policentrismo nelle regioni d’Europa Maria Prezioso
Premessa
a sinistra: Dolo (VE), vecchio mulino sul naviglio Brenta.
La prima riflessione sul modello territoriale policentrico europeo trova spazio, nel 1997-98, nel cosiddetto European Spatial Development Programme – ESDP. Integrato dagli obiettivi di competitività fissati nella Strategia di Lisbona (2000) e da quelli di sostenibilità perseguiti nella Dichiarazione di Gothenburg (2001), il policentrismo ha di fatto aperto la riflessione sul numero non piccolo di diversità che concorrono a rappresentare l’Unione europea. Di questo si sono occupati in molti: dalla Conference of European Ministers responsible for Regional Planning - CEMAT (2002 e 2006) ai ricercatori del programma ESPON (2000-2006), dal Comitato delle Regioni ai Ministri ed ai Ministeri della pianificazione e dei trasporti, legando di volta in volta l’argomento ad alcuni temi prioritari, tanto da tralasciare la definizione stessa di policentrismo o la sua pratica attuazione. D’accordo con ESDP, lo scopo del policentrismo è comunque lo sviluppo equilibrato e sostenibile del territorio, da perseguire coerentemente con i tre fondamentali obiettivi della politica europea1: coesione sociale ed economica, conservazione e gestione delle risorse naturali e del patrimonio culturale, competitività più equilibrata del territorio europeo. Tuttavia, sono molti i modi di concepire il policentrismo, poiché il concetto subisce l’influenza di diversi aspetti dello sviluppo territoriale: una politica più o meno sostenibile dei trasporti, l’impiego o no di nuove tecnologie, l’accesso o meno alla formazione continua e allo sviluppo (RTD) anche di forme di telecomunicazioni virtuali ed immateriali, l’accessibilità agli insediamenti attraverso l’impiego di diverse nodalità, la coesione sociale ed economica, la sostenibilità, la perequazione, la sussidiarietà, ecc. Sino ad oggi tutto ciò è stato disegnato sotto forma di modello polinucleare competitivo e conflittuale, ad imitazione di alcune aree centrali dell’Unione Europea2. I programmi strutturali pluriennali dell’ultimo Programma Quadro (il sesto) hanno invece promosso un’altra forma di policentrismo su base cooperativa con e tra regioni, imprese, centri di ricerca ed università, facen-
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Il ruolo del Veneto nello spazio euro-mediterraneo come crocevia tra le grandi direttrici est-ovest e nord-sud. realizzazione di Nicola Paccagnella.
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do attenzione a rafforzare le relazioni per una competitività policentrica equilibrata di portata mondiale3. Il policentrismo è ugualmente importante per rafforzare e diffondere i principi che guidano lo sviluppo spaziale sostenibile. Questo viene considerato tale solo se capace di promuovere la coesione territoriale attraverso lo sviluppo sociale ed economico equilibrato delle regioni, incrementandone la competitività (CEMAT, 2002). Molte ipotesi paradigmatiche sul policentrismo sono state confermate anche dai risultati dei progetti ESPON (Prezioso, 2006), anche legando il fenomeno alla strategia di Lisbona-Gothenburg: • il policentrismo europeo si basa su un modello comune di cui siano noti i potenziali territoriali (o capacità) ed i vantaggi utili allo sviluppo economico e gli squilibri derivanti, ad esempio, da fenomeni come l’agglomerazione urbana, l’inquinamento ambientale, il cambiamento climatico, i rischi sociali e della salute; • la strategia del policentrismo richiama alcuni servizi fondamentali e comuni, oggi concentrati nei sistemi urbani (agglomerazioni urbane e grandi aree o città metropolitane); il loro pieno uso è legato ai diversi livelli urbani europei dell’accessibilità fisica e virtuale. Ciò pone il problema del diverso grado di accessibilità mostrata dalle regioni urbanizzate (soprattutto nei paesi dell’allargamento), come pure della capacità di attrarre investimenti diretti esteri (IDE) da utilizzare per migliorare la performance del capitale umano e fisico; • lo sviluppo policentrico è prioritario per l’attuazione delle politiche rivolte all’occupazione, al capitale umano dotato di un alto livello formativo e di innovazione (settori
dell’ICT e della R&S), ai servizi “dedicati” in regioni anche meno competitive e dinamiche. L’ultimo importante riferimento è l’Agenda Territoriale (maggio 2007), che contiene revisioni e suggerimenti in termini policentrici per uno sviluppo equilibrato del territorio europeo e raccoglie nuovi orientamenti strategici volti a specificare la relazione tra territorio e assetto policentrico competitivo: la coesione sociale ed economica, la conservazione delle risorse naturali e dei beni culturali, la competitività più equilibrata del territorio. Per studiare il policentrismo si è spesso analizzato il potenziale di sviluppo territoriale (ESPON Project 1.1.1), giungendo a definirlo come: • “concetto ponte” tra la crescita economica e l’efficienza, la concentrazione e lo sviluppo equilibrato; • “effetto” di azioni di de-congestionamento. Il policentrismo viene proposto con un significato che lo rende capace di sviluppare sia la competitività economica sia la sostenibilità ambientale: dove il PIL pro capite è un indicatore di competitività, le Regioni utilizzano le risorse in modo integrato e differenziato, dunque policentrico, e appaiono più competitive perché sostenibili. Modelli a scala europea di policentrismo ce ne sono molti, anche se non sempre considerati sostenibili: • la zona globale di prosperità economica (il Pentagono), dotata di una periferia incapace di competere da sola sul livello internazionale; • lo “scenario ideale” (progetto ESPON 3.2) formato da un policentrismo in crescita a livello intra-urbano (micro), che rafforza le città regione già forti e quindi produce un sistema urbano nazionale e trans-nazionale più policen-
Porto Marghera (Venezia), ponte di collegamento con la zona industriale del porto.
trico a livello “meso”4; • l’insieme delle aree funzionali più forti a livello “meso” che formano i capisaldi di un’Europa più equilibrata, anticipando l’eventuale situazione di emergenza che si creerebbe con il formarsi di più di una Zona di Integrazione Globale5 in aggiunta a quella del Pentagono a livello “macro”. Il policentrismo comporta maggiore attenzione ai servizi di più alto grado gerarchico e spinge a sviluppare specializzazioni funzionali a livello gerarchico secondario e più basso della città. In questa direzione si può contribuire allo sviluppo sostenibile se si riduce lo sprawl urbano6 di città-capitali monocentriche, allargando la base economica delle aree, al punto da renderle capaci di essere competitive a livello internazionale. Il policentrismo coinvolge anche la ricerca di relazioni tra aree urbane e rurali (Bengs, 2004) e le sue implicazioni possono essere lette sia in ambito urbano che rurale, insieme e separatamente, nel senso che il policentrismo è in genere associato alle metropoli urbane e la sostenibilità alle aree rurali. Ad un’analisi delle tendenze correnti, si evidenzia come l’allargamento di aree urbane funzionali (FUAs7) abbia contribuito ad aumentare la flessibilità delle opportunità occupazionali e questo, al di là dell’essere positivo per il policentrismo, si rivela negativo per la sostenibilità, a causa soprattutto del suo legame con l’aumento degli spostamenti per lavoro e l’uso del mezzo privato. In prospettiva, è stata quindi raccomandata la protezione degli spazi rurali in relazione allo sviluppo sostenibile, promossa fortemente come contributo al policentrismo territoriale in termini di valore aggiunto.
Il tema è stato studiato anche in altri progetti ESPON in termini: • politici, in relazione all’”allargamento” (Progetto 1.1.3) rilevando le opinioni dei policy maker dell’UE a 15 paesi di fronte all’ingresso di nuovi stati membri e al possibile allontanamento degli obiettivi di Lisbona, valutandone positivamente il processo dal punto di vista delle opportunità economiche, in termini spaziali e territoriali, per creare una nuova Zona Centrale Orientale8 di competitività globale da “catturare”. Gli obiettivi di sostenibilità venivano identificati come fondamentali obiettivi da rispettare nel processo di convergenza. Un’analisi delle regioni e delle reti urbane trans-nazionali (TUN) ha individuato parte dell’area dell’allargamento come capace di competere con il Pentagono. L’ultimo gruppo di politiche riguarda la cooperazione, i trasporti, la cultura. In aggiunta al focus sugli investimenti in infrastrutture di trasporto nei nuovi stati membri si è suggerito di privilegiare le città di media dimensione, le quali: (a) dovrebbero accedere ai fondi UE con partnership regionali, per presentare un piano e garantirne l’attuazione; (b) dovrebbero approfittare di queste proposte soprattutto quelle localizzate nei piccoli stati membri per accentuare la cooperazione con paesi vicini; (c) dovrebbero spingere ad includere politiche capaci di generare occupazione; • spaziali, in relazione alla demografia e alla migrazione (Progetto 1.1.4), che rappresentano temi particolarmente interessanti ai fini di una lettura competitiva e sostenibile del policentrismo, specialmente se lo si lega all’invecchiamento ed al comportamento territoriale “stagnante” della popolazione europea. Questo aspetto si relaziona
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Metropolitan European Growth Areas (MEGAs) Transnational / national FUAs Regional / local FUAs
Tipologia di aree urbane funzionali - (Fonte: progetto 1.1.1. - “il ruolo, la condizione attuale e potenziale delle aree urbane come nodi nello sviluppo policentrico(2002-2004)”, rapporto finale, p.10).
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anche alla sostenibilità del continente europeo, perché la popolazione al di sotto dei 15 anni ne è un indicatore, mentre i dati sulla competitività possono essere considerati quelli relativi alla fluttuazione del mercato del lavoro. L’accelerazione del processo di invecchiamento della popolazione in ambito regionale è particolarmente rilevante per l’attuazione del policentrismo come inteso nell’agenda di Lisbona, sia in relazione al taglio ed alla capacità della forza lavoro, sia rispetto alla propensione al risparmio (non al consumo) della popolazione anziana. La principale raccomandazione è di ridurre i divari regionali e nazionali, di incentivare lo sviluppo economico simmetrico dell’intera Europa a 29 paesi, frenando il flusso (soprattutto giovanile) dall’Est all’Ovest e dalla periferia al core (che serve solo a rinforzare l’esistenza di singole zone economiche di valenza globale); • funzionali e infrastrutturali, in relazione alle reti e servizi di trasporto (Progetti 1.2.1 e 1.2.2), dove la qualità delle infrastrutture, in termini di capacità, connettività e accessibilità viene enfatizzata per sostenere il vantaggio competitivo di una scelta policentrica. Alcuni studi indicano che ci sono due indirizzi centro-periferia: nazionale ed europeo. Quello nazionale riflette il fatto che le interazioni spaziali sono più intense dentro che tra paesi. Quindi, regioni considerate periferiche rispetto ai centri di mercato nazionali, vedono incrementare i loro costi di trasporto e la loro interazione di mercato dipende maggiormente dal trasporto delle regioni centrali. Se le politiche sul trasporto rinforzano il policentrismo a livello europeo, attraverso la connessione tra grandi centri urbani possono rinforzare il dominio delle capitali. Gli effetti dell’esisten-
za e dell’uso di indicatori legati alla scelta di nuovi mezzi di trasporto, per rafforzare il policentrismo a diversi livelli, sono piuttosto ambigui. L’associazione tra opzioni di trasporto e sostenibilità è più forte. Tuttavia, la connettività nel trasporto è essenziale per il movimento di beni e non può essere sostituita da scambi “in formato elettronico” di informazioni. Le raccomandazioni di questo progetto si focalizzano sulla modificazione delle forme esistenti di trasporto ed sul loro uso per ridurre il pieno consumo e avviare forme di trasporto multimodale e ferroviario per il trasporto di passeggeri. Le reti sono state considerate anche in modo potenziale, valutando le aree svantaggiate da una forte connettività fisica con il core dell’Europa. Per questo le reti si sono qualificate come un fattore fondamentale del policentrismo e le strategie di Lisbona e di Gothenburg le sostengono. Comunque, al di là del potenziale di sviluppo interno europeo, le attuali forze legate alle telecomunicazioni riflettono divisioni e contrasti territoriali ed urbani. I progetti indicano anche che lasciare al mercato il compito di sviluppare nuove soluzioni significa esacerbare le divisioni territoriali esistenti. È comunque necessario incrementare la competitività territoriale attraverso il potenziamento della base policentrica, per cui, sussidiarietà e standardizzazione sono fondamentali e l’Unione Europea dovrebbe regolamentare meglio i rapporti tra Pubblica Amministrazione e produttori di telecomunicazioni. A margine, vale la pena di suggerire il ruolo che l’ICT gioca nella produzione di PIL. Questo scenario è stato studiato nel progetto ESPON 1.2.2, nel quale si ipotizza la presenza di “cluster” di aree che non rispondono dinamicamente alle politiche dell’ICT. Quindi,
Base territoriale a NUTS3 (Prezioso in ESPON, 2006).
un trend più positivo, è stato valutato quello articolato intorno all’idea di una forma policentrica, che si sviluppa territorialmente per le telecomunicazioni, dove gli operatori nel campo delle fibre ottiche agiscono in città fuori dal tradizionale core europeo; • fisico-naturali, in relazione ai rischi naturali e tecnologici (Progetto 1.3.1) e sul patrimonio ambientale naturale (Progetto1.3.2). I risultati, riferiti principalmente al rischio gestionale, mostrano che i potenziali reali di rischio possono incidere negativamente, sia sulla competitività, che sulla sostenibilità. Inoltre, catastrofi recenti hanno fatto lievitare i costi ambientali nel territorio europeo, facendoli rientrare tra quelli relativi alle necessarie azioni di mitigazione e compensazione del rischio. Le raccomandazioni politiche puntano alla prevenzione come un obiettivo primario e suggeriscono di ridurre l’impatto ambientale. In questa area politica, gli obiettivi di competitività e sostenibilità sono compatibili; il problema è convincere gli stati membri a perseguirli in questo modo. Il patrimonio naturale è significativo per applicare la sostenibilità voluta da Gothenburg, in termini di valore aggiunto da assegnare a Lisbona (diversità geografica, alti livelli di protezione ecologica). Inoltre si pone in luce che, dove le risorse naturali sono inquinate, molto si è speso per riqualificare queste aree. Il progetto considera la proposta di rete Natura 2000 di alto livello per la sostenibilità delle aree semi-naturali, valorizzando le zone oltre il core, ottenendo risultati di “sviluppo equilibrato” oltre la zona del Pentagono, raccomandando una rapida elencazione dei siti già vincolati e l’identificazione di nuove aree di pregio. L’Unione Europea, per essere sicura di ben rappresen-
tare e interpretare il policentrismo territoriale, fa spesso ricorso al concetto di funzione, individuando nuovi “coremi”9 e diverse “tipologie spaziali”, raccordandole con la struttura della popolazione: • aree urbane funzionali (FUAs); • aree urbane e aree rurali; • aree urbano-rurali o aree periurbane; • città dalla crescita dinamica; • aree della crescita metropolitana europee (MEGAs). Di queste viene poi calcolato il livello o rango di accessibilità o connettività per stabilirne il potenziale di integrazione e cooperazione (le cosiddette tipologie PIAs) utile, ad esempio, a definire la posizione competitiva nell’accesso ai Fondi strutturali. L’Unione Europea fa tutto questo utilizzando come base le aree amministrative fornite da ogni paese, le cosiddette NUTS che sono classificate in modo cardinale. Le ricerche dell’European Spatial Program Observatory Network hanno individuato, tra il 2002 ed il 2004, per il Veneto numerose FUAs con più di 50.000 abitanti di livello trans-nazionale o più spesso locale. Dopo le analisi e le valutazioni condotte dal progetto POLY.DEV., di queste ultime, una sola può essere considerata area metropolitana (FUAs di tipo 1 e 2) e si conferma anche la presenza di MEGAs in corso di consolidamento. Una gran parte delle tipologie presenti nelle province venete contribuiscono comunque ad includere la Regione nel nuovo core che si va formando in Europa oltre il cosiddetto Pentagono (l’area compresa tra Londra, Amburgo, Monaco, Milano, Parigi) anche in sostituzione della Banana Blue.
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FUA_TYPO URBAN-RURAL TYPOLOGY aggregation
0. No special function
2. Regional/ Local
3. Trans-national /National
1,2,3
High urban influence with No special function
High urban influence with Regional/Local functions
High urban influence with Trans-national or National functions
4,5,6
Low urban influence with No special function
Low urban influence with Regional/Local functions
Low urban influence with Trans-national or National functions
4. MEGA
High urban influence with Mega functions
Tabella 1: Classificazione del territorio europeo in 7 tipologie (Prezioso in ESPON, 2006).
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La formazione di MEGAs in Veneto è dovuta alla combinazione di cinque tipologie canoniche, in particolare le strong e le potential, capaci di contribuire alla costruzione di un sistema urbano europeo non solo policentrico ma anche megalopolitano diffuso: • Global nodes – che includono i sistemi urbani più grandi e competitivi con un alto livello di connettività; • European Engines – che corrispondono a città grandi e molto competitive, molto ricche di capitale umano e con buona accessibilità; • Strong MEGAS – che includono città relativamente grandi, competitive e spesso ricche di capitale umano; • Potential MEGAS – città piccole, con bassa capacità competitive, più periferiche e con scarsa presenza di capitale umano; • Weak MEGAS – che generalmente corrispondono città piccole, poco competitive, molto periferiche e con capitale umano quasi nullo. Nell’ambito dell’Unione allargata, il policentrismo è di fatto il “corema” del Veneto, anche se il suo dinamismo sfugge alla tradizionale lettura del territorio europeo, più sensibile ai luoghi dove si manifestano gli andamenti dei mercati consolidati e in espansione - e ultimamente, la commercializzazione dei servizi al cittadino -, e alle relative ripercussioni spaziali. La regionalizzazione europea è anche connessa alla globalizzazione, rispetto a cui il contesto veneto sembra perdere d’importanza. Dal punto di vista delle attività materiali, quali l’approvvigionamento di lavoro qualificato, la posizione relativa riguardo ai mercati e alle qualità ambientali, così come all’accessibilità, sono considerate caratteristiche regionali particolari (la regione è interessata da ben 3 corridoi). In questo contesto, la discussione sui rapporti urbano-rurali divenuta dominante, perché la prospettiva regionale implica che i rapporti urbano - rurali si confrontino in una prospettiva nazionale. Inoltre, il regionalismo fortemente perseguito per valorizzare i mercati locali ha generato le più grandi regioni funzionali basate sullo scambio di flussi giornalieri da considerare oggi una tendenza diffusa in tutta Europa. Di fronte al recente sviluppo, il livello regionale è stato
revisionato con l’introduzione delle riforme politiche ed amministrative europee nella normativa regionale, per meglio sostenere l’affermarsi di un regime regionale capace di adottare soluzioni decentralizzate, in un mercato regolamentato, e guadagnare credibilità e legittimità politico-economica. Attualmente, non è così facile sostenere questa tendenza data la tradizionale spaccatura esistente in Europea di uno spazio funzionale politicamente e a livello amministrativo diviso in due parti: urbano e rurale. Questa immagine è in parte venuta meno in Veneto con l’industrializzazione diffusa, per cui il policentrismo si è ulteriormente rinforzato sotto forma di periubanizzazione, grazie alla presenza di mercati deregolamentati, nonostante il migliorare delle comunicazioni e della tecnologia dell’informazione avanzata. Una nuova e più chiara rappresentazione divide semplicemente il policentrismo veneto dallo spazio europeo secondo i criteri della “rurbanisation”10, un processo dove l’ambiente fisico perde le qualità che gli sono proprie per acquisire quelle tradizionalmente regolamentative degli ambienti urbani o rurali.
Policentrismo urbano-rurale in Veneto Al contrario della maggior parte delle regioni europee, in Veneto le agglomerazioni urbane hanno perso da lungo tempo i loro privilegi esclusivi e spesso non vi è più differenza nella condizione amministrativa della città e della campagna. Le imprese più attive individuano dove localizzarsi e la divisione funzionale del lavoro fra la città e la campagna è sempre più indifferente. Anche lo stile di vita, che alterna momenti di vita rurale comunque urbanizzata oltrepassando i rapporti legati alla sola produzione, si è appropriato dei moderni modelli di consumo. Molte tesi sono state elaborate per spiegare gli atteggiamenti mentali che si rilevano negli ambienti urbani o rurali veneti e per spiegare il cosiddetto “Terzo Veneto11”, dove l’ambiente urbano promuoverebbe la creatività e l’ambiente rurale favorirebbe rapporti sociali più stabili e coesi. Tre i concetti distinti dell’urbanizzazione da sottolineare in relazione al policentrismo che si rilevano anche in Ve-
Provincia – N° identificativo Nuts3
tipologia
Verona IT321
1-3-4-2
Vicenza IT322
1-2-3-3
Belluno IT323
6-2-3-6
Treviso IT324
1-2-4-3
Venezia IT325
1-3-4-2
Padova IT326
1-3-3-2
Rovigo IT327
1-2-3-3
Tabella 2:, Tipologie territoriali dominanti il policentrismo nella Regione Veneto.
neto: • cambiamento demografico; • mutamenti strutturali nell’economia; • comportamento della popolazione. L’urbanizzazione, in termini di cambiamenti demografici, si riferisce solitamente allo sviluppo o al declino degli ambienti urbani di una determinata dimensione rispetto allo sviluppo o al declino dello spazio rurale. In termini demografici, l’urbanizzazione indica i movimenti di popolazione fra l’urbano e il rurale; questa può continuare a crescere anche se la popolazione urbana diminuisce in termini assoluti, assicurando comunque un decremento della popolazione rurale. Questo perché sono i valori relativi della popolazione nelle due categorie che contano. Ora, il problema è definire l’”urbano” come altro dal “ rurale” per classificare il territorio in categorie distinte. Questo non era in passato un problema per alcune dimensioni (1.000, 2.000, 5.000 o 10.000 abitanti) classificate come urbane, al di sotto delle quali vi era il “rurale”, poiché la dimensione corrispondeva tradizionalmente anche allo stato giuridico-amministrativo dell’insediamento, creando una correlazione statistica diretta, ad esempio, per misurare la popolazione totale di una città (in termini formali) rispetto a quella di un paese (popolazione urbana totale di quel paese). Effetto della sub-urbanizzazione e delle riforme strutturali, nella classificazione delle unità territoriali urbane e rurali, è la scomparsa della divisione tra classi di città e di province in molte regioni europee. Di conseguenza, è sempre più difficile valutare i cambiamenti demografici su una scala che dall’urbano va al rurale. A livello europeo, questo problema è ancora in discussione, perché i paesi hanno modi differenti di classificare l’”urbano” e il “rurale”. Gli studi empirici sui rapporti urbano-rurale sono naturalmente essenziali per raggiungere una classificazione armonizzata di “urbano” e di “rurale”. Alla scala europea questa indagine non può essere condotta a livello di NUTS5 (comunale) per motivi pratici; una classificazione può essere effettuata a livello di NUTS3 (sub-regioni a scala nazionale o province), che significa che ogni unità NUTS3 deve essere classificata secondo
il grado del ruralità rispetto all’urbanità. L’urbanizzazione in termini demografici (il movimento demografico) dipende, infatti, da due fattori: • lo sviluppo naturale (tasso di natalità e tasso di mortalità); • la crescita strutturale (emigrazione ed immigrazione). Un quesito importante relativo ai cambiamenti strutturali del policentrismo in termini economici riguarda il valore del suolo. Questo tema è molto studiato, ma non tanto quanto dovrebbe, soprattutto rispetto all’urbanizzazione. L’importanza dell’argomento deve essere sottolineata comunque, in relazione alla sua influenza sul cambiamento delle relazioni urbano-rurali a scala provinciale, poiché la gestione fondiaria è un fenomeno direttamente collegato agli insediamenti urbani e al loro ri-disegno e ampliamento o sostituzione allo scopo di incrementare il valore del territorio oltre che quello del suolo (ad es. pesi insediativi e quantità di area edificabile per superficie territoriale). E questo fa sì che, sempre più spesso, nelle aree rurali periferiche delle grandi e medie città il suolo agricolo venga offerto come edificabile. Tutto ciò genera incertezza, in particolare nei confronti di una possibile gestione12 del processo di urbanizzazione policentrica: • l’urbanizzazione non è solamente un modo per la società di adattarsi alle nuove richieste funzionali ed economiche, ma anche una attività economica autonoma, che coinvolge interessi fondiari, istituzioni creditizie, costruttori, pianificatori, produttori di materiali per l’edilizia, agenzie immobiliari, acquirenti, ecc. Le relazioni urbanorurali dipendono dalle prospettive degli investimenti e da come questi variano nel tempo in relazione al contesto nazionale e locale; • i sistemi di sviluppo nazionale e locale legati alla crescita fondiaria e ai mercati immobiliari sono cruciali nell’indirizzare l’urbanizzazione ed il policentrismo13. I tratti salienti del territorio europeo subiscono la pressione di questi fattori (come ad es. nel caso della linea di costa mediterranea) per cui il processo di urbanizzazione subisce un cambiamento nel tradizionale equilibrio tra urbano e rurale;
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Mestre (Venezia), Hotel Laguna Palace, vista della darsena coperta.
Mestre (Venezia), ponte di collegamento con il parco di S.Giuliano.
• i fattori comportamentali e gli stili di vita posizionano il policentrismo sul mercato alla maniera di oggetti tangibili e intangibili, come sport e tempo libero, preferenze abitative, ecc. Già negli anni ’60, il filosofo francese Lefebvre aveva coniato la nozione di “rurbano” per indicare la commistione tra stili di vita urbani e rurali tipica del policentrismo veneto. Coerentemente con le preferenze prevalenti in materia di residenza nelle zone dell’Europa centrale densamente popolate, gli insediamenti rurali sembrano in Veneto di gran lunga più apprezzati rispetto a quelle urbane14. Le principali ragioni risiedono nel fatto che gli ambienti rurali si presentano più stabili e sicuri dal punto di vista delle relazioni sociali ed economiche, rispetto a quelli urbani legati al turismo e al commercio, più legati alla diffusione creativa e concreta delle produzioni immateriali. L’eterogeneità delle attività urbane spinge ad adottare o applicare soluzioni già sperimentate in altre settori. In aggiunta, una gran varietà di attività ed istituzioni formative promuovono una riflessione in questa direzione in ossequio ai criteri di Lisbona. Da più parti si comincia ad osservare come un’assenza di conformismo potrebbe aiutare a sviluppare individualità urbane originali, perché molte delle immagini urbane con cui siamo soliti descrivere il policentrismo urbano (reti e nodi, grappoli, stelle, ecc.) hanno poco niente a che fare con l’evoluzione dell’innovazione che il policentrismo porta con sé, superando i pregiudizi che riguardano la vita urbana (scarsa qualità della vita, disoccupazione, ecc.). Prendendo in considerazione il potenziale della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, le risorse della conoscenza sembrano essere alla portata di tutti in relazione al policentrismo. Un ulteriore indicatore di policentrismo è considerato il differenziale di urbanizzazione. Ogni centro urbano può essere definito portatore di due funzioni (secondo le tradizionali teorie di geografia urbana a partire dagli anni ’30 del secolo scorso): a) servire il centro grazie alla presenza di aree periferiche rurali, b) essere mediatore d’interazione rispetto ad un contesto più ampio. La dimensione del suo hinterland è determinato dalla com-
petizione tra attività commerciali e altre funzioni tipiche dei centri urbani che lo circondano, mentre la sua sfera d’influenza può estendersi oltre l’hinterland o oltre le città contermini. In questo contesto, le città non competono, ma competono invece le attività (d’impresa e di servizi) che vi sono localizzate. Le città possono naturalmente competere cercando di offrire condizioni eccezionali per la localizzazione di diverse imprese considerate importanti e, quindi, da attrarre. I primi studi sul policentrismo europeo sono stati condotti coerentemente con la teoria della centralità (Christaller, 1933), secondo cui una gerarchia di luoghi centrali può evolversi nel tempo e l’attrazione che questi centri esercitano sul contesto circostante può essere studiata come funzione della domanda e dell’offerta. Ci sono comunque anche centri la cui nascita è il risultato di costanti localizzative, indipendentemente dalla struttura dell’insediamento dominante. Le costanti insediative potrebbero – nel policentrismo - essere il risultato della presenza di risorse naturali, difesa, religione, ragioni storiche o vantaggi posizionali. Coerentemente con la teoria dell’urbanizzazione differenziale, ogni sistema di città attraversa idealmente varie fasi nel suo sviluppo, prima di stabilizzarsi in termini policentrici, passando attraverso un ciclo completo di urbanizzazione. In generale, l’evoluzione urbana sembra la stessa in tutta Europa e oltre: si passa dalla stabilizzazione dell’insediamento urbano ad una fase di differenziazione, quando si formano insediamenti urbani più ampi, spesso a discapito di quelli più piccoli. Secondo la teoria dell’urbanizzazione differenziale, la fase iniziale di polarizzazione di un ciclo di sviluppo urbano include la crescita di grandi città (“early prime city stage”, “intermediate prime city stage”, “advanced prime city stage”). Questa forma di polarizzazione (detta inversa) comporta la crescita di città di media dimensione (“early intermediate city stage”, “advanced intermediate city stage”) e la fase di contro-urbanizzazione che corrisponde alla crescita delle piccole città (“advanced small city stage”). Dal punto di vista teorico, la crescita di prime city dovrebbe corrispondere al declino delle “small cities”. Questa re-
accessibility to the meanest MEGA by truck - travel time to reach the nearest MEGA in minutes
decision making functions outside MEGA’s by significance
metropolotan european growth areas (MEGA) by functional importance of global, european and transnational significance
MEGAs e competitività, da ESPON progetto 1.3.1., 2006 in atlante ESPON 2006, p.31.
lazione può valere anche al contrario e la crescita e/o il declino delle città medie si colloca in questi casi tra questi due estremi, dando forma definitivamente stabile al policentrismo. I vari stadi dell’urbanizzazione plientrica sono stati anche formalizzati in termini di urbanizzazione (incremento demografico del core), sub-urbanizzazione (incremento del ring, decremento del core) dis-urbanizzazione (decremento del core e del ring), ri-urbanizzazione (incremento del core, decremento del ring). Gli stadi iniziali dell’urbanizzazione policentrica sono spesso associati alla cosiddetta urbanizzazione prematura, a volte detta anche sovra-urbanizzazione, corrispondente ad uno stadio dove il centro urbano produce un eccesso di popolazione che non può essere assorbito dalle strutture del centro. Questa dovrebbe essere una situazione tipica dei paesi in via di sviluppo, mentre la polarizzazione inversa si lega a quelli più avanzati e la contro-urbanizzazione a quelli altamente avanzati. Ma non è sempre così (Cfr. i modelli policentrici emergenti nei paesi dell’allargamento UE). Tutto questo è importante perché include l’idea di sviluppo policentrico. Secondo la teoria dell’urbanizzazione differenziale, la policentricità si lega ad una particolare fase di processo di urbanizzazione in ogni paese, anche se probabilmente difficile da governare (Cfr. Conclusioni), poiché le variazioni tra stato e stato in Europa rispetto al livello di urbanizzazione dipendono da molteplici fattori culturali, politici, economici. L’idea che stati-nazione centralizzati abbiano promosso strutture urbane monocentriche, mentre una centralizzazione più tarda abbia generato strutture policentriche è da tenere in forte considerazione. Ovviamente il livello di urbanizzazione nei singoli paesi dipende anche dall’industrializzazione e da come si è manifestata (ad es. più o meno del 50% della forza lavoro impiegata nel settore primario, progressivamente ridottasi a meno del 15% degli occupati). Durante lo scorso decennio, e in particolare tra il 2000 ed il 2006, gli effetti dell’information and communication technology (ICT) sono state discusse perché capaci di creare un nuovo quinto settore economico che impatta sull’insediamento urbano e sulle relazioni urbano-rurali,
modificando la direzione del policentrismo. Anche la migrazione può essere considerato un fattore che spinge al policentrismo: secondo la teoria della “deprivazione relativa”, quelle comunità che abbiano una distribuzione equilibrata del reddito genererebbero meno migrazioni, nonostante i giovani si sentano attratti da impieghi e stili di vita metropolitani. I caratteri della migrazione sono i più vari (mainstream, sub-stream, counterstream, productionism, environmentalism, ecc.) che la correlano al ciclo, ma anche al cambiamento demografico, se si fa ad es. riferimento al tasso di fertilità femminile (in Europa attualmente pari circa a 2.13). La migrazione influenza il policentrismo anche attraverso l’insieme delle relazioni sociali di cui esso è portatore. Ne è un esempio l’alto livello di concentrazione di immigrati nelle aree metropolitane europee. Si deve a loro l’avvio della fase di contro-urbanizzazione, e la tendenza a modificare il concetto di centro periferia dalla scala regionale a quella locale (riproduzione, come nel caso di Padova, di modelli insediativi extra-comunitari).
Policentrismo, competitività, coesione Recentemente, nuovi termini ed obiettivi hanno integrato la visione policentrica. In particolare essi riguardano la nuova stagione dei Fondi Strutturali 2007-2013 ed i loro indirizzi politici: competitività, sostenibilità, coesione. Già il terzo capitolo del Competitiveness Report 2003 era incentrato sugli aspetti regionali della competitività e del policentrismo. Il policentrismo regionale viene definito in termini di occupazione e concentrazione demografica. D’altro canto conoscenza ed innovazione, ma anche gli effetti della localizzazione/specializzazione sono considerati fattori critici in un modello di policentrismo regionale, sia da un punto di vista empirico che temporale, per cui i dati disponbili, per una misura quantitativa del fenomeno, costituiscono un limite al numero di indicatori utili all’approfondimento dell’analisi. Comunque un certo numero - ancora insufficiente - di indicatori era disponibile per misurare il policentrismo nelle regioni a NUTS2 già tra il 1980 e il 2000. Ugualmente, alcune proxy furono identificate per misurare l’importanza del policentrismo
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Mazzorbo (Venezia), intervento di edilizia popolare.
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nell’economia regionale (Prezioso, 2002). Questa analisi ha suggerito una correlazione positiva tra policentrismo e “spatial planning” sostenibile. Il policentrismo e la coesione territoriale sono menzionati nell’attuale Trattato UE15, nella Bozza della Costituzione UE e in molti documenti dell’Unione Europea, come il White Paper on European Governance, la Communication on Integrated Coastal Zone Management, il White Paper on Transport e il Report del Van Miert Group sulla revisione delle TEN Guidelines. Allo stesso modo, esso è richiamato esplicitamente nella Strategia di Lisbona, quando si afferma che il policentrismo include implicitamente una forte dimensione territoriale16. La prima formale indicazione per definire il concetto viene dalla European Commission’s Third Cohesion Report (2004), che si riferisce alla coesione policentrica territoriale come sinonimo di “uno sviluppo più equilibrato”, “equilibrio territoriale” o” superamento degli squilibri territoriali”, affermando che: “il concetto di coesione policentrica territoriale si estende oltre la nozione di coesione economico-sociale aggiungendosi a questa e rafforzandola. In termini politici l’obiettivo è di aiutare a raggiungere uno sviluppo più equilibrato riducendo le disparità esistenti superando gli squilibri territoriali e perseguendo politiche settoriali che abbiano un impatto territoriale e una maggiore coerenza politico regionale. Lo scopo è anche di aumentare l’integrazione territoriale e di incoraggiare la cooperazione tra regioni”. L’Interim Territorial Cohesion Report, redatto dalla DG Regio17 basandosi sui risultati preliminari del programma ESPON e di altri studi della Commissione, offre una presentazione più definita del concetto di policentrismo territoriale (EC, 2004). D’accordo con il rapporto, la coesione territoriale è considerata in modo complementare a quella economica e sociale: essa riguarda “la distribuzione equilibrata delle attività umane all’interno dell’Unione” e “traduce l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile e equilibrato assegnato all’Unione in termini territoriali18. Policentrismo e coesione sono dimensioni territoriali correlate19. 1. una dimensione regionale/nazionale, che aggiunge
una dimensione territoriale alla politica di coesione UE 2. una dimensione transnazionale ed interregionale che riguarda i legami esterni economici, sociali e culturali 3. una dimensione di governance, per coordinare ed integrare la politica pubblica tra regioni e attraverso i confini. Esattamente come il concetto di sostenibilità, il policentrismo fa oggi riferimento a dimensioni economiche, sociali e ambientali integrate. Più semplicemente è possibile attribuire i tre principali aspetti della coesione territoriale (Camagni, 2005): qualità territoriale, efficienza territoriale identità territoriale20, anche al policentrismo. Coerentemente con questa definizione, la strategia di Lisbona-Gothenburg potrebbe apparire perfettamente compatibile con il concetto di coesione territoriale policentrica. In questa rassegna riferita ad un progetto trans-frontaliero, che implica comunque l’esistenza di un confine non necessariamente politico, il policentrismo mostra aspetti più forti tra gli esempi regionali europei, dimostrando, come, pur adottando una comune metodologia di studio, il policentrismo possa essere letto secondo vari schemi e livelli. Le autorità pubbliche partecipano a questa cooperazione transfrontaliera e al policentrismo a diversi livelli: 1. Interlocale, tipico del solo livello inter-comunale e intra-metropolitano (modello policentrico regionale), promuove un interesse comune che i vari partner provvedono a sviluppare, soprattutto in campo economico. Può avvenire al confine o all’interno di comuni, non necessariamente tra aree collocate su un confine politico e amministrativo, ma tra zone aventi interessi comuni (ad esempio quando tutti i partner sono rappresentati da porti dello stesso livello, appartengono allo stesso contesto amministrativo, hanno stesse possibilità di sviluppo e uguali problemi). Un’altra forma di cooperazione interlocale è rappresentata dalle cosidette “jumelages” tra municipalità, in molti casi basate su accordi particolari e soggettivi tra attori pubblici, non riguardano nella maggior parte dei casi le aree di confine, piuttosto le aree metropolitane e le aree di cooperazione economica. Lo
Venezia, la darsena di S.Elena.
stesso vale per le “partnerships” tra città (town) europee (spesso di natura trilaterale o quadrilaterale), senza che questa formula oltrepassi però il livello dello scambio e dell’incontro culturale; 2. Interregionale, che coinvolge le autorità regionali per cooperare sulla base di interessi economici comuni; 3. Nazionale, con dimensione cooperativa regionale, bilaterale o trilaterale, dotata di commissioni transfrontaliere di pianificazione. 4. Euroregionale, basata sulla cooperazione di livello sub-nazionale tra autorità situate in aree di confine, può avere diversa natura giuridica e differenti obiettivi (culturale, economico, infrastrutturale, ecc.). POLY.DEV. ha dimostrato che il policentrismo cooperativo necessita comunque di una legittimazione istituzionale, cioè un atto di pianificazione formale, al di là di una cooperazione che, a livello sub-nazionale, può essere formale o informale, come ha dimostrato il progetto, ponendo alla base della cooperazione il decentramento dei poteri e la nozione di governance.
e promozione di un policentrismo rafforzato per le città e le regioni. 4
scala regionale
5
traduzione dall’originale Global Integration Zone che indica l’estensione del Pentagono ad Est dopo l’allargamento.
6
espansione urbana incontrollata.
7
Functional Urban Areas (aree urbane funzionali).
8
Zona di riferimento geografico e politico pei progetti Interreg IIIB CADSES.
9
Modelli di pianificazione.
10
il filosofo francese Lefebvre aveva coniato il termine “rurbano” per indicare la commistione tra stili di vita urbani e rurali.
11
Dopo il Veneto dei pionieri ed il Veneto del benessere, sarà il Terzo Veneto quello del futuro, tanto della società veneta quanto della Regione istituzionale (vedi www.terzoveneto.it)
12
regole di governance, Cfr. Conclusioni.
13
cfr. il caso della Capitale
14
cfr. le tipologie di paesaggio rurale
15 Articolo 16 del Trattato CE riguarda il ruolo dei sevizi di interesse economico generale nel promuovere “la coesione sociale e territoriale”.
16 Cfr. Luxembourg Presidency of the European Council Declaration, 2005.
17
Direzione Generale per la politica regionale europea
18
Commission of European Communities, 2004, p. 3.
19 1
Committee on Spatial Development, 1999: p. 10
2 Il 2001 European Transport White Paper stabilisce che la Trans-European transport Network (TEN) è un fattore essenziale nella promozione della competitività europea e nell’incremento dei legami tra le regioni periferiche dell’Unione ed i mercati centrali (CEC, 2001, p. 50). 3
I primi risultati erano stati ottenuti attraverso l’unione monetaria, un metodo con cui intensificare il commercio interno, le specializzazioni, la presenza plurisettoriale. Da cui lo sviluppo dell’informazione e delle reti delle telecomunicazioni quale importante potenziale di integrazione
Dutch Presidency of the European Council, 2004; Camagni, 2005; Prezioso, 2006
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qualità territoriale: la qualità della vita e dell’ambiente lavorativo;standard di vita comparabili nei territory; accesso similare ai servizi d’interesse generale e alla conoscenza. efficienza territoriale: efficienza nelle risorse rispetto ad energia,suolo,risorse naturali; competitività della struttura economica e attrattività del territorio locale; accessibilità interna ed esterna. identità territoriale: presenza di “capitale sociale”; capacità di sviluppare visioni condivise del futuro;know-how locale e specificità, ”vocazioni” produttive e vantaggio competitivo di ogni territorio.
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la pianificazione territoriale e l’Europa Tiziana Quaglia
Premessa La civiltà europea è profondamente legata alla storia del suo territorio, delle sue città, delle sue culture e al percorso che ha caratterizzato i suoi processi di sviluppo. L’Europa ha ormai riconosciuto e attribuito al territorio un ruolo molto importante e strategico, sia nel suo insieme, sia nelle sue singole specificità. Lo spazio del “vecchio continente” è visto oggi in una nuova luce: una molteplicità di realtà ricche e diversificate, un insieme di risorse attive nelle loro potenzialità di crescita, un’occasione per incrementare da un lato la coesione interna all’Unione Europea e dall’altro la competitività a livello globale. L’Unione Europea di fatto non ha un suo territorio, perché esso continua ad appartenere ai singoli stati membri; tuttavia l’Europa viene spesso presentata come una struttura reticolare e trans-nazionale, capace di definire “l’unità nella diversità”. Dalla fine degli anni ‘90 si parla di un’Europa senza barriere, pur nella specificità di ogni suo componente; di un’Europa capace di correggere gli impatti negativi della “globalizzazione” attraverso la tutela delle diversità, contro l’omologazione dei contesti; di un’Europa il cui plusvalore è rappresentato dalla varietà delle sue mille culture e tradizioni.
L’Europa e i problemi del territorio
a sinistra: Padova, Prato della Valle e Basilica di S.Antonio.
L’articolo 2 del Trattato CE1, benché più volte modificato (Maastricht, 1993; Amsterdam, 1999; ora nuovamente in corso di discussione), definisce i compiti spettanti all’Unione attribuendo, tra gli altri, l’obiettivo di promuovere uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, compatibilmente con la protezione dell’ambiente e con il miglioramento della qualità della vita. Dal Processo di Cardiff (1998) al Consiglio Europeo di Gothenburg (2001) in numerose occasioni l’Unione Europea ha elaborato la sua strategia per lo “sviluppo sostenibile” integrando il principio della tutela dell’ambiente nelle politiche comunitarie. Nonostante sia nota la mancanza di un vero e proprio riconoscimento di
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Il territorio europeo, territorio fisico e Integrazione (fonte: ESPON, Atlante ESPON: mappatura della struttura del territorio europeo).
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competenze istituzionali da parte dell’Europa in questo campo, è altrettanto vero che esiste una rapida e crescente evoluzione dell’intervento comunitario nell’ambito dell’European Spatial Planning, che rappresenta quell’insieme di processi, di decisioni politiche, di pratiche operative e di riflessioni teoriche che negli ultimi 10-15 anni sono stati prodotti sul tema della pianificazione territoriale ed urbanistica in ambito europeo. Interessanti processi innovativi nelle pratiche del governo del territorio da parte delle istituzioni locali e regionali hanno preso forma proprio a partire da politiche urbane e territoriali che si sono attuate attraverso le iniziative e gli investimenti comunitari. Il primo “Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo” (SSSE), più conosciuto come European Spatial Development Perspective (ESDP), e le più recenti “Direttive per lo sviluppo sostenibile nel continente europeo” sottoposte alla Conferenza di Hannover nel 2000, costituiscono il principale quadro di riferimento che la Comunità Europea ha prodotto sul tema dell’assetto del territorio. Questo documento è il risultato di un lungo ed intenso percorso di preparazione: dal Consiglio di Liegi del 1993 fino all’adozione di quello definitivo a Postdam nel maggio 1999. Il sistema ESDP, che ruota intorno ai principi generali di coesione economica e sociale, sviluppo sostenibile e competitività per il territorio europeo, si prefigge tre obbiettivi fondamentali: • un sistema urbano equilibrato e policentrico, nonché nuove forme di relazione città-campagna; • pari accessibilità alle infrastrutture e alle conoscenze;
• una gestione oculata del patrimonio naturale e culturale. La Costituzione firmata a Roma nel 2004 (che dovrà presto essere sostituita da un nuovo “Trattato” attualmente in fase di stesura2), oltre a definire una nuova entità giuridica comune e trasversale, introduceva un importante elemento di novità: il riconoscimento della dimensione territoriale della “coesione” - principio comunitario presente già nell’Atto Unico Europeo del 1986 - che interpreta più di altri l’obiettivo comunitario di “integrazione” tra regioni e popoli diversi. Nonostante i problemi e le polemiche che ha suscitato nel corso degli ultimi anni, la Costituzione di Roma rappresentava certamente un passo in avanti verso la competenza comunitaria sul territorio, competenza che si rivela ormai indispensabile e condivisa, anche nell’ambito di tutte le attività di governance territoriale (Libro Bianco CE, 2001) Inoltre non è un caso se l’incontro informale dei Ministri Europei, che si è svolto a Lipsia il 24 e 25 maggio 2007, è stato dedicato allo sviluppo urbano e alla coesione territoriale: in quella sede sono stati adottati due importanti documenti strategici: “l’Agenda territoriale UE” e “la Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili”. L’Agenda territoriale costituisce un inquadramento strategico per orientare le politiche di sviluppo territoriale verso l’attuazione delle strategie di Lisbona e di Gothenburg. Con questo documento si invita ad una più incisiva cooperazione e ad un migliore collegamento in rete sugli aspetti territoriali, con particolare riferimento ai temi della crescita economica sostenibile e delle politiche occupa-
Aree Urbane (fonte: ESPON, Atlante ESPON: mappatura della struttura del territorio europeo).
zionali, dello sviluppo di reti tra le aree urbane e di una moderna concezione dello sviluppo urbano e territoriale, con il coinvolgimento del più ampio numero possibile di attori locali e regionali. La Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili intende, d’altro canto, coniugare le linee politiche dell’Unione Europea in tema di sviluppo sostenibile con i problemi e le opportunità del contesto urbano europeo. Nella conoscenza delle sfide e delle opportunità e dei diversi patrimoni storici, economici, sociali ed ambientali delle città europee, i Ministri degli Stati membri responsabili per lo Sviluppo Urbano concordano su principi comuni per la politica di sviluppo urbano. A Lipsia sono stati focalizzati alcuni elementi chiave quali le strategie per la valorizzazione del tessuto urbano, il miglioramento del mercato del lavoro e delle economie locali, l’integrazione degli immigrati e i trasporti urbani non inquinanti.
Integrazione europea, coesione territoriale e sostenibilità L’Europa, in quanto laboratorio per ripensare il futuro privilegiando lo sviluppo sostenibile, spinge alla cooperazione e all’integrazione sociale tra le diverse regioni europee, basata sulla valorizzazione delle identità locali e sulla coesione economica, sociale e territoriale. La coesione territoriale3, intesa come la ripartizione equilibrata delle attività umane, rappresenta la traduzione sul territorio dell’obiettivo di sviluppo equilibrato e sostenibile e implica l’accesso equo dei cittadini e degli operatori economici ai servizi di interesse economico generale, indipendentemente dalla regione alla quale apparten-
gono. Lo sviluppo sostenibile e competitivo policentrico è l’ambizioso obbiettivo della Strategia di LisbonaGothenburg che si concentra su quattro priorità-chiave: l’innovazione, la qualità, la “globalizzazione” e le risorse finanziarie. Queste priorità dovrebbero essere attuate limitando il cambiamento climatico tramite l’uso di energia pulita, indirizzando le politiche verso la tutela della salute pubblica, gestendo le risorse naturali in maniera più responsabile e incrementando forme di trasporto e uso del suolo compatibile. L’azione di pianificazione sostenibile si traduce in termini pratici nella proposta di un modello policentrico capace di valorizzare le identità locali nell’ambito dei limiti dei rispettivi perimetri d’azione naturali e antropici, utilizzando per l’attuazione lo strumento della governance. Le città e le aree metropolitane sono considerate nodi strutturali della nuova Europa e motori per lo sviluppo economico. Il modello policentrico implica però la promozione di reti di città e sistemi urbani, complementari e interdipendenti, alternativi alle grandi metropoli e città capitali, che possano garantire l’integrazione dell’ambiente rurale. Per dare corpo ai concetti di “coesione territoriale” e di “sussidiarietà”4, si è fatto ricorso alla dimensione territoriale della sostenibilità (Camagni, 2003). Attualmente, le tre componenti principali della coesione territoriale sono: l’efficienza, la qualità e l’identità territoriale. Inoltre la coesione può certo contribuire a migliorare l’efficacia dei sistemi di governo del territorio delle diverse regioni europee, basandosi sull’utilizzo equilibrato e integrato del principio di “sussidiarietà”. L’obiettivo di “integrazione” europea si è notevolmente
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Mestre (Venezia), tangenziale, barriera di Villabona.
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rafforzato proprio grazie al principio di “coesione economica sociale e territoriale” e può essere considerato come lo strumento primario, per contrastare rischi di disgregazione e il conseguente fallimento delle politiche comunitarie. Nell’Aprile 2005, la Commissione ha presentato le linee guida integrate per la crescita e l’occupazione 20052008, come base per i piani d’azione nazionali che gli stati membri hanno presentato nell’autunno 2005. La Commissione ha valutato tali piani d’azione e adottato un Annual Progress Report nella prima metà del 2006, includendo un numero significativo di cambiamenti, resi necessari per attuare la politica di sviluppo sostenibile e policentrico introdotta nel 20015. Gli obiettivi–chiave comprendono: protezione ambientale, equità sociale e coesione, prosperità economica e assunzione delle responsabilità internazionali. I principi–guida comprendono: promozione dei diritti fondamentali, equità “intra” ed “inter” generazionale, società aperta e democratica, coinvolgimento dei cittadini e di partner economico-sociali, coerenza politica e governance, integrazione politica, uso della migliore conoscenza disponibile. Questi indirizzi sono la base del nuovo ESDP e della nuova visione europea 2007-2013, per cui coesione, competitività, sostenibilità e policentrismo sono ugualmente importanti per guidare lo sviluppo spaziale delle regioni europee, come sostenuto nelle “Conference of European Ministers responsible for Regional Planning”, o CEMAT (2002 e 2006). In questi contributi si auspica una politica per il territorio orientata alla sostenibilità e basata su dieci principi relativi allo sviluppo regionale equilibrato. Il primo di questi principi si riferisce proprio al policentrismo competitivo: lo sviluppo promuoverebbe la coesione territoriale attraverso una crescita socio-economico più equilibrata a livello regionale, incrementandone così la competitività (CEMAT, 2002). L’ESDP resta comunque il principale riferimento comune e la sua revisione in termini policentrici6 ha suggerito nuovi percorsi per uno sviluppo equilibrato del territorio europeo, o, viceversa, per raccogliere i nuovi orientamenti della strategia di Lisbona-Gothenburg: la coesione
sociale ed economica, la conservazione delle risorse naturali e dei beni culturali, la competitività equilibrata del territorio, per meglio specificare la relazione tra nuovo ESDP e policentrismo competitivo in sostenibilità.
POLY.DEV.: una nuova generazione di strumenti di pianificazione territoriale L’Unione Europea definisce la propria strategia territoriale come sinergica rispetto a quella delle regioni, considerando che l’assetto del territorio non deve ridursi ad una somma di impostazioni, nazionali e regionali, ma deve essere il risultato di una loro integrazione. In tal senso il livello regionale rappresenta l’ideale di mediazione tra la visione globale e quella locale, ricomponendo le strategie con i concreti riferimenti spaziali e fisici. Con sempre maggiore intensità, i sistemi-paese, le regioni, le città si propongono quali sedi di attività produttive, logistiche e di servizio, favorendo processi di “planning” e organizzazione di risorse endogene, assicurando ed offrendo “set territoriali” coesi e sostenibili in grado di determinarne il successo nel mercato globale. Tutto questo ed altro definisce un assetto economico-territoriale policentrico, dove è fondamentale la presenza simultanea di più centri autonomi di potere e di decisione in un sistema economico, amministrativo e politico. In quest’ottica, nel rispetto dei principi evidenziati nelle iniziative ESDP, ESPON e CEMAT, e nell’ambito di Interreg IIIB nasce il progetto trans-regionale POLY.DEV., che trae origine dalla consapevolezza che regioni e città sono “in prima linea” nello sforzo congiunto volto a garantire lo sviluppo equilibrato del territorio nel rispetto di ambiente e cittadini. Il progetto si è proposto di migliorare la comprensione e la diffusione dei principi fissati da ESDP, di potenziare le abilità delle istituzioni locali responsabili della pianificazione territoriale sulle strategie sostenibili, di sperimentare strumenti innovativi di governance del territorio, di promuovere attività di scambio transnazionale su questi temi, di favorire il processo di adesione coinvolgendo partner di recente ingresso nell’Unione Europea. L’obbiettivo principale era quello di rafforzare, a livello
Regione del Veneto Assessorato alle Politiche per il Territorio Segreteria Regionale all’Ambiente e Territorio Direzione Regionale Pianificazione Territoriale e Parchi
Progetto di comunicazione: PATCHWORK studiachitettura Stampa: Arti Grafiche Conegliano, Susegana, Treviso
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UNIONE EUROPEA
a cura di Tiziana Quaglia
sviluppo policentrico sostenibile nel Veneto
POLY.DEV.
common best practices in spatial planning for the promotion of sustainable POLYcentric DEVelopment
La Regione del Veneto è da sempre estremamente sensibile alle problematiche che coinvolgono la pianificazione e lo sviluppo sostenibile del suo territorio. La capacità di governare le dinamiche di trasformazione è un tema che ha fortemente motivato la Regione a proporsi come Lead Partner del progetto POLY.DEV., nell’ambito di Interreg IIIB - CADSES. Il Progetto POLY.DEV., dedicato allo “Sviluppo policentrico sostenibile nell’area Cadses”, ha inteso promuovere attività di scambio transnazionale su tematiche di pianificazione territoriale e di sviluppo policentrico nell’area dell’Europa Centrale, Adriatica, Danubiana e del Sud-Est. L’obbiettivo principale è stato quello di rafforzare la capacità di gestione delle istituzioni regionali e locali, con l’intento di trovare una strategia comune integrata negli stati dell’area CADSES, attraverso la ricerca e la sperimentazione di modelli di pianificazione innovativi e orientati verso l’applicazione dei principi proposti dalla Comunità Europea. Questo progetto ha rappresentato un’occasione per identificare metodi concreti, per offrire risposte pragmatiche, per raccogliere e far proprie nuove idee emerse da esperienze italiane ed estere. L’attività svolta dal Progetto POLY.DEV. potrà, dunque, costituire un fertile patrimonio di base per arricchire le capacità tecniche di pianificazione territoriale utili alla “governance” del territorio della nostra regione.
On. Dott. Giancarlo Galan Presidente della Regione del Veneto
a sinistra: Venezia, Palazzo Balbi – sede della Giunta Regonale.
La ricerca di idonei strumenti per la realizzazione delle politiche territoriali, anche alla luce degli indirizzi europei sull’assetto del territorio, è da tempo un obiettivo importante che l’Assessorato alle Politiche per il Territorio della Regione del Veneto intende perseguire con determinazione e che ha contrassegnato la sua attività sia attraverso la pianificazione territoriale vera e propria, sia nell’ambito delle iniziative comunitarie. La necessità di governare le trasformazioni territoriali nella nostra regione seguendo i principi di sviluppo sostenibile, evidenziati nelle iniziative ESDP, ESPON e CEMAT, e gli obiettivi europei sortiti da Lisbona e da Gothenburg, ha fortemente motivato l’Amministrazione Regionale a proporre il Progetto POLY.DEV. nell’ambito del programma Interreg III B CADSES 2000/2006. Se il problema della pianificazione territoriale può sembrare una questione esclusivamente locale, il contributo fornito da POLY.DEV. dimostra quanto possa essere importante la ricerca di buone pratiche mirate alla sperimentazione di strumenti innovativi di pianificazione sostenibile ed equilibrata del territorio anche in un ottica internazionale. Il nodo centrale della gestione del territorio è rappresentato dalla capacità progettuale, che deve saper promuovere lo sviluppo con interventi duraturi e innovativi, convogliando sinergie pubbliche e private verso un obbiettivo comune di utilizzo razionale delle risorse. Nella pratica questo si traduce nella ricerca di strumenti, sempre più idonei, che consentano di rispondere con precisione ai complessi problemi legati alle trasformazioni territoriali. Proprio in questa logica POLY.DEV. ha orientato la sua ricerca su nuovi modelli di pianificazione e ha cercato di sperimentarli nelle diverse realtà, nello spirito della cooperazione transnazionale e nella logica delle direttive comunitarie in questo campo. Il progetto ha promosso la diffusione, sia a livello locale che a livello internazionale, del concetto di policentrismo e di sostenibilità, quali principi fondamentali per creare un equilibrio tra lo sviluppo, l’ambiente e la tutela del patrimonio culturale.
Renzo Marangon Assessore Regionale alle Politiche per il Territorio
Fabio Gava Assessore Regionale alle Politiche per l’Economia
a sinistra: PTRC 2007, Documento Preliminare, Tavola dell’ Uso del Suolo.
autori Romeo Toffano Regione del Veneto Maria Prezioso Università di Roma - Tor Vergata Tiziana Quaglia Regione del Veneto Viviana Ferrario Università IUAV di Venezia Davide Longhi Università IUAV di Venezia Lucia Brusegan Euris - Segretariato Tecnico di Progetto Marco Bottaro Istituto Nazionale di Urbanistica del Veneto Daniele Putti Istituto Nazionale di Urbanistica del Veneto Francesco Sbetti Istituto Nazionale di Urbanistica del Veneto Marco Meggiolaro Euris - Segretariato Tecnico di Progetto
nota del curatore
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TIZIANA QUAGLIA
visione e concretezza
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ROMEO TOFFANO
il policentrismo in Europa e nel Veneto policentrismo nelle regioni d’Europa
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MARIA PREZIOSO
la pianificazione territoriale e l’Europa
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TIZIANA QUAGLIA
policentrismi nel Veneto centrale
39
VIVIANA FERRARIO, DAVIDE LONGHI
la sperimentazione nel Veneto un progetto per lo sviluppo sostenibile
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LUCIA BRUSEGAN
l’applicazione del modello STeMA
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MARCO BOTTARO, DANIELE PUTTI, FRANCESCO SBETTI
la strategia comunicativa di POLY.DEV.
83
MARCO MEGGIOLARO
un’opportunità per la pianificazione territoriale riflessioni conclusive sull’applicazione di STeMA
91
FRANCESCO SBETTI
il futuro dello sviluppo policentrico
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MARIA PREZIOSO
appendice
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nota del curatore
Il progetto POLY.DEV. trova la sua collocazione entro le iniziative che la Regione del Veneto ha portato a termine nel periodo di programmazione 20002006, nell’ambito del Programma Interreg III B – CADSES - con l’obiettivo di dare un contributo significativo alle politiche finalizzate al raggiungimento di un assetto armonioso ed equilibrato del territorio europeo tramite la cooperazione transnazionale. Questo progetto ha rappresentato un’occasione per offrire una nuova lettura del territorio in seno alle istanze europee di policentrismo e sviluppo sostenibile. L’esperienza di POLY.DEV. ha dimostrato come la competizione e la sostenibilità possano essere realizzate anche nell’ambito di entità territoriali molto diverse tra loro, sviluppando diverse capacità e potenzialità, seguendo vari processi di sviluppo e trasformazione, cogliendo le opportunità e le sfide che derivano dal progressivo inserimento dei sistemi locali nel processo di integrazione economica internazionale. La strategia informativa di progetto si è articolata a due livelli di diffusione: a livello comunitario, attraverso una pubblicazione finale a carattere internazionale, che ha raccolto i risultati della ricerca condotta dall’intera “partnership”, e a livello locale, con un volume dove ogni partner, singolarmente e nella propria lingua, ha cercato di riassumere il lavoro svolto a livello regionale e i relativi risultati ottenuti. Questa pubblicazione raccoglie alcuni contributi che rappresentano una sintesi degli elementi più significativi della ricerca svolta dalla Regione del Veneto. Gli autori che hanno collaborato alla stesura del volume fanno parte del gruppo di lavoro che ha sviluppato il progetto per conto del Veneto e che con grande impegno ha consentito di portare a termine con successo l’iniziativa.
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visione e concretezza Romeo Toffano
POLY.DEV., un modello virtuoso per operare sul territorio
a sinistra: foto aerea di Venezia, ortofoto digitale - volo IT2000 del CGR Parma.
POLY.DEV. è il nome che si è assegnato ad un progetto di collaborazione internazionale con l’obiettivo di rafforzare lo sviluppo policentrico all’interno dei Paesi Europei, attraverso il miglioramento della pianificazione territoriale, raggiungibile con il monitoraggio, il confronto e la condivisione dei principali stili e strumenti di pianificazione presenti nell’area Adriatico-Danubiana. POLY.DEV. tende a far emergere un modello di pianificazione che il Veneto si è impegnato a recepire all’interno del nuovo PTRC, un Piano percorso dall’ambizione di essere visionario, ma allo stesso tempo concreto. La visione del Piano risiede nel tentativo di mettere in figura la “civitas” del Terzo Veneto - multipolare, colta, aperta, elegante, solidale, efficiente - riflettendone l’identità, promuovendone la competitività e realizzandone i sogni. La concretezza si esplicita nel tentativo di ottenere dei risultati effettivi attraverso le politiche territoriali: il criterio fondamentale per valutare gli interventi sul territorio è quello della sostenibilità progettuale, declinata sia in senso sociale che economico e ambientale. Le azioni individuate dal PTRC devono infatti essere credibili, sia da un punto di vista finanziario e temporale, in grado quindi di reperire ed utilizzare le risorse necessarie alla loro realizzazione in un congruo intervallo di tempo, che da un punto di vista ambientale e sociale, mirate alla costituzione di un equilibrio sia umano che naturalistico, capace di rafforzare la qualità della vita dei cittadini veneti. Il PTRC, articolato per “progetti bandiera”, riconosce come prioritario il sistema urbano regionale, caratterizzata da una fitta rete di città, luoghi di memoria, storia ed emozioni in cui le persone scambiano non solo merci, ma anche parole e ricordi. I grappoli di città venete, i sistemi urbani policentrici, ma anche l’armatura urbana delle città minori o costiere, rappresentano ancora il motore del futuro. E’ per questa ragione che l’approccio definito da POLY.DEV. è particolarmente adatto ad essere testato in Veneto, sistema policentrico per eccellenza, ed in particolar modo in quell’area tra Venezia e Padova, detta il “Bilanciere”, che si appresta a diventare, in virtù delle istanze di modernità, trasformazione e vitalità che la attraversano, la “capitale plurale” della nostra Regione.
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1 Maria Prezioso Tiziana Quaglia Viviana Ferrario Davide Longhi
il policentrismo in Europa e nel Veneto
Venezia, gara di gondolini sul Canale della Giudecca.
trans-nazionale, le capacità di gestione del territorio, da parte delle istituzioni regionali e locali, finalizzando tale gestione a strategie comuni di sviluppo policentrico negli stati membri vecchi e nuovi dell’area CADSES. L’area CADSES rappresenta una zona molto importante per l’attuale geografia dell’Unione Europea allargata a 27 paesi. In quest’area sono presenti 18 paesi che, dal Mar Baltico al Mar Mediterraneo, costituiscono una vera e propria cerniera tra l’Europa centro occidentale, cuore economico del continente, e le regioni orientali. Si tratta di un grande territorio caratterizzato da notevoli diversità dal punto di vista culturale, ambientale ed economico. È noto come molti paesi di questa area soffrano di problemi legati alla disparità in termini di PIL (Prodotto Interno Lordo) e di sviluppo socio-economico, senza escludere le carenze infrastrutturali e di servizi. In una situazione di crescita urbana importante, questi gap possono provocare danni gravi, nel caso non si intervenga con strumenti di controllo dello sviluppo territoriale e di adeguata pianificazione: la cosiddetta governance del territorio. I Partner di POLY.DEV. rappresentano diverse realtà territoriali europee (Slovenia, Slovacchia, Grecia, Bulgaria e Italia) e diverse istituzioni e agenzie di sviluppo, ma i diretti beneficiari del lavoro di cooperazione sono inequivocabilmente gli enti locali (Regioni, Province e Comuni). Il progetto si fonda sulla profonda convinzione che le politiche di pianificazione regionale e i relativi strumenti applicativi svolgano un ruolo fondamentale nella realizzazione dello sviluppo sostenibile, in quanto considerano insieme caratteristiche economiche, sociali e ambientali. La possibilità di intervenire su tali aspetti (attività produttive, servizi, trasporti, qualità della vita, ecc.) tramite la pianificazione territoriale è stato un elemento importante per ricercare orientamenti e strumenti applicativi atti a guidare la crescita sostenibile, secondo una strategia comune ed integrata, sulla base di principi di sviluppo policentrico. Il progetto ha affrontato la questione del policentrismo inquadrandolo non solo nel dibattito globale-locale, ma anche nella relazione nazionale-regionale, in quanto luogo
di evoluzione di insediamenti sparsi (urbani e non) che si riorganizzano in forma di sistema, pur mantenendo caratteri ed individualità in grado di connotarne l’auto-produzione vitale. È stato affidato al policentrismo il compito di definire una struttura capace di disegnare le “similarità nella diversità” delineando un modello territoriale fondato sulla multi-centralità distribuita, nella quale trovasse realizzazione l’integrazione di sistemi urbani periferici, attraverso la dilatazione del cosiddetto cuore europeo, ma soprattutto la valorizzazione delle risorse specifiche delle diverse aree, risorse che consentono l’accesso nei circuiti economici continentali. Analizzando il policentrismo a livello regionale e subregionale, è stato quindi confermato il ruolo sostanziale che la politica territoriale europea deve attribuire ai sistemi di città piccole e medie e alle aree metropolitane interdipendenti, in alternativa alle grandi metropoli e alle città capitali europee classicamente monocentriche. L’esigenza di garantire l’integrazione dell’ambiente rurale, senza dimenticare per questo il tema delle aree metropolitane è un argomento di grande interesse che il progetto ha cercato di affrontare. POLY.DEV. ha previsto lo studio delle relazioni tra le zone rurali e/o naturalistiche e quelle urbanizzate tramite l’attuazione di azioni coordinate di pianificazione, la ricerca di nuove metodologie di analisi del territorio e l’applicazione di modelli di sviluppo policentrico sostenibile. Attraverso una strategia comune, volta ad applicazioni concrete, i partner coinvolti hanno ipotizzato nuovi strumenti atti a creare equilibrio tra le trasformazioni territoriali, l’ambiente e la tutela del patrimonio culturale, promuovendo tecniche di pianificazione innovative e sperimentali. Il progetto ha orientato la metodologia di lavoro, ipotizzando le trasformazioni di luoghi e modelli policentrici potenziali in luoghi e modelli policentrici emergenti, se sottoposti ad azioni di pianificazione sostenibile, capaci di valorizzare (alle diverse scale) lo sviluppo delle identità locali presenti, utilizzando lo strumento della governance. Ha inoltre aiutato a spiegare come la combinazione di condizioni nazionali e locali generi il vantaggio
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Tavola di coordinamento tra le regioni dell’area padano-alpina-adriatica. Schema del sistema delle polarità urbane e delle potenziali connessioni interregionali - realizzazione di Nicola Paccagnella.
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competitivo dell’impresa europea, per cui le condizioni alla base del vantaggio competitivo sono spesso localizzate all’interno dello stato, in sistemi territoriali (città o regioni, soprattutto transfrontaliere) diversi per i diversi settori produttivi. Nell’ambito delle attività tutti i partner hanno contribuito a mettere in luce le problematiche legate all’applicazione dei modelli di sviluppo sostenibile e a descrivere le diverse strutture socio economiche delle aree oggetto di sperimentazione. Inoltre il progetto ha dimostrato la necessità di una legittimazione istituzionale che garantisca processi di governo del territorio, finalizzati al policentrismo, senza peraltro escludere dinamiche spontanee di cooperazione improntate alla partecipazione dei livelli locali nelle scelte di sviluppo sostenibile nella gestione del territorio. In termini di diffusione locale va sottolineato, quale elemento positivo e risultato concreto, il grande interesse riscontrato da parte degli enti locali sub-regionali (province e comuni) i quali, nel corso dei tavoli di animazione territoriale, sia nel Veneto che nelle altre regioni coinvolte, sono stati favorevolmente impressionati dalle sperimentazioni attuate e hanno partecipato attivamente a tutti gli eventi organizzati in sede locale. La strategia informativa del progetto era infatti un elemento molto importante, fondato sulla capacità di trasferire in modo adeguato le informazioni alle Pubbliche Amministrazioni, concretamente coinvolte nella gestione del territorio. Il lavoro svolto ha contribuito a migliorare la conoscenza di procedure pianificatorie innovative e, di conseguenza,
anche a incrementare le capacità di gestione del territorio, soprattutto per quanto riguarda i partner appartenenti ai nuovi Stati membri (Slovenia, Slovacchia e Bulgaria). Ogni partner ha lavorato tenendo presente le diverse situazioni e le esigenze specifiche ed è stato concordato uno standard minimo in termini di risultato da raggiungere nell’ambito delle singole sperimentazioni. Infatti l’obbiettivo era quello di catturare valori e limiti della sostenibilità dei diversi territori, individuandone le vulnerabilità e gli elementi di criticità, al fine di definire le sensibilità territoriali con strumenti comuni ed innovativi Il lavoro non è stato semplice. Ogni regione partiva da situazioni istituzionali, legislative, ambientali, territoriali profondamente diverse. Le esperienze legate alla pianificazione territoriale dei diversi partner e il loro “background” era vario, come differenti erano le banche dati a cui far riferimento per l’attuazione dei modelli di pianificazione. Tutto ciò a comportato un grande sforzo da parte di tutti, al fine di unificare linguaggi, metodi e procedure, cercando di identificare elementi comuni da condividere e, soprattutto, da applicare concretamente. Credo quindi che, al di là di tutto, il grande risultato del progetto POLY.DEV. sia stato quello di fare un primo passo concreto e innovativo per parlare un unico linguaggio con il territorio europeo visto nel suo insieme.
POLY.DEV.: una sfida per il Veneto L’esperienza della Regione del Veneto, capo fila di questo progetto, è legata al grande lavoro di pianificazione territoriale che sta portando avanti da qualche anno in
La visione del policentrismo a lungo temine nello spazio europeo (fonte: Ingérop 2000).
Porte europee (fonte: Ingérop 2000).
ambito regionale e che dovrà concretizzarsi nel nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC). Per una regione come il Veneto, dove il livello di sviluppo raggiunto consente una sempre maggiore integrazione con entità economiche, territoriali e politiche più ampie, (non necessariamente coincidenti con una nazione, più spesso con regioni contigue7), l’attenzione alle indicazioni comunitarie rappresenta un punto nodale irrinunciabile.
zione e al ruolo che questa regione intenderà svolgere in ambito europeo negli anni futuri. Il Veneto, con le regioni del nord est, occupa una posizione geografica di cerniera tra la grande area padana e i paesi dell’Europa centro-orientale e balcanica; rappresenta un punto di riferimento fondamentale, crocevia d’obbligo verso le terre dell’Adriatico e del Medio Oriente Mediterraneo, evocando direttrici già segnate da secoli, seppure congelate nel corso del dopoguerra con la politica europea dei due grandi blocchi contrapposti e con la guerra fredda, che aveva trasformato il mare Adriatico da luogo storico di scambi culturali e commerciali a “cortina di ferro” tra stati diversi che poco comunicavano tra loro. Con il recente allargamento a 12 nuovi paesi, il “baricentro” dello spazio europeo si è di fatto spostato verso Est (anche oltre il cosiddetto “Pentagono”) e il Veneto ha assunto una posizione più centrale rispetto ai nuovi confini, non solo dal punto di vista della semplice distanza fisica, ma anche per quanto riguarda il suo ruolo di “porta” degli scambi commerciali con l’Est e con il Sud del mondo. Si tratta “della rivincita della geografia sulla politica dei blocchi, che riporta in funzione la prossimità come opportunità di integrazione”9.
Come sappiamo l’Unione Europea ha seguito, per la sostenibilità, la via dell’adesione volontaria al rinnovamento, delineando un processo di integrazione tra politiche, mezzi di azione e strumenti di tipo non legislativo. Aumento della conoscenza ed interazione con il locale sono i punti di partenza per ridisegnare il percorso della pianificazione e per il miglioramento continuo delle politiche, delle normative e dei risultati, dichiarando nel contempo di voler tener conto delle specificità regionali e locali. Così facendo, l’Unione ha fissato alcune regole che hanno avuto un forte impatto modificatore sul comportamento delle istituzioni pubbliche e sulla concezione della pianificazione sostenibile8. Il Veneto sembra voler acquisire definitivamente queste condizioni attraverso il PTRC, ridefinendo i propri ruoli istituzionali in vista delle trasformazioni richieste dalle competenze sussidiarie: politiche per UE-Stato-regioni, programmi per le province, progetti per i comuni. In quest’ottica il progetto POLY.DEV. acquista un valore aggiunto di grande rilievo, anche in riferimento alla posi-
Se le città e le aree metropolitane sono considerate, dunque, i nodi strutturali della nuova Europa e i motori per lo sviluppo economico e se il modello policentrico proposto dalle politiche europee vede i sistemi urbani come elementi fondamentali del territorio, allora possiamo dire che il Veneto possiede grandi potenzialità in questa di-
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Strà (VE), Villa Pisani.
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rezione. Le sue città capoluogo, pur facendo parte integrante di un unico sistema territoriale, rivestono ruoli diversi sia per caratteristiche fisiche che per storia, sviluppo e posizione geografica, ed entrano in competizione tra loro, senza che nessuna assuma un’egemonia economica o demografica sulle altre. L’area metropolitana del Veneto centrale è anomala rispetto alle classiche aree metropolitane di tipo monocentrico (Milano), infatti nel nostro caso essa non ha una sola “madre”, ma almeno tre o quattro (Venezia, Padova, Treviso e Vicenza). Si tratta di un sistema metropolitano dove non esiste un centro forte, bensì una struttura di base agricola sulla quale si è innestato l’impianto dell’attuale economia delle Piccole Medie Imprese (abitazione + capannone). Tale struttura dispersa e orizzontale ha comportato ampio consumo di territorio e grande richiesta di trasporti: una composizione di più città lineari, conurbazioni che seguono assi viari storici (la riviera del Brenta tra Venezia e Padova e il Terraglio tra Venezia e Treviso). Ne deriva un’immagine che vede la presenza di più centri urbani dove si è realizzato storicamente un sistema policentrico, una rete di città, complementari e interdipendenti, che anche nel passato hanno protetto la loro identità con forme di competitività che si sono alternate a forme di collaborazione. La doppia vocazione del Veneto, da una parte profondamente policentrica nella sua struttura interna e dall’altra fortemente centralizzata a livello geografico nella “nuova Europa”, è una sfida/opportunità che la Regione deve
cogliere per caratterizzarsi in ambito europeo. Alla pianificazione territoriale di area vasta spetta l’onere di accettare la sfida, elaborando una griglia di raccomandazioni politiche ed azioni da realizzare sulla base di nuovi indicatori spaziali e territoriali utili all’applicazione della strategia di Lisbona e di Gothenburg. Il suo ruolo primario sarà quello di “territorializzare” le prospettive di sviluppo economico e sociale creando, tra l’altro, condizioni favorevoli al successo dei progetti ai diversi livelli di governo.
1 Vedi versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea, Gazzetta Ufficiale dell’ UE del 29.12.06 – C321 E/5 2 Il 23 giugno 2007, dopo una seduta piuttosto difficile, il Consiglio Europeo ha raggiunto un accordo sul mandato per la Conferenza intergovernativa, che avrà il compito di approvare il trattato UE, infatti non si parlerà più di “Costituzione”, ma di “Trattato sul funzionamento dell’Unione”. Alcuni concetti cambieranno, altri rimarranno inalterati, altri ancora saranno novità assolute. I punti principali su cui si baserà il nuovo Trattato riguarderanno: il sistema di voto, l’estensione della maggioranza qualificata, la presidenza del Consiglio europeo, l’alto rappresentante per gli esteri e politica per la sicurezza, il parlamento europeo, il ruolo dei parlamenti nazionali, la carta dei diritti fondamentali e la concorrenza.
Porto Marghera (Venezia), esempio di archeologia industriale.
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La coesione territoriale completa la coesione sociale ed economica. Vedi anche la relazione interinale sulla coesione territoriale – studi ORATE e Comm. Europea 2006. Il concetto di integrazione europea e di coesione economica fra regioni (soprattutto transfrontaliere) sono legati (Cfr. anche PREZIOSO M. (a cura di) , Rapporto di Coesione Nazionale, Roma, Min. Infrastrutture, luglio 2006).
di concretizzare una fattiva collaborazione transfrontaliera e interregionale tra zone confinanti. Euroregione “Alpina ed Adriatica” (il nome non è ancora stato definito): tra il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, la Carinzia, Slovenia, le Contee Croate dell’Istria e Litoraneo Montana e “Euroregione Adriatica”: nata nel giugno 2006 che raggruppa diversisoggetti (Comuni e Regioni) i cui territori si affacciano sul Mare Adriatico, tra cui anche il Veneto, che intendono cooperare nell’ambito del nuovo “organismo”.
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La sussidiarietà rappresenta una sorta di “salvaguardia” delle istanze nazionali rispetto agli impegni comunitari, ma non per questo va vista come insidia al principio altrettanto importante di coesione, dal momento che potrebbe favorire la condivisione dei temi legati alla “governance” territoriale su scala comunitaria. Essa tende a privilegiare, per quanto possibile, il livello di governo e di amministrazione più prossimo al cittadino, garantendo il riconoscimento delle autonomie e delle diversità, pur attribuendo al centro alcuni poteri indivisibili. Il principio di sussidiarietà stabilisce, infatti, che le istituzioni più piccole, essendo più vicine al cittadino e alle realtà locali, siano le prime ad avere responsabilità di tipo operativo, sia dal punto di vista progettuale sia sotto l’aspetto finanziario. Le istituzioni di livello superiore sono chiamate in causa perché rispondano al principio di solidarietà e a quello di competenza sulla base delle capacità attribuite agli enti. La competenza rinvia, infatti, alla cosiddetta capability, ossia alla capacità delle istituzioni di impiegare la strumentazione necessaria (a livello locale come a quello nazionale) all’adempimento dei compiti assegnati loro dalle norme vigenti e dalle aspettative (domande) espressa dalla società civile (PREZIOSO M., 1999 e 2005).
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Cfr. Draft Declaration on Guiding Principles for Sustainable Development, Maggio 2005.6 Cfr. anche il progetto ESPON 3.2, Final Report 2006. 7
Cfr. gli Atti della Consultazione inter-regionale per un disegno coordinato dell’area padana-adriatica (Adria-Po Valley) organizzata dalla Regione Veneto il 15 febbraio 2007 a Venezia e vedi anche “Euroregione”: realtà istituzionale riconosciuta dalla stessa Unione Europea (seppur non ancora legittimata a livello giuridico/normativo), che suggerisce forme di unione e di cooperazione su vari fronti, consentendo
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• la domanda viene prima dell’offerta di pianificazione; • la domanda viene “dal basso” e di conseguenza la congruenza dell’offerta si deve misurare “dal basso”; • politiche, programmi, progetti rappresentano l’offerta e devono rispondere alla domanda; • l’incontro tra domanda ed offerta costituisce il prezzo ovvero il punto di equilibrio dove è perfettamente rispettato il patto tra Stato e cittadini; • le domande possono essere diverse e diversamente espresse così come le offerte, poiché fanno riferimento a mercati diversi per scala geografica; • la scala geografica della domanda deve essere pertinente al livello sussidiario dell’offerta; • esistono tanti livelli istituzionali quante sono le scale geografiche della sussidiarietà. 9 ZANETTO G., Lo spazio adriatico una difficile sintesi- In l’articolazione territoriale dello spazio costiero. Il caso dell’Adriatico, 2006, pp. 215-216. Per un’estensione del tema ad altre regioni adriatiche si veda anche: FUSCHI M. (a cura di), Per una regione medio adriatica, Milano, F. Angeli, 2006.
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policentrismi del Veneto centrale Viviana Ferrario - Davide Longhi
Policentrismo veneto e dispersione insediativa
a sinistra: dispersione insediativa e territorio agricolo nella pianura centro-veneta.
Gli esperti hanno costantemente sottolineato il carattere policentrico del sistema insediativo veneto, legato ad una lunga tradizione che si consolida sul finire del Medioevo e viene confermata in età moderna durante il dominio della Serenissima1. Questa struttura non verrà messa in discussione dalle politiche territoriali attivate tra Otto e Novecento dai governi austriaco e italiano - nonostante a questa fase risalgano alcune scelte strategiche, soprattutto di tipo infrastrutturale, che condizioneranno lo sviluppo futuro del Veneto2; il carattere policentrico non verrà contraddetto neanche dal processo di industrializzazione del secondo dopoguerra, equamente diviso tra i poli urbani principali e le localizzazioni extraurbane pedemontane, né tanto meno dal successivo “miracolo del nord est”, l’industrializzazione diffusa degli anni Ottanta e Novanta, che anzi ne sarà un importante fattore di conferma3. Nell’ultimo quarto del Novecento, infatti, la pianura centrale veneta, benché fosse già stata in passato teatro di una intensa e precoce stagione protoindustriale, ha attraversato una rapida e radicale trasformazione da un’antica economia agricola ad una industriale, basata essenzialmente sulla piccola e media impresa4. In questa crescita straordinaria, che ha assunto a tratti le proporzioni di un’epopea, soprattutto nei racconti che ne hanno fatto i media, gli osservatori concordano nel sottolineare il ruolo di alcune peculiari condizioni geografiche e sociali di partenza, tra le quali spicca proprio la struttura territoriale. La crescita economica si è infatti tradotta in un vasto processo di dispersione residenziale, produttiva e terziaria, riassunto all’inizio degli anni Novanta con la definizione di “città diffusa”5. Questa particolare forma di urbanizzazione si è potuta sviluppare a partire da un modello insediativo complesso, composto di città mercantili di media dimensione, grossi borghi agricoli, un abitato rurale intrinsecamente disperso e servito da una fitta rete viabilistica minore, predisposto per rispondere alla crescita urbana anche senza grossi investimenti di capitale pubblico. Come recentemente si è osservato, la pianura centrale veneta è un territorio storicamente “iso-
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Tessera (Venezia), Aeroporto Marco Polo.
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tropo” dal punto di vista insediativo e “poroso” dal punto di vista della infrastruttura stradale e della rete delle acque6. Non si tratta di indifferente omogeneità, quanto di ripetizione minuta ed insistita di piccole gerarchie locali, di una dettagliata articolazione in sistemi di piccoli luoghi significativi, non necessariamente coincidenti con i centri storici, ma legati piuttosto ad una scansione minutissima del territorio organizzata dalla preesistente residenza contadina. Come in altri distretti industriali della piccola-media impresa italiana, è stato proprio il contesto rurale che ha fatto da substrato attivo all’industrializzazione diffusa, cui le pratiche agricole in via di modernizzazione e razionalizzazione hanno ceduto spazi e manodopera a basso costo7. Lo sviluppo microindustriale non ha trascurato neanche le valli alpine più periferiche, che hanno elaborato una propria personale declinazione della dispersione (che qui si concentra nei fondovalle e sui bassi versanti). Se in pianura il capannone viene costruito di fianco all’abitazione, in montagna si consolida il modello della casa-laboratorio, particolarmente evidente per esempio in Cadore con l’industria dell’occhiale. Questo sviluppo territoriale visto a scala di pianura centroveneta mostra ancora inequivocabilmente i suoi tratti policentrici, ma osservato alla scala regionale esso convive invece con un processo di polarizzazione territoriale in corso: lo sviluppo urbano si concentra nell’area centrale economicamente forte e marginalizza le aree montane e quelle della pianura meridionale, creando una situazione di potenziale conflitto. Il processo di urbanizzazione ha avuto un ulteriore
boom nell’ultimo decennio: secondo Unioncamere tra il 2002 e il 2004 sono stati concessionati 1.363 milioni di metri cubi di nuove costruzioni. Il boom edilizio, che a causa di alcune iniziative nazionali di politica fiscale si era concentrato in un primo tempo sugli edifici produttivi (40 milioni di metri cubi nel 2002), si è ora spostato sulla residenza. Nel solo 2004 è stata autorizzata la costruzione di 17.751 metri cubi di edilizia residenziale, con una crescita del 13,9% rispetto all’anno precedente8. L’edilizia residenziale non è però l’unico aspetto di questo “cantiere infinito”9: negli ultimi anni, infatti, sotto la pressione, anche emotiva, di un traffico sempre più intenso, sono stati attivati numerosi cantieri di ammodernamento della rete stradale ed è stata avviata la costruzione di quattro nuove autostrade: tra esse i trentadue chilometri del Passante Autostradale di Mestre, che attraversano un’area densamente popolata e assai significativa sotto il profilo agricolo10, attorno al capoluogo regionale. Il Passante Autostradale è uno degli elementi in cui si articolerà il Corridoio V Lisbona-Kiev, che attraversa il Veneto da Ovest a Est, percorrendo tutta la pianura centrale. Il passaggio dei corridoi europei è potenzialmente in grado di modificare in modo consistente gli equilibri territoriali: nel Veneto questo processo per certi versi è già in corso.
Lungo il Corridoio V La forte connessione generata dal passaggio delle più importanti infrastrutture internazionali e regionali, ferroviarie e autostradali, lungo gli assi Venezia-Bologna e
PTRC 2007, Documento Preliminare, Tavola della Mobilità: dettaglio dell’area centro-veneta.
Venezia-Milano, tende ad accentuare le due polarità di Padova e Venezia-Mestre. Questo asse connettivo ha contribuito a richiamare nell’ultimo decennio notevoli investimenti pubblici e privati, catalizzando numerosi progetti di livello metropolitano e favorendo l’insediarsi di funzioni di rango regionale e interregionale che rafforzano il ruolo dei due capoluoghi: la creazione della grande cittadella aeroportuale del Nord-Est, connessa al porto di Venezia, agli interporti di Venezia e Padova, alle grandi aree industriali, attive e in dismissione, di Padova-Camin e Porto Marghera, crea una ossatura logistica, infrastrutturale e produttiva che propone scenari di sviluppo notevolmente differenti rispetto al passato. È interessante notare che in quest’area sono già in atto due tra i più significativi casi di urban regeneration del Veneto, l’area di Padova Est e quella di Porto Marghera, che porteranno a riconfigurare e riallocare molto del sistema economico terziario delle due province. Ne è un esempio significativo il dibattito sulla localizzazione del grande Polo Fieristico del Veneto, che si vuole strettamente connesso con l’aeroporto e con il Corridoio V. Intanto alcuni sintomi dello sviluppo di una struttura di tipo metropolitano si stanno già delineando: la creazione del Parco Scientifico e Tecnologico del Vega, la realizzazione della grande area direzionale di via Torino e altre significative realizzazioni, come il Polo Ospedaliero di Mestre, che si affiancherà al futuro nuovo Polo Ospedaliero Universitario previsto in area padovana. Contemporaneamente si stanno realizzando importanti infrastrutture tranviarie in entrambi i capoluoghi e il
grande progetto regionale del SFMR, dopo venti anni di dibattiti su tracciati e fermate, avrà Mestre come principale riferimento. Ad un incremento notevole della capacità alberghiera11, si sono affiancati la realizzazione di numerosi poli commerciali e del divertimento, mentre la proposta della creazione di grandi aree terziarie e direzionali si fa sempre più pressante in vista della realizzazione dell’asse europeo Lisbona-Kiev. Il tempo dei capannoni spontanei contigui alle case rurali sembra già lontanissimo, pur restando ancora una delle preoccupazioni dominanti del dibattito. Per rispondere alla problematiche innescate dall’“industria diffusa” è sufficiente contrapporre alla città diffusa una nuova città metropolitana terziaria compatta12. Padova e Venezia-Mestre sembrano destinate a rappresentare il cuore metropolitano della regione, con l’acquisizione, grazie ad una visione policentrica, di una importanza strategica che i due centri non avrebbero separatamente. Anche a questo fine da tempo si parla della costituzione a livello amministrativo di un’Area Metropolitana13, la cui configurazione definitiva si rilegge nel Piano di Area, che ribattezza significativamente “Bilanciere” il sistema territoriale tra Padova e Venezia-Mestre. L’idea della città metropolitana policentrica di tipo lineare, come emerso dal progetto POLY.DEV, si sta facendo lentamente strada anche grazie ad alcune iniziative, come il recente ciclo di seminari, che si sono svolti nei primi mesi del 2007 sul tema Venezia Padova14: Incontri per la definizione di scenari di sviluppo, per un rafforzamento dell’asse Venezia-Padova come fattore competi-
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Esempi di “verticalizzazione” dell’insediamento terziario nell’area di Padova Est (a sinistra Hotel Mantegna, a destra NET Center).
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tivo del Nord Est. Le riflessioni che i comuni, le provincie e l’amministrazione regionale portano avanti si basano anche su analisi di diversi dati sullo sviluppo della competitività del sistema, non sempre integrabili, e su letture e interpretazioni raccolte a livello europeo sui due territori. Dal rapporto DATAR (Delegation à l’Amenagement du Territoire et à l’Action Regionale), studio sulle città europee con più di 200.000 abitanti, pubblicato nel 2003, si rilevano interessanti informazioni, che sembrano suggerire la necessità di rafforzare la complementarietà tra Padova e Venezia. Per esempio la competitività dei due capoluoghi considerati singolarmente sembra molto inferiore rispetto a quella che potrebbe emergere se fossero conteggiati insieme e con i sessantasette comuni a loro strettamente connessi. Venezia sicuramente spicca per una maggiore competitività complessiva (classe 5 come ad esempio Napoli, Bologna e Torino, Rotterdam Strasburgo e Salonicco), dovuta alla forte diversificazione dei settori presenti nel comune; la competitività patavina sembra essere invece troppo specializzata, anche se su settori sinergici tra loro come quelli terziari, universitari e fieristici (classe 6 come ad esempio Verona, Genova e Trieste, Nancy, Losanna e Saragozza). Complessivamente però la posizione delle due città rispetto all’indagine analoga del 1989 è in calo e questa considerazione accentua l’esigenza di adottare una strategia complessiva di rilancio. Secondo l’Atlante della competitività delle province elaborato dall’Istituto G. Tagliacarne e dall’Unione Italiana delle Camere di Commercio, le due province si colloca-
no in una buona posizione rispetto agli indicatori di carattere economico, anche se Venezia è più competitiva (6° posto rispetto al 16° di Padova). Le due Provincie (Venezia 829.418 abitanti, e Padova 882,779 abitanti) con 71.000 imprese veneziane registrate nel 2005, contro 93.823 patavine (all’ottavo posto in Italia) si trovano a dover competere a livello europeo per attrarre investimenti. Sembra che la loro competitività possa essere favorita dalla sinergia territoriale, proprio per la forte diversificazione che possono offrire. Se dunque è ormai necessario risolvere l’annosa questione dell’Area Metropolitana di Venezia-Padova, resta aperta la strategia territoriale da prendere, che dovrà tener conto della vocazione policentrica tradizionale. La questione più rilevante da questo punto di vista sembra essere il ruolo economico-territoriale da attribuire ai centri minori. Fino a questo momento il rafforzamento della capacità abitativa dei comuni di cintura non si è configurato secondo un modello di policentrismo territoriale efficace, anzi si è assistito a processi di perdita di identità a causa della riduzione dell’offerta plurifunzionale di rango locale. I molti nuclei insediativi appartenenti a quelle che una volta venivano chiamate “cinture urbane” in una visione metropolitana centralista rischiano di trasformarsi in periferie dei capoluoghi, prive di funzioni strategiche. Gli studi POLY.DEV hanno con chiarezza posto il problema dello sviluppo di un modello equilibrato e sostenibile di crescita dei due capoluoghi nelle relazioni che essi stabiliscono con i centri medi e piccoli della provincia. Differente è il ruolo che potrebbe facilmente delinearsi
Densificazione commerciale con funzioni di rango sovraregionale intorno al casello di Padova Est.
per i comuni della “città lineare” della Riviera del Brenta, dotati di aree meglio servite dalle infrastrutture e dal trasporto pubblico. Sono evidenti gli straordinari vantaggi localizzativi che si pongono lungo il Corridoio V per le imprese e per le strutture terziarie e commerciali, legate soprattutto ad opportunità di tipo logistico e ad una forte visibilità e accessibilità. Il dibattuto caso di Veneto City ne è un esempio evidente: questo progetto, che propone la creazione ex novo di un grande polo di terziario avanzato in corrispondenza dell’area Industriale di Dolo Nord, non a caso sceglie proprio l’intersezione tra il Corridoio V e la nuova Romea Commerciale. L’irrobustimento di alcune direttrici stradali principali, all’interno di un sistema dalle gerarchie deboli, tende a contrastare la struttura policentrica per andare verso una struttura centro/periferia, che rischia di presentare dunque alcuni aspetti problematici. La questione della mobilità è un nodo da sciogliere: alla congestione automobilistica di molti nodi interurbani si cerca risposta con la concentrazione. Ma poiché la congestione è provocata in molti casi dalla eccessiva saturazione funzionale di aree incapaci di reggerne la spinta, perché nate con una vocazione locale piuttosto che metropolitana, allora una gerarchizzazione spinta del sistema stradale non rappresenta una soluzione tout-court. Esiste un modello per organizzare in modo policentrico la struttura territoriale metropolitana, cogliendo le opportunità date dal passaggio del Corridoio V e risolvendo il problema della congestione? Queste è una delle principali questioni affrontate dal progetto POLY.DEV.
Oltre il policentrismo? L’attenzione dedicata al policentrismo dalla politica territoriale europea ha dato negli ultimi anni un forte impulso alla riflessione e al dibattito su questo tema strategico, sia a scala internazionale, che nazionale15. Queste riflessioni hanno contribuito a riproporre con forza la questione della governabilità del policentrismo e delle aree policentriche, che in occasione dell’attuale revisione della pianificazione regionale territoriale e settoriale del Veneto rappresenta una questione centrale16. Gli studi condotti sul policentrismo hanno evidenziato le molteplici sfaccettature del termine, che si compone in senso morfologico e in quanto sistema di relazioni, di una scala locale o più piccola. Nel trattare il policentrismo veneto emerge una questione di scala. Se si considera l’intero territorio regionale, l’obiettivo generale è quello di affinare gli strumenti per governare i processi di polarizzazione in corso, puntando ad integrare sempre più le aree della montagna e della pianura meridionale al di là dei vincoli che le vorrebbero semplice riserva (d’acqua, di naturalità, di manodopera, di produzione agricola) “al servizio” di una conurbazione centrale economicamente forte ma e ancora impreparata a sviluppare le potenzialità di competitività offerte dai modelli policentrici sostenibili. Un modello di sviluppo policentrico e sostenibile è capace, infatti, di suggerire soluzioni endogene ai possibili conflitti in atto, che vanno invece sanati in una collaborativa divisione dei ruoli e una chiarezza ed equa suddivisione degli obblighi reciproci (sussidiarietà verticale ed orizzontale). Anche a scala locale però è necessario trattare con ac-
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Nella configurazione neo-policentrica del Terzo Veneto gli spazi aperti rivestono potenzialmente un ruolo estremamente significativo.
Esempi di trasformazione del rapporto tra edifici e spazio aperto (immagini tratte da una ricerca di B. Castiglioni e V. Ferrario).
curatezza la questione dello sviluppo policentrico: sia controllando con la massima precisione possibile i processi che si attiveranno attorno al passaggio dei corridoi europei, sia prestando attenzione alle potenzialità offerte da policentrismi periferici meno indagati dalla letteratura scientifica17. Il governo del policentrismo veneto passa dunque attraverso alcune mosse strategiche. La città diffusa e il trasporto pubblico non sono necessariamente inconciliabili. Un importante contributo ad un Terzo Veneto policentrico e sostenibile può venire dallo sviluppo capillare e intermodale del trasporto pubblico e collettivo, che faccia parte integrante della nuova città da immaginare. La costruzione della SFMR, lungamente attesa, non può che andare in questa direzione, perché le stazioni metropolitane possono assumere un ruolo rilevante nel rinforzare l’armatura funzionale locale, ma è necessario investire anche sullo studio di soluzioni fortemente innovative. Una seria e coordinata politica del trasporto pubblico a scala regionale deve essere integrata con l’ormai indispensabile investimento sulla pervasività delle reti telematiche, garantendo una equità di accesso e pari opportunità alle aree marginali, oggi pesantemente discriminate. La densificazione lungo il Corridoio V pone la questione dell’housing, nodale nella misura in cui questa parte del territorio veneto, con l’aumento della sua competitività, è destinata a diventare ancora più attrattiva anche per le cittadinanze immigrate. La giusta allocazione territoriale degli interventi abitativi e il loro dimensionamento devo-
no perciò farsi carico della ridefinizione di un equilibrio sociale, rispondendo a bisogni di coesione e integrazione. Nella configurazione neo-policentrica del Terzo Veneto gli spazi aperti rivestono potenzialmente un ruolo estremamente significativo. Le aree “ad elevata naturalità”, coinvolte nella costruzione di una rete ecologica di scala europea, sono ormai universalmente percepite come indispensabili fattori di equilibrio e di garanzia della sostenibilità. Ma una politica territoriale “durevole”, attenta alle questioni ambientali, si incentra anche sulla straordinaria risorsa costituita dagli spazi agrari. Il loro indispensabile ruolo economico-produttivo si deve coniugare con la valorizzazione della loro funzione ambientale e sociale, non solo attraverso opportune conversioni all’agricoltura biologica e biodinamica, ma soprattutto ripensando la loro configurazione e il loro rapporto con lo spazio costruito, anche in relazione con le sempre più diffuse fragilità e criticità geomorfologiche. Proprio su questo punto è forse necessario il massimo sforzo di innovazione nel governo del territorio: solo superando l’artificiosa contrapposizione urbano/rurale che la realtà veneta ha smentito da tempo18, sarà possibile ricostruire lo statuto dello spazio coltivato nel progetto del Terzo Veneto. La dispersione insediativa, a lungo demonizzata da alcuni come vorace consumatrice di suolo, presenta invece potenzialmente una straordinaria originalità territoriale, che consiste proprio nell’aver saputo coinvolgere gli spazi agrari nel suo sviluppo, garantendo loro un accettabile grado di conservazione. Perché la città “agropolitana” della carta di Asiago19, metafora affascinante ma an-
PTRC 2007, Documento Preliminare, Tavola della Biodiversità: dettaglio dell’area centro-veneta.
cora da completare, possa prendere forma realistica e sostenibile, bisognerà però correggere i danni generati da decenni di politiche agricole indifferenti all’ambiente, cosa che del resto si sta facendo con le nuove misure agro-ambientali20. Infine, ma non per ultimo, è indispensabile il richiamo alla consapevolezza territoriale della popolazione, alla governance partecipata, declinata anche dal progetto POLY.DEV. Solo una conoscenza certa e diffusa delle conseguenze ambientali e territoriali delle scelte e dei comportamenti individuali e collettivi può gestire gli inevitabili conflitti e far convergere le forze in una visione condivisa capace di rendere operativo il disegno di un nuovo Veneto. Investire in conoscenza e in educazione territoriale significa investire in un futuro governabile e sostenibile.
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“La struttura territoriale veneta è articolata in numerosissimi centri, tanto da poterla descrivere come essenzialmente policentrica. (...) Si possono distinguere due sub-sistemi metropolitani legati alle città: quello di Verona (...) e quello formato da Treviso, Mestre-Venezia, Padova, Vicenza, al quale fa riferimento tutto il restante territorio regionale. Si riconoscono caratteri metropolitani, sia pure a livello più rarefatto e diffuso, all’area pedemontana (...). Nell’insieme questi sub-sistemi danno struttura e prospettiva al sistema metropolitano reticolare veneto”. IT.URB.’80. Rapporto sullo stato dell’urbanizzazione in Italia: Veneto, Quaderni di Urbanistica Informazioni, 8 (1990).
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In questo periodo storico infatti si consolida la struttura della rete attuale, prima con il sistema delle strade postali, poi con la costruzione della ferrovia (1835-1852), infine con l’autostrada (1933). La tendenza evidente a rafforzare l’asse trasversale Verona-Venezia, che attraversa la pianura veneta da ovest a est, è stata sempre controbilanciata da numerosi altri interventi, volti a mantenere un sostanziale equilibrio reticolare tra le parti, anche servendosi dell’intermodalità con le vie d’acqua. Si pensi alla straordinaria rete di canali navigabili, oggi fortemente sottoutilizzata, oppure alla rete di ferrovie minori oggi perdute, che serviva un’ampia parte della pianura centrale.
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“Il modello insediativo veneto, articolato in un gran numero di poli di varia complessità e livello gerarchico, (…) va salvaguardato non solo in ragione del suo profondo significato storico e culturale, ma altresì per i vantaggi che offre alle nuove prospettive di crescita sul piano organizzativo, funzionale e in riferimento al quadro di vita per i residenti e le attività produttive. Obiettivo generale del PRS è peraltro quello di favorire l’evoluzione della struttura policentrica veneta verso forme sempre più integrate e funzionalmente articolate” Regione del Veneto, Piano Regionale di Sviluppo 1988-90.
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Il presente articolo è frutto di riflessioni comuni dei due autori. Tuttavia il primo e il terzo paragrafo sono stati redatti da V. Ferrario, il paragrafo centrale da D. Longhi.
“È il modello veneto: 450 mila imprese, il 97 per cento delle quali con meno di quindici dipendenti, una quota del PIL per abitante di 23 mila euro (la media italiana è 19 mila), 3 mila sportelli bancari con 41 milioni di euro depositati, la disoccupazione che oscilla fra il 2 e il 2,5 per cento. Da questo triangolo ingolfato di lamiere - solo da questo triangolo, non da tutto il Veneto - parte il 22 per cento delle esportazioni italiane” (ERBANI F., La città diffusa, «La Repubblica», 24 luglio 2002).
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Porto Marghera (Venezia), darsena dei rimorchiatori. 5 L’espressione è stata usata da Francesco Indovina (INDOVINA F. et al., La città diffusa, DAEST, Venezia 1990), per indicare in modo specifico l’area più orientale della pianura veneta, dove oggi la dispersione è più “consolidata”. In seguito l’espressione è stata adottata nell’uso comune per indicare il fenomeno generale, anche se alcuni studiosi sostengono la necessità di distinguere tra diffusione e dispersione, termini che rappresenterebbero rispettivamente uno sviluppo naturale, generato dal “traboccamento” di aree metropolitane, e uno sviluppo patologico, tipico delle aree rurali, simile ai concetti di rurbanisation francese e di sprawl americano (CAMAGNI R., GIBELLI C., RIGAMONTI P., I costi collettivi della città dispersa, Alinea, Firenze, 2002).
6 Si tratta di riflessioni emerse durante il lavoro del gruppo di ricerca coordinato da B. Secchi e P. Viganò nell’ambito dell’allestimento del padiglione dell’Università Iuav di Venezia alla XX Biennale di Architettura di Venezia, curatore M. Folin, Venezia 2006.
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FUÀ G., ZACCHIA C. (a cura di), Industrializzazione senza fratture, Bologna, Il Mulino, 1983; C. GIACOMINI, E. MONTRESOR, G. ZORNITTA, Il ruolo dell’agricoltura nello sviluppo dell’economia veneta: dalla Ricostruzione alla fine degli anni ‘50, Centro Istruzione Professionale Agricola e Assistenza Tecnica, Venezia 1991.
8 UNIONCAMERE DEL VENETO, Relazione sulla situazione economica del Veneto nel 2006, Venezia 2007 (http://www.ven.camcom.it/pubblicazioni/pub3.htm).
9 Il recente boom edilizio ha riacceso i toni del dibattito, nel quale si segnalano soprattutto due posizioni nuove: quella che sottolinea le responsabilità ambientali del modello diffuso di sviluppo industriale e quella che insiste sulla “invisibilità” statistica del Veneto a livello europeo. Sarebbe urgente chiedersi se per “farsi vedere” dall’Europa sia necessario adattare la realtà alla strumentazione delle statistiche o piuttosto contribuire ad affinare la capacità delle statistiche stesse di rappresentare modelli territoriali meno consueti.
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Il Passante attraversa dodici comuni con densità insediativa media di oltre 600 Ab./Kmq., molti dei quali appartenenti alla zona di produzione del Radicchio Rosso di Treviso, fiore all’occhiello delle produzioni IGP del Veneto. La resistenza locale al passaggio dell’infrastruttura è venuta a convergere significativamente su due punti: la richiesta di una maggiore connessione all’infrastruttura stessa e la richiesta di maggiori garanzie di mitigazione ambientale. A questo proposito Coldiretti ha proposto un progetto di riqualificazione territoriale centrato sul possibile ruolo degli spazi aperti nella ricucitura della ferita inferta dal Passante (STEFFINLONGO S., FERREGUTI E. et al., Il Passante verde. Studio per la riqualificazione del territorio attraversato dal passante autostradale di Mestre, Coldiretti, Venezia 2006).
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Brano di città diffusa a nord di Padova - volo IT2000 (CGR Parma).
A Padova “l’apertura delle nuove strutture negli ultimi tre anni, e non ancora conclusa, ha già comportato un incremento della capacità ricettiva della città di circa il 50%” (Turismo: basta con la speculazione
Mestre (Venezia), il cantiere del nuovo Ospedale Civile.
immobiliare, AscomInforma - 07.09.07). 12 Questa tesi, che ha dominato lo Schema di Sviluppo Spaziale Europeo di fine anni ’90, è in corso di superamento nel dibattito internazionale sull’ “urban sprawl” (Cfr. 47th Congress of European Regional Science Association, Paris, 2007).
13 Dopo un decennio di riflessioni il processo di costituzione dell’Area Metropolitana Centroveneta è stato avviato nel 2000 grazie ad un protocollo d’intesa in cui le due città convenivano “di assumere ogni iniziativa utile alla costituzione della Città Metropolitana Centro Veneta che comprenda almeno Padova e Venezia, aperta ad ogni integrazione; di far sì che il nuovo statuto regionale preveda, in base all’ormai radicato principio di sussidiarietà, ruoli e funzioni della Città Metropolitana di Padova e Venezia; di dar avvio a una serie di protocolli d’intesa riguardanti specifiche forme di cooperazione”. Il processo è tuttora aperto.
14 Il ciclo di seminari è stato promosso dalle due città di Padova e Venezia e organizzato dall’Area Pianificazione Strategica della Direzione Programmazione e Controllo e dalla Pianificazione Strategica del Comune di Venezia.
15 A semplice titolo di esempio si citano le ricerche condotte in Europa sul tema specifico nel quadro di ESPON 1.1.1, Potentials for polycentric development in Europe, e in Italia il progetto di ricerca ITATER 2020 (SIU-MIT, L’armatura infrastrutturali e insediativa del territorio italiano al 2020. Principi, scenari, obiettivi, Final Report, Rome 2006).
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La Regione del Veneto sta rivedendo in questi ultimi anni la sua strumentazione con la nuova legge per il governo del territorio 11/2004, la revisione del Piano Regionale di Sviluppo, del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, di altri piani settoriali. In questo quadro l’impegno della Regione come capofila nel progetto europeo POLY.DEV è un forte segnale di consapevolezza e responsabilità. 17 Situazioni per così dire “micro-policentriche” virtuose si verificano con una certa frequenza nelle aree periferiche, ma non sono sempre oggetto di studi specifici. Il caso rappresentato della parte più settentrionale della provincia di Belluno è stato trattato in CASTIGLIONI B., FERRARIO V., «Struttura del territorio e sviluppo in tre comunità montane in area cadorina», in MASSARUTTO A. (a cura), Sviluppo regionale e politiche per Alpi, Franco Angeli (in corso di stampa).
18 La contrapposizione città campagna “è altrettanto falsa di quella che concepisse un’isola come limitata dalle acque e da queste circoscritta: il modo di pensare tipico di chi abita la terraferma è privo di senso per un pescatore, il cui incessante va e vieni dalla terra al mare usa la soglia fra gli elementi per creare, partendo da due domini, all’apparenza incompatibili, un’unità necessaria” (CORBOZ P., Il territorio come palinsesto, Casabella 516, 1985, ora in Ordine sparso a cura di P. Viganò, Franco Angeli, Milano 1998. Basti pensare alla compenetrazione funzionale e formale che durante tutta l’età moderna ha interessato
i luoghi abitati e gli spazi edificati (MERLO V., Voglia di campagna. Neoruralismo e città, Città aperta edizioni, Troina, 2006). Questa compenetrazione è particolarmente accentuata nel Veneto, dove non solo le numerose città all’interno delle mura medievali e moderne hanno conservato ampi spazi di “campagna” fino al secondo dopoguerra, ma soprattutto la parte di territorio agricolo più vicina alle maggiori città venete (corrispondente pressappoco al territorio degli attuali comuni di prima cintura), detta “campanea civitatis” era soggetta direttamente al potere cittadino, sia dal punto di vista civile e religioso (S. Bortolami, «Pieve e territorium civitatis nel Medioevo. Ricerche sul campione padovano», in SAMBIN P. (a cura di), Pievi, parrocchie e clero nel Veneto dal X al XV secolo, pp. 1-94), che della proprietà terriera e della produzione agricola (Cosgrove, Il paesaggio palladiano, Cierre, Verona 2000). Essa era costituita da una fascia di colture intensive specializzate, soprattutto orticole, e da una fascia di campagna aperta, ma ancora al diretto servizio della comunità urbana. Si consideri poi che nel Veneto le campagne erano fittamente insediate di case sparse, a causa della forma dei rapporti di produzione e dei contratti di affitto. Una maggiore conoscenza di questa compenetrazione, che caratterizza tuttora molta parte della città diffusa, potrebbe contribuire a capire meglio il modello insediativo veneto e il comportamento dei suoi abitanti. 19 BERNARDI U., «Per una valutazione globale dell’ambiente», in REGIONE DEL VENETO, Fondamenti del buon governo del territorio. Carta di Asiago, 2004 20 Il PRS adottato nei primi mesi del 2007 prevede molte misure che vanno nella direzione della conservazione e del miglioramento ambientale. Pianificare il Veneto agropolitano richiede uno sforzo di coordinamento delle politiche settoriali regionali, che faccia convergere le azioni in un progetto condiviso di territorio. Un passo in questa direzione ci sembra sia stato fatto nell’elaborazione del recente Documento Preliminare del PTRC, che ha visto l’apporto e la partecipazione fattiva di molti settori regionali, tra cui la Segreteria Regionale al Settore Primario ha avuto un ruolo assai significativo.
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2 Lucia Brusegan Marco Bottaro Daniele Putti Francesco Sbetti Marco Meggiolaro
la sperimentazione nel Veneto
REC Slo ova akia Slo ovak Uniiversity y of Technolog gy in Bratislava Provin nce of Gorizia Ve eneto Region
REC Slovenia a Developm ment Age ency of Idrija and Cerk kno Region nal Development Centre Koper
Marc che Regio on Municip pality of Sofi fia
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un progetto per lo sviluppo sostenibile Lucia Brusegan
POLY.DEV.: un’opportunità per la pianificazione territoriale
a sinistra: area CADSES i partners del progetto POLY.DEV.
POLY.DEV. trova la sua collocazione nell’ambito delle progettualità che la Regione del Veneto ha espresso nel periodo di programmazione 2000-2006 con l’obiettivo di partecipare all’assetto armonioso ed equilibrato del territorio europeo tramite la cooperazione transnazionale. Il programma Interreg IIIB CADSES ha, infatti, finanziato il progetto con l’intento di promuovere questa prospettiva di sviluppo territoriale e l’integrazione del territorio europeo, fronteggiando il rischio di isolamento delle zone di frontiera, cercando di limitare gli ostacoli posti dai confini in termini di barriere economiche, culturali e sociali e offrendo delle opportunità per contrastare la possibile marginalizzazione delle zone periferiche all’interno di un quadro di sviluppo policentrico e sostenibile del territorio. L’area geografica interessata dal programma CADSES rappresenta sia geograficamente che dal punto di vista funzionale, un’interfaccia fra due lati del continente europeo, connotata da profonde differenze negli assetti istituzionali, nelle caratteristiche socio-economiche e nelle politiche di pianificazione territoriale e ambientale. Il programma ha dunque inteso realizzare una collaborazione tra autorità nazionali, regionali e locali con l’obiettivo di promuovere opportunità di integrazione territoriale tra ampi raggruppamenti di regioni europee, per realizzare uno sviluppo sostenibile ed equilibrato nella Comunità e una migliore integrazione territoriale con i paesi candidati e altri paesi terzi limitrofi. È opportuno ricordare che proprio il pacchetto “Agenda 2000” ha contribuito a sostenere il più massiccio allargamento europeo, avvenuto nel 2004, e il successivo avvenuto nel 2007. In questo arco temporale, l’Europa è stata protagonista del più grande processo di integrazione pacifica di Stati: dal 1° maggio 2004, dieci nuovi paesi e quasi 75 milioni di abitanti sono entrati in UE, e dal 1° gennaio 2007 l’ingresso di altri due paesi ha portato l’Europa a contare 27 paesi membri. L’UE costituisce oggi uno spazio politico ed economico di rilievo nel panorama mondiale, che tuttavia deve ancora lavorare al suo interno per integrare visioni, approcci e politiche. Molti di questi paesi interessati dal processo di allargamento apparten-
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Dolo (VE), il naviglio Brenta.
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gono anche all’area del programma CADSES: i sei ex Stati satelliti dell’URSS (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria) e un’ex repubblica jugoslava (Slovenia). A questa area appartengono anche paesi e territori della “vecchia” Europa (l’Austria, la Grecia, alcune regioni di Germania e Italia, tra cui appunto il Veneto), i Balcani ed addirittura alcune aree ucraine poste sul confine con l’Europa. Un totale di diciotto paesi che individuano un’ampia area caratterizzata da una grande diversità di ambienti e di paesaggi che comprendono boschi, colline, aree litoranee, aree rurali ed urbanizzate, in cui trova collocazione un importante e variegato patrimonio culturale e naturale. Se nell’area CADSES vi è eterogeneità, anche nell’area interessata dal progetto POLY.DEV. esistono notevoli disparità in termini di crescita e sviluppo. È sufficiente analizzare gli indicatori strutturali di monitoraggio degli obiettivi di Lisbona e quelli riguardanti lo sviluppo sostenibile posti a Gothenburg, per rendersi conto delle differenze esistenti tra le regioni e i territori interessati dal progetto e dei “gap” tuttora esistenti1. Ancorché tali regioni fossero poste di fronte alle stesse opportunità di crescita, qualora lo sviluppo non fosse accompagnato da una adeguata politica di “spatial planning” e di gestione del territorio, questo stesso sviluppo rischierebbe di trasformarsi da vantaggio a minaccia. Congiuntamente ai fattori legati allo sfruttamento antropico e agli eventi naturali, il rischio di inadeguatezza delle politiche di pianificazione e l’uso improprio del territorio potrebbe, infatti, contribuire a determinare: • l’irrazionale espansione degli insediamenti urbani e
produttivi; • il deterioramento degli ambienti naturali e la modifica del paesaggio; • la riduzione della biodiversità, soprattutto in relazione all’uso incontrollato del suolo; • il peggioramento dell’habitat e della qualità di vita delle popolazioni. L’idea di partenza del progetto POLY.DEV. era quella di individuare e sperimentare possibili approcci che orientassero la pianificazione dei territori verso le grandi strategie europee, nell’ambito di una condivisione metodologica tra i diversi paesi interessati. Se da un lato l’elemento della transnazionalità ha determinato alcune complessità in fase di realizzazione di progetto, lo stesso ha tuttavia consentito la socializzazione e il trasferimento di prassi tra partner con background molto vari in tema di pianificazione. Si pensi, ad esempio, anche solo alle differenze esistenti nei diversi livelli di competenza istituzionale: in alcuni paesi tali competenze risiedono a livello di Stato centrale, in altri le stesse competenze si ritrovano nelle regioni. Slovenia, Slovacchia, Grecia, Bulgaria e Italia – i paesi che hanno partecipato a POLY. DEV. – hanno contesti istituzionali di riferimento, sistemi di lavoro e prassi assai distinte, e proprio questo elemento ha consentito un ampio confronto tra i partner sui temi progettuali. In questo senso, POLY.DEV. ha contribuito a sviluppare modelli e approcci comuni, individuando strumenti congiunti per l’applicazione dei principi di sostenibilità e policentrismo delineati dalle strategie europee di sviluppo del territorio. L’obiettivo generale del progetto riguarda il rafforzamen-
Marghera (Venezia), quartiere residenziale “Cita”.
to della capacità di governo e indirizzo sulle questioni relative alla pianificazione territoriale delle istituzioni competenti, che possa contribuire al consolidamento di una strategia comune ed integrata di sviluppo policentrico negli stati membri, come pure di tutti gli stati individuati dall’area CADSES, in coerenza con i principi delineati dallo Schema di Sviluppo Spaziale Europeo (SSSE) e dall’Agenda Territoriale europea. Nello specifico, il progetto ha contribuito a: • orientare lo sviluppo dei territori verso il modello europeo, così come definito dallo SSSE e dall’Agenda Territoriale, da ESPON e da CEMAT, così da promuovere lo sviluppo di questi territori nell’ambito di una visione policentrica, evitando la polarizzazione eccessiva attorno a pochi centri e la marginalizzazione delle aree periferiche; • promuovere, tramite alcune azioni pilota, condizioni di pari accessibilità rispetto alle infrastrutture per la mobilità e la diffusione delle conoscenze; • contribuire ad una gestione equilibrata del patrimonio naturale e culturale, che rappresenta una risorsa per lo sviluppo economico e sociale del territorio. Tali obiettivi sono stati possibili grazie a: • la condivisione tra i partner di un modello applicativo di supporto alla pianificazione territoriale compatibile con i principi di sviluppo policentrico e sostenibile previsti dallo SSSE; • l’adattamento e l’applicazione di approcci alla valutazione degli strumenti di pianificazione territoriale, in merito alla loro compatibilità con i suddetti principi; • la sensibilizzazione dei gruppi di interesse in merito
alle opportunità derivanti da uno sviluppo locale sostenibile e coerente con i principi del policentrismo, secondo un approccio di tipo bottom-up orientato a rafforzare il rapporto fra zone marginali rurali e zone urbanizzate. Le grandi strategie comunitarie in tema di pianificazione territoriale rappresentano in POLY.DEV. il riferimento verso il quale far convergere le politiche e gli approcci sviluppati a livello regionale/locale. Il progetto ha approfondito molti degli aspetti indicati dalle prospettive dello SSSE e dalla nuova Agenda Territoriale europea, interpretandoli a livello regionale e/o subregionale, in alcuni casi promuovendo un adattamento delle politiche locali esistenti e operando affinché queste possano meglio rispondere a queste strategie, in altri operando per l’avvio di processi di pianificazione orientati secondo tali strategie. Tra gli aspetti rilevanti affrontati da POLY.DEV. sono da ricordare: • lo sviluppo equilibrato di sistemi urbani e la definizione di un rinnovato rapporto urbano-rurale; • l’inclusione della dimensione della sostenibilità nelle scelte di pianificazione; • l’identificazione di strategie per migliorare l’attrattività del territorio. In questo senso, POLY.DEV. contribuisce a fornire una visione a ciascun territorio coinvolto dal progetto, quindi anche al Veneto, sul proprio “posizionamento” rispetto alle grandi direttrici strategiche dello sviluppo europeo, sui propri gap e sui possibili percorsi da attivare/potenziare in tema di governance, allo scopo di perfezionare la loro rispondenza a tali direttrici. Accrescendo dunque il livello di conoscenza sui territori interessati, permette
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Venezia, cantiere per la costruzione delle dighe mobili (MOSE).
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loro di stabilire anche percorsi di adattamento, mitigazione, bilanciamento, ecc. Il progetto consente, inoltre, di mettere a fuoco alcune possibilità e modalità di coordinamento tra le politiche di sviluppo territoriale di diverse regioni e territori europei, nell’ambito di una prospettiva comune. I partner di progetto possiedono un buon livello di rappresentatività del territorio europeo, sia in termini di sviluppo che di esperienze in tema di pianificazione: oltre al Veneto, che ben rappresenta il modello policentrico in Europa e che a livello di progetto ha potuto utilizzare le proprie competenze in tema di pianificazione, sono anche presenti aree urbane e rurali, zone di confine e costiere, in una pluralità di contesti geografici e amministrativi, dimostrandosi le esperienze dei partner in tema di pianificazione le più diverse. Situazione questa che conferisce al progetto una certa attitudine ad individuare problematiche di valenza generale che i territori si trovano ad affrontare nel momento in cui si misurano con processi di pianificazione orientati alle strategie comunitarie. POLY.DEV. ha realizzato un’analisi condotta in tutte le aree interessate dal progetto. Tale studio ha raccolto e confrontato le esperienze di pianificazione territoriale, la legislazione e gli orientamenti comunitari, nazionali e regionali in materia di governo ed uso del territorio. Ha consentito anche di identificare i punti di forza e di debolezza dei territori nell’ambito di un approccio comparativo, con particolare riguardo: • alla promozione di processi di sviluppo territoriale policentrico sostenibile; • alla conservazione della diversità delle risorse naturali
e culturali; • al rafforzamento delle relazioni fra le zone rurali e urbane; • allo sviluppo di un sistema policentrico ed equilibrato; • alla verifica degli effetti ambientali e socio-economici che derivano dallo sviluppo territoriale. Grazie a tale approfondimento si è resa possibile l’adozione di un modello di pianificazione territoriale condiviso a livello transnazionale, la cui applicazione consente di promuovere un razionale uso del territorio e, in definitiva, un processo di sviluppo territoriale sostenibile. La dimensione della cooperazione sta nella scelta operata congiuntamente dai partner: consapevoli della perfettibilità del modello individuato, questi hanno adottato un unico modello di riferimento con l’obiettivo di ampliare le proprie conoscenze e misurarsi tutti insieme in un terreno comune. Si tratta di STeMA: Sustainable Territorial Management Approach. Questo approccio è stato adottato dai partner di POLY. DEV. principalmente perché ritenuto di natura innovativa, perché stimato un modello cooperativo confrontabile e perché in grado di focalizzare nello stesso contesto l’attività umana e la qualità ambientale. Si tratta di un metodo multidisciplinare e interdisciplinare che utilizza una logica sistematico qualitativa in grado di integrare le competenze e la complessità dei diversi sistemi utilizzando la conoscenza come elemento ordinatore. Questo metodo consente di pianificare sulla base geo-economica al fine di perseguire l’obiettivo della sostenibilità con lo strumento della valutazione strategica ambientale, e di analizzare il territorio costruendo più piani d’azione
Fusina (Venezia), edificio rurale e paesaggio industriale.
confrontabili. Il modello STeMA rappresenta dunque l’elemento unificatore, il punto di incontro e il riferimento per tutti i partner. E ciascuno ha espresso una propria originalità nell’applicare tale modello alla propria area di riferimento, realizzando una serie di quadri analitici e previsionali dei territori europei individuati dai partner di progetto. La Regione del Veneto, in tal senso, ha applicato il modello sia nella sua fase analitica che in quella previsionale ad un Piano esistente, il cosiddetto “bilanciere” Venezia-Padova. In questo modo ha inteso offrire agli attori del territorio ulteriori strumenti potenzialmente utili per arricchire il Piano stesso. Altri partner di progetto, con diverse esperienze e background in tema di pianificazione, hanno applicato il modello solo in alcuni suoi quadri analitici. Per tutti, l’applicazione di STeMA ha dato esito alla realizzazione di alcuni sistemi informativi geografici dinamici (GIS) nei territori oggetto della sperimentazione. I lavori realizzati applicando STeMA in Veneto sono presentati nelle pagine seguenti.
1
Eurostat, ufficio statistico dell’Unione Europea, ha prodotto una serie di indicatori di monitoraggio e valutazione delle Strategie di Lisbona e Gothenburg. Per quanto riguarda gli obiettivi di Lisbona, che impegnano l’Europa a diventare “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”, tali indicatori, oltre a fornire per ciascun paese un quadro generale sullo sviluppo economico, forniscono dati sul lavoro, sulla ricerca e l’innovazione, sullo stato delle riforme economiche, sui livelli di coesione sociale e sull’ambiente. Per quanto riguarda la dimensione della sostenibilità sancita a Gothenburg, gli indicatori sono organizzati in 10 temi che riprendono le priorità politiche con i relativi impegni da parte dei paesi membri, relativamente - ad esempio – ai cambiamenti climatici, all’energia, alle produzioni e ai consumi, ecc. Per approfondimenti: http://epp.eurostat.ec.europa.eu.
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l’applicazione del modello STeMA Marco Bottaro - Daniele Putti - Francesco Sbetti
Il metodo STeMA, un approccio alla pianificazione e alla valutazione territoriale Metodologie scientifico tecnologiche associate al progetto POLY.DEV. Nel 2001 il Consiglio Europeo riunito a Gothenburg auspicò strategie europee finalizzate all’applicazione di metodologie di valutazione territoriale capaci di garantire uno sviluppo sostenibile, integrato e policentrico, in cui gli obiettivi sociali ed economici fissati nel corso del Consiglio Europeo tenutosi a Lisbona del 2000 (poi rivisti e aggiornati nel 2004) potessero essere integrati dall’attenzione verso il territorio. Il modello STeMA sembra aver anticipato questa dichiarazione e gli obiettivi poi fissati nel giugno 2005 dalla Commissione Europea1, poiché già in quegli anni incorporava la valutazione strategica di impatto poi introdotta dalla Commissione nel 2001, come una nuova procedura che andava a integrare e sostituire tipologie precedenti di valutazione relative a singoli settori. L’approccio STeMA è stato adottato come percorso comune nell’ambito del progetto POLY.DEV., non soltanto grazie alla sua natura innovativa, ma anche in quanto propone e costruisce un modello cooperativo comune e confrontabile, studia nello stesso contesto l’attività umana e la qualità ambientale e, infine, si fonda su una visione democratica dello sviluppo sostenibile e policentrico.
Padova, Canale Piovego.
Principi e presupposti operativi I principi di riferimento per le politiche territoriali policentriche sono orientati in Europa ad evitare l’estrema polarizzazione urbana intorno a pochi centri con conseguente marginalizzazione delle aree periferiche, favorendo contemporaneamente le condizioni per un’equa accessibilità alle infrastrutture, sia in termini di mobilità sia in termini di diffusione delle conoscenze. Le politiche urbanistiche, in particolare quelle di area vasta, sono perciò ormai caratterizzate da un approccio sempre più transettoriale e integrato, attento al territorio come ambito catalizzatore di “politiche di sviluppo” e luogo privilegiato per procedere alla valutazione degli effetti delle azioni; gli
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Paesaggio rurale nella provincia di Venezia.
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strumenti a sostegno non sono quindi solo quelli tradizionalmente propri della pianificazione di settore, ma il sistema di programmi e di politiche di portata globale. La pianificazione territoriale si è fatta carico, in questa prospettiva, di nuove responsabilità, tra cui quella di garantire l’obiettivo della coesione territoriale, vale a dire condizioni di vita sufficientemente uniformi ed equilibrate in tutti i territori europei, sostenendo le comunità locali nel perseguire propri obiettivi di sviluppo economico, sociale e culturale similari (modello bottom-up). L’opportunità di sperimentare modelli strutturati come STeMA per procedere alle analisi territoriali e quindi alla costruzione e alla valutazione di politiche territoriali appropriate, risiede essenzialmente nella necessità di disporre di strumenti capaci di operare astrattamente, secondo la logica integrata di sostenibilità sopra richiamata, in termini di: • trasformazione territoriale; • ammissibilità delle politiche e dei progetti. Tecnicamente strumenti come i Geographical Information System - GIS, che consentono la lettura di dati statistici associati ad unità geografiche, hanno rappresentato l’occasione per operare in questa direzione. L’approccio STeMA se ne serve, e anche per questo costituisce un significativo passo in avanti, quando pone una specifica attenzione alla caratteristiche intrinseche del territorio, attraverso la costruzione delle unità minime di riferimento a cui associare i dati. L’unità minima non è la semplice parte di una carta, derivata da una griglia di suddivisione più o meno casuale, ma rappresenta invece l’ambito di studio e di analisi, l’oggetto in grado di “catturare” i diversi valori e i limiti della sostenibilità: urbana, rurale, geomorfologica, ecc. La scelta delle unità minime rappresenta forse l’elemento più importante dell’intero processo di analisi, simulazione e valutazione. Gli strumenti urbanistici e la loro zonizzazione, così come i caratteri geologici del territorio, diventano la base informativa da associare alle zone censuarie per definirne la tipologia. Non si tratta quindi di un modello basato soltanto sulla parcellizzazione del territorio derivata dalla risoluzione
degli strumenti di interpretazione (come nel caso di Corine Land Cover), ma di un approccio che tiene conto anche di indicatori socio-economici. Il modello STeMA, partendo dalla zonizzazione urbanistica presente nella “mosaicatura” dei piani digitalizzati e dai poligoni della mappa geologica, individua aree unitarie sulla base di criteri statistici e spaziali e a queste associa i dati quantitativi e morfologici, per calcolare la capacità di un territorio di subire cambiamenti di stato restando nei limiti della sostenibilità. A queste macro-aree (aree unitarie per ricorrenza di caratteri significativi), cui viene riferito il giudizio di vulnerabilità o rischio di compromissione, si sovrappongono le micro-aree (elementi di piccola e media superficie), che concorrono ad esprimere il giudizio di criticità. La sensibilità rappresenta l’indicatore di sintesi, cioè la propensione del territorio ad accogliere trasformazioni; viene definita attraverso la combinazione di vulnerabilità (macro-aree) e criticità (elementi). Il modello, che si propone come metodo multidisciplinare per la pianificazione sostenibile, definisce, attraverso il quadro ambientale, un insieme di approcci disciplinari indipendenti chiamati sistemi: naturale, idrologico, geomeccanico, del paesaggio, insediativo, etc. Ognuno di essi contribuisce alla definizione del modello policentrico endogeno. Sebbene ognuno di questi abbia una valenza propria, si può riuscire a descrivere in maniera esauriente il territorio soltanto integrando le competenze e la complessità dei sistemi.
Organizzazione del territorio in unità minime di riferimento Al fine di ottenere una visione dello sviluppo territoriale che sia sostenibile, integrato e policentrico è necessario uno sforzo sia a livello della pianificazione che delle relative politiche amministrative. Con questo si intende la costruzione di un “processo” che possa essere utilizzato per definire la capacità presente e futura di un determinato territorio regionale o locale, di essere competitivo in termini di sostenibilità (Prezioso 2006 e 2007). Alla base del progetto POLY.DEV. c’è l’adozione del modello STeMA come approccio per una gestione territoriale e ambientale sostenibile, e la sua traduzione secondo
Mirano (VE), edificio rurale abbandonato.
passaggi logici, affinché possa essere applicato su scala nazionale (macro), regionale (meso) e sub-regionale (micro). La valutazione di impatto, da una scelta volontaria e attiva, è diventata una regola normativa e le relative implicazioni e responsabilità sono evidenti dal punto di vista politico-amministrativo. STeMA può assistere il “policy maker” nella scelta delle politiche regionali più appropriate, nonché dei migliori progetti e programmi, consentendo una valutazione ex ante di queste scelte. La comparazione dei “background” regionali si è rivelata fondamentale per la costruzione di uno sfondo concettuale, concepito in accordo con le direttive europee. La selezione di indicatori e determinanti è stata effettuata sulla base di criteri e parametri assegnati che potessero essere funzionali al raggiungimento degli obiettivi di questo progetto. Indicatori e determinanti esprimono valutazioni inviando “messaggi” che mantengono tracce della loro dimensione territoriale iniziale. Questa dimensione, che è differente se ci riferiamo a processi di valutazione come Territorial Impact Assessment (TIA)2, Strategic Environmental Assessment (SEA)3 o Environmental Impact Assessment (EIA)4, influenza la scelta dell’unità minima di riferimento e della scala geografica di analisi. La lettura per sistemi riferisce quindi i dati e gli elementi territoriali alle opportune unità minime informatiche, che permettono di valutare qualunque trasformazione nel suo contesto territoriale:
Macro aree
Unità di base
Sistemi interessati
Tipologie Spaziali Insediative (TSI)
Sezioni di censimento, caratteri della morfologia insediativa, processi insediativi storici, relazioni socio-economiche
Insediativo urbano e rurale, Sistema naturalistico (flora e fauna), Atmosfera, Rumore, Vibrazioni, Radiazioni, Salute Pubblica
Grandi Unità Morfologiche (GUM)
Sub-Unità Morfologiche (SUM)
Idrico, Geomeccanico, Paesaggio naturale
Unità Morfo-Territoriali (UMT)
Overlay SUM + TSI
Paesaggio storico ed antropizzato, Paesaggio naturale
Tipologie Spaziali Insediative Il concetto di “Tipologie Spaziali Insediative” (TSI) tiene conto della storia di eventi sociali ed economici e quella degli insediamenti sia pianificati che non pianificati. Queste tipologie si possono ricavare tramite l’aggregazione di unità minime di riferimento (sezioni di censimento ufficiali) considerate fonti attendibili di informazioni statistiche. I dati riguardanti la popolazione (che includono la densità e i livelli di urbanizzazione e antropizzazione) sono usati per stabilire i livelli di vulnerabilità, identificare gli elementi critici e definire i livelli di sensitività5. Dall’overlay tra la mosaicatura dei piani regolatori e le sezioni di censimento sono state ricavate le seguenti tipologie insediative: Classe A – Centri e poli con urbanizzazione diffusa e continua. Quelle parti di territorio dove la distanza tra elementi costruiti e strutture di servizio non consente insediamenti significativi di tipo agricolo produttivo. Tali poli sono caratterizzati da servizi di livello sovracomunale con carico insediativo particolarmente elevato in riferimento alle altre tipologie presenti nel contorno. Classe B – Struttura a maglia. Quelle parti del territorio caratterizzate da centri e nuclei abitati (non classificabili comunque come poli ad urbanizzazione diffusa e continua) collegati tra loro o a un polo a urbanizzazione diffusa e continua da infrastrutture di trasporto, che, comprese quelle di interesse locale, svolgono la funzione di elemento geometrico ordinatore dell’area. La peculiarità della tipologia spaziale a maglia è quella di presentare più di una direzione di orientamento preferenziale. Classe C – Struttura di tipo nodo-lineare. Quelle parti di territorio con caratteristiche analoghe alla precedente tipologia, ma con centri e nuclei abitati prevalentemente attestati lungo i maggiori assi di trasporto e la cui tipologia spaziale presenta un’unica prevalente direzione di orientamento. Classe D – Struttura a centri e nuclei isolati e insediamenti sparsi.
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A – Centri e poli con urbanizzazione diffusa e continua B – Struttura a maglia C – Struttura di tipo nodo-lineare D – Struttura a centri e nuclei isolati e insediamenti sparsi E – Assenza di antropizzazione Tipologie Spaziali Insediative (TSI) dell’area studio.
Quelle aree in cui la morfologia del suolo ha un peso determinante nella configurazione spaziale dell’insediamento, e in cui non è individuabile una direzione di orientamento preferenziale nella geometria insediativa relativa all’area nel suo complesso. Classe E – Assenza di antropizzazione. Aree dove non risultano insediamenti sia agricoli che urbani, con assenza di infrastrutturazione e sufficientemente vasti da non risentire dell’antropizzazione più vicina.
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Sub-Unità Morfologiche La parcellizzazione del territorio in Sub-Unità Morfologiche (SUM), che rappresenta una classificazione delle forme della crosta terrestre e dei fenomeni che la modificano, è stata ottenuta grazie all’utilizzo congiunto dei diversi dati messi a disposizione dal servizio SIT regionale. Le numerose tipologie di Sub-Unità Morfologiche potenzialmente individuabili possono essere raggruppate nelle seguenti quattro grandi famiglie di aree: pianeggianti – colline isolate e zone di dosso, pendii e gradini morfologici, terrazzi fluviali, aree golenali e aree fluviali, aree di bonifica, aree alluvionali recenti, aree piane di piana alta, paleo-alvei o alvei abbandonati; vallive – crinali, colline isolate, pendii e quinte naturali delle valli aperte, gradini morfologici, terrazzi fluviali, aree golenali e aree fluviali, aree di bonifica, aree di fondo valle aperte; collinari – crinali, aree collinari, pendii collinari, aree golenali e aree fluviali, aree piane; montane – creste, cime e crinali, pendii e quinte naturali di tipo montano, colline isolate, valli chiuse, fondo valle montano. La definizione e perimetrazione delle SUM, ha consentito di fornire una base cartografica per lo studio della vulnerabilità intrinseca dei sistemi che compongono il quadro ambientale, tuttavia ha risentito dell’inadeguatezza strutturale di alcune delle basi informative utilizzate, che sono nate per analisi a scala più piccola e che quindi mancano del necessario dettaglio informativo. Di seguito l’elenco delle sorgenti di dati utilizzate per la
definizione dei limiti morfologici: • carta delle pendenze elaborata mediante riclassificazione: 1. dei microrilievi della Pianura Padana; 2. delle isoipse della Regione del Veneto; 3. delle quote campagna ricavate dalla C.T.R.N. (Carta Tecnica Regionale Numerica); 4. del modello digitale regionale D.T.M. (Digital Terrain Model) 25m; • piano di assetto idrogeologico del bacino scolante della laguna di Venezia e del bacino Brenta; • carta geomorfologica della Regione del Veneto; • carta litologica della Regione del Veneto; • carta dei suoli e dei sottosuoli del Bacino scolante della laguna e del territorio Veneto; • dati relativi ai fenomeni franosi italiani I.F.F.I.; • analisi progetto C.A.R.G. (CARtografia Geologica); • analisi delle codifiche della C.T.R.N.; • analisi del grafo dei corsi d’acqua della Regione del Veneto ricavato dalla C.T.R.N.; • analisi del piano di tutela delle acque; • analisi di alcuni elaborati del progetto preliminare del nuovo PTRC (Piano Territoriale Regionale di Coordinamento). Unità Morfo-Territoriali Le Unità Morfo-Territoriali (UMT), che vengono utilizzate per l’analisi del paesaggio sia dal punto di vista naturale sia dal punto di vista storico e antropizzato, non sono soltanto il risultato della sovrapposizione di Tipologie Spaziali Insediative e Sub-Unità Morfologiche, ma rappresentano un approccio innovativo che include le caratteristiche delle attività umane, le tracce storiche lasciate dal processo di antropizzazione e le peculiarità geologiche dell’ambiente. Nel modello STeMA, la parcella di territorio più piccola, e al tempo stesso più ricca, è quindi l’UMT, poiché rende possibile l’utilizzo alternato o congiunto delle informazioni provenienti dalle unità da cui deriva. Le UMT, utilizzate per l’analisi del Sottosistema del paesaggio storico antropizzato, grazie all’uso delle informazioni contenute nelle tipologie spaziali insediative, rie-
Sub-Unità Morfologiche (SUM) dell’area studio.
scono a definire il limite dei sistemi di relazione storica.
Definizione dei sistemi di analisi La via per il conseguimento degli obiettivi fissati dal progetto POLY.DEV. viene individuata nell’utilizzo di un modello che coniughi i principi dello sviluppo sostenibile e policentrico con l’applicazione di un sistema di valutazione e controllo degli strumenti di pianificazione spaziale e del loro impatto sulle dinamiche di cambiamento a livello territoriale e socio-economico. Le specificità del modello STeMA sono: • definire e condividere una terminologia comune (glossario dei termini ricorrenti); • definire le modalità di acquisizione di dati certificati a livello nazionale, regionale e sub-regionale; • stabilire liste di indicatori e le procedure di territorializzazione dei dati statistici; • definire un’architettura generale attraverso l’applicazione di un metodo sistemico, che permetta di trattare ogni componente in modo separato e contemporaneamente operare una sintesi più ampia. STeMA organizza queste componenti secondo l’albero logico dell’ambiente citato di seguito e definisce, per ognuno dei sistemi, la sensibilità e i rischi potenziali a essa connessi, utilizzando i dati statistici e geografici opportuni e le unità minime più significative. • Ambiente naturale: • Sistema idrologico; • Sistema geomorfologico; • Sistema del paesaggio: • Sottosistema del paesaggio naturale; • Sottosistema del paesaggio storico e antropizzato; • Ambiente antropizzato: • Sistema insediativo urbano; • Sistema insediativo rurale; • Sistema naturalistico e delle aree protette; • Sistema dell’atmosfera; • Sistema della salute pubblica; • Sistema del rumore. Le informazioni raccolte durante la costruzione del quadro ambientale ex ante si sommano a quelle del quadro programmatico all’interno della banca dati. L’obiettivo è
quello di definire e rappresentare la situazione di riferimento e le interrelazioni esistenti all’interno dell’ambiente interessato. La conoscenza delle caratteristiche dei sistemi analizzati, permette di individuarne le singole sensibilità attraverso indicatori quali-quantitativi, simbolicamente espressi dalle prime lettere dell’alfabeto, cui si attribuisce un valore decrescente dalla “A” alla “G” (valori ordinali). La sensibilità ambientale esiste a prescindere dall’azione dell’uomo ed è costruita attraverso indicatori che, oltre a concorrere alla rappresentazione dell’ambiente, consentono di misurare in profondità gli effetti di una qualsiasi azione di piano. Il concetto di sensibilità è, dunque, un carattere ambientale sintetico, poiché descrive la capacità o meno di un sistema di subire cambiamenti di stato. Nell’ambito di POLY.DEV. si è deciso di stabilire il quadro ambientale ex ante dell’area di studio Veneta utilizzando la sensibilità di sei sistemi: idrologico, geomorfologico, del paesaggio, insediativo urbano, insediativo agricolo e naturale. Le sei figure che seguono, forniscono una versione schematica della definizione operativa della sensibilità di ognuno dei sistemi, attraverso la combinazione e la classificazione di dati semplici ed indicatori. La loro scelta a priori così come quella dei loro valori di soglia è sempre incompleta e delicata, in quanto frutto di un processo di semplificazione, che comporta inevitabilmente la perdita di una parte dell’informazione disponibile. Sistema idrologico La vulnerabilità del sistema viene calcolata sulla base della combinazione tra tipologia di sub-unità morfologica e permeabilità intrinseca dei terreni, mentre la sua sensibilità è il risultato della combinazione tra la vulnerabilità e la quantificazione degli elementi critici all’interno dell’unità minima di riferimento. Cogliere quali fattori determinano la propensione al dissesto è fondamentale per stimare la sensibilità del sistema idrologico e per valutare correttamente gli impatti delle azioni. Una reale comprensione dei meccanismi alla base della dinamica dei versanti o delle aste fluviali può infatti aiutare a valu-
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Tipologie Spaziali Insediative (STS)
Sub-Unità Morfologiche (MSU)
Unità Morfo-Territoriali (TMU)
Rappresentazione tridimensionale dell’overlay topologico tra TSI e SUM, che porta alla definizione dei confini delle Unità Morfo-Territoriali (UMT).
tare e confrontare le azioni di intervento di piani e progetti. Morfologie piane Morfologie vallive aperte
Classi di SUM per tipo di GUM Vulnerabilità Propensione al dissesto idrologico
Morfologie collinari
Morfologie montane Permeabilità
Sensibilità del sistema idrologico Criticità
dei terreni
- Compresenza di elementi nelle SUM
Schema del sistema idrologico. Morfologie piane Morfologie vallive aperte
Classi di SUM per tipo di GUM
Morfologie collinari Vulnerabilità Rischio di dissesto
Sensibilità del sistema geomorfologico
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Morfologie montane Qualità geomeccanica dei terreni
Classi di criticità degli elementi Criticità Compresenza di elementi di criticità
Elementi geomorfologici – Classi di gravità del dissesto
Sismicità
Rischio dissesto geomorfologico
Schema del sistema geomorfologico.
Sistema geomorfologico Il modello STeMA valuta la capacità del sistema geomorfologico di subire cambiamenti di stato attraverso il rischio di compromissione, combinando la naturale propensione al dissesto dei terreni con un indicatore di sintesi che rappresenta il rischio di dissesto degli elementi significativi in relazione alla sismicità dell’area. Il rischio esprime la probabilità che, a seguito del verificarsi di un determinato evento in un certo intervallo di tempo (pericolosità), si verifichino dei danni (vulnerabilità) sui beni esposti in un determinato sito (esposizione), determinando delle perdite. La rappresentazione del sistema geomorfologico si ottiene mediante l’uso delle Sub-Unità Morfologiche (SUM). Sistema del paesaggio Nonostante la sua rilevanza nella pianificazione territoriale ed urbanistica sia stata sancita dal “Protocollo di Barcellona” già nel 2001, il concetto di “paesaggio” rimane ancora oggi uno dei più discussi e controversi in ambito europeo; alcuni aspetti delle numerose definizioni attribuitegli, sono però largamente condivisi: il concetto di relazione tra forme o tra oggetti e l’influenza dell’attività umana nella sua produzione possono essere infatti considerati come unanimemente accettati. La valutazione di piani e progetti che modificano il paesaggio deve quindi tenere conto, in primo luogo, delle relazioni tra quegli elementi che, legati tra loro, rendono la sensazione di qualità ed equilibrio che ci si aspetta
Unità Morfo-Territoriali (UMT) dell’area studio.
nell’osservare un paesaggio e, in secondo luogo, della società umana presente e passata e delle stratificazioni che essa ha prodotto sul territorio nel corso degli anni. Durante il processo di valutazione non si possono trascurare fattori che, nonostante sfuggano alla vista, come “l’idrologia sotterranea, la natalità, il regime fondiario, la circolazione dei capitali e la pratica religiosa”6, influenzano le mutazioni del paesaggio. Alla luce di queste considerazioni, il sistema del paesaggio è stato suddiviso operativamente in due sottosistemi: il sistema del paesaggio naturale e quello del paesaggio storico antropizzato. La sensibilità complessiva del sistema del paesaggio è data dalla combinazione della sensibilità dei due sottosistemi. Sottosistema del paesaggio naturale La stima della vulnerabilità del sottosistema del paesaggio naturale passa attraverso l’identificazione delle aree di maggior pregio dal punto di vista visivo, partendo dal presupposto che queste siano le aree meno adatte per interventi di trasformazione. Poiché l’obiettivo non è soltanto quello di riconoscere il valore del paesaggio in sé, ma di identificare e descrivere le componenti suscettibili di modifica, la gravità dell’impatto si relaziona anche al valore, alla quantità e all’estensione delle componenti che caratterizzano l’unità minima di riferimento. La rappresentazione del sottosistema si ottiene mediante l’uso delle Sub-Unità Morfologiche (SUM). Sottosistema del paesaggio storico e antropizzato “Il paesaggio storico antropizzato riguarda principalmente i processi di trasformazione del paesaggio in relazione alla storia dello sviluppo umano”7.
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Padova, strada di collegamento tra la zona Stanga ed il casello di Padova Est.
Sensibilità del sistema del paesaggio Grado di copertura degli elementi di pregio sulle SUM Vulnerabilità – Grado di visibilità assoluta intrinseca
Grado di visibilità assoluta intrinseca Elementi di pregio
Elementi di pregio sensibilità del paesaggio naturale
Compresenza di elementi di pregio
sensibilità del paesaggio storico-antropico
Criticità – Qualità paesistica
Classi di compresenza di elementi di pregio storico-paesistico
Criticità – Classificazione qualitativa delle unità storico-paesistiche di relazione
Grado di copertura del regime di vincolo sugli elementi di pregio
Classificazione del tessuto storico di relazione (Grado di copertura degli elementi di pregio sulle SUM)
Schema del sistema del paesaggio.
Densità insediativa
Vulnerabilità – Livello di relazione e fruizione degli insediamenti
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Sensibilità del sistema insediativo urbano
Livello di antropizzazione
Classi di popolazione Classi di densità
Grado di urbanizzazione
Classi di TSI Classi di TSI
Criticità Aree edificate Infrastrutture Aree edificite e infrastrutture
Schema del sistema insediativo urbano.
programmate
Stra (VE), il naviglio Brenta.
Poiché è necessario individuare i processi antropici che negli anni hanno subito un processo di stratificazione sul territorio, diventandone parte integrante, le unità minime di riferimento più adatte alla rappresentazione di questo sottosistema sono le Unità Morfo-Territoriali (UMT), che considerano la correlazione tra le caratterische “geomorfologiche” delle Sub-Unità Morfologiche (SUM) e le Tipologie Spaziali Insediative (TSI) determinate dalla società umana e dalla sua storia. Sistema insediativo urbano Il sistema insediativo urbano tiene in considerazione tutti i fenomeni legati alla presenza e ai comportamenti dell’uomo nel territorio, attraverso temi ed indicatori provenienti dalla geografia economico-politica e dall’economia territoriale e regionale quali: la distribuzione, l’incremento e il decremento della popolazione, la presenza di servizi ed infrastrutture valutata non tanto per la capacità di rispondere al soddisfacimento della domanda, quanto per la loro incidenza fisica sul territorio. La rappresentazione del sistema insediativo si ottiene mediante l’uso delle Tipologie Spaziali Insediative (TSI). Sistema insediativo rurale Il sistema insediativo rurale rappresenta un approccio al territorio che, pur tenendo conto dell’attività umana al pari di quello urbano, tende a porre l’attenzione del “policy maker” sulle zone agricole, sulle loro prospettive e, di conseguenza, sul loro potenziale produttivo. Il territorio agricolo, inteso come “risorsa finita”, è stato classificato in relazione alla tipologia d’uso del suolo di Corine Land
I dati statistici sono associati alle sezioni di censimento ISTAT, che rappresentano le unità minime territoriali.
Cover, e alla sua fertilità. Sistema naturale Il sistema naturale riprende l’organizzazione del territorio in Tipologie Spaziali Insediative (TSI), del sistema insediativo urbano utilizzando però una scala di valori rovesciata: ciò che per il sistema insediativo è importante non lo è per il sistema naturale, poiché dove è più forte la presenza umana minore è quella di elementi di naturalità. Il quadro ex ante dal punto di vista naturale viene descritto non soltanto in funzione dell’assenza di attività umana, ma anche attraverso l’individuazione di realtà complesse o micro-aree (quali ad esempio porzioni di territorio con copertura vegetazionale diversificata), che esprimono un intrinseco valore di criticità. Quest’ultima è stata espressa in funzione, sia della quantità degli elementi di pregio naturalistico appartenenti a ciascuna categoria di micro-aree, che della copertura delle aree sottoposte a vincolo.
Vulnerabilità – Rischio di compromissione delle relazioni agricole
Tipologie spaziali insediative (TSI)
Densità insediativa rurale
Sensibilità del sistema insediativo rurale Uso del suolo Criticità – Classi di potenzialità agricola Fertilità del suolo
Schema del sistema insediativo rurale.
Grado di copertura di aree verdi o tutelate sulle unità territoriali Criticità – Grado di presenze naturali
Costruzione del database Il modello STeMA esige la costruzione di un sistema informativo geografico per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni e per garantire il controllo continuo delle variabili territoriali e progettuali. La struttura del sistema informativo, è stata concepita in modo tale da garantire l’accesso simultaneo a dati e indicatori di natura molto diversa ed è stata realizzata in funzione dell’estensione territoriale dell’area di studio (dominio degli impatti). Ai fini della creazione di un quadro conoscitivo si proce-
Prevalenza di elementi di maggior pregio all’interno delle aree coperte a verde o tutelate Sensibilità del sistema naturale
Classi di TSI
Vulnerabilità – Grado di presenza antropica
Livello di antropizzazione
Schema del sistema naturale.
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Edificio rurale nella provincia di Venezia. Anno e fonte dei dati utilizzati:
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Used data
Year
Agro-centuriatio (PTRC) Ambiti con regime di vincolo (PTRC) Aree agricole permanenti Aree di interesse naturalistico (PTRC) Aree di tutela paesaggistica (PTRC) Carta dei suoli Carta forestale (D.lgs 42/2004) Carta geologica Carta geomorfologica Carta litologica Carta permeabilità dei litotipi Carta sezioni censuarie Carta sismicità Censimento pozzi Censimento sorgenti I centri storici del Veneto (PTRC) Colture arboree Complessi archeologici (PTRC) Dati ISTAT Dati ISTAT riferiti alle sezioni di censimento Depuratori Elettrodotti principali Grafo Autostrade Grafo corsi idrici superficiali Grafo ferrovia Grafo nuova viabilità Grafo S.F.M.R. (Servizio Ferroviario Metropolitano Regionale) Grafo strade locali (comunali) Grafo strade statali o regionali Grafo viabilità esistente per rango Grafo delle strade provinciali Idroscali e aeroporti Laghi (PTRC) Mosaico P.R.G. Padova Mosaico P.R.G. Venezia Parchi e riserve Parchi e riserve archeologiche (PTRC) Piano di assetto idrogeologico Progetti in piani territoriali Progetto I.F.F.I. Rete natura 2000 Siti archeologici
1992 1992 2000 1992 1992 2003 2006 1990 1987 2004 2004 2001 2003 2004 2004 1992 2000 1992 2001 2001 2004 2006 1990 2004 1990 2006 2006 2006 1990 2006 1990 2005 1992 2003 2006 2006 1992 2006 1985-2005 2006 2006 2006
Fonte: Regione del Veneto, Provincia di Padova, Provincia di Venezia, Istituto Nazionale di Statistica.
de all’acquisizione di cartografie di base e tematiche, alla loro sovrapposizione (overlay mapping) e l’analisi delle correlazioni tra i diversi fattori esaminati. Il sistema informativo permette quindi di gestire informazioni di due tipi: dati statistici certificati e dati spaziali. Dati statistici I dati statistici utilizzati prevalentemente per il sistema insediativo urbano e rurale sono generalmente riferiti alle sezioni di censimento. Le informazioni necessarie alla costruzione degli indicatori che concorrono alla definizione di sensibilità sono ad esempio: Popolazione e impiego
Edifici e abitazioni
Popolazione residente per genere Popolazione residente per età
Edifici e complessi di edifici per destinazione e utilizzo Abitazioni per caratteristiche costruttive Abitazioni per data di costruzione Abitazioni per numero di piani
Popolazione attiva per livello di occupazione Popolazione attiva per settore di occupazione Popolazione Inattiva per tipo e condizione
Abitazioni per numero di appartamenti
Dati spaziali I dati spaziali, utilizzati per tutti i sistemi, sono entità geometriche caratterizzate da un riferimento geografico e da relazioni topologiche (connessioni, adiacenze, contiguità, ecc.). La scelta delle informazioni geografiche si basa sulle dimensioni dell’area di studio e costituisce una fase significativa per la bontà dell’intero modello. La massima scala di rappresentazione e di analisi utilizzata è 1:50.000, anche se per la “mosaicatura” dei piani regolatori comunali è stata impiegata la scala 1:5.000. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema dinamico in grado di raccogliere, archiviare ed interrogare le basi informative necessarie all’applicazione del modello STeMA, mediante il linguaggio SQL9. Il sistema che si viene a configurare, permette di effet-
Porto Marghera (Venezia), uffici del parco scientifico VEGA.
tuare operazioni quali l’attribuzione dei dati statistici alle sezioni censuarie, il calcolo di aree “buffer”10 intorno agli elementi lineari e puntuali (viabilità, idrografia, sorgenti, ecc.) e la sovrapposizione di tematismi tramite funzioni di overlay topologico. Ogni entità geometrica (poligono, linea, punto) viene identificata univocamente attraverso un codice che permette, mediante comandi di “join” e “link”, il collegamento tra gli oggetti spaziali e i loro attributi e consente di coglierne le relazioni topologiche. Le informazioni così strutturate diventano utilizzabili per rappresentare, attraverso operazioni di analisi spaziale (overlay, merge, intersect, union e dissolve), i vari aspetti del territorio.
b a
c
tema di input
+
b1
1 2
tema di union
=
b2
a1
c2 a2
c1
tema di output
Rappresentazione schematica dell’Overlay topologico.
Quadro ambientale e quadro progettuale dell’area studio “Il Quadro Ambientale parte dalla definizione dell’ambito territoriale preso in considerazione e si realizza in due tempi, quello necessario alla stesura dello studio di compatibilità ambientale e quello di stima degli impatti e della scelta delle mitigazioni, una volta simulato l’inserimento del piano e dei progetti di adeguamento nel territorio”11. Il modello STeMA considerando il quadro ambientale iniziale, procede ad una valutazione delle azioni di piano ad esso collegate, ottenendo così come risultato ultimo una valutazione della sostenibilità dei processi pianificatori. L’impostazione metodologica con cui si analizza l’ambiente si compone di due fasi:
1. il quadro ambientale 2. il quadro progettuale La scelta dell’area La scelta del corridoio Venezia-Mestre-Padova come oggetto di studio e di applicazione sperimentale del modello STeMA è stata influenzata da una molteplicità di fattori. L’area si è trasformata spontaneamente in una realtà metropolitana di tipo policentrico, dove le funzioni direzionali ed economiche non risultano concentrate, ma distribuite nei due capoluoghi e nelle aree intermedie generando uno dei principali sistemi locali italiani12. I processi di parziale de-industrializzazione di Marghera, lo sviluppo imprenditoriale dei territori dell’entroterra, come la Riviera del Brenta, la propensione delle famiglie a scegliere tipologie edilizie a bassa densità (dalla villa alla casetta a schiera) e la diffusa terziarizzazione delle attività, sono tutti fattori che hanno determinato, almeno negli ultimi 20 anni, una forte accentuazione del processo di diffusione insediativa che ha contribuito a rendere il corridoio Venezia-Padova, con oltre un milione di abitanti, una delle aree a maggiore concentrazione demografica del Paese. Oltre ad essere al centro di una macro-regione tra le più sviluppate d’Italia (il Nord-est), l’area Venezia-Mestre-Padova occupa a livello geografico una posizione strategica rispetto ai principali corridoi europei: quello ovest-est che da Lione va verso Lubiana e Kiev, quello Adriatico, e quello nord-sud che da Amburgo dovrebbe raggiungere Gioia Tauro. Nonostante il territorio si presenti come un unico sistema locale, dal punto di vista dell’attrattività turistica e da quello produttivo, non rappresenta una realtà omogenea. Oltre a Venezia, che grazie al suo straordinario patrimonio artistico è ormai la seconda città italiana per numero di arrivi, le opportunità dell’area sono completate da altri tre centri, che contribuiscono con le loro specificità a diversificare e ad ampliare il ventaglio di offerte turistiche: • Padova, grazie al suo centro storico medioevale, alla Cappella degli Scrovegni con gli affreschi di Giotto, a Prato della Valle e alla Basilica del Santo, attrae al tempo stesso un turismo di tipo culturale e religioso;
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Criticità del sistema naturale rappresenta lo “stato di salute” delle singole aree.
Vulnerabilità del sistema naturale esprime il rischio di compromissione intrinseco delle aree, vale a dire la loro capacità di contenere una pressione esercitata dall’esterno.
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Sensibilità del sistema naturale rappresenta l’indicatore di sintesi del sistema e viene definita attraverso la combinazione di vulnerabilità e criticità.
Piano d’area del Corridoio metropolitano Padova – Venezia “Il Bilanciere”.
• Abano, Montegrotto e l’area termale a sud-ovest di Padova, pur essendo di per sé centri di attrazione, rappresentano una porta di ingresso per il turismo di tutto il sistema metropolitano; • la Riviera del Brenta con le numerose ville venete, le bellezze naturali, il turismo fluviale e le iniziative culturali proposte, acquisisce uno “status” che va al di là del semplice luogo di passaggio. Dal punto di vista produttivo, la zona industriale di Padova, la Riviera del Brenta e Porto Marghera sono considerati i tre poli principali del sistema e presentano dinamiche, caratteristiche e prospettive di sviluppo profondamente diverse, che si riflettono anche sulla morfologia degli insediamenti e sulle caratteristiche degli edifici. A Porto Marghera prevalgono strutture ed impianti di grande cubatura, nell’area industriale di Padova est ad una morfologia uniforme corrisponde la presenza di capannoni di dimensioni rilevanti, infine, nella Riviera e nei comuni minori del padovano, le strutture industriali sono più ridotte e vi è una maggiore commistione tra edifici dedicati alla produzione, uffici e residenza. Il profilo dei tre poli è, quindi, piuttosto differenziato: • i comuni della cintura padovana vedono una leggera prevalenza del settore industriale, mentre nel capoluogo è fortissima la concentrazione terziaria, con gli addetti ai servizi che superano il 75%. L’area ha il suo fulcro produttivo nella Zona Industriale di Padova (ZIP), che comprende l’interporto merci, i magazzini generali e l’area del Centro Nazionale di Ricerca (CNR), e che ha tra i suoi punti di forza la buona accessibilità, garantita dalla vicinanza dell’aeroporto di Tessera (a circa 40 minuti) e dal collegamento con le autostrade A4 Milano-Venezia e A13 Padova-Bologna; • il polo produttivo della Riviera del Brenta, nell’entroterra tra Venezia e Padova, pur avendo al suo interno diverse specializzazioni, ruota in gran parte attorno al distretto industriale della calzatura, che ha ormai una lunga storia alle spalle e oggi conta 14.000 addetti (circa il 10% degli addetti del settore dell’intero Paese), con un fatturato complessivo che supera i 2 miliardi di euro. Si tratta di un tessuto produttivo formato soprattutto da piccole e medie
imprese che, grazie all’azione collettiva, affrontano con successo il mercato mondiale; • Marghera, nonostante stia progressivamente cambiando volto grazie al processo di abbandono delle attività industriali e di riutilizzo delle aree dimesse in atto da più di un decennio, è ancora oggi una delle poche aree industriali europee che, pur essendo inserita in un contesto urbano, ha nel settore della chimica uno dei principali capisaldi, insieme alla cantieristica che rappresenta una grande realtà produttiva di rango internazionale. In un territorio caratterizzato dalla prevalenza della piccola e media impresa all’università è assegnato un ruolo determinate a supporto dell’innovazione. Come dimostrano i casi del Complesso di Agripolis dell’Università di Padova a Legnaro e del Parco Scientifico Tecnologico Vega di Marghera (destinato a giocare un ruolo sempre più rilevante), la stretta contiguità e i rapporti di collaborazione tra università e mondo produttivo possono generare importanti sinergie nel favorire nuovi processi di sviluppo, la diffusione dell’innovazione e la ricerca di mercati emergenti. Nell’area metropolitana Venezia-Padova sono diventati però sempre più gravi i problemi dell’equa distribuzione dei servizi, della gestione dell’emergenza ambientale e del dissesto idrogeologico e, infine, quello della viabilità e della mobilità, le cui caratteristiche sono indice della diffusione delle funzioni e delle attività tipiche delle realtà policentriche. Al pendolarismo imperniato sui grandi centri urbani si è aggiunta, infatti, una mobilità più complessa, che deve fare i conti con una rete viaria sostanzialmente invariata e spesso satura, non più adeguata alla crescita della domanda di spostamenti. L’assetto policentrico rende necessario il passaggio ad una logica di coordinamento delle strategie di assetto e sviluppo territoriale in tutti i settori e in particolare per quello dei trasporti, della logistica e delle fiere, cioè per quelle strutture che rappresentano, in vario modo, le “porte” verso l’esterno del sistema territoriale di riferimento, precisamente: il sistema aeroportuale, il porto, gli interporti e le fiere. Caratteri socioeconomici, modello insediativo e la pre-
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Il quadro ambientale
Sistema idrologico La naturale propensione al dissesto e la permeabilità dei terreni, combinate con il loro grado di criticità definiscono la sensibilità del sistema idrologico e permettono di comprendere i meccanismi alla base della dinamica dei versanti e delle aste fluviali.
Sistema geomorfologico La sensibilità, rappresentata nella mappa a fianco, restituisce una stima del rischio di compromissione del sistema definito dalla combinazione tra la naturale propensione al dissesto dei terreni e il rischio sismico degli elementi significativi.
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Sistema del paesaggio La sensibilità complessiva del sistema è data dalla combinazione tra la quella del sottosistema del paesaggio naturale, che tiene conto del pregio visivo degli elementi, e quella del paesaggio storico e antropizzato, che tiene invece conto dei processi di trasformazione del paesaggio indotti dalla società umana.
Sistema insediativo urbano La sensibilità del sistema insediativo urbano tiene in considerazione tutti i fenomeni legati alla presenza e ai comportamenti dell’uomo nel territorio, attraverso temi ed indicatori provenienti dalla geografia economico-politica e dall’economia territoriale e regionale.
Sistema insediativo rurale Il sistema insediativo rurale valuta la capacità di subire cambiamenti di stato delle zone agricole: la fertilità e la tipologia d’uso del suolo contribuiscono a definire la sensibilità attraverso il potenziale produttivo e le prospettive future del territorio agricolo.
Sistema naturale La sensibilità del sistema naturale, rappresentata nella mappa a fianco, viene definita in funzione dell’assenza di attività umana e dell’intrinseco valore di criticità delle aree di pregio naturalistico.
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S2- Agripolis ambiti di intervento con schema direttore
polo universitario
corso d’acqua, fiume Bacchiglione
parco tecnologico
sistema autostradale
agricoltura sperimentale
sistema delle tangenziali di relazione territoriale, esistente | progetto
polo produttivo da ottimizzare o riconvertire
galleria verde percorso ciclo-pedonale sistema ferroviario esistente | progetto stazione SMFR area di sosta attrezzata parco campagna del Bacchiglione area attrezzata per il tempo libero soglia urbana soglia polo universitario asse ordinatore principale
centro del produrre fiera - MAV polo sportivo polo per il benessere corte benedettina manufatto d’archeologia industriale - cartiera scuola fattoria ambito soggetto a riqualificazione urbana riqualificazione ambientale architettura della tradizione
campus del sapere
Progetto originale dello schema direttore del “parco scientifico e tecnologico di Agripolis”.
parco rurale parco urbano percorso pedonale e ciclabili greenway
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ferrovia stazione ferroviaria strada area scolastica area industriale perimetro del progetto
Digitalizzazione dello schema direttore del “parco scientifico e tecnologico di Agripolis”.
Ortofotopiano dello schema direttore del “parco scientifico e tecnologico di Agripolis”.
Grado di relazione e di fruizione degli insediamenti Combinazione
classi
B
Struttura a maglia
AA2
A
C
Struttura di tipo nodo-lineare
AB2
A
D
Struttura a centri e nuclei isolati e insediamenti sparsi
AC2
B
E
Assenza di antropizzazione
AD2
B
AE2
C
AF2
C
Livello di antropizzazione
AG2
D
A2
BA2
A
BB2
B
BC2
C
BD2
C
BE2
D
E2
BF2
D
F2
BG2
E
B2 C2 D2
A - Politiche
C - Lista di effetti
Centri e poli con urbanizzazione diffusa e continua
d - Impatti delle politiche
Tipologie Spaziali Insediative A
B - Contributo delle singole politiche agli effetti
D
γ
G2
La vulnerabilità del sistema insediativo urbano (detta anche “livello di relazione e fruizione degli insediamenti”) si ottiene dalla combinazione tra “Tipologie Spaziali Insediative” e “Livello di antropizzazione”.
Schema delle matrici coassiali.
senza di un “piano d’area” in attuazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) rendono sicuramente l’area un ambito privilegiato di sperimentazione dove verificare gli impatti di importanti progetti. Nell’area di studio, infatti, il quadro progettuale definito dal Piano di Area Vasta “il Bilanciere” consente di definire l’insieme delle possibili azioni generate da ogni progetto di cui si prevede l’attuazione all’interno del piano. Il piano individua gli ambiti di approfondimento progettuali per i quali viene predisposto uno schema direttore con lo scopo di mettere in connessione funzionale, all’interno di un quadro organico, elementi anche diversi presenti nel territorio.
gli indicatori, la categoria, il settore, la tipologia e infine il determinante. Per evitare l’eccessiva uniformità distributiva dei dati derivati da una classificazione ad intervalli regolari (abbastanza diffusa negli studi geografici europei), il modello STeMA predilige l’uso del cosiddetto “metodo quantile”. Ogni mappa sarà caratterizzata da valori quantitativi raggruppati in varie classi, a seconda del quantile di distribuzione; inoltre ogni classe è ordinata secondo valori qualitativi (quindi: A; B; C; D, etc. in cui A>B; B>C; C>D). Nella pagina seguente sono rappresentati i valori di criticità, vulnerabilità e sensibilità del sistema naturalistico, mentre a pagina 64 e 65 viene mostrata la sensibilità, di tutti i sistemi che compongono il quadro ambientale, nell’area studio scelta dalla Regione del Veneto per l’applicazione sperimentale del modello STeMA.
Il quadro ambientale Il quadro ambientale è costituito dall’insieme dei sistemi che compongono l’albero logico dell’ambiente e restituisce un’interpretazione complessa e articolata dello “stato attuale” del territorio, usando il concetto di sensibilità territoriale dato dalla combinazione della vulnerabilità delle macro-aree e la criticità dei micro elementi. Le macro-aree sono rappresentate da ambiti che denunciano, attraverso la loro vulnerabilità, un rischio di compromissione intrinseco, simulando l’impatto potenziale che potrebbe provenire dalla realizzazione del piano o di una sua parte. Le micro-aree sono rappresentabili con punti (o areole assimilabili a punti), linee o poligoni chiusi di ridotte dimensioni. Le singole aree o i singoli elementi di piccola e media superficie esprimono il giudizio di criticità, vale a dire il loro “stato di salute”. In breve si intende per vulnerabilità la capacità di contenere o meno una pressione esercitata dall’esterno su un macrosistema, di cui non siano note a priori le modalità di risposta, e per criticità i valori e le modalità di risposta suggeriti dal comportamento dei singoli indicatori (visione micro). Il quadro ex ante si concretizza attraverso la rappresentazione di questi indicatori per ognuno dei sistemi analizzati e nella conseguente produzione di una grande quantità di mappe “GIS”, congiuntamente a commenti orizzontali e verticali riguardanti la rappresentazione de-
Il quadro progettuale Nel contesto della pilot action Veneta, è stato applicato il modello STeMA ad un progetto non ancora approvato: il Piano di Area Vasta “il Bilanciere”; questa scelta, benché il modello esprima la sua massima efficacia nel momento in cui si progettano e si prendono in considerazione le possibili alternative di piano, consente di verificare la capacità valutativa di STeMA nei confronti di un piano redatto secondo modelli tradizionali. Dall’insieme dei progetti, in cui si articola il Piano di Area Vasta, sono stati scelti tre schemi direttori sulla base di molteplici considerazioni: • la natura policentrica dell’area e la tendenza al decentramento delle funzioni (schema direttore “Agorà e Arca alla Bassa di Dolo”); • la necessità dei centri urbani di porsi in un’ottica di complementarietà piuttosto che su un piano competitivo per fornire un adeguato supporto all’innovazione grazie alle strutture di ricerca (il “parco scientifico e tecnologico di Agripolis”) e per promuovere l’integrazione delle infrastrutture nel sistema metropolitano (la “Cittadella aeroportuale Marco Polo”). Lo schema direttore “parco scientifico e tecnologico di Agripolis”, situato nei comuni di Legnaro, Ponte San Nicolò e Polverara, è caratterizzato dalla presen-
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Ortofotopiano dello schema direttore “Agorà e Arca alla bassa di Dolo”.
Progetto originale dello schema direttore “Agorà e Arca alla bassa di Dolo”
74 Digitalizzazione dello schema direttore “Agorà e Arca alla bassa di Dolo”.
za di importanti infrastrutture e da numerosi elementi di interesse storico-testimoniale come “l’asta” del Fiume Bacchiglione. Destinato alla ricerca e organizzato da un sistema di luoghi attrezzati e interconnessi, il complesso è predisposto per l’insediamento di attività di ricerca, per iniziative di sviluppo decentrato dell’Università di Padova e per la realizzazione di strutture finalizzate all’innovazione e all’High tech. Lo “schema direttore”, mediante la riqualificazione urbana e storico – ambientale, prefigura lo sviluppo del parco scientifico e tecnologico attraverso un corretto inserimento nel tessuto insediativo, tale da consentire la valorizzazione dell’ambiente e la sostenibilità dell’intervento. Sono previsti: • lo sviluppo del parco scientifico e tecnologico e l’integrazione con il sistema insediativo e relazionale; • la creazione di un parco rurale di tutela ambientale lungo il Fiume Bacchiglione; • la riqualificazione urbana dell’Isola dell’Abbà e di Roncaiette finalizzata alla valorizzazione storico – testimoniale dei luoghi e alla loro connessione con il più ampio ambito territoriale, anche allo scopo di una loro fruizione turistica e di visitazione; • la creazione di un nuovo sistema relazionale in grado di collegare le realtà territoriali della zona sud di Padova con la città, e dove trova collocazione il campus del sapere con ruolo di nodo di interscambio e di funzioni connesse al parco. Lo schema direttore “Agorà e Arca alla Bassa di Dolo”, che si riferisce all’area territoriale del Comune di Dolo in prossimità della Riviera del Brenta, prevede di esaltare le qualità paesaggistiche degli spazi aperti posti in fregio all’abitato e di realizzare un sistema di percorsi ciclo-pedonali in grado di potenziare le relazioni interne al sistema territoriale che va dal Tergolino alla Bassa. A nord del Naviglio sono previsti: uno spazio dedicato alle arti e allo sport, il Museo dell’Idraulica e della Fabbrica Teatrale, mentre a sud un ambito di riqualificazione definito “Portale Agricolo” dallo schema direttore. La proposta si propone di valorizzare il sistema rurale me-
Ortofotopiano dello schema direttore “Cittadella aeroportuale Marco Polo”.
diante un progetto di sviluppo delle potenzialità agricole, ambientali e turistiche del territorio rivierasco, in grado di dar vita a un “magnete dell’ospitalità rurale, della memoria e della qualità alimentare e ambientale”. A tal fine è prevista la messa in rete di tutte le offerte dei prodotti agro-alimentari e dei servizi agricoli e turistico-ricettivi del territorio rurale della Bassa di Dolo, mediante la creazione di un sistema agroalimentare integrato. La centralità di Dolo nell’ambito del Piano di Area Venezia - Padova viene indicata inoltre con l’individuazione di un centro interattivo scienza-impresa. Gli interventi saranno finalizzati a: • mettere a sistema gli spazi aperti intorno al nucleo urbano, integrando il costruito con lo spazio rurale e organizzando con funzioni legate alle arti, alla didattica, alla conoscenza del territorio, allo sport, l’ambito che dal distretto scolastico, mediante opportuni percorsi attrezzati, si estende sino all’area destinata ad attività sportive e ricreative sul Serraglio; • organizzare il territorio rurale della Bassa di Dolo in maniera funzionale ad una sua fruizione turistica compatibile, sia locale che regionale; • valorizzare il paesaggio fluviale e ambientale presente e promuovere la sua conoscenza, anche mediante la creazione di una rete di attività in grado di esaltare le potenzialità rurali e ambientali endogene; • incrementare la produzione e la vendita di prodotti agroalimentari e artigianali locali, sfruttandone le diversità e conservando la memoria delle antiche consuetudini di qualità; • incentivare strutture che valorizzano lo “slowfood”. Lo schema direttore “Cittadella aeroportuale Marco Polo” riguarda i comuni di Venezia e Marcon e interessa le aree dell’attuale aeroporto e tutte quelle limitrofe fino ai fiumi Zero e Dese. All’interno della cittadella aeroportuale si prevedono servizi e strutture affini, per promuovere l’integrazione dell’aeroporto al sistema metropolitano. Il piano prevede lo spostamento più a nord dell’attuale tracciato della SS. 14 “Triestina”, nel tratto ricompreso tra il raccordo con la SS. 14 Bis nei pressi del Palasport
Progetto originale dello schema direttore “Cittadella aeroportuale Marco Polo”.
75 Digitalizzazione dello schema direttore “Cittadella aeroportuale Marco Polo”.
Sistema idrologico
Sistema geomorfologico
Sistema paesaggio
Sistema insediativo urbano
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Sistema insediativo rurale
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Schema direttore del “parco scientifico e tecnologico di Agripolis” – quadro ambientale ex ante.
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“Taliercio” e l’area di Ca’ Noghera, consentendo in tal modo una riqualificazione urbanistico - ambientale degli insediamenti di Campalto e Tessera. Gli interventi saranno finalizzati a: • lo sviluppo del sistema aeroportuale su dimensione nazionale ed internazionale nell’ottica che il Marco Polo divenga il centro di raccolta e smistamento del bacino Mediterraneo; • la creazione di una integrazione di servizi logistici, commerciali e ricettivi a scala metropolitana regionale; • l’integrazione intermodale di scambio con l’asse veneziano, anche attraverso la realizzazione di una linea di trasporto sub-lagunare; • la riqualificazione urbanistica ed ambientale dei centri urbani di Campalto e Tessera, i quali, a seguito dello spostamento del traffico di attraversamento della SS. 14, si propongono quali ambiti urbani, posti lungo il fronte lagunare, da riprogettare con nuove funzioni strategiche; • la valorizzazione dell’area archeologica posta a nord dell’aeroporto, anche attraverso la realizzazione di strut-
ture ricettive e turistiche.
Valutazione dei risultati L’analisi ex post mira alla determinazione del valore di qualità ambientale finale, per ogni “tipologia di intervento”, al fine di guidare il “policy maker”, attraverso azioni di mitigazione e/o compensazione, nella scelta della migliore soluzione per minimizzare gli “impatti” in un’ottica di sostenibilità. Durante la fase ex post si punta quindi a definire quale tra le proposte di programma (anche alternative tra loro) è la migliore dal punto di vista ambientale, confrontando la qualità iniziale con quella finale, che scaturisce da una simulazione delle politiche. Le azioni di progetto, che all’atto della realizzazione dell’opera provocano impatti fisici reali, nel momento del confronto con gli indicatori ambientali generano i cosiddetti impatti teorici; questi vengono rappresentati in matrici coassiali di correlazione, nelle quali si esprime il livello di qualità in termini di percentuale di decremento
Sistema idrologico
Sistema geomorfologico
Sistema paesaggio
Sistema insediativo urbano
Sistema insediativo rurale
Sistema naturale
A B C D E F G H
Schema direttore del “parco scientifico e tecnologico di Agripolis” – quadro ambientale ex post.
rispetto alla qualità iniziale. Per la determinazione degli impatti sono state definite le tipologie degli interventi previsti dalle “azioni programmatiche” proprie delle “politiche” di piano e costruite le matrici di correlazione usando come principale parametro di riferimento la “gravità”, intesa come entità del decremento della qualità ambientale iniziale. La “gravità dell’impatto” viene così ad essere funzione di alcuni parametri: • i parametri progettuali, desumibili dal piano, quali tipologie e sistemi di costruzione; • le soluzioni progettuali da adottare nel caso si verifichi la sovrapposizione di più azioni di programma/progetto: alcune azioni andranno considerate come “correttivi” del valore della gravità di impatto, non configurandosi come “principali” o “generatrici” dell’intervento; • il dominio dell’impatto, ovvero il luogo in cui verrà ubicato l’intervento. Per ciascuna soluzione di programmazione di interventi sono stati individuati i decrementi di qualità ambientale
in funzione: • della gravità degli impatti considerati; • del valore di qualità. Per calcolare i relativi decrementi di qualità ambientale bisogna, però, fissare preventivamente alcune condizioni di riferimento: • rilevare un’elevata sensibilità in un’unità territoriale è indice di una scarsa capacità della stessa ad ospitare un nuovo programma. Nella maggioranza dei casi esiste, infatti, proporzione tra valore della sensibilità e valore del decremento di qualità provocato dall’inserimento dell’opera; • al fine di confrontare qualità ante operam e qualità post operam, le due valutazioni debbono essere comparabili; • la variazione della qualità cambia da indicatore ad indicatore ed è diversa per ogni unità territoriale in funzione: del livello di gravità dell’impatto, del livello di qualità dell’indicatore, del livello d’importanza dell’impatto rispetto all’indicatore considerato, del numero degli impatti presenti nell’unità territoriale.
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Sistema idrologico
Sistema geomorfologico
Sistema paesaggio
Sistema insediativo urbano
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Sistema insediativo rurale
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Schema direttore “Agorà e Arca alla Bassa di Dolo” – quadro ambientale ex ante.
Dal confronto tra le mappe di sensibilità iniziale e quelle di variazione ambientale, si ottiene l’immediata visualizzazione delle aree con maggiore rischio ambientale, consentendo di formulare una graduatoria tra alternative di tipologie di interventi e di progetti.
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Impatti dello schema direttore del parco scientifico e tecnologico di “Agripolis” L’analisi dello “schema direttore” del parco scientifico e tecnologico di Agripolis ha evidenziato come, rispetto ai sistemi presi in considerazione, il progetto renda opportuna l’introduzione di misure di mitigazione degli impatti. Dal punto di vista dei sistemi idrologico e geomorfologico si osserva come la sensibilità sia omogenea e come la realizzazione dello “schema direttore” non influenzi solo l’area del progetto, ma un intorno molto più vasto. Ciò non è soltanto una logica conseguenza delle caratteristiche degli elementi trattati, ma anche l’evidenziazione dei limiti strutturali nel processo di costruzione e perimetrazione delle Sub-Unità Morfologiche utilizzate per
studiare questi sistemi. Nel caso del sistema del paesaggio, che tiene conto sia del pregio visivo degli elementi presenti sul territorio, sia dell’influenza della società nella storia, si osserva che le zone con maggiore sensibilità sono quelle dove il paesaggio è caratterizzato dalla presenza di un maggior numero di elementi di pregio. Nel sistema insediativo urbano, atto a valutare i caratteri socioeconomici della vita civile e la loro rispondenza nelle forme e nella storia dell’insediamento, si osserva una crescita della sensibilità in tutte le zone urbane, nonostante la maggiore frammentazione dovuta alla conservazione dei perimetri delle microaree e del loro valore di criticità intrinseco. Dal punto di vista del sistema insediativo rurale, che valuta la qualità dell’attività antropica, legata alla produzione agricola, si osserva – dal confronto tra il quadro ambientale ex ante e quello ex post – una forte perdita del carattere rurale dell’area, indotta dalle dimensioni del dominio degli impatti.
Sistema idrologico
Sistema geomorfologico
Sistema paesaggio
Sistema insediativo urbano
Sistema insediativo rurale
Sistema naturale
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Schema direttore “Agorà e Arca alla Bassa di Dolo” – quadro ambientale ex post.
Nel caso del sistema naturale si è notato che la sensibilità cambia, non solo nelle aree dove sono previsti interventi di riqualificazione urbana e storico-ambientale, ma anche nelle zone limitrofe attraversate soltanto dai collegamenti con la rete viaria preesistente; il sistema naturale considera, a prescindere, l’attività antropica come una perdita di valore e di naturalità. Impatti dello schema direttore “Agorà e Arca alla Bassa di Dolo” L’analisi del piano, che è situato nell’area del Comune di Dolo a ridosso della Riviera del Brenta, conferma le considerazioni effettuate per lo schema direttore di Agripolis; anche in questo caso, infatti, si rendono necessarie misure e politiche volte ad attutire gli impatti delle azioni di piano rispetto ad alcuni degli aspetti esaminati. La sensibilità idrologica e geomorfologica delle unità minime (SUM) interessate dal progetto cresce in modo omogeneo in tutta l’area e nell’immediato intorno, senza mai superare o avvicinare valori degni di attenzione per
il policy maker. La sensibilità del sistema del paesaggio, riferita alle Unità Morfo-Territoriali cresce uniformemente all’interno del perimetro del piano e supera il valore di attenzione in zone molto estese. Soltanto alcune delle UMT della zona esterna subiscono l’effetto della linea ferroviaria e delle tangenziali di relazione territoriale progettate. Dal punto di vista del sistema insediativo si nota che la sensibilità delle aree urbane assume valori molto alti e, contemporaneamente, che il rischio di perdere il carattere di ruralità del contesto è molto alto. Le misure di mitigazione degli impatti devono essere quindi pensate in ragione di queste considerazioni. Impatti dello schema direttore “Cittadella aeroportuale Marco Polo” La valutazione dello “schema direttore” della cittadella aeroportuale porta a risultati simili ai precedenti. Dal punto di vista idrologico e geomorfologico l’indicatore di attenzione non assume valori molto alti, mentre dal
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Sistema idrologico
Sistema geomorfologico
Sistema paesaggio
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A B C D E F G F Sistema naturale
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Schema direttore “Cittadella aeroportuale Marco Polo” – quadro ambientale ex ante.
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punto di vista del sistema insediativo urbano, la simulazione degli impatti del progetto porta a dei valori di sensibilità che suggeriscono il ricorso a misure di mitigazione degli impatti. Anche per quanto riguarda il sistema insediativo rurale, dato che è forte il rischio di procurare dei danni all’area archeologica a nord dell’aeroporto e di compromettere il carattere agricolo della zona circostante, devono essere progettate delle misure di mitigazione. L’analisi del sistema naturale, che misura il carattere di naturalità dell’area interessata, mostra come l’elemento più a rischio sia l’ambiente lagunare interessato dal passaggio della sublagunare.
Conclusioni Partendo dal presupposto che qualsiasi azione progettuale toglie valore ambientale e aumenta la sensibilità dei sistemi, il modello di simulazione delle politiche attiva un indicatore di attenzione, che permette di individuare le azioni e i percorsi progettuali in grado di minimizzare
gli impatti sull’ambiente. Le variabili che più incidono sull’esito della valutazione sono quindi la scala geografica, il perimetro del progetto e la natura delle azioni. La valutazione con il modello STeMA risente, infatti, da una parte delle dimensioni e della scala di riferimento, in ragione della probabile proporzione tra grandezza e complessità del progetto, e dall’altra dalla quantità delle azioni e dalle loro caratteristiche. L’attendibilità delle indicazioni fornite dal modello, durante la fase di elaborazione delle politiche, è legata da un parte alla precisione dell’interpretazione del territorio fornita dalle “unità minime” e dall’altra dalla qualità delle informazioni che contribuiscono alla definizione del quadro ambientale. Le “unità minime” di riferimento sono quindi una caratteristica di fondamentale importanza del modello STeMA e ne rappresentano uno degli aspetti più interessanti e significativi per la valutazione della sostenibilità del territorio ad accogliere processi di trasformazione.
Sistema idrologico
Sistema geomorfologico
Sistema paesaggio
Sistema insediativo urbano
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Schema direttore “Cittadella aeroportuale Marco Polo” – quadro ambientale ex post. 1
Gli obiettivi sono stati fissati nel contesto del “Better Regulation Package” e della “Strategia Europea per lo sviluppo sostenibile”.
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2 La Territorial Impact Assessment (TIA), conosciuta in Italia come Valutazione di Impatto Territoriale, è stata proposta nell’European Spatial Development Perspective (ESDP) ed è uno strumento per la valutazione degli impatti territoriali di progetti di grandi infrastrutture.
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3
La Strategic Environmental Assessment (SEA), conosciuta in Italia come Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è un processo finalizzato a integrare considerazioni di natura ambientale nella formulazione di piani e programmi.
I dati sono stati georeferenziati secondo il sistema di riferimento Gauss-Boaga fuso Ovest usato dalla Regione del Veneto. SQL sta per Structured Query Language, linguaggio strutturato di interrogazione, ed è il più importante e diffuso tra i linguaggi non procedurali per la gestione di basi dati relazionali.
10 Con il termine inglese buffer si indica un’entità spaziale creata sulla base di una distanza generalmente, ma non necessariamente, costante rispetto all’elemento di riferimento che può essere di tipo puntuale, lineare o areale. 11
PREZIOSO M., op. cit., p. 55.
4
Environmental Impact Assessment (EIA), conosciuta in Italia come Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) è uno strumento di supporto alla decisione, finalizzato a stimare in termini economici gli effetti di un determinato progetto.
5
PREZIOSO M., Pianificare in sostenibilità, Roma 2003, p. 140.
6
JUILLARD E. (1978), Il concetto di regione in MAINARDI R. (a cura di), Città e regione in Europa: saggi dei sistemi territoriali, Franco Angeli, Milano.
7
PREZIOSO M., op. cit., p. 138.
12 Una recente analisi del Censis sul quadro dei sistemi urbani italiani, effettuata a partire dalla ripartizione del territorio italiano in “sistemi locali del lavoro di livello metropolitano”, colloca Venezia e Padova tra i principali 12 sistemi locali del Paese.
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la strategia comunicativa di POLY.DEV. Marco Meggiolaro
POLY.DEV. nasce non solo con l’obiettivo di dare una nuova lettura del territorio in seno alle istanze europee di policentrismo e di crescita sostenibile, ma anche per “parlare con il territorio”. Così, una delle principali sfide maturate nel corso del progetto è stata la capacità dei partner di trasferire adeguatamente le informazioni e le strategie sviluppate durante le varie fasi di POLY.DEV. alle pubbliche amministrazioni e agli esperti che quotidianamente si occupano di pianificazione del territorio, allo scopo di rafforzare la sensibilità verso i temi dello sviluppo sostenibile e del policentrismo. Fornire alla politica un complesso di linee guida e di sperimentazioni supportate da una metodologia scientifica definita a livello transnazionale ed ispirata ai principali orientamenti comunitari in tema di pianificazione spaziale (ESPON, ESDP e CEMAT) rappresenta, infatti, la strategia adottata dal progetto POLY.DEV. per influenzare propositivamente le scelte di governo a livello regionale e locale per una miglior gestione dei processi di sviluppo territoriali. Elemento centrale della strategia di “mainsteaming”1 consisteva, dunque, nell’informare i “decision maker” e i professionisti del settore sui risultati conseguiti durante il corso del progetto, sulle difficoltà riscontrate e sulle indicazioni emerse in relazione alle esigenze di pianificazione territoriale e di modelli insediativi delle aree studio. Così facendo, si sarebbe non solo risposto all’esigenza di dialogare con gli attori che - a livelli diversi - si occupano dei problemi del territorio (approccio bottom-up), ma si sarebbe anche colta l’opportunità di trasferire le metodologie sperimentate su differenti sistemi e modelli di organizzazione spaziale. Gli obiettivi dell’attività di “mainstreaming” erano: • lo scambio di informazioni sull’applicazione e la sperimentazione di nuovi approcci e strumenti della programmazione territoriale, sulle metodologie utilizzate, sulle “best practices”, sulle politiche urbane e rurali e il relativo impatto sul governo del territorio; • l’arricchimento del processo di apprendimento e del patrimonio conoscitivo nei percorsi di pianificazione strategica e l’approccio basato su una dimen-
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Manifesti di POLY.DEV. per l’esposizione dei progetti CADSES (Lipsia, Germania 2006), Regione Veneto - grafica PatchworkStudiArchitettura.
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sione internazionale e locale e su problematiche aperte alle questioni emergenti. La strategia informativa, elaborata in maniera analitica all’interno di un Piano d’Azione transnazionale, si è articolata su un doppio livello di diffusione dei risultati: • a livello comunitario, i risultati del progetto, contenuti all’interno di una pubblicazione finale di carattere internazionale, sono stati presentati presso il Comitato delle Regioni, a Bruxelles, durante un forum internazionale, a cui hanno partecipato rappresentanti dell’Unione Europea, i vertici della Regione del Veneto e i maggiori esperti europei dei processi di sviluppo e di pianificazione territoriale. Inoltre, le tematiche di POLY.DEV., nell’ottobre del 2006, sono state presentate ad EUREGIA, una tra le più importanti rassegne europee dedicate a promuovere le iniziative maggiormente rappresentative sullo sviluppo regionale e locale intraprese in ambito comunitario, catalizzando l’interesse di diverse organizzazioni pubbliche ed agenzie straniere sui temi trattati dal progetto. Un ruolo fondamentale nella diffusione dei risultati e delle linee di intervento ha rivestito il sito web ufficiale di POLY. DEV.: l’elevato numero di accessi registrato durante tutta la durata del progetto ha dimostrato un significativo interesse per le tematiche analizzate, a conforto della qualità del lavoro svolto. • a livello locale/regionale, ciascun partner di progetto, nella logica diffusiva tracciata da POLY.DEV., ha predisposto un numero considerevole di azioni specifiche di informazione sulle tematiche di pianificazione sostenibile e policentrica rivolte agli enti pubblici locali, ai tecnici coinvolti nella gestione del territorio, al mondo impren-
ditoriale, alle associazioni di categoria e ai diversi portatori di interesse. In particolare, sono stati organizzati, contestualmente in tutti i territori di progetto, tavoli di animazione territoriale con i vari soggetti regionali, provinciali e locali che operano attivamente sulla gestione dei processi e delle dinamiche territoriali, allo scopo di creare occasioni di dialogo e di ascolto tra diversi livelli di governance, secondo il principio di sussidiarietà e di politica partecipata.
La promozione del progetto POLY.DEV. in Veneto La pianificazione territoriale non è di natura straordinaria, episodica, bensì è pensata come un processo continuo, un’attività ordinaria che presuppone un aggiornamento costante, in funzione di nuovi bisogni che man mano emergono, e deve essere tesa a trovare soluzioni sempre più idonee all’organizzazione equilibrata e all’uso ottimale del territorio. Il progetto, attraverso un’analisi comparativa dei processi di pianificazione territoriale nelle varie aree studio, ha evidenziato una situazione estremamente eterogenea nei diversi Paesi per quanto riguarda il livello di compartecipazione e democraticità nelle scelte di governo del territorio: seppur in misure diverse, è emersa la necessità di rafforzare il grado di coinvolgimento degli attori locali, il dialogo inter-istituzionale e sociale e la devoluzione di “governance” per meglio adeguare le potenzialità del territorio alle sfide del futuro e alla competitività globale. POLY.DEV. si fa dunque promotore dei cosiddetti Piani di nuova generazione, che si differenziano da quelli del passato nella metodologia e nella sostanza, poiché
Tavola di coordinamento tra le regioni dell’area padano-alpina-adriatica. Primo schema di visione integrata per la rete ecologica - realizzazione di Nicola Paccagnella.
il processo di strutturazione decisionale deve avvenire oggi attraverso la ricerca del consenso e del contributo di tutti i soggetti che operano sul territorio. Ambizione specifica della strategia di comunicazione di POLY.DEV. a livello regionale e locale è, dunque, rafforzare l’abitudine del territorio a dialogare con i suoi attori, per portare le varie iniziative, prodotte in ambiti diversi e che sfociano in richieste conflittuali di uso del territorio, ad una loro ricomposizione, sulla base di un accordo su un sistema di regole condivise. L’obiettivo è orientare il processo di strutturazione decisionale verso percorsi di collaborazione e di consenso, al fine di giungere ad interpretazioni condivise delle analisi e dei problemi per concordare comuni proposte di assetto, strategie ed iniziative da attuare; in questo modo potranno essere superate le forme gerarchiche nei rapporti fra Enti, attuando concretamente il modello aperto e co-partecipativo nei processi di pianificazione territoriale. Su questa interpretazione ed immagine del ruolo delle Province e degli enti sub-regionali, sono stati organizzati in Italia, Grecia, Slovenia e Slovacchia, diversi incontri per approfondire la discussione circa i valori, gli obiettivi e le soluzioni proposte e recepire le osservazioni ed i contributi degli Enti locali e dei soggetti rappresentativi. Sono stati riuniti e coinvolti in queste occasioni di confronto i Comuni e le Province interessate e consultati i principali gli operatori economici, sociali e culturali. In quest’ambito, la Regione del Veneto, riconoscendo l’importanza di diffondere i risultati del progetto e di rafforzare la sensibilità degli attori regionali e locali nel
perseguire strategie e modelli di pianificazione ispirati ai principi di sostenibilità dello sviluppo e di crescita economica e sociale bilanciata, ha organizzato, nel corso del progetto, tre Tavoli di Animazione territoriale. Lo scopo di questi eventi era il rafforzamento delle abilità e delle conoscenze delle istituzioni locali sulle questioni relative alla pianificazione territoriale in Veneto, verso l’adozione di una strategia comune integrata di sviluppo policentrico negli stati membri dell’UE e nei paesi di recente adesione, in linea con i principi delineati nello Schema di Sviluppo Spaziale Europeo (SSSE). Durante gli incontri, rivolti a “policy maker” regionali, provinciali e locali, a esperti e professionisti dei processi di pianificazione territoriale, alle università (in particolare l’Ateneo patavino e la Facoltà di Architettura di Venezia), alle agenzie di sviluppo e al mondo dell’associazionismo pubblico e privato, sono stati presentati i risultati del progetto ed è stata illustrata l’applicazione della metodologia STeMA all’area studio della Regione del Veneto, individuata nel Piano d’Area Venezia – Padova (il cosiddetto Bilanciere), specificando il grado di sensibilità e vulnerabilità dei diversi sistemi a fronte delle proposte urbanistiche e progettuali. I Tavoli di Animazione - tenuti dallo staff di progetto e dai consulenti scientifici, la professoressa Maria Prezioso, presidente del Comitato Scientifico transnazionale di POLY.DEV., e il gruppo di lavoro di INU Veneto, che ha curato la sperimentazione della metodologia in Veneto - hanno illustrato i possibili scenari di sviluppo socio-economico coerentemente ai principi di sostenibilità espressi dalle strategie di Lisbona e di Gothenburg. Gli incontri,
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Esposizione dei progetti CADSES (Lipsia, Germania 2006).
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inoltre, hanno offerto l’occasione per creare un momento di confronto tra la Regione e le realtà locali, le quali hanno avuto l’opportunità di conoscere un approccio alternativo alla lettura del territorio, nell’ottica di un sempre maggiore dialogo tra le tendenze di pianificazione regionale e quelle sub-regionali (provinciali e comunali). Particolarmente importante è stata la partecipazione ai tavoli di lavoro delle province venete, che si sono fatte interpreti di istanze e problemi di ri-definizione del ruolo (impulso, regia e coordinamento) e di integrazione, funzionale e territoriale, fra le molteplici azioni in corso e in programma. Le Province di Padova e Venezia, essendo i loro territori oggetto della sperimentazione pilota condotta da POLY. DEV., si sono dimostrate particolarmente interessate e coinvolte nella discussione sugli scenari di sviluppo del area metropolitana del Bilanciere, a partire da alcuni progetti specifici come la nuova Romea e il Passante di Mestre, ma anche su altre opere infrastrutturali di notevole impatto per il territorio, quale il Sistema Metropolitano Ferroviario Regionale e il collegamento veloce tra la città del Santo e l’aeroporto Marco Polo a Tessera. Il momento di confronto ha rivelato come Padova e Venezia possano e debbano essere interpretate come due città complementari, atte a sfruttare i punti di forza l’una dell’altra, per approfondire le potenzialità ed i fattori di successo e condizionamento e, infine, per condurre ad una crescita e a uno sviluppo parallelo e bilanciato del Veneto Centrale. Il tema di fondo emerso è stato la necessità di ricercare un processo sempre più marcato di alleanze e di sinergie
per favorire la competitività generale del sistema, facendo pressione su quei fattori che caratterizzano lo sviluppo locale: per Venezia, il turismo ed i terminali delle vie di comunicazione (corridoio autostradale, porto e aeroporto); per Padova, la vivacità dell’hinterland industriale e l’Università. I tavoli di lavoro hanno rappresentato una interessante occasione di riflessione sul futuro della pianificazione del territorio nella nostra regione, soprattutto alla luce del nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) che dovrà delineare le linee dello sviluppo nel Veneto nei prossimi anni. Un Piano Regionale che conferma le principali istanze proposte dal progetto POLY. DEV. e manifestate dai vari portatori di interesse presenti alle sessioni di lavoro organizzate a Venezia: rafforzamento del processo di governance, partecipazione in rete di attori e politiche, interessi ed obiettivi per individuare una visione condivisa del futuro del territorio e una sua collocazione nel contesto europeo e globale. I tre Tavoli di Animazione hanno, rivelato non solo un incoraggiante comunanza di visioni tra i principi fondamentali di POLY.DEV., del nascente PTRC e delle prospettive delle Province venete, ma hanno anche manifestato l’esigenza di migliorare e rendere più forti le sinergie già esistenti e di cooperare verso una visione di sviluppo del Veneto di lungo periodo, che selezioni obiettivi di governo e avvii processi concertati di trasformazione territoriale e che mobiliti investimenti in un quadro di competitività sovra locale ed internazionale tra città e territori. Se lo scopo dell’animazione territoriale era coinvolgere ed informare coloro che fanno politica e sono artefici
Manifesto del forum finale del progetto POLY.DEV. tenutosi a Bruxelles il 4 settembre 2007.
delle scelte di governo del territorio, il progetto non ha trascurato i tecnici urbanisti e pianificatori. Nell’intento di rafforzare le competenze anche di coloro che applicano i modelli e le metodologie e li traducono in indicazioni pratiche sul territorio e sul paesaggio, la Regione del Veneto ha anche organizzato a Venezia - nel maggio del 2007 - un seminario di formazione sull’utilizzo della metodologia STeMA e del sistema GIS applicata all’azione pilota del Corridoio metropolitano Venezia – Padova. L’esperienza di POLY.DEV. e la metodologia di progetto attuata all’area studio del Veneto, sono stati, infine, presentati presso al Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata2 e presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Padova3, a dimostrazione dello sforzo della strategia di comunicazione, finalizzata non solo al trasferimento dei risultati, ma anche alla prospettiva di formare una nuova generazione di architetti, urbanisti ed amministratori che possano, in un prossimo futuro, attivamente confrontarsi con processi di pianificazione e governance del territorio orientati ai modelli europei di sostenibilità dello sviluppo, di policentrismo e di competitività. Capacità e modalità di comunicare nuovi modelli di sviluppo sostenibile e policentrico hanno, dunque, rappresentato un fattore non solo strumentale, ma anche funzionale al successo del progetto POLY.DEV., in particolare su una realtà complessa quale quella del Veneto, profondamente mutata nel corso degli ultimi anni e percorsa oggi da tendenze che propongono un uso dinamico del territorio e non orientate alla semplice conservazione, un uso capace di coniugare la qualità con i nuovi traguardi
dello sviluppo. Se da un lato i Tavoli di animazione hanno espresso la necessità di ripensare la pianificazione come approccio multi-disciplinare ed integrato, dall’altro hanno rivelato l’esigenza di diffondere uno stile decisionale che afferma un approccio partecipato, intersettoriale ed interistituzionale delle politiche allo sviluppo.
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il processo che, sulla base di una strategia pianificata e consapevole, mira al trasferire le sperimentazioni dei Partenariati finanziati ai sistemi di politiche ordinarie (vedi www.equalveneto.it)
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Workshop tematico “Le città raccontano: esempi di competitività in sostenibilità urbana e d’area vasta” Roma, 21 Marzo 2007
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Master in “Regolazione Politica dello Sviluppo Locale” Padova, 14 e 28 giugno 2007
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3 Francesco Sbetti Maria Prezioso
un’opportunità per la pianificazione territoriale
riflessioni conclusive sull’applicazione STeMA Francesco Sbetti
a sinistra: sistema policentrico dell’area centrale veneta - sezioni di censimento per centri, nuclei e case sparse - realizzazione di Daniele Putti.
Il progetto POLY.DEV. muove dall’obiettivo, sempre più condiviso, di dare forma a uno “spazio europeo” all’interno del quale sviluppare strategie di governo del territorio condivise da regioni e stati nazionali. Naturalmente si tratta di un obiettivo concepito e coniugato in modi diversi nelle pratiche, perché diversi sono i sistemi di pianificazione e le consuetudini di governi e istituzioni. Impostare le scelte di programmazione attraverso la definizione di obiettivi consente di muoversi all’interno di questa realtà composita con sufficiente indipendenza dai contesti geografici. Le politiche “spaziali” europee sono, infatti, caratterizzate da un approccio sempre più transettoriale e integrato, attento alle identità locali, con un rinnovato interesse per le città alle quali viene affidato il ruolo di fulcro della politica di coesione in quanto al centro del rapporto tra globale e locale, luoghi di competizione e di cooperazione. Il tema del policentrismo rientra a pieno titolo all’interno di questa strategia perché costituisce un terreno di prova e confronto tra politiche di governance, principi di coesione territoriale e di sussidiarietà. Un confronto reso ancora più interessante e complesso dalla natura stessa del policentrismo che in alcune regioni europee è forma costitutiva dell’impianto urbano, in altre è messo in crisi dalla diffusione non controllata degli insediamenti (sprawl). I nuovi programmi europei 2007-2013 fanno proprio questo processo di confronto e cooperazione dei due approcci: da un lato la valorizzazione delle città e dall’altro la diffusione in quanto modello che consente una distribuzione equa e una costruzione efficiente di reti di gestione di servizi, riducendo i fenomeni di marginalizzazione. L’idea, sempre più diffusa, di realizzare “strutture policentriche”, rappresenta questo tentativo ed esprime una tendenza di sviluppo fondata sulla “multicentralità distribuita”. Questo diverso modello territoriale si realizza integrando, a sistema, i contesti urbani periferici, attraverso la dilatazione del cosiddetto “core” – a scala europea come regionale -, ma soprattutto tramite la valorizzazione delle risorse specifiche delle diverse aree, consentendo l’accesso nei circuiti economici continentali. Nel contempo queste strategie spaziali, divenute un catalizzatore di “politiche
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Tavola di coordinamento tra le regioni dell’area padano-alpina-adriatica. Schema delle dotazioni logistico-infrastrutturali e delle grandi direttrici europee e macro-teritoriali - realizzazione di Nicola Paccagnella.
di sviluppo”, sono oggi il luogo privilegiato per procedere alla realizzazione di progetti “sostenibili”, per cui diviene fondamentale la valutazione preventiva degli effetti attesi e non, ma anche l’impiego di strumenti tradizionalmente considerati propri della pianificazione di settore, nell’attuazione di programmi e politiche globali.
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Sperimentare il policentrismo in Veneto L’obiettivo del policentrismo che ha guidato il progetto POLY.DEV., ha trovato nell’applicazione sperimentale del modello STeMA la metodologia strumentale per ottenere quella “multicentralità distribuita” propria del sistema territoriale ed economico-sociale veneto. Un percorso progettuale complesso ha accompagnato la fase applicativa, che ha coniugato il policentrismo come si declina in Europa, con le specifiche caratteristiche che ha assunto nel Veneto, dove l’assetto “policentrico” è una dominante ormai storicizzata. La pianificazione territoriale assume, in questa prospettiva, un nuovo ruolo e valore, ma anche nuove responsabilità tra cui: garantire l’obiettivo della coesione territoriale, vale a dire condizioni di vita sufficientemente unitarie in tutti i territori, dove le comunità locali potrebbero perseguire propri obiettivi di sviluppo economico, sociale e culturale con opportunità similari. La sperimentazione di modelli strutturati come STeMA per procedere alle analisi territoriali e, quindi, alla costruzione/valutazione di politiche urbanistiche, risiede essenzialmente nella necessità di disporre di strumenti capaci di operare nella logica integrata di sostenibilità sopra richiamata, secondo due indirizzi complementari: • la sostenibilità del territorio di fronte alle ipotesi di trasformazione; • la sostenibilità delle politiche e dei progetti. Tecnicamente lo strumento del GIS (Geographical Information System), consente la piena attuazione della metodologia STeMA, permettendo la lettura complessa di dati “statistici” e non associati ad unità geografiche. L’approccio STeMA costituisce, però, anche un significativo passo in avanti rispetto ai sistemi di pianificazione tradizionali, in quanto modello che valuta il territorio nella sua complessità, mantenendo sempre una relazione tra
gli aspetti naturali e quelli antropizzati, evitando quindi il rischio di impoverimento dovuto ad una eccessiva semplificazione e catalogazione dei temi. La stessa unità minima di geo-referenziazione del dato non è, infatti, una semplice areola cartografica derivata da una griglia di coordinate poggiante su criteri condivisi ed accertati in campo scientifico; essa rappresenta anche l’unità minima dell’oggetto di studio e di analisi, in grado di rappresentare la sostenibilità dei diversi sistemi che contribuiscono a determinare il territorio di riferimento: urbano, rurale, geomorfologico, ecc. La sua applicazione al Veneto – in particolare all’area compresa nel corridoio Venezia-Mestre-Padova (la cosiddetta area del Bilanciere) – ha rappresentato lo studio-pilota del Progetto POLY.DEV., evidenziando, senza dubbio, le caratteristiche di una realtà metropolitana di tipo policentrico, dove le funzioni direzionali ed economiche tipiche della grande città non sono concentrate in un unico agglomerato urbano, ma risultano distribuite tra i centri urbani principali e le aree intermedie. La scelta è ricaduta su questa area-studio perché qui si possono riconoscere molti aspetti delle tematiche affrontate nel corso della ricerca. Si tratta infatti di un ambito in posizione strategica rispetto a importanti direttrici europee: il corridoio est-ovest (Barcellona – Kiev), il corridoio adriatico, il corridoio nord-sud (Amburgo – Gioia Tauro); quindi con la possibilità di acquisire un ruolo decisivo non solo per il Veneto, ma per l’intero Nordest. Al tempo stesso la presenza di sistemi urbani importanti, rappresentati non solo dalle due città di Venezia e Padova, ma da tutto il contesto metropolitano di cui fanno parte Mestre, l’hinterland padovano e la Riviera del Brenta, ha consentito di evidenziare il tema della conservazione e del rafforzamento del ruolo identitario di ciascuna componente e al tempo stesso di ricercare sinergie e integrazioni possibili e auspicate. Ancora, un’area difficile, ma interessante per le elevate qualità storiche, ambientali, testimoniali che la caratterizzano e per le potenzialità di sviluppo che possono essere attivate. Infine, la concomitanza con la redazione di un programma urbanistico sviluppato dalla stessa Regione del Ve-
Tessera (Venezia), sistema a doppia corsia per l’Aeroporto Marco Polo - foto di Paolo Monello, concessa da Favero&Milan Ingegneria S.r.l.
neto, il Piano d’Area del corridoio metropolitano PadovaVenezia, che, seppure non ancora concluso, costituisce uno dei progetti strategici in attuazione del vigente Piano Territoriale Regionale di Coordinamento – PTRC, confermati dalla LR n.11/041, rendono l’area sicuramente un ambito privilegiato di sperimentazione, in particolare per quanto attiene la possibilità di verificare gli impatti che importanti previsioni progettuali potrebbero determinare su una zona così complessa e al tempo stesso fragile. Gli esiti della sperimentazione La valutazione dei risultati delle sperimentazioni in Veneto, come anche quelle attuate negli altri contesti del progetto POLY.DEV., risulta complessa a causa di un ambiente di riferimento “naturalmente” variegato, contraddistinto da una molteplicità di paesaggi, dalla diversità delle normative e degli strumenti utilizzati nei processi di pianificazione di area vasta. In relazione alle caratteristiche peculiari del metodo STeMA, le disomogeneità sono dovute principalmente alle diverse basi informative nella costruzione del quadro conoscitivo, nonostante il notevole lavoro di “normalizzazione” operato dai partner nel corso del progetto. Nella fase finale, quindi, i risultati che preme sottolineare sono riconducibili a tre questioni fondamentali: • le capacità dello strumento STeMA di restituire una “descrizione” ed un’interpretazione critica del territorio in grado di costituire la base di riferimento per sviluppare scenari e politiche territoriali; • le capacità dello strumento di esprimere valutazioni di impatto strategiche ad integrazione e “guida” della progettazione di piano; • le capacità di servirsi di numerose variabili e sistemi diversi nel valutare progetti complessi e multiscope. L’approccio STeMA consiste nel mettere a punto un metodo di lavoro che analizza le azioni a partire dalla capacità del territorio di accoglierle e dall’entità e qualità delle trasformazioni indotte. Fondare lo studio di piano sull’identificazione di elementi minimi-funzionali ai quali associare le informazioni disponibili, consente di lavorare indipendentemente dalla scala di rappresentazione e costituisce un sistema che
può essere nel tempo implementato e gestito anche con diversi livelli di dettaglio, ma sempre all’interno di un ambito georeferenziato, quindi confrontabile. La qualità dell’informazione, la completezza dei dati e la loro articolazione sono elementi che condizionano l’efficacia del sistema, ma costituiscono comunque solo una parte del processo in atto. La sperimentazione, infatti, non si è limitata all’acquisizione dei dati, ma ha messo alla prova il sistema anche nella gestione del processo con cui si arriva alla definizione delle scelte, attraverso un meccanismo di verifica di diverse ipotesi o scenari, in modo da arrivare alla decisione finale che deve rappresentare l’opzione migliore in cui coniugare sviluppo e tutela. Nel caso della pilot action veneta il modello è stato applicato ad un progetto già in fase avanzata di elaborazione, quindi in un momento in cui la fase di valutazione delle alternative possibili può dirsi in qualche modo conclusa. Ciò nonostante, l’articolazione delle scelte di piano, attraverso diversi schemi direttori (Cittadella aeroportuale Marco Polo, Parco scientifico e tecnologico di Agripolis, Agorà e Arca alla Bassa di Dolo), ha consentito di applicare il metodo a realtà e obiettivi molto diversi tra loro per caratteri e finalità, definiti secondo geometrie variabili e al tempo stesso sinergici. Ogni azione progettuale modifica il territorio e conseguentemente anche l’equilibrio ambientale di partenza, l’uso del modello STeMA inverte però il tradizionale metodo di lavoro che, a fronte delle trasformazioni introdotte, suggerisce sistemi di mitigazione e mette invece in primo piano la protezione del territorio e del sistema ambientale, in quanto prevenzione da possibili rischi. Ricerca, sperimentazione e pianificazione in chiave europea Uno dei principali obbiettivi del progetto POLY.DEV. è quello di garantire lo sviluppo equilibrato e sostenibile nel rispetto dell’ambiente e dei cittadini/cittadinanze. Tale finalità può essere raggiunta in modo efficace con l’utilizzo di strumenti indirizzati allo sviluppo regionale e alla cooperazione tra regioni di nazionalità e contesti fisici, economici e sociali anche diversi, anche di fronte ad
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Padova, Riviera XX Settembre.
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aspetti di oggettiva diversità territoriale. È la stessa Unione Europea ad incentivare, pur prendendo atto delle diversità ambientali, economiche e territoriali, un approccio unitario, coeso, cooperativo a problemi e patologie comuni. L’ultima generazione dei Fondi strutturali, ad esempio, collega i finanziamenti allo studio di strategie di sviluppo territoriale, richiede una programmazione degli investimenti articolata in più anni e favorisce politiche sinergiche e complementari di utilizzo dei diversi strumenti. Nella azione pilota attuata dal gruppo di lavoro del Veneto, pur con le difficoltà tipiche delle iniziative sperimentali, si sono raggiunti risultati importanti sotto una molteplicità di punti di vista. Innanzitutto la complessità operativa del modello STeMA ha consentito di verificare la fattibilità dell’uso di strumenti evoluti che necessitano di molti dati, anche “raffinati”, come quelli della programmazione urbanistica, della qualità dell’ambiente, delle caratteristiche geologiche, dell’articolazione socio-economica. Inoltre ha costruito un ambiente di lavoro nel quale si sono misurate politiche di sviluppo diverse, avendo sul fondo la strumentazione necessaria a valutarle in relazione a tematismi quali policentrismo, riequilibrio territoriale, rapporto città-campagna, accessibilità e sostenibilità che, anche se non tutti rappresentabili o cartografabili, costituiscono una griglia di valori e obiettivi sulla quale misurare le scelte. Il superamento di un approccio di terza generazione descritto in questo capitolo, ha dimostrato non solo come la Regione del Veneto disponga di una più che buona banca dati territoriale; ma anche come questa possa e
debba essere gestita attraverso strumenti quali il GIS (Geographical Information System) grazie alla aggiornata e dettagliata Carta Tecnica Regionale. La verifica sul campo dei dati, della modalità di utilizzo e della loro efficacia nel trattamento “georeferenziato”2 costituisce uno dei più importanti risultati del progetto, che va sicuramente oltre gli obiettivi che si poneva inizialmente POLY.DEV. Tale risultato, generalizzabile a percorsi di pianificazione istituzionale, si può rapportare con il percorso in atto nella Regione del Veneto di costruzione del “Quadro Conoscitivo” per il “governo del territorio” inteso nel suo significato più generale e omologabile alla logica dei principi indicati a livello europeo. Il secondo risultato raggiunto è costituito dall’opportunità determinata dalla coincidenza temporale3 (anche se con alcune non marginali sfasature) tra lo sviluppo delle sperimentazioni e l’elaborazione del nuovo PTRC (Piano Territoriale di Coordinamento Regionale). Obiettivi diversi, strumenti diversi e soggetti diversi, coinvolti nelle due iniziative riguardanti entrambe processi di pianificazione, non hanno comunque impedito importanti e significativi confronti che hanno riunito intorno a tavoli di lavoro i diversi Enti competenti nella pianificazione, ma anche diverse figure professionali. Il terzo risultato si è esplicitato, infatti, direttamente nell’ambito dei tavoli di animazione locale4 previsti dal progetto. Non solo si è trattato di un importante opera di diffusione dei risultati progressivamente raggiunti, ma anche di un momento di coinvolgimento, oltre ogni aspettativa, di Architetti, Urbanisti, Pianificatori e Amministratori degli enti locali del Veneto e Tecnici regionali
Porto Marghera (Venezia), Fincantieri.
coinvolti nella stesura del nuovo PTRC. Questi tavoli di animazione hanno costituito un interessante spazio di dibattito, dove i problemi di gestione del territorio hanno assunto una connotazione concreta e attraverso il quale i responsabili scientifici e ricercatori che lavoravano per l’attuazione di POLY.DEV. si sono costantemente confrontati con i soggetti che quotidianamente operavano e tuttora operano sul territorio. È stato messo in evidenza, e spesso anche in discussione, modalità, metodi e risultati. In questo modo e con questo continuo scambio, del tipo comunemente chiamato “bottom-up” e “top-down”, si è potuto attuare, in ultima analisi, un vero e proprio percorso di ricerca applicata tramite approfondimenti teorici, sperimentazioni e continue verifiche sul campo. Infine, l’ultimo risultato del progetto è quello proprio derivante dall’applicazione del modello STeMA ad un caso concreto di pianificazione di area vasta. Il percorso e i risultati, ampiamente discussi, evidenziano la capacità del modello di indirizzare i processi decisionali verso la scelta di azioni sostenibili che tengono conto delle caratteristiche del territorio. Fragilità e criticità sono assunte come misura della trasformabilità e la valutazione degli effetti di modifica e compromissione sui sistemi ambientali diviene misura della opportunità ed efficacia delle politiche.
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La nuova legge urbanistica regionale veneta non indica tra gli strumenti urbanistici il Piano d’Area, tuttavia l’articolo 48 della stessa legge, “Disposizioni transitorie”, elenca i piani d’area in corso che possono essere adottati e approvati e che sono parte integrante del piano territoriale regionale di coordinamento. Sono sei piani e tra questi, appunto, il piano del corridoio metropolitano Padova-Venezia.
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La georeferenziazione dei dati consente di mettere in relazione le informazioni acquisite e di integrarle facilmente proprio perché fanno riferimento ad un sistema comune di coordinate.
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L’entrata in vigore della nuova legge regionale urbanistica veneta coincide con il rinnovamento degli strumenti di pianificazione, in primo luogo del piano regionale, ma anche di quelli provinciali e comunali. Contestualmente si è avviata una fase di verifica e sperimentazione delle relazioni tra pianificazione urbanistica e piani ambientali e del paesaggio.
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L’articolazione e lo svolgimento dei diversi incontri sono descritti nel capitolo 4 “Una strategia comunicativa per dialogare con l’Europa”.
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il futuro dello sviluppo policentrico Maria Prezioso
A sinistra: localizzazione delle aree studio di POLY.DEV. - realizzazione di Daniele Putti.
L’avvio del settimo Programma quadro 2007-2013 ha riacceso la competizione economico-territoriale per l’attrazione di risorse esterne e riaperto il dibattito circa le modalità attraverso cui i territori si misurano tra di loro al di fuori dei confini nazionali. I risultati ottenuti dal progetto di cooperazione transnazionale e regionale POLY.DEV. offrono in questo senso un set preciso di linee-guida su come i sistemi-regionali urbano-rurali e le città (Incontro dei Ministri di Lipsia, Maggio 2007) possono cercare spazi di visibilità e reti per proporsi quali sedi di attività, soprattutto di servizio ed innovazione, dimostrando di possedere vantaggi competitivi sostenibili, duraturi nel tempo. L’esperienza POLY.DEV. ha dimostrato come la competizione e la sostenibilità possano essere realizzate tra-guardando le città, dove esistono varie entità territoriali (anche appartenenti allo stesso paese, come nel caso di Veneto e Marche), che hanno sviluppato diverse capacità di avviare e seguire un percorso di sviluppo e trasformazione, cogliendo – chi più chi meno - le opportunità e le sfide che derivano inevitabilmente dal progressivo inserimento dei sistemi locali nel crescente processo di integrazione economica internazionale. La dialettica di progetto, che in POLY.DEV. ha spesso assunto la dimensione del locale/globale, ha comunque imposto a ciascun territorio di individuare i propri fattori di competitività e le proprie vie per l’utilizzazione delle risorse locali. Per questo è stato necessario costruire una cultura consapevole e diffusa dei principali problemi e degli obiettivi prioritari alla portata degli attori locali, eventualmente “accompagnati” da altri partner, pubblici o privati (come nel caso della Grecia e della Slovacchia), e dare rilievo a tre concetti chiave della nuova programmazione dei Fondi strutturali: progettualità “dal basso”, integrazione sussidiaria e partenariato cooperativo. Su questi punti il progetto ha registrato ancora qualche limite, superati nell’esperienza, non sempre facile, del confronto in “progress”. Un argomento chiave per un approccio sostenibile allo sviluppo policentrico è stato, in POLY.DEV., l’attenzione che gli attori locali devono indirizzare
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Porto Marghera (Venezia), vista dalla laguna.
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prioritariamente alla capacità di costruire progetti integrati piuttosto che all’abilità di catturare finanziamenti pubblici, secondo una prassi tipica della programmazione europea1. Dall’esperienza di progetto è quindi possibile trarre un insieme di suggerimenti sulla governance del policentrismo che, grazie anche all’esperienza virtuosa di alcuni partner, hanno prodotto precise indicazioni: 1. costruire una cultura comune del progetto di sviluppo locale2; 2. formalizzare il ruolo del partenariato per lo sviluppo locale; 3. introdurre una logica per cui il posizionamento strategico di ciascun territorio sia considerato in relazione agli altri territori; 4. progettare in modo integrato, cioè secondo un approccio allo sviluppo economico basato sul concetto di sistema locale, che, anche nel caso del Veneto e delle Marche, hanno consentito di diffondere il dibattito sulle politiche di intervento che anima in questo momento l’Unione Europea; 5. chiarire il rapporto tra i livelli di governo e il ruolo delle regioni (coesione); 6. alimentare il fabbisogno crescente di cultura dello sviluppo locale e di diffusione delle capacità programmatorie3. POLY.DEV. ha dimostrato l’esistenza di un terreno fertile per la promozione di programmi formativi mirati allo sviluppo locale, da quelli indirizzati a giovani neolaureati sino a quelli, brevi e intensi, che siano rivolti a chi già opera in progetti di sviluppo locale, che favoriscono in particolare la partecipazione di operatori appartenenti ad aree e paesi diversi, proprio per incentivare la comunicazione e l’attenzione ad esperienze diverse e di conseguenza l’estensione delle cosiddette best practices. Quale forma ha assunto, allora, la governance policentrica nel progetto e quale forma potrebbe assumere in esperienze analoghe così fortemente volute dal settimo programma quadro? Sicuramente quella di una politica regionale che, se da un lato costituisce da sempre la principale fonte redistri-
butiva4 del sistema comunitario, dall’altro accoglie una pluralità di interessi e di aspettative che ne hanno determinato l’evoluzione in chiave complessa5. A partire dal 2007, la politica di coesione rappresenterà la più importante voce del bilancio dell’Unione Europea, superando anche la spesa per la politica agricola, in questo modo i finanziamenti concessi alle regioni europee diventeranno la forma di intervento diretto più consistente per l’Unione, e probabilmente anche la maggiore fonte di visibilità sul territorio. Il Progetto ha riaffermato come, storicamente, il policentrismo abbia gettato un’importante base per la diffusione della politica di coesione dell’Unione Europea. Da un punto di vista ancora più estremo, POLY.DEV. ha dimostrato come il policentrismo potrebbe essere una sorta di compensazione di cui gli stati meno prosperi possono servirsi per rafforzare la loro partecipazione alla politica economica europea. Una possibile regolamentazione di questa visione che spesso rischia di subire l’influenza estrema dei localismi, può essere fornita dal modello teorico della multi-level governance (o governance policentrica), come promossa da questo progetto seguendo in parte le indicazioni degli studi ESPON. La politica regionale del Veneto sembra proprio rappresentativa della governance multilivello, anche se ancora poco aderente alla politica di coesione europea, o meglio, al suo modello teorico. L’interazione tra i diversi livelli di governo nell’ambito della policy, infatti, risulta ostacolata dalla preponderanza di un livello sugli altri, quello statale, che assume un ruolo centrale nel collegare il livello superiore (comunitario) e quello inferiore (regioni/enti locali). Il governo policentrico, che nel sistema della policy regionale di progetto è stato formalizzato nel principio della partnership, vede quindi una partecipazione differenziata in base ai diversi momenti in cui si articola lo sviluppo policentrico. Durante la fase ascendente, in cui le decisioni vengono proposte, negoziate e infine adottate, l’interazione si attua principalmente tra le istituzioni europee ed il governo nazionale. Nella fase discendente di implementazione delle decisioni, di controllo e di valu-
Martellago (VE), Cava Senile.
tazione dei risultati, invece, il governo centrale condivide competenze e responsabilità con le autorità regionali e locali. La multi-level governance veneta può quindi essere definita in questo contesto ancora a fasi alterne. Il compromesso raggiunto con il Settimo Programma consentirà all’Unione di funzionare sino al 2013, di farsi carico dei costi dell’allargamento e di creare le condizioni del futuro dell’Europa unita, effettuando una prima revisione completa di tutte le spese e risorse nel periodo 2008-2009, adottando un processo di valutazione ex post non dissimile da quello sperimentato attraverso STeMA dal progetto POLY.DEV. Il meccanismo di programmazione proposto, in sostituzione di quello appena concluso, non aumenterà il peso degli enti sub-nazionali6, ma piuttosto, abbandonando il sistema di micro-zonizzazione, favorirà strategie regionali complesse e sosterrà la maggiore autonomia nei confronti dei governi nazionali. La politica di coesione per il periodo 2007-13 darà priorità alle disparità occupazionali, alle disuguaglianze sociali e ai divari di competenze, al cambiamento demografico, alle ristrutturazioni economiche e sociali7. Il Veneto sarà tra le regioni beneficiarie in quanto inclusa sia tra le regioni frontaliere (che includono anche le marittime), sia tra le macro-regioni (13 secondo l’attuale proposta8). In tale contesto economico e sociale, gli interventi proposti per la fase 2007-2013 si concentrano su un numero limitato di priorità comunitarie, in linea con le agende di Lisbona (crescita, competitività e occupazione) e di Gothenburg (sviluppo sostenibile). Su tale base si è già mosso il progetto POLY.DEV., anticipandone la sperimentazione con impegno silenzioso e constante.
ficienti, che saranno oggetto di valutazioni sistematiche. In altre parole, la leva del finanziamento pubblico comunitario può costituire un’occasione maieutica, che favorendo la capacità diagnostica e progettuale, consenta di procedere nella direzione di comportamenti virtuosi e coerenti per progetti di sviluppo locale. 2
Progetto di sviluppo locale, come è ben noto a chi si occupa di piani strategici, significa capacità di predisporre progetti integrati, in una visione unitaria e complessiva del sistema locale, che consenta agli attori locali, attraverso un progressivo confronto tra le opzioni in gioco, di individuare gli interventi più rilevanti nell’interesse della comunità locale e di giungere a definire le priorità tra i vari interventi.
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Nonostante alcune pregevoli esperienze di coordinamento dei Patti territoriali e di progetti leader avviati da alcune agenzie a livello internazionale (Sviluppo Italia, Enea, Formez), in Italia questa domanda di cultura del progetto e di accompagnamento non ha ricevuto ancora completa attenzione.
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Secondo la tradizionale tipologia adottata da Lory nel 1972, le politiche redistributive sono quelle che assegnano vantaggi o risorse a individui o a gruppi a scapito di altri. La corrispondenza tra l’attribuzione di un vantaggio a determinati soggetti e la realizzazione di uno svantaggio per altri è l’elemento che distingue le policy redistributive da quelle distributive.
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sino ai negoziati che hanno definito i regolamenti per il periodo di programmazione che copre gli anni dal 2007 al 2013 e la dotazione finanziaria nell’ambito delle Prospettive Finanziarie dell’Unione Europea.
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Fino ad oggi i Quadri Comunitari di Sostegno venivano approvati dalla Commissione d’intesa con gli stati, così come i Programmi Operativi presentati dagli stati sulla base dei Quadri Comunitari di Sostegno, con un attivo coinvolgimento della Commissione in funzione negoziatrice. Dal 2007, invece, la Commissione influisce sostanzialmente solo sull’elaborazione degli Orientamenti Strategici Comunitari, proponendone l’adozione al Consiglio. I nuovi Quadri Nazionali e Regionali di Sostegno, infatti, saranno prodotti essenzialmente dai governi nazionali, con la Commissione relegata ad un momento di successiva negoziazione su aspetti generali quali la ripartizione dei fondi tra le varie priorità o il rispetto del principio di addizionalità. Relazione della Commissione Hübner al PE su L’adattamento della politica di coesione all’Europa allargata e agli obiettivi di Lisbona e Gothenburg dopo il 2007 – Presentazione degli ultimi sviluppi nella Commissione e nel Consiglio.
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La programmazione 2000-2006 dei Fondi strutturali è stata definita nel documento Agenda 2000 per poi venire ulteriormente sviluppata con i due Consigli Europei di Lisbona (marzo 2000) e di Gothenburg (giugno 2001).
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Tutto ciò richiede un notevole cambiamento di rotta, e può essere utile ricordare che nel periodo 2007-2013 l’accesso ai Fondi strutturali sarà sempre più condizionato alla produzione di progetti efficaci ed ef-
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Tra queste si ricordano quelle del Mar Baltico, del Mediterraneo, dell’Arco Alpino, dei Balcani.
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appendice
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CARG
CARtografia Geologica
ICT
CEMAT
European Conference of Ministers responsible for Regional Planning
Innovation and Communication Technology – Tecnologia dell’ innovazione e della comunicazione
IDE
Investimenti Diretti Esteri
CNR
Centro Nazionale di Ricerca
IFFI
Inventario dei fenomeni franosi in Italia (Italy)
CTRN
Carta Tecnica Regionale Numerica
INTERREG III
Community iniziative which aims to simulate interregional cooperation in the EU between 2000-2006 - Iniziativa comunitaria che mira a stimolare la cooperazione interregionale in Europa nel periodo 2000-2006
INU Veneto
Istituto Nazionale di Urbanistica – Sezione del Veneto
MEGAs
Metropolitan Economic Growth Areas - Aree Metropolitane di Crescita Economica
DG Regio
Directorate General for Regional policy - Direzione Generale per la politica Regionale europea
DTM
Digital Terrain Model - Modello Digitale Territoriale
EIA
Environmental Impact Assessment
ESDP
European Spatial Development Perspective
ESPON
European Spatial Planning Observation Network - Osservatoriodella Pianificazione Territoriale Europea
METREX
The Network of European metropolitan Regions and Areas - Rete di Aree e Regioni Metropolitane Europee
FS
Ferrovie dello Stato
MAP
Mainstreaming Action Plan
FUAs
Functional Urban Areas - Aree Urbane Funzionali
MEGA
Metropolitan Economic Growth Areas
GIS
Geographic Information System - Sistema Informativo Geografico
METREX
The Network of European metropolitan Regions and Areas
NATURA 2000 GUM
Grandi Unità Morfologiche
The Network of areas of conservation importance across EU - Rete Ecologica Europea
abbreviazioni e acronimi NUTS
Nomenclature of territorial units for statistics - Classificazione di unità territoriali statistiche
TEN
Trans-European transport Network -Rete di Trasporti Trans-Europea
POLY.DEV.
Common best practices in spatial planning for the promotion of sustainable POLYcentric DEVelopment - Buone pratiche di pianificazione territoriale per la promozione dello Sviluppo Policentrico Sostenibile
TIA
Territorial Impact Assessment - Valutazione di Impatto Territoriale
TSI
Tipologie Spaziali Insediative
TUN
Trans-national Urban Network - Reti Urbane Trans-nazionali
UMT
Unità Morfo-Territoriali
ZIP
Zona Industriale di Padova
PIL
Prodotto Interno Lordo
PTRC
Piano Territoriale Regionale di Coordinamento
RTD
Research Technology and Development - Ricerca e Sviluppo Tecnologico
R&S
Ricerca e Sviluppo
SEA
Strategic Environmental Assessment - Valutazione Ambientale Strategica (VAS)
SFMR
Servizio Ferroviario Metropolitano Regionale
SIT
Sistema Informativo Territoriale
SSSE
Schema di Sviluppo Spaziale Europeo
STeM Approach (STeMA)
Sustainable Territorial Management Approach - Approccio per la gestione sostenibile del territorio
SUM
Sub-Unità Morfologiche
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Progetto POLY.DEV. Regione del Veneto Coordinamento ROBERTO CASARIN Segretario Regionale Ambiente e Territorio ROMEO TOFFANO Dirigente Pianificazione Territoriale e Parchi, responsabile Legale del Progetto TIZIANA QUAGLIA Responsabile dell’Ufficio Progetti Comunitari e Speciali, Direzione Pianificazione Territoriale e Parchi Project Manager POLY.DEV. ANNA FLAVIA ZUCCON Dirigente Unità di progetto Cooperazione Transfrontaliera GIADA SOLIN Responsabile dell’Ufficio CADSES dell’Unità di progetto Cooperazione Transfrontaliera Hanno collaborato inoltre VALERIA ERCOLIN, FRANCESCA FRANZIN E NICOLA PACCAGNELLA
Gruppo di ricerca Analisi Preliminare e Modello STeMA: MARIA PREZIOSO, Presidente del Comitato scientifico di POLY.DEV. Modelli di pianificazione spaziale policentrica e azioni pilota: INU VENETO FRANCESCO SBETTI, responsabile MARCO BOTTARO, DANIELE PUTTI, applicazioni del modello STeMA ed elaborazioni grafiche delle mappe VIVIANA FERRARIO, DAVIDE LONGHI, contributo alla definizione delle modalità di analisi territoriale e dei principi di pianificazione sostenibile nelle diverse targhet area hanno collaborato: ALESSANDRA GATTEI, ENDRI ORLANDIN Segretariato Tecnico di POLY.DEV. EURIS SRL LUCIA BRUSEGAN, responsabile hanno collaborato: LUCA FERRARESE, CHIARA LICATA E MARCO MEGGIOLARO Progetto di comunicazione e elaborazioni grafiche PATCHWORK STUDIARCHITETTURA VIVIANA FERRARIO, DAVIDE LONGHI, ANDREA SARDENA, ANDREA TURATO con: ELENA SPOLAORE, MASSIMILIANO DEPIERI
Si ringraziano:
gli autori che hanno reso possibile la realizzazione di questa pubblicazione, Maria Prezioso che gentilmente ha concesso in uso il modello STeMA (tutti i diritti riservati), e l’INU Veneto per la sua applicazione al caso studio Veneto, gli uffici della Regione del Veneto che hanno collaborato per la raccolta dei dati necessari all’attuazione del progetto e in particolare: Unità di progetto Sistema Informativo Territoriale e Cartografia, Direzione Sistema Statistico Regionale, Direzione Geologia e Attività Estrattive, Direzione Urbanistica, le Province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza e i comuni inseriti nel Piano di Area Venezia-Padova (il Bilancere) che hanno partecipato attivamente ai tavoli locali organizzati nell’ambito del progetto, gli autori delle fotografie che hanno concorso alla realizzazione di questo volume: Favero & Milan Ingegneria S.r.l., Vladimir Hudek, Davide Longhi, Tiziana Quaglia, Laura Rossit, Elena Spolaore, Enzo Tronchin. ESPON, dalle cui pubblicazione sono state tratte le mappe europee, Marco Bottaro e Valeria Ercolin per la collaborazione redazionale.