell'ambiente. Pertanto, in quest'ultimo caso, se il pioppeto sorge su un'area territoriale già soggetta di per se stessa a vincolo paesaggistico - ambientale sulla scorta della legge Galasso, il vincolo assorbe i pioppi emergenti su detta area in quanto essi in quel punto rappresentano una struttura costitutiva de/paesaggio visivo e dell'ambiente biologico tutelato nel suo insieme paesaggistico (estetico) e ambientale (biologico). Pretura Terni, 16aprile 1996 Giur. merito 1996,494 nota (ROMANO) 2 A riguardo si é pronunciato il Consiglio di Stato, secondo cui l'autorizzazione a qualsiasi utilizzo che comportino trasformazione dei boschi (anche quelli definiti artificiali o produttivi) insistenti su terreni vincolati per scopi idrogeologici costituisce un elemento dello schema normativo attraverso cui il R.D. 3267/I 923, articola la funzione conservativa e protettiva dei boschi, intesi nella loro naturale funzione di strumenti di difesa geologica ed idrica del territorio, dispiegandosi attraverso la forza immobilizzatrice delle radici del complesso boscato e con l'azione regimante delle acque esercitata dalla cotica erbosa; pertanto ai tini della predetta autorizzazione, rivela la valutazione dell'interesse pubblico alla difesa del suolo dal punto di vista idrico e geologico, per le conseguenze negative di danno o anche di pericolo che la trasformazione stessa può comportare per i suoli interessati. (C.d.S. Sez. VI, 20.12.1989,n. 1667). 3 L'art. 2, comma 51, della Legge n. 662/1996, dispone che non possono formare oggetto del condono edilizia previsto dall'art. 39, della L. N. 724/1994 “le costruzioni abusive realizzate sopra e sotto il soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o volontarie”.
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LA DEFINIZIONE LEGISLATIVA DEL BOSCO NELLA REGIONE SICILIA (si riporta a tal fine l'art. 4 della legge siciliana n. 6/96.) 1. Si definisce bosco a tutti gli effetti di legge una superficie di terreno di estensione non inferiore a 5.000 mq. in cui sono presenti piante forestali, arboree e/o arbustive, destinate a formazioni stabili, in qualsiasi stadio di sviluppo, che determinano una copertura del suolo (da verificarsi nel periodo di maggior fioritura, N. d. r) non inferiore al 50 per cento. 2. Si considerano altresì boschi, sempreché di dimensioni non inferiori a quelle di cui al comma 1, le formazioni rupestri e ripariali, la bassa ed alta macchia mediterranea, nonché i castagneti anche da frutto e le fasce forestali di larghezza media non inferiore a 25 metri. 3. Non si considerano in ogni caso boschi i giardini pubblici e i parchi urbani, i giardini e i parchi privati, le colture specializzate a rapido accrescimento per la produzione del legno, anche se costituite da specie forestali, nonché gli impianti destinati prevalentemente alla produzione del frutto. ATTIVI TA' EDILIZIA IN ZONE DI BOSCO DANNEGGIATE O DISTRUTTE DAL FUOCO. Un'importante limitazione all'attività edilizia ed urbanistica (e comunque di divieto assoluto alla mutazione della destinazione) è stata imposta dalla legge n. 47/1975 art. 9, successivamente modificato ed integrato dall'art. 1/bis del DL. n. 332/1993,poi convertito nella legge 29.10.1993, n. 428. Tale disposizione, è stata introdotta per combattere il penoso fenomeno degli incendi dolosi di boschi finalizzati alla speculazione edilizia. Essa, infatti, dispone che in tutte le zone boscate interessate da incendi è vietato l'insediamento di costruzioni di qualsiasi tipo (i Sindaci, pertanto, non possono autorizzare alcuna costruzione). Alle medesime zone, inoltre, nella formazione degli strumenti urbanistici (P.R.G. compreso), non potrò darsi destinazione diversa da quella in atto prima dell'incendio. I SINDACI, entro il mese di ottobre di ogni anno, devono compilare e trasmettere alla Regione ed al Ministero dell'ambiente una planimetria, in scala adeguata, che evidenzi il territorio comunale percorso dal fuoco: in tale territorio per almeno 10 anni, non sono (e non devono) essere consentite destinazioni d'uso diverse da quelle in atto prima dell'incendio e detto vincolo deve essere indicato espressamente, a pena di nullità, in tutti gli atti di compravendita di aree ed immobili ricadenti nel territorio medesimo. DANNI AMBIENTALI PROVOCATI DALL'INCENDIO: Introduzione: Il patrimonio di diversità biologica che va distrutto negli incendi è immenso. La rigenerazione di manto vegetale dopo un incendio può iniziare rapidamente e il tempo per rivedere una prima crescita di alberi può essere anche solo di una decina di anni. Ma per la rigenerazione fino ad uno stadio prossimo alla maturità di un bosco misto di latifoglie (come quelli di cui ogni anno perdiamo in Italia molte centinaia di ettari a causa degli incendi), occorrono anche 200 anni. Con un incendio non si distruggono soltanto singole nicchie ecologiche ma vengono persi spesso irreparabilmente interi ecosistemi. Quando le foreste sono ridotte a frammenti sparsi, come lungo le coste del Mediterraneo che hanno subito l'impatto maggiore dello sviluppo, quelle portate via dagli incendi possono essere localmente una parte consistente o la totalità della superficie forestale residua; in questi casi gli incendi significano la distruzione di interi ecosistemi, la scomparsa di specie in via di estinzione, l'esposizione del suolo all'erosione, difficoltà nella ricolonizzazione. E' evidente come la sorveglianza sia sempre di più un fattore chiave, sia per la prevenzione che per la tempestività dell'intervento. Positiva, a questo proposito, è stata l'istituzione da parte della Forestale del numero verde (1515) per la segnalazione degli incendi. Per altro questi numeri di 9 cifre sono troppo lunghi per essere memorizzati e questo ne può limitare di molto la pronta utilizzabilità da parte dei cittadini. La prevenzione: Le leggi n. 38 del 28.2.90 e n. 195 del 3.7.91 attribuivano a tre regioni, e cioè la Sardegna, la Liguria e la Sicilia, un contributo straordinario di 85 miliardi di lire per la realizzazione, nel triennio 19901992, dei sistemi organici di monitoraggio elettronico permanente a terra 24 ore su 24 e di sistemi di controllo per la prevenzione degli incendi boschivi" (art. 30 bis). La legge prevedeva anche che questi sistemi fossero integrati nel sistema "Argo", la prima rete di telecomunicazioni via satellite impiegata per scopi di protezione civile e di controllo del territorio. Per il triennio 1991-1993, lo stanziamento per la realizzazione di monitoraggio antincendio è stato aumentato di 30 miliardi di lire ed esteso ad altre sei regioni: Toscana, Calabria, Puglia, Lazio, Piemonte e Lombardia. A tutt'oggi però, vi sono 4 soli impianti di TELERILEVAMENTO funzionanti su tutto il territorio nazionale: a Caprera, in Sardegna, nel Parco d'Abruzzo (nell'ambito del progetto Snam-Parco) nel Parco Nazionale del
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Circeo e nel Parco delle Madonie. L'enfasi sul telerilevamento per la prevenzione degli incendi è comunque sproporzionata se si considerano costi elevatissimi per garantire il controllo di superfici forestali significative. Il Corpo Forestale svolge regolarmente delle campagne di sensibilizzazione e informazione sui rischi da incendi boschivi, interessando spesso anche le tre reti Rai con una campagna di spot televisivi, per dare consigli su come evitare di diventare involontari incendiari e pubblicizzare il numero verde per la segnalazione di incendi alla forestale. Ulteriori metodi di prevenzione sono individuabili tra: Sistemi di controllo. Il sistema di monitoraggio ancora non è entrato pienamente in funzione ed è già sorpassato dal controllo via satellite, sia a livello economico sia a livello di operatività funzionale; da preferire sicuramente al telerilevamento. Ma nulla eguaglia un capillare "controllo sociale" che si attivi con gli occhi e le braccia della gente, sensibilizzata e istruita e quindi motivata. Solo l'allarme immediato e l'azione fulminea sono in grado di evitare gravi danni. Gioventù' disoccupata locale (intellettuale e non). E' la migliore potenzialità da impegnare nella gestione e nella salvaguardia delle risorse ambientali e naturali: con restauri e risanamenti ecologici, rimboschimenti seri, ripopolamenti e "sistemi" di aree protette, capaci di legare la gente al territorio, coinvolgendola nella sua tutela. Meccanismi preventivi. Le vecchie strisce di tagliafuoco, o "cesse", che tanto deturpano le macchie e le foreste sui fianchi di colline e montagne, servono meno di quanto non si creda (avvolte il fuoco supera d'un colpo persino le strade asfaltate di grosse dimensioni). L'unico soluzione è un buon sistema informativo, che segnali quotidianamente al pubblico la pericolosità della situazione. Appalti e assunzioni per ricreare il bosco bruciato. L'attrazione del denaro da guadagnare il miraggio del posto di lavoro (anche temporaneo) possono incentivare, in ambienti depressi economicamente o culturalmente, l'incendio doloso. Così il disastro ecologico diventa il presupposto obbligato per ottenere benefici individuali o settori ali, secondo il rituale ben noto dello "sciacallaggio" sulle calamità naturali.
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NORMATIVA NAZIONALE SUGLI INCENDI BOSCHIVI
Sommario della normativa: R.D.L. 30.12.1923; n.3267 R.D. 16.05.1926; n.1126 R.D. 18.06.1931; n.773 L. 01.03.1975;n.47 D.P.R. 24.07.1977; n.616 L. 24.11.1981; n. 689 L. 04.08.1984; n.424 L. 08.08.1985; n.431 L. 28.02.1990; n.49 L. 03.05.1991; n.142 L. 24.02.1992; n.225 Reg. CEE 23.07.1992; n. 2158 D.L. 04.12.1992; n. 475 D.L. 17.09.1993; n. 367 L. 29.10.1993; n.428 L. 08.08.1994; n.497 L. 23.12.1994; n.724 D.L. 10.07.1995; n. 275 L. 16.07.1997; n. 228
LEGISLAZIONE CIVILE: a) R.D.L. 30.12,1923 n. 3267 "Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montoni "(Legge Forestale) Si tratta della normativa fondamentale in materia forestale: ha creato un piano organico sulla politica forestale nazionale definendo i compiti della Guardia Forestale ed istituendo i vincoli idrogeologici. Nella legge vengono posti i primi vincoli sui terreni boschivi e vengono predisposte, negli artt. 8, 9,10, e 11, le "Prescrizioni di massima e di Polizia Forestale" (P.M.P.F) che prevedono una serie di limitazioni e cautele per la tutela dei boschi. In particolare, riguardo la prevenzione e la repressione del pericolo degli incendi boschivi si fa riferimento ai seguenti articoli: ART. 9 lettera a): nei boschi di nuovo impianto o sottoposti a taglio generale o parziale, oppure distrutti dagli incendi, non può' essere ammesso il pascolo prima che lo sviluppo delle giovani Piante e dei nuovi virgulti sia tale da escludere ogni pericolo di danno. ART. 33: chiunque, in occasione di incendio nei boschi, vincolati o no, rifiuta senza giustificato motivo il proprio aiuto o servizio al funzionario che dirige l'opera di spegnimento, è punito a norma dell'art. 435 del Codice Penale così come modificato dall 'art. 652 del nuovo codice penale (Arresto sino a 3 mesi, e l'ammenda sino a L. 600.000). b) R.D. 16 maggio 1926 n. 1126: Approvazione del regolamento per l'applicazione del R.D. 30.12.1923 n. 3267, concernente il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e terreni montoni. Con questa normativa vengono precisati i metodi di applicazione della Legge Forestale. In particolare: ART. 19: sancisce, tra l'altro, che le Prescrizioni di massima di Polizia Forestale sopra menzionate dovranno anche stabilire i provvedimenti da adottare per Prevenire ed estinguere gli incendi nei boschi e per ricostruire i boschi danneggiati o distrutti dagli incendi stessi. c) R.D. 18giugno 1931 n. 773: Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza in materia di incendi prevede: ART. 59: è vietato dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie fuori dal tempo o senza e condizioni stabilite dai regolamenti locali e a una distanza minore di quella in essi determinata. In mancanza di regolamenti é comunque vietato dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie prima del 15agosto e ad una distanza minore di 100 metri da: case, edifici, boschi, piantagioni, siepi, mucchi di biada, di paglia, di fieno. di foraggio e da qualsiasi altro deposito di materia infiammabile o combustibile. Anche quando è stato acceso il fuoco nel tempo, nei modi ed alla distanza su indicata, devono essere adottate
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le cautele necessarie a difesa della proprietà altrui, e chi ha acceso il fuoco deve assistere di persona e col numero occorrente di persone fino a quando il fuoco sia spento. 17-BIS 14.: Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 59, 60, 75, 76, se il fatto è commesso contro il divieto dell'autorità, 86, 87, 101, 104, 111, 115, 120, comma secondo, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, 121, 123, 124 e 135, comma quinto, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni. 2. La stessa sanzione si applica a chiunque, ottenuta una delle autorizzazioni previste negli articoli indicati nel comma 1, viola le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9. 3. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 76, salvo quanto previsto nel comma 1, 81, 83, 84, 108,113, quinto comma, 120, salvo quanto previsto nel comma 1, 126, 128, esclusele attività previste dall'art. 126, 135, escluso il comma terzo e salvo quanto previsto nel comma 1, e 147 sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire due milioni5 (9/co st). d) LEGGE 1 marzo 1975, n. 47: Norme integrative per la difesa de boschi dagli incendi. Questa legge è stata specificatamente emanata per tutelare tutti boschi (anche quelli privi di vincoli idrogeologici) dagli incendi ed ha riordinato la materia attribuendo le varie competenze, responsabilità e sanzioni. In particolare: TITOLO I: ai fini della difesa e della conservazione del patrimonio boschivo dagli incendi sono predisposti piani regionali e interregionali contenenti elementi atti ad individuare gli indici di pericolosità degli incendi boschivi, la loro consistenza e localizzazione nonché gli strumenti per la loro prevenzione ed estinzione. Detti Piani stabiliscono guanto necessario per la costituzione di nuovi dispositivi di prevenzione ed intervento. Vengono, inoltre, delineate le opere ed i mezzi per la prevenzione ed estinzione degli incendi boschivi tra le quali, ad esempio, la graduale sostituzione nelle aree a clima caldo delle essenze impiegate nei rimboschimenti con essenza meno combustibili. Veniva istituito presso l'ex Ministero dell'Agricoltura e foreste un ufficio per "lo studio e la difesa dei boschi dagli incendi" (art. 6). E' questo ufficio cui compete l'elaborazione annuale delle stime circa i territori interessati dagli incendi, con l'indicazione delle varie colture che hanno subito danni. TITOLO Il: l'avvistamento lo spegnimento e la circoscrizione degli incendi boschivi sono compito delle Autorità locali competenti e precisamente: le stazioni forestali, le stazioni dei Carabinieri e i Comuni. Tali Organi sono tenuti, congiuntamente, a tenere informate le Autorità competenti tra cui il Prefetto e l'Organo Forestale, coordinando l'attività di circoscrizione e spegnimento dell'incendio assieme ai tecnici forestali. Alla ricostituzione dei boschi percorsi dal fuoco provvedono le Regioni con finanziamento a carico dello Stato. TITOLO III: nei periodi di maggior rischio, le Amministrazioni regionali sono tenute a rendere noto, nei rispettivi territori, lo stato di grave pericolosità: per l'attuazione ditale compito di informazione le Regioni possono avvalersi, oltre che dei propri organi anche del personale del Corpo Forestale dello Stato, nonché delle “associazioni per la protezione della natura” (art. 9). La "dichiarazione di grave pericolosità d'incendio viene attuata tramite l'emanazione di ordinanze o decreti che impongono i divieti già stabiliti dalle leggi statali e stabiliscono le sanzioni per i trasgressori. Durante il periodo di grave pericolosità è vietata ogni operazione che possa creare pericolo di incendi, come ad esempio: accendere fuochi, usare apparecchia fiamma, far brillare mine, fumare, o compiere qualsiasi altra operazione che possa creare pericolo di incendio. Nelle zone boscate i cui soprassuoli boschivi siano stati distrutti o danneggiati dal fuoco, é vietato l'insediamento di costruzioni di qualsiasi tipo e una destinazione diversa da quella in atto prima dell'incendio (art, 9, comma 4). IL DIVIETO ASSOLUTO DI EDIFICARE SUI SUOLI BOSCHIVI PERCORSI DAL FUOCO, costituisce una norma fondamentale per la lotta contro le speculazioni edilizie. L'art. 2, comma 51, della Legge n. 662/1996, dispone che non possono formare oggetto del condono edilizio previsto dall'art. 39, della L. N. 724/1994 «le costruzioni abusive realizzate sopra e sotto il soprassuolo boschivo distrutto o danneggiato per cause naturali o volontarie».
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Pubblicato nella Gazz. Uff 26 giugno 1931, n. 146. Aggiunto dall'art. 3, D. Lgs. 13 luglio 1994, n. 480, riportato al n. A/CV. (9/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 22-29 gennaio
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1996, n. 13 (Gazz. Uff. 7 febbraio 1996, n. 6, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale delI'art. 17bis, comma 3, nel testo introdotto dall'art. 3 del D. Lgs. 13 luglio 1994, n. 480, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione.
La legge prevede, in caso di violazione del divieto, una sanzione penale (reato contravvenzionale), nella forma de] pagamento di una ammenda. Ferme restando le norme previste dagli artt; 423 e 449 del Codice Penale, le infrazioni alla Legge Forestale 30.12.23 n. 3267, prevedono il pagamento di un'ammenda6. Inoltre, nel caso in cui si violi il divieto di nuove costruzioni in terreni percorsi dal fuoco, l’Autorità Giudiziaria dispone, su proposta dell'Ispettore Forestale, il ripristino entro sei mesi dello stato dei luoghi da eseguirsi a cura e spese del trasgressore in solido con il proprietario o il possessore. Trascorso il termine predetto in caso di inadempienza i lavori di ripristino sono eseguiti dall'Autorità Forestale e le relative spese sono anticipate dallo Stato con diritto di rivalsa nei confronti del trasgressore. Purtroppo, in mancanza di un regolamento di attuazione, la fondamentale funzione deterrente delle sanzioni previste per i trasgressori del divieto di costruire sui terreni percorsi dal fuoco ha perso efficacia, a causa dell'inerzia degli organi che dovrebbero vigilare (in particolare i comuni). Questo è stato favorito in particolare dalla mancata istituzione fino al 1992 (e ancora in fase di realizzazione) del catasto delle aree percorse dal fuoco. Addirittura, la legge n.47 del 1985 sulla sanatoria degli abusi edilizi ha condonato anche le costruzioni realizzate sulle aree colpite da incendi dando un vero colpo di grazia alla legge 47 del 1975. e) D. P. R. 24 luglio 1977, n. 616: Attuazione della delega cui all'art. 1 della L.22 luglio 1975, n.382, questo decreto, modificando la L., n.47/75, all'art.69, comma 3, ha trasferito "alle regioni le funzioni di cui alla L. 1 marzo 1975, n. 47, contenente norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi. I piani di cui all'art. i della legge predetta vengono disposti dalle regioni anche sulla base di intese interregionali. LE REGIONI provvedono altresì a costituire servizi antincendi boschivi. Resta ferma la competenza dello Stato in ordine all'organizzazione e gestione, d'intesa con le regioni, del servizio aereo di spegnimento degli incendi e dell'impiego del Corpo dei vigili del fuoco. LE REGIONI partecipano anche all'organizzazione e all'attuazione delle attività di protezione civile di cui alla legge 11.225 del 1992 "Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile". f)
LEGGE 4 agosto 1984, n. 424: Inasprimento delle sanzioni amministrative a carico dei trasgressori delle norme in materia dei boschi degli incendi. Questa legge ha raddoppiato e addirittura quintuplicato le sanzioni previste dalla legge n. 47/75. g) LEGGE 8 agosto 1985 li. 431: Tutela delle zone di particolare interesse ambientale (c. d. Legge Galasso). Tale legge impone il vincolo paesaggistico indistintamente su tutti i territori coperti da foreste e boschi anche se percorsi o danneggiati dal fuoco.
h) LEGGE 28 febbraio 1990, n. 49: Norme urgenti in materia di finanza locale e di rapporti finanziari fra lo Stato e le regioni, nonché disposizioni varie. ART. 30 BIS: Misure urgenti perla prevenzione degli incendi. 1. Concede alle Regioni Sardegna, Liguria e Sicilia un contributo straordinario per la realizzazione, nel triennio 1990-1992, dei sistemi organici di monitoraggio elettronico permanente a terra 24 ore ogni tempo e di sistemi di controllo per la prevenzione degli incendi boschivi. 2. Questi interventi devono essere definiti - entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione della legge di conversione del decreto nella Gazzetta Ufficiale - dalle regioni, sulla base dei piani regionali di conservazione e difesa del patrimonio boschivo di cui alla L. n. 47/75 e devono interessare prioritariamente le aree caratterizzate dai maggiori indici di pericolosità. 3. Disciplina le caratteristiche tecniche dei sistemi di monitoraggio. 4. Dispone le modalità di investimento dei finanziamenti. 5. Autorizza le regioni a stipulare contratti e convenzioni con en ti pubblici e privati.
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i) LEGGE 24.2.1992, n. 225: Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile. Il Servizio nazionale della protezione civile è stato istituito al fine di "tutela" dell'integrità della vita i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi", tra cui rientrano anche gli incendi.
L'art. 32 della legge n. 689/81 depenalizza i reati per la cui violazione era prevista la sanzione della ammenda trasformandola in sanzione amministrativa. Ma l'articolo 34 della stessa legge ha escluso dalla depenalizzazione i reati previsti in materia urbanistica ed edilizia. Tale esclusione è stata confermata dalla sentenza della Cassazione Penale, sez. VI n. 17330 del 16.12.89.
Le strutture operative nazionali del Servizio sono costituite dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, individuati quale "componente fondamentale della protezione civile" nonché dagli organi di Polizia, quelli della Forestale e delle organizzazioni di volontariato. Per le regioni vengono confermate le competenze in materia di incendi e vengono attribuiti, anche a seguito della legge 142 del 1990 (riforma delle autonomie locali), poteri di programmazione e predisposizione degli interventi, delle strutture e dei mezzi necessari per l'espletamento delle attività di protezione civile. j) D.L. 4 dicembre 1992, n.475: “Norme generali per la prevenzione degli infortuni” La legge risulta essere l’attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale. ARTICOLO 12: Marchio CE. Il marchio “CE” è costituito dalla sigla “CE” seguita dalle ultime due cifre dell’anno di apposizione del marchio. Il marchio “CE” deve essere apposto sul DPI e sul relativo imballaggio in modo visibile, leggibile e indelebile per tutto il prevedibile periodo di durata del DPI. ARTICOLO 14: Sanzioni e disposizioni penali. Il costruttore o il rappresentante del costruttore che produce o pone in commercio DPI non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza è punito: a) Se trattasi di DPI di prima categoria, con la sanzione amministartiva del pagamento di una somma da lire quindici milioni a novanta milioni; b) Se trattasi di DPI di seconda categoria, con l’arresto sino a sei mesi o con l’ammenda da lire diciotto milioni a lire trenta milioni; c) Se trattasi di DPI di terza categoria, con l’arresto da sei mesi a tre anni.
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LEGISLAZIONE PENALE Il codice penale divide gli incendi boschivi in tre categorie: Incendi dolosi, danneggiamenti da incendio e incendi colposi. a) INCENDI DOLOSI: Si ha il DOLO quando l'evento non solo è preveduto ma anche voluto dall'agente. Quindi, agisce dolosamente colui che appicca il fuoco in un aria verde con il preciso scopo e finalità di bruci aria. Questo tipo di reato è previsto dai seguenti articoli del Codice Penale: ART. 423 C.P. : chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni; ART. 425 C.P. : la pena prevista dall'art. 423 è aumentata se il fatto è commesso su boschi, selve e foreste (circostanza aggravante); ART. 435 C.P. : ("Fabbricazione e detenzione di materie esplodenti"). Chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o detiene dinamite o altre materie esplodenti, asfissianti, accecanti tossiche o infiammabili ovvero sostanze che servono alla composizione o alla fabbricazione di esse è punito con la reclusione da uno a cinque anni. b) DANNEGGIAMENTOSEGUITO DA INCENDIO: La differenza con la categoria precedente consiste nel fatto che l'azione non viene compiuta con l'intenzione di provocare un incendio, bensì con la semplice intenzione di danneggiare la cosa altrui (es.: appiccare il fuoco a delle strutture segnaletiche o ricreative di un Parco nazionale, ad una pianta isolata, oppure, nel caso di una lite tra vicini di podere, quando il fuoco viene appiccato per dispetto nel campo del confinante ma le fiamme non raggiungono, neanche potenzialmente le caratteristiche di diffusione e pericolosità per l'incolumità pubblica. E' il caso anche del fuoco che viene appiccato ad un Piccolo insieme di piante isolate e subito spento senza creare alcun pericolo. Questo tipo di reato è previsto dal seguente articolo: ART. 424 C.P. : Viene punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque appicchi fuoco a una cosa propria o altrui al solo scopo di danneggiare la cosa d'altri causando un pericolo d'incendio. Se segue l'incendio, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente, ma la pena e ridotta da un terzo alla metà.
COMPETENZE DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA: (in ambito dei reati ambientali inclusi gli incendi). Gli accertamenti in materia di tutela ambientale sono di competenza della polizia giudiziaria, senza distinzioni settoriali e di specializzazione. Sicché polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale, vigili urbani devono procedere a prescindere se esistano altri corpi con esplicita specializzazione con riguardo a particolari settori ambientali. (Cassazione penale sez. III, 27 settembre 1991). A seguito della realizzazione di un reato ambientale nessun pubblico ufficiale è esonerato dall'intervento, anche quando leggi o regolamenti affidano esplicitamente tale intervento a qualche forza di polizia. Quindi tutti gli organi di polizia giudiziaria, (P. G), su segnalazione privata e su iniziativa, devono obbligatoriamente intervenire in ordine ad un reato ambientale. L'eventuale rifiuto d'intervento, sostenendo che non è di propria competenza, integra gli estremi del reato di omissione di atti d'ufficio ex art. 328 c.p. .Quanto asserito viene ribadito nell'art. 55 c.p.p. il quale dispone che «la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova».
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COMMENTARIO DI GIURISPRUDENZA Sommario: a) Redazione di P.r.g. e pioni paesistici; b) Definizione di Bosco; c) incendio; d) Taglio del bosco; e) Vincolo idrogeologico; f) Autorizzazioni; g) Sanzioni.
a) Redazione di P.r.g. e pioni paesistici. La identificazione spaziale delle zone vincolate e quindi anche dei territori coperti da bosco deve avvenire in sede di redazione dei piani paesistici ed urbanistici territoriali ma, in attesa della loro approvazione, possono costituire un riferimento per l'interprete i criteri desumibili dalla legislazione in materia, emanata dalle regioni, il cui contributo per la tutela del vincolo è imprescindibile in un rapporto di leale cooperazione con lo Stato. Cassazione penale sez. III, 31 marzo 1994. Costituzione Repubblica art. 117. Non spetta allo Stato la competenza ad istituire la riserva naturale bosco World Wildlife Found (W.W.F.) di Vanzago; va pertanto annullato il decreto del ministro dell'agricoltura e foreste emanato in data 13 agosto 1980. Corte costituzionale 25 luglio 198411.223.
b) Definizione giuridica di bosco. L'adozione da parte del legislatore della formula "territori coperti da foreste e boschi", in luogo di quella prevista dal D.M. I settembre 1984, che sottoponeva a generalizzato vincolo paesaggistico "i boschi e le foreste", implica il riferimento ad una nozione normativa di bosco che non e' circoscritta ai soli terreni boscati, ma ad un elemento tipizzante il territorio che non può essere ricoperto da alberi e può' servire per salvaguardare il bosco. Cassazione penale sez. III, 31 marzo 1994. Il “concetto” di bosco deve essere riguardato come patrimonio naturale con una propria individualità un ecosistema completo, comprendente tutte le componenti quali suolo e sottosuolo, acque superficiali e sotterranee, aria, clima e microclima, formazioni vegetali (non solo alberi di alto fusto, di una o più' specie, anche erbe e sottobosco), fauna e microfauna, nelle loro reciproche profonde interrelazioni, e quindi non solo l'aspetto estetico-paesaggistico di più immediata percezione del comune sentimento. Il bosco e' una realtà naturale vivente cioè qualcosa di più di una proiezione estetica. Cassazione penale sez. III, 12 febbraio 1993. Ai finì della necessità dell'autorizzazione prescritta dall'art. 21 R.D. 16 maggio 1926 n.1126 per bosco deve intendersi un terreno sul quale insistono una serie di alberi che esplicano l'essenziale funzione di evitare che il terreno stesso possa "con danno pubblico subire denudazioni, perdere stabilità e turbare il regime delle acque" come stabilisce l'art. i R.D. 30 dicembre 1923 n.3267. Consiglio Stato sez.V, 25 ottobre 1989 n. 671. Ai fini del delitto di cui agli art. 423 e 425 n.5 c.p., per bosco deve intendersi una superficie di notevole estensione sulla quale crescono, naturalmente o con processo artificiale, alberi o frutici, cedui e non cedui, talché in detto termine vanno ricomprese anche le macchie. Cassazione penale, sez. I, 11 ottobre 1987. c) Incendio. Sussiste il delitto di incendio di cui all'art. 423 c.p. quando l'azione di appiccare il fuoco è finalizzata a cagionare l'evento con fiamme che per le loro caratteristiche e per la loro violenza tendano a propagarsi in modo da creare effettivo pericolo per la pubblica incolumità. Viceversa sussiste il delitto di danneggiamento seguito da incendio allorché il fatto viene realizzato con il solo intento e cioè con il dolo specifico di danneggiare la cosa altrui. Ne consegue che nell'ipotesi in cui l'agente, pur proponendosi di danneggiare la cosa altrui, tuttavia per i mezzi usati e per la vastità e le dimensioni del risultato raggiunto, ha realizzato un incendio di proporzioni tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità, deve in ogni caso rispondere del delitto di incendio doloso e non già del meno grave reato di danneggiamento seguito da incendio. Cassazione penale sez. I, 14 marzo 1995. Per incendio deve intendersi un fuoco distruggitore in atto di notevoli proporzioni e virulenza, che tende a diffondersi e non è agevole estinguere. Allorché tali condizioni ricorrano e l'incendio riguarda la cosa altrui, il pericolo per l'incolumità pubblica è presunto iuris et de jure. (Fattispecie in tema di danneggiamento seguito da incendio). Cassazione penale sez. I, 6 maggio 1994. Per la configurazione del reato di incendio di cui all'art. 423 c.p. è necessario che il soggetto agente abbia voluto cagionare l'incendio; mentre, quando il pericolo dell'incendio o addirittura l'incendio si siano verificati
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come conseguenza non voluta dell'azione sono configurabili rispettivamente il reato di cui all'art. 42 comma 1 c.p. (danneggiamento seguito da incendio) o l'ipotesi aggravata dello stesso reato prevista dal comma 2 del citato articolo. Pertanto, quello che distingue le ipotesi criminose previste dagli artt. 423 e 424 c.p., non è tanto l'entità delle conseguenze che si sono verificate, bensì l'elemento soggettivo del reato; nel senso che, nel reato previsto dall'art. 423 c.p., l'agente vuole cagionare l'incendio, mentre, in quello previsto dall'art. 424 c.p., il pericolo dell'incendio, o addirittura l'incendio, si verificano come conseguenza non voluta dell'azione commessa. Cassazione penale sez. I, 17 febbraio1995. d) Taglio del Bosco. Il taglio colturale di un territorio coperto da bosco o foresta è esente dal regime vincolistico previsto alla legge n.431 del 1985 (c.d. "legge "Galasso") soltanto ove detto taglio sia effettuato nel rispetto dei parametri della autorizzazione rilasciata dal Corpo forestale dello Stato; ove, invece, il taglio in questione avvenga senza detta autorizzazione del Corpo forestale dello Stato oppure ove i lavori siano eseguiti in modo sostanzialmente difforme da tale atto autorizzatorio, l'attività rientra automaticamente nel regime vincolistico e pertanto soggiace al nullaosta regionale previsto dalla legge 11.431 del 1985.11 taglio a raso, invece, per le sue particolari conseguenze sull'aspetto paesaggistico-visivo della zona e sulla struttura ambientale del territorio deve sempre considerarsi soggetto al regime vincolistico della legge 11.431 del 1985 e per operare in tal senso è necessario il nullaosta regionale; questo indipendentemente dall'autorizzazione rilasciata dal Corpo forestale dello Stato in base alle prescrizioni di massima e di polizia forestale atteso che esse sono del tutto indipendenti dalla "legge Galasso" come finalità e come regime giuridico di fondo, tendendo le prime a garantire la corretta gestione del bosco come entità produttiva ed economica e la seconda a tutelare l'area boscata nel suo aspetto paesaggistico-visivo e biologico-ambientale. Pretura Terni, 19 ottobre 1992. Codice penale art. 624. Nella configurazione del reato di furto, ciò che contraddistingue il possesso è la disponibilità fisica della cosa e l'autonomia del potere di disporre, indipendentemente dal diritto dominicale sulla cosa stessa. (Nella specie, si è ritenuto l'ente autonomo del parco nazionale di Abruzzo abilitato a chiedere, quale parte civile, il risarcimento del danno per il furto di un albero abbattuto in un bosco di proprietà comunale, e quindi non appartenente dominicalmente al detto ente, ma sottoposto avincolo di controllo e digestione in favore dell'ente stesso). Cassazione penale, sez. II, 14ottobre 1983. e) Vincolo idrogeologico. Il diniego di autorizzazione alla trasformazione di un bosco insistente su terreni vincolati per scopi idrogeologici è congruamente motivato con il riferimento alla menomazione dell'effetto di stabilizzazione del versante, caratterizzato dall'equilibrio generale precario, in quanto la tutela dell'integrità del bosco si rivela strumento di conservazione dell'assetto del suolo. Consiglio Stato sez. VI, 20dicembre 1989 n. 1667. f) Autorizzazioni. Il taglio a raso di un bosco di alto fusto sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 1, lett. g) della L.8 agosto 1985,11.431 abbisogna della prescritta autorizzazione e per la cui mancanza è prevista la pena dell'ammenda e l'obbligo del ripristino dello stato originario del luogo. Pretura Santhia 15 dicembre 1988. Quando su un suolo sottoposto a vincolo idrogeologico vi sia un bosco, sussiste l'obbligo dell'autorizzazione non solo per la trasformazione del bosco in altra coltura, ma anche per il suo abbattimento. Cassazione penale, sez. III, 19 gennaio1980. Nessuna costruzione civile, stradale o di qualsiasi altra specie può essere eseguita nel perimetro del parco nazionale del Gran Paradiso senza l'autorizzazione dell'Ente parco; ove occorra quella dell'ente Regione, essa non sostituisce l'altra (fattispecie di apertura di una strada campestre per il trasporto del legname da un bosco). Cassazione penale, sez. 111,23 gennaio 1979. g) Sanzioni. Ai sensi dell'art. 26 della legge forestale di cui R. D. 30 dicembre 1923 11.3267, in caso di accertamento di infrazioni, l'autorità amministrativa procedente deve determinare il valore delle piante tagliate o del danno cagionato, per la proporzionale commisurazione della sanzione amministrativa, con la conseguenza che tale determinazione diviene parte integrante del verbale dell'accertamento da notificare al trasgressore e che il termine di notificazione previsto dall'art. 14 della legge 11.689 del 1981 inizia a decorrere soltanto dal compimento della determinazione medesima, senza che, tuttavia, questa sia procrastinabile "ad libitum" dell'amministrazione, con una vanificazione della finalità del disposto dell'art. 14 cit., dovendo intervenire
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entro tempi ragionevoli, la cui individuazione, in caso di contestazione, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità , se congruamente e correttamente motivata. nella specie, formulando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale il giudice del merito aveva ritenuto irragionevole un ritardo di circa tre anni fra l'accertamento dell'infrazione consistita nel taglio abusivo di piante per la costruzione di una strada di ampiezza notevolmente maggiore di quella autorizzata ed il conteggio delle piante medesime). Cassazione civile sez. 1,28 aprile 199211.5052.
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