LECCE: SVILUPPO URBANO E PIANIFICAZIONE URBANISTICA 1 Paolo Margari
1. INTRODUZIONE – Nel presente lavoro, prendendo in considerazione gli strumenti di pianificazione urbanistica adottati nel tempo dal soggetto pubblico locale per regolare, secondo dati principi e finalità, lo sviluppo urbano di Lecce, se ne analizzano gli effetti prodotti e le possibili future conseguenze. Ci si chiede come tali strumenti abbiano influito sulla regolazione della crescita della città, quali siano state eventuali pecche dovute alle previsioni contenute negli stessi od a mancate o tardive attuazioni di quanto programmato. Infine si descrivono, quartiere per quartiere, emergenti problematiche dello spazio urbanizzato, alla luce dell’avvio di un processo che porterà all’attuazione di un nuovo strumento pianificatore per Lecce, il Piano Urbanistico Generale. L’analisi parte da un periodo storico, il XVI° secolo, caratterizzato dall’assenza di pianificazione urbanistica positiva. In quegli anni si realizzò il definitivo ampliamento della cinta muraria che ha delineato il perimetro definitivo dell’attuale quartiere Centro entro cui, sino alla fine del XIX° secolo, era compresa l’intera funzione residenziale del territorio di Lecce. La storia topografica recente della città è stata segnata principalmente dalle scelte operate mediante il Piano Regolatore Generale del 1934, poi dal Piano di Fabbricazione del 1967, quindi da un secondo Piano Regolatore Generale, approvato nel 1990 dopo un lungo iter. Il prossimo strumento generale di pianificazione dello sviluppo del territorio comunale sarà, come detto, il Piano Urbanistico Generale (P.U.G), introdotto dalla legge della Regione Puglia 20/2001, al quale seguirà il Piano Esecutivo (P.U.E.) che ne definirà l’attuazione. In merito ad esso, nel 2005, è stato compiuto il primo passo mediante la redazione di un documento programmatico preliminare. Secondo la normativa nazionale tuttora vigente in materia urbanistica, la L. 1150/1942, preventivamente alla redazione dei Piani comunali, ci sarebbe dovuta essere una pianificazione a scala sovracomunale, il Piano Territoriale di Coordinamento (P.T.C.), ma tanto in Puglia quanto in altre regioni del Paese, essa ha scontato considerevoli ritardi che hanno concorso a privilegiare gli interventi straordinari rispetto a quelli ordinari. (COMUNE DI LECCE, 2005, p. 57). Così anche il P.T.C.P., strumento a scala provinciale, non ha ancora concluso il suo iter approvativo. Un altro strumento prodotto dal legislatore regionale che incide sulla pianificazione urbana è il PUTT/PBA (Piano Urbanistico Territoriale Tematico per il Paesaggio ed i Beni Ambientali). Il PUTT ha l’obiettivo di consentire la oggettiva e preliminare verifica della compatibilità di ogni progetto di trasformazione del territorio con le reali risorse dello stesso e, comunque, di rendere possibile l’adeguamento di ogni modello di sviluppo settoriale o generale alle peculiarità dell’area di riferimento. Nel caso della Regione Puglia, il PUTT ha visto depositata la sua stesura definitiva nel 1993 dopo un iter durato 6 anni. Il Comune di Lecce ha recepito le sue prescri1
Sintesi della tesi di laurea in Geografia Economica, discussa il 23 ottobre 2003, relatore Prof. Stefano De Rubertis, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Lecce.
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zioni, consapevole della sua inadeguatezza strumentale a porre rimedio alle devastazioni prodotte sino ad allora dall’abusivismo (COMUNE DI LECCE, 2005, p. 64). Oltre ai citati strumenti pianificatori, su Lecce hanno inciso anche altri provvedimenti dettati dal Piano di Edilizia Economica e Popolare e da numerosi Piani Particolareggiati. A questi, spesso, è stata demandata la soluzione di problemi per i quali gli strumenti generali non hanno fatto che un accenno. La città, priva di pianificazione urbanistica, è dunque stata facile preda degli speculatori edilizi, in un periodo di intenso sviluppo urbanistico legato alla notevole crescita della popolazione residente, passata, tra il 1861 e il 1991, da 20.000 a 100.000 abitanti (TRONO, 1997; ISTAT, 1974, 1994) e arrestata solo nell’ultimo decennio. Se da un lato tale fenomeno ha generato nuove esigenze di alloggi, dall’altro ha causato lo svuotamento e il conseguente degrado del centro storico, in virtù del fatto che le principali funzioni urbane sono state spinte fuori da esso, verso nuove aree di espansione. 2. SVILUPPO URBANO DALLA PERIMETRAZIONE DEL ‘500 AL P.R.G. DEL 1990 – Sino ai primi anni dell’800 la pianta urbana di Lecce non subì variazioni, restando compresa entro la cinta muraria voluta da Carlo V ed edificata intorno al 1540. Intorno a tale perimetro vi erano terreni incolti di proprietà comunale, ricoperti di macerie e deposito di insalubri acque stagnanti in fossati. I primi passi di una politica urbana extramuraria videro il colmamento dei fossati e la realizzazione dei Viali alberati adiacenti le mura, progettati tra il 1820 e il 1825. Lecce ebbe così nuovi spazi su cui ospitare nuove costruzioni e strade e questo vide l’attenzione verso il centro originario, racchiuso nelle mura, passare in secondo piano. Intorno al 1880 la politica degli interventi urbanistici era caratterizzata soprattutto da rettifiche stradali, giustificate da ragioni tanto igieniche quanto funzionali oltre che dall’esigenza di dare un decoro all’immagine urbana, nonché dal garantire sicurezza ed incolumità pubblica (CAZZATO – POLITANO, 1998, p. 16). A cavallo dei due secoli, in seguito a tali interventi, tipicamente a pioggia, si assistette a sventramenti e sostituzioni edilizie mediante la demolizione di importanti sedi e la costruzione di nuove. Un primo progetto di Piano Regolatore, redatto nel 1897, era caratterizzato dall’assoluta focalizzazione degli interventi nel cuore dell’abitato. La sua messa in atto, mai avvenuta, avrebbe comportato numerose demolizioni, sulla scia di quanto accadeva all’epoca in numerose città italiane. Una deliberazione del Consiglio comunale del 1886 parlava della «inopportunità di un piano regolatore generale per la sistemazione delle zone extramurali poiché molti piani parziali adottati (avevano) già provveduto per la massima parte della superficie circostante alla città, onde assai poco rimane più a sistemare» (COMUNE DI LECCE, 1886). Da ciò si ravvisa il peso che gli amministratori comunali attribuivano alla pianificazione urbanistica, in un’epoca in cui erano essa non aveva l’obiettivo di porre rimedio a odierne problematiche urbane quali traffico automobilistico, inquinamento ambientale ed acustico, speculazione e sperequazione urbanistica. La crescita che caratterizzò Lecce all’epoca fu a macchia d’olio, priva di una vera pianificazione e vide uno sviluppo prevalentemente ad est.
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Alla vigilia del primo conflitto mondiale, sotto l’amministrazione guidata da Giuseppe Pellegrino, furono realizzate importanti opere edilizie e partì un piano di ampliamento urbanistico caratterizzato dalla concessione di suoli per la costruzione di residenze economiche e popolari nonché per impianti di tipo artigianale ed industriale. Sul versante occidentale, in seguito alla lottizzazione dei borghi Idria e Salnitro, si sviluppò un’edilizia pressoché popolare mentre la zona a nord, caratterizzata da stabilimenti industriali ed artigianali, oltre che dal cimitero e dal macello, non fu interessata da insediamenti residenziali. Un secondo piano di ampliamento venne emanato nel 1915 dall’amministrazione guidata dal sindaco Sebastiano Apostolico Orsini, con l’obiettivo di assicurare alla città uno sviluppo “armonico, estetico, igienico”. Il piano divideva la città in quartieri distinti, ciascuno con proprie caratteristiche morfologiche, funzionali, sociali. Tale divisione avviò una netta discriminazione tra i ceti, che ancora oggi rappresenta una delle principali problematiche urbane soprattutto nel rapporto centro-periferia. La città di Lecce, subito dopo la prima guerra mondiale, fu caratterizzata da anni di ingovernabilità amministrativa che congelarono ogni tentativo di pianificazione urbanistica di ampio respiro. Nel 1934 venne adottato il primo Piano Regolatore Generale della città di Lecce. Circa gli effetti di tale strumento, in un articolo del 1955, Domenico Novembre ravvisava che «lo sviluppo topografico fuori le mura si è manifestato lungo direttrici che seguono le antiche porte cittadine e nella sua fase attuale mantiene come baricentro la piazza S. Oronzo, realizzandosi secondo propaggini lungo strade di maggior traffico e successiva occupazione delle aree comprese fra esse» (NOVEMBRE, 1961, p. 373). Nell’elaborazione di detto Piano si dovette tenere conto della tendenza all’espansione extramuraria che da un secolo caratterizzava la città, a macchia d’olio in diverse direzioni, soprattutto ad est. A tal fine fu prevista una circonvallazione che dal punto di convergenza dei viali adiacenti il vecchio perimetro, conduceva al bastione nord di San Francesco disegnando un semicerchio ad est della cinta muraria, sino ad allora solo in minima parte urbanizzato. Entro questo semicerchio da lì a poco sarebbe sorto il quartiere Mazzini, con l’omonima piazza che oggi rappresenta il cuore della città extramuraria. L’attenzione tuttavia fu anche posta alla regolamentazione del patrimonio edilizio esistente, prevalentemente nel centro storico. Questa politica fu caratterizzata dalle sostituzioni edilizie che stravolsero la zona di Piazza Sant’Oronzo, compromettendo testimonianze storico-architettoniche sopravvissute secoli. Furono previsti nuovi allineamenti, rettifiche stradali, sventramenti e questo si realizzò anche mediante la distruzione della cinta muraria cinquecentesca, della quale sono rimasti sparuti tratti a nord e tre porte di accesso (San Biagio, Rudiae e Napoli). La previsione di aree destinate a servizi fu rinviata ai Piani Particolareggiati di esecuzione mentre, per il piano per l’edilizia economica e popolare, si localizzò l’area corrispondente all’attuale quartiere di Santa Rosa laddove si tentò di costruire un quartiere con autonomia funzionale. In attesa di un nuovo P.R.G., nel 1967 fu approvato il Piano di Fabbricazione.
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3. IL P.R.G. DEL 1990 – L’iter che ha condotto all’approvazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Lecce tuttora in vigore è stato molto lungo e complesso. Partito il 19 ottobre 1973, il Piano è stato definitivamente reso operativo nel 1990, dopo non poche sostanziali modifiche al progetto originario dovute alle mancate considerazioni di mutamenti della pianta urbana successivi all’avvio della redazione. Questa lungaggine di natura amministrativa e burocratica non ha giovato alla città, per molte aree della quale, nel frattempo, si operava ponendo in essere strumenti pianificatori diversi. A partire dagli anni ’60, il quartiere Mazzini andava assumendo il ruolo di polo gravitazionale dell’intero sistema città, favorito dalla configurazione radiale assunta, dovuta alla convergenza sui due anelli (circonvallazione e viali intorno alle vecchie mura) di tutti gli assi viari di comunicazione territoriale, oltre che dall’assorbimento di funzioni urbane, prevalentemente terziarie e residenziali, precedentemente ubicate nell’attiguo quartiere Centro. Il centro storico, infatti, andava perdendo le sue caratteristiche funzionali di natura residenziale e commerciale, incontrando un progressivo degrado. In effetti, la localizzazione di servizi ed attrezzature generali (edifici scolastici ed universitari, strutture militari, strutture sanitarie, uffici pubblici, etc.), andava in parte trasferendosi lontano dal centro, soprattutto in direzione est, anche se per tutti i quartieri erano state individuate dettagliatamente aree per il soddisfacimento degli standard per servizi ed attrezzature. I relatori del Piano Regolatore approvato nel 1990 furono alquanto critici con le previsioni dello strumento urbanistico del 19342. Al fine di un riequilibrio del sistema città, il P.R.G. del 1990 aveva individuato, tra le altre priorità, la dilatazione dei servizi pubblici sull’intera area urbana mediante una dislocazione per poli e un conseguente asse viario volto a garantire la fruizione, il recupero e la salvaguardia del centro storico. Ma, l’assenza di un adeguato sistema di trasporti pubblici andava creando un problema crescente relativo a traffico, carenza di posti auto ed inquinamento ambientale, sebbene i suoi indici, a Lecce, non avessero mai assunto livelli preoccupanti come in altre città d’Italia. Circa il fabbisogno residenziale il Piano, considerando il suo arco temporale di validità fissato dalla legislazione regionale a 15 anni, aveva considerato un incremento demografico in base ai tassi di crescita registrati nel decennio 1971-1981. Dato il calo demografico avuto, tuttavia, tale incremento era stato sovradimensionato (la stima per il 1997 era di 107.407 unità di popolazione, superiore al dato reale). Per l’alleggerimento del traffico urbano si è ricorso alle opere viarie extraurbane: è risultato fondamentale il completamento e l’apertura, nel gennaio 2005, della Tangenziale Ovest. Tale opera, assieme alla Tangenziale Est, inaugurata due anni prima, compone un anello viario intorno alla città al quale si collegano le principali arterie stradali salentine, consentendo così ai mezzi su gomma di bypassare il centro urbano alleviando il traffico automobilistico e il conseguente inquinamento ambientale ed acustico nelle ore di punta. 2
In particolare essi ritenevano che fossero «da stigmatizzare sia la logica dell’intervento sia l’incapacità di correggere gli effetti negativi: non è pensabile la costruzione di una città “per parti” soprattutto come nel caso di Lecce, quando si era in assenza di un sistema città che costituisse un quadro organico di riferimento» (COMUNE DI LECCE, 1989).
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Come detto, per il quartiere Centro, corrispondente al centro storico un tempo perimetrato dalla cinta muraria, si è passati dalla politica di sventramenti ed allineamenti del P.R.G. del 1934, alla politica di salvaguardia attuata mediante i vincoli previsti già nel Piano di Fabbricazione del 1967 e dal P. R. G. del 1990 che ha puntato anche alla rivitalizzazione dell’area, altrimenti destinata ad un ulteriore degrado dopo lo spopolamento. Il processo di terziarizzazione, che ha caratterizzato il quartiere nel corso del ‘900, aveva infatti fatto perdere ad esso l’originaria destinazione residenziale. Con i provvedimenti del Piano si è cercato pertanto di recuperare la funzione sociale, morfologica e funzionale del centro storico attraverso una politica tendente a suddividere il quartiere in microaree oggetto di successivi piani particolareggiati. Negli ultimi anni il centro storico è stato interessato da numerosi interventi, grazie anche al ricorso a strumenti come i fondi strutturali del P.O.P. Puglia 1994-1996 ed al Piano URBAN, che ne hanno consentito il recupero culturale, economico e residenziale. Dopo anni in cui la rendita edilizia in tale area risultava stagnante laddove non addirittura in calo, in controtendenza col resto dei suoli urbani, si è assistito ad una sua sostanziale ripresa. Le nuove politiche per il quartiere Centro hanno quindi indotto l’insediamento di «nuovi abitanti, abbastanza facoltosi (…) soprattutto di fasce sociali a reddito medioalto ed elevata professionalità, con nuclei familiari spesso formati da una sola persona o senza figli, che preferiscono il recupero del vecchio stabile, dell’antico palazzo restaurato ed un ambiente più ricco di stimoli culturali ad uno maggiormente attrattivo forse da un punto di vista ambientale ma esterno al centro» (TRONO, 1997, p. 167) . Circa l’attiguo quartiere Ferrovia molte previsioni sono rimaste ancora sulla carta. L’obiettivo era il recupero di una zona non ancora urbanizzata, sita alle spalle della stazione ferroviaria e caratterizzata dalla presenza di antiche cave, inoltre la destinazione che il Piano ha voluto assegnare è stata prevalentemente residenziale, mediante la previsione di nuovi edifici. Al quartiere Leuca, posto a sud est, è stato assegnato l’importante ruolo di rendersi polo di sviluppo del terziario produttivo del settore pubblico e privato mediante la localizzazione di tali importanti funzioni ai margini della variante alla s. s. 16 sud. Il centralissimo quartiere Mazzini, immediatamente ad est del quartiere Centro, saturatosi in pochi anni, non ha consentito il reperimento di aree libere in cui localizzare attrezzature pubbliche, al fine di incrementare gli standard in rapporto agli abitanti insediati. Questo è frutto di una politica urbanistica permissiva dovuta al P.R.G. del 1934 che si è limitato a prevedere l’espansione rinviando al futuro l’insediamento di attrezzature pubbliche. La realizzazione della circonvallazione ha difatti racchiuso un’area presto colmata da edifici di carattere residenziale, commerciale e funzionale, nei quali l’unico spazio pubblico è Piazza Mazzini. Decongestionare l’area equivale a individuare preventivamente politiche idonee a renderla più “vivibile” per chi vi abita, salvaguardando il valore della stessa. Per il quartiere Rudiae, posto ad ovest, caratterizzato prevalentemente da edilizia residenziale, è stata prevista la riqualificazione di alcune aree come la vecchia Casa Penale, la demolizione di vecchie case popolari e la creazione di verde attrezzato. Importanti riqualificazioni sono state previste anche per il quartiere Santa Rosa, che all’epoca di redazione del P.R.G. tuttavia presentava minori urgenze rispetto ad al-
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tri quartieri, e per il quartiere Stadio, quartiere dormitorio caratterizzato da degrado sociale e principale destinazione dello svuotamento residenziale del quartiere Centro.
Fig. 1 – La città di Lecce distinta per quartieri e sezioni di Censimento al 1991 (TRONO, 1996).
4. PROVVEDIMENTI SUCCESSIVI AL P.R.G. DEL 1990 – Al Piano Regolatore Generale, oltre ai vari piani particolareggiati, hanno fatto seguito numerose varianti classificabili prevalentemente in tre gruppi: quelle relative alla viabilità, che interessano in particolare la realizzazione delle tangenziali, quelle relative agli insediamenti produttivi, infine quelle relative agli insediamenti residenziali. Al Programma di Recupero Urbano (PRU), attivato con l’obiettivo di risanare le periferie, è seguito nel 2002 l’ottenimento, da parte del Comune di Lecce di un finanziamento di circa 1 miliardo e 800 milioni di lire destinato ad oneri di progettazione relativamente ai “Piani di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio” (PRUSST). Tali Piani riguardano l’intero territorio comunale e le azioni che saranno svolte prevedono il finanziamento misto pubblico-privato. E’ previsto l’utilizzo dei fondi del Piano Operativo Regionale (P.O.R.) relativamente alla misura 5.1 “recupero e riqualificazione dei sistemi urbani” per la creazione di opere destinate a cambiare l’assetto urbanistico, economico e sociale della città, inoltre con il Progetto Integrato Settoriale (P.I.S.), dedicato all’itinerario turistico del barocco pugliese, il Comune punta sia a valorizzare vari monumenti cittadini, sia ad attuare un piano di gestione tale da consentire la fruizione di tali immobili, affinché diventino degli attrattori turistici. L’Unione Europea, nel 1994, ha lanciato il Programma URBAN, col fine della riabilitazione economica e sociale dei quartieri in crisi. Tale Programma ha rappresentato un forte intervento comunitario in un ambito prima generalmente di competenza statale quale quello urbanistico. Il Comune di Lecce ha aderito al Piano URBAN con l’obiettivo, tecnicamente corrispondente al Sottoprogramma 16 del “Piano URBAN – ITALIA 1994-1999”, di migliorare durevolmente le condizioni di vita del centro storico cittadino, in cui era ravvisabile degrado ambientale e, per le fasce deboli della popolazione, disagio economico e socio-relazionale rilevabile mediante vari indicatori emersi da diversi rilevamenti effettuati negli ultimi anni. L’area obiettivo degli interventi URBAN a Lecce è stata quindi il quartiere Centro, in particolare il Rione delle Giravolte.
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L’amministrazione comunale ha perseguito due principali obiettivi per rivitalizzare l’area sia mediante l’insediamento di nuove imprese ed il potenziamento di quelle esistenti nei settori dell’artigianato e della fruizione del patrimonio culturale che la promuovendo condizioni per l’integrazione delle fasce più deboli della popolazione attraverso l’offerta di servizi e la creazione di nuove opportunità. Servizi ed attività erano da ospitare in immobili storici previi rilevanti interventi di ristrutturazione ed adattamento. Secondo la Corte dei Conti, cui spetta la valutazione dell’applicazione dei Piani URBAN, solo un attento monitoraggio, condotto per alcuni anni, consentirebbe di valutare la durevolezza delle iniziative URBAN, il grado di rivitalizzazione dell’area obiettivo nonché l’efficienza e l’efficacia dei servizi erogati da finanziare in prosieguo di tempo con mezzi propri del Comune di Lecce. Il Piano sembrerebbe aver soddisfatto molte delle aspettative, soprattutto relativamente alla ristrutturazione di immobili e riqualificazione urbanistica dell’area interessata dagli interventi (misura 4), salvando molti immobili in stato di degrado avanzato3. E’ stata insoddisfacente la partecipazione degli operatori locali, soprattutto artigiani o aspiranti tali, che ha frenato l’insediamento di attività “tipiche” nel centro storico di Lecce nonostante le apposite iniziative realizzate. Di fatto quindi non sono state pienamente soddisfacenti le risposte fornite dalle Misure 1 (Avvio di nuove attività economiche) e 2 (Formazione e promozione di occupazione locale, Fondo Sociale Europeo), benché siano state portate a termine in maniera impeccabile. L’attività dei corsi di formazione svolti ha risposto prevalentemente a logiche passate (finanziamenti a pioggia per programmi fini a loro stessi) più che ad un programma integrato tra insediamenti artigianali/commerciali e attrazione di flussi turistici. Tuttavia, nel complesso, l’attivazione del Piano URBAN a Lecce ha avuto risvolti positivi i cui frutti sono, in molti casi, ancora da cogliere. Ora si è al lavoro per la produzione del P.U.G., strumento previsto dalla nuova legislazione urbanistica della Regione Puglia (Legge regionale 20/2001). Il P.U.G. si articola in previsioni strutturali e programmatiche. Le previsioni strutturali identificano le linee fondamentali dell’assetto territoriale comunale, derivanti dalla ricognizione della realtà socio-economica, dell’identità ambientale, storica e culturale dell’insediamento, anche con riguardo alle aree da valorizzare e da tutelare per i loro particolari aspetti ecologici, paesaggistici e produttivi. Inoltre, le previsioni strutturali determinano le direttrici di sviluppo dell’insediamento nel territorio comunale, del sistema delle reti infrastrutturali e delle connessioni con i sistemi urbani contermini. Le previsioni programmatiche, invece, definiscono, in coerenza con il dimensionamento dei fabbisogni nei settori residenziale, produttivo e infrastrutturale, le localizzazioni delle aree da ricomprendere nel P.U.E., Piano Urbanistico Esecutivo, successivo al P.U.G. La redazione del P.U.E. è obbligatoria per le aree di nuova urbanizzazione nonché per quelle da sottoporre a recupero. Alla redazione del P.U.G., come per il P.T.C.P., è prevista la partecipazione di diversi soggetti mediante istanze, da presentare entro sessanta giorni dalla sua prima pub-
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Nostra intervista effettuata nell’ottobre 2003 all’Arch. Patrizia Erroi, Responsabile dell’Ufficio Centro Storico del Comune di Lecce.
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blicazione ufficiale, in virtù di una tendenza a coinvolgere maggiormente i soggetti sulla quale tali previsioni ricadranno in seguito alla loro messa in atto. 5. CONCLUSIONI: NUOVI SCENARI PER IL CAPOLUOGO SALENTINO – Lecce città d’arte, Lecce Porta d’Europa, Lecce città universitaria, Lecce capitale del barocco, Lecce capoluogo di una penisola che negli ultimi anni ha visto incrementare il numero di arrivi da parte di turisti benché le presenze siano relativamente basse in città rispetto ad altri centri salentini. Secondo dati dell’Agenzia Provinciale per il Turismo di Lecce, infatti, la permanenza media di clienti nelle strutture ricettive del capoluogo salentino, nel 2003, è stata di 2,7 giorni a fronte di 6 giorni a livello provinciale per via dell’influenza delle lunghe permanenze registrate nei centri ubicati lungo la costa. I vari slogan citati sono associati ai nuovi volti che la città va assumendo o, perlomeno, vorrebbe assumere. Lecce si presenta con una forte identità culturale, la cui originalità è indiscutibile, ma non si può dire altrettanto dal punto di vista economico e politico. L’immagine economica e politica della città è tutta da costruire e da inventare, nel senso che è necessaria un’energica azione di marketing urbano strategico, che sulla base di analisi reali delle specificità urbane e regionali, conduca alla creazione di una città che si fondi sull’idea di uno sviluppo locale nelle risorse e globale nelle relazioni (SCHIRINZI, 2002). Un’indagine4 realizzata lungo il centrale percorso che, da Porta Rudiae a via Salandra, attraversa orizzontalmente attraversa due quartieri centrali come Centro e Mazzini, passando per importanti poli quali Piazza Sant’Oronzo e Piazza Mazzini, ha rilevato come negli ultimi anni sia cambiata la tipologia merceologica degli esercizi localizzati nel centro storico, nel quale vige peraltro una limitazione al traffico automobilistico. Il polo di massima attrazione per attività commerciali, soprattutto di abbigliamento e calzature, è Piazza Mazzini, meta prediletta di chi vorrebbe rilocalizzarsi. Lo studio rileva anche una portata alquanto limitata delle attività oggetto di analisi: un cliente su due proviene dalla città, considerando le provenienze da comuni della prima corona, si va verso la totalità della clientela. Restano significative le rilevazioni sulla portata limitata di tali esercizi commerciali, caratterizzata per il 50% da un raggio che non oltrepassa i confini cittadini e che, considerando anche l’intera area provinciale, giunge a oltre il 75%. I commercianti del centro urbano lamentano problemi di accessibilità all’area e carenza di parcheggi ma si ritengono generalmente soddisfatti delle vendite, soprattutto nelle aree su cui non vige alcuna limitazione al traffico. Sino a pochi anni fa era impensabile chiudere al traffico le strade del centro storico, costringendo i residenti ai percorsi pedonali. Oggi è impensabile pensare quelle stesse strade colme di automobili, inquinamento ambientale ed acustico. Sarebbe auspicabile decongestionare il centro urbano dal traffico automobilistico incrementando l’area a traffico limitato, ma una decisione in tal senso deve vedere un potenziamento dei servizi di trasporto pubblico, attualmente poco utilizzati e inefficienti, anche secondo l’opinione dei commercianti raccolta dallo studio citato. Su una popolazione di quasi centomila unità, un’università che conta intorno a trentamila studenti, molti dei quali locano temporaneamente una residenza in città, ha 4
Indagine realizzata dagli allievi del corso di Geografia Economica, Facoltà di Economia, Università degli Studi di Lecce, anno accademico 2004/2005.
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aperto la strada ad una cittadella universitaria, ma la portata è limitata generalmente alle province di Lecce, Brindisi e Taranto benché studiare a Lecce costi meno che in altre sedi. I recenti flussi migratori hanno portato diversità e colori, oltre a un mero dato demografico che bilancia il calo dovuto al decremento della popolazione residente, offrendo al centro cittadino una prospettiva multietnica. Il proliferare, soprattutto nel centro, di varie strutture di Bed and Breakfast, ha dato risposta all’assenza di strutture alberghiere a basso costo. Nonostante l’assenza di un aeroporto civile nel territorio provinciale, di recente è stata intrapresa una soluzione di intermodalità grazie all’Airport City Terminal, ubicato all’ingresso nord del capoluogo salentino. La struttura consente di effettuare le operazioni di accettazione ai passeggeri in transito per l’aeroporto di Brindisi (il più prossimo alla città di Lecce). Nonostante Lecce abbia talvolta pagato il prezzo di una pianificazione urbanistica tardiva, parziale, incoerente o non sostenibile, la città ha mutato volto grazie ad uno sviluppo che spesso va oltre le previsioni di qualsiasi piano in quanto è dettato da un ciclo di vita urbano5, alimentato da fattori talvolta estranei alla volontà dei pianificatori. Lo stadio attuale di questo ciclo vede Lecce alle prese con nuove sfide quali l’offerta turistica e quella culturale universitaria, oltre alla tradizionale vocazione terziaria che è andata evolvendosi nel tempo, ma presenta ancora una portata limitata. Su questi terreni la città oggi presenta un grande potenziale che, se ben sfruttato, le garantirà ulteriore sviluppo economico e sociale. Molto importante sarà il P.U.G., il cui iter è partito con la stesura di un documento programmatico preliminare che traccia le linee guida proposte dall’Amministrazione Comunale per la pianificazione urbana futura di Lecce. Al dibattito intorno allo strumento si auspica che partecipino in modo costruttivo il maggior numero di soggetti coinvolti nella vita cittadina, d’altronde è quanto finalmente prevede anche la legge. L’insieme degli utenti della città comprende residenti, pendolari, imprese, enti, associazioni e non solo amministratori e tecnici. Nella relazione al documento preliminare del P.U.G., in particolare, si sospetta un dualismo tra le ultime due categorie citate. Tale dualismo, mosso talvolta da interessi privati, distanti da quelli volti ad pianificazione coerente con le esigenze della città, ha prodotto decisioni infelici con conseguenze spesso difficili da sanare (COMUNE DI LECCE, 2005). Tra le conclusioni del citato documento programmatico preliminare si leggono elogi ad una città che, in realtà, non è come la si descrive. Le previsioni, sebbene lodevoli sulla carta, appaiono non sempre adeguatamente incisive, dunque lontane dalle problematiche lamentate quotidianamente dai vari soggetti che vivono la città. Mentre le critiche a ciò che di negativo è stato prodotto dai precedenti strumenti di pianificazione appaiono retoriche, si privilegiano aspetti culturali e ambientali (si parla in proposito di corridoi ecologici), che rischiano di dar vita a episodi di sviluppo sporadici e non so5
Il modello generalmente noto come degli «stadi di sviluppo» o del «ciclo di vita urbano», formulato embrionalmente alla fine degli anni ' 70 negli USA per spiegare l' arresto della crescita demografica e manifatturiera delle grandi aree urbane e messo a punto in Europa negli anni immediatamente successivi, si fonda su un paradigma interpretativo che pone in relazione i successivi stadi di urbanizzazione - definiti in termini di tassi di variazione demografica delle città centrali e delle rispettive periferie (hinterland) con le successive fasi della industrializzazione. A Lecce, in particolare, ad una fase di suburbanizzazione vissuta negli anni ’70, è seguita una fase di urbanizzazione (CECCHINI, 1989)
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stenibili. Tra gli errori del passato, iter di approvazione troppo lunghi per gli strumenti pianificatori, come accaduto per il P.R.G. approvato nel 1990, hanno avuto come conseguenza risultati che, una volta posti in essere, non rispondevano più alle esigenze del territorio, modificatesi nel tempo. L’esperienza degli strumenti di pianificazione adottati a Lecce testimonia come «il caos urbanistico ed il massacro del territorio sono stati determinati più dalla violazione delle relative norme giuridiche, che dai difetti delle medesime» (D’ANGELO, 1998, p. 23), inoltre la litigiosità tra chi gestisce le varie risorse oggetto di pianificazione è tra gli ostacoli da evitare sulla strada dell’approvazione di un Piano coerente con le esigenze di uno sviluppo in linea con i lodevoli principi elencati nella Legge Regionale 20/2001 che sono sussidiarietà, efficienza e celerità dell’azione, trasparenza e partecipazione, perequazione.
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