La Provincia di Taranto - Scienza Mare e Coste

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Foto di prima copertina: Litorale ionico.- L. DI CASTRI - O. STASI

Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

Carmelo Maggio

LA PROVINCIA DI TARANTO

Questo quaderno scientifico-divulgativo presenta una panoramica delle opere naturali del territorio ionico ed intende divulgare un messaggio di civiltà in grado di contribuire ad elevare il desiderio di conoscenza e di amore per le radici più autentiche dell’habitat ionico marino e costiero, particolarmente vario, suggestivo e affascinante; di rendere partecipi i lettori alle descrizioni accorte e misurate della duna e della gariga, della vita che queste ospitano, dei compiti che assolvono nell’armonico equilibrio della natura; di rappresentare la ricca e diversificata vita che brulica nel mare; di dare corpo ai fondali ancora popolati dalla posidonia, facendosi largo nella macchia mediterranea fra i profumi e i colori del mirto e del lentisco; di valorizzare i preziosi sistemi delle zone umide, gli habitat di specie animali e vegetali rare o esclusive di queste aree. In altre parole la pubblicazione intende esaltare la natura della nostra provincia o meglio ciò che di essa è scampato alle monocolture agricole, all’edificazione selvaggia, alle bonifiche, alla industrializzazione. E vuole essere anche uno stimolo affinchè la generica domanda di ambiente, che oggi si avverte presso l’opinione pubblica, si possa tradurre in gesti ed atti coerenti di ognuno, secondo il proprio ruolo e le proprie responsabilità, nella convinzione che, qualunque sia la direttrice del vero sviluppo, essa debba passare necessariamente attraverso la conoscenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali e del territorio in generale.

PROFILO DELL’OPERA

Scienza Mare e Coste

Non va bene il comportamento dell’uomo verso le opere della natura: verso opere che non hanno mercato e sono alla portata, dovremmo dire alla mercè, di tutti: <<il calore della terra; i colori del cielo; la freschezza dell’aria; lo scintillio dell’acqua sotto il sole; le rive sabbiose; la bruma dei boschi ombrosi; la linfa che scorre nel cavo degli alberi; il profumo dei fiori; il mormorio dell’acqua; lo schiudersi delle gemme a primavera>>. Queste considerazioni fanno comprendere il motivo per cui il titolo “L’oro di Taranto” che si voleva dare alla pubblicazione è stato ritenuto blasfemo in quanto avrebbe assegnato una valenza venale alle opere della natura che invece hanno un valore trascendentale ed imponderabile, non certo mercantile; sono opere che non si possono acquistare o vendere. Appartengono alla famiglia che accomuna tutti gli essere viventi. Appartengono alla Terra. Non all’uomo. <<Siamo parte della terra e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli; il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli; le creste rocciose, l’armonia dei prati, i fiumi e l’uomo appartengono tutti alla stessa famiglia.>>

LA PROVINCIA DI TARANTO

Scienza Mare e Coste

Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

Nel settore delle risorse marine e costiere, la Fondazione Ammiraglio Michelagnoli ha realizzato negli ultimi anni vari “quaderni divulgativi”, dei quali il più recente “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e coste”, è dedicato al territorio ionico e sintetizza lo sviluppo di un approfondito piano di valorizzazione delle ricerche e degli studi svolti dai principali organismi del mondo istituzionale, accademico ed operativo. “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e Coste” è illustrata con immagini che si collegano strettamente con gli scritti, pur seguendo un percorso alquanto indipendente. Si tratta di immagini rare, preziose, spesso inedite, tutte affascinanti, armonico connubio fra tecnica e passione, messe a disposizione da artisti della macchina fotografica, collaboratori della Fondazione che hanno aperto lo scrigno dei propri tesori, di cui sono particolarmente e giustamente gelosi. Le illustrazioni compongono un gradevole mosaico di alto valore artistico che costituisce un affascinante corredo iconografico per i testi alla cui elaborazione hanno offerto il proprio determinante contributo qualificati rappresentanti delle istituzioni universitarie ioniche, nonché dell’Istituto Talassografico “A. Cerruti”/CNR di Taranto e del Co.N.I.S.Ma., ai quali va il nostro vivo ringraziamento. Antichi stereotipi di tradizioni e di conoscenze ci hanno abituati ad avere rispetto delle creazioni artistiche e dei prodotti del genio dell’uomo, a cui assegnamo anche un “valore venale” che viene gestito, e molto spesso manovrato, da quel grande mostro che è la “legge di mercato”, che tutto “mercifica” e baratta. Le opere ideate dall’uomo vengono sottoposte a profondi studi, curate, mostrate con orgoglio, ambientate e custodite in sedi di prestigio, nei musei e nelle gallerie, luoghi deputati alla loro protezione e celebrazione, luoghi che diventano mete di viaggi di studio, di lavoro, di piacere. Questo dimostra il rispetto che l’uomo civile ha delle sue opere; ma dimostra anche il suo egocentrismo! Quelle dell’uomo sono infatti opere, pure encomiabili e storicamente rilevanti, ma ahimè protese ad essere poste al centro dell’universo e dell’attenzione, quali conquiste e espressioni di genialità e di arte, cui sacrificare non pochi spezzoni del creato. E questo può anche andare bene!


Foto di prima copertina: Litorale ionico.- L. DI CASTRI - O. STASI

Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

Carmelo Maggio

LA PROVINCIA DI TARANTO

Questo quaderno scientifico-divulgativo presenta una panoramica delle opere naturali del territorio ionico ed intende divulgare un messaggio di civiltà in grado di contribuire ad elevare il desiderio di conoscenza e di amore per le radici più autentiche dell’habitat ionico marino e costiero, particolarmente vario, suggestivo e affascinante; di rendere partecipi i lettori alle descrizioni accorte e misurate della duna e della gariga, della vita che queste ospitano, dei compiti che assolvono nell’armonico equilibrio della natura; di rappresentare la ricca e diversificata vita che brulica nel mare; di dare corpo ai fondali ancora popolati dalla posidonia, facendosi largo nella macchia mediterranea fra i profumi e i colori del mirto e del lentisco; di valorizzare i preziosi sistemi delle zone umide, gli habitat di specie animali e vegetali rare o esclusive di queste aree. In altre parole la pubblicazione intende esaltare la natura della nostra provincia o meglio ciò che di essa è scampato alle monocolture agricole, all’edificazione selvaggia, alle bonifiche, alla industrializzazione. E vuole essere anche uno stimolo affinchè la generica domanda di ambiente, che oggi si avverte presso l’opinione pubblica, si possa tradurre in gesti ed atti coerenti di ognuno, secondo il proprio ruolo e le proprie responsabilità, nella convinzione che, qualunque sia la direttrice del vero sviluppo, essa debba passare necessariamente attraverso la conoscenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali e del territorio in generale.

PROFILO DELL’OPERA

Scienza Mare e Coste

Non va bene il comportamento dell’uomo verso le opere della natura: verso opere che non hanno mercato e sono alla portata, dovremmo dire alla mercè, di tutti: <<il calore della terra; i colori del cielo; la freschezza dell’aria; lo scintillio dell’acqua sotto il sole; le rive sabbiose; la bruma dei boschi ombrosi; la linfa che scorre nel cavo degli alberi; il profumo dei fiori; il mormorio dell’acqua; lo schiudersi delle gemme a primavera>>. Queste considerazioni fanno comprendere il motivo per cui il titolo “L’oro di Taranto” che si voleva dare alla pubblicazione è stato ritenuto blasfemo in quanto avrebbe assegnato una valenza venale alle opere della natura che invece hanno un valore trascendentale ed imponderabile, non certo mercantile; sono opere che non si possono acquistare o vendere. Appartengono alla famiglia che accomuna tutti gli essere viventi. Appartengono alla Terra. Non all’uomo. <<Siamo parte della terra e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli; il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli; le creste rocciose, l’armonia dei prati, i fiumi e l’uomo appartengono tutti alla stessa famiglia.>>

LA PROVINCIA DI TARANTO

Scienza Mare e Coste

Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

Nel settore delle risorse marine e costiere, la Fondazione Ammiraglio Michelagnoli ha realizzato negli ultimi anni vari “quaderni divulgativi”, dei quali il più recente “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e coste”, è dedicato al territorio ionico e sintetizza lo sviluppo di un approfondito piano di valorizzazione delle ricerche e degli studi svolti dai principali organismi del mondo istituzionale, accademico ed operativo. “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e Coste” è illustrata con immagini che si collegano strettamente con gli scritti, pur seguendo un percorso alquanto indipendente. Si tratta di immagini rare, preziose, spesso inedite, tutte affascinanti, armonico connubio fra tecnica e passione, messe a disposizione da artisti della macchina fotografica, collaboratori della Fondazione che hanno aperto lo scrigno dei propri tesori, di cui sono particolarmente e giustamente gelosi. Le illustrazioni compongono un gradevole mosaico di alto valore artistico che costituisce un affascinante corredo iconografico per i testi alla cui elaborazione hanno offerto il proprio determinante contributo qualificati rappresentanti delle istituzioni universitarie ioniche, nonché dell’Istituto Talassografico “A. Cerruti”/CNR di Taranto e del Co.N.I.S.Ma., ai quali va il nostro vivo ringraziamento. Antichi stereotipi di tradizioni e di conoscenze ci hanno abituati ad avere rispetto delle creazioni artistiche e dei prodotti del genio dell’uomo, a cui assegnamo anche un “valore venale” che viene gestito, e molto spesso manovrato, da quel grande mostro che è la “legge di mercato”, che tutto “mercifica” e baratta. Le opere ideate dall’uomo vengono sottoposte a profondi studi, curate, mostrate con orgoglio, ambientate e custodite in sedi di prestigio, nei musei e nelle gallerie, luoghi deputati alla loro protezione e celebrazione, luoghi che diventano mete di viaggi di studio, di lavoro, di piacere. Questo dimostra il rispetto che l’uomo civile ha delle sue opere; ma dimostra anche il suo egocentrismo! Quelle dell’uomo sono infatti opere, pure encomiabili e storicamente rilevanti, ma ahimè protese ad essere poste al centro dell’universo e dell’attenzione, quali conquiste e espressioni di genialità e di arte, cui sacrificare non pochi spezzoni del creato. E questo può anche andare bene!


Ma se le Telline degli Antichi sono già le Tonninole “ de’ Moderni; e se anche ora per nostra sentenza le conche Pettuncoli sono le Gavatoni, o Spere, le Mitili per qual altra razza mai di conche, che allignano ne’ nostri mari, si devono or credere ? Appunto per quelle conche, che in oggi tra noi, a differenza delle cozze nere, chiamansi cozze pelose grosse. Ed ecco per quali ragioni. (...) Oltre le altre proprietà che hanno le più grosse cozze pelose, come di purgar il ventre, e nettar la vescica; e di essere anche amare e salse prima di venir addolcite nell‘acque del Mar Piccolo [come in oggi tra noi sperimentasi]. (...) Infatti la dolce tenera carne, che mostrano avere le cozze pelose, spezialmente le piccole, dopo qualche tempo che si sono purgate, e pasciute tra le bell’acque dolci ed ubertose assai del Mar Piccolo Tarantino; (...)

Cataldatonio Carducci Atenisio, Commento a Tommaso Niccolò D’aquino, Delle Delizie Tarantine; 1771


Questa pubblicazione costituisce una iniziativa del progetto “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e Coste” realizzato con il contributo del

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e della Provincia di Taranto in aderenza alla Legge 6/2000, volta a “favorire la diffusione della cultura scientifica”.


Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

LA PROVINCIA DI TARANTO

Scienza Mare e Coste (300 immagini di attualitĂ )

Edizione 2003


PROVINCIA DI TARANTO Il territorio amministrativo della provincia di Taranto si estende per 2436.67 Km2, i comuni della provincia sono 29: 1. Avetrana 2. Carosino 3. Castellaneta 4. Crispiano 5. Faggiano 6. Fragagnano 7. Ginosa 8. Grottaglie 9. Laterza 10. Leporano 11. Lizzano 12. Manduria 13. Martina Franca 14. Maruggio 15. Massafra 16. Monteiasi 17. Montemesola 18. Moteparano 19. Mottola 20. Palgianello 21. Palagiano 22. Pulsano 23. Roccaforzata 24. San Giorgio Jonico 25. San Marzano di San Giuseppe 26. Sava 27. Statte 28. Taranto 29. Torricella Territorio: pianeggiante (1.342,39 Km2); collinare (1094,28 Km2). Popolazione: 1 gennaio 2000=587.871; densitĂ demografica di 241,26 abitanti per Km2; media nazionale (191,41); media della Puglia (211,0).



Direzione editoriale Fondazione Ammiraglio Michelagnoli Coordinamento editoriale Comandante Dott. Carmelo Maggio Curatori dell’opera Ammiraglio Dott. Gianfranco Coviello - Ing. Salvatore Mellea Staff editoriale Dott. Pasquale Bondanese - Dott. Luigi Esposito Impaginazione elettronica e grafica Dott. Pasquale Bondanese Copertina Andrea Indellicati Stampa Stampasud S.p.A. - Mottola (TA) Edizione Aprile 2003


R INGRAZIAMENTI SI RINGRAZIANO PER I CONTRIBUTI SCIENTIFICI OFFERTI: NICOLA CARDELLICCHIO Il Dott. Nicola Cardellicchio è primo ricercatore responsabile del reparto di Chimica presso il CNR - Istituto Ambiente Marino e Costiero – Sezione Territoriale di Taranto – Talassografico “A. Cerruti” DANILO CARRIGLIO Il Dott. Danilo Carriglio svolge attività di ricerca presso il CNR - Istituto Ambiente Marino e Costiero – Sezione Territoriale di Taranto – Talassografico “A. Cerruti” ESTER CECERE La Dott.ssa Ester Cecere è ricercatrice responsabile del reparto di Algologia e Responsabile di Sezione presso il CNR - Istituto Ambiente Marino e Costiero – Sezione Territoriale di Taranto – Talassografico “A. Cerruti” LORENZO LIBERTI Il Prof. Lorenzo Liberti è preside della Facoltà di Ingegneria di Taranto del Politecnico di Bari LUIGI LOPEZ Il Prof. Luigi Lopez è preside del Corso di Laurea in Scienze Ambientali di Taranto, dell’Università di Bari GIUSEPPE MASTRONUZZI Il Dott. Giuseppe Mastronuzzi è ricercatore presso il Dipartimento di Geologia e Geofisica dell’Università di Bari MICHELE MASTRORILLI Il Prof. Michele Mastrorilli è professore di Costruzioni Idrauliche presso la Facoltà di Ingegneria di Taranto, Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale, del Politecnico di Bari RITA MAZZOLANI la Dott.ssa Rita Mazzolani è responsabile di Euroidea FRANCESCA MELLEA La Dott.ssa Francesca Viviana Mellea è docente di lettere classiche ad indirizzo storico-archeologico


MICHELE MOSSA Il Prof. Michele Mossa è professore di Idraulica presso la Facoltà di Ingegneria di Taranto, Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale, del Politecnico di Bari ORAZIO A. STASI Il Dott. Orazio A. Stasi è Agronomo titolare di studio tecnico agriambientale ANGELO TURSI Il Prof. Angelo Tursi è direttore del Dipartimento di Zoologia e professore ordinario di Ecologia dell’Università di Bari, nonché membro della giunta del Co.N.I.S.Ma. (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare) SI RINGRAZIANO PER ASSISTENZA SPECIALISTICA: Dott. Giorgio Alabiso, Dott. Paride Bisci, Dott. Cesare Bucci, Dott. Niccolò Carnimeo, Dott. Giovanni Fanelli, Prof. Giovanni Palmentola, Dott. Stefano Piraino, Dott. Fernando Rubino, Dott. Giuseppe Stigliano SI RINGRAZIA INFINE: Leonardo Di Castri, naturalista, per la consulenza in materia di ecosistemi e territorio LE RIPRODUZIONI FOTOGRAFICHE SONO STATE RESE DISPONIBILI DAI SEGUENTI COLLABORATORI FONDAZIONE: • Leonardo Di Castri - Orazio A. Stasi. Archivio foto naturalistiche ed ambientali • Giuseppe Mastronuzzi. Archivio foto geomorfologiche e ambientali • Giuseppe Pignataro. Archivio fotosub mediterranee e tropicali • Agostino Quaranta. Archivio foto naturalistiche e ambientali • Antonio Monaco. Archivio foto naturalistiche • Pasquale Bondanese - Luigi Esposito. Archivio fotosub e naturalistiche della Fondazione

DELLA


INDICE

PREMESSA 12-

3-

4-

pag. 15

INTRODUZIONE

17

CENNI STORICI LA PROVINCIA DI TARANTO, TERRA ANTICA

22

ASPETTI DEL PAESAGGIO FISICO MORFOLOGIA GEOLOGIA I FIUMI LA VEGETAZIONE

33 37 39 43

L’AMBIENTE COSTIERO LE CARATTERISTICHE DELLA COSTA I venti del Golfo LE DUNE E LE GARIGHE LE GRAVINE

48 54 57 58

L’AMBIENTE MARINO I FONDALI DELL’ARCO COSTIERO Il coralligeno I FONDALI DELLE ISOLE CHERADI I datteri di mare IL POSIDONIETO DELLE ISOLE CHERADI La Posidonia MAR GRANDE E MAR PICCOLO Un ambiente particolare: i “pali” della mitilicoltura tarantina Il bisso… e la porpora Alcuni dati di particolare interesse del Mar Piccolo

62 66 67 68 69 71 73 76 80 82

9


IL MAR PICCOLO: UN CONCENTRATO DI BIODIVERSITÀ La Comunità Europea e la Biodiversità 5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA LA RICERCA AMBIENTALE STRUMENTO DI SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’AREA IONICA GLI ISTITUTI UNIVERSITARI E DI RICERCA NEL TERRITORIO LE LINEE DELLA RICERCA I PROGETTI DI RICERCA DEL CNR/ISTITUTO AMBIENTE MARINO E COSTIERO, SEZIONE DI TARANTO La valutazione del potenziale di fissazione di CO2 La caratterizzazione ambientale di aree marine a rischio Le condizioni chimico-fisiche e biochimiche del Mar Piccolo di Taranto Le comunità bentoniche litorali I cambiamenti dell’ambiente marino e costiero indotti dall’uomo La medusa immortale e il transdifferenziamento. Una interessante scoperta della ricerca biologica marina a Taranto e Lecce Le attività di policoltura integrate alla mitilicoltura Le specie invasive ed i fenomeni di meridionalizzazione nei mari di Taranto Individuazione e monitoraggio di specie alloctone nei mari di Taranto IL PROGETTO DI RICERCA MULTIDISCIPLINARE “SPICAMAR” Studio PIlota per la Caratterizzazione delle Aree Marine A Rischio ATTIVITÀ DI RICERCA DEL CORSO DI LAUREA IN SCIENZE AMBIENTALI Bacini marini e attività industriali Inquinamento industriale e Mar Piccolo I PROGETTI DI RICERCA DEL POLITECNICO DI TARANTO La ricerca per la bonifica dei fondali marini contaminati Sedimenti contaminati ed ecosistema marino Stato ambientale dei sedimenti dell’area tarantina Smaltimento di acque reflue in mare e qualità delle acque Stabilità e difesa delle coste Processi di diffusione di inquinanti in mare

10

83 87 92 96 97 99 102 103 104 105 105 106 109 110 116 120 120 123 123 124 132 132 133 133 134 138 139


Costruzioni di diffusori Sversamento di inquinanti a mare e correnti marine 6-

140 141

LA DINAMICA COSTIERA NEL LITORALE DELLA PROVINCIA IONICA LA DINAMICA COSTIERA E L’INTERVENTO ANTROPICO LINEAMENTI IDROLOGICI, METEOCLIMATICI E MORFODINAMICI DELLA COSTA JONICA ARRETRAMENTO ED EROSIONE NEL LITORALE IONICO Innalzamento del mare e arretramento della linea di riva L‘EROSIONE DELLE SPIAGGE NEL LITORALE IONICO Aspetti della gestione della fascia costiera LE RICERCHE SULLA DINAMICA DELLA COSTA PUGLIESE

144 145 148 152 153 154 156

7-

LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO COSTIERO IL SISTEMA DELLE AREE PROTETTE DELLA PROVINCIA 158 ISTITUZIONE E GESTIONE DELLE AREE NATURALI PROTETTE REGIONALI 166 AZIONI CONCERTATE PER LA GESTIONE DELLE AREE COSTIERE 173 Dune e Posidonia contro la regressione della linea di spiaggia 176 Le scogliere artificiali sommerse 178 ARGINARE LA PESCA A STRASCICO 182

8-

GLOSSARIO GLOSSARIO

184

AUTORI DELLE TAVOLE INDICE

192

9-

10 - COLOPHON LA FONDAZIONE AMMIRAGLIO MICHELAGNOLI IL CO.N.I.S.MA.

11

198 202


Delfini. Marco Musanti. (Collezione Fondazione Michelagnoli)

12


INDICE DELLE TAVOLE pag. 26

ORCHIDEE TORRI COSTIERE

30

PIANTE DELLA MACCHIA MEDITERRANEA

36

PESCI IN PRIMO PIANO

40

VERTEBRATI

44

INSETTI

50

UCCELLI NELLE SALINE

56

INVERTEBRATI SULLA SABBIA

64

LUMACHE DI MARE

74

LA MITILICOLTURA NELLA TRADIZIONE TARANTINA

86

TRA I “PALI DELLE COZZE”

88

FIORI

100

PESCI

112

PAESAGGI SUBACQUEI

118

LA RICERCA SUBACQUEA

126

TRA LE FOGLIE DI POSIDONIA

136

ARAGOSTA, CICALA, GAMBERI E GRANCHI

150

BAVOSE E PEPERONCINO

162

ANTOZOI

174

ECHINODERMI

180

13


Aragosta. Marco Musanti. (Collezione Fondazione Michelagnoli)

14


P REMESSA La Provincia di Taranto ha subìto nel passato, e continua a subire, molti e profondi cambiamenti del proprio stato naturale, avendo inseguito un progresso economico che ha talvolta sacrificato alle proprie esigenze le risorse naturali. L’alterazione del funzionamento dell’ecosistema della fascia costiera è però, in primo luogo, il risultato tangibile di una scarsa educazione ambientale, le cui cause possono almeno in parte collegarsi alla tradizione culturale umanistica che ha sempre considerato l’ambiente un elemento complementare all’uomo, patrimonio comune e fonte inesauribile di ricchezza cui tutti possano attingere senza controllo e programmazione. I mari e le coste invece sono un ecosistema fragile e facilmente degradabile: una risorsa da proteggere ad ogni costo. Al tempo stesso, la realtà sociale, territoriale e produttiva di oggi è tale da richiedere un uso molto intenso delle delicate risorse ambientali, e c’è il rischio che si verifichi un conflitto fra i livelli di benessere raggiunti e le nuove aspettative culturali legate alla tutela dell’ambiente e della natura. Tale conflitto non si verificherà se la cultura riuscirà a fare un salto di qualità, acquisendo la definitiva consapevolezza che l’ambiente è un valore di tutti. La qualità delle informazioni, l’attendibilità delle fonti, la completezza della rappresentazione dell’ambiente marino costiero della nostra provincia rende questa pubblicazione uno strumento utile al processo di partecipazione e interazione pubblica. Domenico Rana Il Prof. Avv. Domenico Rana è il Presidente della Provincia di Taranto.

15


Scorfano rosso. Marco Musanti. (Collezione Fondazione Michelagnoli)

16


I NTRODUZIONE La Fondazione Michelagnoli da circa 15 anni persegue, in collaborazione con le Istituzioni Universitarie e della Ricerca, la divulgazione delle conoscenze, delle ricerche, delle sperimentazioni e degli studi relativi all’ambiente marino e costiero, coniugando il rigore scientifico con le esigenze della didattica e della facilità di comprensione dei complessi fenomeni naturali, affinché si consolidi la formazione di una coscienza rispettosa della preziosa risorsa mare. Si è infatti convinti che, d’intesa con quanto affermato dalla Convenzione di Barcellona del 1995, “senza l’adesione del singolo cittadino, l’attuazione di misure di mantenimento, protezione e conservazione della natura non può dar luogo a risultati all’altezza delle sfide e delle minacce che gravano sul patrimonio naturale.” Questo quaderno scientifico-divulgativo persegue un nuovo approccio alla conoscenza delle peculiari e preziose risorse naturali della Provincia di Taranto, sia segnalandone i principali aspetti fisici ed ambientali che fornendo una sintetica indicazione delle attività di studio e ricerca condotte dalle Istituzioni Universitarie e di Ricerca territoriali, finalizzate a realizzare uno sviluppo durevole, allineato con le vocazioni storiche degli abitanti e basato su una intelligente gestione delle risorse della terra, del mare e della fascia costiera, da attuarsi nel fondamentale rispetto dell’ambiente. L’elaborato pertanto sottolinea le esperienze dei principali progetti di ricerca che sempre di più focalizzano i propri risultati al perfezionamento di strumenti in grado di fornire utili indicazioni sulla scelta da fare per il risanamento e la gestione dell’ambiente marino costiero della nostra provincia.

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Sarago maggiore. Marco Musanti. (Collezione Fondazione Michelagnoli)

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La lettura del testo rafforza la consapevolezza che oggi risanamento e recupero ambientale non vogliono dire solo salvaguardia, ma anche valorizzazione delle risorse ambientali; così succede che allo scenario della provincia tracciato dal naturalista e ricco di inaspettate risorse, si sostituisca lo scenario del ricercatore ambientale che stempera l’entusiasmo del lettore col freddo rigore delle analisi scientifiche. Nel dubbio rimane la certezza dell’indispensabile contributo che le Istituzioni universitarie offrono per la crescita reale del territorio, e che solo con il consolidamento delle attività conoscitive, educative, formative e della ricerca, si costruiscono le basi per conseguire il progresso, la crescita culturale, l’innovazione e la qualità della vita della nostra Provincia. Pietro Briganti e Salvatore Mellea

Il Dott. Pietro Briganti, Assessore alle Attività Produttive della Provincia di Taranto, è il rappresentante della Provincia nel Consiglio Generale della Fondazione Michelagnoli. L’Ing. Salvatore Mellea è componente del Consiglio Direttivo della Fondazione Michelagnoli.

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Castagnola rossa. Marco Musanti. (Collezione Fondazione Michelagnoli)

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1 - CENNI STORICI


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Nella pagina precedente: Foto fine anni ‘60; pesca con il palangrese ai “Mazzune”. FONTE FAMIGLIA PIGNATELLI

LA PROVINCIA DI TARANTO, TERRA ANTICA Istituita in tempi recenti, con il decreto regio del 2 settembre del 1923, la provincia di Taranto affonda le sue radici in epoche molto più remote. Nasce dall’antica provincia di Terra d’Otranto di cui costituiva un importante circondario assieme a quello di Brindisi, Gallipoli e Lecce che di questa provincia era il capoluogo. Nel 1861, anno del primo censimento del Regno d’Italia, e ancor prima, durante il Regno di Napoli, la Puglia era costituita da sole tre provincie: la provincia della Iapigia o Terra

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d’Otranto, la provincia della Peucezia o Terra di Bari e la provincia della Daunia o Capitanata. Le origini La storia della Provincia del Jonio detta poi dello Ionio (1936) -e successivamente Provincia di Taranto- si identifica con le origini greche del suo capoluogo, fondato nel 706 a.C., dai Partenii, colonizzatori Spartani. Questi, sbarcati a Satyrion, sito dell’odierna Taranto, fecero guerra agli Iapigi e fondarono la città che dal nome del vicino fiume Taras chiamarono Taranto. L’identificazione di Satyrion con il sito dell’odierna Taranto viene ormai sostenuta dagli studiosi moderni che spiegano la localizzazione dell’attuale Satùro (Leporano), a circa dodici chilometri a sud-est di Taranto, con la presenza di un santuario dedicato alla ninfa Satyria, presso la fonte omonima. Molto prima dello stanziamento greco, in epoca ancor più remota però, il territorio della provincia tarantina era interessato da insediamenti umani risalenti al periodo neolitico, mentre insediamenti trogloditi erano attestati in alcune località caratterizzate dal fenomeno delle gravine e popolazioni autoctone abitavano il territorio di Manduria, come testimoniano reperti di un certo interesse. Due secoli dopo la colonizzazione greca, i tarantini avevano già esteso il loro dominio su quasi tutto l’arco del golfo fino al confine con Metaponto, anche se l’espansione territoriale nell’entroterra salentino trovava un fiera resistenza nelle popolazioni messapiche e in modo particolare di Manduria. Sopra: Dolmen di Leucaspide nei pressi dell’omonina gravina. Sotto: Insediamento rupestre nella gravina di Petruscio. L. DI CASTRI - O. STASI

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Vasi messapici. A. QUARANTA

Gli antichi confini Il territorio controllato da Taranto, allora chiamato con termine greco chora, nella fase di massima espansione doveva occupare tutta la pianura che, disposta ad arco, va dalla foce del Bradano al territorio di Maruggio, addentrandosi fin sotto le pendici delle Murge tarantine. Al margine di questo territorio c’era una serie di siti identificabili come avamposti fortificati (phrouria) della chora tarantina o piuttosto come villaggi indigeni di frontiera, al di là dei quali esistevano grandi insediamenti sicuramente indigeni come Manduria, Oria, Francavilla Fontana, Ceglie Messapico, Martina Franca, Laterza e Ginosa. Il territorio ad ovest di Taranto si prestava meno ad un insediamento diffuso perché interessato da terreni brulli nella fascia interna e da terreni paludosi nella fascia costiera. Pur nella incertezza della definizione dei confini della chora tarantina con il mondo indigeno, è possibile supporre che l’estensione del territorio tarantino fosse tale da avvicinarsi, in una qual certa misura, ai limiti della attuale provincia di Taranto. Nel IV secolo a.C. Taranto è la più importante città della Magna Grecia, centro di civiltà e cultura che si diffonde in tutta l’Italia meridionale, favorita da una situazione di pace e crescente ricchezza economica. La morte di Archita, figura centrale nella storia di Taranto del IV secolo, segna l’inizio di una serie di difficoltà che minano la supremazia politica di Taranto in Magna Grecia e conducono ad un aperto conflitto con Roma che culmina col tracollo della città conquistata da Quinto Fabio Massimo nel 209 a.C.. L’antica Taras greca si trasforma gradualmente nella Tarentum romana alla fine di un complesso processo di romanizzazione che dura più di due secoli. Sotto il governo romano Taranto non ha storia e le testimonianze della provincia romana sono esigue: resti di un acquedotto di età imperiale a Taranto, una villa romana di età imperiale a Torre Satùro, reperti di sarcofagi romani a San Pietro in Bevagna (Manduria) e resti di insediamenti romani a Castellaneta. Le invasioni Caduto l’impero romano d’occidente, Taranto e tutta la costa ionica subiscono le invasioni barbariche e la dominazione di popolazioni differenti: Goti, Longobardi, Ungari e Saraceni.

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Il territorio provinciale, sotto la spinta conquistatrice degli invasori, cambia assetto organizzativo e strutture di insediamento. Paure, incertezze e bisogno di sicurezza spingono le popolazioni ad abbandonare le campagne che al tempo dei romani, alla fine del IV secolo d.C., erano densamente popolate e sfruttate sia per l’agricoltura che per la pastorizia. L’agricoltura, di tipo estensivo, produceva grano olio e vino che venivano avviati verso il porto di Taranto, per essere esportati, seguendo il percorso della via Appia. Ora invece l’Appia e tutto il sistema viario romano vengono abbandonati perchÊ troppo esposti alle incursioni straniere e le popolazioni delle campagne preferiscono arroccarsi in insediamenti ravvicinati, scegliendo di vivere nelle grotte e nelle gravine. Qui passano ad una economia di tipo agricolo-pastorale,

25

Sarcofagi monolitici, San Pietro in Bevagna. A. QUARANTA


ORCHIDEE

3

1

5

2

4 26

6


8

9

7

1-Ophrys apulica 2-Anacamptis pyramidalis (particolare) 3-Barlia robertiana (particolare) 4-Ophrys lutea 5-Orchis morio (particolare) 6-Ophrys fusca 7-Ophrys bertolinii 8-Aceras anthropophorum (particolare) 9-Orchis italica 10-Ophrys incubacea

10 27


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

San Nicola; Cripta di Mottola. A. QUARANTA

coltivando i fondovalle delle gravine che sono ricchi di acque. Sul fondo delle gravine scorrevano i fiumi e in prossimità venivano coltivati gli orti per il sostentamento del villaggio. Si ripropone così, a distanza di secoli dai primi insediamenti preistorici, il fenomeno dei villaggi rupestri che interesserà le gravine di Laterza, Castellaneta, Ginosa, Massafra, Crispiano, Mottola e Statte. Nel 927 i Saraceni saccheggiano e distruggono Taranto, ma quarant’anni dopo la città viene conquistata dall’imperatore bizantino Niceforo Foca che la ricostruisce e la fortifica. La civiltà rupestre Nel periodo bizantino il fenomeno degli insediamenti nelle gravine si arricchisce con le chiese rupestri, adattamento di grotte a luoghi di culto del cristianesimo orientale. La vastità del fenomeno rupestre, che interessa aree geograficamente estese, e la presenza attorno alle cripte di raggruppamenti di grotte fa oggi presupporre lo sviluppo di insediamenti umani economicamente e socialmente organizzati e induce a considerare questa civiltà come “civiltà rupestre”. La massima espressione di questa civiltà si ha nei secoli dal X al XII, nel periodo di maggiore pressione politica e culturale del mondo bizantino caratterizzato da un nuovo fervore religioso e da una ripresa economica e demografica. Interessati dal fenomeno degli insediamenti rupestri medievali e delle numerose chiese rupestri sono Ginosa, Massafra, Laterza e Palagianello, dove suggestivi e articolati sono gli agglomerati abitativi delle loro gravine; ma ulteriori testimonianze esistono a Castellaneta, Mottola, Crispiano, Statte e Grottaglie. Il Principato Nel 1063 Taranto viene conquistata dai Normanni e diventa Principato nel 1088. Col Principato di Taranto inizia una nuova storia e un periodo di relativa tranquillità, caratterizzato tuttavia da ulteriori dominazioni: Svevi (XII sec.), Angioini (XIII sec.), Orsini del Balzo e Aragonesi (XIV e XV sec.). Del periodo normanno svevo e angioino poco è attualmente visibile perché inglobato o modificato nelle fortificazioni dell’età aragonese. Nel castello di Massafra sono rintracciabili

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elementi murari dell’antica struttura normanna e l’impianto angioino quadrilatero con quattro torri circolari; nel castello di Avetrana spicca l’imponente mastio parallelepipedo. Più cospicue le testimonianze del periodo aragonese costituite dalle fortificazioni e dalle torri costiere fatte erigere per avvistare pirati e corsari turchi, in special modo lungo la costa orientale della provincia. Torre Castelluccia (Pulsano), Torre dell’Ovo (Maruggio), Torre Zozzoli (Lizzano), Torre Colimena (Manduria) sono le più significative. Al periodo aragonese risalgono anche la costruzione e la ristrutturazione di molti castelli: il Castello Aragonese di Taranto, costruito nel sito di una preesistente rocca bizantina; il castello di Pulsano costruito dal principe di Taranto Giovanni Antonio del Balzo Orsini, i castelli di Ginosa, Laterza, Lizzano, Roccaforzata. Turchi, Francesi e Borboni Dopo il XV secolo i Turchi occupano Otranto e depredano il litorale ionico; le loro scorrerie e la successiva invasione da parte dei francesi nel XVI secolo, segnano un periodo di stasi economica per il territorio tarantino. Nel 1734 Taranto passa ai Borboni, ma nel 1801 sono ancora le forze napoleoniche ad occupare la città. Taranto viene fortificata e dichiarata piazza di frontiera per l’importanza strategica e militare che i francesi riconoscono alla base navale. Con la caduta di Napoleone Taranto ritorna ai Borboni. Sopra: Castello di Massfra. A. QUARANTA Sotto: Masseria fortificata “Tudisco” di Statte. L. DI CASTRI - O. STASI

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TORRI COSTIERE

2. Torre Colimena

1. Torre Borraco

3. Torre Saturo

4. Torre Ovo 30


1 - CENNI STORICI

Taranto nella storia d’Italia Con l’annessione del regno di Napoli nel 1861 Taranto entra nella storia d’Italia. Ventisei anni dopo, il Canale navigabile e il Ponte girevole sono pronti per fare di Taranto una base navale di grandi prospettive che si affermano nel 1889 con l’inizio delle attività dell’Arsenale Militare Marittimo, nel 1898 con la costruzione e il varo di una nave da guerra, la torpediniera “Puglia”, e nel 1912 con l’elevazione della città a sede del Dipartimento Militare Marittimo dello Ionio e del Basso Adriatico. La Marina, con il suo Arsenale e la mancanza di industrie private nella regione, dà una spinta industriale alla città, dove nascono piccole imprese metalmeccaniche e, nel 1914, il cantiere navale Tosi. La città ha meno di settantamila abitanti quando nel 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria e diventa una città militare dove l’Arsenale riesce a tenere in efficienza la grande armata navale che richiede interventi e ricostruzioni. Taranto capoluogo Finita la guerra, con l’avvento del fascismo, Taranto, a parte Napoli, è il più importante caposaldo industriale e militare del Sud e nel 1923 diviene il capoluogo della nuova Provincia dello Ionio. La politica di espansione navale perseguita dal governo fascista porta espansioni, ammodernamenti e nuovi palazzi e pubblici edifici; e la guerra nel 1940. Uscita malconcia dalla guerra, l’Italia avvia la sua ricostruzione e Taranto, in una situazione tormentata e confusa, ricerca nei primi anni ‘50 nuove e diverse vie di sviluppo. La Riforma Agraria e la Cassa per il Mezzogiorno danno fiducia e speranza alla provincia, dove si sviluppa nelle campagne il fenomeno delle cooperative vinicole ed olearie, e nel luglio del ‘60 si avvia la costruzione a Taranto di quello che poi sarà il più grande centro siderurgico europeo. Insediamenti industriali sorgono nei maggiori centri della provincia ma ben presto la crisi dell’acciaio e il ridimensionamento dell’Arsenale riproporranno la ricerca di nuovi e più duraturi sviluppi.

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Porticciolo dell’Isola di San Paolo. G. Mastronuzzi


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

TABELLA DEI PERIODI STORICI PERIODO

EVENTO STORICO

TESTIMONIANZE E TRACCE NEL TERRITORIO

Neolitico

Civiltà troglodite

Insediamenti trogloditi nelle gravine di Massafra, Laterza e a Statte

VIII secolo a.C.

I Partenii, colonizzatori Spartani, fondano la città di Taranto nei pressi del fiume Taras

Mura Messapiche e altri reperti a Manduria a testimonianza della popolazione autoctona che abitava il territorio tarantino prima dei greci

VI - IV secolo a.C.

Taranto è il Centro culturale della Colonne del tempio dorico, necropoli, cinta muraria Magna Grecia a Taranto. Nel Museo nazionale sculture, corredi funerari, oreficerie, ceramica, coroplastica

II secolo a.C - IV secolo d.C.

Taranto provincia Romana

Acquedotto Romano, resti della villa Imperiale a Torre Saturo, sarcofagi romani a San Pietro in Bevagna, insediamenti romani a Castellaneta

V- IX secolo d.C.

Invasioni da parte dei Goti, Longobardi, Ungari e Saraceni

Insediamenti rupestri a Ginosa, Massafra, Laterza, Castellaneta, Mottola, Crispiano, Statte, Grottaglie. Città Vecchia a Taranto (islamica)

X secolo

Niceforo Foca e i Bizantini a Taranto e nel territorio

Chiese rupestri bizantine a Mottola e Massafra e in altri insediamenti rupestri

XI secolo

Taranto diventa Principato Normanno

Basilica paleocristiana di S.Cataldo a Taranto

XII secolo - XIV secolo

Dominazione di Svevi, Angioini, Orsini del Balzo

Torri costiere fortificate nei territori costieri di Maruggio, Pulsano, Manduria, Lizzano Grottaglie. Castelli di Massafra e Pulsano

XV secolo

Dominazione degli Aragonesi

Castello Aragonese a Taranto. Castelli di Ginosa, Laterza, Lizzano e Roccaforzata

XVI - XVIII secolo

Invasioni dei Francesi e Dominazioni dei Borboni si alternano

Architettura barocca e di scuola napoletana a Martinafranca, Manduria, Massafra, Avetrana, Castellaneta. Le Masserie come aziende agricole

XIX-XX secolo

Annessione al Regno di Napoli e nel 1860 al Regno d’Italia. Nasce la Provincia Jonica

Insediamenti industriali in provincia; Arsenale Militare e Centro Siderurgico a Taranto

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6 - LA DINAMICA COSTIERA NEL LITORALE DELLA PROVINCIA IONICA


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Nella pagina precedente: Mare mosso sulla litoranea salentina. ARCH. FONDAZIONE

LA DINAMICA COSTIERA E L’INTERVENTO ANTROPICO Il paesaggio costiero e la sua dinamica sono il risultato di complesse relazioni tra elementi morfologici emersi e sommersi, caratteri idrologici e oceanografici, condizioni climatiche e meteomarine. Gli effetti dell’interazione dei parametri “naturali” lungo la costa pugliese sono stati profondamente condizionati dalla crescente pressione antropica. Essa si è espletata in maniera differente nel tempo in funzione dei flussi migratori e delle fasi d’utilizzazione del territorio. Da concentrazioni umane esigue, addirittura sporadiche, si è arrivati in tempi brevi all’addensamento della gran parte delle attività umane lungo la fascia costiera grazie alla presenza di grandi vie di comunicazione concentrate in essa e la natura del mare quale grande via di flussi commerciali. A questo schema evolutivo, che ha trovato le massime espressioni nelle aree costiere delle piane dell’Italia, Paese fortemente condizionato da estese aree montuose difficilmente accessibili nell‘entroterra, non è sfuggita la fascia costiera pugliese. Oggi la Puglia ben si inquadra nella media nazionale che vede la maggior parte della popolazione residente e, conseguentemente delle attività produttive, concentrata nelle aree di pianura di cui le aree costiere sono in Italia quelle più rappresentate. L’intervento antropico sulla dinamica della fascia costiera si è manifestato nel tempo in fasi e modalità differenti. Se poco influente sulla dinamica costiera è stata la pur diffusa presenza di popoli preistorici in alcune aree della Puglia quale il Tavoliere, ben differente è stato l’effetto dei diffusi lavori di bonifica delle aree costiere e dei lavori idraulici lungo i maggiori corsi d‘acqua eseguiti già durante il periodo Greco–Romano e fino ai nostri giorni (Boenzi et al. 1997). Questi sono stati tali da modificare fortemente la dinamica dell‘ambiente costiero: opere di bonifica delle aree retrodunari sono state condotte lungo tutto il litorale al fine di sconfiggere la malaria; lavori idraulici per la captazione e la regimazione delle acque hanno interessato tutti i bacini di drenaggio influenti nell‘area costiera della Puglia diminuendo il carico di sedimenti alla costa e conseguentemente inducendo bilanci sedimentari negativi; strutture portuali e lavori di difesa hanno modificato le condizioni idrodinamiche lungo la costa impedendo il trasporto di sedimenti lungo riva; le crescenti urbanizzazione ed industrializzazione hanno interessato aree costiere sempre più ampie rendendole vulnerabili anche a piccoli cambiamenti ambientali. Alle approssimazioni nella gestione del territorio già realizzate, vanno pian piano affiancandosi la realizzazione di progetti di faraonici porti turistici

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e/o commerciali, ulteriori reti viarie oltre che l’incontrollata e ormai secolare cementazione dell‘area costiera -attraverso la realizzazione di opere di protezione, spesso improvvisate o comunque non coordinate nelle unità fisiografiche- e l‘abusivismo edilizio. In conseguenza di ciò, parecchi tratti della costa Pugliese sono così interessati da una diffusa erosione e da problemi ambientali da essere considerate aree ad elevato rischio ambientale (Ministero dell‘Ambiente, 1992). Spiagge caratterizzate da progradazione dalla fine dello scorso secolo fino agli anni ‘50 hanno drammaticamente invertito la loro tendenza durante gli ultimi 40 anni; oggi dati ufficiali indicano che circa il 30% delle spiagge e parecchi tratti di costa rocciosa sono soggetti a veloce erosione (Ministero dell‘Ambiente, 1992). La natura del sistema costiero è inoltre tale che nella sua dinamica non intervengono solo fattori vicini. Il confine amministrativo non limita il manifestarsi di fenomeni morfogenetici e pertanto le fasce costiere delle regioni confinanti interagiscono strettamente risentendo in maniera sincrona delle manifestazioni degenerative indotte da interventi poco oculati. LINEAMENTI IDROLOGICI, METEOCLIMATICI E MORFODINAMICI DELLA COSTA JONICA

L‘area costiera ionica riceve il tributo solido dei fiumi i cui bacini di drenaggio comprendono aree con caratteristiche geologiche e climatiche differenti da quelle sottese (Caldara et al., 1998). Quelle carbonatiche a S/SE di Taranto sono prive Fiume Tara nei pressi della foce nei primi anni ‘80, precedentemente alla costruzione del molo “polisettoriale”. L. DI CASTRI - O. STASI

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Foce del fiume Chidro. A. QUARANTA

di una rete idrografica superficiale; i soli fiumi scorrono nella fossa bradanica e alimentano la fascia costiera nell’area ionica-metapontina, con bacini di drenaggio ben sviluppati prossimi all’equilibrio e pertanto una volta caratterizzati da importanti portate liquide, pur fortemente variabili nel corso dell’anno, ma non da altrettanto significative portate solide. In tempi recenti il naturale deflusso è stato drammaticamente ridotto sia dall‘intenso sfruttamento dei fiumi per scopi agricoli, civili ed idroelettrici, sia dai lavori di bonifica e di sistemazione idraulica eseguiti specialmente lungo l‘area costiera. Il fiume Bradano, lungo circa 120 Km e con un bacino di drenaggio di circa 2760 Kmq modellato in prevalenza su una successione di sabbie argillose, era caratterizzato da portata torbida pari a circa 3,5 – 4x10⁶ ton/anno al foce; la costruzione della diga di San Giuliano (107x106 mc di bacino) nel 1958 ha ridotto il carico solido a meno del 10% (Cotecchia et al., 1977). Lo stesso si è verificato per gli altri fiumi che sfociano nel Golfo di Taranto i cui bacini di drenaggio sono stati tutti interessati dalla realizzazione di dighe (Mastronuzzi e Sansò, 1993; Mastronuzzi et al., 1997). La piattaforma continentale Pugliese mostra larghezza variabile sino ad oltre 60 km nel Golfo di Manfredonia; essa ha la sua minima larghezza in corrispondenza della foce del Fiu-

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me Bradano con circa 5 km. L‘orlo della piattaforma è interessato dalle testate di numerosi canyons che, in alcuni casi, sono posizionate a solo 1 km dalla linea di riva e rappresentano vie di perdita di sedimenti oltre la piattaforma continentale. Essa è coperta da sabbie costiere essenzialmente terrigene (fino a 10–15 metri di profondità), da silt e limi (fino a 125 metri di profondità) ed ancora da sabbia sino all‘orlo della piattaforma. Questi ultimi sedimenti sono sabbie “relitte” in parte rielaborate dalla trasgressione post glaciale (Hesse et al., 1971). La loro deposizione è riferibile alla bassa posizione del livello del mare nell‘ultimo periodo glaciale (Colantoni et al., 1975; Colantoni & Galligani, 1978). Lungo il lato ionico i sedimenti sono costituiti principalmente da materiale bioclastico a sud di Taranto mentre di fronte la piana di Metaponto sono state riconosciute sabbie siltose terrigene (Pennetta, 1985). Sotto costa praterie di Posidonia oceanica colonizzano ampie zone della piattaforma interna, generalmente dove essa è ricoperta da sabbie fini; essa è sostituita al largo dal coralligeno di piattaforma. Queste biocenosi giocano un ruolo chiave nel ripascimento naturale delle spiagge ad opera di sabbie bioclastiche carbonatiche; il loro ruolo è ancora più importante oggi dato il ridotto apporto di sedimenti ad opera dei principali fiumi. Un certo tipo di pesca, gli ancoraggi turistici e commerciali incontrollati, e l’inquinamento stanno facendo ridurre le aree coperte da queste importanti biocenosi. Canale dei Cupi o Ostone, Lizzano. L. DI CASTRI - O. STASI

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Sul bacino del mare Ionio i venti dominanti e regnanti provengono dai quadranti meridionale e settentrionali; l‘orientamento della costa e l’interazione con i fondali determinano lungo l‘arco settentrionale del Golfo di Taranto moto ondoso e deriva dei sedimenti da SO a NE. ARRETRAMENTO ED EROSIONE NEL LITORALE JONICO La costa ionica tarantina è marcata dall’alternanza di tratti con differenti caratteri morfologici: spiagge, coste rocciose digradanti e falesie. Lunghe spiagge caratterizzano la costa metapontina. Esse corrispondono ai depositi accumulatisi con la recente rimonta del mare nell’Olocene e sono le uniche spiagge sensu strictu (Dini et al., 2000; 2001; Mastronuzzi e Sansò, 2002) ed appartengono ad un’ampia unità fisiografica allungata per 90 Km lungo il Golfo di Taranto, alimentata dai sedimenti portati dai fiumi Bradano, Basento, Sinni ed Agri. Le spiagge, principalmente quelle sabbiose, erano in fase di progradazione fino a 40 anni fa. L’area costiera fu bonificata ed interessata in tempi recenti da una intensa, crescente urbanizzazione di tipo turistico-residenziale stagionale. Le spiagge attuali sono molto ristrette ed allungate ai piedi di piccole falesie in veloce arretramento intagliate in depositi dunali o retrodunali. E’ stato stimato negli ultimi 40 anni il tasso medio di arretramento di circa 3–4 m/anno (Amore et al., 1988). Le spiagge presenti a S/SE del capoluogo ionico mostrano caratteri ben differenti. Esse sono spiagge che, se pur estese per alcuni chilometri, sono a tutti San Pietro, Isole Cheradi. G. MASTRONUZZI

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gli effetti delle pocket beach (Di Muccio e Mastronuzzi, 2000) ubicate in vere e proprie trappole sedimentarie prodotte dalla particolare configurazione della costa rocciosa. Prive di un diretto apporto sedimentario dall’entroterra esse sono alimentate esclusivamente da ciò che giunge via mare. Il sedimento che le alimenta è pressocchè totalmente di natura biogena; di conseguenza le spiagge ioniche sono molto sensibili al variare periodico, anche stagionale, dei venti sul lato ionico. Le falesie si formano in corrispondenza di tratti di costa modellata su corpi rocciosi poco resistenti. Le coste rocciose digradanti sono il più diffuso tipo morfologico presente a S/SE di Taranto. Esse sono rappresentate generalmente da una bassa, poco inclinata superficie versante, intagliata su biocalcareniti algali note con il termine di panchine (Ricchetti, 1967), che raggiunge il livello del mare senza alcun significativo gradino. Il forte condizionamento strutturale e il tasso di arretramento estremamente basso di queste coste (1-0.8 mm/anno) determinano una linea di riva molto frastagliata profondamente influenzata dal paesaggio ereditato- in genere antichi corsi d’acqua di cui le espressioni macroscopiche sono il Mar Grande e il Mar Piccolo (Mastronuzzi e Sansò, 1998)- caratterizzata da numerose insenature che proteggono pocket beaches. Le falesie, mai con altezze superiori ai 10-15 m, bordano esclusivamente le aree interne alle insenature di origine fluviale e invase dal mare al culmine della trasgressione olocenica. Esse sono intagliate in una successione di rocce sabbioso–argillose alla base e di calcareniti al tetto estremamente diffuse nel Mar Piccolo di Taranto. Lungo il perimetro della città vecchia e verso Punta Rondinella esse sono invece modellate in una successione esclusivamente biocalcarenitica. Quando caratterizzate da livelli basali sabbioso-argillosi esse sono particolarmente instabili e segnate da fenomeni recenti e storici di arretramenti parossistici (cfr Speziale, 1931). I tassi di arretramento variano da luogo a luogo condizionati dalle locali caratteristiche strutturali e meccaniche del corpo roccioso; sono stati registrati massimi tassi di arretramento nell’ordine di circa 0,8 m/anno (Mastronuzzi & Sansò, 1998).

Sopra: Cisto (Cistus incanus). Sotto: Litoranea salentina. L. DI CASTRI - O. STASI

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ARAGOSTA, CICALA, GAMBERI E GRANCHI

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1. Gambero degli anemoni (Periclimenes amethysteus) 2. Magnosella (Scyllarus arctus) 3. Aragosta (Palinurus elephas) 4. Granchio facchino (Dromia personata) 5. Alifantozza rossa (Stenopus spinosus) 6. Gamberetto maggiore (Palaemon serratus) 7. Granchio tubercolato (Macropipus tuberculatus) 8. Gambero vinaio (Gnathophyllum elegans)

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

INNALZAMENTO DEL MARE E ARRETRAMENTO DELLA LINEA DI RIVA La maggior parte delle aree costiere densamente popolate del globo sono soggette all’innalzamento del livello medio del mare (Bird, 1993; Nicholls e Leatherman, 1995; Nicholls et al., 1995; Leatherman, 2001). Esso, dovuto a fattori eustatici e sterici su scala planetaria ed esasperato da fatti locali, può essere stimato nell’ordine di grandezza di alcuni mm/anno, fra 1 e un massimo di 6 mm/anno (Pirazzoli, 1996; Douglas, 2001). Espresse in questi termini, le dimensioni del fenomeno sembrano essere trascurabili rispetto a manifestazioni parossistiche quali eruzioni o terremoti. Già agli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso Bruun (1962) suggerì che il manifestarsi di sensibili arretramenti della linea di riva lungo la maggior parte delle coste del globo fosse da mettere in relazione con l’innalzamento del livello medio del mare. Il modello di Bruun prevede che la risalita del livello del mare ed il connesso arretramento della linea di riva siano nel rapporto di 1 a 50-200. Se tale teoria apparve dimostrabile da subito per piccoli specchi d’acqua, l’applicabilità di tale modello ai bacini oceanici fu sottolineata solo in tempi più recenti da Leatherman et al. (2000). Studi compiuti lungo le coste atlantiche degli Stati Uniti misero in evidenza un rapporto fra innalzamento del livello del mare ed arretramento della linea di riva pari a 1 a 150. Così l’innalzamento del livello del mare e l’arretramento della linea di riva rappresentano due componenti della pericolosità in quanto ad essi sono connessi l’alterazione degli ecosistemi e della vivibilità della fascia costiera; ad essi sono da attribuire l’aumento dei danni e della possibilità di inondazioni a seguito di mareggiate, l’intrusione salina negli acquiferi, la distruzione di ecosistemi costieri (Nicholls e Leatherman, 1994; Mazzini e Simeoni, 1997). Non devono però essere sottaciute altre forme di sollecitazione che la costa riceve dal mare; queste sono le onde catastrofiche. Sono così definite quelle generate da tempeste a periodicità lunga o gli tsunami e il cui studio in Mediterraneo è stato sottovalutato. Testimonianze storiche addebitano a queste onde la distruzione di interi villaggi lungo costa delle Isole Chéradi (D’Aquino XVII sec. In: Carducci, 1771); più recentemente gli effetti di onde da tsunami generatesi con la mobilitazione di frane sottomarine innescate dal grande terremoto che colpì l’Italia meridionale il 7 dicembre del 1456 sono stati riconosciuti lungo la costa ionica (Mastronuzzi e Sansò, 2000).

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6 - LA DINAMICA COSTIERA NEL LITORALE DELLA PROVINCIA IONICA

L’EROSIONE DELLE SPIAGGE NEL LITORALE JONICO L‘erosione interessa numerosi tratti di costa ionica, sia rocciosa che sabbiosa. Se la veloce erosione di tratti di costa rocciosa rappresenta un grave problema solo in alcuni punti, ben più diffusa e pericolosa è l’erosione delle spiagge. Queste, soprattutto nei dintorni dei delta dei maggiori fiumi, dopo una secolare storia di progradazione, dovuta in parte al disboscamento nei relativi bacini idrografici, hanno invertito la loro tendenza e stanno attualmente arretrando con velocità di alcuni metri all‘anno. Questa nuova tendenza evolutiva è attribuibile principalmente ai numerosi lavori idraulici eseguiti nei bacini di drenaggio influenti sulla costa pugliese, alla costruzione di lavori di difesa e strutture portuali, a numerose cave di prestito negli alvei fluviali e alla crescente urbanizzazione delle aree costiere che hanno comportato una sensibile diminuzione del carico solido. Il sistema così non presenta più quelle caratteristiche di rifornimento naturale, di vero e proprio nutrimento, di cui ha necessità per sopravvivere. La presenza di numerose strutture portuali e di opere di difesa costiera, impediscono quindi il trasporto lungo riva dei materiali ed il naturale rifornimento delle spiagge in aree lontane

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Dune nei pressi di Punta Prosciutto. L. DI CASTRI - O. STASI


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

ASPETTI DELLA GESTIONE DELLA FASCIA COSTIERA

Molo San Cataldo, porto di Taranto. Arch. FONDAZIONE

La gran parte delle coste ioniche è soggetta ad erosione che sta modificando, piuttosto rapidamente, aspetto e forme degli spazi costieri. Questa situazione, diffusa a tutti i tipi di costa, è particolarmente evidente per quello più suscettibile, le spiagge; il loro rapido arretramento ormai costituisce un problema diffuso di non facile soluzione tanto per l’equilibrio dell’ecosistema costiero quanto per l’economia locale. La causa di tutto è da cercarsi in alcune modificazioni subite dal sistema: almeno due di queste, le variazioni climatiche e l’innalzamento del livello del mare, sono di ordine naturale forse ma non si è ancora ben definito quanto, controllate in parte dall’uomo, e pertanto poco governabili; le altre, probabilmente le più efficaci nel breve periodo, legate alla modifica del dinamismo costiero e del bilancio sedimentario, sono indotte dall‘uomo. La gestione della fascia costiera infatti richiede il controllo di fattori e parametri che se apparentemente molto lontani, anche fisicamente, sono invece strettamente interconnessi l’uno all’altro. Non esiste al momento una ricetta assoluta; lo stesso strumento del ripascimento artificiale va considerato come extrema ratio di fronte ad un sistema definitivamente danneggiato dall’attività antropica. Ove possibile, il primo mezzo per la protezione dell‘ambiente costiero deve essere il ripristino delle condizioni dinamiche naturali; ciò permette la riqualificazione ambientale anche dal punto di vista paesaggistico. Qualsiasi intervento va pianificato su misura ed esteso all‘unità fisiografica; occorre essere padroni dell’intervento ma anche e, forse, soprattutto, conoscere l‘ambiente per evitare il rigetto da parte del sistema costiero. Ogni intervento deve essere studiato in loco evitando di trasferire a priori tecniche che pur avendo determinato effetti positivi in aree campione potrebbero non essere compatibili con il variare dei

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6 - LA DINAMICA COSTIERA NEL LITORALE DELLA PROVINCIA IONICA

parametri del sistema su cui si deve intervenire. La convinzione della necessità di un intervento, quindi, scaturisce dalla effettiva individuazione di un disequilibrio del sistema; esso può essere di natura fisiologica, derivante dalla variabilità “naturale”, e non solo “antropica”, di uno dei parametri del sistema. Da parte delle Amministrazioni e dell’operatore deve esserci la consapevolezza che la migliore opera di ingegneria costiera non può tramutare una situazione dinamica, in continuo divenire, in equilibrio istantaneo. Opere di grande efficacia ai fini della ricostruzione di aree di spiaggia sono state approntate in Francia permettendo al sistema di rigenerarsi da solo, anche in tempi lunghi, con realizzazioni assolutamente non riconoscibili in superficie, e comunque senza intervenire in maniera drastica su strutture antropiche causa di quei disequilibri. La gestione della fascia costiera comporta la difficile gestione integrata di tutti i parametri del sistema costiero. Non ha senso effettuare opere di riqualificazione ambientale e di ripascimento se non si provvede a ricostruire tutto il sistema naturale che deve contenere e conservare a lungo termine il materiale reintrodotto e principalmente se non si programma, e si controlla, la capacità d‘uso del sistema spiaggia. dalle foci fluviali. Infine, la crescente urbanizzazione delle aree costiere rende il sistema costiero a comportamento rigido di fronte alle forze esterne, molto sensibile quindi alle sollecitazioni istantanee. Una spiaggia che non riceve sedimento non è più in grado di mantenere i suoi volumi. Nel bilancio pluriannuale fra perdite (eoliche, trasporto al largo o lungo costa) e rifornimenti fisiologici, un deficit indotto di sedimento può in parte essere azzerato se il

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Molo “polisettoriale”. AUTORITÀ PORTUALE DI TARANTO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

sistema può disporre di due grandi riserve naturali: le dune e i fondali. Se esaurite le scorte non si ripristina il rifornimento, il bilancio diviene definitivamente deficitario sino alla scomparsa completa del sistema. In questo momento le spiagge ioniche stanno alimentandosi del materiale “stivato” nelle dune. In alcuni casi, come alla foce del Bradano, esse sono già state completamente smantellate.

Porto industriale di Taranto AUTORITÀ PORTUALE DI TARANTO

LE RICERCHE SULLA DINAMICA DELLA COSTA PUGLIESE Per definire la dinamica delle spiagge pugliesi l’Università degli Studi di Bari ha in atto grazie a finanziamenti propri e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca una serie di studi tesi a migliorare le conoscenze della dinamica della costa. Presso il Dipartimento di Geologia e Geofisica sono attivi due gruppi di ricerca: MIUR Cofin 2000-2002 “Analisi delle variazioni sedimentologiche e morfologiche delle spiagge, indotte da interventi di difesa e ricostruzione della fascia costiera.”(resp. Scientifico: Prof Giovanni Palmentola) MIUR Cofin 2002-2004 “I depositi eolici della costa pugliese e lucana; il flusso di sedimenti nel sistema spiaggia-duna.”(resp. Scientifico: Prof Giovanni Palmentola) MIUR FonAt 2003 “Caratterizzazione del potenziale morfogenetico di onde catastrofiche a lungo periodo di ciclicità ” (resp. Scientifico: Dott. Giuseppe Mastronuzzi) Presso lo stesso dipartimento hanno sede il Gruppo di Lavoro MACRiVaLiMa – Modificazioni dell’Ambiente Costiero in Risposta alle Variazioni del Livello del Mare - dell’AIGeo – Associazione Italiana di Geografia Fisica e di geomorfologia e la Delegazione Italiana dell’IGCP Project 437 International Geological Correlation Programme “Coastal Environmental Change During Sea-Level Highstands: a global synthesis for future management of coastal change” dell’UNESCO – IUGS (Project Leader: Prof. C. Murray Wallace, University of Wollongong, Australia).

Nella pagina successiva: Giglio di mare (Pancratium maritimum). A. QUARANTA

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

IL SISTEMA DELLE AREE PROTETTE DELLA PROVINCIA La Comunità Europea ha definito habitat di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione, gli habitat che rischiano di scomparire o che costituiscono esempi notevoli delle caratteristiche tipiche di una o piu’ delle cinque zone biogeografiche europee: alpina, atlantica, continentale, mediterranea, macaronesica. L’indagine condotta dal gruppo Bioitaly per il progetto della rete Natura 2000 ha evidenziato la ricchezza delle specie e degli habitat della regione biogeografica Mediterranea presenti nella provincia ionica. La presenza di una notevole biodiversità nella nostra provincia e più in generale nella regione Puglia, anche in territori fortemente antropizzati, è dovuta a vari fattori, tra i quali la posizione biogeografica della Puglia, ponte nel Mediterraneo tra l’Europa, l’Asia minore e l’Africa, che consente la migrazione e la nidificazione di numerose specie di uccelli; la variabilità e la complessità della morfologia, con particolari condizioni microclimatiche locali; la complessa storia geologica della Puglia, che ha determinato a più riprese collegamenti terrestri con la penisola balcanica permettendo cosi’ numerosi scambi, grazie ai quali la Puglia presenta attualmente popolamenti floro-faunistici compositi, con specie di origine appenninica, dinarica ed egeica; l’isolamento di alcune aree, come quella delle gravine, che precludendo scambi con altre Sopra: Duna con tracce di erosione. Sotto: Intreventi per la ricostruzione e consolidamento della duna. L. DI CASTRI - O. STASI

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

popolazioni, ha determinato l’evoluzione di popolazioni locali in specie endemiche, presenti cioè unicamente in quel sito, tra le quali la rarissima Ofride tarantina (Ophrys tarentina), orchidacea che vive in sparuti popolamenti nell’area carsica di Taranto, Statte e Crispiano. L’Unione Europea ha perciò individuato per la provincia di Taranto alcune aree naturali da proteggere, ai sensi della Direttiva 92/43/CEE- Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche- che ha proposto i Siti di Importanza Comunitaria denominati pSIC, e della Direttiva 74/409/CEE- Conservazione degli uccelli selvatici-. che ha istituito le Zone di Protezione Speciale denominate ZPS. Entrambe le Direttive sono state recepite dallo Stato Italiano con il DPR 8 settembre 1997, n. 357. Nella provincia di Taranto sono stati individuati 8 pSIC ed una ZPS. Si parte dall’importante pSIC-ZPS dell’Area delle Gravine per proseguire con i pSIC caratterizzati dalla presenza di formazioni boscose dominate dal raro Fragno (Quercus troiana) essendo il territorio jonico l’unico di tutta l’Europa occidentale dove sono presenti formazioni di questa quercia ad areale balcanico.

PSIC

PROVINCIA DI TARANTO

CODICE

DENOMINAZIONE

IT9130001

Torre Colimena

IT9130002

Masseria Torre Bianca

IT9130003

Duna di Campomarino

IT9130004

Mar Piccolo

IT9130005

Murgia di Sud-Est

IT9130006

Pineta dell’Arco Ionico

IT9130007

Gravine dell’Arco Ionico

IT9130008

Posidonieto Isola di S. Pietro-Torre Canneto

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Riserve naturali regionali ai sensi della Legge 24 luglio 1997, n. 19. In giallo le riserve istituite. FONTE STUDIO

Riserva Bosco delle Pianelle

AGRIAMBIENTALE

O. A. STASI

Riserva del litorale orientale tarantino

Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC) ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”. La zona arighe verticali è anche Zona di Protezione Speciale ai sensi della Direttiva 79/ 409/CEE “Uccelli”. FONTE STUDIO AGRIAMBIENTALE

O. A. STASI

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

L’estesa formazione di pineta su duna a Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) che caratterizza le coste ioniche, è compresa nel pSIC Pinete dell’Arco Jonico. Queste formazioni caratterizzano il piu’ esteso habitat italiano di conifere vegetanti su duna. Tra i pSIC compare anche un’area marina, caratterizzata da un fondale particolarmente interessante, con una formazione a Posidonia oceanica che si origina delle Isole Cheradi, all’esterno del porto di Taranto. Entro il 2004 dovranno essere designate le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) individuandole tra i pSIC, la cui importanza sia stata riconosciuta e validata dalla Commissione e dagli stessi Stati membri, mediante l’inserimento in un elenco definitivo. Le ZSC e le ZPS costituiranno la rete Natura 2000. Alla designazione delle ZSC faranno seguito l’individuazione delle norme di salvaguardia e l’adozione di eventuali piani di gestione. In attesa della designazione delle ZSC, gli Stati membri (e quindi in Italia anche le Regioni) hanno l’obbligo di “mantenere in un soddisfacente grado di conservazione” gli habitat e le specie presenti in tutti i pSIC. Ai sensi della Direttiva Habitat “lo stato di conservazione di habitat e specie e’ soddisfacente quando i parametri relativi a superficie, struttura, ripartizione naturale, andamento delle popolazioni e area di ripartizione delle specie non sono in declino, sono stabili o in aumento”. La natura tarantina è così tutelata a più livelli, con numerosi provvedimenti legislativi, sui quali hanno competenza lo Stato, la Regione Puglia, la Provincia di Taranto, i singoli Comuni.

ZONE DI

OASI DI PROTEZIONE OdP

RIPOPOLAMENTO E CATTURA ZRC Trazzonara

Mastroluca

Palude La Vela

Filicchie

Lago Salinella

S. Trinità

Bosco Santantuono

Tagliente

Gravina Castellaneta

Corno della Strega

Bosco Cuturi

Motunato

Bosco Pianelle

Gravina Laterza

Bosco Selva

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BAVOSE E PEPERONCINO

1

2 162

3


4

1. Peperoncino (Tripterygion melanurus) 2. Bavosa rossa (Blennius nigriceps) 3. Bavosa pavonina (Parablennius pavo) 4. Bavosa cornuta (Parablennius tentacularis) 5. Bavosa bianca (Parablennius rouxi) 6. Parablennius incognitus

5

6 163


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Riserve Naturali Orientate ai sensi del D.M. Ministero Agricoltura e Foreste 13 luglio 1977. FONTE STUDIO

RNO Murge Orientali

AGRIAMBIENTALE

O. A. STASI

RNO Stornara

Infrastrutture ed ambiti costruiti della Provincia di Taranto. FONTE STUDIO AGRIAMBIENTALE

O. A. STASI

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

Con Decreto Ministeriale 13 luglio 1977 sono state istituite le Riserve Naturali Orientate della Stornara (1.456 ettari), destinata alla tutela del patrimonio biogenetico del Pino d’Aleppo lungo la costa occidentale dell’Arco Ionico, e delle Murge Orientali, per la protezione delle migliori formazioni boschive di fragno (Quercus troiana), essenza forestale presente nella fascia murgiana più alta del territorio di Martina Franca. Nella Masseria Galeone, gestita dal Corpo Forestale dello Strao, all’interno della RNO delle Murge Orientali, viene allevato per gli scopi istituzionali numerosi esemplari di Cavallo delle Murge, una interessante razza equina, recentemente riscoperta per la estrema robustezza, frugalità e rusticità, tenuto in passato allo stato brado nel difficile ambiente murgiano. Il Corpo Forestale dello Stato, oltre alle RNO, vigila anche su due aziende demaniali regionali: Merichicchio e Russoli. Quest’ultima ospita ospita un nucleo di Asino di Martina Franca, razza tipica e protetta della fascia collinare tarantina, che veniva usato fino ad alcuni decenni fa, per la produzione di instancabili muli, nell’incrocio con fattrici Murgesi. Le leggi nazionali e regionali sulla caccia, inoltre, impongono vincoli e diversi gradi di tutela faunistico su ampie zone del territorio, in particolare con gli istituti venatori delle Zone di

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Bosco Pianelle. L. DI CASTRI - O. STASI


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Ripopolamento e Cattura (ZRC) e delle Oasi di Protezione (OdP). Alcune di questi istituti sono attualmente in fase di riperimetrazione e fusione con le aree protette regionali. Per la Direttiva “Uccelli” vi sono diciassette specie di uccelli nidificanti a rischio, il valore piu’ alto dopo la provincia di Foggia. Estremamente importante la comunità di specie rupicole, associate all’area delle Gravine. Si segnala il Capovaccaio (Neophron percnopterus), il Gufo reale (Bubo bubo), il Lanario (Falco biarmicus), l’Averla cenerina (Lanius minor), la Ghiandaia marina (Coracias garrulus), il Passero solitario (Monticola solitarius). Numerosi anche i Rettili: sono presenti le popolazioni piu’ numerose del Colubro leopardino (Elaphe situla) e del Geco di Kotschy [Cyrtopodion (=Cyrtodactylus) kotschyi]. Significativa anche la popolazione dell’unico anfibio d’interesse comunitario pugliese, l’Ululone dal ventre giallo (Bombina variegata). ISTITUZIONE E GESTIONE DELLE AREE NATURALI PROTETTE REGIONALI La Regione Puglia ha definito, con legge regionale n°19 del 24/7/1997, le norme per l’istituzione e la gestione di aree naturali protette al fine di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e ambientale della regione. Sopra: cavalieri d’Italia (Himantopus himantopus). A. QUARANTA. Sotto: Costa nei pressi di Torre Colimena con fioritura di Glaucium flavum. L. DI CASTRI - O. STASI

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La legge classifica le aree naturali protette in base alle diverse caratteristiche e destinazioni, secondo le seguenti tipologie: a) parchi naturali regionali: aree terrestri, fluviali, lacuali, tratti di mare prospicienti la costa, che costituiscono un sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi, dai valori paesaggistici e artistici dei luoghi e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali; b) riserve naturali regionali: aree terrestri fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna ovvero costituenti ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali possono essere integrali, per la conservazione dell’ambiente naturale nella sua integrità, oppure orientate, per la conservazione dell’ambiente naturale con interventi rivolti al restauro o alla ricostituzione di ambienti o di equilibri naturali degradati. c) parchi e riserve naturali regionali di interesse provinciale, metropolitano e locale; d) monumenti naturali, per la conservazione, nella loro integrità, di singoli elementi o piccole superfici di particolare pregio naturalistico e ambientale;

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Gradino della Murgia sud-orientale - bosco Pianelle. L. DI CASTRI - O. STASI


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Fenicottero nelle saline di Torre Colimena. L. DI CASTRI - O. STASI

e) biotopi, cioè porzioni di territorio che costituiscono un’entità ecologica di rilevante interesse per la conservazione della natura. Ai fini della loro tutela e valorizzazione, per la Provincia di Taranto, la legge regionale 19/1997 ha individuato le seguenti aree aventi preminente interesse naturalistico, nonché ambientale e paesaggistico: • Gravine dell’Arco Ionico • Bosco delle Pianelle • Lago Salinella • Palude la Vela • Dune di Campomarino e Torrente Borraco • Foce del Chidro • Salina e dune di Torre Colimena • Pinete dell’Arco jonico • Palude del Conte e duna costiera • Bosco Cuturi e Rosa Marina • Zona collina e boschi di Massafra.

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

Successivamente, con legge regionale 23 dicembre 2002 n.24, sono state istituite le Riserve naturali regionali orientate del litorale tarantino orientale, comprendenti le aree naturali “Foce del Chidro”, “Salina e dune di Torre Colimena”, “Palude del Conte e duna costiera”, “Bosco Cuturi e Rosa Marina”, tutte ricadenti nel territorio del Comune di Manduria. Inoltre con legge regionale 23 dicembre 2002 n. 27 è stata istituita la Riserva naturale regionale orientata “Bosco delle Pianelle” nel territorio di Martina Franca, uno dei più importanti residui che coprivano le Murge. Il Chidro è il più importante corso d’acqua della costa orientale tarantina ed è prodotto dalla risorgiva di varie sorgenti in una conca carsica crateiforme. La foce del Chidro, zona umida costiera di circa 60 ettari, è importante stazione di igrofile. A Torre Colimena, località marina sorta attorno all’omonima torre di avvistamento, la zona costiera con duna e salina artificiale comprende una depressione umida retrodunale caratterizzata da vegetazione alofila e psammofila. La “Salina e Duna di Torre Colimena” costituisce “Habitat prioritario” di Juniperus phoenicea e Juniperus oxycedrus e un sito importante per i

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Corriere grosso (Charadrius hiaticula hiaticula). A. QUARANTA


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

migratori acquatici. Inoltre la salina, con annessa costruzione, rappresenta una testimonianza dell’antico utilizzo per la raccolta del sale. La Palude del Conte e la vicina duna costiera comprendono una zona umida retrodunale nella fascia costiera compresa nel comune di Manduria. Infine, nel litorale tarantino orientale, il Bosco Cuturi e Rosamarina sono costituiti da distese di querce miste a pini e a macchia mediterranea caratterizzata dalla presenza di mirto, mortella, corbezzolo, ginepro, lanterno e di numerose erbe aromatiche. La fauna è caratterizzata dalla presenza di rettili (cervoni, biacchi), mammiferi (ricci, lepri, volpi) e una numerosa rappresentanza di avifauna stanziale e di passo. Le finalità istitutive delle riserve naturali sono indirizzate alla salvaguardia degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatica, nonché dei valori paesaggistici, storico-architettonici e delle attività artigianali tradizionali della zona. Specificatamente per la riserva naturale del litorale tarantino orientale, le finalità istitutive mirano al recupero della funzionalità del sistema dunale oltre che alla riqualificazione del sistema insediativo a ridosso della fascia costiera al fine di ridurne l’impatto ambientale e paesaggistico. Inoltre con legge regionale 23 dicembre 2002 n. 27 è stata istituita la Riserva naturale regionale orientata Bosco delle Pianelle, nel territorio di Martina Franca, area di altissimo pregio vegetazionale, con la presenza di un bosco misto di leccio e fragno, con presenza di roverella, orniello, ed altre specie forestali, tra le quali la carpinella ed il carpino orientale. Il Bosco conserva traccia dell’antica presenza dell’uomo, con vecchie carbonaie e muri a secco di divisione tra “parchi” destinati all’allevamento del bestiame. Oggi vede grandi individui arborei, soprattutto lecci secolari, veri patriarchi vegetali, che proteggono un ricco e vario sottobosco, che comprende specie endemiche come le numerose orchidee e la scrofularia pugliese (Scrophularia lucida), specie transadriatiche come il raponzolo meridionale (Asyneuma limonifolium), rare come la sassifraga a foglie d’edera (Saxifraga ederacea). Tra le Aree Naturali Protette individuate e non ancora istituite, oltre alle Gravine dell’Arco Jonico, peraltro nel 2003 inserite dall’Unesco fra i beni patrimonio mondiale dell’umanità, di particolare rilevanza per la protezione della fascia costiera della provincia di Taranto è l’individuazione della Duna di Campomarino e torrente Borraco nel territorio di Maruggio, del Lago Salinella nel territorio di Ginosa, della Palude La Vela a Taranto e delle Pinete dell’Arco Ionico.

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

Queste ultime, estese lungo la costa ionica, comprendono i territori di Taranto, Castellaneta, Ginosa, Palagiano e Massafra. Parte delle pinete è già protetta come Riserva Naturale Orientata dello Stato (Riserva di Stornara). Le Pinete dell’Arco Ionico costituiscono una delle più estese formazioni spontanee di Pinus halepensis su duna presenti in Italia. Il sistema dunale, estremamente frastagliato, con dune alte 15 metri, dal nome locale di Givoni, ha una rilevante importanza geologica e svolge anche un ruolo di difesa delle aree interne. Oltre che per le mature formazioni di pino, la vegetazione è importante per il ricco sottobosco e per la presenza di alcune rarità botaniche quali Helianthemum sessiflorum, l’endemico Helianthemum jonium, Plantago albicans, Satureja cuneifolia. Nell’area sono presenti due tipologie di habitat prioritario, la pineta su duna e alcune aree di steppa salata. Di rilievo, sia sotto l’aspetto botanico che faunistico, le varie foci dei corsi d’acqua quali Lenne, Lato, ecc. che si immettono nello Ionio e che contribuiscono a diversificare l’ambien-

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Bavosa pavonina (Parablennius pavo). G. PIGNATARO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Da sinistra a destra: Ofride gialla (Ophrys lutea); Anacamptis pyramidalis; Silene dioica. A. QUARANTA

te. Numerosa la presenza dell’avifauna migratoria e nidificante; nell’area è segnalata l’unica nidificazione, oltre quelle delle paludi della Capitanata, di un raro ardeide, la Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides). Di interesse la presenza di alcune torri costiere. La Duna di Campomarino è un complesso di dune costiere esteso per diversi chilometri, caratterizzato dalla tipica vegetazione dunale ad Ammophila arenaria, Juniperus phoenicea, Juniperus oxycedrus, habitat inserito nella Direttiva UE 92/43. Caratteristici i pulvini di Thymus capitatus e Helichrysum italicum. Nei brevi tratti rocciosi, dove vegeta Crithmum marittimum, sono presenti rare cenosi a Limonium japygicum. Il fiume Borraco, posto al confine orientale del complesso dunale, rappresenta, dopo il Chidro, la più importante delle tipiche risorgive carsiche presenti lungo la costa ionica orientale. Nella fascia a Juniperus phoenicea, Juniperus oxycedrus, Myrtus communis e Pistacia lentiscus fioriscono Glaucium flavus, Cistus incanus, C. monspeliensis, C. salvifolius. Nella parte umida

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è segnalata la presenza della pianta acquatica esotica Azolla caroliniana, e di numerose specie palustri. E’ inoltre luogo di sosta di migratori acquatici. Il Lago Salinella nel territorio di Ginosa, è zona umida retrodunale originatasi nella vecchia foce del fiume Bradano, caratterizzata dal passaggio e dalla sosta di uccelli migratori fra cui le cicogne La Palude La Vela è zona umida ubicata sulle sponde del Mar Piccolo di Taranto, individuata come importante zona di sosta e svernamento per molte e rare specie acquatiche e già Oasi di protezione in concessione al WWF. Per le aree in fase di istituzione le motivazioni di salvaguardia sono inerenti alle alterazioni indotte da urbanizzazione turistica, lottizzazioni, incendi, erosione delle dune per passaggio antropico. AZIONI CONCERTATE PER LA GESTIONE DELLE AREE COSTIERE Il Progetto SELSY Nell’ambito del programma LIFE Ambiente III, la Provincia di Taranto ha presentato alla Commissione Europea, nell’ ottobre del 2000, una proposta progettuale in partenariato con la Provincia di Lecce, la Provincia di Brindisi, il Comune di Alghero, il Comune di Egyros in Grecia e la Contea di Waterford in Irlanda. Il progetto della Provincia di Taranto, il cui acronimo in inglese è SE.L.SY.: Sea-Land System (che sta ad indicare le possibili interazioni TerraMare), promuove “Azioni Concertate per la Gestione delle Aree Costiere” ed è risultato il terzo di 19 proposte italiane selezionate su un totale di 239 presentate. Il progetto ha ottenuto, nell’agosto del 2002, l’approvazione definitiva da parte della Commissione DG Ambiente D.1 con la concessione di un sostegno finanziario di 541.170 Euro, pari al 49,94% del costo ammissibile totale. Con questo progetto le amministrazioni partner intendono realizzare un piano per la salvaguardia della costa implementando alcune azioni dimostrative: 1 - un modello integrato di dinamica costiera attraverso: a - l’applicazione della wireless technology per la trasmissione in tempo reale di dati su informazioni marine e metereologiche cartografiche e GIS. Il sistema sarà applicato su boe galleggianti dotate di sensori e di barriere antisversamento e collegate ad alcune torri costiere. Si potranno così individuare in tempo reale Sopra: Papavero rosso (Papaver rhoeas). Sotto: Papavero giallo (Glaucium flavum). L. DI CASTRI - O. STASI

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ANTOZOI

3

2

1. Leptosammia pruvoti 2. Anemone (Anemonia sulcata) 3. Cerianto (Cerianthus membranaceus) 4. Falso corallo nero (Gerardia savaglia) 5. Alicia (Alicia mirabilis) 6. Gorgonia rossa (Paramuricea clavata)

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5

4

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

DUNE E POSIDONIA CONTRO LA REGRESSIONE DELLA LINEA DI SPIAGGIA Recenti studi hanno dimostrato che l’avanzamento o l’arretramento di una spiaggia è anche un fenomeno biodinamico e che l’interazione delle dune a terra e le praterie di Posidonia oceanica nel fondo sabbioso del mare, contribuisce al mantenimento lungo le spiagge della sabbia, che, anche se in continuo rimescolamento, resta la stessa quantitativamente. Sia la duna sia la prateria sono comunità di piante vive che insediatesi sulla terra e sul fondo marino determinano condizioni ecologiche e ambientali particolari, sia all’interno dello spazio occupato dalla comunità sia verso spazi esterni anche a notevole distanza Le dune, piccole montagnette di sabbia che corrono lungo la linea di costa, sormontate da diverse specie di vegetali, sono costituite da una fitta trama di radici e detriti vegetali; queste trattengono la sabbia e smorzano l’azione del vento che potrebbe portarla via. Gli studi hanno evidenziato che una duna alta 5 metri impiega migliaia di anni per costituirsi. Sul fondo del mare accade la medesima cosa. La prateria di Posidonia, una pianta fanerogama marina tipica del mare Mediterraneo e presente fino a trenta metri di profondità, sviluppa anch’essa una trama di rizomi e detriti vegetali sulla quale continuano a rigenerarsi le piante; con il tempo si formano delle dune subacquee, le mattes, spesso anch’esse parallele alla costa; anche qui, sott’acqua, la Posidonia con le sue radici e foglie trattiene la sabbia e smorza l’azione delle onde e delle correnti marine, e si hanno gli stessi effetti delle dune sulla terra. È necessario anche che le condizioni di crescita delle piante siano continue, se queste muoiono gli effetti si notano sulla costa. Le cause di morte delle piante possono essere molteplici: a terra lo sbancamento delle dune; in mare l’intorbidimento delle acque e la conseguente non penetrazione della luce fino al fondo, l’apporto di fango per sversamento o per deviazione delle correnti provocato da moli e dighe artificiali, l’inquinamento chimico, l’estirpazione per la pesca a strascico e l’ancoraggio. Quindi solo l’azione combinata e sinergica delle dune e della prateria di posidonia contribuisce in maniera naturale e sicura alla stabilità delle spiagge.

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

tutti i parametri idrotorbidometrici e chimico-fisici, nonchè quelli relativi alla flora e alla fauna della zona costiera interessata. Si potrà monitorare il livello della costa e la pendenza della spiaggia e provvedere tempestivamente a ridurre gli effetti delle intrusioni marine sia accidentali (sversamenti di idrocarburi), che continuative (acque reflue). L’obiettivo perseguito é il controllo globale delle interazioni terra-mare per arginare il più possibile gli effetti dell’antropizzazione; b - l’installazione di un impianto dimostrativo di depurazione di acque reflue per il loro riutilizzo in agricoltura, con una tecnologia innovativa messa a disposizione dal Politecnico di Bari- II Facoltà d’Ingegneria; c - interventi per ridurre la pericolosità naturale della costa, attraverso la salvaguardia del litorale e la ricostruzione delle dune costiere. 2 - un modello di partecipazione dei residenti della costa con la valorizzazione delle torri come centri di educazione ambientale oltre che come nodi di rete e sedi di acquisizione dati. 3 - un sistema di monitoraggio delle singole azioni e di un piano di validazione di risultati tramite una griglia di indicatori di valutazione in itinere ed ex post.

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Dune sulla litoranea salentina, marina di Lizzano. ARCH. FONDAZIONE


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

LE SCOGLIERE ARTIFICIALI SOMMERSE La prima scogliera sommersa fu costruita in Giappone nel XVII secolo per attrarre i pesci e pescarli più facilmente. La scogliera era un semplice agglomerato di pietre e rocce e fu impiantata in un luogo che aveva solo la prerogativa di essere vicino ai luoghi di pesca. All’epoca non si avevano riscontri scientifici per l’operazione, ma l’esperimento funzionò. Le moderne scogliere artificiali sommerse sono realizzate con “moduli”, agglomerati di cubi in calcestruzzo sagomati con anfratti, cavità e passaggi. La superficie dei moduli è resa adatta all’attecchimento della fauna e della flora sessile e i moduli possono avere forme diverse, ma sono progettati soprattutto per offrire nascondigli a pesci, crostacei e molluschi. Gli studi sulla configurazione dei moduli e l’individuazione ottimale dei luoghi di impianto hanno confermato l’ azione attrattiva delle scogliere sommerse nei confronti dei pesci e di altri organismi marini. Il Giappone è la nazione che possiede il 90% di tutte le scogliere sommerse artificiali nel mondo e si stima che il 12% di tutte le zone di pesca giapponesi siano gestite mediante l’uso di scogliere sommerse. Anche nel Mar Mediterraneo sono state impiantate alcune scogliere artificiali con lo scopo di ottenere un incremento della pesca ed una migliore valorizzazione della risorsa biologica litorale. Si è riscontrato infatti che il plancton tende a disporsi attorno ad un corpo immerso in relazione sia alle correnti marine che alla forma del corpo sommerso, e che i banchi di pesce tendono a distribuirsi attorno alla scogliera artificiale, a seconda delle caratteristiche di ciascuna specie. Così i pesci piatti si dispongono alla base della scogliera, i pesci di roccia negli anfratti artificiali; i pesci semipelagici sul fondo e tra i moduli; i pesci pelagici su tutta la colonna d’acqua sovrastante. La ragione principale dell’impianto delle scogliere sommerse è tuttora la maggiore difficoltà degli amministratori delle attività di pesca ad utilizzare mezzi impopolari quali il fermo biologico, il controllo delle taglie minime; la sorveglianza per la pesca di frodo, ecc. Ma altre azioni ecologicamente importanti sono indotte dall’impianto delle scogliere artificiali sommerse, in particolare quelle impiantate alla profondità di circa 15 metri, in lontananza da scogliere naturali e vicino a praterie di posidonia: reclutano e proteggono molte specie di avannotti, soprattutto specie economicamente importanti; offrono appi-

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

gli a organismi sessili e filtratori che riciclano il flusso energetico dei nutrienti di origine antropica; ostacolano la pesca a strascico. A Taranto la Scuola di Maricoltura, Pesca e Trasformazione dei Prodotti, dell’Università di Bari decentrata a Taranto, ha realizzato una scogliera artificiale sommersa a circa un miglio a Sud dell’Isola di San Pietro, alla profondità tra i 26 ed i 30 metri. La scelta del luogo è stata fatta in base alla mappa biocenotica della zona; prospezioni subacquee hanno verificato l’assenza di residuati bellici e una serie di analisi e prelievi hanno caratterizzato il sedimento e la zona di mare. La struttura è stata realizzata con 30 moduli cubici di calcestruzzo dalle dimensioni di 120 cm. per lato; la superficie superiore dei moduli è dotata di recessi conici e cavità semicircolari e su ogni faccia si aprono 5 fori, passanti quelli di dimensione maggiore. La disposizione dei blocchi sul fondale è stata realizzata in modo che gruppi di 4 moduli poggiano sul fondo ed uno si appoggia su di essi al centro in modo da formare una piramide stilizzata. Sono state realizzate in tutto 6 piramidi distanti 25 metri l’una dall’altra occupando complessivamente un’area di 1704,56 metri quadrati. Dopo un anno i primi rilievi effettuati hanno messo in evidenza come gli organismi sessili – spugne, antozoi, alghe, vermi, idrozoi, cnidari, molluschi - avevano ricoperto quasi tutta la superficie disponibile; al di sopra di essi stazionavano stelle marine e crinoidi. Nelle vicinanze dei blocchi sono state individuate molte specie di pesci appartenenti alle famiglie dei serranidi, mullidi e labridi. Di particolare interesse è stato rilevare che molte cavità dei moduli ospitavano le teche ovigere dei Calamari. Alcuni esperimenti in corso nelle scogliere sommerse tendono a realizzare impianti di molluschicoltura sospesa. Fra i moduli vengono sospesi dei cavi ed a questi vengono agganciate ceste contenenti individui giovani di molluschi. Altri prevedono il posizionamento di particolari moduli lungo le coste sabbiose a profondità variabile fino alla distanza di 3 miglia dalla costa. Questi moduli avrebbero spuntoni e ganci da impedire la pesca a strascico in quelle zone già individuate come importantissime zone di nursery per moltissime specie di pesci.

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Banco si salpe (Boops salpa). G. PIGNATARO


ECHINODERMI

1

2 1. Giglio di mare (Antedon mediterranea) 2. Stella spinosa minore (Coscinasterias tenuispina) 3. Stella cuscinetto (Asterina gibbosa) 4. Riccio saetta (Stylocidaris affinis)

3

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7 - LA TUTELA DELL’AMBIENTE MARINO E COSTIERO

4 - un modello di pianificazione concertata con la realizzazione di un Nucleo Operativo Costiero costituito dai partner del progetto, da rappresentanti delle Amministrazioni e tecnici di settore, impegnati nella pianificazione e nel coordinamento e monitoraggio delle azioni. La creazione di tale struttura, come organismo di concertazione e il coinvolgimento della popolazione residente, consentiranno il perdurare degli obiettivi raggiunti. Al N.O.C. saranno collegati gli Uffici terra-mare operanti a livello locale in ogni area partner, compresi i Sea-Land Bureau a Clare e Egyros. Proprio la partecipazione di Clare, di Egiros e del Comune di Alghero contribuirà a creare un team internazionale che opererà su analisi comparate e su benchmark jobs. Le azioni di dimostrazione che saranno implementate con SE.L.SY. saranno attivate grazie all’intervento degli altri partner del progetto, il Politecnico di Bari, il CNR – Istituto Talassografico di Taranto, l’ENEA di Bologna, e ad alcune aziende che costruiranno le attrezzature necessarie. A livello locale saranno attivate collaborazioni con altre Università (Scienze ambientali ad indirizzo marino decentrato a Taranto dell’Università degli Studi di Bari; Dipartimento di Scienze Naturali, Scienze Ambientali – Stazione di Biologia Marina dell’Università di Lecce; Dipartimento di Scienze Geologiche e paleontologiche dell’Università di Ferrara) e con gli attori locali. Il progetto avrà una durata di due anni. I risultati attesi dal progetto sono la costruzione di un modello di dinamica costiera in grado di registrare i livelli dell’arretramento della costa; il potenziamento del monitoraggio dell’ecosistema costiero e infine l’integrazione delle tematiche am-

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Sciarrano (Serranus scriba). G. PIGNATARO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

bientali sia nelle politiche locali, che nelle pratiche agricole ed industriali e nelle abitudini di vita dei residenti dei territori costieri. ARGINARE LA PESCA A STRASCICO La Provincia di Taranto, ha firmato un Accordo di Programma con il Comune di Castellaneta e il Comune di Ginosa, oltre che con l’Istituto Talassografico CNR di Taranto al fine di presentare ai sensi del P.O.R. SFOP 2000-2006, Misura 4.12 A, un progetto sull’installazione di barriere artificiali nell’area occidentale della provincia jonica. Il progetto ha lo scopo di arginare la pesca a strascico fortemente diffusa in quella zona e tentare di ripristinare un equilibrio biocenotico, in grado di garantire la ricchezza delle risorse alieutiche a tutto vantaggio degli operatori. L’intervento consiste nella realizzazione di una fascia di protezione antistrascico con sistemazione sul fondo marino, tra la batimetrica dei 50 m e quella dei 15 m, di massi isolati in pietra calcarea di varia pezzatura con impronta di base di diametro pari a circa m 2.00, e nella costituzione di n° 3 oasi di sviluppo di popolazioni ittiche, fra la batimetrica dei 20 m e dei 15 m, realizzate con n° 4 cumuli o piramidi di pietra calcarea, con base di diametro pari a circa metri 20 – 25 ed altezza circa metri 5 – 7. Il fondo marino nell’area di intervento, fino alla batimetrica dei 50 m, ha caratteristiche di uniformità di pendenza con una pendenza di circa il 2%, dopodichè si riscontrano scarpate con pendenze comprese fra il 5% ed oltre il 70%. Il carico esercitato sul fondo marino dai massi costituenti le barriere di protezione anti-strascico ed i cumuli, sarà notevolmente basso, e ammissibile per un sedimento sabbioso quale è quello presente in loco. Pertanto il substrato non subirà cedimenti fondali La proposta attende il finanziamento della Regione Puglia.

Nella pagina successiva: Gasteropode Neosimnia spelta. G. PIGNATARO

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8 - GLOSSARIO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

GLOSSARIO Abrasione: è l’azione meccanica che la sabbia mossa dal moto ondoso esercita sulle coste rocciose determinandone l’arretramento e il modellamento. Alghe diatomee: alghe unicellulari assai piccole ( microalghe) con guscio siliceo diviso in due valve, presenti in tutte le acque; rappresentano il fitoplancton per eccellenza. Alghe fotofíle: il termine indica in generale la comunità di alghe di ambiente prossimo al livello del mare, ben illuminato. Alofila: (di flora o fauna) che vive in ambienti salini o salmastri. Alloctone: (di specie) provenienti da regioni geografiche diverse da quella di attuale ubicazione. Alogeni: elementi appartenenti al VII gruppo della tavola periodica- F, Cl, Br, I- metalloidi che combinandosi con un metallo danno luogo ad un sale. Ammofila: (di flora o fauna) che vive nella sabbia. Anellidi: invertebrati dal corpo vermiforme diviso in segmenti. Antozoi: celenterati marini che vivono isolati, come le attinie, oppure in colonie sostenute da uno scheletro calcareo da loro stessi secreto, come i coralli. Antropizzazione:alterazione e modificazione, da parte dell’uomo, di spazi dell’ambiente naturale per renderli adatti alle proprie esigenze e interessi, molte volte a scapito degli equilibri ecologici. Autoctone: (di specie) originatesi nella regione geografica in cui attualmente sono presenti. Sopra: Scorfano nero (Scorpaena porcus); Sotto: Pesce lucertola (Synodus saurus). G. PIGNATARO

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8 - GLOSSARIO

Benthos: insieme degli organismi animali e vegetali che vivono in permanente relazione con il fondale. Biocalcareniti: sono rocce costituite da fine detrito, in prevalenza costituito da gusci o scheletri di organismi marini i cui singoli elementi sono stati cementati tra loro da carbonato di calcio. Queste rocce sono state in passato indicate con nomi differenti in base al loro aspetto esteriore, alla natura del sedimento ed alla resistenza offerta alla lavorazione in genere; ancora oggi sono diffusi nomi quali “tufo”, “zuppigno”, “carparo”, “mazzero”. Biocenosi: convivenza, in relazione reciproca, di diverse specie animali e vegetali in un determinato ambiente naturale. Bioindicatori: vegetali o animali che servono come indicatori del grado di inquinamento di un ambiente. Biogenetico: che ha attinenza con l’origine della vita. Biogeno: costituito da organismi viventi; produttore di organismi viventi. Biotopo: ambiente fisico in cui vive una singola popolazione di organismi animali o vegetali o una biocenosi. Bisso: è una sostanza filamentosa secreta da alcuni molluschi bivalvi (le cozze per esempio); appena prodotta, ha la consistenza di un liquido viscoso che si solidifica a contatto con l’acqua di mare, ancorando la conchiglia al substrato. Bentonico: che riguarda il Benthos. Biomassa: quantità di materiale vivente presente nell’unità di volume o di superficie. Briozoi: piccoli animali marini organizzati in colonie, che si sviluppano su formazioni calcaree assumendo un aspetto arborescente. Carsismo: insieme di processi di soluzione chimica indotti dalle acque meteoriche arricchite di anidride carbonica su rocce carbonatiche, o, in genere, su rocce solubili. Il termine è impropriamente usato per indicare tutti i processi che portano alla formazione di caverne e di sprofondamenti in rocce carbonatiche e non. Molte delle forme di un paesaggio carsico sono dovute a modellamento fluviale, anche sotterraneo, e a condizionamenti strutturali. Il fenomeno carsico, e l’aspetto del paesaggio che ne deriva, è particolarmente evidente in aree con rocce carbonatiche ove, in relazione al clima, si individuano forme di superficie - o epigee - e sotterranee - o ipogee -, più o meno estese e arricchite da concrezioni, organizzate in un sistema unico tridimensionale.

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Catena trofica: serie di organismi ordinata in modo che ciascuno si alimenti di un altro e sia a sua volta predato da un terzo. Celenterati: invertebrati acquatici , generalmente a simmetria raggiata, dotati di corpo molle e di tentacoli urticanti. Vivono o fissi sul fondo o nuotano liberamente. Si dividono in tre classi: idrozoi, come le idre di acqua dolce, scifozoi, come le meduse e antozoi come coralli, anemoni di mare e madrepore. Cenosi: termine che in alternativa a Biocenosi indica un complesso di specie vegetali e animali interdipendenti viventi in un determinato ambiente. Comunità: insieme di specie animali e vegetali che occupano nel tempo un territorio definito; frazione biotica dell’ecosistema. Comunità bentonica: insieme di specie animali e vegetali che vivono insieme, in una determinata area, stabilmente in relazione al fondale; gli organismi che vi appartengono costituiscono il benthos. Condizioni ipossiche o anossiche: condizioni di basso livello o di mancanza di ossigeno. Conglomerato: roccia sedimentaria detritica formata da frammenti di rocce preesistenti cementati fra loro, dalle dimensioni di una ghiaia ed oltre. Coralligeno: concrezionamento organico, vegetale ed animale, che può ricoprire il fondale marino anche di natura sabbiosa o conglomeratica. E’ costituito essenzialmente da alghe rosse e animali coloniali come briozoi e madreporari. Demersali: insieme delle specie che vivono nello strato di acqua immediatamente al di sopra del fondale e che stabiliscono una relazione non permanente con esso. Detrito costiero: deposito accumulato lungo costa. Il suo accumulo può essere legato al gioco delle correnti o al moto ondoso e pertanto le sue dimensioni possono essere estremamente variabili; la sua origine può essere tanto clastica quanto bioclastica. Diatomee: microalghe provviste di guscio siliceo. Dinoflagellati: microalghe provviste di appendice motoria (flagello). Distrofia: condizione di alterazione dell’ambiente acquatico per la quale si assiste ad uno squilibrio nel bilancio degli elementi nutritivi. Diversità: termine che, in alternativa al più frequente biodiversità, indica la ricchezza in numero di specie animali e/o vegetali in un determinato ambiente. Ecosistema: insieme di fattori abiotici (parametri chimico, fisici, geologici,ecc.) e biotici (comunità animali e vegetali) che stabiliscono interrelazioni nel tempo e nello spazio.

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Echinodermi: invertebrati marini di corpo stellato o globoso sostenuto da uno scheletro a piccole scaglie. Es. riccio di mare. Endemico: esclusivo di una determinata area geografica. Endemismo: termine che indica la presenza esclusiva di una determinata specie vegetale o animale, pertanto detta endemica, in una circoscritta area geografica. Epibionte: organismo che vive fisso su organismi vegetali o animali. Epifita: Pianta che cresce su altre piante che non le forniscono nutrimento ma solo appoggio. Eustatismo: variazioni relative del livello marino tra le masse oceaniche e quelle continentali. Possono essere dovute a motivi tettonici e/o glaciali; in tal caso si parla spesso di glacioeustatismo. Eutrofico: detto di ambiente acquatico ricco di sali fosforici e composti azotati e di fitoplancton. Eutrofizzazione: condizione in cui l’ambiente acquatico mostra un arricchimento di elementi nutritivi, generalmente nitrati e fosfati, che determinano un aumento del fitoplancton e una diminuzione del tasso di ossigeno nell’acqua. Falesia: è un tratto di costa che presenta pareti circa verticali. L’origine di queste forme di modellamento costiero è dovuta all’azione del mare che scalza la roccia al piede della parete provocando crolli della parte soprastante. Viene definita attiva una falesia sulla quale sono in corso i processi descritti. Sopra: Tracina vipera (Trachinus vipera); Sotto: Gobius sp. G. PIGNATARO

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Fanerogama: pianta dotata di organi riproduttori chiaramente visibili. Fauna interstiziale: insieme di specie animali che vivono negli interstizi, cioè in piccoli spazi tra corpi. Fattore abiotico: parte inorganica (non vivente) di un ecosistema. Fenologia: studio delle trasformazioni che si hanno, col succedersi delle stagioni, in individui animali o vegetali per effetto dei fattori climatici. Fenologico: relativo ai rapporti tra clima e modificazioni della vita vegetale. Fioritura algale o bloom: aumento eccessivo della biomassa algale. Fitoplancton: componente vegetale del plancton. Fouling: insieme degli organismi animali e vegetali che si insediano su qualsiasi struttura artificiale sommersa. Garìga: tipo di vegetazione mediterranea derivante da una degradazione assai avanzata della macchia; è costituita da arbusti, bassi e discontinui, per la frequente presenza di spazi erbosi o nudi. Gasteropodi: classe di molluschi provvisti di un piede carnoso con cui si muovono per mezzo di lente contrazioni, testa con tentacoli retrattili e guscio per lo più avvolto a spirale. Es.: chiocciole e patelle. Geomorfologia: scienza che studia i processi morfogenetici e le forme del paesaggio fisico. Essa permette di riconoscere quali processi, in funzione dei tipi litologici e del clima, sono stati responsabili del modellamento delle forme che caratterizzano il Sopra: Vacchetta di mare (Discodoris atromaculata); Sotto: Ofiura sp. G. PIGNATARO

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8 - GLOSSARIO

paesaggio attuale e di capire come queste possono evolvere, anche in presenza di un nuovo fattore condizionante: l’uomo. Habitat: l’insieme delle condizioni abiotiche che permettono la vita e lo sviluppo di una determinata specie animale o vegetale. Idrozoi: celenterati comprendenti due tipi fondamentali, il polipo e la medusa. Limi-silt-sabbie-ghiaie-ciottoli-blocchi: termini che servono ad indicare, dal più piccolo al più grande, la granulometria, cioè le dimensioni, dei granuli componenti un deposito elastico. Macchia: fitto insieme di piante selvatiche; tipica della flora mediterranea è la macchia mediterranea costituita da arbusti e piccoli alberi in prevalenza sempre verdi. Madrepora: celenterato marino con lo scheletro calcareo simile a quello del corallo; vive in colonie che formano spesso una arborescenza pietrosa bianca. Madreporari: Antozoi che vivono in colonie e con i loro scheletri calcarei formano barriere, atolli e scogliere. Mattes: struttura, di origine biogena e sedimentaria, paragonabile ad un materasso più o meno continuo; deriva dalla cattura da parte dei rizomi della Posidonia oceanica del detrito mobile costituito da frammenti terrigeni e da bioclasti. Si parla di mattes viva o morta in funzione della presenza o meno della copertura della pianta viva. Molluschi eduli lamellibranchi: animali marini dal corpo molle provvisto di guscio calcareo bivalve, volgarmente chiamati “frutti di mare. Es. ostriche, cozze, vongole ecc.” Organismi incrostanti: animali e vegetali caratterizzati da scheletro che aderisce al substrato sino a ricoprirlo e a costruire una continua e spessa copertura sino al livello di una biocostruzione. Paleogeografia: è la scienza che studia la distribuzione delle terre e dei mari nel passato geologico. Panchina: Nella letteratura scientifica con il termine panchina si indicano i depositi marini quaternari ricchi di resti di organismi marini. Si tratta di roccia calcarenitica, spesso molto fossilifera, i cui componenti principali si accumulano a poca profondità lungo la fascia costiera; in genere il termine è utilizzato per indicare il sedimento dei terrazzi marini. Molto resistente, in più regioni è utilizzata come materiale da costruzione. Pelagici: insieme degli organismi che vivono nella colonna d’acqua.

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Piattaforma carbonatica: il termine indica un’area coperta da un piccolo spessore di mare caratterizzato da sedimentazione di tipo carbonatico. Questa è dovuta alle particolari condizioni climatiche e ambientali che permettono tanto l’accumulo di carbonati per precipitazione diretta, quanto l’accumulo di esoscheletri di organismi con guscio carbonatico; in queste aree prosperano gli organismi come i coralli le cui colonie possono essere tanto estese da formare delle strutture permanenti - le biocostruzioni - come gli atolli corallini. Plancton: insieme di organismi animali e vegetali che vivono sospesi nelle acque lasciandosi trasportare dalle correnti. Costituisce il nutrimento di molti animali acquatici. Polle: vene d’acqua sorgiva. Porpora: sostanza colorante estratta da certi molluschi gasteropodi come i Murex; in particolare se ne servivano i popoli dell’antichità, primi fra tutti i Fenici, per conferire alle stoffe caratteristica colorazione viola-rossastra. Psammofite: piante che crescono in ambiente sabbioso. Ripascimento:risanamento ecologico di un luogo, in genere di litorale. Rizoma: fusto sotterraneo delle piante di Posidonia oceanica o di Cymodocea nodosa. Ancora la pianta e assorbe sostanze nutritive dal fondo. Serpulidi: anellidi che vivono in tubi calcarei di colore rosso generalmente fissati a rocce. Speciazione: meccanismo evolutivo che porta alla formazione di nuove specie vegetali o animali per accumulo di mutazioni. Substrato: ciò che è al di sotto del deposito che si considera e che ne costituisce la base di appoggio. Trasgressione: indica l’innalzarsi del livello del mare con sommersione di aree continentali più o meno vaste. Una trasgressione può essere dovuta all’aumento della quantità di acqua negli oceani (per esempio a causa dello scioglimento dei ghiacciai di montagna) o all’abbassamento generale delle aree continentali. I due fenomeni possono combinarsi sommandosi. In una successione di strati un contatto trasgressivo segna, con buona approssimazione, il momento in cui il mare ha sommerso aree prima continentali. Il ritiro del mare da aree continentali con la conseguente loro emersione si chiama regressione. Tunicati: organismi marini rivestiti da un involucro trasparente gelatinoso. Zooplancton: componente animale del plancton. Vagile: è ogni organismo bentonico capace di muoversi in modo autonomo; è in contrapposizione a sessile.

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9 - AUTORI DELLE TAVOLE


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Nella pagina precedente: Porcellana di mare (Luria lurida) G. PIGNATARO

INDICE ORCHIDEE 1- Ophrys apulica 2- Anacamptis pyramidalis 3- Barlia robertiana 4- Ophrys lutea 5- Orchis morio 6- Ophrys fusca 7- Ophrys bertolinii 8- Aceras anthropophorum 9- Orchis italica 10- Ophrys incubacea

L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi

pag. 26

DELLE TORRI COSTIERE 1- Torre Borraco 2- Torre Colimena 3- Torre Saturo 4- Torre Ovo

A. Quaranta A. Quaranta A. Quaranta A. Quaranta

PIANTE DELLA MACCHIA MADITERRANEA 1- Salvia (Salvia officinalis) 2- Erica (Erica arborea) 3- Rosmarino (Rosmarinus officinalis) 4- Lentisco (Pistacia lentiscus) 5- Leccio (Quercux ilex) 6- Ginepro (Juniperus oxycedrus)

A. Quaranta A. Quaranta A. Quaranta L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi

PESCI IN PRIMO PIANO 1- Scorfano (Scorpaena notata) 2- Sogliola (Solea solea) 3- Occhiata (Oblata melanura) 4- Tordo musolungo (Symphodus rostratus) 5- Pesce ago cavallino (Syngnathus typhle) 6- Tracina vipera (Trachinus vipera) 7- Cavalluccio marino (Hippocampus guttulatus)

G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro

VERTEBRATI 1- Volpe (Vulpes vulpes) 2- Testuggine (Testudo hermanni) 3- Riccio (Erinaceus europaeus)

A. Quaranta A. Quaranta A. Quaranta

pag. 30

pag. 36

pag. 40

pag. 44

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9 - AUTORI DELLE TAVOLE

INSETTI 1- Galatea melanargia 2- Mantis religiosa 3- Lysandra coridon 4- Thaumetopoea pityocampa 5- Zygaena filipendulae 6- Zygaena ephialtes 7- Papilio machaon 8- Locusta sp.

L. Di Castri – O. Stasi A. Quaranta L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi Arch. Fondazione A. Quaranta

pag. 50

UCCELLI NELLE SALINE 1- Piro piro (Tringa sp.) 2- Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) 3- Airone cinerino (Ardea cinerea) 4- Airone bianco maggiore (Ardea alba) 5- Chiurlo (Numenius arquata) 6- Voltapietre (Arenaria interpres)

A. Monaco A. Monaco A. Monaco A. Monaco A. Monaco A. Quaranta

INVERTEBRATI SULLA SABBIA 1- Phalium granulatum 2- Seppia (Sepia officinalis) 3- Natica (Natica millepunctata) 4- Granchio di strascico (Liocarcinus depurator) 5- Mazzancolla (Penaeus kerathurus) 6- Moscardino (Eledone moschata) 7- Stella pettine maggiore (Astropecten aranciacus) 8- Polpo (Octopus vulgaris) 9- Cerianto (Cerianthus membranaceus)

G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro Arch. Fondazione G. Pignataro G. Pignataro

LUMACHE DI MARE 1- Trapania maculata 2- Dendrodoris libata 3- Chromodoris luteorosa 4- Hypselodoris bilineata 5- Aplysia sp. 6- Hypselodoris fontandraui 7- Flabellina affinis 8- Thuridilla hopei 9- Cutona ocellata 10- Cratena peregrina

G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro

pag. 56

pag. 64

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

LA MITICOLTURA NELLA TRADIZIONE TARANTINA

pag. 86 Foto Arch. Fondazione

TRA “I PALI DELLE COZZE” 1- Crostaceo Caprellide sp. G. Pignataro 2- Periclimenes amethysteus G. Pignataro 3- Mollusco Bivalve sp. G. Pignataro 4- Mollusco Gasteropode sp. G. Pignataro 5- Tunicati sp. su Tunicato Pigna di mare (Phallusia mamillata) G. Pignataro 6- Crostaceo Decapode sp. G. Pignataro 7- Trapania maculata G. Pignataro 8- Crostaceo Decapode sp. G. Pignataro 9- Crostaceo Decapode sp. G. Pignataro FIORI 1. Papavero giallo (Glaaucium flavum) 2. Legousia speculum 3. Lotus sp. 4. Antirrhinum majus 5. Crepis rubra 6. Romulea bulbocodium 7. Linum tommasinii 8. Arum italicum 9. Lathyrus sp.

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pag. 100 L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi L. Di Castri – O. Stasi

PESCI 1. Perchia (Serranus cabrilla) 2. Sarago fasciato (Diplodus vulgaris) 3. Castagnola rossa (Anthias anthias) 4. Bavosa occhiuta (Blennius ocellaris) 5. Donzella pavonina (Thalassoma pavo) 6. Re di triglie (Apogon imberbis) 7. Scorfano rosso di fondale (Scorpaena scrofa) 8. Ghiozzo dorato (Gobius auratus) 9. Scorfano rosso (Scorpaena elongata)

pag. 112 G. Pignataro Arch. Fondazione G. Pignataro G. Pignataro Arch. Fondazione G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro

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9 - AUTORI DELLE TAVOLE

PAESAGGI SUBACQUEI 1. Spirografi 2. Posidonia

pag. 118 G. Pignataro G. Pignataro

LA RICERCA SUBACQUEA 1. Uso della sorbona Arch. CNR/Taranto 2. Censimento fotografico del benthos Arch. CNR/Taranto 3. Annotazioni sulla tavoletta delle immersioni Arch. CNR/Taranto 4. Uso del “quadrato tecnico” Arch. CNR/Taranto 5. Censimento algale Arch. CNR/Taranto 6. Motonave oceanografica del CNR “A. Cerruti” Arch. CNR/Taranto 7. Posa del cima delimitante il “transetto” Arch. CNR/Taranto 8. Preparazione dell’immersione sul natante della Fondazione Michelagnoli Arch. Fondazione

pag. 126

TRA LE FOGLIE DI POSIDONIA 1. Tordo verde (Labrus viridis) 2. Menola (Spicara maena) 3. Sciarrano (Serranus scriba) 4. Salpe (Bops salpa) 5. Corvina (Corvina nigra) 6. Donzella (Coris julis), maschio

pag. 136 Arch. Fondazione Arch. Fondazione G. Pignataro Arch. Fondazione Arch. Fondazione G. Pignataro

ARAGOSTA, CICALA, GAMBERI E GRANCHI 1. Gambero degli anemoni (Periclimenes amethysteus) 2. Magnosella (Scyllarus arctus) 3. Aragosta (Palinurus elephas) 4. Granchio facchino (Dromia personata) 5. Alifantozza rossa (Stenopus spinosus) 6. Gamberetto maggiore (Palaemon serratus) 7. Granchio tubercolato (Macropipus tuberculatus) 8. Gambero vinaio (Gnathophyllum elegans)

G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro

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pag. 150


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

BAVOSE E PEPERONCINO 1. Peperoncino (Tripterygion melanurus) 2. Bavosa rossa (Blennius nigriceps) 3. Bavosa pavonina (Parablennius pavo) 4. Bavosa cornuta (Parablennius tentacularis) 5. Bavosa bianca (Parablennius rouxi) 6. Parablennius incognitus

G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro

pag. 162

ANTOZOI 1. Leptosammia pruvoti 2. Anemone (Anemonia sulcata) 3. Cerianto (Cerianthus membranaceus) 4. Falso corallo nero (Gerardia savaglia) 5. Alicia (Alicia mirabilis) 6. Gorgonia rossa (Paramuricea clavata)

G. Pignataro Arch. Fondazione G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro

pag. 174

ECHINODERMI 1. Giglio di mare (Antedon mediterranea) 2. Stella spinosa minore (Coscinasterias tenuispina) 3. Stella cuscinetto (Asterina gibbosa) 4. Riccio saetta (Stylocidaris affinis)

pag. 180 G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro G. Pignataro

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10 - COLOPHON


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Nella pagina precedente: Pescatore con tramaglio. FONTE FAMIGLIA CARRIGLIO

Galleria della Scienza e della Tecnica. ARCH. FONDAZIONE

LA FONDAZIONE AMMIRAGLIO MICHELAGNOLI La “Fondazione Marittima Ammiraglio Michelagnoli” è stata fondata, con il patrocinio della Marina Militare, il 12 maggio 1989 dalla Provincia e dal Comune di Taranto, dalla Banca Popolare di Puglia e Basilicata e dall’Alenia Marconi Systems, i cui legali rappresentanti, assieme al Direttore Generale, ne compongono il Consiglio di Amministrazione (Consiglio Generale). Nel Consiglio Direttivo sono inoltre presenti con proprio rappresentante i soci sostenitori CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche, CoNISMa con compiti propositivi. La Fondazione, il cui scopo è di “favorire la cultura umanistica, scientifica e tecnica del mondo del mare e valorizzare e promuovere la ricerca marina”, è dedicata all’Ammiraglio tarantino Alessandro Michelagnoli che ha contribuito alla rinascita della Marina dopo la II Guerra Mondiale ed, al termine di oltre quarant’anni di carriera, ha ricoperto, negli anni sessanta, il massimo incarico di Capo di Stato Maggiore della Marina. La Fondazione, dotata di riconoscimento giuridico governativo ottenuto con il Decreto 28 aprile 1992 del Ministro ex Marina Mercantile, è divenuta Onlus (Organizzazione Non

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Lucrativa di Utilità Sociale) nel 1998. Essa è sostenuta e controllata da tre Ministeri che ne hanno individuato una specifica competenza: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Il Collegio dei Revisori dei conti è, infatti, costituito da Rappresentanti di rango dei citati tre Ministeri. Per lo svolgimento dei compiti statutari la Fondazione si avvale di un nucleo abituale di esperti (Ufficiali di Marina, Ingegneri, Architetti, Biologi, Geologi, Oceanografi) cui si aggiungono, di volta in volta e in relazione alle attività da svolgere, collaboratori del mondo istituzionale, accademico, della ricerca e dell’industria. La Fondazione opera d’intesa con Organismi Universitari e della Ricerca nazionali e regionali ed è dotata di: • Laboratorio Informatico per l’editoria elettronica, l’elaborazione cartografica, le applicazioni multimediali e le “banche dati multimediali sul mondo marino”; • Mediateca e Biblioteca del Mare ricca di diapositive, fotografie, documenti multimediali e libri pertinenti;

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Galleria della Scienza e della Tecnica. ARCH. FONDAZIONE


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

• Galleria della Scienza e della Tecnica, allestita nel comprensorio delle Scuole Sottufficiali della Marina a Taranto, con opere di elevato valore scientifico-divulgativo, composte da bassorilievi, sculture di animali marini, maxifoto e disegni naturalistici, relativi alla flora e fauna dei nostri mari, e poster scientifico-divulgativi. • Sito WEB (www.fondazionemichelagnoli.it), che offre al visitatore/navigatore un quadro ampio delle tematiche relative al mare. Le attività prevalenti della Fondazione, svolte sia d’iniziativa che su indicazione degli Enti Pubblici e dei Ministeri di competenza, sono essenzialmente indirizzate a: • promuovere ed effettuare ricerche e studi volti a sviluppare la professionalità e la sensibilità necessarie per valorizzare le risorse produttive naturali e per perseguire la gestione eco-compatibile dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile; • divulgare la cultura globale, umanistica e tecnico-scientifica, connessa con il mondo del mare; • ideare e realizzare ausili scientifico-divulgativi tradizionali ed innovativi idonei a comporre efficaci spazi espositivi e strumenti didattici. Intensa risulta peraltro l’attività didattica svolta presso le scuole con particolare efficacia quando avviene in concomitanza con rassegne del patrimonio espositivo della stessa Fondazione, supportate da sussidi multimediali, realizzati presso il laboratorio della Fondazione. Continuativa risulta anche l’attività editoriale volta a valorizzare, d’intesa e con la collaborazione Re di aringhe (Regalecus glesne), Galleria della Scienza e della Tecnica. ARCH. FONDAZIONE

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10 - COLOPHON

di esperti di rilievo, le ricerche che la Fondazione svolge o promuove sulle tematiche istituzionali alle quali, di norma, viene dato un taglio mediterraneo ed europeo. Per lo sviluppo delle proprie attività la Fondazione é assistita da un comitato tecnico-scientifico presieduto dall’Ammiraglio di Squadra Gianfranco Coviello. La Fondazione è stata ideata, promossa ed organizzata dal C.te Carmelo Maggio, Ufficiale Superiore di Vascello della riserva, che ne ricopre l’incarico di Direttore Generale e di componente del Consiglio di Amministrazione, fin dalla data della sua costituzione. Presidente della Fondazione è l’Ing. Fabrizio Martello, Direttore Generale della società Orizzonte S.p.a; Vicepresidente è l’Assessore del Comune di Taranto Umberto Ingrosso.

Pesce luna (Mola mola), Galleria della Scienza e della Tecnica. ARCH. FONDAZIONE

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

IL CO.N.I.S.MA. Il CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare) è stato costituto il 21.02.1994, non ha fini di lucro, ha personalità giuridica riconosciuta da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (D. M. del 15.03.1996 e del 16.05.1996), è vigilato dal medesimo MIUR, è formato da 26 Università italiane (Ancona, Cosenza “Università della Calabria”, Bari, Bari–Politecnico, Bologna, Cagliari, Camerino, Catania, Firenze, Genova, Lecce, Messina, Milano, Milano “Bicocca”, Napoli “Federico II”, Napoli “Parthenope”, Palermo, Parma, Pisa, Roma “La Sapienza”, Roma “Tor Vergata”, Siena, Trento, Trieste, Urbino e Viterbo “La Tuscia”). Afferiscono oltre 600 tra docenti, ricercatori, tecnici e assegnisti di ricerca. Oggetto delle Attività Il CoNISMa si propone di promuovere e coordinare le ricerche e le altre attività scientifiche ed applicative nel campo delle Scienze del Mare, favorendo la collaborazione non solo tra le Università consorziate ma anche con altre Università, con Enti Pubblici di ricerca, Enti privati di ricerca, Enti locali e territoriali, strutture produttive ecc. Inoltre si propone: di promuovere ed incoraggiare, anche mediante la concessione di borse di studio, la preparazione di esperti nei vari campi della ricerca marina; di avviare il trasferimento della ricerca nazionale ed internazionale in questo campo, per le loro applicazioni nel settore pubblico e privato; di promuovere e sostenere progetti nazionali ed internazionali, nonché di eseguire studi su commissioni di Amministrazioni Statali, Enti pubblici e privati, Enti locali e territoriali, Agenzie sia nazionali che internazionali; di organizzare masters specialistici nelle discipline delle Scienze del Mare. Gestione L’attività del Consorzio è organizzata in Programmi triennali sottoposti al MIUR per la verifica. Il CoNISMa è organizzato con una Giunta, con un Consiglio Direttivo e con un Consiglio Scientifico cui spettano i vari compiti derivanti dalla gestione dei programmi di ricerca. La sede centrale è a Roma mentre perifericamente fanno capo ad un Dipartimento di ciascuna università consorziata.

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10 - COLOPHON

La Nave Oceanografica “Universitatis” Il CoNISMa ha costruito una Nave Oceanografica inaugurata a marzo 2003 cui è stato imposto il nome di “Universitatis”. È stato possibile realizzare questo ambizioso progetto anche per un significativo contributo (circa l’80% del costo) del MIUR, attraverso i fondi del Cluster 10 – Ambiente Marino. La nave “Universitatis”, attrezzata con tutta la strumentazione di base, può ospitare a bordo 17 ricercatori, oltre l’equipaggio. Tale numero può raggiungere il valore di 25 allorquando la campagna si conclude in un giorno, da mattina a sera. La nave dispone di laboratori fissi a bordo (laboratorio umido, laboratorio asciutto, laboratorio elettronico ecc.) nonché di ulteriori 5 laboratori mobili, installati in container specifici, che in numero di 4 per volta possono essere allocati contemporaneamente sulla nave. Tra la strumentazione di prestigio di cui dispone la nave si cita: Multibeam (idoneo sino a 3500 m), Side Scan Sonar, Chirp, Fishsounder, reti, benne e draghe, rosette da 12 bottiglie di campionamento d’acqua ecc.

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LA PROVINCIA DI TARANTO Scienza Mare e Coste Copyright: FONDAZIONE MARITTIMA AMMIRAGLIO MICHELAGNOLI ONLUS Corso Umberto, 147 - 74100 Taranto Tel 0994526095 - Fax 0994535431 e-mail: fond-michelagnoli@libero.it www.fondazionemichelagnoli.it É vietata la riproduzione, anche parziale e con qualunque mezzo, delle immagini e degli scritti. Finito di stampare nel mese di aprile 2003 presso gli stabilimenti della Stampa Sud S.p.A. - Mottola (Taranto)


2 - ASPETTI DEL PAESAGGIO FISICO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Nella pagina precedente: Litoranea salentina nei pressi di Campomarino. L. DI CASTRI O. STASI Gravina di Castellaneta. A. QUARANTA

MORFOLOGIA La Provincia di Taranto, ha una popolazione di circa 600.000 abitanti e si estende su un territorio di 2.437 Km2, con una densità di 247 ab/Km2, una delle più alte d’Italia. Comprende 29 comuni compreso il capoluogo. Confina ed Est con la Provincia di Lecce, ad Ovest con la provincia di Matera, a Nord-est con la provincia di Brindisi ed a Nord-ovest con quella di Bari. Si distende lungo lo Jonio con uno sviluppo costiero di circa 140 Km ed il suo territorio forma un ampio arco che borda l’estremo settentrionale del Mar Jonio con una fascia costiera profonda dai 10 ai 37 Km.

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Il territorio della provincia è caratterizzato, dal mare verso l’interno, da un susseguirsi di fasce altimetriche quasi parallele che si alzano progressivamente di quota raggiungendo la quota massima di 519 m. in località Monte Orimini (Martina Franca). E’ costituito da un notevole strato di calcare che emerge in corrispondenza dei rilievi delle Murge e che nelle aree topograficamente più depresse è coperto da sedimenti argillosi a loro volta coperti da un livello arenaceo alla sommità. L’affiorare, nell’entroterra, di rocce calcaree evidenzia un paesaggio tipicamente carsico dove nel tempo si sono prodotte numerose cavità sotterranee che hanno dato luogo a grotte di non grandi dimensioni ma ornate di interessanti concrezioni di stalattiti e stalagmiti e di resti paleontologici. Nel territorio si possono distinguere, a grandi linee, tre fasce: una piana costiera, un’area subcollinare ad est ed un altopiano collinare a Nord ovest. La fascia costiera presenta numerose depressioni, un tempo sede di ambienti palustri ormai quasi totalmente bonificati; residui di questi ambienti si trovano ancora ad ovest, nella parte terminale dell’alveo del fiume Bradano ed adiacenti ai principali corsi d’acqua e, nella parte orientale, ai confini della provincia dove si osservano le paludi del Conte . In corrispondenza del capoluogo, la piana costiera è interrotta dagli specchi marini del Mar Grande e del Mar Piccolo che generano una profonda insenatura e sono separati dalla lingua di terra su cui sorge il capoluogo stesso. Il Mar Piccolo è Sopra: Litoranea salentina. ARCH. FONDAZIONE Sotto: Isole Cheradi, San Pietro. G. MASTRONUZZI

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PIANTE DELLA MACCHIA MEDITERRANEA

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1. Salvia (Salvia officinalis) 2. Erica (Erica arborea) 3. Rosmarino (Rosmarinus officinalis) 4. Lentisco (Pistacia lentiscus) 5. Leccio (Quercux ilex) 6. Ginepro (Juniperus oxycedrus) 5

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diviso in due specchi dalla Penisola di Punta Penna ed è caratterizzato, nella parte settentrionale, dalla presenza di varie sorgenti sottomarine, i cosiddetti citri. Dalla costa orientale si sale con lievi scarpate all’area subcollinare che si spinge a Nord fino alla congiungente Grottaglie-Montemesola; la superficie è modellata da dossi ed avvallamenti intercalati da spianate con quote che raramente superano i 150 m. ed è segnata da numerosi solchi erosivi che assumono i connotati tipici delle gravine, soprattutto nei pressi dell’abitato di Grottaglie. Il territorio Nord occidentale della provincia presenta, invece, un aspetto più marcatamente collinare con quote superiori ai 150 m., con prevalenza di quelle comprese tra 300 e 500 metri. In varie zone sono ben evidenti, in superficie, gli effetti di fenomeni carsici; notevole la presenza di gravine , se ne contano oltre cinquanta, a pareti molto inclinate che per la loro imponenza caratterizzano gli abitati di Ginosa, Laterza, Castellaneta e Crispiano. GEOLOGIA Il sottosuolo della Provincia di Taranto, come quello di buona parte della Puglia, è costituito da rocce calcaree, segnate dall’azione dell’acqua piovana che scava grotte, caverne, inghiottitoi, doline, lame e gravi. Questo territorio, per alcuni versi, è più carsico dello stesso Carso. Il calcare, formatosi in ambiente marino caratterizzato da fondali pianeggianti e da acque calde e poco profonde, deriva Sopra: Area della Murgia sud-orientale. Sotto: Aree coltivate nel Bosco Pianelle. L. DI CASTRI – O. STASI

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Fiume Borraco. A. QUARANTA

dal lungo processo di deposizione di scheletri e gusci di organismi acquatici. Il fenomeno di deposizione si interruppe nell’ultimo periodo dell’era Mesozoica, circa 65 milioni di anni fa quando, a causa del sollevamento e del piegamento della crosta carbonatica e della sua emersione dal mare, si formarono le prime fratturazioni che diedero il via all’erosione superficiale delle acque ruscellanti e alla infiltrazione sotterranea. Dall’era Terziaria a quella Quaternaria, cioè nel periodo che va da 7 a 2 milioni di anni fa, le terre emerse tarantine subirono innalzamenti e sprofondamenti alternati: si crearono nuovi bacini, ove l’erosione e la sedimentazione di organismi marini, ancor oggi visibili sotto forma di fossili, formarono depositi calcarei di ambiente costiero, bianchi e friabili. Questa roccia, localmente chiamata tufo, è stata ed è ancor oggi usata come materiale da costruzione. L’aspetto attuale del territorio jonico e del suo sottosuolo si definì con la completa emersione dal mare durante l’ultima era geologica, il Quaternario, risalente a circa un milione di anni fa. La facile erosione della tenera roccia calcarea favorì ben presto l’approfondimento di grotte

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e inghiottitoi. Le grotte seguono un vero e proprio ciclo evolutivo: in principio 1’acqua sotterranea scorre rapidamente nelle fratture delle rocce, fino a scavare condotte levigate e tortuose; nella fase della ”maturità”, torrenti sotterranei scavano incisioni sempre più profonde, mentre negli ambienti già erosi si sviluppano altri processi carsici: goccia su goccia, il carbonato di calcio contenuto nell’acqua deposita cristalli in curiose formazioni (stalattiti, stalagmiti, colonne, vele, cortine) che assumono proporzioni maestose e suggestive. Nella provincia di Taranto sono state censite oltre 150 grotte; di esse alcune molto lunghe, altre molto profonde. In molte di esse brulicano forme di vita curiose, estremamente adattate al buio, spesso completamente cieche, ma con organi di senso molto sviluppati, come i pipistrelli, i crostacei bianchi, o il raro insetto coleottero Italodytes stammeri, di colore rossiccio e privo di occhi, considerato un vero e proprio “fossile vivente”. I FIUMI Ad eccezione del fiume Bradano che ne segna i confini occidentali, la provincia di Taranto è povera di risorse idriche superficiali; i pochi corsi d’acqua sono brevi, con portate discontinue e modeste; tra essi si possono citare il Lato, il Lenne, il Patemisco. La ragione di tale situazione è legata a fattori climatici regionali, ad una particolare configurazione orografica e ad un terreno altamente permeabile dove hanno origine varie falde d’acqua sotterranee che alimentano sorgenti e polle soprattutto nella Fiume Tara. ARCH. FONDAZIONE

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PESCI IN PRIMO PIANO

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1. Scorfanotto (Scorpaena notata) 2. Sogliola (Slea solea) 3. Occhiata (Oblada melanura) 4. Tordo musolungo (Symphodus rostratus) 5. Pesce ago cavallino (Syngnathus typhle) 6. Tracina vipera (Trachinus vipera) 7. Cavalluccio marino (Hippocampus guttulatus)

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Phragmites australis L. DI CASTRI O. STASI

piana costiera; la piccola distanza dal mare genera brevi corsi d’acqua che versano in mare ed i cui esempi più significativi sono (in ordine crescente di portata) i fiumi Cervaro, Chidro, Tara e Galeso. Si tratta di corsi d’acqua caratteristici della zona, molto noti, conosciuti e decantati fin dall’antichità, che meritano una breve descrizione. Il Cervaro , noto in passato per la sua pescosità come il Galeso, si trova a poco più di un Km. dalla palude La Vela, lungo la Circummarpiccolo, in località dove sembra sorgesse un tempio a Diana. Ha la propria sorgente, molto ampia, a poche decine di metri dal mare ed è circondato da Typha latifolia una pianta perenne comune nelle zone paludose alta fino a 3 metri, con foglie lineari ed infiorescenza a spadice. Il Chidro è alimentato dall’omonima sorgente che ha una portata di circa 2500 litri/sec. L’acqua sorgiva, dopo aver creato tre piccoli specchi, il più grande dei quali raggiunge un dislivello di circa 25 m. rispetto al piano di campagna, si incanala per circa 250 metri prima di raggiungere il mare; l’acqua nei periodi di maggiore alimentazione della sorgente, inonda le campagne circostanti creando una fitta vegetazione di canne e piante lacustri. Il Tara ha una sorgente costituita da 20 “emergenze” ubicate circa 8 Km a Nordovest della città; le sorgenti hanno una portata complessiva di circa 3500 litri/sec. e danno origine ad un corso d’acqua lungo circa 3,5 Km che sfocia in mar Grande. Ad esso è legata la leggenda di Taras, figlio di Nettuno, che circa 2000 anni a.C. sbarcò in riva allo Jonio e, vedendo un delfino i cui salti interpretò come buon augurio, decise di creare lì il centro abitato di Taras che poi diventò Taranto.

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Il Galeso è il corso d’acqua più famoso, decantato da antichi poeti quali Virgilio, Orazio, Properzio e Plinio. Virgilio lo cita nelle sue odi come “..dolce Galeso, tra le greggi lanose, nell’angolo incantevole del mondo, famoso per il suo miele delizioso e per le sue olive verdi, dove nelle lunghe primavere e miti inverni si gusta un meraviglioso vino...”. Il fiume è alimentato da una sorgente posta a circa 450 m. dalla riva del Mar Piccolo; la sua lunghezza totale è di circa 900 m. mentre la larghezza media è di 10-12 m. con un minimo di 3 ed un massimo di 14 m. La profondità massima è di 2,8 m., la minima di 50 cm in corrispondenza della sua larghezza massima. La sorgente è immersa in un paesaggio di olivi tipicamente mediterraneo; la foce larga circa 12 m. è circondata da eucalipti misti a tamerici sulla riva sinistra e da pini su quella destra. A circa 50 m. dal mare un corso d’acqua nascosto nel canneto sfocia nel Galeso ed in quel punto la vegetazione lascia il posto a tipiche piante acquatiche quali il Crescione (Nasturtium officinale), la Cannuccia di palude (Phragmites australis) e la Lisca maggiore (Typha latifoglia). In relazione alla brevità del corso, la salinità varia da 34 g/l nei pressi della foce a 1,8 g/l alla sorgente, dove l’acqua è completamente dolce. Queste variazioni di salinità fanno sì che in corrispondenza della foce si trovino vegetali d’ambiente essenzialmente salino, con presenza di animali quali cefali, gamberetti, granchi e soprattutto gambusie, mentre in prossimità della sorgente la vegetazione è essenzialmente di acqua dolce e si possono trovare, assieme alle gambusie, varie specie di molluschi ed il granchio fluviale Potamon. LA VEGETAZIONE Il territorio tarantino, nonostante una notevole antropizzazione, conserva ancora ampie aree boschive nella parte settentrionale ed a ridosso delle spiagge occidentali, oltre a piccoli lembi alberati nelle fasce collinari più impervie ed all’interno delle gravine. Nel settore settentrionale predominano i querceti e, lungo la fascia costiera, le pinete . I boschi presentano la tipologia della macchia mediterranea con arbusti e cespugli sempreverdi (mirto, ginepro, lentisco, corbezzolo) che sono presenti anche nelle garighe sui ripiani rocciosi o nelle gravine dove si sommano a specie rupestri. Nelle fasce costiere, caratterizzate Carrubo (Ceratonia siliqua). A. QUARANTA

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VERTEBRATI

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1. Volpe (Vulpes vulpes) 2. Testuggine (Testudo hermanni) 3. Riccio (Erinaceus europaeus) 1 44


2 - ASPETTI DEL PAESAGGIO FISICO

da aree paludose, sono presenti varie specie acquatiche, come giunchi, canne palustri, papiri ed una ricca flora subacquea. Sulla fascia costiera, inoltre, predominano le pinete e tra queste quelle di pino d’Aleppo (Pinus halepensis) che si estendono dalla foce del fiume Tara, ad ovest del capoluogo jonico, fino alla foce del fiume Bradano, al confine con la Basilicata, coprendo una fascia lunga circa 35 chilometri ed una superficie di oltre 2500 ettari. Altre pinete, meno estese, si trovano sulla costa orientale (pineta Caggioni a Pulsano, recentemente distrutta da incendio), in piccole e impervie aree interne (Statte, Crispiano) ed in molte gravine. Le pinete litoranee, tutelate in parte come Riserva Biogenetica per la produzione di semi, costituiscono un esempio di conservazione della natura e di utilizzazione del bosco per la protezione del litorale dall’azione di erosione del mare. In loro prossimità si notano spesso i cosiddetti ”givoni”, dune sabbiose che corrono tra il bosco e la battigia, spesso ricoperti di una vegetazione ”pioniera”, resistente all’ambiente salino- con presenza di sparto, ruchetta di mare, gramigna delle spiagge , calcatreppola, finocchio marino, spazzaforno, euforbia marittima, euforbia delle spiagge, giglio marino- che si infiltra anche nel sottobosco della pineta; qui vegetano abbondantemente arbusti ricchi di profumi ed essenze aromatiche, come il ginepro coccolone, il lentisco, la fillirea, il rosmarino. Sotto il denso tetto arboreo, alto fino a 20 metri, abbondano mirto, cisti, pungitopo, Chiocciola (Helix sp.). A. QUARANTA

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Corbezzolo (Arbutus unedo). A. QUARANTA

asparago ed alcune specie endemiche, come santoreggia pugliese, eliantemo jonico e numerose orchidee spontanee, tra le quali la delicata Spiranthes spiralis a fioritura autunnale. Oltre ad essere ricca di pinete, la provincia tarantina, come il resto della Puglia, continua ad essere ancora oggi “terra di querce”. Delle dieci specie quercine pugliesi, soprattutto il leccio (Quercus ilex) ed il fragno (Quercus trojana) crescono a varie quote sulle Murge, raggruppandosi in bellissime formazioni boschive; la rara quercia spinosa (Quercus coccifera) è limitata al primo gradino murgiano, tra i 50 e i 100 metri sul livello del mare, mentre la stessa quercia spinosa ed il leccio che si sono perfettamente adattate al clima mediterraneo secco, con lunghi periodi caldi estivi, formano macchie sempreverdi in prossimità della costa. A quote superiori prevalgono le querce caducifoglie come la roverella (Quercus pubescens) e, in maggior misura, il fragno che si distingue per la particolare defogliazione in quanto mantiene le foglie (pur se secche) per tutto l’inverno, assumendo una pittoresca colorazione bruno-rossastra, per poi perderle in primavera durante la crescita dei nuovi verdi germogli. Sulle alture a nord di Taranto i boschi di fragno interrompono il caratteristico paesaggio di coltivi, pascoli, masserie, trulli, kimie e muri a secco. Insieme con il leccio e il fragno, presenti con esemplari maestosi, veri “patriarchi verdi” della provincia, vegetano l’orniello (Fraxinus ornus), il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il carpino orientale (Carpinus orientalis) e numerose piante del sottobosco, colorate di bacche e frutti, di cui si alimenta la fauna e, di alcuni, anche l’uomo: il corbezzolo (Arbutus unedo), il nespolo (Mespilus germanica), l’azzaruolo (Crataegus azarolus), il biancospino (Crataegus monsa), il prugnolo (Prunus spinosa). La fitta macchia cespugliosa si arricchisce spesso di specie rare e curiose, come la peonia (Paeonia mascula) e le rare orchidee selvatiche, patrimonio ecologico della provincia, che meritano attenzione e tutela da parte degli abitanti e dei visitatori.

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3 - L’AMBIENTE COSTIERO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Nella pagina precedente: Torre Ovo. ARCH. FONDAZIONE

Dune di Torre Colimena; a sinistra vecchia salina. L. DI CASTRI O. STASI

LE CARATTERISTICHE DELLA COSTA Il territorio costiero della Provincia di Taranto è bagnato dal Mar Jonio, in particolare dal versante settentrionale di questo mare che, delimitato a Est da Capo Santa Maria di Leuca e ad Ovest da Capo Colonne, prende il nome di Golfo di Taranto. La parte occidentale del Golfo presenta una costa sabbiosa, alta nella zona calabrese e bassa nella zona tarantina e materana. Nel tratto che va da Ginosa Marina, estremità occidentale della costa tarantina, a Taranto la costa è bassa ed orlata di secche, le più estese di tutto il Golfo. Fra queste la Secca Armeleia è la più estesa ed è costituita da una platea di scogli e di prateria di posidonia e alghe. Da Capo San Vito, nei pressi di Taranto, la costa verso Sud-Est è in generale rocciosa, bassa ed abbastanza frastagliata, interrotta da spiagge più o meno lunghe. La morfologia della costa della provincia tarantina, che si sviluppa con un arco di 144 Km da Punta Prosciutto, a Oriente, nei pressi di Torre Colimena fino all’argine del fiume Bradano, a Occidente, è interrotta dalla città di Taranto che divide il litorale occidentale generalmente piatto e livellato, dal litorale orientale generalmente frastagliato e diseguale.

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3 - L’AMBIENTE COSTIERO

La costa a Ovest della città, infatti, è esclusivamente sabbiosa e delimitata da lunghi cordoni di dune dove è insediata una delle pinete più lunghe d’Italia, estesa per circa 35 chilometri e profonda anche 3 Km., interrotta solo da alcuni fiumi e da insediamenti urbani. La costa a Est della città è frastagliata, intercalata da spiagge e costiere rocciose basse e dove solo in alcuni tratti è tuttora presente la duna originaria, per la pesante influenza antropica subita nel corso degli anni.

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Estratto della carta nautica del Golfo di Taranto


INSETTI

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1. Galatea melanargia 2. Mantis religiosa 3. Lysandra coridon 4. Thaumetopoea pityocampa 5. Zygaena filipendulae 6. Zygaena ephialtes 7. Papilio machaon 8. Locusta sp.

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Litoranea salentina. ARCH. FONDAZIONE

Taranto, nota come la Città dei Due Mari (Mar Grande e Mar Piccolo) è costruita sopra una piccola penisola che si protende per Nord Ovest fra due vasti specchi d’acqua; a Nord il Mar Piccolo, sostanzialmente chiuso ed al quale si accede attraverso due stretti canali, e a Sud il Mar Grande, che le opere artificiali hanno trasformato in un bacino portuale con l’imboccatura aperta a Sud Ovest. Le uniche isole appartenenti alla costa tarantina sono le Isole Cheradi che delimitano, insieme a scogliere artificiali, il Mar Grande. L’Isolotto S. Pietro è il più vasto; roccioso e molto basso, ha un contorno irregolare ed è circondato da bassi fondali che si estendono notevolmente verso il largo.

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L ‘Isolotto S. Paolo, a Sud Est dell’Isolotto S. Pietro, totalmente privo di vegetazione, è circondato da varie ed estese secche in particolare verso Nord. Il porto mercantile occupa i due seni del Mar Piccolo, la zona settentrionale e parte di quella orientale del Mar Grande e la zona fuori del Mar Grande, ad Ovest di Punta Rondinella. La costa di Capo S. Vito, estremità meridionale del Mar Grande, è bassa sul mare e dominata dal faro, dall’ex semaforo della marina e dalla massiccia Torre S. Vito. Privo di coste alte, dunque, il litorale tarantino ha lineamenti differenziati ad ovest e ad est della città: chi ama le spiagge sabbiose basse, estese a perdita d’occhio, ne troverà un superbo esempio lungo la riviera occidentale; chi preferisce l’articolazione di piccoli promontori rocciosi, intercalati da ampie baie, si soffermerà volentieri in quella orientale. La bassa e compatta scogliera calcarenitica che da San Vito giunge sino all’altezza di Torre Zozzoli, è articolata in innumerevoli e minuscoli promontori e calette, bagnate da acque cristalline, intensamente azzurre. Le maggiori insenature, oggi riconosciute come Lido Bruno, Gandoli, Monte d’Arena, Lido Silvana, ospitano bianchi arenili di sabbie grossolane, composte da una miriade di frammenti di conchiglie, che occasionalmente assumono delicate tonalità rosate. Numerose le insenature più raccolte che incastonano spiaggette delimitate da scogli. La costa rocciosa, di poco elevata sulla battigia, ha lineamenti aspri e, sin dove giungono gli spruzzi Torre Ovo, ancora della tonnara dismessa. A. QUARANTA

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

I VENTI DEL GOLFO I venti dominanti nel periodo tra settembre e marzo sono quelli settentrionali (Nord Ovest e Nord Est); il Grecale, provenendo dall’ Adriatico e attraversando senza trovare ostacoli l’ampia pianura Salentina, soffia talvolta con straordinaria violenza, rendendo difficili le comunicazioni con la terra, persino nel Mar Piccolo; le raffiche di vento da Nord Est sono preannunciate da una cortina di nubi, che persiste finché durano gli anzidetti venti sulle colline a Nord del Mar Piccolo; durante tale regime, la costa calabrese è sempre ben visibile. In generale, i venti da N durano parecchi giorni, diminuiscono di intensità o si calmano durante la notte e nelle prime ore del mattino, per soffiare con violenza le altre ore del giorno. Il Libeccio (vento proveniente da Sud Ovest) solleva mare vivo e provoca forti piene nel Mar Grande. Lo Scirocco (vento proveniente da Sud Est), specialmente d’inverno, è violento, solleva mare in rada e disturba le navi ormeggiate nel Porto Mercantile: porta foschia e pioggia specialmente tra maggio e giugno. In primavera la rada è spesso battuta da colpi di vento da Ovest, detti Calabresi, di breve durata anche se alquanto violenti (di solito si calmano al tramonto).

Mar Piccolo, Palude “ La Vela”. L. DI CASTRI O. STASI

delle mareggiate, tormentati da micro-sculture d’erosione: piccoli ed aguzzi pinnacoli, esili creste, cavità tappezzate di sali, canali scavati dalle veloci correnti di ritorno generate dal moto ondoso. Al piede della costa, lo stesso moto ha inciso un solco poco profondo, habitat prediletto dalla patella (Patella vulgaris) e da folti gruppi di minuscoli gasteropodi, adattati a sopravvivere a lungo in asciutto. Appena più in basso, si apre la liscia piattaforma litorale, della larghezza di diversi metri, sommersa da pochi centimetri d’acqua e coperta da un folto tappeto di alghe brune e incrostanti. Solo apparentemente priva di vita, nei suoi anfratti dimorano gamberetti, ricci, granchi, bavose, ghiozzi, rari scorfani neri (Scorpaena porcus). Verso l’entroterra, sulla scogliera immediatamente al di fuori del raggio di azione diretto delle mareggiate e laddove si è accumulato un minimo spessore di terreno, alligna una vegetazione rustica

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con capperi, rosmarino, timo marino che contende alla salsedine il diritto alla sopravvivenza, spesso assumendo strane forme abbarbicate al suolo. Ad est di Torre Zozzoli, la costa si distende in vaste insenature e lunghi tratti rettilinei, ove le sabbie predominano sulle rocce, pur ampiamente estese. Imponenti dune, di altezza anche superiore a 5 metri ed organizzate in cordoni, si affacciano su di un mare la cui trasparenza (quando non increspato o mosso da vento) consente la visione di larghe fasce del fondo antistante alla battigia, costellato di piatti scogli e praterie di alghe e piante marine. Diversificate da quelle caratteristiche dell’arco jonico occidentale, di più recente formazione ed a grana finissima, tali dune mostrano a tratti una diagenesi incipiente, ossia l’inizio dei processi chimico-fisici che trasformano i depositi incoerenti in rocce compatte. In altri luoghi il fenomeno ha già prodotto bancate arenacee che, scalzate dalle onde, originano ripide scarpate incombenti su stretti arenili, come è possibile osservare frequentemente tra Torre dell’Ovo e San Pietro in Bevagna. Le scogliere prendono qui i lineamenti tipici della ”panchina”, frastagliata dall’incessante erosione marina; occasionalmente da esse si distaccano piccoli isolotti, quali quelli che chiudono parzialmente la baia dominata da Torre dell’Ovo. I corti emissari delle sorgenti Borraco e Chidro, sovrappassati dalla strada litoranea, hanno estuari scavati nella spiaggia dai consistenti e continui flussi di acqua dolce, ridotti in fase di alta marea; essi ospitano una lussureggiante flora subacquea Saline di Torre Colimena in estate (sopra); con fenicottero (sotto). L. DI CASTRI - O. STASI

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UCCELLI NELLE SALINE

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1. Piro piro (Tringa sp.) 2 .Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) 3. Airone cinerino (Ardea cinerea) 4. Airone bianco maggiore (Ardea alba) 5. Chiurlo (Numenius arquata) 6. Voltapietre (Arenaria interpres)

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e, nei canneti circostanti alle polle, una notevole avifauna acquatica; ancora più abbondante nella Salina Vecchia e nel contiguo comprensorio bonificato della Palude del Conte. LE DUNE E LE GARIGHE Le dune sono cordoni di sabbia che possono raggiungere eccezionalmente la quota di 20 metri, presenti sia sulla costa occidentale che su quella orientale della Provincia; esse costituiscono il substrato su cui vegetano associazioni erbacee psammofile, piante con numerosissime e vigorose radici, capaci di “imbrigliare” le sabbie. La loro formazione trae origine da un processo lento e progressivo che inizia grazie all’azione del vento che trasporta le particelle di sabbia le quali, una volta accumulatesi, vengono fissate dalle piante “psammofite”, costituendo una barriera fisica rispetto all’azione diretta del mare. Le prime piante ad insediarsi sono piante “pioniere” di dimensioni più ridotte, soprattutto erbacee alofile, tolleranti suoli ricchi di sale; la ragguardevole salinità presente sulle dune, specialmente nella parte più vicina al mare, non rappresenta alcun problema per queste piante, che esibiscono adattamenti morfologici, specialmente dell’apparato radicale. La flora dunale, infatti, è caratterizzata da una straordinaria capacità di adattamento ad un substrato povero di sostanze nutritive e di acqua, per cui le piante sviluppano radici sottili e ramificate, in grado di incunearsi nelle intercapedini umide più recondite. Tali radici costituiscono un intricato Sopra: Dune della costa occidentale. Sotto: Duna e Ginepro (Juniperus oxycedrus), litoranea salentina. L. DI CASTRI - O. STASI

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

groviglio ed hanno la capacità di stabilizzare la duna stessa, preparando, in questo modo, un ambiente adatto all’insediamento di piante più esigenti, realizzando una successione vegetazionale sempre più complessa. Molte piante, per evitare la disidratazione dovuta alle alte temperature che si possono raggiungere d’estate, mettono in atto diversi meccanismi di difesa, riducendo le superfici traspiranti, ad esempio trasformando le foglie in spine, accumulando nei tessuti riserve d’acqua, con la tipica forma succulenta, sviluppando peluria sulle foglie, per minimizzare l’effetto dell’irraggiamento solare, o trascorrendo un periodo di vita sotterranea, come le piante bulbose e rizomatose. L’evoluzione della vegetazione verso stadi più maturi della successione tipica di questa costa, è caratterizzata dalla cosiddetta “gariga” e dalla “macchia mediterranea”. La “gariga” si può considerare una forma di passaggio verso la macchia mediterranea sempreverde; in essa sono assenti le specie ad alto fusto ed arbustive, mentre predominano le specie erbacee e cespugliose, generalmente spinose ed aromatiche, di ridotte dimensioni e a forma di “cuscino” spesso distanziate da ampi tratti di terreno; in tale ambiente predominano essenze quali il timo (Thimus capitatus) e l’erba stella (Plantago coronopus). LE GRAVINE Le gravine sono profondi burroni scavati dalle acque nel corso dei secoli; hanno l’aspetto di gole rocciose strette e profonde, per lo più instaurate in Gravina di Laterza. L. DI CASTRI - O. STASI

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rocce calcaree la cui età varia tra i 700.000 ed un 1.000.000 di anni. Frutto della lenta azione dell’acqua piovana sulla roccia calcarea, queste valli strette e lunghe, chiamate anche gravi, sono una testimonianza della storia geologica dell’intera Puglia. Nell’interno, dove il fenomeno erosivo ha inciso fortemente il suolo con precipizi profondi anche 200 metri, le gole rocciose hanno un profilo a ”V”, mentre vicino al mare, a causa di pendenze minori, si sono formate valli con sezione più aperte chiamate localmente lame. Le gravine possono essere considerate dei veri e propri “fiumi fossili” in quanto i corsi d’acqua che le hanno generate, scomparsi oggi dalla superficie, scorrono in reti idrografiche sotterranee che sfociano nell’Adriatico (comunemente chiamate “acque di Cristo”) e nello Jonio, spesso sotto forma di vere e proprie sorgenti sottomarine “citri”. La formazione, avvenuta nel tempo, di numerose grotte carsiche e cavità naturali, ha fatto sì che le gravine venissero intensamente utilizzate, nel corso dei millenni, come abitazioni, templi, santuari. Le gravine più inaccessibili conservano ancora i segni dell’uomo preistorico, in grotte naturali ed anfratti. In epoche più recenti, soprattutto medioevali, la protezione offerta dalla folta vegetazione ha favorito la realizzazione di “casali” rupestri, vere e proprie città scavate nella roccia dove, tra l’altro, vari ordini monastici hanno lasciato il segno della religiosità orientale, in suggestive cripte e chiese ipogee spesso ornate con affreschi. L’essere uno scrigno di tesori naturali, e insieme un habitat umano cosi peculiare, fa di ogni gravina un ambiente unico e irripetibile. Dedicate ai Santi (Santo Stefano, San Pellegrino, Sant’Elia, San Basilio, San Marco) o indicate con nomi legati alla vegetazione (Fossa dell’Alloro, Gravina Corneto, Gravina Alezza), le gravine ospitano presenze naturali di primissimo piano, come la campanula pugliese (Campanula versicolor), l’euforbia arborea (Euphorbia dendroides) e le splendide e rare orchidee spontanee; nella sola gravina di Laterza sono state censite oltre 600 specie di piante spontanee. Quanto mai peculiare perché influenzata dal fenomeno della ”inversione termica è la distribuzione in questi ambienti delle varie specie di piante ed animali. Le gravine hanno infatti le zone più basse umide e poco assolate, mentre i bordi si presentano aridi ed esposti all’azione del vento e del sole, situazione che genera dei microclimi anomali, come in una ”montagna rovesciata”, questo fa sì che sul fondo delle valli si trovino specie tipiche di zone molto più piovose e fresche rispetto all’altopiano che esse solcano. E’ così facile osservare, in alcune gravine, una netta ”stratificazione” della vegetazione e della fauna nello spazio Dall’alto in basso: Cistus monspeliensis; Spartium junceum; Orchis morio; Tulipa sylvestris. L. DI CASTRI - O. STASI

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Rospo (Bufo bufo). L. DI CASTRI O. STASI

limitato di poche decine di metri, con un graduale passaggio da un ambiente litorale ad uno collinare, fatto questo che rende questi biotipi veri ”musei naturali all’aperto”. Il territorio delle gravine, proposto da tempo come Parco Naturale, è esteso dalla vicina provincia di Matera fino a Grottaglie. Tra le gravine più rappresentative si citano le verdi gravine di Statte, tortuose e con numerose specie botaniche rare ed endemiche, la gravina di Massafra per le testimonianze storiche, le gravine di Castellaneta e Laterza per le bellezze naturali, e infine la gravina di Ginosa, con case abbarbicate sulle rocce scoscese, boschetti e macchie incastonati nella valle, cespugli fioriti aggrappati alle bianche rocce calcaree, in una tavolozza di colori sempre diversa con il mutare delle stagioni. La morfologia particolare, la complessa accessibilità e la difficoltà di messa a coltura, hanno fatto in modo che nelle gravine si ritirasse quella natura che altrove, nell’area delle Murge, incontrava maggiori difficoltà di sopravvivenza. Seppure le modificazioni del territorio abbiano provocato la scomparsa di numerose specie appartenenti all’avifauna, tra cui il capovaccaio (Neophron percnopterus), le gravine sono rimaste, oltre al Gargano, l’unica area regionale di riproduzione del gufo reale (Bubo bubo) e del biancone (Circaetus gallicus); vi nidificano anche il raro lanario (Falco biarmicus), il nibbio bruno (Milvus migrans), il grillaio (Falco naumanni), ed il gheppio (Falco tinnunculus), tra i rapaci diurni; il gufo comune, la civetta, il barbagianni e l’assiolo tra quelli notturni. Appaiono rilevanti le presenze tra i mammiferi del pipistrello rinofolo di Mehely; del tasso (Meles meles) e dell’istrice (Hystrix cristata) e, tra i rettili, della tartaruga terrestre (Testudo hermanni), del colubro leopardino (Elaphe situla), del geco di Kotschy [Cyrtopodion (=Cyrtodactylus) kotschyi] e del cervone (Elaphe quatuorlineata). Le pozze d’acqua sul fondo dei canyons, inoltre, rappresentano l’habitat ideale per specie rare come l’ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), i tritoni, le raganelle, la biscia dal collare ed il granchio di fiume.

Nella pagina accanto: Bavosa pavonina (Parablennius pavo). G. PIGNATARO

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4 - L’AMBIENTE MARINO


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Posidonia (Posidonia oceanica). G. PIGNATARO

I FONDALI DELL’ARCO COSTIERO I fondali dell’arco jonico presentano una grande varietà di scenari naturali. La particolare conformazione della costa, attraverso il gioco delle correnti e del moto ondoso, ne determina la morfologia; la grande varietà di flora e di fauna si manifesta in comunità ricche e multicolori. A dividere il litorale fra Ginosa Marina e Campomarino, lembi estremi della provincia, sono le Isole Cheradi, San Pietro e San Paolo, che chiudono a Sud la grande rada del porto di Taranto. Queste presentano tutte le caratteristiche ambientali marine del golfo: roccia calcarea bianca (che si trova nei fondali bassi, ma anche più in profondità in particolare sui versanti di alcune secche al largo dove è ricoperta dal coralligeno), praterie di Posidonia oceanica all’esterno e di Cymodocea nodosa all’interno della rada, distese di sabbia e di fango. Il versante occidentale di questo tratto di costa, da Ginosa Marina fino agli insediamenti del nuovo porto mercantile di Taranto, è caratterizzato da una lunga e continua riva sabbiosa; la sabbia, color caffellatte, generata dal dilavamento degli Appennini Lucani, si estende dalla riva fino alla batimetrica dei 20-25 metri; l’acqua è spesso torbida, anche al largo, ma nasconde una inaspettata rigogliosità di vita: vaste praterie di Posidonia si alternano a tratti di fondo roccioso suggestivamente popolati. Infatti diverse sono le secche (segna nove metri di profondità il cappello della secca dell’Armeleia) ricoperte da un ricchissimo coralligeno che si caratterizza per la sua bellezza: un groviglio multicolore di alghe coralline, anemoni, spugne e una notevole varietà di pesci. In primavera inoltrata si possono vedere già in pochi metri d’acqua piccoli branchi di dentici unitamente a saraghi maggiori, fasciati e pizzuti; talvolta sono stati catturati rari e grossi esemplari di dentice corazziere (Dentex gibbosus). Sui fondali rocciosi costieri, si possono incontrare labridi, occhiate, aguglie, sgombri, tracuri e, qualche miglio più al largo, branchi di alalonghe, palamite, tonnetti. Il fondo sabbioso ospita moltissime specie caratteristiche. In particolare, agli inizi dell’estate, appaiono numerosissimi pesci pettine (Xyrichthys novacula), labridi ermafroditi dallo strano aspetto a forma di pettine di cui facilmente si può distinguere il sesso: le femmine più piccole sono di

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colore arancione tenue, i maschi, di taglia più grande, sono verdone scuro. Un comportamento tipico dei pesci pettine è quello di infossarsi nella sabbia al minimo pericolo. Purtroppo la pesca a strascico sottocosta ha fortemente ridotto la popolazione di questa specie molto apprezzata nella cucina locale. Alla fine dell’estate, al largo della costa, inizia la stagione del pesce di passo: tonnetti di varie specie, grandi lecce e ricciole inseguono sardine, acciughe, maccarelli e aguglie; in questa stagione non è raro l’incontro con l’aguglia imperiale o marlin bianco del Mediterraneo (Tetrapturus belone) che accompagna le numerosissime e coloratissime lampughe (Coryphaena hippurus). Il versante orientale, da Capo San Vito fino a Campomarino ed oltre, è caratterizzato da una costa rocciosa e bassa, interrotta da cale più o meno ampie dove si distendono spiagge di

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Castagnola nera (Chromis chromis). G. PIGNATARO


INVERTEBRATI SULLA SABBIA

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1. Phalium granulatum 2. Seppia (Sepia officinalis) 3. Natica (Natica millepunctata) 4. Granchio di strascico (Liocarcinus depurator) 5. Mazzancolla (Penaeus kerathurus) 6. Moscardino (Eledone moschata) 7. Stella pettine maggiore (Astropecten aranciacus) 8. Polpo (Octopus vulgaris) 9. Cerianto (Cerianthus membranaceus)

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IL CORALLIGENO

Coralligeno. ARCH. FONDAZIONE

Il coralligeno è una formazione calcarea che si sviluppa generalmente a profondità comprese fra i 50 ed i 140 metri. In Puglia non è raro trovarlo a partire dalla batimetrica dei 15 metri e per la sua eccezionale estensione e ricchezza costituisce un habitat fondamentale per la biodiversità della fascia costiera jonica. Il coralligeno, più comunemente noto come “barriere coralline” è formato principalmente da costruzioni madreporiche dell’unica grande madrepora coloniale mediterranea la Cladocora caespitosa, un antozoo coloniale, di colore bianco-verde, presente in prossimità di scarpate rocciose, dove ricopre vasti tratti di fondale a partire dai 10 metri di profondità. Il coralligeno è dunque un substrato biogeno cioè “costruito da organismi viventi” ed in particolare dall’insieme di concrezioni calcaree formate principalmente da alghe rosse a tallo calcareo, antozoi, serpulidi e briozoi. Le masse calcaree dei fondi coralligeni offrono asilo a numerosi animali creando uno degli habitat più importanti del mediterraneo per ricchezza di specie fra le quali spugne, madreporari, briozoi e ascidie.

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sabbia bianca e finissima; il profilo costiero riflette la conformazione del fondo che è in gran parte roccioso. Vasti tratti di fondale sono coperti da sabbia alternata a rigogliose praterie di Posidonia. Il mare su questo versante è sempre limpido per l’andamento delle correnti e per la profondità: la batimetrica dei venti metri è spesso prossima alla costa. Tra gli scogli, in poca acqua, nuotano pesci come occhiate, salpe, cefali e varie specie di Labridi. Le scogliere sommerse, scabre e brulle in taluni settori di costa, dolcemente modellate ed arricchite dal benthos in altri, sono interrotte da grosse fenditure e cavità, tane ideali per specie ittiche pregiate quali saraghi, cernie, murene e corvine. Al largo, al di sotto di 35-45 metri, predominano le vaste formazioni di coralligeno, nelle quali spiccano per bellezza le gorgonie e vaste colonie di Briozoi e Poriferi. I fondali sino alla profondità di 60-70 metri sono essenzialmente rocciosi, per poi divenire fangosi e detritici a maggiore profondità. I FONDALI DELLE ISOLE CHERADI I fondali delle Isole Cheradi ospitano comunità marine caratterizzate da elevata biodiversità e di grande interesse scientifico, tanto che i ricercatori locali, nel 1969, su iniziativa del prof. Cosimo Sebastio, ottennero la istituzione del “Parco Marino delle Isole Cheradi” lungo il versante meridionale delle isole, con atti formali della Marina Militare e della Provincia di Taranto. È utile, pertanto, operare una distinzione fra l’area costiera Sud delle due isole ed a Nord di San Pietro e quella all’interno della rada, in direzione Est.

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Allevamenti di mitili. G. PIGNATARO


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I DATTERI DI MARE

Branco di menole (Spicara maena). ARCH. FONDAZIONE

Il dattero di mare ( Lithofaga lithofaga) è un mollusco bivalve presente lungo le coste del mediterraneo. Evolutivamente è affine ai comuni mitili, ma, al contrario di questi, vive all’interno di gallerie scavate nella roccia calcarea grazie ad una secrezione mucosa erosiva; raggiunge la massima densità di popolazione (fino a 300 individui per m2) entro i primi 5 metri di profondità pur essendo presente fino a 25 metri. La sua crescita è estremamente lenta; si è stimato che per raggiungere la lunghezza di 5 cm, siano necessari dai 15 ai 35 anni. La indiscriminata raccolta del dattero (si stima che per 4 piatti di linguine, ciascuno contenente circa 15 esemplari, è necessario distruggere un m2 di roccia con tutti gli organismi in esso contenuti) provoca, oltre alla distruzione delle scogliere, danni irreversibili all’ecosistema in quanto la rimozione dello strato di roccia superficiale elimina le alghe e gli animali che la ricoprono. Nonostante la legge italiana fino dal 1988 vieti la raccolta e commercializzazione del dattero di mare, le più recenti campagne di studio hanno evidenziato un continuo depauperamento delle coste sommerse, fenomeno che interessa aree sempre più estese perché la lenta crescita del dattero impone ai pescatori di frodo di ricercare zone sempre nuove. Per quantificare il danno arrecato alle scogliere è sufficiente pensare che la distruzione delle comunità bentoniche procede alla velocità di 12 Km/anno.

Rilievi sugli scogli rotti dai “datterari”. ARCH. FONDAZIONE

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4 - L’AMBIENTE MARINO

Infatti, il tratto di mare all’interno della rada è caratterizzato da fondale basso, con sedimento detritico fine, mentre le zone verso il mare aperto sono caratterizzate da diverse tipologie di fondale che ospitano molte varietà di biocenosi mediterranee. Il tratto di mare a Sud è il più vario; la batimetrica dei 50 metri, limite della roccia con il fango, non è parallela alla costa; secche a Sud e a Sud-Ovest dell’Isola di San Pietro si ergono da 30 fino a 10 metri; dalla riva fino ai 50 metri di profondità si susseguono diverse biocenosi: sabbia grossolana e roccia nuda, praterie di Posidonia e coralligeno. La zona a Nord di San Pietro è caratterizzata da fondale basso a sabbie fini con praterie di Zoostera e Posidonia; è sufficientemente riparata dal vento di Scirocco, dominante nell’area, e conserva alcune biocenosi tipiche di fondi molli: vongole, telline e cardium vivono infossati nella sabbia, in compagnia di vermi e gasteropodi; gli avannotti dei pesci costieri si rifugiano tra le alghe. Nella parte interna alla rada, l’apporto e l’accumulo di sabbie fini, generato da alcune attività antropiche, ha modificato l’habitat originario, un tempo caratterizzato dalla presenza di prelibati molluschi quali i tartufi di mare (Venus verrucosa) e le cozze pelose (Modiolus Barbatus), oggi quasi scomparsi anche a causa della dissennata azione di pesca. IL POSIDONIETO DELLE ISOLE CHERADI. Da uno studio del Co.N.I.S.Ma. Lo stato di salute della prateria di Posidonia oceanica presente lungo il litorale meridionale delle Isole Chéradi è stato studiato, dall’Unità Operativa

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Posidonia (Posidonia oceanica). G. PIGNATARO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

CoNISMa dell’Università di Bari, nell’ambito del progetto “Rivisitazione di alcune praterie di Posidonia oceanica lungo le coste delle Regioni: Liguria, Toscana, Lazio, Basilicata e Puglia e progetto pilota per l’armonizzazione dei relativi dati cartografici esistenti”, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Servizio Difesa del Mare. Le finalità principali del progetto sono state l’accurata delimitazione del posidonieto e lo studio del suo stato di salute e di conservazione mediante l’analisi di parametri fenologici, lepidocronologici nonché della comunità epifita. La prateria è localizzata nel Mar Ionio settentrionale, lungo la fascia costiera che si estende tra l’isola di S. Pietro e l’isola di S. Paolo, ricoprendo un’area dalla forma vagamente triangolare di circa 570 ettari compresa fra le batimetriche dei 6 m sottocosta e dei 18 m verso il largo. Le indagini ed i campionamenti condotti sul posidonieto delle Isole Chéradi sono stati effettuati seguendo le direttrici di 5 transetti costa-largo distribuiti lungo il margine insulare sud-occidentale compreso fra il vertice dell’isola di S. Pietro (P.ta La Forca) a ovest e l’isolotto di S. Paolo a est. Per ciascun transetto sono state effettuate 3 stazioni di campionamento, rispettivamente in corrispondenza del limite superiore della prateria, della zona intermedia ed in prossimità del limite inferiore, per un numero totale di 15 stazioni. A livello delle suddette stazioni, sono state effettuate misure dirette, in immersione, per stimare la densità dei Sopra: Briozoo Electra posidoniae. G. PIGNATARO Sotto: Particolare di Posidonia oceanica. ARCH. FONDAZIONE

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4 - L’AMBIENTE MARINO

LA POSIDONIA La Posidonia è una pianta di importanza basilare per l’ecosistema marino. Le praterie sommerse di Posidonia Oceanica costituiscono non solo luogo di rifugio, riproduzione e sviluppo di numerose specie di pesci e di altri organismi marini, ma anche un insostituibile elemento di stabilizzazione della sabbia e dei fondali marini. Endemica del Mediterraneo, Posidonia Oceanica è una pianta superiore che nel suo lungo percorso evolutivo è passata da una vita terrestre a quella marina. Questa Fanerogama marina, organizzata in radici, fusto (detto rizoma) e foglie, si differenzia dalle alghe per la presenza di organi specializzati per la riproduzione sessuale (oltre a quella vegetativa) con formazione di fiori e di frutti. I frutti, chiamati “olive di mare”, quando maturano si staccano dalla pianta e galleggiando vengono trasportati dalle correnti in nuove zone. Alla marcescenza del frutto vengono emessi dei semi che, trovate le condizioni ottimali sul fondo, danno origine a nuove praterie. Grande produttrice di ossigeno, questa pianta vive e si sviluppa con facilità in acque limpide, dove la penetrazione dei raggi solari favorisce i processi fotosintetici. Ha la peculiarità di formare delle particolari strutture chiamate mattes che, grazie all’accrescimento verticale ed orizzontale dei suoi rizomi e delle sue radici, forma delle vere e proprie barriere a terrazzo che si oppongono al moto ondoso del mare, proteggendo efficacemente i litorali dall’erosione. I fenomeni di regressione che hanno subito le praterie di Fanerogame marine negli ultimi decenni hanno indotto la comunità scientifica a intraprendere numerosi progetti di ricerca finalizzati alla riforestazione dei fondali marini, soprattutto in Nordamerica (Zostera marina) ed in Mediterraneo (Posidonia oceanica). Gli esperimenti di trapianto di Posidonia oceanica intrapresi in Italia dimostrano che la riforestazione dei fondali marini è possibile anche su estensioni considerevoli. Fiore della Posidonia oceanica. ARCH. FONDAZIONE

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Frutto della Posidonia oceanica. ARCH. FONDAZIONE


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

fasci (GIRAUD, 1977) ed il ricoprimento in percentuale del fondale ad opera della fanerogama marina. Inoltre, sono stati realizzati rilievi fotografici subacquei nonché raccolti dati relativi alla natura del substrato di impianto della prateria, ad eventuali segni di degrado, alla tipologia del limite inferiore e delle biocenosi a contorno. La densità del posidonieto è stata stimata mediante conta diretta dei fasci utilizzando un quadrato metallico (40x40 cm) ed effettuando 5 repliche per ciascuna stazione di campionamento. A livello di ciascuna stazione, inoltre, sono stati prelevati complessivamente n. 20 fasci fogliari, di cui n. 10 fasci fogliari destinati alle analisi fenologiche e della comunità epifita e n. 10 rizomi ortotropi destinati alle analisi lepidocronologiche realizzate in laboratorio. I fasci campionati sono stati prelevati ad una distanza di 50-100 cm tra loro, in modo da raccogliere rizomi appartenenti ad individui differenti. La prateria è risultata impiantata prevalentemente su matte e su substrato detritico-sabbioso in prossimità del suo limite inferiore. Il limite superiore della prateria, mediamente attestato sui 5-6 m di profondità, si distribuisce lungo la costa in modo discontinuo con tipica conformazione a “macchia di leopardo”, evidenziando valori di densità medio-alti (350-500 fasci/ m2) ed una percentuale di ricoprimento variabile compresa tra 40-70%. A livello del limite superiore si sono registrati i valori più elevati di erosione fogliare (in media circa 50-85%), ma in compenso l’indice di superficie fogliare (LAI) ha evidenziato valori medi compresi tra 45 m2/m2 con punte sino a 11 m2/m2. In corrispondenza della zona intermedia (“core” della prateria) la percentuale di ricoprimento è apparsa tendenzialmente stabile (80-90%) con una densità media dei fasci compresa fra 250-400 fasci/m2, un valore medio di LAI intorno a 56 m2/m2 ed un coefficiente medio di erosione fogliare “A” compreso tra 26-62%. In prossimità del limite inferiore della prateria, il grado di copertura ed i valori di densità dei fasci tendono entrambi a diminuire, mostrando valori compresi, rispettivamente, tra 5080% e 150-300 fasci/m2. Ne consegue un decremento dei valori di LAI che risultano attestati intorno ai 35 m2/m2. A livello di questa zona del posidonieto si sono registrati in media i valori più bassi di erosione fogliare (in media 20-45%) a causa dell’attenuazione dell’idrodinamismo con la profondità. In sintesi, il posidonieto indagato, pur avendo evidenziato pesanti fenomeni di degrado ed arretramento lungo il margine settentrionale della prateria, esposto alle influenze negative legate alle attività antropiche presenti lungo il fronte costiero tarantino (attività portuali,

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scarichi industriali, scarichi urbani), ha mostrato nella maggior parte della sua estensione un buono stato di salute ed un accettabile stato di conservazione. Ciò risulta anche dai valori medi di produzione primaria totale annua (foglie + rizoma) con valori pari a 1,2 g s. s./fascio/anno e 346,9 g s.s./m2/anno. Inoltre, le analisi lepidocronologiche hanno evidenziato due paleofioriture consecutive risalenti agli anni 1998 e 1999, con tassi di fioritura rispettivamente pari al 4,3% e 5,0%. Il posidonieto delle isole Cheradi verrà monitorato nel futuro considerata la sua posizione strategica prospiciente ad un grande polo industriale sebbene ancora oggi in uno stato di salute accettabile. MAR GRANDE E MAR PICCOLO I bacini di Mar Grande e Mar Piccolo sono strettamente connessi alla storia secolare della città di Taranto ed al suo assetto urbanistico. Il Mar Grande, sede di strutture portuali, è raggiungibile, via terra, solo nel lembo estremo meridionale compreso tra la località Sabbione e la scogliera che delimita, a sud, la rada. Un’ampia visione panoramica del bacino è osservabile dal lungomare del centro abitato. Sul Mar Piccolo, nel seno occidentale, si affaccia la marina della Città Vecchia, con la banchina di attracco dei pescherecci ed il mercato ittico. La restante costa del seno occidentale è percorribile in prossimità della foce del fiume Galeso, mentre più accessibili sono le rive del seno orientale, costeggiabili dalla strada Circummarpiccolo, che Sopra: Ponte “Punta Penna”. Sotto: Ponte “Girevole”. ARCH. FONDAZIONE

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LUMACHE DI MARE

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1. Trapania maculata 2. Dendrodoris limbata 3. Chromodoris luteorosa 4. Hypselodoris bilineata 5. Aplysia sp. 6. Hypselodoris fontandraui 7. Flabellina affinis 8. Thuridilla hopei 9. Cuthona ocellata 10. Cratena peregrina

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UN AMBIENTE PARTICOLARE: I “PALI” DELLA MITILICOLTURA TARANTINA

Mitilicoltore. ARCH. FONDAZIONE

La mitilicoltura e Taranto: un binomio secolare riconosciuto, caratterizzante l’economia tradizionale del territorio, tanto da rendere la “cozza” il simbolo per eccellenza dei nostri mari. Ma è insospettabile la quantità e diversità di vita marina ospitata dalle strutture portanti di questa pratica antica di allevamento: i “pali”. Lunghi una decina di metri, un tempo in legno di pino (oggi in lega metallica), dal momento della loro infissione nei fondali per supportare i filari di mitili, i “pali” cominciano a coprirsi di una moltitudine di organismi animali e vegetali attaccati ad essi (fouling). Il basso idrodinamismo delle acque, rallentate nel passaggio attraverso le strutture, e l’aumento del materiale in sospensione che ne deriva, creano un ambiente ideale per gli organismi bentonici filtratori. La presenza della microflora vegetale sui pali e planctonica nella colonna d’acqua innesca le catene alimentari dominate, agli ultimi anelli, da crostacei e pesci. Le specie ittiche trovano tra i “pali” rifugio e cibo; inoltre alcune gradiscono particolarmente le condizioni d’ombra di questo ambiente. Le specie di alghe associate ai “pali” sono capaci di sopravvivere in acque torbide, con scarsa luce e salinità variabile (soprattutto in Mar Piccolo). E’ questo il caso della lattuga di mare (Ulva), tipica anche di porti ed aree inquinate; sul fondo sabbioso-fangoso in cui sono infisse le strutture sommerse, giacciono spessi tappeti di alghe verdi filamentose (Chaetomorpha) in cui si può sprofondare anche

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per la lunghezza di un braccio. Tra gli invertebrati, oltre alle “cozze” appese in apposite reti a crescere, troviamo diverse specie di filtratori, tra cui alcune specie di spugne. Alcune “patate di mare” (le Ascidie, in realtà invertebrati e non vegetali), sono capaci di formare dense colonie che rivestono letteralmente i “pali” a partire da pochi metri di profondità. Due organismi particolarmente belli da osservare su queste strutture sono lo spirografo ed il giglio di mare. Il primo è un organismo vermiforme vivente in un tubo di muco e granelli di sabbia; questo lascia sporgere all’esterno solo delle bianche spirali piumate, le branchie, con cui respira e cattura il cibo. Il secondo è, a dispetto del nome comune, uno stretto parente delle stelle di mare (Echinodermi) e si ciba con la bocca rivolta verso la colonna d’acqua, per filtrazione passiva. Incrostate sui “pali” vivono le ostriche, mentre “a passeggio” su di essi, intenti a raschiare con le chele la sottile pellicola vegetale, troviamo i paguri ed alcuni granchi come il favollo e la granceola. Le piccole nicchie tra gli invertebrati del fouling sono occupate da piccoli pesci sedentari, tra cui alcune specie di bavosa (Blennidi) , peperoncini di mare (Tripterigidi) e ghiozzi (Gobidi). Intorno ai “pali” approfittano del cibo, offerto dai molti invertebrati presenti, tordi (Labridi) e sparidi: l’orata, ghiotta di mitili che rompe grazie alle forti mascelle, è un’ospite fisso degli impianti di mitilicoltura. Nella penombra e nelle ore notturne la spigola si aggira paziente alla ricerca di piccoli pesci da divorare. In autunno è possibile sorprendere anche branchi di giovani ricciole immobili sotto l’ombra delle strutture sommerse.

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Allevamenti di mitili. ARCH. FONDAZIONE


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Bavosa pavonina (Parablennius pavo). G. PIGNATARO

consente, tra l’altro, di raggiungere la Palude la Vela, la contigua Pineta di Fucarino e la Sorgente Battendieri. Nel Mar Grande e nelle acque prospicienti Lido Azzurro e Chiatona, le polveri provenienti in grandissima quantità dagli insediamenti industriali e dal materiale edile derivato dalla costruzione del Nuovo Porto Mercantile, del pontile della Belleli e del 5° Sporgente, hanno modificato enormemente gli habitat orioginari, impoverendo ed alterando le biocenosi. La natura attuale del sedimento, con alte percentuali di frazioni fangose, non permette una adeguata ossigenazione dell’ambiente interstiziale, rendendolo ostile per molte forme di vita ed impedendo lo sviluppo delle catene alimentari. La promessa riorganizzazione dei controlli sulla qualità di queste acque, attraverso la realizzazione del previsto sistema integrato di monitoraggio, potrebbe suggerire gli interventi necessari per il risanamento di quest’area marina Il Mar Piccolo con gli estesi impianti di mitilicoltura, “i giardini delle cozze”, i “citri”, sorgenti di acqua dolce che si aprono sul fondo, e la posizione confinata, è un bacino lagunare di grande unicità. Per il subacqueo, particolare e suggestiva diventa l’immersione nel groviglio di corde e pali ammantati di cozze, alghe, idroidi, tunicati e tantissimi altri invertebrati, che arricchiscono questo ambiente marino. Le cominità bentoniche sono rigogliose, tanto che le corde e i pali della mitilicoltura assumono colorazioni straordinarie perché completamente ricoperti da spirografi e gigli di mare. Il fondo è coperto per ampi tratti da una fitta coltre vegetale (Chaetomorpha ed Ulva); frequente è l’incontro con il cavalluccio marino, branchi di piccole orate, spigole e cefali. In estate è possibile imbattersi con il pesce balestra (Balistes caroliniensis), unica specie mediterranea di questi comuni pesci tropicali. Già dal tempo delle prime colonizzazioni greche, le pescosissime e poco profonde acque del Mar Piccolo, con la presenza delle sorgenti di acqua

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dolce, hanno costituito una risorsa vitale per la popolazione locale. Pesci e molluschi del mar Piccolo sono stati celebrati da poeti, scrittori e studiosi fin dall’antichità: Leonida nel IV secolo a.C., Nicolò D’Aquino alla fine del ‘600; Monsignor Capecelatro nel 1780; Augusto Semeraro, nel 1925; il Prof. Attilio Cerruti negli anni ’50 ed il Prof. Pietro Parenzan negli anni ’80. Il rischio di un eccessivo sfruttamento delle risorse del Mar Piccolo ha evidenziato, fin dai tempi remoti, la necessità di istituire forme di regolamentazione delle attività di pesca. E’ del 1500 il “Libro Rosso”, una sorta di “Codex tarentinus” che definiva ed assegnava la divisione di tratti di mare fra proprietari ed assegnatari; regolamentava il prelievo di pesci, molluschi e crostacei, riferendosi al peso, alla taglia ed al periodo dell’anno consentiti, per agevolarne la riproduzione; definiva gli attrezzi da pesca ammessi per garantire un’oculata gestione del prelievo. Anche se molte di queste regolamentazioni erano dettate da semplice esperienza pratica non scientificamente comprovata, la loro applicazione ha consentito di poter preservare a lungo le risorse di questo mare, la cui produttività ancor oggi è di notevole importanza per la comunità tarantina. Tuttavia, negli anni più recenti, le campagne di studio condotte dall’Istituto Talassografico/CNR di Taranto, hanno evidenziato un sensibile depauperamento dei popolamenti del Mar Piccolo. Ciò si ritiene sia dipeso dall’apporto inquinante degli “Fouling” sugli allevamenti di mitili. G. PIGNATARO

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

IL BISSO

Murice (Murex brandaris). ARCH. FONDAZIONE

Il bisso grezzo è un filamento setoso e lucente che alcuni molluschi, come il mitilo e la pinna nobilis, detta Cozza Pinna, secernono per fissarsi al fondo marino. Quello della Pinna è uno spesso cordone di finissime fibre setose lunghe parecchi centimetri che lavorate assumono la consistenza di seta lucente e morbida. Gli antichi seppero trarre profitto da questa seta, denominata da San Basilio “lana d’oro”. Dalla sua tessitura infatti si ricavava una stoffa morbida, delicata, di qualità rara e costosissima che veniva utilizzata per confezionare le Tarentinidi, abiti di grandissimo pregio indossati, ai tempi della Magna Grecia, dalle donne della classe politica più elevata. La fascia che Archita portava come turbante era tessuta con la lana d’oro e G.B. Gagliardo nel 1811 scrive che “per lavorare questa lana bisogna prima ben lavarla con acqua dolce, quindi asciutta pettinarla con cardi finissimi, e poi filarla …I guanti e gli altri lavori prima di essere lisciati con il ferro caldo, ricercano di essere bagnati in acqua e sugo di limone. Così acquistano quel lucido dell’oro bruciato, …. ciò che rende i lavori della lanapinna pregevoli e ricercati.

… E LA PORPORA La porpora, antica sostanza usata in tutto il Mediterraneo per colorare i tessuti, è il risultato della lavorazione dei succhi estratti da una particolare specie di murice. Taranto, ricca di questi molluschi gasteropodi, era famosa per l’estrazione della porpora la cui arte veniva tramandata nelle antiche botteghe per colorare il tessuto di lanapinna.

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SULL’ ESTRAZIONE DELLA PORPORA DAI MURICI (Cataldantonio Carducci Atenisio, Commento a Niccolò D’aquino, Delle Delizie Tarantine, Napoli 1771, pp.226-227.) Alle maggiori [murici] traevasi il guscio, e ciò faceasi con diligenza; od in un colpo solo, secondo Eliano, rompendosi quella loro scorza, affin di non sparar per mezzo delle proprie scheggie, replicandosi il colpo, quella vena, in cui vi era quel poco di liquore: le minori poi trituravansi colla macina: ed a questo modo ancora gli antichi Tarantini raccoglievan tal liquore. ( ... ) Ed altresì per l’esistenza di tai triturati gusci, che in oggi si veggon da noi nella bassa riva, volgarmente detta la Fontanella, tutta piena di loro scheggie, alle di cui spalle evvi un rialto formato dagli ammassati cumoli di quelli, e da’Nostri appellasi il monte de’ Coccioli ( ... ) al di sopra del quale corrisponde oggi il nuovo convento de’ PP. Alcanterini. Tritorate adunque le minori; e rotti i gusci alle maggiori Porpore; o con ferri uncinati tratte esse intieramente da quelli; cavavansi poi quelle lor vene, le quali dicemmo; cui bisognava mettervi del sale per vie più farle purgare, e preservar dalla corruzione: ( ... ) Bastava macerarle tre giorni; perciocché quanto quella interior parte della Porpora era più fresca, avea tanto maggior virtù. ( ... ) Domata dal sale per tre giorni la crudezza del liquore (macerari triduo justum), si spillava dal già detto Recipiente; e per mezzo di quel canale si sfogava nella caldaja fatta, come dissi, di piombo, e non d’altro metallo, per vie più accrescersi il rosso a’liquori, e darsi il lucente a’colori. ( ... ) Dapoichè ( ... ) non le mettevano già immediatamente sulle fiamme, ma nella bocca di un dotto orizzontale dell’accesa fornace ( ... ) senza temer essi punto o di bruciarsi il liquore, o di liquefarsi il piombo. ( ... ) Così a fuoco lento schiumatesi poi le carni ( ... ) e quasi in dieci dì liquefatte e purgate le vene, si saggiava, mettendovi la lana: e così attendevasi a far bollire, fino a che riusciva quel purpureo liquore, che pendea al nero, stimandosi già men buono il color rosso. Per cinque ore bevea la lana; e di poi scarmigliata di nuovo si tuffava, in fin che succiato avea tutto il colore del temperato e concotto liquore ( ... ).

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

ALCUNI DATI DI PARTICOLARE INTERESSE DEL MAR PICCOLO Perimetro del Mar Piccolo Km 27,920 Superficie del Primo seno mq 9.000.000 profondità max 13 m Superficie del Secondo seno mq 12.760.000 profondità max 9 m Le principali caratteristiche fisico-chimiche medie del Mar Piccolo sono: Ossigeno - 02 11.7 mg/l;

nitrati - NO2 tracce;

acidità pH 8.1;

nitriti - NO3 0.3 mg/l;

ammonio - NH4 tracce;

fosfati - PO4 0.4 mg/l;

olii minerali valori discontinui. La salinità (35.07 0/00) e l’apporto continuo di nutrienti stabilizzano una condizione salina e trofica ad alta capacità biogenetica; questo valore di capacità esprime l’alto rendimento produttivo delle acque dei Mar Piccolo. Produzione stimata di mitili a Taranto 1914 18-20.000 quintali; 1993 300.000 quintali; 1948 36-40.000 quintali; 2002 275.000 quintali. 1983 150.000 quintali;

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affluenti che vi si immettono, da numerosi scarichi urbani ed agricoli non adeguatamente depurati e dalla forte antropizzazione delle sue rive. Anche il mutato rapporto della comunità tarantina con il mare e le sue risorse, per l’avvento di una industrializzazione molto sviluppata sull’intero territorio, ha favorito il degrado. Ci sono comunque ampi margini per un corretto programma di recupero dell’intero bacino: proprio in questa direzione vanno i progetti di riqualificazione del Mar Piccolo redatti in questi ultimi anni. Tra questi va ricordato il recupero del Parco di Cimino, a Sud del secondo seno dove una vasta pineta adiacente al mare è stata nuovamente resa disponibile ai cittadini, riportando in luce una parte della città dimenticata. La vista della pineta di Cimino stride stride con il panorama della riva opposta di Mar Piccolo, sovrastato perennemente dai fumi dell’area industriale. IL MAR PICCOLO: UN CONCENTRATO DI BIODIVERSITÀ Il Mar Piccolo di Taranto è stato definito un lago marino a lento ricambio idrico, sia per la sua conformazione, sia per l’apporto di acque dolci superficiali ed ipogee ricche di sali che ne determinano l’ambiente eutrofico ad alta capacità biogenetica. La temperatura delle acque (max 290C e min. 140C) e le lente escursioni, consentono una produzione di plancton prolungata per tutto l’anno ed il trasferimento continuo di energia ai livelli superiori della catena trofica. Le sorgenti d’acqua dolce sottomarine, “i citri”, riversano acque dolci a temperatura costante Sopra: salpe (Boops salpa). Sotto: Spirografo, Flabellina e Botrillidi. G. PIGNATARO

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

di 180C, abbassando la salinità delle acque. La catena trofica nel Mar Piccolo è rappresentata a tutti i livelli, dalle alghe unicellulari ai grossi pesci predatori; in particolare sono abbondanti le forme larvali e giovanili rendendo il Mar Piccolo una preziosa area nursery per molte specie. Al primo anello della catena alimentare si trova il fitoplancton, composto da diatomee e dinoflagellati; al livello superiore si trova una eccezionale diversità di specie appartenenti allo zooplancton: una moltitudine di forme larvali e giovanili di crostacei, molluschi, tunicati, celenterati e anellidi; più in alto nella catena trofica si trovano gli adulti degli stessi gruppi. La distribuzione della flora e della fauna nel Mar Piccolo varia sia in relazione all’estensione dei diversi settori del bacino sia in relazione alla profondità, che raggiunge al massimo i 17 m in prossimità delle bocche dei citri. Nella stagione calda e in assenza di vento, si forma una precisa delimitazione fra lo strato d’acqua riscaldato dal sole e quello sottostante più freddo, alimentato dalle sorgenti di acqua dolce. Così si forma un termoclino, cioè un piano di separazione netto tra due strati d’acqua (in genere quello più caldo sopra quello più freddo) con caratteristiche di temperatura, salinità e percentuale d’ossigeno disciolto differenti. Più queste caratteristiche chimico-fisiche sono diverse, più difficile è il rimescolamento tra i due livelli. La situazione di stratificazione si rileva ogni anno con connotazioni più o meno accentuate e la distribuzione di tutti gli organismi viventi è regolata anche dalla loro “Fouling” sugli allevamenti di mitili. G. PIGNATARO

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4 - L’AMBIENTE MARINO

capacità di sostenere queste variazioni ambientali. In diversi anni si verifica in maggio-giugno, con condizioni meteoclimatiche adatte (calma di vento e sole forte per lunghi periodi) che il livello inferiore di acqua fredda si impoverisca di ossigeno, e gli organismi bentonici muoiano. Caratteristica dominante del Mar Piccolo è la presenza di numerosi impianti per l’allevamento dei mitili; gli organismi bentonici di substrato duro, di solito presenti solo lungo le coste rocciose, qui sono presenti su tutto l’impianto produttivo: pali, boe e corde sono

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“Fouling” sugli allevamenti di mitili. G. PIGNATARO


LA MITILICOLTURA NELLA TRADIZIONE TARANTINA

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4 - L’AMBIENTE MARINO

LA COMUNITÀ EUROPEA E LA BIODIVERSITÀ Nell’ ambito della Comunità Europea è sorta una nuova e forte sensibilità per la salvaguardia delle risorse naturali, dopo che è stato evidenziato chiaramente il problema della riduzione e della perdita delle specie, degli habitat, degli ecosistemi e del patrimonio genetico, cioè della diversità biologica. La diversità biologica o biodiversità è alla base delle risorse in termini di cibo, fibre, bevande e medicinali e delle attività di pesca e agricoltura, dalle quali dipende la sopravvivenza della nostra specie. Una diversità biologica adeguata limita inoltre gli effetti di taluni rischi ambientali quali il cambiamento climatico e le invasioni di parassiti. A favore della Conservazione della Diversità Biologica la Comunità Europea ha adottato nel 1979 la Convenzione di Berna per promuovere la cooperazione tra gli stati membri al fine di “Assicurare la conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa”. Nel 1992 ha emanato la direttiva Habitat Naturali - Natura 2000 con l’obiettivo di “Assicurare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche” e nel 2001 ha elaborato il Piano d’azione a favore della biodiversità nel settore della conservazione delle risorse naturali con gli obiettivi di “mantenere in buono stato o ripristinare le specie di flora e fauna selvatica, i relativi ecosistemi ed habitat”, di “invertire le attuali tendenze di perdita della biodiversità legate alla gestione delle acque, del suolo, delle foreste e delle zone umide”, e infine di “invertire l’attuale tendenza alla perdita di biodiversità in tutto il territorio e preservare la biodiversità su scala mondiale”. . La Comunità Europea ha fortemente correlato la diversità degli organismi viventi e la diversità degli habitat/ecosistemi con il potenziale positivo impatto economico sulle attività umane, mettendo in risalto il principio dello Sviluppo Sostenibile ed invitando tutti gli stati comunitari ad integrare gli elementi ambientali nelle altre politiche settoriali. In particolare per sviluppare gli strumenti a favore della conservazione e dell’utilizzo sostenibile della diversità biologica in tutto il territorio non compreso nelle zone protette, la Comunità Europea propone di integrare la biodiversità nelle principali politiche in materia di utilizzo del territorio quali la politica agricola, la pesca e l’acquacoltura, i Fondi strutturali e l’ambiente urbano.

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TRA I “PALI DELLE COZZE”

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1. Crostaceo Caprellide sp. 2. Periclimenes amethysteus 3. Mollusco Bivalve sp. 4. Mollusco Gasteropode sp. 5. Tunicati sp. su Tunicato Pigna di mare (Phallusia mamillata) 6. Crostaceo Decapode sp. 7. Trapania maculata 8. Crostaceo Decapode sp. 9. Crostaceo Decapode sp.

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Lattuga di mare (Ulva lactuca). G. PIGNATARO

interamente coperti da animali e alghe; sul fondo si sviluppano praterie di alghe di diversa specie e nel fango si ritrovano molluschi e vermi. La grandissima produttività di molluschi e di pesci commerciali, si fonda proprio su queste particolari condizioni ambientali, che determinano una notevole massa fitoplanctonica come fonte energetica primaria per i mitili ed il novellame di pesci. L’unicità ecologica del Mar Piccolo richiede urgenti interventi di recupero e di tutela del bacino, così da salvaguardare la notevole diversità di flora e fauna presenti e ripristinare la qualità delle acque.

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5 -

ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Nella pagina precede: Planaria sp. G. PIGNATARO

LA RICERCA AMBIENTALE STRUMENTO DI SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’AREA IONICA A partire dagli anni 60’ la massiccia industrializzazione del territorio ionico ha prodotto la crisi di attività economiche tradizionali quali l’agricoltura e la pesca; questo nuovo scenario, se da un lato ha portato nuova occupazione, dall’altro ha creato una serie di problemi legati all’impatto ambientale delle attività industriali. L’entità delle industrie presenti (stabilimento siderurgico dell’ILVA, raffineria dell’ENI, Cementir) e la tipologia degli inquinanti immessi nell’ambiente, hanno indotto di recente il Ministero dell’Ambiente a dichiarare Taranto “area ad alto rischio ambientale”. Le problematiche di impatto ambientale che riguardano il territorio ionico sono abbastanza complesse, sia per le quantità di reflui industriali scaricati in mare (oltre 150.000 m3/ora), che per la tossicità dei contaminanti (fenoli, cianuri, idrocarburi policiclici aromatici, composti metallici, ecc.). Questa situazione, unita ai rischi di inquinamento derivanti da operazioni di trasporto e stoccaggio di minerali e prodotti petroliferi e alla presenza di importanti attività portuali, fa sì che nell’ecosistema tarantino l’accumulo di inquinanti generi problemi tossicologici sia per l’uomo che per gli organismi marini. I Mari di Taranto, Mar Piccolo e Mar Grande, sono bacini a scarso ricambio di acque. La presenza di scarichi civili e industriali induce fenomeni di accumulo di inquinanti soprattutto nei fondali con conseguente impatto sulle comunità biocenotiche. La complessità degli equilibri chimico-fisici e biologici e la circolazione degli inquinanti tra i vari comparti dell’ecosistema (acqua, suolo, aria, organismi) fanno sì che non si possa più parlare di contaminazione “localizzata”: le varie fasi dell’ecosistema sono, infatti, in equilibrio dinamico tra loro, per cui i processi di contaminazione possono influenzare gli equilibri generali dei vari comparti. Nei Mari di Taranto, l’inquinamento ha prodotto nel tempo modificazioni della struttura delle comunità biologiche: un esempio è rappresentato dalle praterie di Posidonia oceanica, ormai scomparse nel tratto di mare antistante gli scarichi industriali e relegate a ridosso delle Isole Cheradi. Poco ancora si conosce sulle interrelazioni tra inquinamento e comunità biologiche, come anche sui processi di trasporto degli inquinanti all’uomo attraverso i meccanismi delle catene trofiche. Diverse indagini epidemiologiche hanno però dimostrato correlazione tra fenomeni di inquinamento e manifestazioni patologiche.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

In questo scenario, nel quale Taranto cerca di trovare una identità sia come città industriale, che come luogo in cui il razionale sfruttamento della risorsa mare può dare prospettive di nuova occupazione, la ricerca scientifica offre un bagaglio di conoscenze di base che devono essere punto di partenza per l’avvio di progetti di ampio respiro per lo sviluppo sostenibile ed ecocompatile del territorio. A partire dagli anni 80’, diverse ricerche, avviate dal CNR, sono state incentrate sullo studio dei cicli biogeochimici dei Mari di Taranto: per il Mar Piccolo, in particolare, si è cercato di comprendere la dinamica dei fenomeni di eutrofizzazione, che hanno impatto negativo su attività di mitilicoltura e pesca. Le ricerche sui cicli dei composti dell’azoto e del fosforo (nutrienti), sulla dinamica del plancton, sulla circolazione delle acque e sull’impatto ambientale degli inquinanti hanno avuto in questi anni grande risalto. Le frequenti crisi anossiche registrate in estate nel bacino del Mar Piccolo, con gravi danni alle produzioni mitilicole, e l’accumulo sui fondali di composti tossici derivanti dalla degradazione di materiale organico (idrogeno solforato, etc.) hanno reso necessario l’approfondimento delle conoscenze del ruolo dei sedimenti come fase di accumulo e trasformazione di composti sedimentati. La conoscenza dei livelli di contaminazione nell’ecosistema, anche con l’utilizzo di organismi marini bioindicatori, ha permesso di definire i fenomeni di bioaccumulo e biomagnificazione di inquinanti tossici (mercurio, composti organici dello stagno, idrocarburi policiclici aromatici e policlorodifenili) e le relative implicazioni tossicologiche. Molte delle attuali ricerche sono rivolte a valutare gli effetti biologici connessi a fenomeni di inquinamento in organismi bioindicatori. In ambito CNR, le ricerche in campo ecotossicologico sono state rivolte anche alla identificazione delle “forme chimiche” sotto cui gli inquinanti, soprattutto i metalli, sono presenti (speciazione) e allo studio delle risposte biologiche (biomarkers) in organismi bioaccumulatori. Gli studi a carattere ambientale mettono in evidenza il carattere multidisciplinare della ricerca ambientale che richiede oggi la convergenza di diverse professionalità a vari livelli. In aree contaminate, come il primo seno del Mar Piccolo e l’area di mare del Golfo di Taranto influenzata da scarichi industriali, è indispensabile

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Imbarcazione della Fondazione Michelagnoli durante le ricerche nel Mar Piccolo. ARCH. FONDAZIONE


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Litoranea salentina, località Marina di Pulsano. ARCH. FONDAZIONE

ormai l’avvio di progetti di disinquinamento e recupero ambientale. In questo senso la sempre più stretta collaborazione tra le diverse entità di ricerca nell’area ionica, sarà in grado di fornire strumenti operativi per l’avvio di progetti che, partendo dal controllo delle fonti di contaminazione e dalla corretta gestione di impianti di depurazione, consenta lo sviluppo di attività socio-economiche legate al mare che ancora oggi soffrono per la mancanza di piani operativi di disinquinamento e di controllo della qualità ambientale. Nelle aree portuali del Mar Piccolo e del Mar Grande i risultati delle ricerche dimostrano la necessità dell’avvio di piani di decontaminazione dei fondali e controllo continuo delle emissioni, anche attraverso sistemi di monitoraggio automatico. La salvaguardia e gestione integrata delle risorse del mare sarà certamente in futuro fonte di occupazione soprattutto per i giovani laureati. Lo sviluppo della ricerca ambientale rappresenta certamente occasione per la creazione di nuove professionalità soprattutto nei settori delle bonifiche dei siti contaminati, del controllo delle emissioni, della valorizzazione e riutilizzo dei rifiuti, del rilancio di attività economiche che hanno nello sfruttamento del mare il loro punto fondamentale. La ricerca scientifica è

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quindi strumento importante per progettare uno sviluppo sostenibile che vede oggi nel rilancio della mitilicoltura, del turismo, del commercio marittimo i punti di forza della futura economia di Taranto. Sarà comunque indispensabile una più stretta collaborazione tra realtà industriale e mondo universitario e della ricerca, onde consentire quel sinergismo necessario per migliorare i sistemi produttivi, anche in termini di impatto ambientale e valorizzare la città per renderla centro europeo e mediterraneo di studi ambientali. Recupero ambientale è sinonimo oggi non solo di salvaguardia ma soprattutto di valorizzazione delle risorse ambientali. Per quanto concerne i Mari di Taranto questo è un aspetto fondamentale: il recupero produttivo passa però attraverso la progettazione di interventi che tengano conto delle cosiddette compatibilità ambientali. Gli studi ambientali condotti in questi anni evidenziano in via prioritaria come le azioni di disinquinamento debbano prevedere il completamento delle reti fognanti e degli impianti di depurazione, il controllo continuo delle acque reflue depurate, la decontaminazione dei fondali, il risanamento dell’arco costiero e dei corpi idrici superficiali. Tutti oggi auspicano a Taranto il rilancio della mitilicoltura, la cui produzione, la più importante in Italia, supera le 30.000 t/a. In questo settore occorre però adottare azioni per migliorare la qualità del prodotto al fine di valorizzare le qualità dietetiche, organolettiche e nutrizionali dei mitili. In questo senso è necessario incentivare i processi di stabulazione locale, migliorare i controlli igienico-sanitari e introdurre il marchio di qualità In un contesto così variegato ma anche ricco di prospettive, il rilancio della ricerca scientifica e dell’università risulta ancora una volta fondamentale per porre i presupposti che influenzeranno le scelte socio-economiche e le strategie di sviluppo di domani.

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Litoranea salentina, località Campomarino. ARCH. FONDAZIONE


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

GLI ISTITUTI UNIVERSITARI E DI RICERCA NEL TERRITORIO La ricerca scientifica ad indirizzo marino e costiero nella Provincia di Taranto è nata ufficialmente nel 1914, quando la Direzione Generale Demanio del Ministero delle Finanze, su iniziativa del biologo Attilio Cerruti, istituisce a Taranto il Laboratorio Demaniale di Biologia Applicata alla Molluschicoltura, equiparato a Gabinetto Universitario. Nel 1927 il Laboratorio viene trasferito nella attuale sede in prossimità del Canale Navigabile e diviene Istituto Demaniale di Biologia Marina. Nel 1946, già organo del Regio Comitato Talassografico, l’Istituto diventa organismo temporaneo del Consiglio Nazionale delle Ricerche e viene denominato Istituto Talassografico di Taranto che, nel 1977, diviene definitivamente sede locale del CNR. L’Istituto, che con la recente riforma del CNR, dal 2002 viene denominato “Istituto Ambiente Marino e Costiero”- Sezione di Taranto, svolge anche una importante attività nel campo della consulenza scientifica ad Enti e Industrie locali. Nel 1990, con il decentramento a Taranto di alcuni corsi di laurea dell’Università degli Studi di Bari, la ricerca sull’ambiente marino e costiero del territorio tarantino si arricchisce di nuovi e importanti contributi. Si arricchisce anche, per Taranto e la sua provincia, la scelta di percorsi formativi ambientali a diversi livelli: corsi di laurea, diplomi universitari, scuole dirette a fini speciali, corsi di perfezionamento. Emerge un significativo segnale di vitalità pur nelle difficoltà economiche e strutturali che impediscono una più rapida affermazione della università tarantina. In questo panorama si evidenziano per contenuti e obiettivi formativi i corsi di laurea in Scienze Ambientali e quelli in Gestione delle Risorse del Mare e delle Coste della facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali ( Scienze M.F.N.) dell’Università di Bari. Nelle attività di formazione dei due corsi di laurea è altresì interamente impegnata l’Unità Locale di Ricerca CoNISMa ( Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare) dell’ateneo barese. In tal modo, la copresenza a Taranto di “formazione e ricerca”, sugella ancora di più lo stretto ed indissolubile legame esistente tra questi due settori. A breve partirà anche il corso di laurea specialistico in “Scienze e Tecnologie dell’Ambiente e del Territorio” in modo tale da poter chiudere il ciclo formativo quinquennale nel campo delle problematiche ambientali decentrato dall’Università di Bari a Taranto.

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Inoltre a partire dall’Anno Accademico 20032004 i suddetti corsi di laurea si trasferiranno nella nuova prestigiosa sede che l’Amministrazione Provinciale di Taranto sta predisponendo al quartiere Paolo VI, in zona prospiciente alla sede del Politecnico, in modo tale da poter sviluppare, sinergicamente, un polo ambientale scientifico e tecnologico grazie alla cooperazione fra queste due entità scientifiche presenti sul territorio tarantino. Il Politecnico di Taranto, infatti, sede della II Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari, attento ad attivare sinergie tra aree contigue e rispondere ad un’ottica di sviluppo integrato del territorio, già da alcuni anni ha avviato corsi di laurea quinquennale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e il Diploma Universitario in Ingegneria per l’Ambiente e le Risorse, volti a formare figure professionali in grado di intervenire in settori di tutela e pianificazione ambientale del territorio. Infine il corso di Laurea in Scienze della Maricoltura, Acquicoltura e Igiene dei Prodotti Ittici della facoltà di Veterinaria dell’Università di Bari offre un percorso formativo indirizzato all’acquisizione di professionalità negli ambiti della gestione della pesca e dell’acquacoltura. LE LINEE DI RICERCA Le ricerche sull’ambiente marino e costiero della provincia di Taranto, caratterizzate da un approccio integrato pluridisciplinare, sono dirette essenzialmente a monitorare l’ambiente e definire i criteri di intervento più opportuni per lo sfruttaLitoranea salentina, località Marina di Lizzano. ARCH. FONDAZIONE

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

mento delle risorse marine nel quadro dello sviluppo sostenibile. Esse sono, in buona parte, inserite in progetti attivati nei quadri di ricerca definiti dalla Comunità Europea. L’attività scientifica dell’Istituto Talassografico, dagli anni ‘60 in poi, è prevalentemente rivolta alla Oceanografia Biologica e alla chimica dei mari pugliesi con particolare riferimento al bacino del Mar Piccolo e agli ecosistemi della fascia costiera jonica e delle sue risorse, ai meccanismi che determinano la biodiversità e alla tolleranza del sistema marino alle perturbazioni. Le attività di ricerca che l’Università di Bari sviluppa nel contesto delle problematiche marine della provincia di Taranto risalgono già a partire dagli anni settanta. Il Dipartimento di Zoologia e quello di Botanica e di Chimica della Facoltà di Scienze M. F. N. dapprima e poi la Facoltà di Medicina Veterinaria hanno operato da soli e/o in sinergia con l’Istituto Sperimentale Talassografico CNR di Taranto, svolgendo ricerche in vari settori delle scienze del mare: dallo studio dei cicli biologici delle principali specie animali viventi nei due mari (soprattutto specie incrostanti, cosiddette “fouling”, quali poriferi, anellidi e mitili) alla definizione delle biocenosi bentoniche presenti sui loro fondali, alla determinazione del grado di contaminazione degli stessi ecc. A partire da circa una decina di anni le attività di ricerca dei Dipartimenti di Zoologia, di Chimica, di Fisiologia Generale ed Ambientale e di Biochimica e Biologia Molecolare della Facoltà di Scienze M. F. N. si sono coordinate nel Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa) sviluppando un approfondimento specialistico proprio sui mari di Taranto. Le attività di ricerca nel Corso di laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e nel Corso di Laurea Breve in Ingegneria dell’Ambiente e delle Risorse sono orientate alla stabilità e alla difesa delle coste, alla ingegneria delle opere di scarico idrico a mare e alla diffusione dei contaminanti nell’ecosistema marino. Infine le attività di studio e ricerca operativa svolte nel corso di laurea in Scienze della Maricoltura, Acquicoltura e Igiene dei Prodotti Ittici vertono sulle tecnologie di allevamento e riproduzione in acquacoltura, sul ripopolamento ittico, sull’ impatto ambientale in acquacoltura e sulla sanità e qualità dei prodotti ittici.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

I PROGETTI DI RICERCA DEL CNR/ISTITUTO AMBIENTE MARINO E COSTIERO , SEZIONE DI TARANTO La qualità dei sistemi marini costieri del territorio Tra i progetti di ricerca curati dall’Istituto Talassografico di Taranto, che da qui in poi chiameremo semplicemente CNR, uno in particolare studia la qualità dei sistemi marini costieri del territorio per individuare nuove proposte di localizzazione di aree marine protette. Il progetto ha per scopo la valutazione della biodiversità a livello delle fitocenosi bentoniche -cioè del complesso di piante che crescono nell’ambiente marino e che si influenzano reciprocamente- e la ricerca, condotta in tre aree della Penisola Salentina, riguarda in particolare lo studio delle macroalghe per incrementare le conoscenze sulla loro biodiversità e sulla consistenza delle popolazioni. Il progetto è diretto, inoltre, a studiare forme di resistenza del plancton allo scopo di fornire un panorama completo della biodiversità planctonica costiera mediante un sistema integrato di campionamento acqua/sedimenti, che consenta di identificare le comunità fitoplanctoniche, sia come stadi attivi nella colonna d’acqua che come stadi di resistenza nei sedimenti.

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Motonave “A. Cerruti” del CNR/ Istituto per l’Ambiente Marino Costiero - Sezione di Taranto. ARCH. CNR/SEZIONE DI TARANTO


FIORI

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1. Papavero giallo (Glaaucium flavum) 2. Legousia speculum 3. Lotus sp. 4. Antirrhinum majus 5. Crepis rubra 6. Romulea bulbocodium 7. Linum tommasinii 8. Arum italicum 9. Lathyrus sp.

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

La Valutazione del potenziale di fissazione di CO2 Un altro progetto di ricerca del CNR si occupa della Valutazione del potenziale di fissazione di CO2 in biomasse marine per la produzione di energia. Esso si inserisce nello studio della problematica relativa all’aumento della concentrazione atmosferica di CO2 conseguente all’uso eccessivo e non controllato di combustibili fossili ed ha come obiettivo principale quello di utilizzare le macroalghe marine per ridurre le concentrazioni atmosferiche di CO2, e allo stesso tempo per produrre “biofuels” come carburanti alternativi. Ulteriore obiettivo operativo del progetto è quello di realizzare un prototipo di fotobioreattore, alimentato in continuo con acqua di mare, in cui sarà possibile controllare l’irradianza, la temperatura, la concentrazione dei nutrienti, l’agitazione del mezzo di coltura e la concentrazione di CO2. Cavallucci marini (Hipopocampus guttulatus). G. PIGNATARO

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La caratterizzazione ambientale di aree marine a rischio Il CNR partecipa, in qualità di partner di ricerca, allo Studio Pilota per la Caratterizzazione di Aree Marine A Rischio - SPICAMAR, condotto dal CoNISMa. Il progetto si propone di evidenziare la reale situazione di degrado ambientale dell’area marina di Taranto, già definita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio “Area ad elevato rischio di crisi ambientale”. Nell’ambito del progetto un primo obiettivo per il CNR è quello della validazione delle mappature ambientali di aree marine fatte tramite rilevazione satellitare. Ciò si ottiene analizzando la correlazione tra misure “in situ” di variabili di interesse biologico e misure “da satellite” e raffrontando i dati telerilevati con quelli ottenuti in Mar Piccolo e in Mar Grande nel corso di precedenti campagne di prelievo effettuate dal Laboratorio di Oceanografia del CNR. I parametri esaminati sono: temperatura, salinità, pH, ossigeno disciolto, nutrienti, clorofilla “a” e composizione biochimica del particellato sospeso. Un secondo obiettivo è quello relativo alla caratterizzazione delle fitocenosi bentoniche, per il quale è stata condotta dal Laboratorio di Algologia un’analisi floristica e vegetazionale delle fitocenosi bentoniche raccolte nel Mar Piccolo, nel Mar Grande e nel tratto di Golfo di Taranto strettamente vicino alla città. Litoranea occidentale della provincia di Taranto. G. MASTRONUZZI

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Le Condizioni chimico-fisiche e biochimiche del Mar Piccolo di Taranto Ulteriore Studio del CNR è quello relativo alle Condizioni chimico-fisiche e biochimiche del Mar Piccolo di Taranto che ha per obiettivo l’analisi degli aspetti ecologici relativi all’impatto antropico sui cicli biogeochimici. La ricerca, iniziata nel 1995 è tuttora in corso, ed è volta alla conoscenza della evoluzione nel tempo del particolare ambiente marino del Mar Piccolo di Taranto, area marina semichiusa e soggetta a forti attività antropiche. Il progetto, la cui durata prevista è di 10 anni, si basa sul monitoraggio e verifica di tale evoluzione in relazione allo studio dei flussi di materia e di energia durante la trasformazione e l’utilizzo della sostanza organica particellata. Quest’ultima viene ulteriormente analizzata per la definizione della composizione biochimica attraverso il monitoraggio dei parametri chimico-fisici dell’acqua e della sostanza particellata in sospensione. Capone (Trygloporus lastoviza). G. PIGNATARO

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Le Comunità bentoniche litorali Una ulteriore campagna di ricerca del CNR riguarda le Comunità bentoniche litorali, per studiare in particolare la variabilità spazio-temporale della struttura delle comunità di substrato duro. Svolta in collaborazione con l’Università degli Studi di Lecce, per l’analisi delle comunità bentoniche litorali della penisola salentina e delle isole greche ioniche, la ricerca è condotta mediante rilevamenti fotosub eseguiti in 40 siti, alcuni dei quali sono stati scelti lungo la costa tra Taranto a Brindisi. I cambiamenti dell’ambiente marino e costiero indotti dall’uomo Con un progetto finanziato dal Comune di Taranto, vengono inoltre studiati e tenuti sotto controllo attraverso un piano di monitoraggio dello scarico di reflui urbani, i cambiamenti dell’ambiente marino e costiero indotti dall’uomo. In questo quadro appare di particolare importanza il piano di monitoraggio delle acque marine nei pressi dello sbocco subacqueo della “Condotta Gennarini”, impianto per lo smaltimento off-shore dei reflui depurati di Taranto, che potrà permettere la definizione delle caratteristiche idrogeologiche dell’area.

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Capone (Lepidotrigla cavillone). G. PIGNATARO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

LA MEDUSA IMMORTALE E IL TRANSDIFFERENZIAMENTO. UNA INTERESSANTE SCOPERTA DELLA RICERCA BIOLOGICA MARINA A TARANTO E LECCE I biologi dell’Istituto Talassografico “A. Cerruti”/CNR di Taranto e dell’Università di Lecce stanno compiendo studi su una piccolissima idromedusa (Turritopsis nutricula) che vive lungo la costa salentina e jonica. Questo piccolo straordinario organismo, che raggiunge un diametro massimo di 2 mm, presenta come altre specie di Scifozoi l’alternanza di generazioni: la larva si fissa al substrato e diventa polipo (come quello dei coralli), dal quale poi si sviluppa la fase matura planctonica, cioè la medusa. A questo punto però, mentre le altre meduse muoiono, la nostra piccola medusa, dopo essersi riprodotta, anziché morire (come tutti gli organismi superiori), scende sul fondo e si ritrasforma nello stadio giovanile da cui era stata rigenerata, ossia riprende la fase di polipo. Quando le condizioni ambientali sono favorevoli, dal polipo si sviluppa una nuova fase di medusa, e così di seguito, indefinitamente. La ricerca ha permesso di svelare che il ringiovanimento della medusa è reso possibile, a livello cellulare e genetico, a causa di un fenomeno altrettanto straordinario conosciuto come transdifferenziamento. In tutti gli organismi superiori, cioè formati da cellule specializzate (muscoli, nervi, ecc.), il genoma, il complesso dei geni, è identico in ogni cellula e cambia solo l’espressione dei geni che caratterizzano la morfologia e la funzionalità della singola cellula. Alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, quanto più una cellula è specializzata, tanto più è irreversibile il processo di disattivazione di gran parte dei geni e della attivazione dei soli geni caratterizzanti le funzionalità e le caratteristiche specifiche. Nella medusa immortale questa irreversibilità non si verifica e le cellule adulte subiscono il processo del transdifferenziamento in cui il genoma viene deprogrammato e riprogrammato riportando la cellula allo stato di “cellula staminale” totipotente. Gli studi sulla medusa immortale sono rivolti perciò alla scoperta dei meccanismi di attivazione e disattivazione dei geni che avvengono in maniera naturale e sui processi biochimici per cui le cellule specializzate ritornano potenzialmente capaci di generare un organismo intero o una parte di organismo.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

La scoperta della medusa immortale e lo studio del suo ciclo biologico si inseriscono nell’ampio programma di ricerca in atto finalizzato alla cura delle malattie, in particolare quelle genetiche, alla rigenerazione di parti del corpo umano al fine di sostituire i trapianti d’organo, allo studio del processo di formazione dei tumori dove geni latenti vengono attivati al di fuori dei regolari meccanismi di differenziamento delle cellule, come se ci fosse un transdifferenziamento verso forme cellulari non controllabili. Nella medusa immortale il meccanismo biochimico/genetico avviene naturalmente cioè per specifiche cause naturali, ed il processo interessa la totalità delle cellule della medusa. Nei Vertebrati, invece, sembra che il processo possa interessare solo le cellule staminali, cioè quelle che non hanno ancora intrapreso la via della differenziazione (ossa, muscoli, polmoni, ecc.). Le cellule neurali staminali dei Vertebrati possono differenziarsi in alcuni tipi di cellule dell’organismo anche se non è ancora chiaro quali siano esattamente i meccanismi molecolari del processo di trasformazione cioè il “transdifferenziamento” di tali cellule. Il transdifferenziamento nella Medusa immortale avviene da cellule differenziate – anche se la differenziazione in questa meduse non è così evidente come nei Vertebrati – che si riportano allo stato di cellule pluripotenti, mantenendo la capacità proliferativa e la capacità di dividersi asimmetricamente e, cioè, una cellula figlia rimane di tipo staminale e l’altra inizia il processo differenziativo.

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Schema della riproduzione sessuale ed asessuale della medusa immortale.


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Gasteropode fasciolaride sp. G. PIGNATARO

Mentre nella medusa questo processo sembra essere possibile per tutte le cellule dell’individuo, nell’uomo, invece, dove le cellule differenziate non possono essere riportate allo stato pluripotente, solo alcune possono subire questo processo, come ad esempio nell’embrione e nel feto durante lo sviluppo. Se queste cellule staminali umane vengono isolate e opportunamente coltivate, è possibile aumentarne il numero e differenziarle nel tipo cellulare specifico del distretto tissutale da cui derivano, o anche transdifferenziarle ottenendo così, per esempio, cellule del sangue a partire da cellule staminali del tessuto nervoso. Va tenuto presente che nei Vertebrati il processo di attivazione e disattivazione dei geni è un processo biochimico; la regolazione dell’espressione di molti di essi è dipendente dalla presenza/assenza di citosine metilate – una delle 4 molecole fondamentali del DNA - lungo la sequenza del genoma; lo stato di demetilazione pare necessario perché le cellule abbiano lo stato di pluripotenzialità prima dell’inizio della determinazione e differenziazione cellulare.

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Il completamento della fase preliminare del progetto ha consentito la caratterizzazione idrologica dell’area, la conduzione di esperimenti in situ volti al monitoraggio della componente microbiologica, la raccolta dei campioni di sedimento. L’analisi dei dati ha permesso di stabilire la situazione ambientale marina, prima dell’entrata in funzione della Condotta, al fine di definire la messa a punto del piano di monitoraggio. Le attivita’ di policoltura integrate alla mitilicoltura Una ulteriore ricerca pilota condotta dal CNR nei mari di Taranto e denominata POINT - POlicoltura INtegrata Taranto- ha per obiettivo la valutazione delle attivita’ di policoltura integrate alla mitilicoltura. Il progetto, inserito nell’ambito dei Piani Operativi Regionali della Puglia 2000-2006, nella Misura “Interventi di supporto alla competitività del sistema pesca - Azioni Innovative” si propone di contribuire allo sviluppo della mitilicoltura attraverso la diversificazione dei prodotti allevati, l’incremento del reddito legato a tale attività e la riduzione dell’impatto delle attività mitilicole.

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Platelminte sp. G. PIGNATARO


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

LE SPECIE INVASIVE ED I FENOMENI DI MERIDIONALIZZAZIONE NEI MARI DI TARANTO Il problema delle specie alloctone è riconosciuto da studi ecologici recenti come una delle insidie più pericolose per le comunità marine. L’introduzione di questi organismi avviene in molti modi e quasi sempre con il diretto coinvolgimento dell’uomo. Infatti, i principali vettori di introduzione sono attualmente rappresentati dal traffico internazionale di navi mercantili, che con le loro acque di zavorra possono offrire “un passaggio” ad un organismo marino da un continente ad un altro, oppure dall’allevamento di specie commerciali di pesci, molluschi, crostacei (e relativi parassiti). Non a caso, le specie alloctone fanno la loro prima apparizione nei pressi di porti od aree marine in cui vengono praticate attività d’acquacoltura. CAUSA Le Navi

L’acquacoltura

Il commercio

L’acquariologia

VETTORE Acque di zavorra; fanghi residui nelle cisterne; Fouling sulle carene; Residui imbrigliati nelle ancore Organismi che sfuggono dalle aree di allevamento

TIPOLOGIA DEGLI ORGANISMI Planctonci; Incistati; Catturati; Organismi allo stadio larvale

Vertebrati (pesci) ed invertebrati (crostacei e molluschi); alghe; parassiti Organismi trasportati con quelli Vegetali; Invertebrati oggetto di allevamento (epibionti, microrganismi parassiti) Organismi rimessi in libertà Vertebrati (pesci e rettili) e perché non più controllabili in Invertebrati (piante, alghe, cattività molluschi e celenterati)

Le conseguenze dell’introduzione di un organismo alloctono in un ecosistema diverso da quello di origine sono generalmente imprevedibili.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

Nella maggior parte dei casi, l’organismo introdotto, se non crea alterazioni macroscopiche dell’ambiente o danni visibili all’economia locale, può passare persino inosservato. Ma, se nell’ambiente che la ospita una specie aliena trova condizioni adeguate, può dare inizio ad una vera e propria invasione, moltiplicandosi in modo abnorme per diversi motivi. Uno è la mancanza dei fattori di controllo che ne regolano il popolamento nelle aree di origine (parassiti, predatori, competitori per il cibo ed il territorio); un altro può essere la capacità della specie invasiva di sfruttare risorse poco utilizzate dal resto della comunità e largamente disponibili nell’ambiente in cui è giunta. In ogni caso l’invasore può disturbare od addirittura sostituire i popolamenti di specie chiave autoctone, causando cambiamenti dell’ecosistema, della struttura delle comunità e delle catene trofiche locali. Non di rado, poi, ai danni causati agli ecosistemi, si sommano quelli causati alle attività e alla salute umana. Sono ormai ampiamente documentati i casi in cui alcune specie alloctone hanno danneggiato le attività di pesca e di acquacoltura: alcune specie di pesci e di molluschi hanno soppiantato quelle d’importanza commerciale locali; certe macroalghe hanno raggiunto densità tali sul fondo marino da appesantire le reti da pesca e renderle inutilizzabili; alcune specie di microalghe tossiche hanno causato morie di pesci nelle acque libere e negli impianti di allevamento off-shore, oppure hanno originato fenomeni di accumulo nei molluschi eduli lamellibranchi (mitili e ostriche), creando seri problemi sanitari in aree dove è tradizionale il consumo dei “frutti di mare”. Recentemente, nei mari di Taranto sono state rinvenute alcune specie alloctone: le alghe Undaria pinnatifida e Caulerpa racemosa, originarie dell’area IndoPacifica, già segnalate

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Melibe fimbriata. ARCH. FONDAZIONE


PESCI

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1. Perchia (Serranus cabrilla) 2. Sarago fasciato (Diplodus vulgaris) 3. Castagnola rossa (Anthias anthias) 4. Bavosa occhiuta (Blennius ocellaris) 5. Donzella pavonina (Thalassoma pavo) 6. Re di triglie (Apogon imberbis) 7. Scorfano rosso di fondale (Scorpaena scrofa) 8. Ghiozzo dorato (Gobius auratus) 9. Scorfano rosso (Scorpaena elongata)


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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Pesce balestra (Balistoides carolinensis). G. PIGNATARO

in altre zone del Mediterraneo, dove hanno manifestato capacità altamente invasive. Comunque, in passato sono da ricordare altre sporadiche segnalazioni di organismi marini non nativi nei nostri mari: ad esempio, nel 1985, la cattura di una particolare specie di squalo di mari caldi, Rhizoprionodon acutus; nel 1976, veniva osservata per la prima volta in Mar Piccolo la “lumaca di mare” Bursatella leachii (Gasteropodi Opistobranchi), proveniente dal Mar Rosso, attualmente ancora diffusa nel bacino. Riguardo le ultime specie giunte nel Golfo di Taranto, è da porre in risalto come Undaria pinnatifida abbia già causato, in alcune aree lagunari europee, seri danni all’attività di molluschicoltura, entrando in forte competizione con le larve dei mitili nella conquista di substrato disponibile per la crescita. Il risultato è stato un calo della produzione annua di lamellibranchi allevati. Molto particolare è la tipologia di introduzione ipotizzata per Undaria pinnatifida nel Mar Piccolo di Taranto: diversi pezzi di alga poste, allo scopo di tenere fresco il prodotto, a copertura di una partita di ostriche importate, sarebbero state poi buttate nella acque prospicienti il mercato ittico, svillupando una prima colonia dell’alga. Da qualche anno, nei fondali intorno alle isole Cheradi, gran parte del substrato roccioso dai 5 ai 15 metri è stato intensamente ricoperto dalla abnorme crescita della Caulerpa racemosa; anche se i danni non sono stati quantitativamente accertati nelle nostre acque, è scientificamente

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

documentato che la fitta copertura di questa alga verde preclude la sopravvivenza di molte altre specie bentoniche. Inoltre, Caulerpa racemosa può essere veicolata da un’area ad un’altra anche solo con piccoli frammenti dell’alga, magari trattenuti da una rete o da un’ancora. Dai dati sulle modalità di invasione delle specie aliene, emerge quanto scarsa sia l’informazione sul problema da parte di pescatori, mitilicoltori e consumatori, e quanto sia urgente promuovere attività mirate di sensibilizzazione verso queste categorie, oltre ad una formazione appropriata per il personale sanitario preposto al controllo dei prodotti del mare. Un fenomeno simile alla introduzione delle specie aliene è quello della cosiddetta “meridionalizzazione” del Mediterraneo, dato che alcune specie delle coste mediterranee calde stanno amplaindo la propria distribuzione verso Nord. Una esplosione demografica del pesce.balestra (Balistes carolinensis), sconosciuto per le coste tarentine fino a pochi anni fa, è stata indicata di recente da parte dei mitilicoltori locali come la causa principale di un calo della produzione. Il fenomeno è comunque oggetto di studi da parte dei ricercatori del CNR-Talassografico di Taranto. Inoltre, il pesce pappagallo (Sparisoma cretense), specie comune nel Mediterraneo orientale e mai osservato in queste acque, è da qualche anno presente in molte aree del litorale jonico. In conclusione,Taranto, sede di una importante portualità commerciale, militare, petrolifera ed industriale in notevole incremento, soprattutto sulla direttrice trans-continentale tra l’Estremo Oriente e l’Europa (attraverso il Canale di Suez), è un obbiettivo possibile per introduzioni accidentali di specie invasive. Il fenomeno potrebbe avere pesanti conseguenze soprattutto nel caso di specie interferenti con la produzione mitilicola o con la pesca commerciale.

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Caulerpa racemosa. ARCH. FONDAZIONE


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

L’obiettivo operativo che il progetto si propone di conseguire è la realizzazione nel Mar Piccolo di un impianto per la verifica di un sistema di policoltura, la sua valutazione economica e la valutazione della riduzione dell’impatto ambientale creato dalla mitilicoltura. Infatti si sta valutando di allevare l’alga Gracilaria sp., da cui estrarre l’agar utilizzato in diversi settori industriali, e i Policheti Sabella spallanzani e Branchiomma luctuosum, utilizzabili nella produzione di mangimi. Inoltre

Caulerpa taxifolia. ARCH. FONDAZIONE

Individuazione e Monitoraggio di Specie Alloctone nei Mari di Taranto L’ultimo progetto in ordine di tempo è stato avviato nel 2003. Finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e condotto dall’Istituto Talassografico con la collaborazione della Fondazione Michelagnoli, il progetto “Individuazione e Monitoraggio di Specie Alloctone nei Mari di Taranto”, prevede di valutare il problema connesso all’introduzione di organismi non originari di quest’area costiera. Si tratta di specie marine non native, giunte nel Mediterraneo attraverso canali di comunicazione con altri mari (Suez e Gibilterra), o veicolate tramite le acque di zavorra delle navi

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

mercantili. Altri organismi marini provenienti dalle aree più calde del Mediterraneo stanno espandendo la loro distribuzione geografica, probabilmente in relazione ai cambiamenti climatici del pianeta (global warming). La ricerca è articolata in una fase iniziale di reperimento ed analisi dei dati e in una fase finale di divulgazione dei dati e delle analisi. La fase della ricerca sul campo è costituita da una campagna di prospezioni subacquee, attuate sia impiegando ricercatori attrezzati con autorespiratori e videocamera subacquea, sia realizzando filmati subacquei utilizzando un piccolo sommergibile (ROV – Remote Operating Vehicle). Gli organismi già individuati ed oggetto della ricerca, sono le alghe Undaria pinnatifida e Caulerpa racemosa, ed i pesci Balistes caroliniensis e Sparisoma cretense. Il progetto, che avrà la durata di 2 anni, valuterà anche la presenza di microalghe planctoniche nelle acque di zavorra delle navi mercantili e degli stadi di incistamento reperibili nei sedimenti all’interno dei serbatoi, con particolare attenzione verso la ricerca di specie potenzialmente tossiche. Verrà inoltre censita la presenza di macroalghe planctoniche con particolare riferimento alla Undaria pinnatifida e alla Caulerpa racemosa valutando l’attuale estensione degli insediamenti, la loro velocità di propagazione e gli eventuali danni arrecati da Undaria pinnatifida all’attività di mitilicoltura. Infine verrà valutata l’abbondanza della popolazione del pesce balestra Balistes carolinensis e del pesce pappagallo Sparisoma cretense, verificando in particolare i potenziali danni arrecabili dal pesce Balestra alla mitilicultura. Verranno infine identificati e valutati i popolamenti di altri organismi alloctoni presenti nei mari di Taranto. Il progetto prevede, inoltre, lo svolgimento di una adeguata campagna di informazione e di sensibilizzazione sul problema e l’elaborazione di linee guida per la regolamentazione delle attività ad esso connesse così da ridurre il rischio della introduzione di specie alloctone nei mari di Taranto.

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Uso della sorbona per la rimozione del sedimento. ARCH. FONDAZIONE


PAESAGGI SUBACQUEI

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Spirografi


Posidonia

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

A sinistra: Foto satellitare del Mar Grande e del Mar Piccolo. FONTE INTERNET. A destra: Foto satellitare per la rilevazione della temperatura superficiale delle acque. ARCH. FONDAZIONE

IL PROGETTO DI RICERCA “SPICAMAR” “Studio Pilota per la Caratterizzazione delle Aree Marine A Rischio” – SPICAMAR Il progetto, affidato al CoNISMa, è stato finanziato dal Ministero dell’Istruzione Universitaria e della Ricerca (MIUR) nell’ambito del programma CLUSTER per le zone dell’obiettivo 1 (Italia Meridionale e isole), e vede la partecipazione di numerosi soggetti pubblici e privati impegnati nei vari “task” di cui esso si compone. L’obiettivo principale è quello di definire lo stato di qualità delle acque, dei sedimenti e degli organismi ivi viventi ai diversi livelli d’integrazione nonché di definire possibili metodologie di monitoraggio avanzato. In particolare, ai vari gruppi di ricerca è stato richiesto di analizzare la situazione ambientale presente nei mari di Taranto utilizzando le proprie metodologie ed i propri strumenti diagnostici al fine di poter verificare, successivamente, il grado di integrazione e/o di ridondanza nelle diagnosi ottenute. Il sistema ambientale dei mari di Taranto è stato studiato contemporaneamente dai seguenti gruppi di ricerca:

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

A) Gruppo chimico (Dip. di Chimica dell’Università di Bari ed Istituto Talassografico CNR di Taranto) per analizzare il comparto dei sedimenti marini e definire il loro grado di contaminazione soprattutto nei riguardi di sostanze organiche clorurate e di idrocarburi. B) Gruppo biologico-molecolare e fisiologico (Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare e di Fisiologia Generale ed Ambientale dell’Università di Bari, di Fisiologia Ambientale dell’Università di Siena) per l’analisi dello stato di qualità ambientale a livello sub-cellulare (DNA, mitocondri ecc.) e cellulare (biomarkers, indici di stress ecc.). C) Gruppo ecologico (Dipartimento di Zoologia, Istituto Talassografico) per la definizione spazio-temporale delle comunità bentoniche presenti sui fondali dei mari di Taranto. D) Gruppo del remote-sensing (Dipartimento di Fisica dell’Università di Bari, Istituto di Elaborazione del Segnale (IESI) del CNR di Bari, Istituto delle Grandi Masse – CNR di Venezia, Planetek Bari) per l’elaborazione dei dati provenienti da satellite e l’implementazione di modelli fluidodinamici delle acque dei mari di Taranto.

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Batimetria e anomalie gravimetriche del Mar Mediterraneo. FONTE INTERNET - NASA


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Taranto, Città Vecchia vista dal Mar Piccolo. L. Di Castri O. Stasi

Il progetto verrà ultimato entro la fine del 2003 ed i risultati sinora ottenuti hanno evidenziato una situazione quanto mai critica, da un punto di vista ambientale, dei due bacini e soprattutto dei suoi sedimenti. Tale stato di degrado è stato evidenziato soprattutto a livello chimico (presenza in quantità elevata di sostanze tossiche e pericolose) e a livello di comunità, nelle quali si è assistito, nel tempo, ad una progressiva sostituzione con comunità di specie più tolleranti e resistenti di fronte a condizioni ambientali di grave inquinamento. Inoltre è stato possibile verificare la fattibilità dell’uso di immagini da satellite (remote sensing) accoppiato alla definizione di modelli fluidodinamici ai fini di un monitoraggio su larga scala della qualità delle acque dei mari di Taranto.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

ATTIVITÀ DI RICERCA DEL CORSO DI LAUREA IN SCIENZE AMBIENTALI Bacini marini e attività industriali Il degrado dei bacini marini, contigui a siti altamente antropizzati da attività industriali ad elevato impatto ambientale, è attualmente argomento di un animato dibattito scientifico, politico e socio-economico. In Italia questo problema investe l’alto Adriatico (Ravenna), la laguna di Venezia, i due seni del Mar Piccolo di Taranto, il basso Ionio e Tirreno (Priolo, Augusta, Gela), tutte aree a rischio in quanto l’analisi di campioni di sedimenti ha evidenziato la presenza di significative concentrazioni di sostanze organiche tossiche, persistenti e bioaccumulabili. La necessità di una tempestiva azione di bonifica trova la formale e trasversale

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Taranto, Rione Tamburi, vista dal Mar Piccolo. A. Quaranta


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

convergenza di tutte le forze sociali e politiche, che risulta in pratica vanificata dalla necessità di ingenti investimenti per far fronte alle sole emergenze, nel tentativo di cristallizzare condizioni ambientali e sanitarie in grado di garantire la sopravvivenza del patrimonio ambientale e salvaguardare le attività specifiche dei vari siti. Le ricerche condotte dal corso di laurea in Scienze Ambientali dell’Università di Bari e il CNR - Istituto Talassografico di Taranto sono finalizzate ad aggiornare le conoscenze sul livello di contaminazione dei sedimenti marini dei due Seni del Mar Piccolo da sostanze xenobiotiche come i metalli pesanti, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), le diossine e i congeneri, i derivati clorurati del bifenile (PCB), gli organostannani antifouling , i pesticidi clorurati (DDT, Dieldrin, Aldrin, Lindano), i detergenti sintetici non biodegradabili. I risultati preliminari delle ricerche in atto dimostrano che la contaminazione, pur maggiore in particolari stazioni di rilevamento, risulta ubiquitaria e sufficientemente grave per i possibili riflessi sulle tipiche attività locali quali, pesca e mitilicultura. Inquinamento Industriale e Mar Piccolo Origini dell’inquinamento Dopo quasi quaranta anni di attività industriali ad alto impatto ambientale (siderurgico ILVA, raffineria AGIP e cementificio CEMENTIR), attività portuali, legate alla Marina Militare Italiana e Mercantile, e scarichi di acque reflue urbane (Canale D’Aiedda e simili), i due seni del Mar Piccolo si Colonie di Tunicati sul fondo di Mar piccolo. ARCH. FONDAZIONE

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presentano oggi come un ambiente contaminato in tutte le sue componenti, analogamente a quanto avviene nella laguna di Venezia a causa delle attività industriali del petrolchimico di Porto Marghera. La presenza di sostanze xenobiotiche tossiche, persistenti e bioaccumulabili nel bacino ha diverse origini: intenso traffico marittimo commerciale e militare, sversamento di acque reflue urbane, con elevate concentrazioni di materiale organico e detergenti sintetici, ricaduta dall’atmosfera di microinquinanti inorganici ed organici (ossidi di zolfo, azoto e carbonio, IPA, BTX, etc). Quest’ultimi sono adsorbiti su particolato atmosferico (PTS), caratterizzato da polveri di diversa granulometria (grossolane, fini e ultrafini PM10-PM2.5) derivanti non solo dai parchi minerali e fossili e dal complesso dei cicli operativi dello stabilimento ILVA, ma anche dal cementificio CEMENTIR. Gli inquinanti si accumulano nei sedimenti, componente importante degli ecosistemi marini, attraverso complessi meccanismi di adsorbimento chimico-fisico, strettamente dipendenti dalla natura del sedimento stesso e dalle proprietà delle sostanze adsorbite. Questi fenomeni, che coinvolgono uno scambio dinamico tra il materiale adsorbito e la fase acquosa, sono influenzati da numerose variabili di natura chimico-fisica quali: il pH, il potenziale ossido-riduttivo, l’ossigeno disciolto, il contenuto di carbonio organico ed inorganico. Come già ricordato, gli inquinanti rilasciati in atmosfera ricadono su tutto il territorio circostanSopra: Rombo di rena (Podas podas). Sotto: Rana pescatrice (Lophius piscatorius). G. PIGNATARO

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LA RICERCA SUBACQUEA

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1. Uso della sorbona 2. Censimento fotografico del benthos 3. Annotazioni sulla tavoletta delle immersioni 4. Uso del “quadrato tecnico” 5. Censimento algale 6. Motonave oceanografica del CNR “A. Cerruti” 7. Posa della cima delimitante il “transetto” 8. Preparazione dell’immersione sul natante della Fondazione Michelagnoli

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Sorgente di acqua dolce nel Mar Piccolo detta “citro”. ARCH. FONDAZIONE

te, ma possono essere altresì trasportati a grandi distanze da correnti eoliche, contribuendo all’inquinamento dell’intero territorio circostante. Viceversa, i contaminanti presenti nelle acque reflue urbane ed industriali inquinano direttamente i fondali antistanti gli scarichi e vengono assimilati, in ragione della loro solubilità in acqua, da organismi marini filtratori, migrando successivamente, attraverso la complessa catena alimentare, sino all’uomo. Il ricambio idrico nel Mar Piccolo Il Mar Piccolo, considerato un mare interno con notevoli problemi di ricambio idrico, comunica con il Mar Grande attraverso due canali molto stretti: il Canale di Porta Napoli ed il Canale navigabile, artificiale, sormontato dal Ponte Girevole. L’andamento delle correnti tra i due seni del Mar Piccolo e il Mar Grande è legato a tutte quelle variabili che ne condizionano il movimento quali: maree, venti, mescolamenti d’acqua con diversa salinità e densità e sorgenti sottomarine. Lo studio delle correnti tra il Mar Piccolo ed il Mar Grande risulta influenzato dalla funzione delle idrovore dell’ILVA, che aspirando una notevole quantità di acqua (ca.150 000 m3/ora), esercitano un effetto di richiamo di acque dal Mar Grande. Queste ultime, a maggiore salinità e densità, si stratificano sul fondo

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del Mar Piccolo e diffondono nelle varie direzioni con conseguente accumulo di inquinanti nei sedimenti. Per quanto riguarda le maree, è necessario precisare che esse risultano poco rilevanti fra i due seni del Mar Piccolo, mentre le correnti esistenti sono sia di tipo “superficiale”, sia di tipo “profondo”. Le correnti superficiali sono provocate dal regime dei venti, quelle profonde dai movimenti di marea e dal mescolamento di acque con diversa densità e salinità. Nella parte settentrionale di entrambi i seni del Mar Piccolo sono localizzate sorgenti sottomarine (Citri), in numero di 20 nel 1° seno e di 14 nel 2° seno: queste sorgenti apportano acqua dolce non potabile mescolata con acqua salmastra a contenuto variabile di sali. Per quanto detto, appare quindi plausibile individuare nel Canale Navigabile la via preferenziale attraverso la quale le acque del Mar Grande, con tutto l’apporto di sostanze xenobiotiche, si mescolano con quelle del Mar Piccolo, contribuendo a modificare gli equilibri preesistenti in questo bacino. Inquinanti organici e contaminazione Le indagini preliminari condotte dall’Università e dal CNR si sono concentrate su una particolare classe di inquinanti organici, come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Gli IPA sono un gruppo di composti molto ampio le cui caratteristiche di tossicità e cancerogenicità variano considerevolmente. L’immissione nell’ambiente è associata ai Mercato del pesce. A. QUARANTA

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Condotta sottomarina “Gennarini”. M. MOSSA

processi di combustione industriali ed urbani, al traffico navale, allo sversamento di petrolio grezzo e/o frazioni raffinate per cause incidentali, o dovute ad operazioni, non lecite, di pulizia delle cisterne. La caratteristica principale degli IPA è quella di avere elevata stabilità; la struttura chimica, costituita da una serie di anelli benzenici condensati in un’unica configurazione piana, li rende idrofobici e difficilmente biodegradabili. Teoricamente il numero di IPA è enorme, in quanto gli anelli benzenici, in numero variabile, possono essere disposti linearmente, a grappolo o in maniera angolare (a scala). Sono solidi a temperatura ambiente ed hanno punti di fusione ed ebollizione elevati, con tensioni di vapore inversamente proporzionali al numero di anelli. Per tali caratteristiche questi composti vengono adsorbiti su particelle solide sospese (particolato atmosferico a diversa granulometria) per ricadere poi su tutto il territorio (follaut), aree marine comprese, e sedimentare sui fondali. Una misura della variegata lipofilicità degli IPA è data dal coefficiente di ripartizione dello specifico idrocarburo tra normal-ottanolo ed acqua (Kow), che esprime anche la specifica capacità di accumulo del composto in “fasi” ricche di grassi, quali i tessuti lipidici di vari organismi. Nel corso delle nostre ricerche, sono stati identificate e determinate le concentrazioni di tredici differenti derivati policiclici aromatici, adsorbiti sui sedimenti del Mar Piccolo. Le analisi, effettuate con tecnologie avanzate di gas cromatografia accoppiata alla spettrometria di massa, hanno consentito anche l’identificazione strutturale degli inquinanti. Le concentrazioni dei vari composti variano in un intervallo particolarmente ampio (0.084-8524 mg/kg di sedimento secco), evidenziando, altresì, la maggiore contaminazione dei siti del I seno del Mar Piccolo, rispetto a quella dei siti del II seno. Il livello di contaminazione risulta elevato rispetto ad altre aree del Mar Mediterraneo e di almeno un ordine di grandezza più elevato rispetto ai valori noti per il Mar Adriatico. Inquinanti, come i policlorobifenili (PCB), i benzofurani (BF), le diossine (DDO) sono, altresì, direttamente correlati ad attività industriali e portuali. Viceversa, composti clorurati, solforati, azotati, fosfonati, metalli pesanti e organostannani sono la conseguenza di un largo impiego di detersivi, fertilizzanti,

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

vernici e quant’altro di uso corrente nelle civili abitazioni, in agricoltura e in piccole e medie attività produttive. La contaminazione dei sedimenti da policlorobifenili, composti organici contenenti cloro in quantità variabile, rappresenta oggi uno dei più gravi problemi ambientali, a causa della loro persistenza nei sedimenti marini e della loro capacità di bioaccumularsi nei tessuti di organismi viventi, uomo compreso. L’elevata persistenza nei sedimenti è essenzialmente dovuta all’azione protettiva esercitata dallo strato di acqua soprastante che riduce l’azione di degrado operata dai raggi ultravioletti. Il progressivo accumulo di questi composti, che agiscono anche da immunosoppressori, può determinare una diffusa contaminazione ed esercitare effetti tossici anche in organismi superiori per la capacità di interferire con il sistema endocrino a causa della loro teratogenicità e neurotossicità. Tali meccanismi di azione sono stati osservati in pesci, uccelli, mammiferi marini e uomo. Contaminazione e salute dell’uomo Il generale degrado ambientale può portare alla contaminazione degli organismi viventi con conseguente impoverimento delle specie localmente preesistenti e possibile comparsa di specie capaci di sopravvivere in ambienti fortemente inquinati. Gli unici dati disponibili circa la possibile relazione fra effetto delle attività industriali e la salute della popolazione vivente in zone contigue ai poli industriali riguardano il progressivo aumento di patologie neoplastiche in tutto il territorio circostante. Alla luce delle ricerche effettuate, appare inderogabile l’intervento di bonifica ambientale soprattutto del bacino del Mar Piccolo, anche alla luce delle risorse economiche derivanti dalla mitilicultura e dallo sfruttamento delle risorse ittiche in generale.

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Scarico abusivo. M. MOSSA


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

I PROGETTI DI RICERCA DEL POLITECNICO DI TARANTO La Ricerca per la Bonifica dei Fondali Marini Contaminati Sulle problematiche di caratterizzazione, rimozione e bonifica di fondali marini contaminati la Facoltà di Ingegneria di Taranto del Politecnico di Bari, da sempre attenta alle diverse problematiche ambientali che interessano l’area jonica, ha attuato una serie di collaborazioni di ricerca con: • Arsenale della Marina Militare di Taranto attraverso una borsa di Dottorato di Ricerca in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio (XVII CICLO) della durata di tre anni (2002-2004) su “Inertizzazione e riutilizzo di sedimenti marini contaminati”. La ricerca prevede, nelle sue linee generali, una serie di attività mirate in una prima fase a approfondire la conoscenza delle caratteristiche chimico-fisiche dei sedimenti e del loro comportamento idrodinamico attraverso una campagna sistematica di rilevamento ed acquisizione dati in campo, una fase intermedia di sviluppo in laboratorio di processi di stabilizzazione/solidificazione dedicati, ed un’ultima fase in cui verificare la possibilità di reimpiegare i sedimenti inertizzati come materiale tal quale o per la confezione di calcestruzzi. • Autorità Portuale che, oltre a partecipare al XVIII ciclo del Dottorato di Ricerca in Ingegneria Ambiente e Territorio appena partito, ha anche finanziato nel 2002 una borsa di studio annuale per laureati in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio dal titolo “Aspetti tecnici ed economici della gestione dei sedimenti provenienti da operazioni di dragaggio connesse alla realizzazione di opere nel porto di Taranto”. Nello specifico sono sviluppate le problematiche relative al piano di gestione dei sedimenti, con particolare attenzione alle diverse metodologie di rimozione degli stessi dai fondali (sistemi meccanici, idraulici, pneumatici). • COMAT Costruzioni S.p.A. soggetto proponente del progetto di ricerca triennale (2003- 2005) “Disinquinamento e Recupero Ecologico di Darsene, Golfi ed Ecosistemi lagunari (DREDGE)”, finanziato con fondi PON “Ricerca, Sviluppo Tecnologico, Alta Formazione”, in cui il Politecnico di Bari è partner scientifico. Il progetto si propone come obiettivo principale l’ottimizzazione del processo di trattamento dei sedimenti mediante progettazione e realizzazione di un impianto mobile di rimozione e bonifica in situ di sedimenti marini contaminati posizionato su un battello all’uopo attrezzato.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

SEDIMENTI CONTAMINATI ED ECOSISTEMA MARINO Lo scavo dei fondali in aree costiere portuali è una operazione periodica e talvolta necessaria per l’agibilità dei porti al transito e all’attracco delle navi. L’escavazione ed il conseguente scarico in mare dei materiali di risulta costituisce però un fattore di rischio a causa della possibile diffusione dei contaminanti nell’ecosistema. In aree costiere antropizzate la presenza di fonti di contaminazione (scarichi civili ed industriali, attività portuali, etc.) produce nelle acque l’aumento di concentrazione di inquinanti di natura organica (ad esempio idrocarburi policiclici aromatici) ed inorganica (metalli pesanti); questi nel tempo, possono essere incorporati nei sedimenti a seguito di processi di decantazione, precipitazione o adsorbimento. I fondali marini portuali risultano così facilmente contaminati a seguito dell’accumulo nel tempo di sostanze estranee al biociclo marino apportato dagli sversamenti continui ed episodici nonché da affluenze idrogeologiche ai quali il bacino portuale è soggetto nella sua veste di corpo idrico ricettore dei prodotti risultanti dalle diverse attività civili ed industriali che vi si svolgono. D’altro canto, le stesse operazioni di dragaggio risultano pericolose per l’ecosistema in quanto comportano la diffusione dei sedimenti nel corpo idrico e la solubilizzazione degli inquinanti accumulati. Tra i porti che per primi si sono attivati nella soluzione di questo problema vi sono sicuramente il porto di New York (USA), di Amburgo (Germania) e di Rotterdam (Olanda). Da qualche anno la Comunità Europea sta affrontando in maniera organica il problema, istituendo un network tematico nell’ambito del Programma di Sostenibilità Ambientale ed Energetica (SEDNET), che si occuperà fino al 2005 di approfondire tutti gli aspetti relativi alla problematica dei sedimenti contaminati.

Stato Ambientale dei Sedimenti dell’Area Tarantina Lo stato ambientale dei sedimenti marini tarantini è stato oggetto di studio e ricerca della Facoltà di Ingegneria di Taranto in collaborazione con il Presidio Multizonale di Taranto. Il porto di Taranto, grazie alla sua ubicazione baricentrica rispetto al mercato mediterraneo, gode di una posizione geografica strategica. Localizzato nella costa settentrionale dell’omoni-

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

SMALTIMENTO DI ACQUE REFLUE IN MARE E QUALITÀ DELLE ACQUE Negli ultimi anni la città di Taranto sta vivendo un cambiamento culturale che potrebbe portarla a dover convertire la sua economia di città industriale in una più spiccatamente turistica, che meglio si adatta alla sua posizione geografica. Nell’ottica di uno sviluppo sostenibile, si è andata sempre più maturando la convinzione che il mare fosse una risorsa ambientale rinnovabile e che dovesse rimanere tale nel tempo. La più grande minaccia di questa risorsa ambientale è costituita dagli scarichi idrici a mare. Questi, se non opportunamente trattati, possono causare gravi danni all’ecosistema marino, nonché alla salute dell’uomo. A tal riguardo, di fondamentale importanza sono anche le tematiche proprie della progettazione degli scarichi a mare. Un sistema di scarico di un effluente costituisce una parte integrante e fondamentale di ogni sistema di trattamento di acque reflue con recapito finale in mare. Di norma l’azione inquinante delle acque scaricate viene ridotta sottoponendole, prima dello scarico, ad appropriati trattamenti depurativi. La qualità delle acque nelle regioni costiere in prossimità di uno scarico sottomarino e, conseguentemente, la vita dell’ecosistema marino e gli usi che le popolazioni della regione fanno del mare sono funzioni della qualità degli effluenti e del modo con cui essi vengono rilasciati. Gli standard qualitativi vengono definiti al fine di preservare gli usi benefici che si fanno del mare e dei suoi prodotti. Nel Regno Unito le aree in cui questi standard qualitativi sono rispettati sono chiamate “use areas”. La determinazione dell’estensione di queste aree è di competenza multidisciplinare e richiede un’azione di monitoraggio. La determinazione degli standard delle acque e il monitoraggio degli stessi sono molto complessi e fortemente legati all’uso delle acque. Diverse sono le modalità utilizzate per stabilire gli standard. A titolo di esempio si ricorda brevemente il lavoro condotto da Cabelli (1989). Cabelli svolse uno studio epidemiologico approfondito basato sulle malattie associate alla balneazione. Il campione analizzato era costituito da 26700 bagnanti delle spiagge di Boston e Louisiana (Stato di New York) e 23200 in Egitto. La spiagge vennero scelte perché particolarmente vicine o piuttosto particolarmente lontane da un effluente.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

Bagnanti e non bagnanti di ciascuna spiaggia vennero inclusi nel campione. Dall’indagine si concluse che “c’è un rischio significativo e quantificabile di gastroenterite acuta associata alla balneazione in acque di mare contaminate con feci umane, anche laddove i livelli estetici sono accettabili”. Per determinare l’estensione dell’inquinamento Cabelli stabilì che è necessario un indicatore specifico per le feci umane e osservò che i livelli di enterococchi nell’acqua svolgevano bene questo ruolo. Dalle indagini svolte, Cabelli propose una relazione tra la percentuale di bagnanti affetti da gastroenterite in funzione del numero degli enterococchi. Queste brevi osservazioni sottolineano l’importanza che riveste una buona progettazione di opere di smaltimento di acque reflue in mare.

mo golfo, è un porto naturale costituito da un’ampia rada conosciuta come Mar Grande e da un’insenatura interna nota come Mar Piccolo. Con l’avvento dell’industria e con il crescere delle attività portuali, a causa dello scarso ricambio delle acque e della crescente antropizzazione, i già precari equilibri ecologici dei due mari sono, però, stati mutati. In particolare, il Mar Piccolo, che ha una profondità massima di soli 13 metri, è interessato dalle attività dell’Arsenale della Marina Militare ed è il recapito finale di scarichi civili di portata media intorno a 100.000 m3/d, mentre il Mar Grande (profondità massima 31 metri) è recapito finale sia di scarichi civili (ca. 60.000 m3/d) che industriali (ca. 140.000 m3/d). Inoltre, in prossimità del Mar Grande, sono presenti il terminal siderurgico dell’ILVA, petrolifero dell’AGIP e cementiero della CEMENTIR, utilizzati per lo sbarco e l’imbarco di minerali di ferro, carbon fossile, prodotti petroliferi raffinati e non, cemento.

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Sistema di acquisizione dati per l’analisi e modellizzazione dello sversamento delle acque di impianti industriali assoggettati all’azione delle correnti marine: contometro, girobussola e DGPS. M. MOSSA


TRA LE FOGLIE DI POSIDONIA

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1. Tordo verde (Labrus viridis) 2. Menola (Spicara maena) 3. Sciarrano (Serranus scriba) 4. Salpe (Bops salpa) 5. Corvina (Corvina nigra) 6. Donzella (Coris julis), maschio

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

I fondali del Mar Grande e Mar Piccolo rappresentano inoltre il ricettore finale della ricaduta degli inquinanti presenti nelle emissioni atmosferiche dei citati complessi industriali, che si sono andati nel tempo depositati ed accumulati. Dallo studio effettuato emerge come lo stato ambientale dei sedimenti marini tarantini, rappresentato in figura, sia caratterizzato da una rilevante contaminazione da idrocarburi policiclici aromatici (IPA), policlorobifenili (PCB) e metalli pesanti.

Arsenale Militare visto dalla “Città Vecchia” di Taranto. A. QUARANTA

Stabilità e Difesa delle Coste Gli eventi che si verificano in quella delicata e mutevole interfaccia, dove il mare incontra la terra, sono di molteplice natura. In particolare, l’interfaccia è formata da rocce o zone sabbiose, mutevoli nel tempo, anche nel corso di un anno, ad opera del vento e del moto ondoso. Il mare scorre verso e lungo tale interfaccia con forza mutevole, governata dal vento e dall’apporto idrico dei fiumi e dei bacini idrografici vicini, i quali influenzano non solo il moto dell’acqua marina, in genere parallelo alla costa, ma anche le materie solide che il mare trasporta nel suo moto continuo. Tali materie, di diversissima dimensione e natura chimica, a seconda del trasporto solido dei fiumi, vanno da fanghi di particelle finissime, a sabbie, a ghiaie e possono comprendere anche sostanze inquinanti provenienti dagli scarichi di attività agricole, industriali e di insediamenti urbani situati lungo i fiumi o lungo le coste. Il loro deposito lungo le coste influenza notevolmente il carattere e la stabilità delle coste stesse. Circa i fenomeni di erosione della linea di riva, occorre sottolineare, in generale, sia la mancanza di dati di monitoraggio, sia l’assenza di metodologie standard e certamente efficaci per mitigare il rischio legato ai fenomeni che si sviluppano lungo i litorali.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

PROCESSI DI DIFFUSIONE INQUINANTI IN MARE

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Alla luce delle più recenti normative, quali il D.L. 152/99, è vietata l’immissione diretta di scarichi in falda; conseguentemente emerge da parte delle preposte autorità locali l’esigenza di nuovi strumenti per la pianificazione degli scarichi di reflui urbani a mare. Una simile programmazione è di fatto subordinata allo studio della dinamica di circolazione del recapito finale, dal momento che, per stabilire la capacità di un qualsiasi sito costiero allo sversamento in mare, si deve preliminarmente valutare l’idoneità delle sue acque a ricevere, diluire e disperdere su larga scala le sostanze reflue dannose in alte concentrazioni. Questi problemi di campo lontano dipendono principalmente dalle caratteristiche del campo di moto del corpo recettore e non da quelle idrodinamiche dello scarico stesso. La simulazione numerica dei campi idrodinamici, l’uso di modelli fisici e le misurazioni di campo possono soddisfare questa esigenza, consentendo di pervenire ad una descrizione completa dei campi idrodinamici (influenzati da un elevato numero di fattori di diversa natura, tra cui: azione di trascinamento indotta dal vento, forza di Coriolis, maree, gradienti di densità, alterazioni della pressione atmosferica legate a fenomeni meteorologici di larga scala, immissione di acque fluviali o scarichi fognari). Inoltre, come evidenziato in letteratura, diverse questioni restano irrisolte a causa proprio della mancanza di misure di lungo termine con buona risoluzione spaziale, necessarie per la validazione dei modelli. La conoscenza infatti delle caratteristiche stagionali e quindi annuali o interannuali delle correnti marine, così come dei corrispondenti meccanismi forzanti, è sempre subordinata all’esecuzione di campagne di misura che procurino dati correntometrici, idrografici, meteorologici ed osservazioni di livello su una base temporale e spaziale regolare.

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Modello fisico per lo studio dei getti interagenti con le correnti presso il Laboratorio di Ricerca e Sperimentazione per la Difesa delle Coste - LIC. M. MOSSA


LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

Presso la Facoltà di Ingegneria di Taranto si sono svolte e si continuano a svolgere tesi sull’argomento, fortemente richieste dagli stessi laureandi, in quanto interessati a questo tipo di studio. Brevemente e a titolo di esempio, nella figura allegata si osserva l’evoluzione, nel corso degli anni, della linea di riva in prossimità del Lido Azzurro e della Foce del Fiume Tara nei pressi di Taranto. Lo sviluppo e l’uso di modelli di morfodinamica costiera ha consentito di giustificare le variazioni del profilo di spiaggia nel tempo. Tali modelli matematici, opportunamente verificati con rilievi di campo (monitoraggio) o con modelli fisici (modelli in scala), possono rappresentare metodi di previsione dell’erosione costiera, al fine di una successiva realizzazione di ottimali opere di difesa; riducendo, così, i rischi di interventi ingegneristici inefficaci e talvolta controproducenti per il paraggio in esame. Costruzioni di Diffusori Una buona progettazione delle opere di smaltimento di acque reflue in mare riveste grande importanza per l’ecosistema marino e per la salute dell’uomo. Sulla base di questi presupposti, presso la Facoltà di Ingegneria di Taranto si sono svolte e si continuano a svolgere tesi riguardanti la realizzazione di diffusori per lo smaltimento di acque reflue in mare. La progettazione di tali sistemi richiede la conoscenza del clima meteomarino del paraggio in esame, nonché le conoscenze proprie delle costruzioni idrauliche circa la scelta del materiale e la posa in opera. Questa è sicuramente più complessa rispetto alle condotte a terra, per la presenza di forzanti sulla condotta legate all’ambiente marino. E’ evidente che le opere di scarico in mare sono particolarmente delicate, perché la loro costruzione richiede accorgimenti e presenta tutte le difficoltà delle opere in mare aperto. La progettazione di un impianto di trattamento e dello scarico sottomarino deve tener conto dell’uso dell’acqua del corpo idrico recettore, dei valori delle grandezze chimico-fisiche da rispettare per salvaguardare il predetto uso e della qualità dell’ambiente di immissione. E’ ben noto che le condotte sottomarine di scarico delle acque reflue vengono adoperate per trasportare le acque reflue depurate dei centri urbani a una certa distanza dalla costa e in posizione tale che l’azione inquinante dello scarico non arrechi danno né alle località costiere che si vogliono proteggere né all’ambiente marino interessato allo scarico. Occorre perciò tener conto anche dell’andamento delle correnti e dei processi naturali di diluizione e autodepurazione.

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5 - ASPETTI DELLA RICERCA MARINA E COSTIERA

Sversamento di Inquinanti a Mare e Correnti Marine Una tematica di ricerca di fondamentale interesse, presso la Facoltà di Ingegneria di Taranto, è l’analisi delle correnti di circolazione e degli effetti che tali correnti hanno sui processi di diffusione di inquinanti in mare. A tal riguardo, è ben noto che un sistema di scarico di un effluente costituisce una parte integrante e fondamentale di ogni sistema di trattamento di acque reflue con recapito finale in mare. La progettazione di un impianto di trattamento e dello scarico sottomarino deve tener conto dell’uso dell’acqua del corpo idrico recettore, dei valori delle grandezze chimico-fisiche da rispettare per salvaguardare il predetto uso e della qualità dell’ambiente di immissione. A tal fine sono indispensabili le indagini tese a: 1) accertare l’entità della circolazione marina della zona di interesse e di quelle limitrofe; 2) conoscere lo stato ondoso tipico del paraggio in esame; 3) conoscere le caratteristiche chimico-fisiche delle acque del corpo idrico recettore. La qualità delle acque nelle regioni costiere in prossimità di uno scarico sottomarino e, conseguentemente, la vita dell’ecosistema marino e gli usi che le popolazioni della regione fanno del mare sono funzioni della qualità degli effluenti e del modo con cui essi vengono rilasciati. Gli standard qualitativi vengono definiti al fine di preservare gli usi benefici che si fanno del mare e dei suoi prodotti. Presso la Facoltà di Ingegneria di Taranto si svolgono tesi di laurea e di dottorato di ricerca sulle tematiche idrauliche dello sversamento di inquinanti in mare e sull’influenza delle correnti marine. Nell’ambito di una di queste tesi, per esempio, si sono condotte misurazioni correntometriche nel Mar Piccolo di Taranto. Il correntometro utilizzato, in dotazione presso il Laboratorio di Ricerca e Sperimentazione per la Difesa delle Coste (LIC), è un VM-ADP (Vessel Mounted Acoustic Doppler Profiler), ossia un correntometro acustico Doppler installabile su un’imbarcazione. Il cuore del VM-ADP è costituito da una sonda in bronzo nella quale sono alloggiati tre sensori inclinati di 25° rispetto all’orizzontale, dai quali viene emesso un segnale acustico di frequenza 500 kHz. Il segnale acustico emesso viene perturbato dalla presenza della corrente marina, provocando una variazione di frequenza. Quest’ultima viene misurata dalla sonda e, tramite opportune funzioni di trasferimento, è possibile risalire alla velocità della corrente. Lo studio della diffusione è anche condotto attraverso l’uso di modelli matematici e fisici, tra i quali si ricorda il canale per l’analisi della diffusione di acqua a temperatura maggiore del

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LA PROVINCIA DI TARANTO: SCIENZA MARE E COSTE

corpo idrico recettore, di cui si riportano delle foto. Questo modello fisico consente di riprodurre, nella scala di laboratorio, lo sversamento delle acque di impianti industriali assoggettati all’azione delle correnti marine.

Torre Zozzoli, Marina di Lizzano. A. QUARANTA

Torre Zozzoli, Marina di Lizzano. G. MASTRONUZZI

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Foto di prima copertina: Litorale ionico.- L. DI CASTRI - O. STASI

Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

Carmelo Maggio

LA PROVINCIA DI TARANTO

Questo quaderno scientifico-divulgativo presenta una panoramica delle opere naturali del territorio ionico ed intende divulgare un messaggio di civiltà in grado di contribuire ad elevare il desiderio di conoscenza e di amore per le radici più autentiche dell’habitat ionico marino e costiero, particolarmente vario, suggestivo e affascinante; di rendere partecipi i lettori alle descrizioni accorte e misurate della duna e della gariga, della vita che queste ospitano, dei compiti che assolvono nell’armonico equilibrio della natura; di rappresentare la ricca e diversificata vita che brulica nel mare; di dare corpo ai fondali ancora popolati dalla posidonia, facendosi largo nella macchia mediterranea fra i profumi e i colori del mirto e del lentisco; di valorizzare i preziosi sistemi delle zone umide, gli habitat di specie animali e vegetali rare o esclusive di queste aree. In altre parole la pubblicazione intende esaltare la natura della nostra provincia o meglio ciò che di essa è scampato alle monocolture agricole, all’edificazione selvaggia, alle bonifiche, alla industrializzazione. E vuole essere anche uno stimolo affinchè la generica domanda di ambiente, che oggi si avverte presso l’opinione pubblica, si possa tradurre in gesti ed atti coerenti di ognuno, secondo il proprio ruolo e le proprie responsabilità, nella convinzione che, qualunque sia la direttrice del vero sviluppo, essa debba passare necessariamente attraverso la conoscenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali e del territorio in generale.

PROFILO DELL’OPERA

Scienza Mare e Coste

Non va bene il comportamento dell’uomo verso le opere della natura: verso opere che non hanno mercato e sono alla portata, dovremmo dire alla mercè, di tutti: <<il calore della terra; i colori del cielo; la freschezza dell’aria; lo scintillio dell’acqua sotto il sole; le rive sabbiose; la bruma dei boschi ombrosi; la linfa che scorre nel cavo degli alberi; il profumo dei fiori; il mormorio dell’acqua; lo schiudersi delle gemme a primavera>>. Queste considerazioni fanno comprendere il motivo per cui il titolo “L’oro di Taranto” che si voleva dare alla pubblicazione è stato ritenuto blasfemo in quanto avrebbe assegnato una valenza venale alle opere della natura che invece hanno un valore trascendentale ed imponderabile, non certo mercantile; sono opere che non si possono acquistare o vendere. Appartengono alla famiglia che accomuna tutti gli essere viventi. Appartengono alla Terra. Non all’uomo. <<Siamo parte della terra e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli; il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli; le creste rocciose, l’armonia dei prati, i fiumi e l’uomo appartengono tutti alla stessa famiglia.>>

LA PROVINCIA DI TARANTO

Scienza Mare e Coste

Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

Nel settore delle risorse marine e costiere, la Fondazione Ammiraglio Michelagnoli ha realizzato negli ultimi anni vari “quaderni divulgativi”, dei quali il più recente “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e coste”, è dedicato al territorio ionico e sintetizza lo sviluppo di un approfondito piano di valorizzazione delle ricerche e degli studi svolti dai principali organismi del mondo istituzionale, accademico ed operativo. “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e Coste” è illustrata con immagini che si collegano strettamente con gli scritti, pur seguendo un percorso alquanto indipendente. Si tratta di immagini rare, preziose, spesso inedite, tutte affascinanti, armonico connubio fra tecnica e passione, messe a disposizione da artisti della macchina fotografica, collaboratori della Fondazione che hanno aperto lo scrigno dei propri tesori, di cui sono particolarmente e giustamente gelosi. Le illustrazioni compongono un gradevole mosaico di alto valore artistico che costituisce un affascinante corredo iconografico per i testi alla cui elaborazione hanno offerto il proprio determinante contributo qualificati rappresentanti delle istituzioni universitarie ioniche, nonché dell’Istituto Talassografico “A. Cerruti”/CNR di Taranto e del Co.N.I.S.Ma., ai quali va il nostro vivo ringraziamento. Antichi stereotipi di tradizioni e di conoscenze ci hanno abituati ad avere rispetto delle creazioni artistiche e dei prodotti del genio dell’uomo, a cui assegnamo anche un “valore venale” che viene gestito, e molto spesso manovrato, da quel grande mostro che è la “legge di mercato”, che tutto “mercifica” e baratta. Le opere ideate dall’uomo vengono sottoposte a profondi studi, curate, mostrate con orgoglio, ambientate e custodite in sedi di prestigio, nei musei e nelle gallerie, luoghi deputati alla loro protezione e celebrazione, luoghi che diventano mete di viaggi di studio, di lavoro, di piacere. Questo dimostra il rispetto che l’uomo civile ha delle sue opere; ma dimostra anche il suo egocentrismo! Quelle dell’uomo sono infatti opere, pure encomiabili e storicamente rilevanti, ma ahimè protese ad essere poste al centro dell’universo e dell’attenzione, quali conquiste e espressioni di genialità e di arte, cui sacrificare non pochi spezzoni del creato. E questo può anche andare bene!


Foto di prima copertina: Litorale ionico.- L. DI CASTRI - O. STASI

Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

Carmelo Maggio

LA PROVINCIA DI TARANTO

Questo quaderno scientifico-divulgativo presenta una panoramica delle opere naturali del territorio ionico ed intende divulgare un messaggio di civiltà in grado di contribuire ad elevare il desiderio di conoscenza e di amore per le radici più autentiche dell’habitat ionico marino e costiero, particolarmente vario, suggestivo e affascinante; di rendere partecipi i lettori alle descrizioni accorte e misurate della duna e della gariga, della vita che queste ospitano, dei compiti che assolvono nell’armonico equilibrio della natura; di rappresentare la ricca e diversificata vita che brulica nel mare; di dare corpo ai fondali ancora popolati dalla posidonia, facendosi largo nella macchia mediterranea fra i profumi e i colori del mirto e del lentisco; di valorizzare i preziosi sistemi delle zone umide, gli habitat di specie animali e vegetali rare o esclusive di queste aree. In altre parole la pubblicazione intende esaltare la natura della nostra provincia o meglio ciò che di essa è scampato alle monocolture agricole, all’edificazione selvaggia, alle bonifiche, alla industrializzazione. E vuole essere anche uno stimolo affinchè la generica domanda di ambiente, che oggi si avverte presso l’opinione pubblica, si possa tradurre in gesti ed atti coerenti di ognuno, secondo il proprio ruolo e le proprie responsabilità, nella convinzione che, qualunque sia la direttrice del vero sviluppo, essa debba passare necessariamente attraverso la conoscenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali e del territorio in generale.

PROFILO DELL’OPERA

Scienza Mare e Coste

Non va bene il comportamento dell’uomo verso le opere della natura: verso opere che non hanno mercato e sono alla portata, dovremmo dire alla mercè, di tutti: <<il calore della terra; i colori del cielo; la freschezza dell’aria; lo scintillio dell’acqua sotto il sole; le rive sabbiose; la bruma dei boschi ombrosi; la linfa che scorre nel cavo degli alberi; il profumo dei fiori; il mormorio dell’acqua; lo schiudersi delle gemme a primavera>>. Queste considerazioni fanno comprendere il motivo per cui il titolo “L’oro di Taranto” che si voleva dare alla pubblicazione è stato ritenuto blasfemo in quanto avrebbe assegnato una valenza venale alle opere della natura che invece hanno un valore trascendentale ed imponderabile, non certo mercantile; sono opere che non si possono acquistare o vendere. Appartengono alla famiglia che accomuna tutti gli essere viventi. Appartengono alla Terra. Non all’uomo. <<Siamo parte della terra e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli; il cervo, il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli; le creste rocciose, l’armonia dei prati, i fiumi e l’uomo appartengono tutti alla stessa famiglia.>>

LA PROVINCIA DI TARANTO

Scienza Mare e Coste

Fondazione Ammiraglio Michelagnoli

Nel settore delle risorse marine e costiere, la Fondazione Ammiraglio Michelagnoli ha realizzato negli ultimi anni vari “quaderni divulgativi”, dei quali il più recente “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e coste”, è dedicato al territorio ionico e sintetizza lo sviluppo di un approfondito piano di valorizzazione delle ricerche e degli studi svolti dai principali organismi del mondo istituzionale, accademico ed operativo. “La Provincia di Taranto. Scienza Mare e Coste” è illustrata con immagini che si collegano strettamente con gli scritti, pur seguendo un percorso alquanto indipendente. Si tratta di immagini rare, preziose, spesso inedite, tutte affascinanti, armonico connubio fra tecnica e passione, messe a disposizione da artisti della macchina fotografica, collaboratori della Fondazione che hanno aperto lo scrigno dei propri tesori, di cui sono particolarmente e giustamente gelosi. Le illustrazioni compongono un gradevole mosaico di alto valore artistico che costituisce un affascinante corredo iconografico per i testi alla cui elaborazione hanno offerto il proprio determinante contributo qualificati rappresentanti delle istituzioni universitarie ioniche, nonché dell’Istituto Talassografico “A. Cerruti”/CNR di Taranto e del Co.N.I.S.Ma., ai quali va il nostro vivo ringraziamento. Antichi stereotipi di tradizioni e di conoscenze ci hanno abituati ad avere rispetto delle creazioni artistiche e dei prodotti del genio dell’uomo, a cui assegnamo anche un “valore venale” che viene gestito, e molto spesso manovrato, da quel grande mostro che è la “legge di mercato”, che tutto “mercifica” e baratta. Le opere ideate dall’uomo vengono sottoposte a profondi studi, curate, mostrate con orgoglio, ambientate e custodite in sedi di prestigio, nei musei e nelle gallerie, luoghi deputati alla loro protezione e celebrazione, luoghi che diventano mete di viaggi di studio, di lavoro, di piacere. Questo dimostra il rispetto che l’uomo civile ha delle sue opere; ma dimostra anche il suo egocentrismo! Quelle dell’uomo sono infatti opere, pure encomiabili e storicamente rilevanti, ma ahimè protese ad essere poste al centro dell’universo e dell’attenzione, quali conquiste e espressioni di genialità e di arte, cui sacrificare non pochi spezzoni del creato. E questo può anche andare bene!


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