paraplegia La rivista dell’Unione dei sostenitori della Fondazione svizzera per paraplegici
Settembre 2012 / Nr. 119
Un solo obiettivo davanti: l’oro! Marcel Hug si è prefisso grandi obiettivi per i Paralympics
A colloquio con Ueli Maurer | Assistenza nella fase acuta a Nottwil | Una giornata con Eveline Siegel
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EditorialE
Care sostenitrici e cari sostenitori
N
el «Faust» di Goethe si trova la seguente frase: «Quello che hai ereditato dai tuoi padri guadagnatelo, per possederlo.» Scritta più di 200 anni fa, questa asserzione
racchiude anche qualcosa di estremamente importante per i collaboratori del Gruppo Svizzero Paraplegici: il compito cioè di non considerare mai compiuta un’opera, ma di lavorare indefessamente per il suo continuo sviluppo. Sotto l’egida della Fondazione svizzera per paraplegici, costituita nel 1975 da Guido A. Zäch, è sorta e si è sviluppata una rete di prestazioni unica nel suo genere per la riabilitazione globale dei mielolesi. Migliaia di persone diventate para o tetraplegiche a seguito di infortunio o malattia sono state aiutate a ritrovare una vita autodeterminata. I significativi successi ottenuti, frutto di un lavoro mirato che dura ormai da quasi quattro decenni, sono certamente motivo di soddisfazione, ma non una ragione per accontentarsi di quanto fin qui raggiunto limitandosi ad amministrarlo. Tutti coloro che oggi ne hanno la responsabilità sono anzi esortati a farsi carico delle esigenze in continua mutazione dei pazienti e a trovare nuove risposte in un ambito già di per sé in costante cambiamento. Entrambi questi aspetti riguardano anche il reperimento di nuovi membri dell’Unione dei sostenitori. Per raggiungere i giovani e portarli a stabilire un patto di solidarietà, dobbiamo servirci di moderni strumenti di comunicazione. Riconoscere di avere un compito comune da svolgere per affrontare e dare risposta alle nuove esigenze costituisce la base per il futuro. Se lo spirito innovativo e la volontà di cambiamento saranno i fattori determinanti della nostra attività, allora saremo in grado di affrontare e superare le sfide che ci attendono. Nello stesso tempo, i sostenitori sanno che «quello che hanno ereditato» è in buone mani. La vostra fiducia è il nostro capitale. È con questa consapevolezza che intendo svolgere il mio nuovo lavoro di Direttore della Fondazione svizzera per paraplegici.
Joseph Hofstetter Direttore della Fondazione svizzera per paraplegici
IMPRESSUM: Paraplegia. La rivista dell’Unione dei sostenitori della Fondazione svizzera per paraplegici, www.paraplegie.ch Anno 31. Edizione: settembre 2012 / Nr. 119 | Pubblicazione: quattro volte all’anno in tedesco, francese e italiano Tiratura totale: 1’018’000 esemplari | Tiratura in italiano: 37’000 esemplari | Copyright: l’eventuale riproduzione è permessa unicamente con l’autorizzazione dell’Editore e della Redazione. Editore: Unione dei sostenitori della Fondazione svizzera per paraplegici, 6207 Nottwil, sps@paraplegie.ch | Responsabile: Fondazione svizzera per paraplegici, Comunicazione aziendale, 6207 Nottwil | Redazione: Roland Spengler (Direzione), Christine Zwygart. Foto: Walter Eggenberger, Beatrice Felder, Astrid Zimmermann-Boog, Traduzione: Enrica Monzio Compagnoni (Grono), redaktion@paraplegie.ch | Layout: Regina Lips, Karin Distel | Pubblicità: Fachmedien Axel Springer Schweiz AG, 8021 Zurigo, info@fachmedien.ch | Preparazione preliminare / Stampa: Swissprinters AG, 4800 Zofingen.
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SOMMARIO
7 News L’Associazione «Le Copain» ha addestrato finora 250 cani d’accompagnamento affidandoli poi a persone disabili. Inca, il cane del giubileo, accompagna ora il Presidente della FSP Daniel Joggi.
12 Marcel Hug È per antonomasia un atleta modello – e attualmente è praticamente imbattibile. Il 26enne turgoviese attende con gioia i Paralympics di Londra ed ha un obiettivo chiaro: vincere l’oro.
18 Ueli Maurer Il Ministro dello sport farà visita agli atleti disabili impegnati nei Paralympics. Nel corso di un colloquio, lo zurighese racconta di come ha superato le sue esitazioni e titubanze nello stabilire dei contatti con le persone in carrozzella.
22 Le prime ore al CSP
a vita può cambiare da un secondo all’altro. Un infortunio, il traL sporto in ospedale, diverse analisi – e poi la diagnosi: mielite trasversa. L’assistenza nella fase acuta di un paziente con lesioni recenti può influenzare tutto il decorso. Cosa pensano le persone colpite? Come reagiscono i famigliari? E cosa succede nelle prime ore al Centro svizzero per paraplegici?
28 Avere tempo, ascoltare, accompagnare Al Centro svizzero per paraplegici lavorano due guide spirituali. Aiutano i pazienti e i famigliari ad affrontare gli interrogativi sul senso di quanto accaduto e sulla vita.
32 La mia giornata in carrozzella Eveline Siegel-Hegi fa ogni giorno una capatina nella stalla per dare un’occhiata al suo cavallo Bumby. Il suo Irish Tinker la segue quando se ne va in giro con l’handbike o traina la carrozza con l’argoviese alla guida.
34 Finale
Punti di vista di Martin Senn sul tema party e musica d’estate.
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News
Più autonomia. Otto disabili hanno ricevuto dall’Associazione «Le Copain» un cane d’accompagnamento.
Ambulatorio nella Svizzera francese La Fondazione svizzera per paraplegici (FSP) e l’Institution de Lavigny collaborano in un progetto pilota. Negli spazi del «Site Plein Soleil» a Losanna è stato aperto un ambulatorio per mielolesi. Qui le persone in carrozzella della Svizzera francese possono ora sottoporsi ai controlli annuali e, in caso di problemi sanitari, ricevere i necessari aiuti in un ambiente non lontano dal loro luogo di domicilio. Sono assistiti e curati da un team del Centro svizzero per paraplegici (CSP) di Nottwil, costituito da un medico, una fisioterapeuta e un’ergoterapeuta, che per cinque giorni al mese operano in questa nuova struttura. Per ora il progetto pilota è previsto per una durata di un anno. Con questa iniziativa la FSP spera di assicurare alle persone colpite in Romandia cure, assistenza e accompagnamento ancora migliori.
Un amico per la vita L’Associazione «Le Copain» addestra da 19 anni cani d’accompagnamento per persone disabili e ammalate. Questi quadrupedi sono in grado di capire fino a 50 comandi e di evadere compiti diversissimi: p. es. aprire le porte, sollevare oggetti da terra o accendere la luce. Durante una piccola festa a Nottwil, i responsabili dell’Associazione hanno affidato il 250° cane d’accompagnamento a Daniel Joggi, Presidente della Fondazione svizzera per paraplegici (FSP). «Questo è un regalo fantastico», ha detto il tetraplegico. Il suo nuovo accompagnatore si chiama Inca, è un Golden Retriever maschio, di due anni e mezzo. Complessivamente sono otto le persone disabili che hanno ricevuto un cane. La FSP sostiene da molti anni «Le Copain». L’Associazione si fa carico dell’addestramento dei cani che crescono in una famiglia ospite. A 15 mesi i cani giungono a Granges VS, nel Centro svizzero per l’addestramento dei cani d’accompagnamento, dove imparano, dopo un duro e lungo periodo di allenamento, i diversi comandi e compiti. «Il nostro obiettivo è di restituire alle persone disabili, grazie a questi cani, una certa autonomia – e di dar loro un amico per la vita», dice il Presidente Charles-Albert Antille.
Ricercatori premiati Un team della Clinical Trial Unit del Centro svizzero per paraplegici (CSP) di Nottwil è stato insignito del Premio per la ricerca 2012 della DMGP (Deutschsprachige Medizinische Gesellschaft für Paraplegiologie), assegnato per uno studio che analizza il decorso dell’osteolisi nelle persone con mielite trasversa. Le conoscenze in materia sono importanti per lo sviluppo di adeguate terapie volte a ridurre l’elevata percentuale di fratture ossee nei mielolesi. Il premio Schellenberg per la ricerca nel settore della paraplegiologia è stato ricevuto dal Prof. Volker Dietz e dal Prof. Armin Curt. Questi scienziati si dividono l’importo del premio di CHF 150’000, che verrà utilizzato per ulteriori progetti di ricerca. Fino al 2009 Dietz è stato Direttore e Primario del Centro per paraplegici Balgrist di Zurigo, Curt è il suo successore.
Schegge In Ticino è stato fondato un nuovo Gruppo carrozzella. Si chiama «Gruppo Carrozzella Insuperabili» ed è presieduto da Walter Lisetto (Lugano). In Svizzera vi sono ora 27 Gruppi carrozzella che offrono, a complessivamente 11‘000 membri, diversi servizi. Il Centro Continenza e Pavimento pelvico del CSP di Nottwil è stato certificato – quale primo istituto del nostro Paese – dalla Deutsche Kontinenz Gesellschaft (Società tedesca per la continenza). I pazienti affetti da malattie neurologiche come la mielite trasversa soffrono spesso di disturbi delle funzioni vescicali e intestinali, le cui terapie necessitano della competenza di specialisti. Ratti con midollo spinale reciso sono in grado, grazie alla stimolazione elettrica e ad un allenamento di deambulazione assistita, di muovere spontaneamente le zampe posteriori. Questo è il risultato ottenuto da studi recentissimi condotti sotto la direzione del Prof. Grégoire Courtine presso l’EPF di Losanna. I ricercatori intendono ora Paraplegia, settembre 2012 | 7 rendere applicabile il metodo agli esseri umani.
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In particolare Edison Kasumaj (Stein am Rhein SH) e Patricia Keller (Waltenschwil AG) hanno ottenuto, nel loro debutto ai CE di atletica leggera per sportivi disabili d’élite, un titolo a testa nella classe sitting. Grazie ad altre due medaglie, Kasumaj ha ricevuto ben tre riconoscimenti; la stessa impresa è riuscita ad Alexandra Helbling (Ettiswil LU). Complessivamente la delegazione svizzera ha vinto 10 medaglie. Michelle Stillwell (Canada) è stata l’atleta che più si è distinta ai Campionati svizzeri Open di atletica leggera in carrozzella. Ha conquistato due dei quattro nuovi record mondiali e ha vinto, come Shirley Reilly (USA) e Hannah Cockroft (Gran Bretagna), tre gare. Dominatore in campo maschile è stato lo svizzero Marcel Hug con i suoi quattro successi. Ha vinto, con chiaro vantaggio, anche la Maratona in carrozzella a Schenkon LU. Lo stesso ha fatto Edith Wolf-Hunkeler (Dagmersellen LU) in campo femminile.
News
Una prima come in un libro illustrato Festa colorata. Alla riuscita inaugurazione della nuova Sport Arena Nottwil erano presenti bambini e adulti, persone in carrozzella e normodotati.
Heinz Frei (Etziken SO) è stato chiamato dal Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) ad occupare un posto nel Consiglio degli atleti. In questo Consiglio dovrà rappresentare gli interessi degli atleti di handbike. L’elezione avrà luogo prossimamente a Londra. Karin Suter-Erath (Wettingen AG) e Sonja Häsler (Basilea) hanno impresso il loro sigillo ai CE di badminton in carrozzella. In tre gare le svizzere non sono mai scese al di sotto del 2° posto. In cifre: due volte oro e una volta argento per Suter-Erath, tre volte argento per Häsler. Andreas Perez (Ginevra) è stato il primo svizzero a disputare un Ironman-Triathlon per persone in carrozzella. In Brasile ha portato a termine la gara – 3,8 km nuoto, 180 km handbike, 42 km carrozzella – in 16 ore e 35 minuti. Ursula Schwaller (Düdingen FR), due volte campionessa mondiale di handbike, e altri membri che fanno parte dei quadri della Nazionale hanno beneficiato della rara occasione di provare la galleria del vento della RUAG (Emmen LU). Prima dei Paralympics è lì che sono stati provati i materiali, gli equipaggiamenti e la posizione aerodinamica degli atleti. Singolarmente si è ottenuto un miglioramento dell’aerodinamicità di circa il 10%.
La Sport Arena Nottwil, completamente rimodernata, ha superato il suo battesimo del fuoco. È stata inaugurata ufficialmente con l’apertura dei Campionati svizzeri Open di atletica leggera in carrozzella, ai quali hanno fatto corona diverse altre attrazioni. Nel corso di due giornate i visitatori hanno seguito circa 180 atleti provenienti da 25 Paesi di tutti i Continenti e assistito ad emozionati competizioni di eccellente livello. «Lo sport può aiutare ad acquisire un nuovo e migliore senso della vita», ha affermato Daniel Joggi, Presidente della Fondazione svizzera per para plegici (FSP), durante la suggestiva Festa d’inaugurazione. E l’atleta in carrozzella Heinz Frei ha ribadito: «Mi appello a tutti gli atleti affinché procedano dando il buon esempio e motivandone altri.» Spiccava, tra i numerosi ospiti d’onore, la presenza del Consigliere federale Ueli Maurer. Come gli attivi, gli allenatori e i funzionari provenienti dalla Svizzera e dall’estero, anche il Ministro dello sport si è mostrato entusiasta dell’infrastruttura: «Ogni apertura di un impianto sportivo che soddisfa gli standard internazionali rappresenta un grande vantaggio.» La Svizzera infatti ne ha troppo pochi. Alla fine il parroco Josef Hochstrasser (Ober entfelden AG) ha benedetto il luogo multifunzionale per le competizioni – affinché sia posto sotto una buona stella: «Forza, gioia, lealtà e salute riempiano tutti coloro che in questo luogo si misurano sportivamente.»
Paraplegia, settembre 2012 |
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Un podologo svizzero fa camminare gli americani Dolori alle gambe
Mal di schiena Dolori alla pianta dei piedi
Caviglie doloranti
Calli Duroni
Crampi ai piedi
Spossamento o dolori all’arco plantare
Dolori al tallone
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Avventura «aerea»
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Il nuovo e appena aperto Parco avventura «Swiss Seilpark» a Fiesch VS offre un’attrazione anche per le persone in carrozzella. Uno dei sei percorsi complessivi è costruito in modo tale che anche loro possano procedere «arrampicati» di albero in albero. Tutto ciò è possibile grazie ad un sedile da parapendio, appositamente modificato e dotato di una speciale imbottitura per le gambe, che protegge da possibili lesioni. Appesi alla corda e senza carrozzella, i para e tetraplegici possono godere dell’avventura di un «sentiero» che li conduce di cima in cima sugli alberi. Questo percorso è nato dall’idea di favorire l’integrazione tra normodotati e persone in carrozzella dando loro la possibilità di utilizzare insieme il Parco avventura. O come afferma l’ideatore Claudio Rossetti: «Divertimento ed emozioni non devono avere barriere.» L’impianto è stato sviluppato insieme all’Associazione svizzera dei paraplegici (ASP), l’associazione mantello dei mielolesi in carrozzella. Maggiori informazioni sotto www.sport-ferienresort.ch, Settore Sport. Divertimento puro. Lo speciale sedile consente alle persone in carrozzella di «decollare».
Agenda 2012 31 agosto – 2 settembre Campionati svizzeri di tennis in carrozzella Wohlen AG 15 settembre Swiss Handbike-Day, CSP Nottwil Corsa nazionale in carrozzella Campionati svizzeri di handbike (juniores) Steinen SZ 19 / 20 settembre 12° Congresso eHealthCare.ch GZI Nottwil 8 novembre Simposio sulla cura dei mielolesi, CSP Nottwil 14 novembre Lettura di Felicitas Hoppe Biblioteca, GZI Nottwil
Nuovo Direttore in carica Joseph Hofstetter (Sursee LU) ha assunto il 1° agosto la carica di Direttore della Fondazione svizzera per paraplegici (FSP). Il 51enne giurista ha sostituito Daniel Joggi (Trélex VD) che continua a restare Presidente del Consiglio di fondazione. Nella sua nuova funzione Hofstetter può tra l’altro attingere dalla sua vasta esperienza maturata in 12 anni d’attività in diverse organizzazioni del Gruppo Svizzero Paraplegici (GSP). Le mansioni del Direttore della FSP comprendono la gestione della Fondazione e dei settori di supporto a lei assegnati, il coordinamento della collaborazione tra Fondazione, società affiliate e società partner nonché la conduzione della Conferenza dei Direttori. Hofstetter rappresenta anche verso l’esterno gli interessi dell’istituzione di pubblico interesse.
15 novembre Vernissage della mostra d’arte (quadri, sculture etc.) di Victor Bisquolm CSP Nottwil 17 novembre Mercatino di Natale, CSP Nottwil
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Paralympics
«Marcel Hug è un talento eccezionale» Un turgoviese prende quota. Marcel Hug è l’atleta su cui sono riposte le speranze svizzere ai Paralympics di Londra. In questo momento, al 26enne riesce quasi tutto. Le migliori premesse quindi perché possa raggiungere il suo obiettivo: una medaglia d’oro. Testo: Christine Zwygart | Foto: Walter Eggenberger, Thomas Studhalter, Astrid Zimmermann-Boog
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l suo elemento più caratterizzante: il casco color argento. Il suo soprannome: «Swiss Silver Bullet», che pressappoco significa «proiettile svizzero d’argento». Il realtà si dovrebbe chiamarlo razzo d’oro o ragazzo d’oro. Perché una cosa è certa – quando Marcel Hug sfreccia sulla pista con la sua carrozzella, non di rado c’è l’oro alla fine della sua gara. Il 26enne turgoviese detiene i record mondiali degli 800, dei 1500, dei 5000 e dei 10000 metri. «Mi piace il dinamismo della corsa e l’ebbrezza della velocità», dice Hug. Durante la gara spinge, con la sola forza delle braccia, la carrozzella ad oltre 30 chilometri all’ora. Non sorprende perciò la prestanza atletica del suo fisico: spalle larghe e braccia muscolose. È pronto per i Paralympics di Londra: «Vorrei vincere una medaglia d’oro. E darò battaglia per questo in ogni gara.» Una vecchia carrozzella per i fratelli Marcel Hug è nato con la spina bifida. La sua prima carrozzella l’ha ricevuta all’età di sette anni. Ricorda con piacere la sua infanzia, trascorsa con i tre fratelli maggiori nella fattoria dei suoi genitori a Pfyn TG. «Sono nato in mezzo alla natura e ancora oggi mi sento a
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mio agio solo quando sono all’aria aperta.» Da ragazzino dava ovviamente una mano nella raccolta delle patate, prelevava le uova nel pollaio e raccoglieva le mele cadute – e lo faceva nel modo migliore consentitogli dal suo andicap. Per evitare che nei giochi i fratelli avessero sempre un margine di vantaggio nei confronti di Marcel, i genitori decisero di acquistare una vecchia carrozzella supplementare. «I miei fratelli si sedevano in questa carrozzella e questo ci permetteva di lottare quasi ad armi pari, almeno senza lo svantaggio della differenza d’altezza», racconta Marcel. I due, tre gradini nell’edificio scolastico non rappresentarono un problema fin quando il ragazzo fu in grado di camminare con tutori e stampelle. «Col tempo, però, la cosa diventò troppo scomoda.» Più tardi il custode della scuola costruì una rampa per facilitare l’accesso della carrozzella. «Ero ben integrato e non mi attendevo neppure un trattamento di favore.» Affinché il ragazzo potesse imparare a maneggiare la carrozzella, nelle vacanze frequentò un campo giovanile appositamente attrezzato. «È lì che ho imparato ad abituarmi alla carrozzella e a provarne una da corsa piuttosto vecchiotta.» Marcel Hug ricorda ancora esat-
tamente lo strano veicolo – un tipo di cassa con quattro ruote – con cui fece i primi giri sulla pista. Il ragazzo assaporò presto il piacere di partecipare alle competizioni, perché «conoscevo questa particolare disciplina sportiva avendo letto in proposito una interessante storia su una rivista». Paul Odermatt, allenatore delle giovani leve, conobbe Marcel quando questi aveva dieci anni. Il coach non ci mise molto a capire che il giovane avrebbe potuto cavarsela molto bene nelle corse in carrozzella: «Marcel era attento, interessato e poneva molte domande.» A tutt’oggi la sua disponibilità a dare tutto anche nei momenti più duri è rimasta intatta. Da molto tempo ormai Hug è diventato un esempio per le giovani leve. E oggi Odermatt svolge la funzione di allenatore personale di Hug, lo accompagna e lo consiglia – e sottolinea: «Marcel è un talento eccezionale.» Pioniere nella scuola di sport L’atleta d’élite abita là dove si allena: a Nottwil. Qui vive, insieme al fratello Patric e all’amica di questi, in uno spazioso appartamento. «È pratico e facilita la vita quotidiana», dice Marcel. Al mattino sbriga per lo più le varie
Focalizzare. Prima della gara Marcel si scalda sui rulli e ascolta brani di rock da sballo (foto grande). L’atleta con il coach Paul Odermatt (dx.) e l’allenatore di forza Peter de Regt (in alto). Hug è la star degli spettatori, concede autografi (centro) e riceve congratulazioni (sotto).
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Rilassarsi. A casa, a Nottwil, Marcel e il fratello Patric mentre cucinano due uova al tegamino (sx.). Lo sportivo invia personalmente le sue magliette ai fan (dx.). Sul divano in soggiorno si può lavorare bene – per esempio, Hug cura da sé la sua homepage.
incombenze amministrative, cura la sua homepage o spedisce le magliette ordinate dai fan. «I lavori domestici non fanno decisamente parte delle sue occupazioni preferite», sfotte Patric, che descrive il fratello minore come persona tenace e risoluta. «Beninteso nello sport, non in cucina.» Per Marcel lo sport è onnipresente e domina ogni aspetto della sua vita. Hug è stato il primo in carrozzella a frequentare la Scuola nazionale per gli sportivi d’elite Turgovia e più tardi lo Sportler-KV (SIC) di Lucerna. È sempre stato ben accetto dai suoi compagni di scuola: «Mi trattavano con rispetto e tenevano in considerazione le mie prestazioni.» Dopo l’esame finale e il relativo diploma di impiegato di commercio, per un anno ha lavorato presso la fabbrica di biscotti Hug AG
« Mi alleno 25 – 30 ore alla settimana» («Non abbiamo alcun legame di parentela») e nel 2010 Marcel ha coronato il suo sogno: sportivo professionista. Da allora si è concentrato completamente sulla sua carriera. E come va dal punto di vista finanziario? «Sì, riesco a farcela», dice e aggiunge: «Tra l’altro – non percepisco
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alcuna rendita AI.» L’atleta si mantiene con i contributi che affluiscono da sponsor personali e dalla società sportiva, con i premi vinti e le conferenze. Grazie al riconoscimento di «Sportivo disabile del 2011», il turgoviese è ora conosciuto da un più ampio pubblico, ma dal punto di vista finanziario questo premio ha avuto uno scarso impatto. «Sono sempre alla ricerca di una sponsorizzazione per l’auto.» Il piano di 12 anni Alle 11.30 inizia il primo dei tre allenamenti quotidiani. Nella palestra del CSP di Nottwil, Marcel Hug compie un percorso sfrecciando a slalom tra i paletti, esegue una serie di acrobazie per migliorare l’agilità, irrobustisce la muscolatura del tronco con le palle mediche. «Ogni settimana mi alleno intensamente per 25 – 30 ore, a cui si aggiungono 5 – 6 campi di allenamento all’anno», racconta. Nel pomeriggio continua all’esterno sulla pista di atletica leggera e altrettanto fa alla sera. «Quando, verso le 19.30, il ciclo giornaliero è concluso, seguono i colloqui con l’allenatore.» Il coach Odermatt ritiene che il suo protetto abbia buone chance di vincere una medaglia d’oro ai Paralympics: «Marcel ha una personalità di notevole spessore, durante le gare rielabora continuamente la tattica migliore da applicare, è in grado di focalizzarsi benissimo sull’obiettivo.» Se il giorno X tutto andrà per il verso giusto, Marcel
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dovrebbe salire sul podio degli 800, dei 1500, dei 5000 metri o della maratona. Sono dodici anni che i due lavorano per questo momento, con l’obiettivo di vincere l’oro a Londra. Negli ultimi mesi, Marcel Hug ha intensificato i suoi allenamenti di forza, passando da due a tre volte la settimana, a cui si aggiungono sedute di preparazione mentale. «Nel momento decisivo è importante essere pronti anche mentalmente.» Suo padre lo accompagnerà a Londra e in certi giorni arriveranno anche i fratelli.
In ogni caso, nei suoi bagagli non mancherà l’MP3-player con la sua collezione musicale. Brani di rock da sballo per l’allenamento, brani meditativi immediatamente prima delle gare. «Mi aiuta ad entrare completamente nell’atmosfera della competizione e a concentrarmi.» La comunità dei fan di Marcel Hug aumenta con ogni uscita ufficiale. Il giovane è simpatico, risoluto, senza atteggiamenti da star. Il suo desiderio più grande: «Potere una volta girare il mondo senza carrozzella.» Al mare o attraverso
gli USA. Non è un uomo di tante parole, a volte sembra riservato, soprattutto quando si tratta della sua vita privata. «Sì, sono in mani sicure». Di più non dice. Marcel non vuole suscitare clamore attorno a sé e nei colloqui è sempre modesto. In questo senso il casco color argento è perfetto per lui, come lo è il suo soprannome «Swiss Silver Bullet». Minimizzare un po’ – ma al momento decisivo via a tutto gas, mettersi sulla corsia di sorpasso e tagliare il traguardo da «ragazzo d’oro».
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Edith Wolf-Hunkeler Età 40 anni Domicilio Dagmersellen LU Professione Sportiva e madre Andicap Paraplegica dal febbraio 1994 a seguito di un incidente automobili stico
Foto: Eddy Risch
Aneddoti sul caso, la cerimonia e la mancanza di tempo
Successi ai Paralympics Atene 2004: due medaglie d’argento nei 1500 e 5000 metri Pechino 2008: medaglia d’oro nella maratona e medaglia di bronzo nei 1500
Dall’amarezza di un avverso destino alla gioia di una medaglia d’oro «Ai Paralympics sono legate per me delle forti emozioni – soprattutto quelle vissute nelle gare a Pechino 2008. Proprio a quei Giochi, nei 5000 metri caddi malamente coinvolta in una carambola generale. Non ebbi nemmeno il tempo di capire ciò che stava succedendo che mi ritrovai improvvisamente per terra e pensai: NO! Sentii in me un grande vuoto. Solo più tardi mi accorsi delle escoriazioni e dei lividi sparsi un po’ su tutto il corpo. Gli assistenti si diedero un gran da fare con massaggi, pomate e medicamenti – tanto da rimettermi in sesto in un paio di giorni e permettermi di partecipare alla maratona. Raramente ho patito e lottato con me stessa come in questa gara. Però non cedetti, lottai e recuperai lo svantaggio iniziale. Alla fine, per una manciata di secondi, tagliai per prima il traguardo. In me scoppiò un tumulto di sensazioni: ero scioccata e felice al tempo stesso. E volevo solo tornarmene a casa. Quest’estate mio marito Mark e nostra figlia Elin mi accompagneranno ai Paralympics, perché lo sport è diventato nel frattempo un progetto famigliare. E lo scorso gennaio l’abbiamo messo alla prova a Sidney, la metropoli australiana: al mattino andavo ad allenarmi e lungo il tracciato di cinque chilometri improvvisamente incontravo da qualche parte Mark ed Elin. Non sapevo mai quando e dove. È stato toccante. È vero che da mamma non ho mai perso veramente l’ambizione sportiva, però non riuscivo a concepire una partenza per Londra senza di loro.»
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Ci saranno anche 25 svizzeri Dal 29 agosto al 9 settembre si svolgeranno a Londra i Paralympics 2012. I circa 4200 atleti provenienti da 150 nazioni – nuovo record – si contenderanno oltre 500 set di medaglie in 20 discipline sportive. La Svizzera partecipa con 25 atleti (di cui 19 in carrozzella) in sette discipline. Nel 2008 vennero vinte undici medaglie. Lo Swiss Paralympic Team 2012 Sitting. Tiro con l’arco: Magali Comte (Onex GE), Philippe Horner (Archamps / F). – Atletica leggera: Beat Bösch (Nottwil LU), Heinz Frei (Etziken SO), Sandra Graf (Gais AR), Alexandra Helbling (Azmoos SG), Marcel Hug (Nottwil LU), Patricia Keller (Waltenschwil AG), Bojan Mitic (Hochdorf LU), Manuela Schär (Kriens LU), Edith Wolf-Hunkeler (Dagmersellen LU). – Handbike: Jean-Marc Berset (Bulle FR), Tobias Fankhauser (Hölstein BL), Heinz Frei, Sandra Graf, Ursula Schwaller (Düdingen FR), Lukas Weber (Zurigo). – Tiro: Paul Schnider (Mels SG). – Tennis: Yann Avanthey (Champéry VS), Daniel Dalla Pellegrina (Ennenda GL). – Tennis da tavolo: Silvio Keller (Wallbach AG). Standing. Atletica leggera: Christoph Bausch (Pfäffikon SZ), Philipp Handler (Embrach ZH), Christoph Sommer (Utzenstorf BE). – Ciclismo: Annina Schillig (Steyr / Oe), Sara Tretola (Biberist SO). Ciechi. Nuoto: Chantal Cavin (Berna). Direzione della delegazione: Ruedi Spitzli (Capo), Christof Baer, Roger Getzmann (Capi del team), Matthias Strupler (Medico), Therese Müller (Amministrazione), Urs Huwyler (Media). Paralympics in TV: diversi emittenti e canali TV informano regolarmente sulle competizioni. Resoconti permanenti live sotto: http://www.youtube. com/user/ParalympicSportTV Forte impegno della FSP La Fondazione svizzera per paraplegici (FSP) promuove da anni lo sport di massa e d’élite per disabili e sostiene l’Associazione svizzera dei paraplegici (ASP), risp. la sua sezione Sport svizzero in carrozzella. La FSP è anche Premium Partner di Swiss Paralympic e membro dell’omonima Fondazione.
Dama di compagnia per un rasoio a lametta
Christoph Sommer Età 39 anni Domicilio Utzenstorf BE Professione Disponente aziendale Andicap Amputazione dell’avambraccio sinistro a seguito di un infortunio nel 1979 Successi ai Paralympics Sydney 2000: 6° nei 5000 metri (diploma) Atene 2004: nuovo record svizzero sui 5000 metri, 6° classificato (diploma) Pechino 2008: prestazione stagionale sui 5000 metri, 7° classificato (diploma)
Un’esercitazione militare con qualche giro vizioso
«Da dieci anni inizio con un rituale: prima di importanti eventi sportivi mi lascio crescere un piccolo pizzo che viene sempre rasato immediatamente dopo l’ultimo impegno, quando sono ancora negli spogliatoi dello stadio. Non mi definirei superstizioso, sta però il fatto che questo rito è diventato un elemento fisso. Così è stato anche ai Paralympics 2008 a Pechino. Stava per aver luogo la mia ultima gara e io mi stavo avviando per raggiungere le «catacombe» dello stadio. In una borsa, insieme a scarpe e abiti avevo anche un rasoio a lametta. Come nei controlli in aeroporto, gli addetti alla sicurezza «radiografarono» il mio bagaglio, scoprirono il mio ‹oggettino tagliente› – e la farsa incominciò! Grida, agitazione, volti arrabbiati, un numero crescente di funzionari schierati attorno alla mia borsa. Io parlavo inglese, loro solo cinese. Alla fine un atleta locale mi aiutò nella traduzione. Ma i controllori non si lasciarono convincere facilmente. Il rasoio a lametta venne confiscato, infilato in una busta che venne sigillata e consegnata ad una signora per la sua custodia. E in effetti io ricevetti di nuovo ‹l’oggettino tagliente› solo dopo la gara, quando avevo già abbandonato l’arena con i suoi 90’000 spettatori ed ero negli spogliatoi. Lì mi rasai con piacere il mio pizzo – ripensando con gioia al mio miglior tempo stagionale sui 5000 metri.»
Heinz Frei 1984
«Durante i Paralympics abbiamo vissuto, sulle piste o accanto alle piste, momenti divertenti, a volte irritanti ma anche fatti straordinari. Per esempio nel 1984 in Inghilterra: quando, al momento del segnale di partenza della staffetta 4 x 100, tutti e quattro gli atleti giordani scattarono insieme simultaneamente. Fu un momento di caos del tutto inaspettato! Oppure nel 1988 a Seoul, dove nel palazzo di 14 piani vi era a disposizione un solo ascensore. Per contro, all’esterno era stata allestita sulla facciata una sorta di ripida rampa percorrendo la quale potevamo raggiungere anche il 12° piano, dove erano situate le nostre camere. Così prima di coricarci c’era modo di fare anche qualche allenamento extra. Mi sono rimasti impressi nella memoria i Giochi del 1992 a Barcellona, dove riuscii a vincere la maratona. A quell’epoca i miei avversari mi sottovalutavano e non ritennero di reagire subito e bloccare il mio tentativo di fuga a 2 chilometri dal traguardo – io, però, tenni duro e vinsi la gara. Quando oggi ci incontriamo in occasione di una competizione ridiamo di cuore ricordando questo «attacco di sorpresa». Ho trovato invece pesanti i Paralympics del 1996 ad Atlanta, perché mancava un qualsiasi gesto di considerazione nei confronti degli sportivi disabili. Gli uomini adibiti al servizio di trasporto dall’Hotel allo stadio erano militari e assolsero il loro incarico come se si trattasse di una specie di esercitazione. L’aspetto più spiacevole fu che il tragitto di circa mezzora durò tre ore buone perché non trovavano lo stadio. Alcuni atleti temettero perfino di non arrivare in tempo per l’inizio delle gare. Tutto sommato, vissi il mio momento clou personale quattro anni fa a Pechino. Poter gareggiare sempre tra i primi a 50 anni è stato un vero privilegio. Durante la mia carriera sportiva non ho mai subito lesioni gravi e mi sono sempre preoccupato dell’integrità del mio corpo. Per farlo ci vuole molta disciplina e autoresponsabilità – e questo è quanto mi ha insegnato lo sport.»
Heinz Frei Età 54 anni Domicilio Etziken SO Professione Referente allo sport e coach per lo sport in carrozzella Andicap Paraplegico dal 1978 a seguito di un incidente in una corsa in montagna Successi ai Paralympics Finora il solettese ha partecipato a 13 edizioni di Paralympics – 7 volte in estate, 6 volte in inverno. Ha vinto 14 medaglie d’oro e 18 medaglie d’argento e di bronzo.
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«Lo sport per disabili arranca, ingiustamente, come una ragazza che fa tappezzeria» La sua visita all’inaugurazione della Sport Arena a Nottwil è tipica dell’uomo: Ueli Maurer è regolarmente presente alle gare tra le fila degli spettatori e incita gli atleti in carrozzella. Il 61enne Consigliere federale parla di rimozione degli ostacoli esistenti, dei sogni delle estati alpine e degli «scontri» politici. Intervista: Christine Zwygart | Foto: Astrid Zimmermann-Boog
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resto prenderanno il via i Paralympics. Ci sarà anche lei a Londra? Naturalmente! E saranno parecchi i Consiglieri federali che faranno visita agli atleti. Sembra, da voci di corridoio, che si assisterà a delle belle gare. A quale disciplina sportiva è particolarmente interessato? Purtroppo i Paralympics si svolgono nello stesso periodo in cui fervono i preparativi per la sessione autunnale. Non posso perciò scegliere singole corse o gare, ma sarò costretto a recarmi a Londra quando l’agenda di lavoro lo consentirà. Che importanza riveste oggi in Svizzera lo sport per disabili? Se siamo sinceri: si arrabatta – ingiustamente – come una ragazza che fa tappezzeria. È vero che lo sport per disabili può contare su una grande famiglia di insider, ma dall’esterno se ne ha una percezione troppo scarsa. Manca la pubblicità. Se un atleta in carrozzella vince una medaglia, la maggior parte dei mezzi d’informazione gli dedica al massimo un breve trafiletto, mentre le prestazioni che vengono realizzate sono straordinarie. È per questo che continuo a partecipare agli eventi e tento di rimuovere gli ostacoli esistenti. In visita a Nottwil. In occasione dell’inaugurazione della Sport Arena, Ueli Maurer si intrattiene con l’atleta in carrozzella Heinz Frei (il più in alto), prova un monopattino elettrico (in alto) e visita l’area della Clinica (a destra). 18 | Paraplegia, settembre 2012
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Personalmente ha avuto qualche esitazione nell’avvicinare dei mielolesi? All’inizio anch’io ero come bloccato nello stabilire dei contatti con persone disabili. Cosa devo dire? Cosa devo fare? Devo aiutarli in qualche modo? Avevo insomma molti punti interrogativi. Ma quanto più spesso li si frequenta, tanto meno complicato e tanto più sciolto diventa il rapporto.
Anche nella cerchia delle sue conoscenze vi sono persone in carrozzella? Sì, anche nella mia cerchia di conoscenze sono capitati un paio di tragici infortuni con gli sci e in un’arrampicata. Conosco perciò un po’ la tematica. E al CSP ci sono stato già più volte in veste di visitatore. Qual è il suo atleta preferito nell’ambito dello sport per disabili? Heinz Frei ha lasciato un’impronta particolare in questo sport e ancora oggi riesce a coinvol-
germi. Tra le donne, Edith Hunkeler è il personaggio di cartello. Durante le gare riconosco sempre Marcel Hug dal suo casco color argento. E poi ci sono molti giovani che partecipano con entusiasmo. Complessivamente un fantastico team ai nastri di partenza! Cosa fa il suo Dipartimento per lo sport per disabili? Lo sport per disabili non è aggregato al mio Dipartimento ma all’Ufficio federale delle assicurazioni sociali; ma naturalmente man
Profilo Ueli Maurer è nato a Wetzikon ZH il 1° dicembre 1950. Ha portato a termine un tirocinio commerciale e a 23 anni ha assunto la direzione della Landi di Hinwil-Bauma. Dal 1994 al 2008 Maurer ha diretto l’Unione dei contadini zurighesi. La sua carriera politica è iniziata negli anni ’70 come Consigliere municipale UDC a Hinwil. Nel 1983 entrò a far parte del Consiglio cantonale di Zurigo, nel 1991 venne eletto nel Consiglio nazionale. Dal 1996 al 2008 ha ricoperto la carica di Presidente dell’UDC Svizzera. Il 10 dicembre 2008, l’Assemblea federale plenaria l’ha eletto Consigliere federale. Maurer è sposato e padre di sei figli.
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Nella torre di cronometraggio. Il Consigliere federale Maurer con Ruedi Spitzli, Responsabile di Sport svizzero in carrozzella e Thomas Troger, Direttore dell’Associazione svizzera dei paraplegici (da sx.).
teniamo uno stretto contatto tramite l’Ufficio federale dello sport. Negli ultimi anni ci siamo adoperati per portare lo sport per disabili allo stesso livello dello «sport per normodotati». E nel modo meno complicato possibile, aumentando le possibilità di allenamento per i disabili presso il Centro sportivo di Macolin. La si incontra spesso alle gare di handbike. Dovere politico o interesse personale? Entrambi. Non frequento solo i grandi eventi popolari ma assisto anche a gare e incontri di sport cosiddetti «marginali» – per esempio una partita tra squadre svizzere di calcio femminile o una gara di handbike. È affascinante e al tempo stesso emozionante vedere come si destreggiano i ciclisti in carrozzella. Viaggiano ad una velocità incredibile e ad una distanza di soli cinque centimetri l’uno dall’altro. In qualità di appassionato ciclista, so cosa significa … Ha già provato personalmente a muoversi con una handbike? Sì, l’ho provato. Ma non sarei riuscito a percorrere nemmeno cinque chilometri con questa bici. La posizione delle braccia era molto inusuale e dovevo usare muscoli che solitamente non si mettono quasi mai in funzione. Solo allora ho capito esattamente l’entità del lavoro fisico e mentale che una prova del genere richiede. Com’è la sua forma fisica? Non male, grazie. Ogni anno partecipo a due o tre grandi eventi. Nel programma di quest’anno figurano il gigathlon e la Vasaloppet. E vorrei salire sul Finsteraarhorn – un tour alpino che si snoda a oltre 4000 metri di quota è per me anche una prestazione sportiva. Forse riuscirò ad aggiungere anche una corsa di bike. Ho bisogno della pressione che la partecipazione ad un evento sportivo crea. Solo così riesco ad allenarmi invece che stare sempre seduto in ufficio.
È l’ambizione che mi spinge; quando partecipo non vorrei tagliare il traguardo per ultimo. Che parallelismo esiste tra sport e politica? Vittoria e sconfitta sono elementi intrinseci di entrambi. Chi perde deve analizzare la situazione, effettuare dei cambiamenti e fare meglio la volta successiva. È una regola che vale tanto nello sport quanto in politica. E: in politica si barcamena meglio chi prende le sconfitte sportivamente anziché considerarle un fatto personale. Correttezza? In politica le azioni scorrette non sono così manifeste, gli intrighi si svolgono in segreto. E c’è poi un fattore estremamente importante: nello sport, un arbitro infligge, se necessario, delle penalizzazioni, che arrivano anche al blocco dell’attività sportiva. In politica sono invece i media a svolgere a volte la funzione di arbitri – ma qui le cose vanno in modo tutt’altro che imparziale. La sua passione per lo sport la si vede anche dal suo impegno personale per sostenere la candidatura di Davos e St. Moritz ad ospitare le Olimpiadi del 2022. Abbiamo una chance? Sì. Ma in questo caso non è il concetto sportivo ad essere in primo piano. La piccola Svizzera deve mostrare ancora una volta di essere un Paese efficiente. I Giochi Olimpici sono una buona occasione per presentarsi. E, va da sé, con un progetto creativo e d’avanguardia. Sono convinto che lo sport invernale subirà in futuro gli inevitabili mutamenti dovuti al riscaldamento del clima. La Svizzera potrebbe, per esempio, mostrare come sarà la vita in montagna tra
30 anni, come la gente affronta la nuova situazione. Per me poi, sport e giochi vengono al secondo posto, portando con sé impulsi positivi per la società: emozioni, correttezza e salute. Possono riuscirci gli svizzeri? L’impressione è che tendiamo piuttosto a farci più piccoli di quello che in fondo siamo. È una domanda che mi pongo quasi ogni giorno – e sono indeciso su cosa rispondere. La scintilla non è ancora definitivamente scoccata negli svizzeri. E se questo non succede, allora dobbiamo degnarci di interrompere l’esercizio per un paio d’anni. Se, però, ci riuscissimo, sarebbe una grandissima opportunità. Che cosa auspica per lo sport svizzero? Abbiamo bisogno di un movimento sportivo quanto più possibile diffuso nella popolazione e soprattutto tra i giovani. Chiunque pratichi lo sport ne trae una serie di sensazioni positive. Si fa parte di una squadra, ci si muove, la mente è libera. E quante più persone fanno questa esperienza, tanto più il fenomeno attecchisce. C’è inoltre bisogno dello sport d’élite, che mobiliti la grande massa. D’altro canto dipendiamo dallo sport di massa perché è da questo che emergono gli sportivi d’élite. Mi auguro semplicemente che siano molte le persone che facciano del moto. Un consiglio per tutti i pantofolai? Un esempio: sono riuscito a motivare il mio autista a seguirmi sulla pista di fondo invece che aspettarmi in auto. In altre parole: la cosa funziona meglio se ci si allena insieme. L’importante è non sopravvalutarsi. Iniziare poco per volta e man mano aumentare. Così ci si diverte e tutto riesce meglio.
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Reportage
Risveglio. I primi momenti dopo il risveglio in un’unità di cure intense possono essere caratterizzati da un considerevole stato confusionale. Dove sono? Cos’è successo? Chi sono queste persone?
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Reportage
Ritorno alla vita
La fatalità colpisce all’improvviso. In Svizzera, ogni anno circa 200 persone restano vittime, dopo un infortunio, di una mielite trasversa. I primi minuti e le prime ore sono decisivi: se le azioni che si compiono sono corrette, è possibile evitare ulteriori danni. Per questo occorrono degli specialisti – nelle fasi di recupero, trattamento e assistenza.
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Reportage
Testo: Christine Zwygart | Foto: Walter Eggenberger, Astrid Zimmermann-Boog
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uoni indistinti che si trasformano lentamente in vocali e consonanti fino a formare delle parole. Raggi di luce che stimolano i sensi. Contatti per portare il corpo a riprendere coscienza della sua fisicità. «Dove sono? Cosa ci faccio qui? Cosa mi state facendo?» Il momento del risveglio nell’unità di cure intense di una clinica è un evento decisivo. Forse il paziente sa perché si trova qui. Forse mancano questi ricordi – medici e famigliari devono spiegargli quanto è accaduto, fino a quando la persona colpita ne è pienamente consapevole: «Sono a Nottwil, al Centro svizzero per paraplegici. Diagnosi: mielite trasversa.» Talvolta basta un banale scivolone su una scala. Un salto mal riuscito con lo snowboard. O una disattenzione mentre si guida. E improvvisamente ecco i soccorritori, l’elicottero, i medici, gli esami, i risultati, gli interventi. La persona colpita è assalita da mille domande e cerca risposte: è la paura del futuro. La speranza di un miglioramento. La disperazione dopo la diagnosi. Dal luogo dell’infortunio alla Clinica specialistica Un corretto salvataggio è decisivo per il successivo decorso di una para-tetraplegia. Ivo Breitenmoser è un medico d’emergenza della Rega e sa di cosa si tratta. «È importante non ruotare o comprimere la colonna vertebrale.» Il recupero dell’infortunato richiede conoscenze specifiche e materiale appropriato. Ancor prima di spostarlo, il medico controlla la respirazione. «Il cuore di un tetraplegico batte spesso più lentamente e la sua circolazione sanguigna è instabile», spiega Breitenmoser, che in questi casi somministra dei medicamenti per stabilizzare il paziente e calmare i dolori. Solo dopo l’infortunato viene sollevato con una speciale barella e dei particolari sostegni che consentono di fissare la colonna vertebrale e infine traslato su un materassino a depressione. Aspirando l’aria, il materiale si adatta alla forma del corpo dell’in-
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fortunato. «È come se fosse incassato nel contenitore e non può più muoversi.» Ivo Breitenmoser partecipa al destino dei suoi pazienti: «Spesso si tratta di persone giovani. Parapendisti, scalatori, snowboarder.» Raccontano la loro storia al medico d’emergenza, gli spiegano come è capitato l’infortunio. «Durante la fase di recupero, molto spesso i mielolesi hanno la mente lucida.» Il medico d’emergenza trasporta in elicottero i suoi pazienti in una delle undici cliniche presenti in Svizzera equipaggiate per accogliere gli infortunati che hanno subito lesioni recenti di diversa gravità alla colonna vertebrale. Dalla barella alla sala operatoria L’aiuto primario Hans Georg Koch lavora da oltre 20 anni al CSP di Nottwil. È di picchetto e porta con sé il telefono di servizio. I medici d’emergenza che chiedono di poter ricoverare un paziente con lesioni recenti vengono messi immediatamente in contatto con Koch. «Dobbiamo sapere se oltre alla mielite trasversa sono presenti altre lesioni», spiega Koch. Nel frattempo, all’interno del CSP si mette in moto una catena di emergenza: la centrale mobilita radiologi, paraplegiologi e anestesisti, allarma i collaboratori del laboratorio, delle sale operatorie e dell’unità di cure intense. Quando il paziente arriva a destinazione, tutti gli specialisti sono pronti. Insieme ai soccorritori della Rega, il team del CSP trasporta il paziente nella cosiddetta «sala per la terapia antishock». Qui il medico d’emergenza espone verbalmente le sue osservazioni e dal quel momento in poi i medici della Clinica si assumono la responsabilità della gestione dell’infortunato. «Oltre ai valori vitali verifichiamo prima di tutto la sensibilità e la funzione motòria, per accertare esattamente l’altezza della paralisi», spiega Koch. Per l’aiuto primario è importante che il paziente sappia chi sono gli specialisti che ha intorno e cosa stanno facendo. «Tutto questo infonde fiducia.»
La catena di salvataggio. 1 In caso di sospetta lesione alla schiena è meglio lasciar fare il recupero ai professionisti. 2 Al CSP, specialisti di tutte le discipline sono già in attesa e accolgono il paziente. 3 Nella cosiddetta «sala per la terapia antishock» ha luogo la presa in consegna del paziente. 4 Un’immagine CT mostra se le vertebre sono fratturate. 5 Un paziente durante l’esame con tomografia computerizzata (CT).
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Foto: Rega
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Il medico d’emergenza Ivo Breitenmoser lavora dal 1999 presso la Rega. È respon sabile della formazione dei medici che intervengono con l’elicottero sul luogo dell’infortunio, la maggior parte delle volte dalla base di Erstfeld UR.
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«Spesso gli infortunati conoscono il loro destino» Come può un «non addetto ai lavori» capire che il ferito ha subito una lesione alla colonna vertebrale? Se il paziente è cosciente e lamenta dolori alla schiena o la mancanza di sensibilità ai piedi o alle gambe. Se il paziente è privo di conoscenza, bisogna accertare quali potrebbero essere state le cause che hanno determinato l’infortunio: è caduto da una scala? O è andato a cozzare ad alta velocità con gli sci contro un paletto? Queste e altre situazioni simili possono far pensare con un’elevata probabilità alla presenza di lesioni alla schiena.
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Cosa posso fare concretamente se mi trovo sul posto dell’infortunio? Non muovere il paziente – a meno che abbia seri problemi di respirazione e debba essere rianimato. Forse è possibile aiutare il ferito stabilizzandogli la testa. Possono infatti trascorrere fino a 20 minuti prima che sul posto giunga il personale specializzato per il recupero dell’infortunato. Voi recuperate i feriti con speciali barelle e materassini che evitano ulteriori danni. Come reagiscono gli infortunati nei vostri confronti? In tutti questi anni ho recuperato circa venti mielolesi. Al mio arrivo, la maggior parte di loro parlavano e conoscevano già il loro destino. Molti si aggrappano alla speranza di recuperare la sensibilità agli arti. Altri prendono chiaramente coscienza della situazione e guardano avanti. E i famigliari? Nella maggior parte dei casi diffondono ottimismo e cercano di fare coraggio alla persona colpita, anche se molti di loro sanno esattamente come stanno le cose. I nostri piloti e i sanitari di salvataggio hanno un lunga esperienza di queste situazioni e sono in grado di prendersi cura dei famigliari. A volte lascio che reggano la sacca delle infusioni o sostengano la testa, per coinvolgerli un po’ e non farli sentire esclusi da un processo che nelle prossime settimane, mesi, anni li toccherà direttamente. Abbiamo anche la possibilità di accogliere nell’elicottero un accompagnatore – a meno che non si tratti di casi gravissimi o di operazioni in alta quota. Può un paziente chiedere in quale Clinica desidera essere trasportato? Se non vi sono grandi differenze tra le distanze da percorrere, il paziente può chiederlo. Perché non ha molto senso trasportarlo in un ospedale dove famigliari e amici hanno poi notevoli difficoltà a raggiungerlo. Se la distanza è molto più lunga, la Centrale d’intervento sottopone un’offerta e la differenza è a carico del paziente.
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Reportage 5
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Con una barella a cucchiaio il personale specializzato depone il paziente sul tavolo del tomografo computerizzato (CT) per effettuare la scansione dalla testa fino ai femori. Sulle immagini fornite dal CT, i medici individuano, oltre ai danni subiti dalla colonna vertebrale, anche le lesioni collaterali quali fratture ossee e alterazioni degli organi interni. «Questo esame dura dai cinque ai sette minuti», spiega Koch. Non appena viene individuato esattamente il punto dove la colonna vertebrale è stata danneggiata, i radiologi procedono ad effettuare una tomografia a risonanza magnetica (MRI). «Solo con questo esame vediamo se il midollo spinale è stato schiacciato o lacerato.» Successivamente i medici valutano insieme se è necessario un intervento chirurgico per raddrizzare, stabilizzare la colonna vertebrale o per rimuovere i frammenti ossei che premono sul midollo spinale. Se il paziente è in sala operatoria, Koch può dedicare un po‘ di tempo ai famigliari. «A volte stanno già aspettando nel ristorante della clinica», dice. Aiutandosi con disegni, immagini e foto spiega loro quello che è capitato, che cos’è una mielite trasversa e in che punto la colonna vertebrale è lesionata. Nella maggior parte dei casi i famigliari sono già stati preavvisati dalla polizia o erano presenti al momento dell’in fortunio. «Capita, però, a volte anche di dover semplicemente formare un numero telefonico e comunicare la dolorosa verità ad un interlocutore fino ad allora sconosciuto.» Ogni volta bisogna tentare di non farsi coinvolgere dalle circostanze per condurre questi colloqui. Perfino, dopo più di 20 anni di esercizio della professione! Dall’intervento all’unità di cure intense Quando la vittima di una lesione recente viene presa a carico, dopo l’intervento chirurgico, dall’unità di cure intense (IPS) a Nottwil, Koch la accompagna fino alla nuova destinazione. «Ognuno ha in questo momento il diritto di
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Uomo e macchina – la coppia perfetta essere per me il paziente più importante.» Solo quando sa che qui il paziente sarà oggetto di tutte le migliori cure possibili, lo lascia e considera terminato il suo servizio. Un mieloleso rimane all’IPS per un periodo che va da una a due settimane. Se ha altre lesioni di particolare gravità, la degenza può protrarsi anche per più di un mese. «Abbiamo a che fare con persone che si trovano in una situazione estrema», dice il responsabile dell’IPS, Tom Hansen. È perciò d’importanza vitale avere con il paziente un atteggiamento quanto più personalizzato possibile. «Fungiamo da intermediari tra la medicina e l’essere umano, provvediamo a fornirgli le migliori cure e spieghiamo ai famigliari le condizioni del paziente.»
Alla loro prima visita nell’unità di cure intense, i famigliari sono sollevati o in uno stato di estrema tensione. Tom Hansen ha comprensione per entrambi gli stati d’animo. Una mielite trasversa significa, sia per la cerchia dei famigliari sia per la persona colpita, l’inizio di una nuova vita. Prima che lo specialista accompagni i famigliari nell’IPS, spiega loro quello che vedranno. «Affinché siano preparati alla vista di una selva di tubi e apparecchiature. » E lo squillo di un campanello d’allarme è un avvertimento importante – ma non sempre motivo di forte preoccupazione. «Perché può impedire che subentrino più tardi delle gravi complicazioni.»
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Dall’unità di cure intense al ritorno alla vita I destini e le storie dei pazienti non lasciano indifferente nessuno. Il giorno stesso, il medico d’emergenza della Rega Ivo Breitenmoser chiede notizie sulla persona che ha trasportato alla Clinica: «Fa parte di ciò che faccio.» Accadono anche fatti che hanno dello sbalorditivo. L’aiuto primario Koch ricorda il caso di un macchinista appena giunto in Clinica che, conscio del proprio dovere, chiedeva di informare che quel giorno non sarebbe andato al lavoro. Il Responsabile dell’IPS Hansen racconta invece di un giovane che saltando da un trampolino si era fratturato la colonna vertebrale. A quell’epoca suo figlio aveva all’incirca la stessa età. «Nonostante i 20 anni di esperienza professio-
nale, questo caso mi ha lasciato senza fiato», dice ancora commosso. Breitenmoser, Koch, Hansen e i loro team – persone che fanno tutto il possibile per aiutare i para e tetraplegici nelle prime ore, giorni e settimane. Dal recupero sul luogo dell’infortunio alle cure mediche e all’assistenza nell’unità intensiva. Per Koch è importante dare fin dall’inizio una prospettiva alle persone colpite, mostrare loro che «la vita continua.» E motivarle affinché dalla fase di riabilitazione traggano il maggior beneficio possibile. Talvolta i pazienti ritornano all’IPS. «Sono dei bei momenti», dice Hansen, «perché constatiamo che anche grazie al nostro lavoro sono state create le condizioni per un loro ritorno alla vita».
1 Pompa da infusione per il rilascio controllato dei medicamenti 2 Soluzione per infusione per il manteni mento del bilancio dei liquidi 3 Soluzione nutritiva in sostituzione dei cibi 4 Pompa di nutrizione per il rilascio del liquido nutritivo tramite sonda gastrica 5 Pinze speciali per mettere in sicurezza e mantenere aperti i drenaggi toracici 6 Insufflatore con maschera 7 Cannula d‘infusione per la somministrazione di soluzioni per infusione e medicamenti 8 Accesso artificiale (tracheotomia) alle vie respiratorie 9 Sistema di aspirazione chiuso per le secrezioni della trachea 10 Tubo di ventilazione con la misurazione dell’anidride carbonica per l’impostazione e il controllo della respirazione 11 Fingersensor per la misurazione della saturazione di ossigeno nel sangue 12 Manometro per misurare la pressione nel palloncino del tubo per l’intubazione 13 Sacchetto sotto pressione del sistema di misurazione della pressione arteriosa 14 Stetoscopio 15 Attacco dell’ossigeno per il respiratore 16 Transducer – Sonda per la misurazione della pressione arteriosa 17 Apparecchio per riscaldare e umidificare i gas respiratori 18 Respiratore 19 Monitor per la visualizzazione dei valori vitali del paziente (polso, pressione sanguigna, temperatura corporea) 20 Monitor per la visualizzazione della documentazione clinica del paziente 21 Liquido di lavaggio per la pulizia del tubo di aspirazione 22 Bombola di ossigeno 23 Computer per la documentazione clinica 24 Polmone artificiale per la regolazione e il controllo del respiratore
24 ore su 24 Il ricovero d’urgenza, 24 ore su 24, nonché le cure e l’assistenza medico-terapeutica assicurata dai team specialistici del Centro svizzero per paraplegici (CSP) di Nottwil, costituiscono gli elementi centrali della rete di prestazioni, unica nel suo genere, per la riabilitazione globale dei mielolesi nel nostro Paese. La Fondazione svizzera per paraplegici (FSP) è la garante di questa rete. È la FSP ad assicurare l’esercizio della Clinica specialistica ed è sempre la FSP ad assumersi i costi di trattamento non coperti da altre istituzioni. Nel 2011 ha stanziato per questa voce 2,6 milioni di franchi.
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Praxis
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Avere tempo. Le guide spirituali Ursula Walti (sx.) e Renate FĂśrster si occupano dei famigliari di una persona che ha subito di recente un grave infortunio.
Pratica
Pensare all’anima Una mielite trasversa significa spesso per le persone colpite una vita andata in frantumi. Insorgono inevitabilmente interrogativi sul senso della vita e sull’essere. Al CSP, due guide spirituali aiutano a trovare delle risposte – o a convivere con l’inintelligibile. Testo: Christine Zwygart | Foto: Walter Eggenberger
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erché proprio a me? È questa la volontà di Dio? E ora come farò? Queste domande non hanno niente a che fare con la medicina, ma spesso occupano giorno e notte la mente di para e tetraplegici rimasti vittime di recente di un infortunio. «I colpi del destino possono spezzare un essere umano o far crescere in lui la consapevolezza di poter trovare in se stesso la forza per superare una condizione di particolare difficoltà», dice Renate Förster confor tata dalla sua esperienza. E Ursula Walti aggiunge: «Gli interrogativi sulla vita sono sempre anche interrogativi spirituali; non sono separabili.» Le due donne – una cattolica e l’altra di confessione riformata – lavorano al CSP di Nottwil come guide spirituali della Clinica. Entrambe hanno studiato teologia e hanno alle spalle molta esperienza di vita in diversi settori. Insieme curano e accompa gnano, su specifica richiesta, le persone colpite e anche i loro famigliari nel loro difficile percorso. Per loro è importante innanzi tutto avere tempo, ascoltare, essere semplicemente presenti. Perché il loro lavoro richiede fiducia. Solo da questa può nascere un incontro aperto, sincero o un dialogo molto profondo. «Molti pazienti si sentono tagliati fuori dalla loro vita precedente», dice Renate Förster. La fiducia nel proprio corpo è scossa, e a questo si aggiungono timori esistenziali. Nella maggior parte dei casi per le ferite esterne non c’è guarigione, per le ferite dell’anima si può invece fare molto. Ciò che viene confidato alle guide spirituali è vincolato dall’obbligo di segretezza. Se
si ritiene utile uno scambio d’informazioni con altre persone di riferimento, lo si fa solo previo consenso delle persone colpite. Le avversità modificano la fede – su questo le due teologhe sono concordi. «Alcuni perdono la fede in un creatore, che dovrebbe volere il loro bene. Altri cercano invece una stabilità interiore e ritornano a rivolgersi a Dio – nonostante tutto», spiega Ursula Walti. Non si tratta di religione Le guide spirituali sono lì per tutti, indipendentemente dal credo, dall’appartenenza ad una religione e ad una confessione. Al CSP c’è a disposizione un luogo di preghiera interreligioso, dove si celebrano regolarmente funzioni religiose in spirito ecumenico. Nei rapporti con altre religioni, le guide spirituali sono molto aperte e godono di molta fiducia anche da parte dei pazienti. Ursula Walti racconta di
un musulmano mieloleso che non poteva più inginocchiarsi per pregare e che cercava nuove forme per farlo. «Mi ha chiesto, nella mia veste di pastore protestante, di pregare insieme a lui una volta alla settimana – riteneva infatti che il Creatore del Mondo fosse alla fine lo stesso per tutti.» Le teologhe si recano al capezzale dei pazienti in ospedale, li incontrano nei corridoi o al ristorante, vanno a passeggio con loro. Ma entrambe si considerano delle accompagnatrici in questo tormentato percorso che i pazienti devono compiere, accompagnamento che le persone colpite possono accettare o rifiutare. Nel loro lavoro considerano un vantaggio quello di poter reagire nel momento in cui c’è bisogno. «Non siamo legate alla pianificazione della terapia», spiega Renate Förster, «ma siamo sempre a disposizione quando i pazienti hanno bisogno di noi.»
Costruttrici di ponti I compiti delle guide spirituali al CSP comprendono molte aree d’intervento: accompagnano personalmente le persone colpite, i famigliari e i collabora tori, celebrano le funzioni religiose, conducono colloqui sugli interrogativi della vita e della fede, assistono i morenti e aiutano i famigliari a superare questi momenti dolorosi e a ridare un senso alla loro vita, stabiliscono contatti con le parrocchie, i rabbini o gli imam locali. Le due donne lavorano al 65 percento (occupando in totale 1,3 posti pieni) e collaborano attivamente nella Clinica con i servizi di cura, di psicologia e di consulenza sociale.
Maggiori informazioni: www.paraplegie.ch / Settore Guida spirituale
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Mosaico
L’OFFERTA SPECIALE
Ciclisti velocissimi
Il Gruppo ciclisti «Restaurant Landhaus» di Goldach SG ha raccolto nel corso di diversi eventi dei fondi per la FSP. I circa 20 sportivi per hobby si sono messi di buona lena per riuscire a raccogliere un importo di CHF 5000.–. La Fondazione li ringrazia di tutto cuore per il loro impegno. Macinatore di km. Il ciclista Hans Lanter (a dx.) con il Presidente della FSP Daniel Joggi.
LETTERE ALLA FONDAZIONE Vi ringrazio di tutto cuore per il vostro sostegno che mi permette di seguire anche il terzo e ultimo corso di francese. Con le conoscenze acquisite ho ora migliori opportunità di trovare un posto nel mondo del lavoro. Maria Loss, Buchrain LU
La solidarietà della Fondazione rende notevolmente più facile la mia situazione. Grazie per l’aiuto finanziario che mi ha consentito di pagare il mio personale di assistenza. Simon Langenstein, Engelberg OW
Dopo 12 anni di inappuntabile servizio, ho dovuto sostituire la mia auto. Grazie al vostro sostegno ho potuto ora ritirare il mio nuovo veicolo. Con questo tornerò a muovermi in sicurezza sulle strade che mi portano al lavoro e ai centri di terapia. Marianne Englert, Hergiswil LU
Vi ringrazio di cuore per il generoso sostegno e per la rapidità e semplicità con cui si è svolto l’iter per l’acquisto della mia handbike. Il nuovo mezzo ausiliario è incredibilmente efficiente e mi permette di fare dei meravigliosi giri tra colline e boschi. Elke Meister, Seuzach ZH
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Impegnato. Michael Widmer (a sx.) aiuta Deborah Bossard con i bagagli, Claudia Stofer (a dx.) prepara le scarpe per Bettina Frey.
Impegno per i giovani Alcuni collaboratori di UBS hanno dato nell’arco di alcuni giorni una mano nel Centro svizzero per paraplegici di Nottwil assistendo, nell’ambito di un servizio sociale volon tario, i partecipanti alle cosiddette settimane di riabilitazione per i giovani. Nel corso di queste settimane i giovani in carrozzella imparano a migliorare la loro autonomia, partecipano a gite e si esercitano a manovrare la carrozzella per far fronte a tutte le esigenze della vita quotidiana. Michael Widmer lavora all’UBS nella regione della Svizzera centrale ed ha colto l’opportunità di questo intervento per farsi un’idea più approfondita del CSP e della vita dei mielolesi. «Ho vinto rapidamente la mia apprensione iniziale ed ho notato che i giovani sono assolutamente aperti sulle loro condizioni di vita», dice il 28enne di Cham ZG. Ciò che più l’ha colpito è la loro gioia di vivere – una realtà che segna nel profondo: «Mi sono reso conto, una volta di più, che noi quotidianamente ci arrabbiamo per delle piccolezze che, considerate a freddo, risultano poi del tutto insignificanti. È stata una giornata molto emozionante e interessante, che non avrei proprio voluto perdere.» UBS sostiene le settimane di riabilitazione per i giovani non solo con le sue «forze lavoro», ma anche con un’offerta di CHF 10‘000.–. Per entrambe, la Fondazione svizzera per paraplegici ringrazia sentitamente.
Raccolti. Anita Steiner e Martin Bütikofer (entrambi del Museo dei Trasporti, a sx.) consegnano l’offerta a Joseph Hofstetter ed Erika Schüpbach (entrambi della FSP).
Un’azione per i sostenitori conclusasi con successo I membri dell’Unione dei sostenitori della FSP hanno avuto l’opportunità di acquistare a prezzo ridotto una tessera annuale per il Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna. Per ogni nuova adesione, il Museo ha donato alla Fondazione un importo. Sono stati raccolti CHF 1800.–. La FSP ringrazia per la fattiva collaborazione.
Mont Montascale Da un piano all’ altro senza barriere
Motociclisti solidali
Ogni terza domenica di maggio, il Motoclub Born di Kappel SO organizza una cerimonia di benedizione delle moto. Quest’anno, in una giornata di tempo splendido, intorno alla Cappella si sono date appuntamento oltre 800 persone. La colletta a favore dei mielolesi ha raccolto CHF 3666.–. La FSP ringrazia cordialmente tutti i partecipanti per la grande prova di solidarietà dimostrata.
Baco aG casella postale • 3613 Steffisburg Tel. 033 439 41 41 • Fax 033 439 41 42 info@baco-ag.ch www.baco-treppenlifte.ch
Benedetti. Gli appassionati di moto consegnano all’asso degli sci Christoph Kunz l’assegno per Nottwil.
Con grande piacere le mandiamo la nostra documentazione gratuita: ❏ ❏ ❏ ❏
Mance generose Nell’Appaloosa Saloon di Spiez abbiamo organizzato una piccola azione di raccolta fondi per la Fondazione svizzera per paraplegici. Per l’occasione i collaboratori hanno indossato camici da medico e hanno devoluto le mance a favore delle persone mielolese. Grazie al generoso sostegno degli avventori abbiamo potuto rimettervi CHF 1720.–. Sandra Zemp, Appaloosa Saloon Spiez BE
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Eveline Siegel-Hegi La 40enne lavora due giorni alla settimana come segretaria di un medico nel reparto di Patologia del Triemlispital di Zurigo. Vive con suo figlio Noel di 6 anni a Schöftland AG. Il suo più grande desiderio: compiere ancora una volta un viaggio negli USA: soprattutto Las Vegas l’ha conquistata. Eveline Siegel-Hegi è in carrozzella da 28 anni: è rimasta mielolesa in un incidente della circolazione durante una cavalcata.
Tiro a tre. Eveline Siegel-Hegi con il figlio Noel e Bumby mentre «passeggiano» a Kölliken AG. 32 | Paraplegia, settembre 2012
La mia giornata in carrozzella
«Il mio Bumby si è abituato alla carrozzella» Eveline Siegel-Hegi è in carrozzella da quando è stata vittima di un incidente della circolazione: ma il suo amore per i cavalli è rimasto intatto. Oggi l’argoviese è spesso in compagnia del suo Bumby. Redatto da Christine Zwygart | Foto: Walter Eggenberger
«
Un proverbio dice che essere umano e animale si adattano l’uno all’altro. Questo è proprio il caso del rapporto che si è instaurato tra me e il mio cavallo Bumby. Entrambi non perdiamo facilmente la calma e quando si tratta di mangiare non ci facciamo certo pregare. Quasi tutti i giorni passo del tempo nella stalla, a volte per pochi minuti, giusto per dargli da mangiare, a volte fermandomi più a lungo per stri gliarlo o perché è il momento ideale per fare un giretto con cavallo, cane e bambino. La mattina inizia per me alle sei e mezza, quando mi reco al lavoro perfino un’ora prima. Come prima cosa guardo che tempo fa. Dopo la doccia e la vestizione, sveglio mio figlio Noel – o almeno tento, perché la mattina è quasi sempre di cattivo umore. Gli preparo la colazione mentre io mi limito, stante l’ora, a bere un bicchiere di latte. E poi porto il piccolo all’asilo. Due giorni alla settimana lavoro come segretaria di un medico a Zurigo. Il viaggio su strade sempre molto trafficate è una sfida considerevole, ma il lavoro mi piace. Nei giorni liberi passo buona parte del tempo alla stalla. La mia passione per i cavalli è
nata quando ero ancora una bambina. Per recarmi all’asilo dovevo passare davanti ad una zona dove pascolavano dei cavalli, e lì mi fermavo incantata a guardarli. Più tardi un nostro vicino mi ha permesso di accedere alla stalla dove ho imparato a rimuovere il letame, a pulire e strigliare i cavalli e alla fine anche a cavalcare. Il mio sogno si è avverato all’età di 12 anni: la mia madrina mi regalò un pony. Avevo finalmente un mio cavallo! Purtroppo, solo sei mesi dopo io e il mio pony siamo rimasti vittime di un grave incidente: un camion cisterna ci ha investiti e travolti – e da allora sono seduta in carrozzella. Per strada in carrozza Sono molto felice della mia vita perché sono riuscita a raggiungere molti traguardi. Prima ho giocato, con successo, a tennis in carrozzella e la nascita di mio figlio è stato un evento particolarmente emozionante. Chi può dire se tutto sarebbe stato altrettanto bello se non fossi rimasta paralizzata? Da allora, però, praticamente non ho più cavalcato perché temo moltissimo
i danni da compressione. Il mio Bumby è un Irish Tinker, un cavallo zingaro. È di indole estremamente dolce. E sta fermissimo anche quando nel pulirlo gli urto per sba glio le zampe con la carrozzella. Ormai si è abituato alla carrozzella. Spesso andiamo a passeggio insieme – io con la handbike e lui trotterellando dietro di me alla cavezza. Talvolta lo attacco ad una carrozza da caccia e ce ne andiamo a zonzo nei dintorni; per me sono state installate delle cinture supplementari e montato un freno a mano. Per il momento abbiamo purtroppo dovuto rinunciare alle nostre passeggiate perché Bumby ha dei problemi alla regione sacrale e dorsale. In fondo ha già più di 20 anni! Alla sera, a casa, leggo la posta, preparo la cena, guardo qualche programma televisivo – soprattutto le serie poliziesche «Bones» e i cartoni animati di «Tom & Jerry». Non vado a letto prima di mezzanotte, anche se mi riprometto sempre di farlo. Ho la fortuna di dormire bene ed entro cinque minuti dal momento in cui mi corico sono già nel Mondo dei Sogni.»
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Finale
E boom anche dei soccorsi...
Martin Senn è un illustratore professionista.
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Pantaloni funzionali funzional robusti, e tecnicamente raffinati: perfetti come pantaloni s abbinabili alla giacca TITANIUM 6 IN 1; zip laterali rivestite da trekking e da sci; lunghezz taglio ergonomico; bretelle amovibili per pantaloni esterni e su tutta la lunghezza; fleece; bordo dei pan pantaloni in basso regolabile con una fascetta in velcro ; 4 tasche idro con zip rivestite e idrorepellenti; Speciale pacchetto inverno e sci: 1 fodera in fleece amovibile con parte petto e schiena rialzate, 2 tasche laterali, una tasca marfleece zip ghette antineve elastiche, amovibili con passante sulla schiena; supio sul petto con zip; materiale: membrana HIMATEX a 2 strati traspirante, idrorepellente e antivento al d rivestimento RipStop particolarmente resistente agli strappi 100%; materiale di g e all’usura su ginocchia/sedere/interno caviglie; tutte le cuciture sono saldate impermea colonna d’acqua: 20‘000 mm, attività traspirante: 6‘000 e impermeabili; m (g/m2/2 /24h); HIMALAYA OUTDOOR® by Omlin. 100% Made in Nepal. mvt
Kit di trattamento capelli & denti FAZOR® 5 IN 1 invece di* 498.–
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invece di* 349.–
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Con luce a infrarossi selezionabile. Scioglimento, rilassamento e stimolazione dell’irrorazione sanguigna della muscolatura attraverso un massaggio di picchiettamento intensivo e benefico, che agisce in profondità (a regolazione continua). Efficace per sciogliere tensioni e contrazioni e scaldare i tessuti. Permette di massaggiare senza sforzo le spalle, la schiena, le gambe e addirittura la pianta del piede. Istruzioni per l‘uso in i, f, d, e. 3 anni di garanzia.
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Pantaloni funzionali/outdoor FLEX 3 IN 1
Apparecchio per massaggii a picchiettamento intensivi ITM invece di* 149.–
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Code: Paraplegie 08/12
Nome e cognome Via CAP/località Telefono Data/firma
Ordinazioni: CARESHOP GmbH, c/o Bürgerspital Basel, Ruchfeldstrasse 15, 4142 Münchenstein
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698.– invece di* 1598.– (di pelle)
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Giacca outdoor (4 stagioni) di alta qualità, concepita per le massime esigenze, collaudata sull’Himalaya e sulle Alpi e dotata di tutte le finezze tecniche: zip frontale rinforzata a due vie con protezione sul mento; 2 grandi tasche interne sul petto con zip; 3 tasche interne in rete e velluto; 4 tasche esterne con zip; tutte le zip sono idrorepellenti e caratterizzate da un rivestimento aggiuntivo; Cool System con apertura a zip e velcro sotto le ascelle; cappuccio a scomparsa nel collo, regolabile e amovibile e dotato di visiera; polsini con velcro regolabile anche con una sola mano; coulisse elastica in vita e nell’orlo; incl. 2 fodere in fleece amovibili (mediamente/altamente isolanti: 300/400g/L, div. Tasche interne ed esterne con zip); materiale: membrana HIMATEX a 2 strati traspirante, idrorepellente e antivento al 100%; cuciture saldate e impermeabili; colonna d’acqua: 20’000 mm, attività traspirante: 6‘000 mvt (g/m2/24h); speciale pacchetto inverno e sci: ghette paraneve sui fianchi elastiche e amovibili per giacca outdoor/in fleece; taschino per il biglietto sulla manica; tasca apribile, trasparente per lo skipass; passamontagna a scomparsa nel collo; 1 maschera per il viso; H HIMALAYA OUTDOOR® by Omlin. 100% Made in Nepal.
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valori che restano
„Troppo piccolo per una lotta“ Edizione esclusiva svizzera dell‘artista Sherry Rawn In pregiata polvere di resina • Dipinto a mano • Con camicia con le stelle alpine • Con pantaloni da „lotta svizzera“ • Berrettino tipico svizzero • Mucca di legno • Certificato di autenticità • Garanzia Soddisfatti o Rimborsati valida 12 mesi
Molti simpatici accessori accompagnano il piccolo lottatore!
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Buono d’ordine esclusivo
Altezza: 30 cm seduto
Termine di ordinazione: 8 ottobre 2012 r Sì, inviatemi la bambola „Troppo piccolo per una lotta“!
51530
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Eccellente manodopera e incantevoli accessori L‘ultima creazione di Sherry Rawn ha molte qualità: è incredibilmente realistica, realizzata in pregiata polvere di resina, accompagnata da originali accessori. Se ne renda conto personalmente. Il piccolo re di lotta svizzera conquista subito il cuore e fa spuntare un bel sorriso sulle labbra di chi lo osserva. Prezzo del prodotto: Fr. 139.95 Pagabile in 3 rate mensili di Fr. 46.65 (Fr. 11.90 per Spedizione e Servizio)
Via/N. Cap/Città
Questa bambola non è un giocattolo ma un prestigioso oggetto da collezione per appassionati collezionisti! Ogni bambola è un pezzo unico e può differire leggermente dall’immagine qui riprodotta.
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Per Sami è ben chiaro: una volta vuole diventare il re della lotta svizzera - ma tutti dicono „Sei troppo piccolo per una lotta“. Non c‘è, quindi, da meravigliarsi se è un po‘ triste. Chi lo consola ed è pronto per un lotta? Il piccolo indossa già il completo adatto per questa lotta alpina svizzera, che fa parte della tradizione di questo paese e rappresenta lo sport nazionale.
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