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Della stessa casa editrice, disponibili su www.piueventi.it: I sentieri della libertà in provincia di Cuneo Itinerari escursionistici lungo i sentieri della II Guerra Mondiale, della Resistenza e della deportazione Escursioni a piedi e in MTB percorrendo le strade che videro lo svolgimento degli eventi che oggi chiamiamo storia; €18 Val Varaita Guida a una valle occitana sorprendente per le tradizioni, affascinante per i paesaggi Arte, cultura, storia e natura di una valle a metà strada tra Torino e Cuneo, adagiata ai piedi del Monviso; €18
Un territorio che colpisce per la ricchezza della storia e della cultura, il fascino delle tradizioni secolari e l’ambiente, dove le borgate si inseriscono rispettosamente nella natura circostante: alla scoperta della valle Maira e della sua straordinaria autenticità. | 320 pagine | oltre 400 fotografie a colori | introduzione su storia, cultura, arte e architettura | suggerimenti enogastronomici | peculiarità naturalistiche e proposte escursionistiche | descrizioni dei 14 comuni della valle | interviste e testimonianze | appendice turistica con informazioni su tempo libero e ricettività in valle
Mistà Itinerario romanico-gotico nelle chiese delle valli Grana, Maira, Varaita e Po, Bronda, Infernotto Un viaggio culturale alla scoperta delle chiese dell’antico Marchesato di Saluzzo; €18
+eventi Il magazine del tempo libero Il mensile di eventi e manifestazioni del territorio: la prima guida che sa fare da guida, tutti i mesi in edicola; €1,50
❚ Introduzione| 7 Per comprendere le ragioni che hanno portato alla stesura di questa guida turistica e imparare a consultarla
❚ Territorio| 14 Per iniziare la conoscenza con il territorio della valle Maira e le sue specificità: storia, lingua occitana, tradizioni, arte, architettura, gastronomia, particolarità naturalistiche e proposte escursionistiche
❚ Paesi e borgate| 158 Per andare alla scoperta di ciascuno dei quattordici comuni della valle Maira: dati pratici, notizie storiche, suggerimenti per visite turistiche e testimonianze di abitanti del luogo
val maira Ambiente, cultura e tradizioni di un’affascinante valle occitana
Dizionario Italiano-Occitano / Occitano-Italiano Norme ortografiche, scelte morfologiche e vocabolario dell’Occitano Alpino orientale Per imparare a comprendere e a parlare la lingua tradizionale delle valli alpine cuneesi; €18 L’edera e l’olmo Storia di Livio, Pinella, Alda e Alberto Bianco Storia della famiglia Bianco di Valdieri, a cavallo tra vicende personali e avvenimenti storici; €27
Ambiente, cultura e tradizioni di un’affascinante valle occitana
Più Eventi Edizioni corso Solaro 6 - 12100 Cuneo tel 0171.696240 fax 0171.863111 www.piueventi.it ufficiostampa@piueventi.it
LE GUIDE DI
val maira
La casa editrice Più Eventi Edizioni è una realtà attenta al territorio locale, capace di guidare il turista alla scoperta delle piccole e grandi cose che lo rendono unico e irripetibile, dalle testimonianze del passato alle peculiarità del presente. Pubblica agili libri e monografie di facile comprensione, ricchi di fotografie, immagini e cartine in grado di completare testi precisi e di facile lettura. Più Eventi Edizioni pubblica inoltre ogni mese +eventi, il mensile del tempo libero più autorevole e diffuso sul territorio della provincia di Cuneo: un concentrato di eventi, appuntamenti, notizie e curiosità per essere sempre informati in anticipo e con completezza su tutte le opportunità turistico-culturali messe a disposizione dal territorio.
ISBN 978-88-904712-4-7
SOPRA Affreschi quattrocenteschi nella cappella dei SS. Sebastiano e Fabiano, Marmora IN COPERTINA SOPRA Borgata Gheit, Acceglio SOTTO Macine di mulino a b.ta Combe, Celle di Macra
9 788890 471247
€ 19,50
❚ Ricettività| 308 Per orientarsi tra le diverse proposte ristorative e alberghiere, con spunti ed elementi utili a una migliore organizzazione della permanenza turistica nel territorio della valle Maira
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Coordinamento editoriale e impaginazione Più Eventi Edizioni - Bbox s.r.l. Testi Luigi Bernardi (Storia), Alberto Bersani (Storia), Enrico Collo (Geologia), Manuela Garino (Escursioni, Ricettività, contributi redazionali), Secondo Garnero (Storia), Donatella Guerrini (Storia, Antichi mestieri, Arte e contributi redazionali), Roberto Olivero (Architettura), Marina Pellerino (Flora e Fauna), Rosella Pellerino (Lingua, Tradizioni, Musica e contributi redazionali), Bruno Rosano (Storia alpinistica), Davide Rossi (Storia, Escursioni, Paesi e borgate e contributi redazionali), Elma Schena e Adriano Ravera (Gastronomia) Hanno collaborato Piero Benedetto, Laura Conforti, Selena Fina, Giovanna Frosini, Rino Raina, Donatella Rinaudo, Teresa Totino Fotografie Paolo Viglione Crediti fotografici Archivio Espaci Occitan, Archivio Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea in Provincia di Cuneo, Sergio Beccio, Roberto Beltramo, Enrico Collo, Paola Gaggio, Luca Scaglione, Peter Vogt L’illustrazione di pag. 48 è di Marco Bailone Stampa L’Artistica - Savigliano
© 2011 Bbox s.r.l. Direzione e redazione Corso Solaro 6 12100 Cuneo tel. 0171.696240 fax 0171.863111 info@bbox.cn redazione@piueventi.it Tutti i diritti riservati, riproduzione vietata Le notizie e i dati riportati in questo libro possono essere soggetti a variazioni nel tempo e pertanto la Più Eventi Edizioni non si assume alcuna responsabilità su variazioni, omissioni e errori al riguardo.
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SOMMARIO | indice
Introduzione Il perché della guida Come si legge la guida
7 10
La cartina
14 40 50 78
Architettura Gastronomia Natura Escursioni
12
Territorio Storia Lingua Tradizioni Arte
92 104 114 130
Paesi e borgate Busca Busca | La sede dell’antico marchesato Villar San Costanzo Lo Vilar | Il paese del martire e dei benedettini Dronero Draonier | Il “feudo” di Giovanni Giolitti Roccabruna La Ròcha | Il paese delle coppelle Cartignano Cartinhan | Il più piccolo comune della valle San Damiano Macra Sant Damian | Un comune, quattro comuni Macra L’Arma | Due antichi comuni e i ciclamini Celle di Macra Cèlas | La patria degli acciugai Stroppo Estròp | La capitale medievale Elva Elva | L’orgoglioso paese dei pelassiers Marmora La Marmol | Borgate dal passato romano Canosio Chanuèlhas | Una scala di borgate per la Gardetta Prazzo Prats | Il paese all’ombra del Chersogno Acceglio Acelh | Le sorgenti della valle
160 174 182 196 206 214 226 238 250 260 270 280 288 298
Ricettività Busca Villar San Costanzo Dronero Roccabruna Cartignano San Damiano Macra Macra
309 310 310 312 312 313 314
Celle di Macra Stroppo Elva Marmora Canosio Prazzo Acceglio
314 315 315 316 316 317 318
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INTRODUZIONE | Il perché della guida Ritenuta sia dagli abitanti che dai turisti una delle più belle del Piemonte, la valle Maira è un territorio che vanta un patrimonio storico, artistico e ambientale tra i più affascinanti della provincia di Cuneo. Incantevole per natura, questa terra mostra, come una pietra incisa, i segni profondi di un passato in cui abbondanza e privazione si sono alternate nei secoli, lasciando tracce ancora ampiamente visibili, un vero e proprio affresco tridimensionale che oggi ostenta la sua primitiva e genuina bellezza. La valle Maira, con una superficie montana di 581,51 km su un’estensione complessiva pari a 632,97 kmq e un’altitudine compresa tra i 600 e 3.389 m s.l.m., comprende 14 comuni: Acceglio, Marmora, Canosio, Prazzo, Elva, Stroppo, Celle di Macra, Macra, San Damiano Macra, Cartignano, Roccabruna, Dronero, Villar San Costanzo e, parzialmente, Busca. La popolazione residente è per circa il 90% allocata nei comuni di bassa valle, mentre il numero di abitanti da Cartignano ad Acceglio, compresi i valloni laterali, si attesta intorno a poco più di 1.000 persone. Se il fondovalle può fregiarsi di possedere un ricchissimo patrimonio storico, architettonico e agricolo dal fascino sorprendente, le zone collinari e le aree di media e alta quota custodiscono un capitale artistico e naturale di rara bellezza. Negli anni, la gran parte delle ristrutturazioni edilizie ha volutamente preservato i tesori del passato e oggi passeggiare nei borghi di questa valle è come ricalcare i passi di coloro che nel corso dei secoli hanno saputo creare opere durature e rispettose dell’ambiente nel quale sono inserite: edifici civili, abitazioni, opifici, chiese, cappelle e piloni che nascondono veri e propri capolavori d’arte e di architettura e che stupiscono l’osservatore per la loro solenne semplicità. Allo stesso modo, anche gli interventi sull’ambiente hanno saggiamente mantenuto la ricchezza ereditata: basti pensare alla rete di sentieri, un tempo quotidiani percorsi dei valligiani, che oggi è divenuta una straordinaria opportunità turistica per gli escursionisti di tutta Europa. Un segno, quest’ultimo, della capacità di attrazione di questa terra nella quale non mancano le proposte sportive più articolate: dall’arrampicata alla mountainbike, dallo scialpinismo allo sci di fondo. Nel 1996 Milli Chegai e Mario Cordero diedero alle stampe una guida dedicata 7
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Una guida organica e strutturata per visitare la valle Maira alla valle; tale pubblicazione rappresentò un gradito ed efficace strumento di fruizione culturale del territorio. Sono trascorsi molti anni e oggi, grazie al lavoro dei Comuni, della Comunità Montana, delle associazioni e dei privati, molte realtà sono cambiate e molte altre si sono aggiunte. Sebbene siano stati prodotti moltissimi materiali promozionali sugli argomenti specifici, mancava, però, una guida turistica capace di offrire in modo organico e strutturato una visione culturale d’insieme, pur con accenni ai temi della fruizione sportiva già ampiamente trattati in numerosi altri testi specialistici, di ottima fattura, facilmente reperibili. Questa guida, realizzata da Più Eventi Edizioni ed Espaci Occitan, in accordo con la Comunità Montana Valli Grana e Maira, rappresenta pertanto il tentativo di dare una risposta a questa esigenza, senza presunzione di completezza. Attraverso la lettura dei diversi capitoli della guida potrete dunque conoscere i complessi aspetti che rendono peculiare e unico questo territorio, ottenendo inoltre stimoli e suggerimenti per una più approfondita ed esaustiva ricerca. Auspichiamo pertanto che da tale lavoro possa emergere un affresco della valle Maira non soltanto storico, economico o turistico ma anche e soprattutto culturale e sociale, rispettoso di tutte le tradizioni, a partire dall’orgogliosa identità linguistica occitana.
Si ringraziano di cuore tutte le persone che hanno partecipato alla redazione di questo volume. 9
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INTRODUZIONE | come si legge la guida
La guida presenta il territorio della valle Maira e accompagna il turista alla sua scoperta, aiutandolo a non perdere di vista gli elementi più caratteristici del territorio e le sue principali peculiarità: una valle occitana alpina che conserva tradizioni e paesaggi da non perdere. La guida è organizzata in tre sezioni. La prima è un’introduzione su argomenti a carattere generale utile a inquadrare e conoscere meglio le varie sfaccettature turistiche e culturali della valle. In pagine sintetiche ma esaustive vengono affrontati argomenti la cui conoscenza è necessaria per comprendere maggiormente la realtà di questa zona alpina, dal passato assolutamente non marginale o secondario. In queste pagine sono proposti alcuni versi poetici a tema, in lingua occitana e opera di autori di valle. La seconda sezione descrive nel dettaglio i quattordici comuni della valle e ne propone gli elementi più significativi. Ogni località viene presentata con dati di tipo pratico che affiancano un testo di presentazione storico-economica e capitoletti monografici su singoli aspetti peculiari del terriorio: edifici da visitare, storie da conoscere, particolarità da non trascurare. Per ogni comune vengono inoltre presentate alcune tematiche sotto forma di testimonianza e intervista con abitanti della valle: un modo per notare come le vicende abbiano sempre una attinenza con le persone. La terza sezione, infine, è una parte di servizio in cui sono state inserite informazioni utili ai turisti, quali ricettività alberghiera, esercizi di ristorazione e tutti gli altri servizi disponibili sul territorio.
storia | TERRITORIO
ultimi, conducendo un’aspra guerriglia contro le legioni. Per i Romani fu troppo difficile tentare la risalita del fondovalle oltre San Damiano Macra e si stabilirono quindi lungo l’asse trasversale che dalla valle Grana porta alla Varaita, passando per Marmora ed Elva. Le testimonianze della loro presenza sono date da quattro epigrafi visibili sul territorio: un’ara dedicata alla Vittoria alata, conservata nella parrocchiale di Marmora e databile al II secolo, un’epigrafe murata nella facciata della parrocchiale di Elva, una lapide nella cappella cimiteriale di Pagliero, nel territorio di San Damiano Macra, e un frammento conservato nella cappella di San Ponzio nel comune di Roccabruna. Nel 14 a.C. Ottaviano Augusto concluse la lunga lotta contro i popoli alpini e i Liguri montani furono iscritti alla tribù Pollia. In seguito ebbe inizio una fase di più deciso insediamento e colonizzazione: in località San Martino di Busca, occupato dai Romani della colonia Julia Augusta, suddiviso in latifondi e assegnato a vari possidenti di nome Atticius, Bebennius e Roxius, sono stati rinvenuti numerosi reperti oggi conservati al Museo Civico di Cuneo e all’Archeologico di Torino. Altri ritrovamenti significativi provengono dalla già citata cappella di San Ponzio a Roccabruna: qui furono ritrovati un amuleto dedicato alla dea Minerva e alcune monete di imperatori romani dei primi tre secoli. Purtroppo molte altre testimonianze sono andate perdute nel corso dei secoli perché la maggior parte dei materiali di età romana fu utilizzato come materiale di reimpiego nelle costruzioni di epoca romanica. La romanizzazione segnò una svolta nell’organizzazione del territorio che venne diviso in due zone: il fondovalle da Villar San Costanzo a Busca fu legato al resto della pianura piemontese e alla Liguria, andando a comporre la IX Regio. Il resto della valle fu invece inserito nella provincia delle Alpes Maritimae. Gli interventi dei Romani non si limitarono
“
La chansoun de la nostro tèro Chantè, amis, la stòrio de nosto gent Chantè la stòrio di nosti jouve Chantén la chansoun de le bergère…
“
Giovannina Maria Poracchia 18
La canzone della nostra terra Canta, amico, la storia della nostra gente / canta la storia dei nostri giovani / cantiamo la canzone delle pastorelle…
CANOSIO, GRAFIA DELL’AUTRICE
19
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L’introduzione è suddivisa in capitoli tematici, che affrontano singoli aspetti peculiari per una migliore conoscenza della valle: storia, arte, architettura, tradizioni, enogastronomia, natura. Ogni capitolo è stato redatto da esperti in materia ed è corredato da brevi note o spunti di approfondimento, che favoriscono una migliore comprensione del discorso, e da versi poetici in lingua occitana.
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I comuni della valle sono presentati con un testo introduttivo di natura storicoeconomica al quale sono affiancate brevi curiosità di natura geografica.
ddii S. G Giuliano Giuli iuli l n
Stroppo |Estrop
le ed Bedal
dii
La capitale medievale
Cucchiales 14
1 1787
Morinesio
1384
Contà
Stroppo
13
1827
12
Ruata Valle
Ciamin
10 11
Arneodi
S. Martino superiore
15
Caudano
9
Paschero 1
2
Bassura
7
6
8
3
Mezzogiorno Mezzogi M iorn orn
4
15
a Maria S..
15
S. Martino inferiore
Centenero
Pessa 5 Torrente Maira T
Segue una parte descrittiva in cui sono proposti testi di approfondimento e di curiosità su aspetti concreti di ogni singolo comune: edifici, chiese, vicende e feste. Viene inoltre proposto uno specchietto riassuntivo degli eventi annuali ricorrenti sul territorio comunale. La cartina permette di localizzare gli elementi di cui si parla nel testo, semplificandone il riconoscimento sul territorio. Il lascito di Alessandro Riberi
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hanno saputo scuotere questo territorio creando le basi per il suo sviluppo: non stupisce che oggi buona parte del turismo in valle Maira provenga da paesi di area tedesca ed è curioso vedere che nel frattempo si sono inserite, talvolta in conseguenza e talvolta in autonomia, esperienze di altre persone che hanno affiancato o idealmente preso il posto di chi, come Andrea, oggi non è più tra noi. Ad esempio a Morinesio, sempre nel comune di Stroppo, Christa Gaebler e il marito hanno aperto una struttura ricettiva in cui si svolgono corsi di approfondimento su tematiche tradizionali e dove vengono allestite mostre d’arte. La scelta della valle Maira è stata per entrambe una decisione del destino, alla ricerca di un rifugio “via dalla pazza folla” e verso qualcosa di genuino, vero e a misura d’uomo.
e nativo di Stroppo: entrambi nacquero e vissero i primi anni della loro vita in una casa della borgata Paschero, poco distante dal cimitero e sulla quale una lapide li ricorda. La casa di riposo conserva ancora oggi il primo statuto dell’istituzione, riconosciuta come ente morale dal re Vittorio Emanuele III il 3 novembre del 1910. La curiosità è che quel decreto del sovrano fu controfirmato dal presidente del consiglio dell’epoca, un altro figlio illustre della valle Maira: Giovanni Giolitti. Oggi la casa di riposo, come ricorda Andreina Guglielmo che vi lavora con l’incarico di direttore-segretario, è sia un luogo di ricovero per anziani, anche non autosufficienti, ma anche e soprattutto l’unico subdistretto ASL della valle Maira, un vero e proprio baluardo socio-sanitario per tutti i valligiani, che possono contare su questa struttura per esigenze mediche di emergenza e per attività di ambulatorio. Recentemente, ad Alessandro Riberi, a cui si deve tutto ciò, è stato dedicato il libro Alessandro Riberi un mito della medicina torinese dell’800 del professor Mario Umberto Dianzani, già Preside della Facoltà di Medicina e Rettore dell’Università degli Studi di Torino.
ALTITUDINE
1 2 3 4 5 6 7
Il paese, citato per la prima volta nel 1028, risulta costituito in
m 859/2.000 s.l.m. forma di comune nel 1254. Per la sua posizione intermedia in valle, ESTENSIONE
kmq 28,12 LATITUDINE
44° 30’ Nord LONGITUDINE
7° 8’ Est
N. ABITANTI
108 SANTO PATRONO
San Giovanni
ha sempre rivestito un ruolo primario nell’economia politica del territorio: ne era una sorta di posto tappa e qui si affrontavano le questioni economiche e commerciali. Non è un caso che proprio Stroppo fosse la capitale della Confederazione dei dodici comuni dell’alta valle Maira: questo ruolo, mai riconosciuto a livello formale, era dettato piuttosto dal fatto che proprio qui avevano sede i principali servizi, come osterie con stallaggio, botteghe, mulini. Proprio qui, inoltre, si svolgevano le riunioni dei rappresentanti politici dei dodici comuni: gli incontri si tenevano in un edificio di Bassura forse di proprietà del marchese di Saluzzo. Questo ruolo di primo piano consentì al paese di godere di una grande prosperità,
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Suis praemuniet incredibiliter fragili.
Capitale medievale Casa del re Jean Baleison Affreschi a Bassura Ponte in pietra Lazzaretto L’escolo de mountanho Parrocchiale Chiesa San Peyre Santuario Santa Maria Santuario preistorico Morinesio Dimora del conte Grotta A spasso per le borgate Vallo alpino
tradizione lo chiama ponte di Napoleone, sostenendo che l’Imperatore lo varcò personalmente insieme alle sue truppe durante la Campagna d’Italia. Al nome del corso è legata anche la Strada Napoleonica, che taglia lateralmente la valle in direzione del vallone di Marmora e Canosio. 6 Il lazzaretto del Caudano Questo
BORGATE E FRAZIONI
Arneodi, Bassura, Caudano, Centenero, Ciamin, Contà, Cucchiales, Fort, Giordana, Grangia, Morinesio, Noufresio, Paschero, Possile, Pessa, Ruata Valle, San Martino Inferiore, San Martino Superiore, Vignali
bell’edificio con una delle più imponenti facciate a vela di tutta la valle, è anche uno dei pochi di epoca medievale di
cui sia nota con precisione la data di realizzazione. Un documento del 7 luglio 1463 ne attesta infatti la costruzione, avvenuta grazie all’interessamento di Amedeo Agnesi, all’epoca rettore della vicina parrocchiale di San Michele. Nelle intenzioni dei costruttori, esso doveva essere un ospedale pro receptatione Christi pauperum, ovvero un ricovero per gli indigenti, probabilmente in occasione di una epidemia che si voleva tenere lontana dalle altre abitazioni. Da notare le due
250
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Completano i capitoli dedicati ad ogni comune due pagine di interviste a persone in grado di aggiungere, con la loro viva testimonianza, elementi utili alla comprensione del territorio: di volta in volta gli intervistati raccontano episodi del passato o spiegano tradizioni che si sono conservate sino ad oggi.
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La sezione finale della guida è composta da alcune pagine di ricettività: vengono presentate notizie utili per vivere il territorio in modo pratico e recapiti di alberghi, ristoranti e altre strutture ricettive.
ricettività
La Germania della valle
Borgata San Martino è l’ultimo insediamento del comune di Stroppo, posto in posizione panoramica sulla strada per Elva. Qui dal 1992 ha sede il centro culturale San Martino: luogo di incontro, esposizione artistica e fermento culturale gestito da Maria Schneider, tedesca arrivata negli anni Ottanta con suo marito Andrea. Per la valle, l’insediarsi di questa coppia di assistenti sociali provenienti dalla Germania (anche se Andrea era austriaco) fu una svolta: giunti per caso, hanno sviluppato attività e radunato consapevolezze fondamentali per creare nuove proposte turistiche, come ad esempio la rete di sentieri dei Percorsi Occitani. Così, i primi tedeschi a rimettere piede in valle dopo la guerra, come sono stati chiamati all’epoca,
Il busto installato sulla piazzetta di Bassura è dedicato ad uno dei cittadini più illustri della storia di Stroppo. Si tratta di Alessandro Riberi, che qui nacque il 10 aprile 1794 per poi diventare il medico più celebre del suo tempo in Italia. Fu clinico, chirurgo, professore, innovatore nel campo della medicina, medico personale e amico di re Carlo Alberto, poi deputato e senatore. Dedicò interamente la sua vita allo studio e alla medicina: studente brillantissimo, si iscrisse nel 1810 alla Facoltà di Medicina di Torino e si laureò nel 1815 in Chirurgia e nel 1817 in Medicina a Genova. Fu poi lui a suggerire che i due corsi di laurea, allora separati, venissero accorpati per dare ai futuri medici una formazione più completa e organica. Non si sposò, non prendeva parte a ricevimenti o a intrattenimenti, era noto per la sua parsimonia e frugalità tanto da rendere proverbiale il detto “pranzo alla Riberi”. Tra i suoi meriti si deve ricordare anche che fu tra i primi a fare uso dell’anestesia, favorevole al lenire gli effetti delle operazioni sui pazienti. Tra le molte luci, la storia ha consegnato anche una pesante ombra: chiamato al capezzale del conte di Cavour, nel giugno 1861, non seppe riconoscere i sintomi di quella che oggi si ritiene fosse malaria e che fu la causa della morte dell’illustre statista. Riberi non sopravvisse molto a Camillo Benso e morì il 18 novembre del 1861: per volere testamentario lasciò delle somme destinate ai giovani della valle che avessero intrapreso la professione medica e altre per l’apertura di un ospedale. Si tratta dell’attuale casa di riposo, che gli è stata intitolata e che fu realizzata grazie all’interessamento del nipote Antonio Riberi, a sua volta deputato del Regno
LEGENDA
Busca 309| Villar San Costanzo 310| Dronero 310| Roccabruna 312| Cartignano 312| San Damiano Macra 313| Macra 314| Celle di Macra 314| Stroppo 315| Marmora 316| Canosio 316| Elva 315| Prazzo 317| Acceglio 318|
STORIE E PERSONAGGI | ■ Maria Schneider, Christa Gaebler e la Germania della valle ■ Andreina Guglielmo e il lascito di Alessandro Riberi
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Busca
Comune di Busca via Cavour 28 tel. 0171.948611 segreteria@comune.busca.cn.it; www.comune.busca.cn.it GIORNO DI MERCATO
venerdì mattina
Da visitare complesso Castello e parco del Roccolo, Casa Francotto, Eremo dei Camaldolesi, centro storico, cappella di Santo Stefano, cappella di San Sebastiano, parco del Castellaccio, Palazzo San Martino e Torre civica
Sport estivi mtb/bicicletta, equitazione, pesca
Centri sportivi Palazzetto dello sport, campo da calcio, campo da tennis, campo da pallavolo, bocciodromo comunale, palestra comunale, campo da bocce, kartodromo, scuola di parapendio e deltaplano, scuderia
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farmacia, biblioteca civica, teatro/cinema, internet point, alimentari, tabacchi, edicola, attività commerciali in genere, fermata ferroviaria linea Cuneo - Saluzzo, fermata autobus linea Cuneo Saluzzo
ospitalità Pizzeria Capri corso Romita 35 tel. 0171.945393 Pizzeria La Greppia via Loreto 19 tel. 0171.945394 Pizzeria Saloon City via Laghi d’Avigliana fr. San Chiaffredo tel. 0171.937293 Pizzeria birreria Sherwood Pub corso Romita 69 tel. 0171.943170 Ristorante pizzeria Il Campanile fr. Bosco di Busca 83 tel. 0171.940753 Ristorante pizzeria Neniga via Antica di Cuneo 71 fr. San Chiaffredo Tel. 0171.940751 Etno-bistrot Amenes fr. Castelletto 61 tel. 0171. 939032 Fitzgerald English Pub via Laghi d'Avigliana, 9 fr. San Chiaffredo tel. 0171.940034 Ristorante Bar Baita Cross fr. Bianciotto 6
tel. 0171.944290; 0171.943950 Trattoria Belvedere Strada Rossana 11 tel. 0171.945841 Trattoria L’Ecole fr. San Giuseppe 66 tel. 0171.943418 Trattoria Las Vegas fr. San Vitale 55 tel. 0171.945387 Osteria del Teatro via Martiri della Libertà 13 tel. 0171.946326 Ristorante L’Antica Locanda del Birichin fr. Roata Raffo 37 tel. 0171.937202; 339.3667845 Hotel ristorante pizzeria Ceretto *** fr. San Martino 17 tel. 0171.945437 fax. 0171.943256 www.hotelceretto.it Albergo ristorante Porta Santa Maria via Roberto D’Azeglio 37 tel. 0171.946468; 339.7340705 www.portasantamaria.it B&B La Cascinotta fr. San Mauro 2 tel. 0171.939007; 347.9528226 B&B Lavande e Rose fr. San Vitale 33 tel. 0171.932041 e 348.1054364 www.lavandeerose.it B&B Porta Santa Maria via M. D'Azeglio 20
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Nota linguistica: per le parole scritte nelle varietà linguistiche occitane della valle Maira, quando non diversamente indicato, è stata utilizzata la grafia classica.
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CARTINA | la valle Maira Bagnolo loo Piemontee
Crissoloo
Colle dell’Agnello
Paesana Paesana ae
Pon ont ntech tech echia ianale Pontechianale Casteldelfino Ca teld ldd lfii o Bellino B ellino
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Acceglio Acceglio io Canosio Can anosio osio
San S Damiano Damia D am ano Macra Macra Roccabruna una Villar San Villar C gnano Ca nanoo Costan Celle Cellle di Macra M Ma Macra Cartignano Dronero Droner oneero Marmora M mora Marm or Macra Macra M Macr
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TTorino orino
Saluzzo SSal al aluzzo zo
Savigliano
Verzuolo Veerz rzzuoloo rzu coo
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Valle Maira
ossana Busca Bus Busc B scca a Villar San Villa Villar Costanzo
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Busca| 163 Villar San Costanzo| 177 Dronero| 184 Roccabruna| 199 Cartignano| 209 San Damiano Macra| 216 Macra| 229 Celle di Macra| 241 Stroppo| 253 Elva| 262 Marmora| 273 Canosio| 283 Prazzo| 290 Acceglio| 300
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Cuneo 10 km.
Bo goo San Bor Sa Dalmazzo Borgo
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TERRITORIO | storia
Inquadramento storico Preistoria e romanizzazione A partire dalla fine del Neolitico e per tutta la durata dell’Età del Bronzo (35001200 a.C.), la zona delle Alpi Occidentali fu abitata da una popolazione a cui gli storici greci e latini diedero, in seguito, il nome di “Liguri”. Essi prediligevano come luoghi di insediamento le località con una buona esposizione, vicine ai corsi d’acqua e facilmente difendibili. Non sono state compiute ricerche approfondite sul Neolitico in valle Maira: tuttavia fu rinvenuta un’ascia di quel periodo nella zona di Marmora, ora conservata presso il Museo Civico di Cuneo. La fase finale dell’Età del Bronzo è ben testimoniata dal sito del Monte Rocceré di Roccabruna, dove sono state rinvenute numerose incisioni a forma di coppella. Anche i reperti trovati sulla collina di Busca, nella zona di San Martino, attestano l’antichissima origine di insediamenti di popolazioni Liguri che qui vissero, quasi indisturbate, fin verso la fine del secondo millennio a.C. Nel 1200 a.C. nuovi flussi migratori di popoli, tra cui i Villanoviani, occuparono la pianura Padana spingendo i Liguri verso il territorio delle Alpi Cozie, che vennero così abitate in modo più permanente e capillare. Dopo questa migrazione i Liguri ■ Le incisioni rupestri del Monte Roccerè A Roccia Fenestre, sul versante Sud del Monte Roccerè, nel territorio di Roccabruna, si trovano numerose incisioni preistoriche. Si tratta di più di tremila coppelle a pianta ellittica, circolare e svasata, realizzate con la tecnica ad abrasione, utilizzando cioè strumenti litici, probabilmente lame di quarzo. La splendida posizione dalla panoramica amplissima, la buona esposizione, l’abbondante presenza di acqua e, non ultimo, l’orientamento astronomico, giustificano la scelta di questo luogo come sito sacro dedicato alle divinità. Questa cultura giunta ai pastori abitanti la zona, 16
risalente alla fine dell’Età del Bronzo e databile tra il 2000 e il 1500 a.C., è assimilabile ad incisioni dello stesso tipo presenti su un’area molto vasta che va dal Medio Oriente al Nord Europa. Sia sulle Alpi che sui monumenti megalitici delle Isole Britanniche le coppelle sono spesso associate ad impronte di piede e la loro presenza sulle tombe ne indica la valenza cultuale. Oggetto di recenti studi da parte degli studiosi del Museo Archeologico di Pinerolo, l’insieme preistorico-simbolico del Monte Rocceré rappresenta, nel territorio alpino occidentale, il secondo sito più importante dopo il più noto Monte Bego, nella Valle delle Meraviglie.
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■ I reperti in museo vissero nuovamente un periodo di Diversi reperti provenienti dalla valle tranquillità che perdurò fino al 500 a.C. sono conservati in musei del circa, quando subirono una nuova invasione fondovalle, dove contribuiscono alla da parte dei Celti. Questi ultimi, meglio creazione del tessuto storico e organizzati militarmente, occuparono le archeologico del territorio. La stele funeraria da Busca citata nel testo è zone fertili di pianura e fondarono varie un prezioso reperto unico nel suo città, spingendo nuovamente Villanoviani e genere, che si trova al Museo di Liguri verso le aree montane. In seguito la Antichità di Torino: è una lastra di situazione si stabilizzò e avvenne una quarzite alta 90cm con una iscrizione in caratteri etruschi ad fusione tra queste popolazioni, che formò andamento bustrofedico. la base celto-ligure degli abitanti delle Altri reperti, di importanza minore, montagne. sono conservati al Museo Civico di Le abitazioni dei Celti erano capanne Cuneo: si tratta di quattro epigrafi rotonde con tetto in paglia, che nelle zone tombali di epoca romana, I-II sec. d.C., provenienti da Busca e di montagna vennero sostituite da case in Roccabruna; al museo sono visibili pietra con copertura in ardesia, le lausas o inoltre alcuni frammenti ceramici lose, del tutto simili a quelle che ancora romani, tra cui un’antefissa e il oggi si possono vedere nelle borgate della fondo di una coppa a vernice nera. valle. Sia i Liguri che le popolazioni celtiche hanno lasciato una grande impronta nei caratteri fisici e nelle tradizioni degli attuali abitanti della valle, anche dopo la conquista romana. Risale alla fine del VI secolo a.C. una stele funeraria da Busca che, se effettivamente è stata rinvenuta nel suo luogo di posizionamento originario, rappresenta i limiti settentrionali della penetrazione etrusca e testimonia i traffici di questo popolo sulla via commerciale che conduceva ai porti di Nizza e Marsiglia. Fu proprio il popolo degli Etruschi che si trovò a delimitare da Sud l’area occupata dai Liguri così come i Celti fecero da Occidente e da Settentrione. Le prime notizie sul passaggio nelle Alpi dei Romani ci sono pervenute dagli scritti dello storico greco Polibio. I Romani avevano l’assoluta necessità di avere il pieno possesso della regione alpina, attraverso la quale passavano reti viarie di vitale importanza non solo commerciale ma anche militare. A causa di ciò si trovarono ben presto a dover combattere contro gli agguerriti Liguri che, nelle zone montane, erano chiamati capillati per l’abitudine di lasciarsi crescere la chioma; questi si arresero per ultimi, conducendo un’aspra guerriglia contro le legioni. Per i Romani fu troppo difficile tentare la risalita del fondovalle oltre San Damiano Macra e si 17
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stabilirono quindi lungo l’asse trasversale che dalla valle Grana porta alla Varaita, passando per Marmora ed Elva. Le testimonianze della loro presenza sono date da quattro epigrafi visibili sul territorio: un’ara dedicata alla Vittoria alata, conservata nella parrocchiale di Marmora e databile al II secolo, un’epigrafe murata nella facciata della parrocchiale di Elva, una lapide nella cappella cimiteriale di Pagliero, nel territorio di San Damiano Macra, e un frammento conservato nella cappella di San Ponzio nel comune di Roccabruna. Nel 14 a.C. Ottaviano Augusto concluse la lunga lotta contro i popoli alpini e i Liguri montani furono iscritti alla tribù Pollia. In seguito ebbe inizio una fase di più deciso insediamento e colonizzazione: in località San Martino di Busca, occupata dai Romani della colonia Julia Augusta, suddivisa in latifondi e assegnata a vari possidenti di nome Atticius, Bebennius e Roxius, sono stati rinvenuti numerosi reperti oggi conservati nel musei Civico di Cuneo e Archeologico di Torino. Altri ritrovamenti significativi provengono dalla già citata cappella di San Ponzio a Roccabruna: qui furono ritrovati un amuleto dedicato alla dea Minerva e alcune monete di imperatori romani dei primi tre secoli. Purtroppo molte altre testimonianze sono andate perdute nel corso dei secoli perché la maggior parte dei materiali di età romana fu reimpiegato nelle costruzioni di epoca romanica. La romanizzazione segnò una svolta nell’organizzazione del territorio che venne diviso in due zone: il fondovalle da Villar San Costanzo a Busca fu legato al resto della pianura piemontese e alla Liguria, andando a comporre la IX Regio. Il resto della valle fu invece inserito nella provincia delle Alpes Maritimae. Gli interventi dei Romani non si limitarono al solo piano amministrativo: molte delle vie di scorrimento principali percorribili ancora oggi furono tracciate proprio da loro, come quella che da Demonte in valle Stura sale al colle Valcavera, prosegue fino a Castelmagno in valle Grana e per il Colle del Mulo scende nel vallone di Marmora.
“
La chansoun de la nostro tèro Chantè, amis, la stòrio de nosto gent Chantè la stòrio di nosti jouve Chantén la chansoun de le bergère…
“
Giovannina Maria Poracchia
La canzone della nostra terra Canta, amico, la storia della nostra gente / canta la storia dei nostri giovani / cantiamo la canzone delle pastorelle…
CANOSIO, GRAFIA DELL’AUTRICE
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■ Le eresie Un momento fondamentale per la valle fu la sua affermazione come capitale del calvinismo nell’ambito del Marchesato di Saluzzo. Verso il 1540, infatti, il protestantesimo penetrò nella zona e, fatta eccezione per qualche fenomeno di intolleranza, le comunità di diversa tendenza religiosa continuarono a convivere. Secondo l’anonimo autore de Historie véritable des Vaudois des vallées du Piémont l’eresia protestante venne diffusa nel marchesato dall’esercito francese calato nel 1526, del quale facevano parte diecimila svizzeri quasi tutti aderenti al credo calvinista. Nel 1560 si ripristinò la nomina del podestà al posto degli eletti, come avveniva prima dell’annessione del marchesato alla Francia, e l’anno successivo segnò una grande diffusione dell’ideologia calvinista. Fu l’anno in cui tali Giovanni e Maturino, la cui moglie era di Cartignano, facevano proseliti per la riforma in quel di Carmagnola, dove furono condannati a morte e giustiziati. Il Duca Carlo Emanuele I ebbe con ciò un buon pretesto per impadronirsi della valle per ricondurla al cattolicesimo. Sollevatasi contro il duca nel 1592 e divenuta asilo di tutti gli oppositori dei Savoia, la valle fu un anno più tardi invasa dalle truppe spagnole e napoletane. Annessa al ducato con il Trattato di Lione del 1601, perdette definitivamente tutte le libertà e venne imposta agli eretici l’iscrizione 20
in un particolare registro in cui però, a dispetto di Carlo Emanuele, si iscrisse una gran parte della popolazione, cattolici compresi. Dronero si trovò in una situazione piuttosto delicata che vide una limitazione delle libertà e dei diritti di nomina delle magistrature locali da parte del Duca, per cui la comunità si vide costretta a dichiarare che non vi erano più eretici in città, sollevando da ogni incarico chiunque professasse un credo riformista. Nel 1619 si verificò una recrudescenza per quanto riguardava le persecuzioni contro i Valdesi nelle terre dell’antico Marchesato di Saluzzo. I frati Cappuccini di Dronero entrarono in casa del farmacista Alessandro Marino e portarono via sulla carrozza del Vescovo le sue due figlie; su richiesta del suddetto Vescovo venne arrestata pochi giorni dopo una signora anziana accusata di seguire il culto valdese. Nel settembre dello stesso anno Antonio Alinei, grande persecutore dei riformati, fece irruzione a Pagliero e a Prazzo e si impadronì dei loro beni. Quando alcuni commissari si recarono ad Acceglio, comune ad alta concentrazione eretica, i perseguitati si videro costretti ad abbandonare i loro averi ed a fuggire sulle montagne. Purtroppo però la repressione contro l’eresia si concluse tragicamente con un rogo, dopo un sommario processo, sulla piazza di Saluzzo, dove morirono Pietro Marchisio, notaio in Acceglio e Maurizio Mongia, gli ultimi “capi”calvinisti della valle.
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Il Medioevo Dopo il 300 d.C., in ritardo rispetto al resto dell’Italia, anche nelle valli alpine iniziò a diffondersi il Cristianesimo: la penetrazione, com’era avvenuto per i Romani, non fu affatto agevole data l’asprezza del territorio che permise agli abitanti di conservare a lungo le loro usanze. All’incirca nello stesso periodo ebbero inizio le invasioni di Goti, Ostrogoti e Ungari. Essi lottarono a lungo per il predominio su queste terre finché, intorno al 500 d.C., arrivarono i Longobardi nelle pianure e i Franchi nelle zone montane. I Longobardi, per bloccare i tentativi di irruzione nella pianura, munirono le basi delle valli di fortilizi e di monasteri. Sorsero così alcuni tra i monumenti religiosi più antichi del territorio: l’Abbazia di Villar San Costanzo, attualmente sede della parrocchia di San Pietro in Vincoli, e il monastero di San Costanzo al Monte divenuto poi Santuario. I monasteri divennero centri importanti per la diffusione della religione e dell’agricoltura attraverso la bonifica dei territori paludosi e non coltivabili come nel caso della piana di Villar, denominata dai Romani cannetum. Con l’arrivo dei Franchi, si determinò una riorganizzazione territoriale e un flusso costante di personaggi provenienti dalla Francia che andarono a formare l’aristocrazia al potere. Il X secolo vide ancora invasioni e lotte, fra cui le incursioni dei Saraceni, giunti in questi territori via mare dalla Francia. Durante il loro temporaneo dominio distrussero alcuni fra i più antichi monumenti religiosi, fra cui le già citate abbazie. Dopo la cacciata dei Saraceni e superato il terrore dell’anno Mille, sul finire dell’XI secolo iniziò l’opera di ricostruzione per interessamento della celebre marchesa di Torino Adelaide di ■ La prima citazione Susa. In questo periodo si delinearono dei toponimi di valle La più antica citazione dei nomi delle anche gli assetti politici e territoriali che poi località della valle risale all’anno rimasero approssimativamente stabili per 1028. Si tratta del documento di diversi secoli. Alla dinastia aleramica, fondazione del monastero femminile discendente dai Franchi giunti nei secoli di Caramagna Piemonte, sul cui sito precedenti, apparteneva Bonifacio del oggi sorge l’antica Abbazia di Santa Maria. I territori della valle Maira Vasto, nipote di Adelaide di Susa, che ebbe furono donati dai loro possessori, la signoria su ampie zone di Liguria il marchese di Torino Olderico occidentale e Piemonte meridionale. Manfredi e sua moglie Berta, Con i suoi figli il territorio fu frazionato ed genitori di Adelaide di Susa, ebbero origine marchesati autonomi e entrando a far parte delle rendite del convento. indipendenti, il principale dei quali ebbe 21
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■ La Confederazione dei Dodici Comuni Nel contesto storico del Medioevo la valle Maira ha avuto un percorso singolare. Pur facendo parte dei territori annessi al marchesato di Saluzzo, l’alta valle, sino a Lottulo nell’attuale comune di San Damiano Macra, e poi anche Dronero e Roccabruna, fu organizzata per circa tre secoli in una sorta di Confederazione formata da dodici comuni che si amministravano autonomamente seguendo le regole dettate dagli Statuti, redatti a partire dal XIII secolo. Nel 1264 il marchese Tommaso di Saluzzo confermava le buone consuetudini di cui gli uomini della valle godevano già da parecchio tempo, come l’esenzione da pedaggi e diritti di pascolo in tutto lo stato marchionale. Ogni comune era rappresentato da un portavoce, il podestà, nominato dal Marchese su tre persone proposte dai comuni stessi, che poteva giudicare le sentenze pronunciate dai consoli delle singole terre, pur lasciando al marchese l’autorità diretta sui crimini riguardanti lo stato o la Chiesa. I comuni difendevano i diritti del marchese e si impegnavano a salvaguardare ospedali, luoghi religiosi e persone bisognose. Gli Statuti, redatti in un testo unico, riguardavano dodici Comuni dell’alta valle : Acceglio, Prazzo, San Michele, Ussolo, Canosio, Marmora, Elva, Stroppo, Celle di Macra, Alma (l’attuale Macra), Paglieres e
Lottulo, a cui si aggiunsero circa un secolo dopo Dronero e Roccabruna. Il marchese Alexandre de Saluces, autore nell’Ottocento della Storia Militare del Piemonte, commentò così questo esperimento innovatore: “... quei dodici comuni seppero darsi una costituzione che [...] riempie di ammirazione lo storico moderno“. La cosiddetta Repubblica della Valle Maira, “repubblichetta” nel giudizio dello storico ottocentesco Luigi Cibrario, rappresenta la più singolare e documentata pagina della storia della valle. Questo ordinamento favorì lo sviluppo del territorio: in particolare sotto il dominio dei marchesi Ludovico I e II, inclini al mecenatismo, si svilupparono notevolmente le arti e i commerci. Tuttavia, dopo la morte di Ludovico II, la vedova Margherita di Foix seguì una politica filo-francese e pochi anni dopo il marchesato venne incorporato nel regno di Francia. Nel 1549 venne cambiata interamente l’organizzazione giudiziaria del marchesato: al posto dei podestà eletti dalle comunità vennero istituiti tre giudici regi residenti a Saluzzo, Carmagnola e Dronero ma si mantennero in vigore gli Statuti. In previsione dell’imminente presa del potere da parte dei Savoia, i rappresentanti dei comuni nel 1588 stilarono un documento, indirizzato a Carlo Emanuele I di Savoia, con la richiesta di mantenere i privilegi loro concessi dai marchesi: il duca la respinse, decretando la fine di un lungo periodo di autonomia e benessere. 23
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sede a Saluzzo. La valle Maira fu invece soggetta a Guglielmo, marchese di Busca. Il nome di Busca e i confini del marchesato compaiono per la prima volta in un documento del 1123, che sanciva il dominio di Guglielmo sulla valle Maira, Villafalletto e parte del Saluzzese. Parallelamente ai poteri marchionali si svilupparono i liberi comuni: Cuneo e Monteregale, Mondovì, nel 1198 e successivamente Savigliano e Fossano iniziarono a giocare un loro ruolo economico e politico. Nel 1240 il comune di Cuneo stipulò un trattato con Dronero, che verso il 1165 era sorta come città dalla fusione dei borghi di Ripoli e Surzana. Il destino della valle Maira mutò pochi anni dopo: Enrico di Busca dovette cedere, in cambio della villa e del castello di Brossasco, i suoi diritti su valle Maira, Dronero e Montemale ai marchesi di Saluzzo, che diventarono così i legittimi signori di tutto il territorio. L’appartenenza al marchesato di Saluzzo da ■ Lo scontro di Lottulo del gennaio 1593 La valle Maira ha spesso patito le conseguenze delle battaglie combattute sul suo territorio da eserciti in transito dei quali, di volta in volta, i valligiani furono alleati, più o meno volontari, o nemici. A fine gennaio 1593 si combattè uno scontro particolarmente cruento tra i Savoia, sostenuti da milizie spagnole, e i francesi alleati dei valligiani, in larga parte di fede riformata. Dopo aver conquistato, saccheggiato e incendiato Cartignano e assediato il suo castello, i Savoia indussero alla fuga gli avversari, che evasero nottetempo attraverso un’apertura praticata nel muro sovrastante la scoscesa riva del Maira. La linea di difesa francese venne spostata a Lottulo, borgata dove il corso del Maira è profondamente incassato, tale da rendere il luogo una vera e propria fortificazione 24
naturale, una “porta” alla parte superiore della valle. Non a caso, Lottulo costituì il limite della Confederazione dei Dodici Comuni dell’alta valle. Alle Porte di Lottulo, rinforzate da opere in muratura, avvenne lo scontro decisivo. Ogni assalto fu respinto, compresi i tentativi di aggiramento attraverso l’impervio fianco della montagna. I difensori ricorsero anche a frane di massi e pietre artificialmente predisposte per precipitare addosso agli assalitori. Le sorti dello scontro si risolsero in favore di Savoia e spagnoli quando erano ormai pronti a ritirarsi: fu risolutiva l’avanzata compatta di soldati coperti da armature in ferro, sull’esempio dei catafratti dell’epoca classica, e dotati di armi per diroccare le difese, sostenuti da cavalieri corazzati allo stesso modo e aventi in groppa archibugieri in grado di effettuare un tiro ravvicinato.
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un lato portò ad un fervente sviluppo economico e culturale, grazie anche al contatto con la Provenza, ma dall’altro la posizione strategica del territorio, stretto fra il potere reale di Francia e quello ducale dei Savoia, coinvolse la valle in continue guerre e scorrerie di truppe mercenarie e di eserciti. Con l’arrivo degli Angioini in Piemonte essa fu posta sotto un assedio ricordato nelle cronache degli storici: nel gennaio del 1314 l’esercito francese scese direttamente su Acceglio dalla Provenza attraverso il colle della Maddalena e il passo della Scaletta, e assediò la città di Dronero, che rispose combattendo strenuamente. Per ricompensare la popolazione il marchese fece ampie concessioni in tema di libertà comunali segnando il successivo destino di queste terre, sempre più autonome amministrativamente seppur soggette formalmente al marchese. Tra alterne vicende, il marchesato si mantenne autonomo fino alla metà del XVI secolo. Dal trattato di Lione all’età giolittiana Il 17 gennaio 1601, data del trattato di Lione, fa da spartiacque nella cronologia storica della valle Maira. Il territorio, con l’intero marchesato di Saluzzo, era traumaticamente passato nel 1548 sotto la sudditanza del Re di Francia. Nel 1588 il duca Carlo Emanuele I di Savoia aveva occupato Saluzzo e le altre terre del marchesato affermando che l’intervento rispondeva alla necessità di opporsi all’eresia che vi debordava dalla Francia, con l’intento di conservarle al Re Cristianissimo. In realtà mirava a compattare il suo stato allungato dalle Alpi della Savoia al mare di Nizza eliminando l’enclave saluzzese. Da qui l’aprirsi di un vero conflitto in cui politica e religione si mescolarono in un quadro quanto mai frammentato e confuso, con il Ducato di Savoia e il Regno di Francia contrapposti. Dronero e la valle vi furono gravemente e penosamente coinvolte: tra i tanti eventi ed episodi, è rimasto emblematico lo scontro di Lottulo del gennaio 1593, lungo confronto militare tra i francesi e i sabaudi sostenuti dagli spagnoli. Il nuovo status politico conseguente al Trattato non portò alla valle Maira pace e tranquillità: i conflitti si svilupparono sul piano religioso con aspri scontri tra cattolici e riformati talvolta alternati a momenti di distensione ispirati a reciproca tolleranza, e su quello amministrativo, con la difficoltà delle comunità locali, use all’autogoverno, ad adattarsi all’assolutismo del nuovo regime. Il contrasto fu quanto mai evidente quando Casa Savoia, malgrado le promesse di rispettare le antiche prerogative, infeudò i vari comuni a nobili famiglie e ad ufficiali dell’esercito in compenso dei loro servigi. 25
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La risposta delle comunità locali fu orgogliosa, sconsigliando i prescelti, che seguirono largamente questo indirizzo, dal farsi vedere in loco. Esemplare il caso di Dronero, testimoniato pittoricamente dal sipario del vecchio teatro cittadino, oggi conservato in municipio nel Salone del Consiglio. L’artista vi raffigurò l’ingresso in città, il 27 ottobre 1646 dei nuovi signori Filippo d’Este con la consorte Margherita di Savoia, figlia di Carlo Emanuele I, insediati quali marchesi. Tra la folla festante si notano due gentiluomini che si abbracciano stretti, piangendo: si tratterebbe dell’espressione dei veri sentimenti della popolazione dronerese! A livello politico, il territorio visse comunque un cambiamento di prospettiva, che si allargò agli eventi di dimensione europea. Comparvero sulla scena nuovi attori, quali la Spagna e l’Austria dell’Impero, di volta in volta alleati o in contrasto con il ducato, alla ricerca delle opportunità di espandersi sfruttando il controllo dei valichi alpini tra Francia e Italia, passaggio obbligato per qualsiasi spedizione militare verso la penisola allora contesa tra i regni europei. Leggendo le Memorie storiche di Dronero e della Valle Maira del Manuel di San Giovanni e le altre fonti, è impressionante constatare come ogni conflitto si traducesse per le povere popolazioni in vere e proprie tragedie: esse dovettero subire persecuzioni, taglieggiamenti, saccheggi, distruzioni, imposizione di balzelli, violenze sulle persone; anche il semplice arrivo di milizie di presidio o guarnigione era causa di sventure. Tra il Seicento e la fine del Settecento la valle ebbe i suoi momenti più duri nel 1630, con la guerra tra Savoia e Francesi che fu portatrice di grande carestia e della peste che solo a Dronero fece cinquecento vittime. Nuovi venti di guerra spirarono in valle nel 1639/41 con le lotte interne al ducato tra Madamisti e Principisti, nel 1743/44 durante la guerra di successione austriaca, con le due campagne condotte dalla Francia per aprirsi il passo verso la pianura e, sul finire del secolo, con il passaggio delle truppe napoleoniche. Il volgere della storia non riservò al territorio, a partire dalla restaurazione post-napoleonica, altri fatti salienti ad eccezione della partecipazione della popolazione maschile agli eventi bellici nazionali: dalle campagne del Risorgimento (una cappella sopra San Damiano Macra ne è ricordo) alle guerre mondiali del XX secolo. La storia ebbe però altri modi per manifestarsi ancora in questo territorio: la valle diede i natali a illustri figure che si espressero dall’arte alle lettere alla cultura, dalla scienza alla medicina alla religione, fino a toccare la politica, intesa nella sua funzione più nobile: l’arte del governo. Su tutti spicca il nome di Giovanni Giolitti: nato a 26
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Mondovì nel 1842 ma di famiglia valmairese originaria di Acceglio, Giolitti iniziò una brillante carriera nelle amministrazioni pubbliche. Eletto in Parlamento nel 1882, fu poi chiamato ad assolvere ad incarichi di governo nazionale. Cinque volte Presidente del Consiglio, fu il vero traghettatore dell’Italia dall’età risorgimentale a quella moderna: a testimonianza del suo ruolo centrale nella politica nazionale e nell'organizzazione dello Stato, i primi quindici anni del Novecento sono stati definiti “età giolittiana”. Il suo legame col territorio è però tutto nell’appellativo col quale veniva chiamato: “l’uomo di Dronero”, centro del suo collegio elettorale e sede di storici discorsi. Giolitti ebbe per la valle un significato particolare. Ogni elezione si trasformava in un incredibile plebiscito a suo favore ed egli ricompensò gli elettori diventando “l’insigne benefattore” che si prodigava per la realizzazione di importanti infrastrutture che favorirono il notevole sviluppo socio-economico nella valle. A lui Dronero dedicò la cittadinanza onoraria, intitolò una via e, già ■ La guerra nel 1913, fece inserire un suo busto di successione austriaca nell’androne del municipio. Dall’alto della La guerra per la successione d’Austria ha lasciato diverse tracce in sua carica e per il suo insindacabile giudizio valle: in previsione di quella guerra fece realizzare il ponte di San Damiano fu costruita nella primavera del 1744 Macra già nel 1908, costruire nuovi la Strada dei Cannoni, percorso che collegamenti stradali per Elva, Prazzo, collegava le valli dalla Varaita alla Marmora, Acceglio, Ussolo nonché, Stura per facilitare lo spostamento di capolavoro di politica, il “nuovo ponte” sul truppe e materiali. Nonostante le fortificazioni, nell’estate di fiume Maira a Dronero. Fortemente voluta quell’anno i franco-spagnoli, da Giolitti fu la fondazione della “Banca di contrapposti ai sardo-piemontesi Dronero” , nata come cassa rurale di alleati degli austriaci, condussero prestiti del mandamento, poi trasformata in una vittoriosa campagna nelle valli cassa di risparmio. Questa operò sino al 16 da Maira a Stura che li portò ad giugno 1928, per la ferma volontà dello assediare, invano, Cuneo. L’episodio più significativo per la valle Maira si statista che ne fu presidente onorario. verificò al Colle del Preit, nei cui Venne poi assorbita con decreto retroattivo pressi ancora si vedono i resti dei dalla Cassa di Risparmio di Cuneo. muri a secco dai quali un battaglione Una coincidenza: il 17 luglio 1928, pochi sardo-piemontese respinse, il 17 giorni dopo, moriva anche l’ “uomo di luglio 1744, l’attacco di cinque Dronero” e il 19 luglio l’Istituto del battaglioni francesi infliggendo loro un centinaio di perdite. capoluogo stanziava 200 lire, richieste dal 27
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■ “Il Progresso” di Dronero e della Valle Maira Giolitti poteva contare anche sull’appoggio di un foglio locale: “Il Progresso di Dronero e della Valle Maira” fondato nel 1908 dal cavalier Lantermino, tipografo dronerese di adozione. Questo giornale di cronaca locale era il portavoce quasi ufficiale della politica giolittiana poiché dava ampissimo spazio a tutto quello che, grazie all’interessamento di Sua Eccellenza, veniva organizzato sul territorio. Sostenne l’intervento in Libia voluto dal governo e appoggiò la neutralità di Giolitti per l’intervento del 1915 nella Prima
Guerra Mondiale. Negli anni che seguirono il conflitto, la posizione di attesa di Giolitti nei confronti del Fascismo e il successivo biasimo condizionarono anche la linea del “Progresso”. Dagli anni Venti la condanna del foglio verso l’esecutivo fu durissima, tanto che nel 1926 fu revocata, con un’ordinanza prefettizia, la licenza al direttore/redattore Lantermino per “inidoneità politica”. Egli continuò, con altri droneresi, la lotta in una città e in una valle ormai divisa dagli schieramenti avversi fino ai giorni del secondo conflitto; il 2 gennaio 1944 venne arrestato e deportato a Mauthausen, dove morì.
Podestà di Dronero per la visita delle Giovani Italiane e dei Balilla all’esposizione di Torino. Per Dronero e la valle quella data significava la fine dell’età giolittiana e l’inizio di un nuovo periodo, fatto di sacrifici, repressione, disavventura e guerra. Gli anni bui: dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale L’ingresso dell’Italia nel 1915 nel primo conflitto mondiale costrinse un’intera generazione di giovani valligiani a partire per il fronte. A differenza delle precedenti, quella fu una guerra combattuta altrove, ma non per questo meno drammatica: i caduti di questo territorio furono così numerosi da superare in percentuale quelli di tutte le altre zone d’Italia. Con la guerra, la già precaria situazione socio-economica della valle si aggravò e, negli anni che seguirono, l’esodo dal territorio, iniziato già nel secolo precedente, raggiunse cifre imponenti. Ciò nonostante, i primi decenni del Novecento vedevano la Valle Maira ancora densamente popolata. L’ascesa di Mussolini e l’avvento del fascismo peggiorarono ulteriormente la situazione, portando il territorio a vivere uno dei periodi più bui della sua storia. L’adesione al fascio in valle fu tutt’altro che repentina ed entusiastica, anzi: la popolazione fu invece assai refrattaria e ancora negli anni Trenta i dirigenti del partito lamentavano la scarsa adesione, oltre a casi di aperta opposizione. Lo stesso arrivo dei fascisti in zona avvenne in 29
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■ Il Battaglione Dronero ritardo rispetto al resto del paese, senza le Il corpo degli Alpini possedeva un violenze che caratterizzarono l’ascesa delle battaglione intitolato al capoluogo camicie nere altrove. Lo scontro fu giocato della valle: costituito in seno al 2° più a livello politico: il comune di Dronero Reggimento Alpini nel 1886, visse a metà anni Venti un vero e proprio partecipò poi alla Prima Guerra braccio di ferro tra l’amministrazione di Mondiale, combattendo anche a Vittorio Veneto. Successivamente espressione liberal-giolittiana e la sezione impiegato nella Seconda Guerra su del partito, che si risolse con le dimissioni vari fronti, i suoi membri finirono in del sindaco Pietro Allemandi e della sua larga parte dispersi in Russia; i giunta: il fascismo, a livello politico, aveva superstiti, dopo l’armistizio dell’8 vinto. Non vinse tuttavia tra le coscienze, e settembre 1943, si trovavano in Alto Adige e furono aggrediti dai lo dimostra simbolicamente ciò che avvenne tedeschi. Fu disciolto in quell’anno e in seguito a Saretto. A livello economico, mai più ricostituito. Il suo motto era un grave colpo fu assestato dal fallimento l’oma fait polissia, che in piemontese della Banca Piccolo Credito di Cuneo, del significa “abbiamo fatto pulizia” ed 1929, che tolse ai valligiani quasi tutti i era la frase pronunciata da un sottufficiale del battaglione a risparmi accumulati. Le politiche agricole conclusione di un vittorioso colpo di del regime fascista penalizzarono mano su una posizione austriaca ulteriormente il territorio: la produzione nelle fasi iniziali della Prima Guerra zootecnica non fu oggetto di programmi di Mondiale. miglioramento e la destinazione a frumento di terreni collinari e montagnosi, vocati ad altre colture, resero l’attività dei piccoli coltivatori economicamente negativa. L’inadeguatezza della politica agricola assommata ad annate climaticamente disastrose aggravarono le condizioni del territorio. Un’alternativa di lavoro avrebbe potuto essere l’attività industriale di fondo valle e della pianura, in parte però legata alla trasformazione dei prodotti della terra, pertanto condizionata dall’andamento delle produzioni. Per alcune realtà industriali invece l’imposizione dell’uso del prodotto nazionale determinò la perdita di importanti mercati di esportazione internazionali. Per contro, soprattutto a Dronero, l’artigianato era particolarmente fiorente. Tra le fabbriche di piccole dimensioni del dronerese la “Fabbriche Riunite Falci” fondata nel 1921, fu tra quelle che riuscirono a superare la crisi del periodo conservando e migliorando la propria produzione, peraltro grazie ad accordi per forniture belliche. In questo contesto si inserirono le politiche di repressione dell’emigrazione stagionale verso la Francia, fortemente volute dal governo per questioni nazionalistiche e che privarono le famiglie di una fonte di reddito 30
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importante, favorendo invece l’emigrazione clandestina a titolo definitivo. Con gli anni Trenta anche la valle, come il resto del paese, si preparò al conflitto: all’acquartieramento del Battaglione Dronero, in città dal primo dopoguerra, si aggiunse la costruzione di opere belliche. Non mancarono neppure gli atti di solidarietà della popolazione in favore del regime: nel dicembre 1935 Dronero celebrò una “giornata della fede”, raccogliendo come oro per la patria quattrocento fedi nuziali. La retorica mussoliniana avrebbe ben presto lasciato spazio al dolore e alla sofferenza. Lapidi a ridosso di chiese e municipi dicono delle devastanti perdite subite dalle valle. Altri cippi e lapidi ricordano, spesso nell’abbandono delle borgate, “episodi minori” di una lotta combattuta , come si suol dire, sul territorio. Altre testimonianze sono i resti delle imponenti opere di fortificazione, bunker e caserme della “Guardia alla Frontiera”: è il Vallo Alpino del Littorio, qui realizzato a partire dal 1937 e oggetto di interventi di rafforzamento e cura fino al 1942. L’ingresso italiano nella Seconda Guerra Mondiale fu contrassegnato dall’attacco alla Francia del giugno 1940. Le operazioni belliche furono precedute dallo sgombero delle borgate di confine, nella più totale confusione fra famiglie di montanari che scendevano a valle con qualche animale e poche masserizie e le truppe che salivano, soprattutto a piedi, verso l’impossibile fronte. Per l’attacco furono impiegate le divisioni Cuneense e ■ Un’imponente fortificazione alpina Costruito a partire dai primi anni Trenta del Novecento come linea fortificata lungo tutto il confine alpino italiano, il Vallo Alpino del Littorio in valle Maira fu allestito a partire dal 1937. Ebbe importanza più per la realizzazione di vie militari di accesso e di mulattiere di servizio che per l’effettiva potenzialità bellica, che nella primavera del 1940 non poteva in alcun modo reggere il confronto con le difese francesi. Si può dire che la fortificazione rappresentò per la valle più che altro un’occasione di impiego per la realizzazione dei
lavori, in un periodo in cui era terminata la costruzione delle centrali idroelettriche e si erano ridotti i flussi migratori oltralpe. Dal punto di vista strutturale, in valle le difese furono organizzate su tre linee: una più avanzata in corrispondenza della displuviale verso la Francia, una seconda imperniata su Acceglio e una terza, ultimo baluardo di difesa prima della pianura, localizzata nella strozzatura naturale di Pont d’la Ceino, nel comune di Stroppo. Il punto nevralgico del sistema difensivo era Acceglio e intorno al paese i militari costruirono una capillare rete stradale lunga più di sessanta km. 31
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Forlì: la prima schierata tra il colle dell’Autaret e il monte Sautron, la seconda a partire da questa cima e fino a quella delle Manse. Gli ordini, confusi, prevedevano la conquista della testa della valle dell’Ubaye e il possesso del col de Vars e delle conche di St.Paul, Meyronnes, La Condamine e Jausiers. L’atto militare più significativo fu forse quello compiuto da unità del battaglione Dronero oltre il colle della Gypiera, con l’occupazione del rifugio dello Chambeyron a 2.600 metri di quota. A parte questo, le truppe italiane non riuscirono ad ottenere di più: nella relazione del 1946 dello Stato Maggiore dell’Esercito si legge:
m“[le truppe] si trovarono ad agire in terreno sconosciuto, prive o quasi di efficace appoggio delle proprie artiglierie, totalmente prive del concorso dell’arma aerea, esposte alle reazioni di fuoco di un nemico ben sistemato,che batteva con tiri preparati anche i centri logistici dell’alta val Maira e dell’alta Stura, scarsamente e difficilmente rifornite a mezzo di soli portatori attraverso i colli divenuti intransitabili alle salmerie e battuti dal nemico, soggette infine a gravissimo disagio che causò, tra l’altro, centinaia di casi di congelamento.” ■ Durante la Resistenza: le truppe che occuparono la valle Parteciparono all’occupazione e svolsero attività di presidio truppe tedesche e ausiliarie reclutate nei campi di prigionia dell’Europa orientale, brigate nere e reparti fascisti addestrati in Germania. Se furono tedesche le truppe a compiere la prima rappresaglia a Dronero, il 2 gennaio 1944, furono invece russi, probabilmente ucraini, coloro che presidiarono il fondovalle fra l’aprile e il maggio dello stesso anno. Altri tedeschi giunti a inizio giugno provenivano dal fronte di Cassino e la successiva offensiva di fine luglio fu opera della 5^ Gebeirsjagers division. A fianco dei tedeschi operarono le brigate nere milanesi della “Resega” e le più o meno cuneesi della “Lidonnici”; singole operazioni 32
di rastrellamento furono condotte dalla “Legione Muti”. Dalla fine dell’estate del 1944 fu più regolare la presenza di alpini della “Monterosa”, dei battaglioni “Aosta” e “Bassano”e di militari della “Littorio”; meno quella della “guardia nazionale repubblicana”, tratta dall’Arma dei Reali Carabinieri e giudicata dai comandi tedeschi scarsamente affidabile. Un altro tipo di presenza fu quella di truppe francesi: nella loro discesa dopo gli scontri nell’Ubaye si fermarono peraltro a Prazzo, senza dar vita a una vera e propria occupazione. Difficile costruire una cronologia organica dei reparti occupanti: rimangono fondamentali le relazioni dei parroci e la loro corrispondenza, interessanti per i giudizi espressi ma spesso imprecise su date ed elementi gerarchici o funzionali.
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Nel 1990 il francese Henri Beraud ha pubblicato uno studio nel quale sono citati i numeri dello scontro per la guerra nell’Ubaye: perdite francesi 4 morti e 5 feriti; perdite italiane 127 morti, 369 feriti, 1.157 congelati, 399 prigionieri. I numeri non hanno bisogno di commenti, considerato che la linea di occupazione del territorio francese dopo l’armistizio della sera del 24 giugno passò quattrocento metri a valle di Combe Brémond. Il ritorno dei profughi, che non avevano mai raggiunto le destinazioni previste a tavolino per lo sfollamento, avvenne alla spicciolata, mentre per i giovani in età utile ripresero i richiami per le successive campagne belliche. Al loro rientro nelle case, gli abitanti della valle trovarono, come conseguenza della presenza militare “amica”, edifici danneggiati, case, orti e boschi depredati. In seguito gli eventi bellici non ebbero in zona momenti salienti fino all’armistizio: l’8 settembre 1943 vide il rapido sbandarsi delle forze di presidio presenti in valle, l’abbandono della linea di confine, con armi e materiali, della guardia alla frontiera e la fine di un più che secolare controllo del territorio da parte dei Reali Carabinieri. Depositi e magazzini furono saccheggiati, mentre nella bassa valle si verificò la raccolta di armi da parte di gruppi che di lì a poco andarono a costituire le prime bande partigiane. L’abbondanza di materiali militari in zona derivava in buona misura dal dissolversi della IV armata, già dislocata sul litorale francese e con ampi depositi nelle gallerie retrostanti il Filatoio di Caraglio. In questi mesi difficili l’unico punto di riferimento “istituzionale” furono i numerosi parroci della valle, in genere uomini d’ordine che tuttavia trovarono un’intesa con i comandi e le forze partigiane e si fecero interpreti della trattativa con i fascisti e i tedeschi fino al termine del conflitto. In tutto il territorio, si deve segnalare solo un caso di collaborazionismo clericale. L’inverno 1943/44, climaticamente clemente, vide il costituirsi prima di bande militari (banda Carboni) e poi di formazioni “politiche” destinate ad operare nell’intera valle fino alla liberazione. L’afflusso di giovani verso le formazioni partigiane fu determinato in buona misura dal desiderio di non rispondere ai bandi della Repubblica Sociale che, dal 9 novembre, impose un ritorno alle armi. Fin da subito i due versanti della valle furono occupati da partigiani di gruppi distinti: la destra orografica vide la presenza prevalente dei gruppi di Giustizia e Libertà; sulla sinistra operarono invece le Brigate Garibaldi. La prima, feroce rappresaglia tedesca contro i partigiani avvenne nel capoluogo della valle il 2 gennaio 1944: incendi, esecuzioni sommarie, prelievo e deportazione dei maggiorenti cittadini furono la devastante risposta 33
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■ I patti di Saretto all’esecuzione nei pressi di Busca del Nel maggio 1944 alcuni partigiani responsabile del fascio repubblicano di italiani, tra i quali si citano l’eroe Dronero e della sua convivente; sindaco, della Resistenza Duccio Galimberti e vicesindaco e altri tre deportati moriranno a lo scrittore Giorgio Bocca, si Mauthausen. Un imponente rastrellamento incontrarono in alta valle, al confine antipartigiano si svolse negli ultimi giorni di con la Francia, con esponenti del movimento partigiano d’oltralpe e marzo del 1944, a partire dal basso e lungo conclusero nella borgata Saretto di la displuviale con la valle Varaita. Una Acceglio accordi di collaborazione e piccola croce lungo il crinale che separa sul cooperazione. A meno di quattro monte San Bernardo Villar San Costanzo da anni dalla “pugnalata” alla Francia, Roccabruna ricorda il sacrificio del ventenne quegli uomini avviarono un processo di riconciliazione che, al di là dei garibaldino Luigi Galliano. Le operazioni modesti aiuti reciproci del momento, furono condotte dai tedeschi con l’ausilio di assunse una valenza politica nei “Brigate Nere” e di altri raggruppamenti giorni difficili del dopoguerra e fascisti e da reparti composti da prigionieri dell’applicazione delle clausole del russi, inquadrati da marescialli e ufficiali trattato di pace. tedeschi. Acquartierati a Dronero e responsabili di atti di violenza contro i civili, lasciarono successivamente il posto agli Alpini della Monterosa. Nel maggio del 1944, in una valle in cui la presenza partigiana era ormai consolidata, una prima iniziativa politica condusse agli incontri di Saretto e di Barcelonnette tra i responsabili delle formazioni partigiane piemontesi e del maquis francese dell’Ubaye. La seconda, terribile offensiva tedesca si sviluppò nell’estate successiva, dopo un periodo di sostanziale autonomia politica e amministrativa della valle. Gli anziani della II divisione alpina Giustizia e Libertà e della 104^ brigata Garibaldi garantirono in quelle settimane approvvigionamenti e rapporti con la pianura e assolsero alle necessità di sicurezza, ordine pubblico e giustizia. L’azione militare mosse senza risparmio di mezzi con la chiara finalità di terrorizzare le popolazioni, sradicare il fenomeno partigiano e riprendere il controllo del territorio. I tedeschi, giunti a Dronero il 26 luglio, attaccarono Cartignano e San Damiano Macra il 30 e, tra le rovine delle case incendiate, compirono un drammatico eccidio di civili, facendo divieto ai sopravvissuti di staccare i corpi degli impiccati. Fu senza dubbio il colpo più duro al morale delle popolazioni che avevano trovato un accettabile equilibrio con le formazioni partigiane che si erano infoltite nei mesi precedenti. Quello stesso giorno, sulle pendici che portano a Sant’Anna di Roccabruna, il piccolo Alberto Giorsetti di tredici anni morì fra le braccia della madre, colpito 35
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dai tedeschi che risalivano la montagna. Con lo sbarco angloamericano in Provenza del 15 agosto 1944 il controllo della displuviale alpina ritornò ad essere strategico. Un nuovo attacco tedesco colpì la valle il 25 di quel mese e nuove truppe fasciste, provenienti dalla Liguria, affluirono verso le valli: tra queste il battaglione Bassano, della divisione Monterosa, destinato ad operare fra le valli Varaita e Maira. L’inverno seguente fu durissimo, sia per le condizioni climatiche, sia per la rafforzata presenza nazifascista. Le Alpi in inverno, secondo il comandante tedesco in Italia, si difendono da sole, ma la crescente presenza di truppe francesi oltre la linea di controllo ristabilita non permise ripiegamenti. Per garantirsi da attacchi partigiani i presidi di occupazione iniziarono da ottobre il prelevamento di ostaggi fra i capifamiglia dei paesi. Ingannati da una falsa promessa di amnistia, dal 13 dicembre parecchi giovani ritornarono alle proprie case: tra questi furono prelevate le vittime della rappresaglia dronerese dell’8 febbraio 1945. Di seguito ripresero i rastrellamenti della divisione Littorio mentre le forze alleate iniziarono le incursioni aeree destinate a fare venti vittime civili in Dronero, tra cui tredici donne e due bambini. Gli scontri militari furono molto ridotti a causa della neve, ancora alta a fine aprile tra il Sautron e il Maurin, che impedì gli ultimi scontri prima della veloce ritirata nazifascista conseguente agli eventi nazionali: San Damiano Macra fu libera il 25 aprile, Dronero dalla sera del 26. Una parte dei fascisti aveva disertato nei giorni precedenti, passando con i partigiani; poche esecuzioni di collaborazionisti (tre a Dronero), pochissime le rese dei conti. Dopo l’euforia della liberazione iniziò più concretamente la conta delle perdite e dei danni: forti le prime, ingenti i secondi. Quasi immediato, sotto la direzione di un clero che nei venti mesi di Resistenza non aveva demeritato, il ritorno all’ordine. Dal secondo dopoguerra ai giorni nostri Il fascismo e la guerra lasciarono paesi distrutti, rovine fumanti ovunque e animi lacerati. Nonostante la libertà, la democrazia e la pace, furono le macerie dell’anima le più difficili da rimuovere. A queste si aggiunsero per la prima volta le domande inquietanti sull’avvenire, messo in discussione da prospettive assai oscure. All’orizzonte nessuna alternativa, unica speranza la fuga: la coesione sociale seriamente compromessa dall’alto numero delle vittime dei due conflitti mondiali e dall’emigrazione dei primi decenni del Novecento fu definitivamente infranta dall’esodo e dall’abbandono degli anni Sessanta e Settanta. Villaggi e paesi appena raggiunti dalle nuove strade carrozzabili vissero uno spopolamento 36
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spaventoso, mai visto in precedenza, che ai contemporanei apparve un fenomeno travolgente e senza ritorno. Per la prima volta si spezzò e si interruppe la tradizionale trasmissione del sapere da una generazione all’altra, di padre in figlio: ciò portò alla perdita di conoscenze ancestrali, basti pensare a tutti i mestieri di un tempo non più praticati, e a un più ampio sfaldarsi delle antiche comunità. In molti insediamenti nella valle tante persone vissero l’esperienza terribile e desolante degli ultimi: una civiltà senza eredi, nessuno a continuare la vita, spenti per sempre i focolari, abbandonate le stalle, vuoti i fienili. La natura si riprese ciò che le generazioni precedenti avevano faticosamente modificato: campi, prati, terrazzamenti e borgate tornarono ad essere invasi dal bosco non più curato. Qualcuno riuscì a fermarsi nel fondovalle, a Dronero, città in cui una timida industrializzazione non supportata da adeguate infrastrutture di collegamento, cercò di contenere la diaspora. Si esplorarono anche strade alternative con forme nuove di allevamento, di agricoltura e coltivazioni di nicchia per rispondere alle sfide emergenti. La scomparsa della millenaria società rurale della montagna fu traumatica, repentina e fulminea mentre la transizione lunga e incerta: il 6 agosto 1950 si tenne a San Damiano Macra la prima riunione per la costituzione del Consiglio di Valle e nel 1971 fu istituita con legge regionale la Comunità Montana, operativa dal 1973. Una forma di autogoverno del territorio benemerita e fondamentale, anche se non pensata per realizzare i sogni, le speranze e le prospettive immaginate dagli estensori della Carta di Chivasso il 19 dicembre 1943. ■ Cadranno le case dei villaggi Tuttavia nei decenni l’Ente Montano ha L’angoscia e lo smarrimento derivanti dato corpo all’idea di comunità di valle dallo spopolamento delle valli sono ben descritti in una toccante poesia cercando faticosamente, nel rispetto della di Piero Raina, autore originario di storia di tutti, di superare i campanilismi, Elva. In Toumbaren i casei di vilage rivelando capacità progettuali anche in una Raina racconta con infinita visione europea. Si cercò di fronteggiare il malinconia la sensazione di una senso di solitudine, di disgregazione e di montagna abbandonata, silenziosa e priva del rumore e delle parole degli rarefazione sociale difendendo i servizi e abitanti, ormai in larga parte fuggiti fornendone di nuovi quali i trasporti, il dalla terra degli antenati. Raina telesoccorso, le scuole, la sanità e chiude amaramente affermando: migliorando le comunicazioni. A metà degli sudare per mantenere viva la anni Settanta del Novecento avvenne un montagna non produce e piangere la sua fine non serve. altro importante evento: si fece strada, 37
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infatti, anche in valle Maira una rivoluzione culturale straordinaria e formidabile le cui componenti sono principalmente due. La prima è l’idea di una identità mai immaginata né supposta. L’idioma materno, per troppo tempo denigrato e sinonimo di subalternità, veicolo e testimone invece di cultura, di dignità e di storia era in realtà la lingua d’òc, quella della prima letteratura del Sud della Francia. La scoperta apparve come un patrimonio foriero di grandi potenzialità che oggi ancora è alla ricerca di menti limpide, generose e di lunga veduta per dispiegare il potenziale di cui può essere portatore in tutti i campi della vita collettiva, dalla cultura all’arte e all’economia. Il secondo elemento della nuova ventata culturale fu la concezione del territorio, del paesaggio, dell’ambiente montano e dell’architettura, fino ad allora ritenuti poveri, miseri e terra da cui fuggire, come risorse e bellezze straordinarie sulle quali puntare per una rinascita anche economica e demografica. Si comprese che non è la montagna a generare la deprivazione culturale ed economica, ma gli uomini: orgoglio e consapevolezza assursero a linfa, energia e motore e diedero vita a una molteplicità di iniziative, studi, ricerche, testimonianze e progetti di conservazione e ripristino paesaggistico. Queste furono le risposte alla crescente domanda di identità da parte delle nuove generazioni e di turismo di qualità che proveniva non solo e non tanto dall’Italia, ma soprattutto dalla Mitteleuropa. Queste sono le carte con cui la valle Maira si presenta al futuro: un capitale materiale ed immateriale di cui la popolazione locale è finalmente cosciente, del quale prendersi cura e che chiede di essere investito con attenzione.
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Muntagne en maluro Stanöcc, turno, vu ai sentüe crià muntagne mie Cumo i-ero nèco Cumo i-ero giò stanco la vosto vus che vuzaute tute da tantu temp coun un rabio crié a l'aire…
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Montagne in malora Stanotte, di nuovo, vi ho sentite gridare / montagne mie / com’era offuscata, com’era già stanca la vostra voce / ché voi tutte, da tanto tempo, con rabbia gridate al vento….
Armando Falco CARTIGNANO, GRAFIA DELL’AUTORE 38
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Introduzione linguistica L’occitano e l’Occitania È stimata in quasi tre milioni di abitanti la popolazione che oggi in Europa ancora parla e comprende l’occitano, lingua romanza o neolatina sorella di portoghese, spagnolo, catalano, francese, italiano, franco-provenzale, sardo, ladino, rumeno e dalmatico. La regione in cui è presente questa minoranza linguistica abbraccia tre stati: la val d’Aran in Spagna, 32 dipartimenti francesi in Guascogna, Linguadoca, Provenza, Alvernia, Limosino e Delfinato, e 120 comuni in Italia. Qui la lingua occitana è presente nelle province di Imperia, Cuneo e Torino: in Liguria sono occitane Olivetta San Michele e le frazioni Realdo e Verdeggia del comune di Triora, mentre nel cuneese si contano l’alta val Tanaro, le valli Corsaglia, Maudagna e Ellero, Pesio, Vermenagna, Gesso, Stura, Grana, Maira, Varaita e Po con le laterali Bronda e Infernotto. Nel torinese parlano occitano le valli Pellice, Chisone, Germanasca, e l’alta Val Susa. Esiste poi un’isola linguistica occitana in Calabria, Guardia Piemontese: popolata nel XIV secolo da emigrati valdesi delle valli Pellice e Varaita, parla tuttora un dialetto della lingua d’òc. Benché negli ultimi secoli la popolazione parlante sia diminuita fortemente e spesso l’occitano sia stato ritenuto lingua dei ceti più umili o delle generazioni più anziane, la lingua d’òc ha ricoperto un posto di prestigio nel panorama linguistico e letterario europeo. Il nome della lingua si deve a Dante Alighieri, che nel De vulgari eloquentia del 1303 classificò per primo le parlate romanze partendo dall’avverbio di affermazione, individuando tre idiomi: lingua del sì, italiano, lingua d’oil, oiltano o francese, e lingua d’òc (dal latino hoc est, è questo), occitano. Dante indicava la lingua d’òc anche con il termine provincialis, lingua della provincia romana per eccellenza, la Provenza. Per questo il termine occitano iniziò ad essere impiegato per le regioni in cui si parlava la lingua d’òc: il potere centrale francese indicava i propri feudi meridionali come patria linguae occitanae. Inizialmente impiegato solo per atti giuridici ed omelie religiose, già dalla fine del X secolo l’occitano conobbe una stagione straordinaria grazie al movimento letterario dei trobadors, compositori di liriche occitane a tema amoroso, politico e satirico. Le maggiori scuole poetiche europee si ispirarono ai trovatori, da quella siciliana alla tedesca, fino al Dolce Stil Novo: lo stesso Dante indicherà come “miglior fabbro (dal latino faber, creatore) del parlar materno” proprio il trovatore aquitano Arnaud Daniel, che farà parlare in occitano anche nel Canto XXVI del Purgatorio nella Divina Commedia. Con l’annessione delle 42
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terre di lingua occitana alla corona di Francia a seguito della Crociate del XIII secolo, per la lingua d’òc iniziò un lento declino, culminato nel 1539 con l'Editto di Villers-Cotterêts che impose il francese in tutti gli atti pubblici. Solo nel 1854 con la nascita del Felibrige, movimento letterario fondato da poeti provenzali “per provocare la resurrezione della vecchia lingua della Provenza e riabilitarla con il prestigio della poesia” si ebbe una ripresa dell’orgoglio linguistico e della produzione letteraria, soprattutto grazie a Frédéric Mistral, autore di Mirèio e Calendau, vincitore nel 1904 del Premio Nobel per la letteratura. Nel corso dei secoli la lingua occitana si è arricchita e “sviluppata” in centinaia di varietà locali, assai differenziate per esiti tra regione e regione, e spesso anche tra paese e paese. L’isolamento territoriale delle valli d’Italia ha contribuito alla conservazione di numerose forme dialettali locali, appartenenti al gruppo dell’occitano alpino o del Vivarese alpino. Già nell’Ottocento alcuni studiosi tedeschi rilevarono l’appartenenza delle valli piemontesi confinanti con la Francia, tra cui la val Maira, alla regione linguistica occitana. Seguirono gli studi di Ronjat e Dauzat (Grammatica storica delle parlate provenzali moderne, 1931, e Revue de philologie française et litérature, 1914), fino all’importantissimo studio del prof. Corrado Grassi che nel 1958 riaffermò questa appartenenza, in realtà fino agli anni ’70 non troppo percepita dagli
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Nost parlar En tanti pais qu’a sìou jò sta nosto lengo es la pu belo ma tanti dìoun: d’aquel patouà capién ganco na favelo. Lou capissoun a meravìo ent la Prouvenzo e Languedò; din ent l'Ouvergne i’es ben capìo! Dal latin derivo etcò. Oublién mai nost bèl patouà emparà da nostes maire: ancà Mistral à judicà qu'et pu bèi patouà n’avìo pa gaire.
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Pietro Antonio Bruna-Rosso
La nostra parlata Tra i tanti paesi in cui sono già stato / la nostra lingua è la più bella / ma tanti dicono: / non capiamo neppure una parola. / Lo comprendono a meraviglia / tra la Provenza e la Linguadoca; / in Alvernia è ben capita! / Deriva inoltre dal latino. / Non dimentichiamo mai il nostro bel dialetto / imparato dalle nostre madri: / persino Mistral ha giudicato / che non erano molte le parlate più belle. ELVA, GRAFIA MISTRALENCA
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stessi abitanti, soliti definire patois, nosto modo o chapui chabal (su e giù, avverbi tipici della valle) il dialetto locale. Chapui chabal: le varietà linguistiche della val Maira NB: In questo paragrafo è stata utilizzata la grafia Escolo dòu Po; cfr. pag. 11 per la nota sulle scelte linguistiche di questa guida. La valle Maira, posta idealmente al centro del territorio occitano d’Italia, ha conservato, anche grazie all’isolamento di alcuni suoi insediamenti, peculiarità tipiche nella pronuncia e nel lessico. Come per tutto il territorio circostante, nell’ultimo cinquantennio nelle basse valli la ■ Una lingua inventata: lenta penetrazione della parlata piemontese il gergo segreto dei chabeliers ha visto la sua sovrapposizione alle varietà A Elva il mestiere più diffuso e occitaniche; alcuni comuni, costituiti da un remunerativo nel secolo scorso era gran numero di borgate poste a diverse quello del caviè, chabelier o quote altimetriche e insistenti su differenti pelassier: il raccoglitore di capelli. Nel 1800 un elvese emigrato a valloni, vedono la coesistenza di gallo-italico Parigi comprese che la produzione e gallo-romanzo, mentre salendo di quota di parrucche, toupets e chignons, le parlate occitane si sono conservate in imperanti nella moda dell’epoca, modo più caratteristico, senza eccessive poteva trasformarsi in un’attività contaminazioni linguistiche. vantaggiosa, e insieme ad altri uomini di Elva cominciò a praticare Il territorio della valle si apre ai 500m di in tutto il Nord Italia la raccolta altitudine di Busca, di lingua piemontese. dei capelli. Per potersi scambiare Analoga la situazione di Villar San consigli o gestire la contrattazione Costanzo, dove però delle antiche parlate con maggior scaltrezza, i raccoglitori occitane restano ampi relitti linguistici, inventarono un gergo segreto specie nella località La Morra, e attestati che veniva tramandato di padre in figlio, incomprensibile anche oggi nella toponimia (chichou, Giouera, agli altri elvesi. Alcuni esempi Coumbal, La Founsa). raccolti da Pietro Antonio BrunaAnche gli abitanti di Dronero attualmente Rosso, con grafia dell’autore: grei parlano piemontese; come per Busca e (padre), mucino (ragazza), lionis Villar, si tratta però di una varietà “alpina”: (prete), angelet (carabinieri), limuso (camicia), gurgunsavi (pidocchio), non è infatti presente la pronuncia faucale maulo (casa), tavi (osteria), piurlu della -n come in pianura (lun-a, sman-a), (soldi), chaluno (saccoccia), bauhcho bensì si ha pronuncia dentale (luna, smana). nut (non parlare), gurdo tresulendo Va inoltre sottolineato che alcune frazioni, (treccia bellissima), trasso (vattene), quali Piossasco, Ruata Fatiga e Tetti, marco veni (brutto segno). 44
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Cartelli indicatori bilingui italiano e occitano sono sempre pi첫 frequenti nei comuni della valle.
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conservano una parlata occitanica. Roccabruna, comune nato dall’accorpamento di 92 frazioni ben lontane per collocazione e quota altimetrica, benché oggetto di una recente piemontesizzazione, attualmente parla ancora occitano (ad esempio nelle frazioni di Castello, Cogno, Norat, Margaria). Qui la pronuncia locale dell’infinito conserva la -r (parlar, minjar) proprio come a Prazzo, Stroppo e Acceglio, mentre nel resto del territorio essa spesso è muta (parlà, minjà). Occitano e piemontese convivono anche a Cartignano, in un rapporto proporzionale che vede però ancora prevalere il primo. San Damiano Macra, in virtù del territorio estremamente ampio e degli scambi economici con la pianura che da sempre hanno interessato i suoi abitanti, presenta per alcuni fenomeni diversi esiti: per i nomi femminili singolari sia -o che -a (Coumba Mala, Selèto); palatalizzazione sporadica (Chariòou, Bianca); vari articoli femminili plurali (le grange, come Prazzo, ed i grange, come Elva, ma anticamente anche les/es, come si evince dal toponimo Scoumbe, les-coumbe. Tale articolo è presente anche a Stroppo, Acceglio e Celle di Macra). Macra si differenzia dai comuni limitrofi per l’articolo femminile plurale lei; ma è il vallone di Celle di Macra ad aver ■ I dizionari della val Maira conservato le singolarità più evidenti. Qui Nella produzione letteraria locale, un ruolo significativo è ricoperto dagli si ha una pronuncia non palatalizzata di ch studi linguistici. e g: chan e gent divengono tsan e dzent, Piccolo dizionario del dialetto mentre si ha pronuncia palatale della -s occitano di Elva P. Antonio Brunaseguita da vocale: naisshua, ishò. Anche i Rosso, Valados Usitanos, Cuneo 1980 dittonghi subiscono un trattamento Occitano alpino. Cenni storici. particolare nella varietà cellese: ad Grammatica. Vangelo di S. Marco esempio il fuèc diventa fuvec. Sull’altro Pey Di Lizan (Pietro Dao), Grafiche versante sorge Stroppo; qui, forse unicum Artigianelli, Trento 1983 in val Maira, si utilizza come avverbio di Occitano alpino. Vocabolario negazione il pa (contro il nen di italiano-occitano Pey Di Lizan (Pietro Dao), Primalpe, Boves 1986 Cartignano e Canosio, il nin di San Piccolo dizionario della lingua Damiano Macra e il panvallivo ren). occitana di Celle Macra (Selles) Conservativo dal punto di vista linguistico Valle Maira Bernardo Conte, si è dimostrato l’isolamento cui è stata Primalpe, Boves 2002 soggetta Elva, a oltre 1.600 metri: qui, Dizionario italianocome in un altro insediamento della stessa occitano/occitano-italiano a cura di sponda orografica, San Michele di Prazzo, Rosella Pellerino, Espaci Occitan e +eventi edizioni, Cuneo 2009 il verbo andare al congiuntivo non si 46
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presenta in ane, anesse, bensì in vane, vanesse. Sul versante opposto del Maira, Marmora e Canosio hanno mantenuto varietà dai fenomeni comuni, come la desinenza femminile plurale in -os (chabros). Prazzo presenta nel capoluogo peculiarità che lo differenziano dalle sue frazioni: ad esempio la preposizione “con” è coun, mentre ad Ussolo e San Michele è, come nel resto della valle, abou/’bou; i nomi femminili plurali escono in -e (le freme), mentre ad Ussolo in -o (le fremo), e a San Michele sono attestati sia -as che -os. San Michele è noto anche per il fenomeno che vede l’occlusiva palatale lh- pronunciata come ch/j (i ragazzi divengono perciò gi fich, le ragazze le figge). Alla sommità della valle, Acceglio e le sue borgate presentano il plurale maschile con una s sensibile, che può prendere una -e di sostegno dopo un altro suono di -s: i loups, un pes, dui peses. Acceglio è anche l’unico comune della valle dove il pronome soggetto è iu anziché mi. In generale, i nomi femminili singolari hanno esito in -a a Roccabruna, Macra, Celle, e in -o nei restanti comuni; i femminili plurali possono presentarsi in -e (Elva, Prazzo, San Damiano Macra, Cartignano, Roccabruna), -es, (sempre ad Elva, Stroppo, Macra, Celle), -os, (Canosio, Acceglio), -as, (San Michele di Prazzo), -o (Ussolo di Prazzo). Va però ricordato che spesso non tutti gli abitanti di un comune pronunciano allo stesso modo un termine: esistono consistenti differenze tra frazione e frazione e talora tra i componenti di una medesima famiglia.
La produzione letteraria di valle in occitano Tra i principali esponenti della scuola poetica della val Maira va posto senza dubbio l’elvese Piero Raina. La sua prima raccolta pubblicata, I canti della mia terra, risale al 1970, ma Pietro, detto Piero, diceva di non sapere quando avesse iniziato a scrivere, perché dentro di sé aveva iniziato prestissimo a raccogliere tutto ciò che gli raccontava la gente. Opere come I Reis Chanten Encaro, La caresso dal temp, le prose de Sotto l’albero del pane, sino all’ultima Neu e auro trovavano ispirazione nella vita quotidiana, negli incontri con vecchi e giovani, nel suo lavoro tra api, genepì, legna e vacche. Nico Orengo s’era ispirato a lui per uno dei personaggi de Il salto dell’acciuga sulla storia dei caviè. È stato un rappresentante d’una poetica piena di estent, nostalgia di un tempo passato e capace di dar voce a quelli che Piero - che diceva di farne parte - chiamava “vinti”. Commentava così il suo essere poeta autodidatta, quasi per necessità, per naturale e istintiva vocazione: «la poesia è un conforto, un modo di vivere in 47
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armonia con la natura. Scrittori e poeti si è nell’animo. Non mi ricordo quando ho iniziato a scrivere, le testimonianze le ho raccolte così, semplicemente stando ad ascoltare la gente». Eredi della tradizione poetica elvese sono Costanzo Mattalia, i cui componimenti sono anche stati musicati, e Tiziana Raina, nipote di Piero, che canta temi universali attraverso il linguaggio delle piccole cose e della natura. Sempre ad Elva vanno ricordati Pietro Antonio Bruna-Rosso, poeta e autore di un prezioso vocabolario della parlata elvese, Pey di Lizan (Pietro Dao), studioso della lingua occitana e figlio di un chabelier (raccoglitore di capelli), e Franco Baudino, poeta e profondo conoscitore della cultura locale. Lucia Abello di Stroppo ha pubblicato la raccolta De pours e de bufes, dalla vena malinconica e struggente: è rappresentante del novero di poetesse della val Maira di cui fanno parte anche Maria Luigia Ponte di Ussolo di Prazzo, Maria Laugero dell’Albaretto di Macra (anche narratrice), Maria Maddalena Beltramo di Pagliero, San Damiano Macra. Completano il quadro dei poeti locali Armando Falco di Cartignano, Giorgio Bianco ed Enzo Conte di Roccabruna, Alberto Bersani di Dronero e Giacomo Allinei di Prazzo. Tra i prosatori, ha svolto un prezioso lavoro di ricerca, documentando leggende, proverbi e storie nelle varietà dialettali locali Pietro Ponzo di Canosio, autore di Val Mairo la nosto, Val Mairo vieio suhour e Gent de ma valado - Una voce dalla valle. Sullo stesso filone si è inserita più recentemente l’opera di Secondo Garnero di San Damiano Macra, che ha pubblicato Paìe, Paiere, Lotou, San Damian en Val Mairo e La memorio de la Val Mairo. Una citazione anche per Carlo Giordano, giornalista attivo in valle e poeta in lingua italiana.
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La nosto lengo La nosto es na lengo èt pas e d’ speranzo En message d'amour e d’ frairanzo: Jammai na diquiarazioun d' guerro Es esta escricho ent' la lengo d’ nosto terro. Piero Raina
La nostra lingua La nostra è una lingua di pace e di speranza / un messaggio d’amore e di fratellanza: / mai una dichiarazione di guerra / è stata scritta nella lingua della nostra terra.
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ELVA, GRAFIA DELL’AUTORE
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tradizioni Le tradizioni popolari di valle I riti della festa e del quotidiano Antichi mestieri La musica e le danze in valle
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