aprile 2013 // numero 3 // magazine free press
Da Porfiri a Pacchiarotti I negozi che hanno fatto la storia di Latina SPIAGGE EROSE Dove il mare ha divorato lidi e sabbia TERREMOTO I racconti dei latinensi nell’inferno di macerie in Irpinia VITA DA CANI Vivere la città a quattro zampe tra divieti e spazi proibiti
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L’editoriale di SANTA PAZIENZA
Storie di uomini e di eventi Pagine che raccontano realtà a volte scontate È con rinnovati intenti e preziose memorie che Numero Zero torna a proporsi ai lettori. Per raccontare gli aspetti più veri di Latina, quelli che appartengono a tutti, non lesinando una manciata di ironia. Per ricordare fenomeni di un’epoca che spesso rimbalzano nei racconti dei più nostalgici. Per scoprire realtà a volte scontate ma ricche di umanità, per entrare in profondità in dinamiche sociali e economiche che toccano da vicino i consumatori. Per bussare alle porte della storia rimaste chiuse per pigrizia o disinteresse. Per sollevare questioni e riflessioni che altrimenti rimarrebbero sotto il tappeto. Per riappropriarsi di spazi di pensiero che invece sarebbero divorati da uno scorrere del quotidiano troppo veloce e ripetitivo. È per tali ragioni che Numero Zero questa volta ha rievocato i negozi storici della città, sintomo di floridezza commerciale di una città in evoluzione, legati ai ricordi di diverse generazioni. Ed è per le stesse ragioni che Numero Zero si è proiettato nel 1980 seguendo quelle persone che da Latina corsero in Irpinia e si trovarono in mezzo ad un inferno di macerie. Oppure ha stretto la mano agli ospiti dei centri sociali per anziani, raccogliendo saggezza e allegria. Ed è anche per quelle stesse ragioni che Numero Zero si è seduto su un autobus e ha attraversato la città orologio al polso e poi si è fatto una passeggiata su una spiaggia diventata spettrale. Ed è con immenso piacere che Numero Zero ha scambiato le prime relazioni con i lettori, rice-
vendo segnalazioni di eventi, suggerimenti sugli argomenti da affrontare e anche precisazioni. Un motivo in più per continuare ad esserci e per proseguire un dialogo con i lettori attraverso storie, servizi, rubriche e pagine aperte ad una realtà in evoluzione.
Magazine mensile di attualità, costume e società
DIRETTORE EDITORIALE Marco Tomeo DIRETTORE RESPONSABILE Alberto Reggiani HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Alessandro Zaffarano, Luca Morazzano, Pasquale De Rosa, Riccardo Angelo Colabattista, Gianluca Amodio, Giacomo Reggiani, Stefania Pusterla, Ivan Eotvos, Patricia Saurini CON IL CONTRIBUTO DI: Massimo Sconforto e Santa Pazienza IMPAGINAZIONE E GRAFICA Giuseppe Cesaro FOTOGRAFIE Claudia Mastracco EDIZIONE E PUBBLICITÀ Pubblieditoriale srl - Via Sardegna 69 - 00197 - ROMA UFFICI Pubblieditoriale srl Via Tagliamento, 9 - 04100 - LATINA Tel. 0773.660382 - Fax 0773.405629 INFO E PUBBLICITÀ Tel. 328.1380545 – 328.8226893 numerozeromagazine@gmail.com STAMPA Gescom SPA Strada Teverina Km 7 - Località Acquarossa - Viterbo Testi, foto e ogni altri materiale, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I materiali pervenuti e le collaborazioni prestate, si intendono esclusivamente a titolo gratuito
Chiuso in redazione il 27 Marzo 2013 Registrazione al Tribunale di Latina richiesta
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AUTORIZZAZIONE SANITARIA ALL’ESERCIZIO N°168 DEL 12/12/2008 RIL DAL COMUNE DI LATINA DIRETTORE SANITARIO Dott. Antonio TRANQUILLI Specializzato in Patologia Generale, iscritto all’Ordine dei Medici della provincia di Latina dal 08/06/1979 con n° Ordine 1130
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IN QUESTO NUMERO #3 // APRILE 22 DUEMILATREDICI 14
Ossi duri Le peripezie dei cani latinensi tra carenze, divieti e multe salate
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Onda d’urto Crolli, danni e accuse dopo le violente mareggiate
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Memory shop Viaggio nel passato tra i negozi che hanno fatto la storia del capoluogo pontino
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Borgo San Michele Dalla bonifica ad oggi una comunità di lavoratori
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Bus al capolinea Una corsa ad ostacoli a bordo dei mezzi di trasporto urbano
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Grigio è bello Vitalità, movimento e iniziative senza sosta nei frequentati centri per anziani
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Cara benzina Distributori in affanno, corsa al prezzo conveniente
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L’inferno irpino I racconti dei volontari di Latina tra le macerie del sisma del 1980
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LISTA ZERO
Politica e comunicazione di FRANCESCO MISCIOSCIA
Governo in cerca di fiducia I politici hanno bisogno dell’entusiasmo dei cittadini L’Italia pochi giorni fa si trovava senza Papa, senza Governo e senza Parlamento, una condizione di totale squilibrio. Oggi a oltre 30 giorni dalle elezioni ancora c’è molta difficoltà a costruire un consenso stabile, su un progetto e su una maggioranza politica in grado di dare risposta alle richieste specifiche che gli elettori hanno inoltrato al Parlamento. Intanto, ci possiamo rallegrare per il nuovo Papa che al contrario dei nostri politicanti, ha saputo dare risposte concrete sin da subito al popolo cattolico presente su tutto il mondo. Tramite il simbolismo delle sue azioni e tramite il suo curriculum personale, Papa Francesco ha saputo istillare speranza negli occhi dei fedeli che avevano per lungo tempo aspettato segnali di cambiamento nel comportamento della chiesa. Saranno in grado i nostri leader politici di ridare fiducia ai cittadini? Esatto caro Bersani non è il parlamento il luogo dove devi chiedere che ti sia data la fiducia, ma nelle piazze! Per troppi anni il parlamento è stato un luogo isolato dal resto dell’Italia dove i problemi erano tutti vuoti di concretezza e intangibili. La vera sfida per questo paese è quella di tornare a sognare, e a credere. In
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un Italia che può essere leader nel progresso tecnologico, che può continuare ad esportare eccellenza, che può dare una visione del mondo futura alle nuove generazioni. Se i nostri politici non sapranno entusiasmare i cuori dei cittadini, non ci sarà governo che potrà risollevare la nostra Grande Patria che per anni ha saputo essere fedele interprete di benessere e di progresso. Beppe Grillo è solo un grande segno premonitore, è il fulmine o il tuono che segnala la tempesta che sta per arrivare se non si cambia il modo di agire. Per oltre 20 anni, in Italia, la politica è stato personalismo, ben diverso dal leaderismo degli altri paesi. Il leader è una persona che aggrega naturalmente il consenso su di se perché interpreta la volontà dei cittadini, il personalismo è stato la difesa estenuante delle posizioni egemoniche di alcuni personaggi a discapito dell’intero Paese. Questo egoismo in qualche modo finirà. Matteo Renzi ha saputo interpretare le necessità degli italiani, parlando di azioni da compiere e non di poltrone da salvaguardare. L’Italia riprenderà a crescere solo se saprà ridare speranza, se saprà interpretare le reali necessità delle persone, ma soprattutto se sarà in grado di fermare questo teatrino all’italiana che ci viene proposto da oltre 20 anni ogni giorno, e che oltre a non produrre più effetto non ci fa neanche più ridere. Allora, dai Matteo! Scalda i muscoli, è arrivato il tuo momento. Il Paese ha bisogno di una forza giovane in grado di interpretare il cambiamento.
UNA VITA DA CANI Un povero beagle alle prese con carenze strutturali, restrizioni e multe imposte dal Comune di VITTORIO BERTOLACCINI
Svegliarsi una mattina ed essere un cane a Latina. Ad un certo Gregor Samsa, divenuto insetto nottetempo nella fredda e uggiosa Praga, andò decisamente peggio. La vita da cani in una città dal clima temperato e accogliente è certamente meno dura e spaventosa della trasfigurazione kafkiana. Certo non è tutto osso quello che luccica, il caneluogo pontino potrebbe offrire di più alle quattro zampe
motrici, viste le potenzialità ambientali e strutturali esistenti, ma è la solita storia del cane che si morde la coda. Permettete che mi presenti: sono un beagle di media taglia, ho la fortuna di vivere in una casa con dei padroni affettuosi anche se non molto presenti. Loro lavorano, io sono in costante ricerca di occupazione, leggasi caccia a qualsiasi forma di cibo da ingurgitare, cucce e divani sui quali adagiarmi, pezze d’erba sulle quali scorrazzare. Qualcosa si trova sempre, anche lavoretti part-time in piccole aiuole o cassonetti incustoditi, noi cani non ci lamentiamo della crisi e ci arrangiamo sempre. Conosciamo l’arte della sopravvivenza e lo spread, se non si mangia, non ci interessa. Certo, io parlo così perchè non conosco le angosce del randagismo e le problematiche convivenze del canile. So che a Latina ce ne sono tre, dovrei andare a visitarli un giorno di questi, portare ai miei fratelli in cerca d’affido una scatoletta di conforto, una leccata di solidarietà. Dovrei trovare qualcuno che mi accompagni anche perché sinceramente di mettermi la museruola e farmi trascinare dal guinzaglio su un autobus, come da controversa normativa statale, non ne ho molta voglia, col rischio accessorio di imbattermi in miei simili umanizzati dai propri padroni. In questa città il provincialismo cinofilo si esercita con la moda tardoevolutiva dei cani-borsetta, i sempre più numerosi piccola taglia stipati nelle bisacce da signora insieme a pacchi di fazzoletti e confezioni di creakers. Che orrore signori, mi è andata bene che, con i chili che mi porto dietro, non entro neanche in valigia. Per non parlare poi di abbigliamento e acconciatura, più che cani sembrano dei cavallini lipizzani. Io mi tengo stretto il mio padrone, che mi preferisce nature, e mi fa da cicerone per le vie della città, alla scoperta di aree verdi adatte alle mie esigenze e di quant’altro possa tornarmi utile.
L’assenza di aree riservate Ed ecco, scusate il termine familiare, la prima rogna. A Latina non esiste un vero parco per cani, nel senso di spazio dedicato esclusivamente alle nostre attitudini e a quelle dei nostri accompagnatori. In tutto il Lazio ce ne sono quattro, due a Roma (Il Parco del Pineto in via Pineta Sacchetti e quello Falcone e Borsellino sull’Appia Antica) e un altro paio nel viterbese nella zona di Tarquinia. Considerando anche l’area privata del Parco Bau Bau di Sermoneta Scalo, siamo comunque lontani dalle cifre del nord Italia dove il senso civico è senza dubbio più sviluppato e i dog park molto più numerosi. Che rabbia. A Latina, come in buona parte del centro sud, ci si deve arrangiare, nonostante negli anni scorsi molti cittadini e molte associazioni animaliste abbiano proposto alle istituzioni comunali un
progetto di aree verdi esclusivo per le quattro zampe. Si parla di una città dai quartieri sempre più popolosi e in notevole espansione negli ultimi anni, che ha visto crescere a dismisura la popolazione canina. Il problema che ne consegue è evidente sia per chi è proprietario di un cane, perché non sa dove poter portare il proprio animale per svolgere le sue funzioni, sia per il semplice cittadino a cui spesso accade di pestare (con contestuale e sonora imprecazione) un bisogno o di notare che sul prato dove dovrebbero giocare i bambini i miei omologhi incontinenti sono già passati e hanno lì lasciato i loro
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L’oasi di Pontenuovo e quelli del parco Bau Bau Un pò fuori mano per portarci il proprio cane ogni giorno, ma nella zona di Pontenuovo a Sermoneta Scalo esiste un’area privata dedicata esclusivamente agli amici a quattro zampe, che ogni tanto può essere raggiunta. Qui, in un terreno recintato adiacente ad un parco comunale ribattezzato Parco Bau Bau, i cani corrono e scorazzano senza freni, liberi di sfogare tutta la loro vivacità sempre sotto lo sguardo attento dei loro padroni.. Tutto nasce dall’idea di un piccolo gruppo di cinofili formato ora da più di trenta associati, che ha ricevuto in dono da un loro costruttore amico un appezzamento di terreno e lo ha destinato all’esclusivo utilizzo dei cani, che così stanno lontani da bambini e adulti che ne hanno paura. Con una piccola quota di autofinanziamento forfettaria affrontano le piccole spese vive necessarie: inizialmente utilizzata per recintare il terreno, montare il cancelletto per l’ingresso a chiave personale e ora per mantenere pulito il terreno sul quale si muovono in libertà gli animali. Poi il volontariato, qualche dono e l’aggregazione reciproca fanno il resto: di recente sono state piantate una decina di piante di acero e leccio per rendere l’ambiente più gradevole, montate le prime panche di legno per i padroni degli animali ed in previsione dell’estate c’è la volontà di mettere in piedi una piccola zona d’ombra. Naturalmente non manca un piccolo e semplice regolamento interno da rispettare: ogni padrone controlla il proprio cane e una volta finito il giro abituale all’interno del parco raccoglie gli escrementi del suo amico a quattro zampe nel rispetto e buonsenso degli altri.
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I parchi di Latina
accessibili ai cani
Nei parchi di Latina i cani sono ben tollerati ma i proprietari/dog-sitter devono porre attenzione all’ingresso dove vi potrebbero essere cartelli con divieti riguardanti i loro quadrupedi. La regola generale per non sbagliare è tenere il cane al guinzaglio e, soprattutto se il parco è attrezzato con giochi per bambini, mettergli la museruola onde evitare guai abbastanza seri. Un’altra accortezza è far fare i bisogni non rimovibili in zone ben lontane da quelle frequentate dai bimbi. Ecco i principali parchi dove la popolazione latinense porta a spasso i propri esemplari:
1 - GIARDINETTI PARCO MUSSOLINI Nel principale parco cittadino i cani vi accedono con guinzaglio e museruola e passeggiano senza particolari problemi. Ci sono zone poco frequentate dai cittadini e quindi, mantenendo il controllo del nostro amico a quattro zampe, si può realizzare una piacevole passeggiata proficua evitando la zona attrezzata con giochi per bambini
scuola stessa dove i bambini a fine anno svolgono lezioni e attività ludico educative. Ma lo stato e la manutenzione della vasta spianata picchettata lascia spesso a desiderare: è un’area depressa che con le piogge invernali si allaga spesso favorendo il formarsi di veri e propri acquitrini che ne pregiudicano l’accessibilità. Inoltre è frequentata da cani e porci, dove per questi ultimi si intendano anche umani vagabondi che si divertono a lasciare
2 - AULA VERDE Viale Le Corbusier L’Aula Verde è un parco recintato da palizzata in legno in occasione del raduno degli Alpini. Il nome spiega la destinazione del luogo: aula didattica utilizzata dalla vicina scuola elementare del Circolo Don Bosco. Un pezzo di verde dato in gestione ad associazioni e alla
3 - PARCO SAN MARCO - Ospedale E’ il piu’ frequentato dai cani che vengono lasciati liberi, talmente vasto che non si segnalano problemi di alcun tipo, anzi in tanti hanno identificato il luogo come probabile futura aula verde per cani. Certamente non per tutta la superficie, magari si potrà circoscrivere una zona e attrezzarla bene per fido e i suoi amici
ricordini Vi riporto fedelmente la mail di un mio amico dog sitter che così descrive le aree verdi per cani: “Esse dovrebbero essere istituite in ogni luogo abitato: nei piccoli centri ne basterebbe una, nelle città popolose almeno una per ogni quartiere. Le dimensioni dovrebbero essere più o meno limitate a seconda della densità della popolazione che potrebbe beneficiarne. L’area verde per cani ha delle caratteristiche standard per
definizione: - E’ il luogo dove il proprietario– dog sitter e il relativo cane possono accedervi liberamente ed esclusivamente. - E’ delimitata e circoscritta per far scorrazzare il cane in assoluta libertà senza che riesca a trovare varchi d’uscita per sfuggire al controllo del proprietario. - Deve essere ben attrezzata e corrispondente alle esigenze del cane e dell’igiene, con distributori automatici di sacchetti per la
sul prato gli avanzi dei propri banchetti. Insomma ci si trova di tutto e spesso anche i runners che si cimentano nel percorso ginnico salutare sono costretti a schivare tutto ciò che ostacola il proprio cammino. In questo contesto molti cani, anche randagi, si sentono a casa propria e fanno il bello e il cattivo tempo. Servirebbe sicuramente più ordine e rispetto delle regole da parte di tutti 4 - PARCO VIA AMASENO fronte Latinafiori E’ un parco molto frequentato dagli amici a quattro zampe nonostante una parte di esso sia attrezzato con giochi per bambini. L’educazione e il rispetto delle regole è ben seguito da proprietari e dog-sitter. Questi infatti utilizzano la zona non riservata ai bambini e pur lasciando i cani liberi mantengono il
raccolta delle feci e con l’installazione di alcuni giochi universali adatti per tutti i tipi di razza. - Deve essere garantita la presenza di addetti all’area per l’ordinaria manutenzione, per la pulizia, la sicurezza, per far giocare e socializzare i cani e per evitare atti vandalici. - Non deve essere un luogo ghettizzato per proprietari e cani, non deve essere un luogo utilizzato esclusivamente per far fare i bisogni del cane.
prato ben pulito. Tutti i cani hanno socializzato tra loro, e anche tra i proprietari s’è sviluppata una particolare sintonia che si traduce anche nella autogestione manutentiva dell’area verde per avere un parco accogliente e mai eccessivamente sporco 5 - PARCO Q4 E Q5 E’ un parco molto vasto che racchiude i due quartieri periferici più popolosi e quindi inevitabilmente la popolazione canina è abbastanza consistente. Larghi spazi per i quattro zampe ma, attenzione, i due quartieri in via di espansione sono molto controllati e i vigili urbani presenziano la zona in modo costante e metodico anche perché non lontano c’è una loro sede decentrata. Sono numerosi i controlli proprio sui cani: microchip, guinzaglio, museruola, kit per raccolta feci. Il risultato, qualche multa iniziale al proprietario
- Area riservata per cani non significa non raccogliere i bisogni del cane come in realtà pensano molti”. Capita l’antifona caro Sindaco e cari assessori? Mica micio-micio bau-bau! Invece di moltiplicare le ordinanze di divieto per noi povere bestie, con limitazioni, restrizioni, multe e salassi vari, non sarebbe il caso di concepire finalmente qualcosa di esclusivo per le nostre esigenze? Tra l’altro, fa-
ma massima sicurezza e soprattutto pulizia. Così tutti, dai bambini agli anziani, dai ciclisti ai fruitori del percorso salute possono beneficiare di un parco ben pulito e sicuro. 6 - ZONA MORBELLA Via Fiuggi Altra nota dolente. E’ un’area verde presente ma inutilizzabile perché non mantenuta adeguatamente quella dietro la scuola elementare: erba alta, sporcizia, rifiuti di ogni genere, pozzanghere di acqua torbida per olii e liquidi pericolosi versati, insomma piccole discariche a cielo aperto in cui si trova di tutto, persino piatti di plastica con spaghetti al pomodoro, un pericolo non da poco per i nostri amici a quattro zampe. E’ ovvio che in questa zona non c’è alcun tipo di divieto, sono già tutti calpestati.
melici amministratori, lo sapete o no che noi non teniamo denaro e che la saccoccia è quella dei nostri tutori a schiena dritta? Ci arrivate a capire che una nostra migliore condizione è di conforto ai nostri proprietari e questo per direttissima riduce sensibilmente fenomeni come l’abbandono, il randagismo, malattie e incidenti stradali? Un concetto del genere lo capisce anche un gatto. Ma ho come la sensazione di abbaiare alla Luna.
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Le multe L’operatrice dell’Ufficio della Polizia Municipale ci ha preso in simpatia. Molto gentilmente ci informa che ci sono molte ordinanze del Sindaco a cui devono attenersi i proprietari dei cani. E’ utile essere a conoscenza di quanto segue per evitare una sanzione di Euro 166.66 per non aver rispettato le ordinanze emesse dal Sindaco di Latina, identiche a quelle generiche delle altre città italiane. Ecco le regole per evitare la cospicua sanzione: - Il proprietario del cane è tenuto a portare o il kit paletta e sacchetto o il sacchetto stesso e a rimuovere sempre e comunque i bisogni solidi del proprio animale. - Il collare ed il guinzaglio sono sempre obbligatori per tutte le razze e per tutte le taglie quindi non ci sono vie di uscita o interpretazioni soggettive. Questo perché i parchi sono frequentati da tutti i cittadini e soprattutto dai bambini. - La museruola è invece a discrezione del proprietario ma, nel caso di un cane appartenente a razze cosiddette a rischio (pitbull etc) o di grossa taglia con carattere un po’ irruento, è obbligatoria a tutela di tutti: del cane, del proprietario, delle persone che si potrebbero incontrare durante la passeggiata per evitare, oltre alla sanzione, di risponderne in sede giudiziaria civile in caso di danni procurati.
La spiaggia Ho voglia di mare, come tutti i cani amo la spiaggia, correre e rotolarmi sopra la sabbia, farmi lanciare e riprendere legni, in-
zupparmi sulla battigia. Per me è il massimo, ci andrei in tutte le stagioni. Ma la domanda è: lo posso fare? Anche qui meglio documentarsi, anche se la risposta, nonostante alcune pindariche ed anarchiche ricostruzioni, volge verso il diniego. Anche in riva al mare, purtroppo, per ragionare di testa propria si rischia di incappare in una multa alquanto salata. La sanzione può essere fatta sia dal personale della Capitaneria di Porto, sia dai Vigili Urbani. Ed ecco il primo mito da sfatare: non è vero che da settembre fino all’inizio della stagione balneare, visto che la spiaggia è raramente frequentata e che quindi la Capitaneria di Porto non manda personale sulla battigia, si è immuni dalla multa: possono farla i vigili urbani o la polizia forestale
che spesso pattugliano il litorale. Seconda falsità: il divieto non è sancito se non ci sono bagnanti sulla spiaggia. No, porco cane, la mazzata potrebbe arrivare lo stesso. Il metodo dei poco informati è andare dopo le 18 o poco prima del tramonto. E se poi una pattuglia dei vigili li pizzica...provano a dire che il cane non è il loro! Il mio padrone non mi rinnegherebbe mai! Ma ci sono spiagge a Latina e provincia per far scorrazzare i cani? Sulla terraferma no, per trovare un luogo balneare recettivo e senza divieti bisogna prendere il traghetto e recarsi a Ponza: lì nella Spiaggia di S. Antonio e in quella (ancora chiusa) di Chiaia di Luna si può stare tranquilli. Per fortuna che non soffro il mal di mare! Nonostante le campagne
Il Kit-Dog Paletta + Sacchetto E’ facile e poco costoso munirsi di kit raccogli feci del cane che consiste in paletta + sacchetti e dai prezzi molto modici rispetto alla multa in cui si potrebbe in-
correre. Il kit completo paletta + sacchetti costa da euro 7.50 ai 10.00, i sacchetti singoli hanno un prezzo vario di 2.00 – 3.00 euro, mentre i porta sacchetti dai 4.00 fino agli 11.00 euro
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delle istituzioni e delle associazioni animaliste il problema è bel lontano dall’essere risolto. I dati del 2011 evidenziano che sono diminuite le spiagge dove è possibile portare fido, complessivamente sugli 8.000 chilometri di coste italiane le spiagge attrezzate ammontano a circa il 7% del totale con un estensione di meno di 550 chilometri, si tratta di spiagge pubbliche che di fatto non sono attrezzate per ospitare bagnanti con i cani mentre gli stabilimenti balneari che offrono in tutta Italia la possibilità di portare i propri cani in spiaggia sono solamente 57 rispetto ai 72 dello scorso anno. Nel 2011 le spiagge
per cani erano presenti in Emilia Romagna (18), seguita dalla Toscana (10), dalla Liguria (8), dalla Puglia (6) seguite da Abruzzo, Marche, Veneto, Sardegna e Friuli con tre stabilimenti balneari per ciascuna regione e dal Lazio con una sola spiaggia per cani, il Baubeach di Maccarese. Oltre ai pochi stabilimenti balneari si aggiunge la solita babele delle ordinanze di divieti che spesso sono illegittime o si sovrappongono per competenza tra comuni, province, ordinanze della capitaneria di porto e nel caso delle regioni autonome in alcuni casi vi sono divieti imposti dalle stesse amministrazioni regionali.
Canili sempre pieni, sos adozioni A Latina sono attivi due canili rifugio. Una delle strutture è comunale, si trova in via Chiesuola ed è gestita dall’associazione animalista “Amici del cane”. La presidente è Maria Rosaria Alesini. L’altro canile rifugio è privato ed è gestito dalla Cooperativa Galileo Galilei. La struttura è ubicata in via Bassianese ed è convenzionata con più comuni della provincia pontina, ma non con il comune di Latina se non per emergenze particolari quali l’eccessivo numero di animali accalappiati e l’insufficienza di box presso il canile comunale. Nei canili opera il personale del servizio di Medicina veterinaria della Asl che ha il compito di stabilizzare il cane randagio appena accalappiato. Il cane viene trattato con antielmintico, sia il maschio sia la femmina vengono sterilizzati, si inserisce un chip con un numero di riconoscimento e registrato all’anagrafe regionale. Dopo un massimo di 15 giorni i cani accalappiati vengono trasferiti nei canili rifugio. Nel canile “Amici del Cane” in via Chiesuola sono ricoverati circa 850 cani, numero che varia in funzione delle adozioni. Il canile non beneficia di una diaria giornaliera per esemplare ( come avviene per le strutture private convenzionate con i vari comuni della provincia), ma di una cifra annuale di circa di 120.000 euro. Somma insufficiente per la quantità di ospiti che viene integrata da donazioni di privati cittadini. Il cibo viene offerto da industrie agroalimentari.
Randagi, i numeri da chiamare Il servizio di Medicina veterinaria, Area di sanità veterinaria della Asl, ha la reperibilità notturna e festiva. Basta chiamare il 118 e viene fornito il numero di telefono del medico veterinario reperibile in quel momento e che interviene immediatamente sul posto se il cane o gatto è ferito o presenta sintomi di qualsiasi malattia. Tramite un servizio di trasporto specializzato (autoambulanza), l’animale viene trasportato nel più vicino ambulatorio o clinica convenzionata con la Asl Latina. Nel caso di cani randagi, l’utente deve chiamare la Polizia municipale che attiva il sistema di accalappiamento del servizio veterinario tramite una ditta autorizzata e specializzata.
I negozi Fatevi servire, la prima regola generale che il padrone di un cane deve sapere è che, al contrario delle femmine, i maschi tendono a segnare il territorio minzionando in modo poco ortodosso nei punti più impensabili. Ne consegue che nella maggior parte dei negozi, anche quelli per animali, l’ingresso è gradito solo per le lady. La seconda regola di ordine igienico impone di evitare l’entrata dove si vendono generi alimentari, quindi supermercati, gelaterie, panetterie ecc. In questo caso il gestore di questi negozi potrebbe rischiare la chiusura o una multa salatissima per mancanza di osservazione delle norme sanitarie. La terza regola è in base alla scelta della razza del vostro cane: se è di piccola taglia, le porte vi si apriranno (per me restano sempre chiuse) spesso introducendo i vostri cagnolini col metodo delle borsette cuccia di cui sopra. In commercio ne esistono alcune colorate e divertenti che ispirano simpatia nei commercianti e non certo repulsione. Se il cagnetto non sta nella borsa fate attenzione nei negozi di abbigliamento o dove ci sono espositori molto bassi. A proposito, una mia amica pincher nana, sia al guinzaglio che in braccio, ha avuto libero accesso a Latina Fiori. Non è potuta entrare solo nel supermercato Panorama nei negozi l’hanno fatta entrare tranne ovviamente nel supermercato Panorama. Anche a Roma Eur 2 l’hanno accettata senza problemi così come agli Outlet di Castel Romano e Valmontone (che sono dotati di distributori di sacchetti per cani). Quindi con un po’ di simpatia, con le dovute attenzioni e accortezze, con il supporto di accessori che si trovano in commercio, a noi quattro zampe, meglio se zampette, è consentito un certo tipo di shopping. Io mi accontento di fare la lista della spesa al mio padrone e aspettare che torni a casa. Ma la giornata è finita, è il momento di ritornare uomo, il mio miglior nemico.
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STESSO
MARE SENZA
SPIAGGIA
Le mareggiate invernali IBOOP SJEJTFHOBUP MB ҄ TJPOPNJB della costa latinense. Spazzati via diversi stabilimenti tra cui quello della Polizia Sotto accusa i lavori di ripascimento e le barriere antierosione installate nella zona di Foce Verde La lotta contro il tempo per riparare i danni prima dell’avvio della stagione balneare
di MASSIMO SCONFORTO
È un mare bello, a vederlo con gli occhi di un ricordo. E’ un mare ferito, anche, se provi a guardarlo invece con gli occhi di chi, questo mare, lo ha fatto diventare un lavoro. Lungo le spiagge di Latina si intrecciano storie di varia umanità, tra affari, vacanze e solitudini, ma quella che vogliamo raccontare oggi corre parallela con un pezzo della vita di una intera comunità e che appartiene alle estati di tutti noi. Quella sabbia che in tutti questi anni
ha raccolto la memoria collettiva ha dovuto cedere in cambio, come per un sortilegio, tutto il suo candore, un po’ alla volta, anno dopo anno. E’ una sabbia nera adesso, appiccicosa perfino, e talvolta anche pericolosa. Come nel tratto che va dalla Casilina a Foce Verde. A essere più chiari, quelle poche centinaia di metri di arenile che di stabilimenti non ne ha più. Semplicemente, se l’è divorati il mare.
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“Il sei di febbraio per noi è stato un giorno terribile – racconta Luciana Di Pierro, dirigente del’ufficio tecnico logistico della Questura - quando siamo arrivati al lido non riuscivamo a credere ai nostri occhi”. Lo stabilimento balneare della Polizia (nella foto) era accartocciato su se stesso. Il cemento aveva ceduto, le cabine sventrate, la struttura tranciata di netto. In alcuni punti la spiaggia presentava un dislivello di quasi due metri. Da quel giorno l’intera area è transennata, ora si attende la fine delle mareggiate per iniziare i lavori di messa in sicurezza che pure sono già stati programmati. “Servono 12mila euro per il puntellamento e risistemare tutto – spiega la dirigente – noi abbiamo già fatto fare perizie e sopralluoghi tecnici ma i lavori non potranno essere eseguiti se prima non finisce il brutto tempo. Ad ogni modo, siamo pronti”. Non c’è un abitante di Latina che non abbia messo piede, almeno una volta, dentro lo stabilimento della Polizia. Capace di ospitare anche mille persone, dispone di una sessantina di cabine, di una bar e anche di un ristorante interno con un
Per sistemare le cabine F J MPDBMJ EJTUSVUUJ EBJ ҅ VUUJ occorrono decine di migliaia di euro grande salone che talvolta ospita anche feste serali. La struttura è di proprietà del Fondo assistenza della Polizia di Stato e poi ogni estate viene affidata in gestione a privati. “Per noi è un posto importante perché è lì che andiamo con le nostre famiglie, è li che portiamo parenti ed amici. Esiste da quarant’anni, credo sia diventato un punto di riferimento per tutta la gente di questo posto, e per questo vogliamo che venga sistemato prima che inizi l’estate”. Figurarsi se non lo vorrebbero anche i titolari degli stabilimenti vicini, devastati anche questi dalla furia delle mareggiate. Scale, torrette, pedane. Tutto saltato in aria, come per un’esplosione.
Come se il dio del mare avesse deciso di colpire la sciatteria degli uomini, in un solo punto, e in un solo momento. E a sentire il vice sindaco di Latina, l’assessore all’ambiente Fabrizio Cirilli, forse è stato davvero così. “In quel tratto di mare – spiega – in passato erano state sistemate tre barriere antierosione con un intervento di ripascimento elaborato e realizzato in modo molto frettoloso. Una di queste barriere non è stata neanche agganciata alla sabbia sottostante e questo ha peggiorato gli effetti dell’erosione anziché prevenirli. Possiamo dire che il 90% degli effetti delle mareggiate siano stati causati proprio da quei pennelli, messì lì in ragione di provvedimenti adottati con somma urgenza”. Accanto allo stabilimento della Polizia c’è il Lido Nausicaa. Anzi c’era, perché se fate una passeggiata da quelle parti vi sfidiamo a trovarne un pezzo ancora in piedi. E comunque, nel raggio di poche centinaia di metri ci sono altre sette strutture private, una messa peggio dell’altra. Sandro Giugliano gestisce con alcuni amici il Lido Circello. “L’erosione ci ha messo in ginocchio. Noi dovremo spendere intorno ai diecimila euro per rimettere in piedi lo stabilimento. Ma il danno non è finito lì perché c’è il flagello della sabbia sparita. Oggi come oggi non abbiamo un metro quadrato di spiaggia su cui piantare gli ombrelloni. Che facciamo, i nostri clienti ce li teniamo in braccio?” Eppure un ripascimento fatto ad opera d’arte esiste già. Ma qualcuno sospetta che proprio le operazioni fatte a Foce Verde (in prossimità del ristorante “Giovannino”, giusto per dare un’idea) abbiano
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in qualche modo alterato gli equilibri della costa. Insomma se da una parte la sabbia è tornata, e in grandi quantità, dall’altro sta gradualmente sparendo. Che poi le mareggiate d’inverno ci sono sempre state, e mica è successo mai il finimondo come quest’inverno. “Ma noi già da un anno avevamo elaborato un progetto, proprio sulla base di quello realizzato per Foce Verde – spiega il vicesindaco -. Un intervento pianificato subito dopo l’insediamento dell’amministrazione comunale. Lo avevamo proposto all’Ardis, l’Agenzia regionale per la difesa del suolo, che lo ha fatto suo. Di più, a inizio legislatura avevamo anche chiesto, e ottenuto, che la marina di Latina venisse inserita nel Piano di ripascimento delle coste. Il finanziamento previsto per noi è di 450mila euro. Ma poi l’Ardis ha sbagliato le procedure di gara, il testo del bando era diverso da quello inviato alle ditte partecipanti. Si è perso inutilmente un mese di tempo e adesso bisogna rifare l’intera gara, i margini di tempo sono ristrettissimi, stiamo facendo gli scongiuri perché si proceda all’inizio dei lavori almeno per metà aprile. Tra una let-
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tera di sollecito e l’altra dobbiamo poi sperare che le condizioni meteo ci consentano di vedere completato l’intervento prima dell’inizio della stagione balneare”. Che poi dovrà essere una stagione da boom, dicono i balneari, per ripianare almeno un po’ le spese di manutenzione straordinaria che più o meno tutti quelli colpiti dall’erosione hanno dovuto sostenere in queste settimane. “Il problema vero è che la gestione
Operatori senza arenile, proposti sconti sul canone o lo spostamento dell’attività dove il lido è più ampio
degli stabilimenti sta diventando sempre più complicata – confessa Giugliano – Tra tasse e concessioni spendiamo cinquemila euro a stagione, ma la spiaggia non c’è più, la crisi spaventa la clientela. Ci piacerebbe che il Comune riducesse almeno il canone, visto che la spiaggia non c’è più. Certo così non si può andare avanti. Non è mica un caso che oramai tanti cerchino di dare in affitto la propria struttura, in gestione: meno problemi, meno stress, meno rischi. Potrebbe essere una soluzione anche lo spostamento delle attività colpite dall’erosione in un’altra porzione di lungomare, magari proprio a Foce Verde, dove l’arenile ha raggiunto dimensioni enormi”. Certo però servirebbe una volontà politica e dubitiamo che ci sia, almeno per adesso. Va dato atto comunque che la sensibilità verso le problematiche del nostro lungomare è maturata in questi ultimi mesi più che in qualsiasi altro periodo storico. Basterebbe forse un ultimo sforzo, se vogliamo anche quello più importante, e affrontare la questione come una grande azienda farebbe con un suo asset strategico. Di quelli che ti cambiano la vita.
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Botteghe Oscure Ricordi e aneddoti dei negozi che hanno fatto la storia della città prima di chiudere i battenti di ALESSANDRO ZAFFARANO
P
oi arrivarono la grande distribuzione, la scala industriale, i centri commerciali. Poi l’ultima città di fondazione superò la centomillesima anima, allargò i suoi confini, sviluppò quartieri e debordò in periferia. Latina perse le sue abitudini, quelle tipiche di una città a misura d’uomo, dove negozi, botteghe artigianali e anche ristoranti rappresentavano i punti di riferimento per residenti e visitatori. Di tutte le attività che hanno scandito la vita cittadina nel secolo della sua nascita sono poche quelle che hanno resistito alla scure del tempo, molte quelle che hanno chiuso i battenti, fiaccate dal progressivo affermarsi di nuove realtà commerciali, oppure ritiratesi in santa pace dopo aver esaurito
la missione per la quale erano venute al mondo. Una legge darwiniana applicata all’economia locale: hanno resistito solo coloro in grado di reggere l’urto con le nuove generazioni, che una volta raggiunto l’apice della popolarità ed essere entrate nelle grazie dei consumatori, non hanno ceduto alla tentazione di prepensionarsi al primo scontrino in meno, di mollare per dedicarsi ad altro o di volare verso altri lidi più ricettivi. La chiusura di un negozio storico è un colpo al cuore del cliente affezionato piuttosto che del proprietario. Succede quello che non ti aspetti, un pezzo della tua vita tira giù la serranda e si chiudono a chiave anche i ricordi che quella bottega si porta dietro. Lì davanti a quelle vetrine, in
quella strada che tutti identificano col nome di quel negozio, hai consumato giorni, concluso affari, hai litigato o amoreggiato. E di colpo cala il sipario. Siamo andati alla ricerca, frugando col lanternino nella nostra memoria collettiva, di alcune delle attività commerciali più care alle generazioni di mezzo, quelle che hanno chiuso i battenti dopo aver essere entrate honoris causa nella storia della città di Latina. Impossibile elencarle tutte, abbiamo preferito ovviamente quelle a conduzione familiare, tralasciando i gruppi industriali o i franchising. Come la Standa, ad esempio, o il Silos, colossi commerciali rimasti nelle corde dei latinensi nonostante l’evidente mancanza di ogni senso d’appartenenza.
1928-1990 Pasticceria Figini La storia della Pasticceria Figini inizia nel 1928. A fondarla è Luigi, giunto da Pordenone nel periodo della bonifica, via Roma (Piazza delle Quattro Fontane), dove provvisoriamente si era stabilito. E’ quindi uno dei pochi esercizi commerciali che possono vantare la propria presenza il giorno dell’inaugurazione della città, anzi quel giorno passato alla storia come quello della fondazione di Littoria è proprio la Pasticceria Figini ad organizzare il rinfresco alla presenza di Mussolini e dei suoi sodali. Quel giorno molti edifici della città non sono ancora stati terminati per cui, per dare l’idea della futura architettu-
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ra comunale, si allestisce una scenografia di cartone in cui vengono rappresentati anche i nascenti negozi. La Pasticceria Figini inizialmente apre in piazza XXIII Marzo (oggi Piazza della Libertà) sotto i portici, dove attualmente c’è “La mia libreria”, successivamente si trasferisce nell’attuale via Diaz a fianco al cinema Aquila, poi trova fissa dimora nella storica sede di Corso della Repubblica. A ricordarne caratteristiche e aneddoti è la psicologa Mariangela Figini, pronipote di Luigi: “I miei ricordi più vivi sono quelli riguardanti la mia infanzia - dice la dottoressa – ricordo soprattutto, nel periodo della bella stagione, i tavolini fuori, che occupavano lo spazio da Benedetti fino alla gioielleria Wiquel, con la gente che veniva a gustare il nostro gelato. D’inverno invece c’era un’accogliente sala da the all’interno. Io sono cresciuta praticamente dentro quel loca-
le, accanto a mio padre Glauco, ricordo i nostri clienti fissi come Cencio Ferrazza della tipografia, lui era sempre presente”. La posizione al centro della città e gli ottimi prodotti fanno della Pasticceria Figini un punto di riferimento per tutti i latinensi. Soprattutto la domenica, dopo la messa in San Marco, c’è la consuetudine di tornare a casa con le paste dei Figini: molto richiesti i diplomatici, ma anche le meringhe alla panna e la bavarese. La specialità della casa è però la “polentina”, una torta brevettata che può essere servita bianca, al cioccolato o ghiaiosa alla nocciola. Col tempo la pasticceria si fa una buona fama anche fuori le mura, in particolar modo con i romani che, di passaggio per Sabaudia o San Felice Circeo, fanno sosta a Latina per gustarsi la polentina. Tra gli abitueè anche Alberto Lupo e Renato Rascel. La pasticceria Figini chiude nel 1990 dopo la morte di Glauco.
1949-2009 Porfiri Il negozio per tutti. Generazioni di famiglie latinensi si sono vestite ed hanno fatto acquisti da Porfiri, una tra le prime attività di produzione sartoriale e di abbigliamento che hanno segnato e rappresentato il centro della città. Oltre cinquant’anni di esercizio nei quali Maria Corsetti Porfiri, la proprietaria, seguiva tutto nel minimo dettaglio senza tralasciare nulla al caso per consegnare al cliente un prodotto sempre impeccabile. La scritta enorme “PORFIRI” posizionata sopra il negozio dominava su Corso della Repubblica. All’ingresso saltava subito all’occhio un senso di ordine quasi maniacale, per certi aspetti paragonato a quelli dei negozi di oggi, inoltre la cordialità delle commesse e l’accoglienza erano caratteristiche di un buon venditore. Eppure quel negozio, così ordinato e perfetto nel suo insieme, era il risultato finale di una filiera che prevedeva all’origine una sartoria specializzata sempre in azione
durante la giornata di lavoro. Il negozio degli abiti “buoni” vestiva una gran parte dei cittadini latinensi e negli anni sessanta la politica del fare credito, basata sulla fiducia tra i clienti ed i titolari, permetteva soprattutto alle tante famiglie di coloni contadine di prendere gli abiti e dopo la raccolta tornare a chiudere i conti con il negozio. Piccoli gesti per l’epoca, ma simbolici a tal punto da far capire la grandezza della famiglia Porfiri che anni dopo ha reso possibile, anch’essa grazie ad una congrua donazione, la costruzione del polo oncologico dell’ospedale “Santa Maria Goretti”: non a caso il Padiglione Giorgio Porfiri ne riporta il nome in ricordo del figlio scomparso in un incidente stradale. Porfiri ha abbassato le serrande nel settembre del 2009 e a distanza di quattro anni quel locale è ancora desolatamente vuoto.
1957-1996 Pacchiarotti Per decenni a Latina quando si diceva “panino” il pensiero andava direttamente a Pacchiarotti, il
mago della rosetta con il wusterl, senape e ketchup, in via Duca del Mare. Era la mèta stabilita della gioventù degli anni 70-80, quella che alle cinque del pomeriggio veniva assalita da un’irrefrenabile voglia di merenda. E allora tutti dal signor Enzo, il romanista per eccellenza, il poeta della “strada”, il mago della filastrocca romanesca. Ad ottobre compirà 80 anni, la vitalità però è come quella di quarant’anni fa. Con la stessa simpatia di allora inizia il suo lungo racconto: “Era il 1957 quando io e i miei fratelli Franco e Tonino decidemmo di venire giù da Velletri dove nostro padre gestiva una pizzicheria. Noi volevamo aprire una norcineria, ignari del mercato di Latina ma tutti ce lo sconsigliavano, dicendo che era un paese povero, dove giravano tante cambiali. Noi però decidemmo di provare. Ebbi l’accortezza di farmi fare la licenza di norcineria, la numero 189 perché mi informai che in quella via c’era un certo Carocci che aveva una macelleria. Gli chiesi se la nostra idea di mettere su un negozio di lavorazione di carne suina gli avrebbe dato fastidio, lui mi disse di no perché lavorava solamente
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10 kg di salcicce al mese. Iniziammo con un banco di marmo dove lavoravamo le nostre salsicce, da subito riuscimmo ad avere una buona clientela, cominciando a lavorare 6/7 maiali alla settimana. Venne così anche mio padre a darci una mano, con mia madre che stava alla cassa. Il lavoro grazie a Dio prese piede, iniziammo a servire i banchi del mercato e anche alcuni macellai” Ma la storia di Pacchiarotti come detto è legata anche e soprattutto ai favolosi panini all’inizio degli anni ‘60. L’idea di mettere il banchetto fuori il negozio con una friggitrice che emanava profumi inebrianti iniziò così: “Io sono stato sempre un osservatore, ho lavorato anche a Roma, conoscevo alcuni commercianti romani. Andavo a prendere i prosciutti cotti da una ditta tedesca, la Menert, che aveva il deposito nella capitale. Un giorno, per pura combinazione, mentre ero lì, entrò un signore a riportare una griglia al titolare, dicendogli che per 15 giorni non c’erano più feste in giro. Allora io gli chiesi: ma che ci fai con questa griglia? Lui mi rispose che ci cucina-
va i wurstel prodotti da loro con ingredienti tedeschi. Allora gli chiesi se era possibile provarla. La presi e la portai a Latina con 4/5 pacchi di wurstel e la misi sul banco della norcineria. Mio padre dopo un mese mi disse di lasciare perdere visto che si vendevano due panini al giorno, poi decisi di mettere la friggitrice all’ingresso del negozio, su un ciocco di legno. Cominciò a spargersi la voce e la curiosità salì giorno dopo giorno. Da lì decollò il panino di Pacchiarotti.” La norcineria diventò uno dei posti più chic della città, nel 1964 la ditta Donati rimodernò il nuovo negozio, trasformandolo così da norcineria e salsamenteria in pizzicheria, con l’aggiunta di formaggi, salmone e tartufo.
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1966-2005 Casa del disco Ci vorrebbe un libro per sintetizzare 39 anni, quelli che Danilo Carpanese, oggi settantaquattrenne, ha speso nel suo locale la “ Casa del Disco” nata a Latina nel 1966. Il primo negozio “specializzato”, perché allora il disco si vendeva esclusivamente nei negozi di elettrodomestici. Una scelta questa fatta non per caso, già prima Carpanese lavorava a Roma come tecnico di televisori, ma soprattutto di lavabiancherie automatiche. Fu proprio quell’esperienza tra elettrodomestici e dischi che lo portò a conoscere un po’ tutte le case discografiche fornitrici come la RCA (che aveva sede nella capitale), La voce del Padrone, la Philips, la Polidor, la Decca, le Messaggerie Musicali, tutte in voga in quel periodo. “ Ero già addentrato nel settore – ci spiega Carpanese - specialmente alla RCA dove conoscevo il direttore in quanto per otto anni quasi giornalmente mi recavo nel loro deposito per prendere il materiale discografico da vendere poi nel negozio.” Ma Carpanese è un predestinato della musica. Quando aveva sei anni, nel periodo dello sfollamento del dopoguerra, nel podere dove abitava, gli americani, oltre alla cioccolata, gli regalarono una radio a galena e un giradischi a manovella con tanti 78 giri. “Ma il primo disco che ricordo di aver ascoltato è stato la Scalinatella di Murolo, su un grande giradischi in radica”. L’apertura della Casa del Disco fu la conseguenza logica di questa sua passione musicale, il coronamento di un sogno. “Non posso dimenticare il primo disco venduto, La Fisarmonica di Gianni Morandi nel 1966, una emozione unica, e neanche quello più richiesto, ovvero Jesus Christ Superstar”. Il locale specializzato di Carpanese cominciò ad affermarsi pian piano non solo in città ma anche nell’intera regione. Molti sono stati i cantanti che vi hanno varcato la soglia per promuovere i loro long playing. “Erano quasi tutti molti disponibili e simpatici – ricorda Carpanese - ad eccezione di due, De Gregori e Celentano, veramente antipatici“. E la musica di oggi? “Non riesco proprio ad ascoltarla”
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1970-1997 Catavolo Sport
Nato nel 1970 da una idea di Giovanni Catavolo, l’attività per la generazione dei cinquantenni di oggi è stata uno dei punti di riferimento per l’acquisto di abbigliamento sportivo. La prima sede di Catavolo Sport è stata via F. Filzi (locale di circa 170\180 mq) e socio di Giovanni era il giocatore del Latina Benecchi, portiere dei neroazzurri in quel periodo. Dopo la cessione di Benecchi, 1972, Giovanni Catavolo, tra l’altro dirigente dei pontini, continuò da solo l’avventura di commerciante. La crescita dell’attività (al suo fianco la figlia Assunta e una commessa) gli consentì nel 1980 uno spostamento del
negozio nell’ambita zona della Prefettura: ecco pronto il nuovo Catavolo Sport in Piazza Della Libertà, 250 mq disposti su due piani e materiale sportivo in esclusiva per gli appassionati di tante discipline (sci, nuoto, tennis, calcio, basket, atletica). Dopo ancora svariati anni di lavoro, Giovanni Catavolo, a malincuore, nel 1997 chiuse la sua attività per una concorrenza diventata sempre più difficile da arginare. Dal lontano 1970 sono passati 27 anni ma la storia del suo negozio sportivo è sempre nei ricordi di tante persone della nostra città. Giovanni è scomparso nel luglio dello scorso anno.
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1971-2009 Latinmoda E’ stato il fiore all’occhiello dell’economia latinense nel settore abbigliamento. Per circa un ventennio Latinmoda ha rappresentato il punto di riferimento di Latina e provincia, soprattutto negli abiti da cerimonia e da sposa. La storia del negozio inizia nel 1967 quando Domenico D’Ercole, dopo un’infanzia passata nel commercio di tessuti insieme al padre che già contava un’attività in un locale dalla superficie di 250 mq con 10 dipendenti, acquista una palazzina al centro di Latina con un’idea ben precisa: demolirla per edificare un fabbricato che ospiti anche un grande negozio di abbigliamento, Latinmoda. Due sono le caratteristiche che lo rendono particolare, le dimensioni (una superficie di mq 2000) e la pre-
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senza della scala mobile (che all’epoca è una prerogativa solo dei grandi magazzini come la Standa). Il battesimo di Latinmoda al pubblico avviene nel Febbraio del 1971. Con l’avvento del pret-aporter il business ha una crescita esponenziale. Lo sviluppo dell’attività porta il gruppo ad avere anche fino a 30 responsabili di vendita oltre a magazzinieri ed uffici amministrativi. Dopo 20 anni memorabili (dal 1970 al 1990) per Latinmoda e l’abbigliamento in genere, si affacciano sul mercato i primi negozi in franchising, con Domenico D’Ercole che ne è apripista e convinto sostenitore, che contribuiscono a velocizzare nel consumatore quel cambiamento che è già iniziato. Ha così inizio una profonda trasformazione nel mondo della moda che interessa contemporaneamente sia la domanda, perché il consumatore diventa stagione dopo stagione sempre più consapevole di quel-
lo che vuole, che l’offerta, perché i produttori stessi iniziano ad affacciarsi sul mercato della distribuzione proponendo prodotti sempre più eterogenei utilizzando modelli espositivi sempre più evoluti, il moderno merchandising. Il risultato di questa evoluzione porta i negozi multi-brand a dover ingaggiare una vera e propria guerra per avere le griffe più belle in esclusiva, le vetrine più moderne e l’allestimento interno più accattivante. Tutto questo accresce enormemente i costi di gestione riducendo conseguentemente gli utili. Di questo ne soffre ovviamente anche Latinmoda che prova anche la strada dello sport wear ma senza risultati apprezzabili. Nel 2009 si mettono da parte i sentimentalismi e le polemiche e, dopo trattative con vari brand internazionali, si cede il proscenio al marchio H&M, che riporta vitalità ad un centro storico, ormai asfittico.
1974-1995 Barsi Sport Duemila metri quadrati di superficie, originariamente occupati per lo più per ospitare roulotte e caravan, tanti erano quelli di Barsi Sport, uno dei negozi sportivi più famosi di Latina aperto nel 1974. I fratelli Alessandro e Enrico, con il papà Marsilio furono i pionieri di quello che diventò negli anni un vero punto di riferimento non solo sportivo ma anche e soprattutto del tempo libero. Il capannnone sito in via Epitaffio, che era nato come fabbrica di portapacchi per auto, oltre che a proporre il capo “classico”, ebbe la particolarità di proporre alla clientela una serie svariata di articoli allora al-
ternativi, come per esempio quelli per campeggio, che diventarono con gli anni il punto di forza della famiglia Barsi. Alessandro potrebbe raccontare per ore e ore tanti aneddoti accaduti in quegli anni, tra i tanti commenta quello spiritoso accaduto un 24 dicembre: “ Quello non lo dimentico perché accadde alle otto di sera della vigilia di Natale. Fu una giornata tremenda con tantissima gente che venne ad acquistare all’ultima ora, ad un certo punto era rimasto l’ultimo cliente e dovevamo chiudere ma vedevo che non accennava ad andare via. Gli chiesi come mai era ancora lì seduto su una sedia, facendogli notare che erano le 20. 30 e lui con la faccia desolata mi rispose che se ne sarebbe andato se avesse ritrovato le scarpe,
aveva ancora gli scarponi da sci ai piedi…!” La ditta Barsi fu la prima ad organizzare una vendita promozionale nel 1991, un evento storico per quel periodo con file di macchine interminabili. Nelle innovazioni sui materiali sportivi Barsi fu il primo a portare la novità dei pattini in linea, come anche l’arco. Lo storico ragioniere del negozio fu Roberto Biolcati Rinaldi che lavorò dal 1981 fino al 1995 (quando cessò l’attività): “Il materiale sportivo trattato era a 360° - ricorda oggi - il tennis ad esempio in quel periodo la faceva da padrone con una media di 5/6 racchette al giorno da accordare, con le marche Fila, Tacchini, Australian e Adidas furoreggiavano non solo nell’abbigliamento sportivo”.
1974-2011 Cicli Dalla Libera Il regno della bicicletta. Se avevi bisogno di riparare una foratura, se la tua bici aveva un problema di qualunque genere in via Isonzo trovavi la soluzione al tuo problema: il negozio Cicli Dalla Libera che per questo rimane un pezzo di storia indelebile della città di Latina. Negli occhi di tutti i cittadini restano impresse tutte quelle biciclette esposte fuori dal negozio. Il proprietario Massimo, solo all’apparenza dall’aspetto burbero, aveva due mani d’oro e il mondo dei pedali era il suo. La famiglia Dalla Libera si spostò nel periodo del Fascismo dal Veneto per cercare fortuna e stabilità nella terra pontina: gli innumerevoli sacrifici gli permisero nel dopoguerra di acquistare un deposito in corso Matteotti, quello che diventerà tra i primi stalli per biciclette in città. Il lavoro nel deposito ingranò da subito con bici e moto custodite in qualsiasi ora del giorno e della notte con Massimo, uno dei cinque figli, che si dedicò contestualmente anche ai primi lavori di riparazione. Dopo mille sacrifici il grande salto nel
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Il regno della bicicletta. Se avevi bisogno di riparare una foratura, se la tua bici aveva un problema di qualunque genere in via Isonzo trovavi la soluzione al tuo problema: il negozio Cicli Dalla Libera che per questo rimane un pezzo di storia indelebile della città di Latina. Negli occhi di tutti i cittadini restano impresse tutte quelle biciclette esposte fuori dal negozio. Il proprietario Massimo, solo all’apparenza dall’aspetto burbero, aveva due mani d’oro e il mondo dei pedali era il suo. La famiglia Dalla Libera si spostò nel periodo del Fascismo dal Veneto per cercare fortuna e stabilità nella terra pontina: gli innumerevoli sacrifici gli permisero nel dopoguerra di acquistare un deposito in corso Matteotti, quello che diventerà tra i primi stalli per biciclette in città. Il lavoro nel deposito ingranò da subito con bici e moto custodite in qualsiasi ora del giorno e della notte con Massimo, uno dei cinque figli, che si dedicò contestualmente anche ai primi lavori di riparazione. Dopo mille sacrifici il grande salto nel 1974 quando arrivò il trasferimento nel locale storico di via Isonzo: in un paese dove la bicicletta era il mezzo più diffuso, l’attività si sviluppò bene tra vendite
e riparazioni, i clienti aumentarono anche per la bontà del lavoro di Massimo ed in poco tempo il negozio diventò il riferimento per qualsiasi ciclista amatore e professionista della città. Il marchio “Cicli Dalla Libera” divenne rico-
noscibile, una garanzia assoluta per chiunque volesse avvicinarsi al mondo delle due ruote. Per anni in città il suo negozio è stato inarrivabile per la concorrenza che provava ad imitarlo, ma che difficilmente raggiungeva il suo livello. Oltre trent’anni di storia per un’attività che ha visto la fine lo scorso anno: prima l’incendio che ha distrutto il negozio, poi il saluto di Massimo spentosi proprio lì, nel posto più caro, tra le sue biciclette.
1978-1992 Fioretto E’ stato per anni il ristorante per antonomasia della città, quello più chic e rinomato anche fuori Latina. Per dirne una, fu quello scelto per il pranzo dal Napoli di Maradona giunto a Latina nel 1985 per disputare una amichevole con la selezione mista tra nerazzurri e il Cisterna. Il Ristorante Il Fioretto di Nilo Sangiorgi e sua moglie Nora, nato in via dell’Agora il 31 agosto del 1978, era qualcosa di più di un posto
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dove mangiar bene e far bella figura quando ci si portava qualcuno di importante. Era il posto dove la simpatia del proprietario e l’ospitalità dei suoi collaboratori era davvero contagiosa. Lui Nilo Sangiorgi, oggi ancora in pista tra i tavoli nel ristorante Lalessandra di Merano, seguiva i suoi clienti durante tutta la loro permanenza nel locale, non li lasciava mai soli. Non capitava raramente che, se l’ospite mostrava di gradire, lui si accomodasse al suo fianco accompagnandolo allegramente nel pasto. E poi, certo, c’era la cucina. In via dell’Agora era possibile mangiare di tutto, dal piatto elaborato fino a quello tradizionale. La specialità della casa erano però le “chicche del nonno”, piatto sul quale Nilo e Nora hanno costruito la loro fortuna. Dopo 14 anni, nel 1992 esattamente il 22 agosto, la dolorosa scelta di chiudere i battenti e migrare altrove.
1989-1991 Freesby È durato meno di tre anni ma ha comunque segnato un’epoca. L’avvento del Freesby nel 1989 portò a Latina il prototipo della paninoteca-tavola calda tanto in voga nel decennio paninaro per eccellenza. Posizionato strategicamente nel bel mezzo dello struscio di Corso della Repubblica, il locale gestito dalla famiglia De Martin ebbe un successo immediato, un boom che contagiò soprattutto l’intera generazione di giovani dell’epoca, finalmente accolti da una struttura ampia e confortevole dove passare piacevolmente interi pomeriggi, evadendo dagli studi o dalle pressioni familiari. Modellato sullo stile di Arnold’s, il celebre ritrovo della banda di “Happy Days”, il Freesby si impose subito in una città dove ancora non c’erano i McDonald’s e le altre paninoteche storiche non avevano una struttura così recettiva. Il Freesby faceva il pienone a tutte le ore; per pranzo era una comoda e centralissima tavola calda, presa d’assalto dai dipendenti della Camera di Commercio, dell’Inps,
delle varie banche circostanti oltre che dai rappresentanti di passaggio; il pomeriggio era la meta obbligata dei ragazzi che tra una “vasca” e l’altra in centro (dal Bar Friuli a Piazza del Popolo) vi soggiornavano per alleggerire la camminata; la sera, quando era presa
d’assalto da tutte le fasce d’età, in particolar modo il sabato sera quando non si registravano meno di 500 coperti. Il Freesby chiuse improvvisamente nel 1991 lasciando sgomenti i ragazzi di ieri. Hanno collaborato Pasquale De Rosa e Gianluca Amodio
si ringraziano le famiglie per gentile concessione delle foto
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BORGO
SAN MICHELE
Il villaggio operaio ®bÇ ÁÍ b ´¼ ± O8 Yb ®8Ç8 ´¼ b± Y 8 b Yb F oO8¼ ± V oggi popolosa comunità dominata dall’imponente chiesa dell’Arcangelo di RICCARDO ANGELO COLABATTISTA
Di borgo in borgo, di storia in storia. Dopo aver raccontato le storie e le curiosità di Borgo Faiti e Tor Tre Ponti ci spostiamo più verso il mare e precisamente nel vicino borgo San Michele. Ci allontaniamo di pochi chilometri dai Monti Lepini e dall’Appia e la storia cambia. Se per Forum Appii e Tripontium l’origine della loro nascita era strettamente collegata alla via Appia ed al 1700,
con Borgo San Michele entriamo nella vera palude, quella invivibile e selvaggia tipica delle paludi pontine. Per San Michele non abbiamo Papi, non ci sono storie romane, nemmeno citazioni sui vangeli. Qui c’era la vera palude, quella dove le acque ristagnavano da millenni e dove gli architetti facevano fatica ad orientarsi per stabilire il centro del futuro villaggio.
Creato dal nulla in località Capograssa Borgo San Michele è nato tra il 1929 ed il 1931 per opera del Consorzio di Bonifica. Scopo principale della sua nascita era quello di dare un rifugio sicuro agli operai che dovevano lavorare per la bonifica della zona sud della città di Littoria (oggi Latina). Un villaggio da creare dal nulla, in mezzo ad acquitrini e boscaglie. Ma quali erano i punti di riferimento? Il primo capo cantiere, il geometra Simone Fiore, decise di prendere come centro gravitazionale la migliara 43, strada di campagna costruita da Pio VI per collegare la via Appia alle zone più interne della palude. Una strada, questa, che finiva dove oggi c’è il Fiume Sisto. San Michele, quindi, doveva nascere nell’asse perfetto tra la migliara 43 ed il centro di Littoria.
BORGO SAN MICHELE Residenti: 2000 circa Patrono: San Michele Arcangelo Distanza: 8 km dal centro di Latina Altezza: 15m sopra livello del mare
Il progetto originale del centro Oggi borgo San Michele si è sviluppato a dismisura che quasi si fatica a comprendere la bellezza della sua organizzazione originale. Palazzine e palazzoni verdi, viola, gialli e marroni. Un arlecchino, oggi, nato signore poco divertente ma lavoratore. Il progetto iniziale, infatti, prevedeva la costruzione di una scuola, un ambulatorio, la Chiesa, la stazione dei Carabinieri, tre alloggi per gli operai, un forno, il lavatoio. L’essenziale per una vita fatta di fatica, lavoro e sacrificio. Un’identità, questa, quasi cancella-
ta dagli imponenti “dormitori privati” che hanno circondato, come si fa nelle guerre, il cuore pulsante della storia pontina.
Nel nome, una storia affascinante Oggi borgo San Michele ma nel 1930 era nato come “Villaggio operaio a Capograssa”. Un nome poco poetico ma che descriveva al meglio l’essenzialità di un centro abitato nato per i lavoratori e con gli sforzi degli stessi. Capograssa era il nome di una lestra vicina, a circa mezzo chilometro in direzione del Quadrato (nome originale della città di Latina). Qui, in una radura della boscaglia, sorgevano alcune baracche e capanne di proprietà dell’Università Agraria di Sermoneta. Il tutto in una delle zone più paludose della pianura. Proprio da queste baracche prese il nome del
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villaggio Capograssa. Come tutti i nostri borghi anche il villaggio operaio cambiò in nome dei caduti della prima guerra mondiale. Infatti, in questo caso, fu il Podestà di Littoria, Valentino Orsolini Cencelli, a cambiargli nome. Il nome fu preso dal Monte San Michele, teatro di sanguinose battaglie tra i soldati italiani e l’esercito austro-ungarico. La conquista del Monte San Michele avvenne il 6 agosto 1916, nello stesso giorno in cui venivano strappati al nemico anche il Monte Podgora e il Monte Sabotino. Oggi, del nome originale, è rimasta solamente la strada che collega via Migliara 43 alla via Migliara 45.
Il primo collegamento telefonico e tinte rosse per le case Nell’era del Wi Fi, di internet a banda larga e degli smartphone appare piuttosto complesso capire le difficoltà di un collegamento telefonico tra la periferia del villaggio operaio a Capograssa e la capitale, Roma. Eppure questo collegamento fu fatto immediatamente per consentire
a tutti i distretti consorziali di ricevere gli ordini che partivano dalla centrale romana. Da Roma a Cisterna al Quadrato tutti erano collegati telefonicamente. Altra curiosità di rilievo storico sono i colori originali del Villaggio, colori ormai persi. Gli edifici, infatti, vennero tutti tinteggiati in rosso vivo nella parte superiore ed in grigio chiaro nella parte inferiore. Una coloritura “classica” per gli edifici costruiti nei villaggi e nella periferia della futura città di Latina. Coloritura persa, scomparsa, sparita. Adesso abbiamo palazzine alte che ammazzano il paesaggio, gli edifici storici, e con colori simili ad evidenziatori che imbruttiscono un paesaggio reso accessibile dalla fatica di migliaia di persone.
La chiesa di San Michele e il campanile serbatoio Il punto di riferimento di ogni borgo resta essere la chiesa. Per San Michele questa associazione di riferimenti è ancora più immediata. Infatti la struttura dedicata a San Michele Arcangelo, costruita nel 1931, ha una struttura molto particolare. Ciò che salta subito all’occhio anche di un osservatore distratto è il campanile separato dal corpo della chiesa. In realtà quel campanile, dove oggi c’è ancora un orologio funzionante, rappresentava la torretta serbatoio del villaggio di Capograssa. Con una variante al progetto originale, infatti, la chiesa fu costruita con un’ampiezza ed un’architettura che, al tempo, sembrano fuori luogo. Oggi, invece, rappresenta un elemento centrale che, seppur nelle dimensioni ridotte, rappresenta la centralità del borgo, insieme alla piazza antistante. Negli anni la struttura ha subito diverse modifiche e ristrutturazioni. La più importante, a livello storico, è arrivata subito dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, quando si rese necessario adeguare la posizione dell’altare alla celebrazione versus populum.
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di GIACOMO REGGIANI
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sistono, ma lo sanno in pochi. Ridotta a estrema sintesi è questa la prima analisi sui mezzi pubblici di Latina. Già, perché nella città dalle strade larghe, dove il traffico è generato in buona parte dalla notoria lentezza dei nostri automobilisti (basta andare nella vicina Capitale per comprendere il concetto, c’è chi sostiene infatti che LT sta per lenti e tonti) ci sono anche persone che per spostarsi utilizzano l’autobus. Siamo andati a testare alcune corse per conoscere da vicino questo mondo così poco radicato nella mentalità latinense, in cui la maggior par-
te della popolazione utilizza solo l’auto privata, e su un mezzo della Atral, la società che gestisce i trasporti nel capoluogo, non c’è mai salito. I principali fruitori del servizio possono essere compresi in quattro categorie. Anziani: uniscono l’utilità dello spostamento al diletto della chiacchiera sotto la pensilina. Sono informatissimi su orari e percorsi e spesso si sostituiscono alle carenze del personale nel dispensare consigli pratici a chi ne necessita. Per loro l’autobus è un ottimo modo per socializzare e sentirsi utili.
Adolescenti: non hanno l’auto e il bus rappresenta un’efficace soluzione per potersi incontrare anche se si abita in quartieri diversi. Riescono addirittura a darsi appuntamento dentro il torpedone. Per loro l’autobus è un posto come un altro dove poter passare un po’ di tempo insieme. Stranieri: scelgono la maniera più economica per raggiungere le proprie mete. Emigrati metropolitani: trasferiti a Latina da grandi città come Milano dove l’attitudine a metro e tram è fortissima e restìa ad essere abbandonata. Comune denominatore tra le categorie la mancanza di fretta e, visti gli orari di transito, non potrebbe essere altrimenti. Anche le linee principali, infatti, quelle come la A o la E che attraversano il centro, passano di media, negli orari di punta, una volta ogni ora. Troppo poco. A questo punto sorge una domanda di marzulliana impostazione: i mezzi sono pochi perché in pochi lo prendono o in pochi lo prendono perché i mezzi sono pochi ? Noi crediamo che la verità sia nel mezzo e che le equazioni siano entrambe valide. Da una parte, come detto, al latinense medio, abituato a muoversi agevolmente con l’auto da una parte all’altra della città manca proprio la filosofia del mezzo pubblico ma, è altresì vero, che non si fa nulla per cambiare questa situazione. Eppure basterebbe poco, per esempio uno studio reale sulle esigenze dei cittadini per migliorare, e di molto, il servizio offerto. Per capirci, è stata istituita una nuova linea, la Q4 Q5 Express, che effettua un collegamento veloce tra i due popolosi quartieri periferici e la stazione di Latina Scalo, dove in tantissimi si recano per motivi di lavoro o studio. Abbiamo verificato di persona il funzionamento: siamo saliti alla fermata Q5 alle ore 6.05 e alle 6.27 eravamo già di fronte ai binari. Eccellente, in soli 22 minuti abbiamo raggiunto la destinazione. In tutto però sul piccolo autobus dotato di 10 posti a sedere, eravamo in 6. Siamo andati a vedere gli orari del ritorno e ci siamo dati una spiegazione del motivo: l’ultima partenza dallo Scalo è fissata per le 18.45, quando, cioè, buona parte dei pen-
dolari non è ancora rientrata. Altro test: prendiamo la linea urbana G / alle 16.30 da Piazza del Popolo, dopo un’attesa di circa 35 minuti trascorsi sotto la pensilina dove un’anziana signora ci ha raccontato aneddoti vari e la storia dei trasporti pontini a partire dal dopo guerra. Saliamo sul bus e sorpresa: l’autista è uno spericolato! Sgommata in partenza e per non cadere a terra bisogna reggermi con tutte e due le braccia ai supporti. Fortuna che una passeggera in dolce attesa si era già seduta. Prima curva e, anche se siamo in strada, arriva il mal di mare. L’autista sembra invasato, neanche guidasse al centro di New York, e il suo mezzo è una sorta di Tagadà mobile dove se ti distrai finisci disteso a terra. Dopo qualche minuto la passeggera in gravidanza conosce le prime contrazioni. Fortuna che la corsa ci porta proprio ad un passo dalla sua abitazione e la poveretta scende frettolosamente temendo un parto inaspettato. Finalmente la corsa finisce e i viaggiatori tirano un sospiro di sollievo. Altra nota dolente: i biglietti non sono compresi nelle varie soluzioni integrate regionali. Se si acquista ad esempio un BIRG (Biglietto Inte-
grato Regionale Giornaliero) si ha diritto oltre al treno anche all’uso dei mezzi pubblici di Roma, ma non a quelli di Latina, il che stona non poco trattandosi di un ticket a valenza regionale. Latina è forse una città campana o toscana? Per salire su un mezzo Atral il biglietto costa 0,80 euro per una corsa semplice e può essere acquistato in edicola o in tabaccheria. E’ anche possibile fare il biglietto direttamente a bordo ma il costo in questo caso aumenta ad 1,50 euro. Poi esistono gli abbonamenti mensili: 25 euro per una singola linea, 34 euro per l’intera rete. Non proprio regalato per una città di provincia, anche se si confronta con gli abbonamenti romani dove l’offerta, e non potrebbe essere altrimenti, è nettamente superiore. Insomma, l’efficienza del trasporto pubblico potrebbe essere migliorata da una politica di gestione che consentisse di mettere in condizioni gli utenti di fruire in maniera ottimale del servizio e di farglielo conoscere anche attraverso campagne mirate. Orari e percorsi, fermate e tempi di percorrenza devono poter essere facilmente consultabili da tutti, non solo da chi ha la fortuna d’imbattersi nella signora della pensilina!
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Autobus vecchi, una lunga crociata di SANTA PAZIENZA
Sono una cinquantina i mezzi dell’Atral, la società che gestisce il trasporto pubblico urbano a Latina. Ma è più esatto dire che erano una cinquantina considerato che nel tempo il parco auto di via Ofanto si è riempito di autobus non più utilizzabili e quindi il numero dei mezzi efficienti si è assottigliato a 35 all’incirca. E’ successo, infatti, che l’usura ha logorato motori e carrozzeria, che un mezzo è andato a fuoco, altri sono incidentati o in condizioni tali che un intervento di manutenzione sarebbe più costoso di un nuovo acquisto. Più di qualche volta a causa dei guasti sono state soppresse delle corse e i viaggiatori hanno dovuto aspettare i mezzi sostitutivi. Eppure le normative europee prevedono che gli autobus impiegati nel servizio pubblico dovrebbero essere cambiati ogni 7 o 8 anni. Ma sappiamo bene che la realtà è ben diversa, anche per le risorse a disposizione delle società di trasporto. Così si cerca di salvare il salvabile e la spinta al rinnovo del parco dell’Atral arriva in particolare dai sindacati preoccupati per le condizioni di poca sicurezza in cui operano gli autisti, tanto che lo scorso febbraio è stato proclamato uno sciopero. “Abbiamo chiesto al Comune di Latina di intervenire - spiega Felice Violo del Sul-Ct - Gli autobus hanno un’età media superiore ai quindici anni e di acquisti ne sono stati fatti pochi, soltanto 4 bus a metano. Potrebbero trovarsi in difficoltà non solo gli autisti, ma anche i passeggeri”. Gli fa eco Claudio Mariotti della Filt-Cgil che segue da tempo la realtà dei trasporti e che punta soprattutto sulla stesura di un piano mobilità. “Confidiamo in un intervento da parte dell’amministrazione comunale e d’intesa con
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l’Atral - afferma - Perché ci sono addirittura dei mezzi elettrici acquistati sei o sette anni fa, ma lasciati in abbandono. Sarebbe opportuno sistemare l’intero parco auto e comunque rivisitare la mobilità urbana nel suo complesso”. Un passo alla volta. “Intanto, è prevista una sanzione perché la società deve provvedere al decoro e alla pulizia dei mezzi - risponde Alberto Pansera, delegato alla mobilità e trasporti del Comune di Latina - Poi nei prossimi mesi è in programma la manutenzione straordinaria degli autobus con somme inserite in bilancio, circa 400 mila euro distribuiti tra Comune e Atral. Importi ricavati anche dal piano sosta, ossia dai parcheggi a pagamento”.
Della salvifica opera tramviaria rimangono solo le spese della progettazione
La metro cambiale di IVAN EOTVOS
La Metropolitana leggera a Latina è stata inizialmente osannata in maniera quasi trasversale, veniva presentata nei programmi di schieramenti politici opposti, proposta come panacea per tutti i mali del nostro Comune: avrebbe dato lavoro, ridotto il traffico, ci avrebbe fatto respirare meglio, ci avrebbe fatto spostare a velocità impensabile in ogni punto della città e, sì, ci avrebbe anche migliorato l’umore, oltre che la qualità della vita. Tutto questo, mentre le discussioni in questi anni si sono arrovellate in tematiche ambientali, tecnicologistiche, di opportunità, cronometriche sconfinando addirittura nel campo dell’etimologia quando non nella stessa filosofia per capire come l’opera avrebbe dovuto essere chiamata, se “Metropolitana Leggera” oppure, come logica avrebbe imposto fin dal principio, semplicemente “Tram”. Mentre negli anni si consumavano tonnellate di carta e ettolitri di inchiostro in oziose discussioni che culminavano sempre, da parte di qualche entusiasta politico locale o nazionale, con la promessa di finanziamenti, coperture di società regionali e rimborsi chilometrici a bizzeffe, nell’ombra si accumulava una intricata matassa di carta, conti bancari e consulenze. In tutto questo periodo in pochissimi come Massimo de Simone (che ha perfino fondato una associazione interamente dedicata alla questione chiamata “Metro-Bugia”) e pochi esponenti politici, avevano indicato le problematiche economiche e pratiche - piuttosto che nelle discussioni tecniche da bar che si consumavano come la carta dei giornali - il vero meccanismo perverso che si sarebbe ritorto contro il Comune: la
reale fattibilità dell’opera, le modifiche dell’ultimo momento nell’appalto, le consulenze del Dott. Pascone come esperto economico che sono rimaste ancora in parte da comprendere, le difficoltà economiche dell’azienda produttrice del treno che chiudendo lascerebbe tutti a piedi e la ormai palese impossibilità di rendere economicamente percorribile la strada prospettata molti anni fa. Questi solo alcuni dei gravi problemi che si sarebbero dovute prevedere, il tutto mentre in perfetto stile italiano, la discussione nei bar e nelle piazze, ma anche nelle aule della politica, cadeva nella solita contrapposizione pro-metropolitana, accusati di essere dei devastatori che, a loro volta, accusavano quelli sfavorevoli al progetto di essere dei retrogradi contrari al progresso. Ora, nubi di tempesta si addensano contro il Comune di Latina e oltre ai numerosi costi accessori che il progetto rischia di avere, grazie a ricorsi e cause di risarcimento che arrivano per le inadempienze della mancata opera, ecco che arriva una nuova tegola, come segnalato dal quotidiano “La Provincia” e dalla stessa associazione “Metro-Bugia”: un “raggruppa-
mento temporaneo di “imprese e professionisti” composta dalla VIA IGENIERIA srl, la SYSTRA S.A, l’ing. Cimini e l’ing. Panini avanza pretese per quasi 2milioni di euro nei confronti del Comune per essere rimasti “improduttivi”. La task force di esperti era stata voluta dall’allora responsabile del progetto, il dirigente comunale Lorenzo le Donne, che formò la struttura per affiancarla in alcuni passaggi della progettazione e valutazione. Ora questi associati ricorrono ad un arbitrato con il Comune con altissime probabilità di successo e la richiesta è di oltre il doppio del prezzo stabilito in precedenza. Sembra che la Metropolitana Leggera a Latina si sia avvalsa di così tanti esperti, periti e consulenti per consentirne la costruzione, mentre la valutazione della fattibilità dell’opera doveva essere una sorpresa per le nuove generazioni. Cosa hanno fatto questi esperti? E perché erano necessari? Dietro la risposta a queste domande si nasconde un possibile buco per le casse del Comune (e quindi per tutti noi) di oltre 2milioni di euro e per ora queste, come tante altre domande, nonostante il tanto dibattito, rimangono insolute.
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L’eroe mascherato di SERGENTE GARCIA
Scacco alla cartella pazza A Latina un’associazione che tutela i contribuenti La storia delle cartelle pazze di Equitalia, degli indecifrabili e incomprensibili importi richiesti e soprattutto della rabbia e, purtroppo in alcuni casi, della disperazione dei cittadini-vittima, denunciata il mese scorso sulla rubrica Zerro, ha trovato la sua più logica soluzione: c’è chi può darci una mano a capire cosa dobbiamo pagare, ma soprattutto se veramente dobbiamo pagare! Zerro, raggiunto dalla missiva accorata di un cittadino, che proprio non riusciva a capacitarsi della persecuzione perpetrata nei suo confronti da Equitalia, ha estratto la sua spada ed ha trovato chi un aiuto concreto in questo campo può davvero darlo. E’ l’ADDC, un acronimo che sta semplicemente a significare, Associazione Difesa dei Diritti del Contribuente, nata con l’intento di voler tendere una mano a tutti coloro che improvvisamente vengono raggiunti da una cartella esattoriale, e non solo, senza capirne il reale motivo. L’ADDC, opera ormai da diversi anni e di cartelle esattoriali pazze ne ha
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viste di ogni tipo. Da quella arrivata per un errore commesso dall’ente che emette il ruolo di pagamento, a quella che colpisce il contribuente nonostante il pagamento del tributo sia stato effettuato o a quella imputabile al sistema di controllo automatizzato dell’Agenzia delle Entrate, in fase di liquidazione della dichiarazione dei redditi. “I casi che possono presentarsi – spiegano il Dottore Commercialista Stefano Termini e l’Avvocato Pierluigi Di Nunzio (rispettivamente, Presidente dell’Associazione e collaboratore esterno ndr), sono tra i più disparati. Di certo una delle cause principali che generano la famigerata cartella pazza, è però quella legata ai controlli automatizzati che incrociano i dati delle dichiarazioni dei redditi con quelli presenti sugli F24. Molte volte, di fatto, si tratta di semplici errori formali nella redazione del modello, che fanno quindi scaturire un’incongruenza con la dichiarazione e senza un tempestivo intervento, attraverso, ad esempio,
un’istanza in autotutela, il contribuente si ritrova una cartella esattoriale con una sanzione piena del 30%. Ad ogni modo, capita spesso di non sapere come affrontare il problema e di conseguenza l’unica soluzione che si prospetta per il contribuente è quella della sconfitta, tradotta nell’andare di corsa allo sportello di Equitalia e pagare, il tutto per evitare ulteriori interessi e sanzioni. Un atteggiamento assolutamente comprensibile, soprattutto se si pensa a come negli ultimi anni ‘l’esattore per eccellenza’ si sia insinuato nella psicologia della gente come una sorta di mostro inattaccabile quanto invincibile. Eppure i passi da seguire quando arriva un pagamento inaspettato, con tanto si sanzione, sono altri. “L’errore – continuano i professionisti -, è quello di rivolgersi da subito agli sportelli di Equitalia, che ovviamente hanno il solo obiettivo di riscuotere le somme riportate in cartella. Il contribuente, invece, soprattutto quando non ha le idee chiare sulla tipologia del tributo, deve rivolgersi all’ente che ha emesso il ruolo . Insomma, le strade da percorrere prima di dover pagare, per giunta qualcosa di non dovuto, sono altre”. Strade che però, al singolo cittadino, indaffarato o magari anziano, o ad un’azienda o impresa, impegnata nella propria attività, possono trasformarsi in un
percorso ad ostacoli, tra burocrazia ed endemica lentezza degli uffici pubblici. Per questo è nata l’ADDC. La sua missione è proprio quella di assistere chi si ritrova colpito da una cartella esattoriale che non aveva messo in preventivo. “L’obiettivo della associazione - concludono i professionisti -, è quello di dare ai soggetti che lo richiedono una consulenza a 360 grandi riguardo le pretese tributarie, siano esse inesistenti o non riferibili ai destinatari. Abbiamo già risolto una serie innumerevoli di controversie che riguardavano cittadini ed imprese alle prese con Equitalia o con altri soggetti adibiti alla riscossione, così come abbiamo risolto controversie in commissione tributaria, il tutto attraverso una prima consulenza ed assistenza gratuita per chi decide di associarsi”. Le cartelle pazze e le situazioni debitorie anomale, insomma… hanno i giorni contati. L’associazione di difesa dei diritti del contribuente, nasce con l’intento di contribuire alla risoluzione delle varie problematiche che quotidianamente i contribuenti Privati ed Imprese sono costretti ad affrontare con i vari Enti e con l’agente della riscossione Equitalia Spa.
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Pucceria - Antipasteria La Puccia è un nome ed un pane tipico di tutto il leccese. Il termine deriva da “pucciddatu”, modifica meriodionale del latino tardo “buccellatum”, pane militare, biscotto, dal quale deriva anche il toscano “buccellatto”. La versione più gustosa e più in uso ancora oggi è la puccia cu l’aulìe, puccia con le olive, un pane così saporito e soffice che si usa dire:“maddi comù na puccia”, morbido come una puccia.
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VIVO Centinaia le persone che frequentano i centri sociali per anziani Divertimento, sport, cultura e incontri con i più giovani di SANTA PAZIENZA
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rende il nome dalla strada sulla quale si affaccia il centro sociale culturale per anziani “Vittorio Veneto”. E’ un edificio di ispirazione razionalista che si trova nel cuore di Latina, proprio di fronte alla storica piazza del Quadrato. Ed entra a pieno titolo nella storia questa palazzina che ci accoglie sventolando un tricolore e una bandiera nerazzurra. Fino agli Sessanta ospitava l’Opera nazionale maternità e infanzia (Omni), un vero e proprio asilo. Molte di quelle persone che da bambine
sono state accudite e educate in questo edificio, vi sono tornate da adulte per partecipare alle attività della sua nuova destinazione. Quando si entra nel centro sociale lo sguardo viene subito travolto da un brulicare di persone. Sembra di entrare in una facoltà universitaria ma di trovarsi di fronte allievi dai capelli argentei. Un affrettarsi di persone ansiose di raggiungere le aule dei corsi, con un libro in mano o con un tappetino per fare ginnastica sottobraccio, o di occupare una sedia ai tavoli da gioco, oppure loro stesse impegnate a insegnare, gestire, organizzare. C’e’ chi passa anche soltanto per salutare gli amici. La struttura conta 1.300 iscritti, una città nella città. E le attività sono numerose e in continua evoluzione che necessitano dell’impegno costante del comitato di gestione e dei volontari. Da quindici anni il presidente è Aldo Pastore, 77 anni, ex funzionario di banca. E’ anche presidente dell’Associazione nazionale centri sociali per la provincia di Latina alla quale aderiscono 31 centri. Per lui e per la squadra che si occupa dell’amministrazione è un vero e proprio lavoro. L’infaticabile Graziella Astolfi è la vice presidente, sosti-
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i 10 centri sociali di Latina Il comune di Latina conta dieci centri sociali per anziani. Sono tutti molto attivi e frequentati. Nel centro della città c’e’ il Vittorio Veneto, ma strutture come questa operano anche in altre zone prendendo il nome
della località in cui sorgono: Via Ezio, Borgo Podgora-Borgo Carso, Borgo San Michele, Borgo Grappa, Borgo Isonzo, Nuova Latina (Q4, Q5 – Lestrella), Latina Scalo, Borgo Faiti e Borgo Bainsizza.
tuisce Pastore nelle sue funzioni quando occorre, ma soprattutto si occupa delle iscrizioni, dell’archivio informatizzato, degli eventi turistici, delle gare di bocce e dei momenti di incontro. La varietà delle iniziative è testimoniata dai manifesti, volantini ed elenchi delle lezioni affissi ad ogni bacheca. Attraversando il primo piano ci sono gli irriducibili delle carte. Affollati tavoli da gioco con le figure classiche, ma anche con le carte per il bridge e il burraco. Un gruppetto di signore in tuta aspetta di entrare nella sala per lo sport, le lezioni si succedono ogni ora. Salendo al piano superiore ci si trova di fronte ad una fornita libreria. Siamo nello spazio cultura, quello dedicato all’Università della terza età, diretta da Antonietta Tinè. Il mercoledì dalle 10 alle 11 si studia la Divina Commedia. Ma ci sono anche le lezioni di letteratura italiana, storia contemporanea, filosofia. Per chi ama la poesia c’e’ un apposito laboratorio. Molte opere sono state raccolte in un libro. E poi si apprendono le lingue europee ed extra europee, come l’arabo. All’accademia s’impara a disegnare, a dipingere, a fotografare e a fare l’attore. C’è chi ama scrivere e raccontare il proprio vissuto. C’e’ la storia nelle loro parole e lo sanno bene le scuole che spesso accompagnano gli studenti ad incontri con i “nonni” della città. “Quando le cicogne non potavano i bambini” è un volume che raccoglie i racconti legati alla guerra e che viene letto spesso nelle aule scolastiche. La vetrata dell’androne svela anche degli spazi attigui, un giardino e un salone. E’ quello per il ballo che all’occorrenza si presta ad eventi e convegni. Ma la vita del centro sociale non finisce tra le mura dell’edificio di via Vittorio Veneto. Passeggiate e gite fanno parte del calendario, così come feste e incontri conviviali. E come in una vera città c’e’ anche un piccolo pronto soccorso e un’infermieria, dove gli ospiti possono misurare la pressione, farsi medicare anche con iniezioni e sottoporsi ad inalazioni. Particolari convenzioni consentono anche visite specialistiche.
Le 105 candeline di Bernardo
L’ospite più anziano del centro sociale “Vittorio Veneto” è Bernardo Morazzano. Recentemente ha festeggiato 105 anni. Ha ricevuto gli auguri dei suoi compagni, ma anche quelli del sindaco. Per anni ha fatto il bidello all’istituto per ragionieri e ha vissuto la fondazione della città. I suoi racconti vanno oltre quello che c’è scritto nei
libri. Ricorda spesso quando negli anni Trenta in piazza del Quadrato c’erano le baracche degli operai, o quando in piazza del Popolo svettava solo la torre civica e quando un camion venne inghiottito in una voragine nel terreno. E di come ci si affrettasse affinché Latina diventasse una comunità con tutti i servizi.
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Alla faccia dell’età
Il presidente Aldo Pastore
Ha cominciato a lavorare quando aveva 17 anni, Mario Molon (nella foto). Oggi ne ha 73. Davanti ad un tavolo da gioco e tra le battute dei compagni, racconta che ha dovuto smettere di lavorare presto per una paralisi. Aveva 56 anni quando è accaduto. “Facevo il falegname e mi piaceva molto spiega - Dopo aver lavorato per molto tempo nel palazzo Key come assemblatore di mobili, ho aperto una bottega. Ma la vita ha voluto che finissi così ”. Non si compiange, però, Mario. Anzi confida che oltre alle carte la sua passione è il ballo, alla faccia dei suoi impedimenti fisici. Nino, invece, ha 75 anni ed è un ex funzionario delle Poste. Lui, invece, le carte non le abbandona. Buonumore e il piacere di essersi ritrovate anche per alcune insegnanti. Maria, 69 anni, ama fare ginnastica e vedere mostre e spettacoli teatrali. Antonietta, 65 anni, è andata in pensione da un paio di anni e ha ritrovato la collega al centro sociale. Anche lei segue i corsi di ginnastica, ma affianca anche la pratica dell’inglese. La 69enne Elisabetta, invece, dopo aver dedicato una vita a crescere i figli si è finalmente ritagliata degli spazi di svago tutti suoi. Ma dopo un’ora di movimento è già pronta a scappare per raggiungere i suoi nipoti.
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La spalla del pallavolista È una patologia da sovraccarico funzionale tipica del pallavolista ma soprattutto dei lanciatori di baseball, può colpire però anche atleti praticanti la ginnastica, la pallamano, il tennis, il nuoto, il sollevamento dei pesi. Gli atleti che praticano tali sport, definiti ‘’overhead’’, sottopongono la spalla a un notevole stress ogni qual volta l’arto superiore viene a trovarsi nelle fasi estreme di movimento, ossia quando l’arto supera i 90° di elevazione sul piano scapolare. Questo è il principale motivo che rende questa categoria di sportivi particolarmente vulnerabili a una varietà d’infortuni quali borsiti, tendiniti, ‘’conflitto scapolo-omerale’’, lesioni della cuffia dei rotatori, lesioni dell’ancora bicipitale a livello sovraequatoriale, instabilità di spalla e, in rari casi, addirittura danni neurologici periferici, come la trazione acuta del plesso brachiale, la lesione del nervo toracico lungo e l’intrappolamento del soprascapolare(“spalla del pallavolista”). I microtraumatismi ripetuti dovuti al tipo di attività sportiva determinano alterazioni a carico del labbro glenoideo, una struttura fibro-cartilaginea che mantiene i rapporti articolari tra l’omero e la scapola, stiramento della capsula, dei legamenti e dei tendini della cuffia dei rotatori (lesioni SLAP, conflitto postero-interno). Il quadro clinico è dominato dal dolore, quello strumentale il più delle volte è negativo o comunque di non facile interpretazione. Di conseguenza la diagnosi risulta difficile e si fonda su una scrupolosa valutazione anamnestica ed obiettiva.
Si vanno a ricercare dei classici segni di adattamento funzionale come l’ipertrofia dell’arto dominante, il deficit di intrarotazione, l’aumento della rotazione esterna, la differenza di forza eccentrica e concentrica, ed infine la discinesia scapolo-toracica con protrazione-intrarotazione scapolare e sporgenza del suo angolo posteromediale. In alcuni casi è infatti difficile giungere ad una diagnosi precisa, come nelle SLAP lesions, senza eseguire un’artro RM (Risonanza Magnetica con iniezione intarrticolare di mezzo di contrasto) o un’artroscopia di spalla. Il trattamento iniziale deve essere sempre di tipo conservativo, riposo, ghiaccio, antinfiammatori sistemici e locali, terapia fisica e riabilitazione specifica. La riabilitazione si basa su un approccio in più fasi progressivo e consequenziale una volta però identificate le principali caratteristiche della spalla dell’atleta da trattare, range di movimento, lassità capsulare, forza muscolare e propriocezione. Tale programma può essere modificato in base al problema specifico riscontrato alla diagnosi. Il trattamento conservativo mira al controllo del
dolore, al ripristino del corretto equilibrio muscolare, allo sviluppo del sistema propriocettivo e dal controllo neuromuscolare. Essenzialmente il trattamento è basato su ginnastica eccentrica dei muscoli rotatori esterni e lo stretching della capsula posteriore per recuperare il deficit di intrarotazione, il riequilibrio dei muscoli scapolo-toracici per ridurre la protrazioneintrarotazione scapolare. Nella maggior parte dei casi la situazione si risolve con il trattamento riabilitativo, il trattamento chirurgico può invece essere indicato nei casi di persistenza della sintomatologia sport-specifica. Il trattamento chirurgico è nella stragrande maggioranza dei casi di tipo artroscopico, volto naturalmente al ripristino dell’anatomia più normale possibile, con tempi di recupero abbastanza lunghi e con la probabilità del non totale ritorno all’attività sportiva allo stesso livello preintervento. Bibliografia: The thrower’s shoulder- J.J Christoforetti and M. Carroll. Current opinion in orthopedics 2005, 16:246-
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251 Current concept In the rehabilitation of the overhead throwing athlete- K.E. Wilk et al. AJSM 2002, vol.30,No.1:136-151 Il conflitto postero-interno- M. Maiotti, A. Masini. Tecniche chirurgiche in ortopedia e traumatologia. La spalla dolorosa nello sport. Vol.1 No1: 73-78 CIC edizioni internazionali Lesioni sovraequatoriali e spalla dolorosa nell’atleta(SLAP & bicipite). E. Arnaldi, GC. Coari, F. Raffaellini, GB. Vinanti. Tecniche chirurgiche in ortopedia e traumatologia. La spalla dolorosa nello sport. Vol.1 No1: 61-71 CIC edizioni internazionali Evaluation of impingement syndromes in the overhead throwing athlete- C.M. Jobe et al. Journal of athletic training 2000;35(3):293-299 Primal pictures per immagini anatomiche e funzionali
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GUERRA
SENZA PIOMBO
La sfida dei prezzi dei carburanti per sopravvivere alla crisi e alle accise Benzinai stremati, automobilisti confusi
D
di LUCA MORAZZANO e PASQUALE DE ROSA
a un lato ci sono i prezzi dei carburanti che salgono continuamente, dall’altro le tasche sempre più vuote dei consumatori. Così fare il pieno di benzina è diventata una rara occasione. Non a caso spesso le compagnie petrolifere si lanciano in sconti, offerte e iniziative più o meno convenienti. Inoltre, sono comparsi piccoli marchi privati, indipendenti rispetto alla grande distribuzione. La sensazione però è che il nuovo panorama abbia aumentato le incertezze ai clienti già combattuti nel dilemma tra
servito o self service. E soprattutto alle prese con la crisi, come i benzinai tra l’altro. Basti pensare che lo scorso anno a Latina il settore carburanti ha registrato tre nuove iscrizioni a fronte di ben 12 cessazioni. Come districarsi quindi in questa selva di costi, servizi, accise e accidenti? Proviamo a capirci qualcosa con un viaggio a ritroso nel mondo dei carburanti, dalla pompa che rifornisce i nostri serbatoi al produttore, passando per lo Stato che ci mette il carico e il benzinaio che minaccia lo sciopero.
Occhi puntati sulle offerte Ma quelle più vicine Innanzitutto diciamo che è tale la frequenza e la varietà di sconti e offerte che redigere un vademecum universale per l’automobilista è impossibile. Alcune piccole regole da tenere ben presenti per riuscire a fare il pieno risparmiando qualche euro però riusciamo ad estrapolarle. La prima, è quella di tenere sempre gli occhi aperti e non lasciarsi trasportare dall’abitudine. Può capitare infatti che il benzinaio vicino a casa, non per sua volontà, ma per il prezzo e le promozioni imposte dal suo marchio, non si riveli il più conveniente. Occhio però, se decidete di cambiare distributore seguendo l’oscillazione dei prezzi esposti, fate in modo che il nuovo rifornitore si trovi sempre in un tragitto a voi abituale, o poco distante, per non correre il rischio di giocarvi tutto il risparmio sul prezzo nel
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surplus di percorso necessario a raggiungerlo. Proprio l’atteggiamento dell’automobilista (o motociclista) attento osservatore delle offerte, è il più temuto dai grandi marchi; lo testimoniano le innumerevoli campagne di fidelizzazione messe in campo un po’ da tutte le compagnie. Dalle raccolte punti, alle carte di credito specifiche, sono tutti espedienti per invogliare il cliente a rifornirsi sempre nello stesso punto vendita, a prescindere dal
I prezzi oscillano da zona a zona La rincorsa dei piccoli marchi Self-service più vantaggioso rispetto al Servito
prezzo. Ma spesso con poco successo, infatti quale automobilista invece di un premio una volta l’anno (e che premio visto che per arrivare a qualcosa di allettante e sostanzioso dovete mettere benzina quanto un camionista!), non preferirebbe risparmiare qualche euro ad ogni pieno? La seconda regola venuta fuori dal nostro giro di perlustrazione è che fuori dal centro abitato, si possono trovare prezzi più bassi.
Importi più bassi nei distributori fuori città Da Latina, percorrendo la 156 dei Monti Lepini, infatti, si assiste ad un progressivo abbassamento dei prezzi che può arrivare anche intorno ai dieci centesimi, in particolare nei distributori vicino Sezze e Priverno. Meno conveniente il rifornimento sulla Pontina dove i prezzi sono per lo più in linea con quelli della città, se non addi-
rittura in crescita avvicinandosi verso Roma. Ci sono poi dei marchi più propensi ad operare offerte e sconti oltre ad applicare un costo medio leggermente più basso rispetto agli altri. In particolare i nascenti piccoli marchi privati, sono quelli che operano un prezzo al servito più vantaggioso. Se non avete paura di sporcarvi le mani, o quanto meno di contaminarle con l’odore del carburante, vale la pena scegliere il self service che rispetto al servito dello stesso distributore vi aiuta a risparmiare mediamente dieci centesimi ogni litro di carburante. La quantità del carburante immesso nel serbatoio ad ogni rifornimento invece non è influente sul risparmio. Non esistono infatti ancora sconti come al supermercato che superata una determinata quantità di prodotto acquistato sia ha diritto ad uno sconto sull’extra (una sorta di 3x2 per intenderci, che sul carburante potrebbe essere un abbassamento del prezzo al litro sopra i trenta litri immessi). L’unica convenienza del pieno settimanale rispetto al rifornimento giornaliero è quello in termini di tempo speso a fare rifornimento. Purtroppo, la vera e unica certezza è che periodicamente il prezzo del carburante (sia esso benzina, diesel, gpl o pure metano) registra delle impennate che incidono sui bilanci familiari.
La dura battaglia del comitato per ridurre la tariffa sui rifiuti Il Comitato spontaneo dei benzinai di Latina, presieduto e rappresentato da Alberto Bertipaglia titolare del distributore GAS AUTO di Via San Francesco, vince dopo tre anni di battaglie legali il ricorso contro i prezzi eccessivi e spropositati delle bollette TIA (tariffa igiene ambientale) da parte della Latina Ambiente. Inizia tutto nel 2009 quando i benzinai pontini ricevono bollette TIA con cifre da capogiro. Cartelle esattoriali per la tassa sui rifiuti da 20/25.000 mila euro l’anno che metterebbero in difficoltà qualsiasi azienda e attività commerciale. Gli esosi importi sono dovuti al calcolo sull’intera superficie dell’impianto anche se i benzinai producono solo in minima parte rifiuti assimilabili alla nettezza urbana, ma rifiuti speciali con una loro classificazione. “Per questo mo-
tivo abbiamo intrapreso questa battaglia e con una sentenza del febbraio scorso della Commissione tributaria – afferma Bertipaglia - siamo riusciti ad ottenere la drastica riduzione delle bollette, quasi il 90%. Per noi è stata una grandissima vittoria che ci permette di affrontare il nostro lavoro, già difficile, in maniera più serena”. A livello amministrativo è stato rivisto e modificato anche il regolamento della legge, precisamente l’articolo 9, che prevede il calcolo per il pagamento della TIA non più sull’intera superficie dell’impianto, ma riproporzionato sui 20 metri quadrati per ogni erogatore. Un riconoscimento significativo per il Comitato spontaneo benzinai di Latina che raccoglie un grande risultato dopo anni di dure battaglie sul fronte legale e politico.
Primo distributore Gas Auto Bertipaglia della provincia di Latina (15/08/1959)
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Sulle pompe il costo di guerre e disastri Aumento del prezzo del petrolio in barile e oscillazione dell’euro rispetto al dollaro sono tra le cause più gettonate per giustificare i continui rincari (perché poi non accade l’inverso è ancora un mistero). Insieme agli aumenti costanti, l’altra certezza del guidatore è che, sebbene il prezzo della benzina sia arrivato alle stelle, il gestore o il titolare del distributore non sono poi così contenti dei guadagni tanto che spesso proprio i distributori danno vita a scioperi di categoria. Perché il gestore di quel giro assurdo di denaro che sta dietro alla benzina (verde, super, diesel ed ecodiesel di ogni genere e razza compresi) ricava solo una minima parte che non arriva al venti per cento. Ciò vuol dire che per raggranel-
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lare un guadagno che lo ripaghi dei sacrifici di un mestiere che lo sottopone agli agenti atmosferici all’aperto e ad orari massacranti, è costretto a vendere quantità di carburante davvero ingenti, considerato che con l’incasso deve pure pagarci le spese di gestione della pompa. Buona parte degli introiti inoltre vanno al produttore e alla catena di fornitori. Vanno a chi provvede all’estrazione, alla raffinazione e alla commercializzazione del prodotto. Di certo le compagnie petrolifere non se la passano male, anzi. Però sommando la loro parte e quella del distributore non arriviamo ancora al totale del prezzo al litro. Messo da parte il costo del barile di greggio, aggiunti i costi variabili degli autotrasportatori e il costo dell’autostrada per il trasporto (le autostrade italiane hanno una delle tariffe per chilometro più alte in Europa; in molti altri paesi come la Germania la rete autostradale è interamente gratuita e statale) ad incidere per il 70% circa del prezzo, sono le accise statali.
In ogni litro tasse di vecchia data A lievitare e tanto il prezzo del carburante, è lo Stato. Sul prezzo di ogni litro di benzina sono comprese tasse alcune di vecchia data, che a leggerle viene quasi da ridere, meno quando si pensa alla tasca: 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935; 14 lire per la crisi di Suez del 1956; 10 lire per il disastro del Vajont del 1963; 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966; 10 lire per il terremoto del Belice del 1968; 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976; 75 lire per il terremoto dell’Irpinia del 1980; 205 lire per la missione in Libano del 1983; 22 lire per la missione in Bosnia del 1996; 0,020 euro per rinnovo contratto autoferrotranvieri nel 2004. In attuazione del Decreto Legge 34/11 per il finanziamento della manutenzione e la conservazione dei beni culturali, di enti ed istituzioni culturali sono state aggiunte 0,0073 Euro; altri 0,040 Euro per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011, 0,0089 per far fronte all’alluvione in Liguria ed in Toscana del novembre 2011 e infine 0,112 Euro sul diesel e 0,082 Euro per la benzina in seguito a Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici del governo Monti e 0,02 euro per far fronte al terremoto dell’Emilia del 2012. A quelle statali si aggiungono le tasse regionali visto che dal 1999 anche le Regioni hanno la facoltà di tassare i carburanti. A tutto ciò si aggiunge l’Iva. Secondo il Ministero per lo Sviluppo Economico, l’attuale livello delle accise sui prodotti petroliferi è fissato dal decreto legislativo 504 del 1995, e le varie vicende storiche cui si è accennato servono solo a spiegare come si è giunti nel tempo all’attuale livello di imposizione. In pratica i vari governi, in occasione di questi eventi straordina-
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ri, rincaravano puntualmente le accise sulla benzina per coprirne i costi, ma, anche a emergenza finita, non ritornavano mai al livello precedente. In ogni modo, oggi le accise non servono a pagare le nostre spese passate, ma rappresentano solo un’imposta che lo Stato dispone di prelevare sulla vendita dei prodotti petroliferi per garantirsi un’entrata certa e consistente. Proprio le accise rappresentano una rendita non da poco per le finanze italiane, dal momento che la struttura dei prezzi della benzina è costituita mediamente per il 62,5% da imposte, di cui appunto il 45,8% da accisa e il 16,7% di Iva. Il restante 37,5% è il cosiddetto prezzo industriale, che a sua volta è formato per il 26,5% dal costo della materia prima, per l’1% dalle spese di trasporto, per il 4% dai margini dei gestori e per il 6% dai margini delle compagnie.
Benzinai, una categoria in via di estinzione “Siamo una categoria in via d’estinzione, la situazione è drammatica”. Non usa giri di parole il presidente della Figisc (Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti) Franco Cerasoli della Confcommercio di Latina quando si parla del mestiere dei benzinai. Se fare il benzinaio per alcune generazioni è stato il sogno di qualsiasi bambino almeno una volta, nella realtà dei fatti le cose non vanno proprio in questo modo. Il guadagno di un benzinaio su quello che è il costo del carburante è irrisorio. “Il nostro margine medio è di 0.040 millesimi lordi al litro, ma bisogna considerare tutta una serie di situazioni che fanno scendere questo margine anche fino a 0.025 centesimi in base a sconti sul prezzo alla pompa, carte petrolifere e carta raccolta punti che è un costo per l’azienda, mentre agli occhi del cliente può sembrare un vantaggio e una fidelizzazione. Oggi non esiste più il cliente fidato, la crisi ha accentuato il problema riducendo drasticamente la spesa di consumo dell’automobilista che spende il minimo indispensabile per muoversi”. Un momento veramente difficile i benzinai lo hanno vissuto la scorsa estate quando l’Eni, la compagnia petrolifera dello Stato, ha attuato tutta una serie di sconti nel fine settimana che ha messo in forte difficoltà gli altri marchi. “Abbiamo avuto un crollo del 30% durante le promozioni Eni della scorsa estate – ha spiegato Cerasoli - il cliente finale ha preso d’assalto
gli impianti di quel marchio e per gli operatori del settore è stata una sorta di mazzata perché queste promozioni estreme inaspriscono la concorrenza tra gestori e assottigliano ancora di più i margini di guadagno”. Alle aziende petrolifere interessa poco o nulla delle richieste de gestori. L’unica soluzione sarebbe rivedere i margini, ma quelli sono fermi al 1989 e intanto i costi e le tasse sui carburanti continuano ad aumentare. I benzinai portano avanti le loro attività con grandi sacrifici. “Tanti si salvano con le attività collaterali come il cambio gomme, l’assistenza, il lavaggio della macchina, il bar tabacchi – aggiunge il presidente della Figisc - ma non tutti hanno questa possibilità visto che c’è bisogno di spazi ampi e metrature necessarie per avere questi prodotti aggiuntivi. Siamo soggiogati dalle compagnie petrolifere che pensano solo al loro ritorno economico. Non tutti sanno che quando vengono a scaricarci il gasolio o la benzina, noi paghiamo a vista, con assegni circolari o tramite fideiussioni bancarie e se non hai la liquidità o la disponibilità per farlo il camionista non scarica la merce”. Tutte limitazioni e problemi che complicano il lavoro di una categoria che opera in un sistema in cui il gestore finale è l’anello debole della filiera. D’altronde il mestiere del benzinaio non rientra più da tempo nelle ambizioni dei bambini. Forse loro lo avevano capito da un pezzo.
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Perdere peso con (co)scienza I visibili risultati della dieta Tisanoreica Un programma di dimagrimento testato La Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Padova ha effettuato un confronto tra 3 sistemi dietetici diffusi e conosciuti. Lo studio è durato 40 giorni ed ha coinvolto 30 soggetti, maschi e femmine, divisi in 3 gruppi. Ad ogni gruppo è stata assegnato in maniera casuale un sistema dietetico tra i tre presi in analisi: dieta Mediterranea, dieta a Zona, dieta Tisanoreica. Il primo, evidente dato emerso è stato il drop out (abbandono): il 50% dei soggetti hanno abbandonato la dieta mediterranea, il 40% quella a zona e solo il 20% la dieta Tisanoreica. Durante lo studio è stata valutata la composizione corporea dei soggetti coinvolti: il protocollo Tisanoreica è stato quello che ha fatto perdere, in termini significativi, più grasso rispetto agli altri due protocolli. È stata valutata inoltre la percentuale di massa muscolare, importante in quanto de-terminante il metabolismo basale: anche qui, la Tisanoreica ha fatto perdere meno muscolo rispetto alle altre
diete. I risultati dell’ematochimica per valutare la funzione epatica e renale hanno rilevato che la dieta Tisanoreica non affatica né reni, né fegato.
IN PRATICA...
Il metodo Tisanoreica è quindi, a tutti gli effetti, un programma di dimagrimento scientificamente testato, da seguire esclusivamente sotto controllo medico e di personale qualificato Tisanoreica. A Latina è presente un solo centro specializzato InTisanoreica, in cui personale formato dalla Mech Accademy, supportato dai medici, dietisti ed erboristi del Centro Studi Tisanoreica con cui collabbora, consiglia e indirizza il cliente verso la soluzione migliore. Per maggiori informazioni, o per una consulenza gratuita, il Personale Qualificato Tisanoreica ti aspetta presso l’unico Centro InTisanoreica a Latina, in Viale Mazzini 17 tel. 0773 28 42 48, o a Nettuno in Via Santa Maria 97 tel 06 988 19 38.
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La testimonianza dei volontari latinensi che partirono per l’Irpinia poche ore dopo il devastante terremoto del 1980
QUELLA SCOSSA AL CUORE I ricordi del vicesindaco Cirilli e dell’avvocato Nascani a capo delle prime spedizioni nelle zone disastrate di ALBERTO REGGIANI e MARCO TOMEO
23 novembre 1980 ore 19.34. A Latina molte famiglie consumano gli ultimi scampoli di una domenica tipicamente autunnale: in una casa in periferia un gruppo di parenti gioca a carte nel salone, in un appartamento del centro il televisore in bianco e nero è acceso sulla differita della partita Juventus - Inter, in un altro di borgo S. Michele si sta apparecchiando la tavola per la cena. In quasi tutte le chiese è appena terminata la funzione vespertina. Un minuto e tutto s’interrompe: piacentine e fiches si sparpagliano sul tavolo verde, la tv perde per un attimo il segnale, piatti e bicchieri oscillano sul davanzale mentre lampadari e crocefissi ballano sinistramente. Dentro le abitazioni non c’è più nessuno, giocatori e commensali sono tutti fuori in strada, dopo aver raccattato il primo indumento pesante trovato sulla via dell’uscita. Una sola parola esce dalle loro bocche, urlata a più riprese a sottolineare incredulità e spavento: terremoto! Gli adulti si angosciano, i bambini sorpresi quasi si divertono. La strada è il luogo dove, col passare dei minuti, si attenua la paura ma si comincia a percepire che qualcosa di veramente catastrofico è avvenuta in qualche parte non lontana d’Italia. Ci vuole la notte per cominciare a delinearne i drammatici contorni: l’informazione è frammentaria e un po’ confusionaria, i primi telegiornali non focalizzano bene l’attenzione sul sisma e sul reale epicentro, che viene inizialmente indicato nel paese lucano di Pescopagano. Quasi tutti i sismografi d’Italia hanno registrato la scossa, i bollettini dell’Ansa ne riportano fedelmente notizia e ci vogliono ore prima di individuare nell’alta Irpinia il vertice della terribile scarica sotterranea. Molte radio e televisioni di Latina rimangono accese fino a tarda notte in attesa di aggiornamenti, la città si addormenta col tormentoso interrogativo sulla dimensione dell’evento, qualcuno rimane addirittura a dormire in macchina temendo nuovi smottamenti. C’è la sensazione di aver partecipato dalle retrovie ad un gigantesco tamponamento a catena e di non riuscire a vedere dove c’è stato il primo violento impatto. Il giorno dopo comincia ad essere tutto più chiaro, drammaticamente chiaro. I novanta secondi al decimo
grado della scala Mercalli (6.9 di quella Richter) hanno devastato l’area confinante tra l’Irpinia e il Volture e portato distruzione e morte anche in zone non vicinissime all’epicentro, come a Napoli, dove crolla un palazzo a Poggioreale seppellendo 52 persone, o a Bavano, vicino Potenza, dove viene giù la Chiesa dell’Assunta e 77 persone, di cui 66 bambini, muoiono intrappolati. Le cifre del disastro, in particolar modo il numero dei morti, rimangono per giorni controverse e sono oggetto di speculatorie ricostruzioni giornalistiche. Qualche testata spara la previsione di 10.000 morti (in realtà quelli accertati saranno 2.998, con 8.245 feriti e circa 240.000 sfollati). Regnano caos e improvvisazione un po’ su tutto e in particolar modo sulla cosiddetta macchina dei soccorsi, che in pochi giorni denuncia tutta la propria deficitaria organizzazione.
L’invettiva di Pertini L’Italia ha la sola unica fortuna di avere in quel momento drammatico il miglior presidente della Repubblica della sua storia. Bastano due giorni a Sandro Pertini per denunciare a reti unificate l’inef-
ficienza e i ritardi nell’opera dei soccorsi. Il suo è un discorso forte, di durissima condanna, pronunciato a braccio di ritorno dal suo primo sopralluogo nelle zone terremotate, effettuato nonostante il parere contrario delle altre autorità istituzionali: “Sono appena tornato dalle zone delle catastrofe – disse affranto ma senza mezzi termini Pertini – a distanza di 48 ore non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari. Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. I superstiti mi dicevano, noi non abbiamo i mezzi necessari per liberare dalle macerie i nostri congiunti. Ricordo di una bambina che mi si è gettata al collo dicendo che aveva perduto suo padre, sua madre, i suoi fratelli. Nel 1970 fu varata una legge per le calamità naturali ma ora vengo a sapere che non sono stati attuati i regolamenti di queste leggi. Mi chiedo, se questi centri di soccorso immediato sono stati istituiti, perché non hanno funzionato? Vi sono state delle mancanze gravi, non vi è dubbio, e quindi chi ha mancato deve essere colpito, così come è stato colpito il prefetto di Avellino che è stato rimosso giustamente” Infine un appello di solidarietà umana all’intera nazione: “Tutti gli italiani e le italiane devono sentirsi mobilitati per andare in
soccorso di questi loro fratelli così duramente colpiti da questa sciagura perché il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”. Un discorso tra i più accorati che la storia repubblicana ricordi, pieno di invettive verso i responsabili della protezione civile (si dimise anche il ministro dell’Interno Rognoni) e volto a sensibilizzare il popolo italiano ad autogestire la catena umanitaria verso le zone disastrate. In realtà, prima ancora dell’incitamento presidenziale, da più parti d’Italia gruppi di volontari hanno già raggiunto l’Irpinia con mezzi propri per dare una mano ai soccorritori in divisa. Sono per lo più giovani che non accettano di rimanersene con le mani in mano ad osservare a distanza le conseguenze del dramma, ad ascoltare i bollettini funerei sulle cifre del disastro. Chi può, chi se la sente, chi la scossa l’ha avvertita nel proprio cuore, prende e parte senza pensarci su e senza sapere esattamente cosa fare.
Il Bradford a Teora Sono passate poche ore da quando l’edizione straordinaria del Tg della Rai ha cominciato a trasmettere le prime, drammatiche, immagini del terremoto che ha colpito l’Irpinia, che un Bradford da nove posti targato LT prende la volta delle zone colpite dal sisma. Al volante del furgoncino, sottratto quasi furtivamente al fratello Fabio, c’è Fabrizio Cirilli, attuale vicesindaco di Latina, all’epoca poco più che ventenne. Con lui un altro manipolo di giovani volontari del capoluogo tutti determinati e carichi di una gran voglia di rendersi utili, ma del tutto ignari che l’inferno che li attende è peggiore di quanto abbiano immaginato. “Nelle prime ore della mattina seguente alla notte del sisma – ricorda oggi Cirilli - decidemmo di partire con dei beni di prima necessità per portare soccorso. Presi quasi di nascosto il furgone di mio fratello e partimmo senza una meta ben precisa per la
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Campania. Una volta arrivati nei pressi delle zone terremotate la prima cosa che percepimmo era la grande disorganizzazione della macchina dei soccorsi: nessuno aveva notizia precise sui luoghi più colpiti né tanto meno su come erano organizzate le squadre dell’esercito e dei vigili del fuoco dislocate in zona. Fummo allora indirizzati presso il centro di coordinamento istituito nella caserma dei vigili del fuoco di Poggioreale e fu li che ci diedero indicazioni per l’Irpinia, ed in particolare per S. Angelo dei Lombardi, che secondo le prime frammentarie notizie che giungevano era il centro più colpito”. La piccola spedizione lascia Napoli e si dirige verso l’Irpinia. “Lo scenario che si presentava davanti ai nostri occhi man mano che ci addentravamo nella Provincia di Avellino era a dir poco spettrale:
I numeri del disastro Magnitudo Durata della scossa Morti accertati Feriti Senza tetto Comuni danneggiati Superficie colpita Soccorritori
6,9 Richter 90 secondi 2.998 8.245 234.960 688 15.400 Kmq oltre 8.000 uomini
Contributi statali per la ricostruzione 66 miliardi di euro circa Costo allo stato per ogni terremotato Irpinia 7.889 euro Costo allo stato per ogni terremotato L’Aquila 23.718 euro Dati “Osservatorio sul dopo sisma – Fondazione Mida”
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L’attestato rilasciato dl Comune di Teora
abitazioni ridotte a cumuli di macerie e strade spaccate da crepe enormi. Arrivati a San Angelo dei Lombardi, notammo subito che sul posto erano già sopraggiunte numerose squadre di soccorso, in primis vigili del fuoco ed esercito. Ricevemmo allora ulteriori indicazioni per proseguire verso un paese dal quale non erano arrivate ancora notizie sui danni causati dal sisma. Lungo il tragitto avvistammo addirittura un vecchio alpino: Raffaele Musto, friulano, reduce del terremoto di Gemona. Era sceso in Irpinia per dare una mano. Lo nominammo nostro capogruppo”. Il paese in questione è Teora, tristemente noto per essere uno dei tre paesi con Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, che delimitavano il cosiddetto cratere, ovvero l’epicentro del sisma, e medaglia d’oro al merito civile per la ricostruzione proprio dopo il tragico sisma del 1980, il più devastante, che cancellò la piccola cittadina dalla cartina geografica. “Arrivammo in questo piccolo paese che era ormai sera. Lo sce-
nario era devastante, quasi surreale. Il silenzio e la desolazione erano gli unici padroni della scena. Tra le macerie e la morte c’erano solo il nostro Bradford e la nostra incredulità nell’assistere a quel dramma, considerato che né le squadre dell’esercito né quelle dei vigili del fuoco erano giunte sul luogo. Ci rendemmo subito conto di esserci trovati di fronte ad una cosa molto più grande di quello che immaginavamo e soprattutto, minuto dopo minuto, prendemmo coscienza di un dato di fatto: che in quella piccola frazione il sisma probabilmente non aveva risparmiato nessuno. Probabilmente, sotto le macerie, non c’erano sopravvissuti”. Le ore successive l’arrivo a Teora, confermano purtroppo la sensazione dei solitari soccorritori pontini. Sotto le macerie le persone sono praticamente tutte morte. “Il giorno seguente arrivarono sul posto una squadra di vigili del fuoco ed una di militari dell’esercito. Eravamo in pochissimi rispetto alle devastazioni che il terremoto aveva causato. Iniziammo a scavare
con le mani tra le macerie, senza né pale né altri attrezzi per evitare ulteriori crolli. Sul posto erano arrivati anche i parenti delle vittime, per la gran parte provenienti dalla Svizzera e dalla Germania, dove erano emigrati. Ci chiedevano di scavare per trovare i loro cari, ma a guidarci non erano le loro richieste, piuttosto le zone dove più forte si avvertiva l’odore dei corpi senza vita. Ecco, non dimenticherò mai quando emersero dalle macerie i primi corpi. Militari che svenivano alla vista dei cadaveri, grovigli umani di persone che in quegli attimi di terrore e panico si erano strette in un ultimo abbraccio”. Alla fine il bilancio delle vittime in quel piccolo e sfortunato paese sarà di 137 persone, molte delle quali estratte dalle macerie proprio dai soccorritori di Latina. A loro il Comune di Teora, conferirà un piccolo ma significativo riconoscimento: un attestato di ringraziamento, scritto a mano e anche con qualche errore. In quei momenti, durante quell’esperienza, si intrecciano tante storie, qualcuna anche tragicomica, altre di assoluta disorganizzazione e colpevole responsabilità nell’ambito dei soccorsi. “Furono dieci lunghi giorni. Di notte ci scaldavamo accendendo un fuoco dietro l’altro, ma in quei momenti terribili trovammo anche lo spazio per ridere: quando ci chiesero di spegnere il gruppo elettrogeno che avevamo portato con noi, perché assordante e potenzialmente devastante in quelle zone disastrate per le vibrazioni che emetteva, e quando un pomeriggio vedemmo barelle e ospedale da campo mobilitarsi, credendo che fossero stati rinvenuti dei superstiti quando invece era un nostro compagno che si era slogato una caviglia. Altra cosa che non dimenticherò era lo spreco degli aiuti che arrivavano, tant’è che dormivamo sopra metri di indumenti che continuavano a scaricare presso il nostro presidio, e che le pareti del nostro accampamento erano fatte di casse d’acqua. Un segno tangibile di come in quei drammatici e tragici eventi, la macchina dei soccorsi e più in generale quella dello Stato, fu a dir poco impreparata”.
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La spedizione del “Vittorio Veneto” La mobilitazione è generale, quella di Cirilli e dei suoi compagni non rimane un’azione isolata a Latina. Un’altra ben più nutrita spedizione di giovani, allora poco più che ventenni, parte alla volta delle zone terremotate con due Tir e un pulmino carichi di beni di prima necessità e vestiario. L’iniziativa in questo caso è coordinata, quasi patrocinata, dall’Istituto Tecnico Commerciale “Vittorio Veneto” di Latina. Ad allestirla, con la premura che la situazione richiede, il professore di educazione fisica Andrea Nascani, oggi stimato avvocato, insieme al docente di religione Sabatino De Simone. A distanza di 33 anni per l’avvocato Nascani i ricordi di quell’esperienza sono ancora saldamente scolpiti nella memoria, e mai probabilmente se ne andranno: “Sentii quella spedizione come un dovere – dice oggi Nascani - perché era importante per noi tutti, in particolare per me, attestare la nostra solidarietà alle popolazioni delle zone terremotate. Ricordo bene che partimmo una mattina molto presto, a salutarci c’era anche l’allora preside della scuola Francesco D’Erme che si rese partecipe di un gesto molto nobile, si sfilò il proprio loden costosissimo e me lo consegnò con l’indicazione di darlo a chi aveva più bisogno”. Il torpedone latinense arriva in
Aiuti economici internazionali USA GERMANIA OVEST ARABIA SAUDITA IRAQ ALGERIA
70 milioni di dollari 32 milioni di dollari 10 milioni di dollari 3 milioni di dollari 500.000 dollari
Belgio, Francia, Austria, Jugoslavia e Svizzera misero a disposizioni squadre speciali militari e sanitarie, per la ricerca e l’assistenza ospedaliera dei superstiti
tre ore in prossimità delle zone più colpite, si immette sulla Provinciale per l’Irpinia e si ferma al primo paese incontrato sulla sinistra. Nascani chiede espressamente alla comitiva di cominciare da lì l’opera dei soccorsi: “Scendemmo a San Sossio Baronia, il paese natale del dottor Vito Fabiano, primo medico condotto di Latina e autentico benefattore nei primi anni della bonifica, tant’è che in piazza Dante c’è un monumento in sua memoria. Sentii come il dovere morale di ricambiare il bene fatto da questo uomo al suo arrivo a Latina. Arrivati in questo paese quando ci videro alcuni abitanti ci vennero incontro, io gli spiegai il motivo della nostra venuta, loro ci ringraziarono dicendoci però che non dovevamo
lasciargli nulla perché loro erano stati relativamente fortunati, nei paesini più avanti avrebbero avuto sicuramente più bisogno. Noi riprendemmo la nostra strada con la speranza di fermarci a Lioni, il paese più distrutto, non ci fu possibile però perché era stato già istituito un cordone sanitario, ci consigliarono allora di portare i soccorsi a Nusco, un paese poco lontano. Lì, in una grande palestra, scaricammo tutto, dopo di che portammo con il pulmino il materiale nelle campagne perché era impossibile arrivarci con i mezzi grandi. Dormimmo la notte nei Tir e la mattina dopo ripartimmo. Durò un giorno il nostro intervento, fu una giornata lunga ma indimenticabile ”. ha collaborato Alessandro Zaffarano
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Le scosse dello scorso anno alle porte di Latina hanno fatto crollare il mito dell’antisismologia pontina
L’INCUBO HA BUSSATO QUI di RICCARDO ANGELO COLABATTISTA
15 Febbraio 2012: trema la Pianura Pontina Le esperienze terrificanti come l’Irpinia nel 1980, l’Aquila nel 2009 fino ad arrivare all’ultimo sisma che ha colpito l’Emilia lo scorso anno, sono state percepite come tragedie distanti dalla realtà pontina. Un anno fa è cambiato tutto. Alle 21.46 del 15 febbraio 2012 la terra tremò in tutta la pianura pontina con epicentro nella zona di Tor Tre Ponti. Un terremoto di magnitudo 3.8 che è stato avvertito da tutta la città in maniera intensa. Le prime segnalazioni arrivate ai vigili del fuoco di Latina parlavano di un gran boato sentito prima del movimento ondulatorio del terreno, secondi interminabili. Boati e piccole scosse già otto mesi prima Nella zona di Tor Tre Ponti alcuni cittadini segnalavano da mesi l’insistenza di piccoli “boati” sotterranei. Boati e piccole scosse avvertite solo dalle persone che abitavano e dormivano praticamente sopra l’epicentro, individuato a soli 7 km di profondità. Le segnalazioni sono state raccolte con cura maniacale da alcune ragazze, due su tutte: Silvia Centra e Alessandra Nocella. Entrambe abitavano proprio nella zona dell’epicentro e quasi quotidianamente annotavano il giorno e l’ora delle piccole scosse. Un diario di bordo partito nel luglio del 2011, ben otto mesi prima della forte sisma del 15 febbraio. Le due ragazze hanno fatto segnalazioni, raccolto testimonianze e cercato di sollecitare l’interesse della pubblica amministrazione. Sollecitazioni rimaste inascoltate, almeno fino all’evento di febbraio. La nascita del comitato “Attività sismica Latina” Il 31 maggio del 2012, Silvia Centra, Alessandra Nocella e altri cittadini di Tor Tre Ponti decidono di fondare
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Il sismografo installato nella zona di Pantano d’Inferno
ufficialmente il comitato per il terremoto di Latina. Le attività principali del comitato sono quelle di divulgare le notizie provenienti dall’INGV (l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), dagli studi dei geologi e dall’amministrazione comunale. Oltre al comitato di diffusione esiste un comitato tecnico composto da due geologi: Carlo Perotti e Massimo Amodio. Le segnalazioni rimaste inascoltate “Da mesi sentivamo scosse tutti i giorni e tutte le notti. Abbiamo segnalato questo agli enti competenti, ma nessuno ci dava credito perché si trattava di piccoli terremoti con magnitudo inferiore ad un grado. Così abbiamo trovato disponibilità al dialogo solo dopo la fatidica data del 15 febbraio 2012”. Così raccontano la loro esperienza in qualità di osservatrici speciali Alessandra Nocella e Silvia Centra. “Dopo la scossa da 3.8 abbiamo spinto affinché venisse approfondito lo studio nella località dell’epicentro. Dopo tante pressioni, del comitato e dei cittadini, finalmente a fine novembre è stato installato un sismografo di profondità nella zona di Pantano d’Inferno, vicino Tor Tre Ponti. A questa installazione di profondità – affermano Centra e Nocella del comitato civico – sono seguite quella di tre sismografi di superficie utili a monitorare ogni piccola scossa o movimento della terra”.
La simulazione del 1986 In pochi ricordano che nel 1986, ovvero sei anni dopo il terribile terremoto dell’Irpinia, la provincia di Latina fu teatro di una maxi esercitazione di natura preventiva verso le calamità sismiche, coordinata dalla Regione Militare centrale, cioè la struttura territoriale dell’Esercito controllante le cinque regioni dell’Italia Centrale. La simulazione, coordinata dal comandante Aldo Calò, immaginò un terremoto del 7° grado della scala Mercalli con epicentro in Pontecorvo, in provincia di Frosinone, ma con interessamento dei comuni pontini di Fondi, Lenola e Monte San Biagio. Una scossa in grado di provocare 150 feriti e 2000 senzatetto. L’allarme partì alle 7 di mattina del 26 novembre e vide l’immediato coinvolgimento dell’intera task force di intervento: le prefetture di Latina e Frosinone, le due Province, le Questure, 8 amministrazioni comunali. E in più le Unità Sanitarie Locali, i comandi dei Vigili del Fuoco, la Polizia Stradale, i Carabinieri, la Croce Rossa, l’Enel, l’Anas, le FS, la Sip, i radioamatori, la Forestale e naturalmente i volontari. A fine esercitazione dalla relazione del Centro Coordinamento dei Soccorsi emersero cose negative ed altre positive: censurabile fu sicuramente l’affollamento di civili e militari nelle sale delle Prefetture, il coas creato dai radioamatori (non c’era ancora la radiofonia mobile) e l’emarginazione di specialisti dell’emergenza come i Vigili del Fuoco. Di buono ci fu la buona distribuzione dei materiali sanitari e alimentari, una delle vere note dolenti del terremoto dell’Irpinia, quando ci fu uno spreco enorme di viveri, indumenti e flaconi, e la prontezza negli spostamenti aerei e nel montare l’ospedale da campo (in soli 26 minuti).
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RISCHIO ZERO Sicurezza sul lavoro di SANTA PAZIENZA
Sicurezza, regole e controlli Entro giugno il documento di valutazione dei rischi La garanzia di lavorare in un ambiente sicuro non è semplicemente affidata alla sensibilità del datore di lavoro o alla responsabilità di chi è preposto a garantire ambienti salubri e privi di rischi, ma è regolamentata da un’apposita e vasta normativa, che prevede sanzioni in caso di inottemperanza. L’insieme dei regolamenti è contenuto nel Testo Unico Sicurezza Lavoro o TUSL, che raccoglie le norme contenute nel Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Il testo unico ha riformato, riunito e armonizzato, abrogandole, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nell’arco di quasi sessant’anni, al fine di adeguare il corpus normativo all’evolversi della tecnica e del sistema di organizzazione del lavoro. Nella Sezione II della suddetta legge è stato introdotto l’obbligo da parte delle aziende di redigere un DVR (Documento di Valutazione del Rischio). Con l’approvazione della Legge di Stabilità n. 228/2012 sono stati prorogati i termini per le disposizioni previste dal TUSL, offrendo ancora qualche mese di tempo ai datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori per redigere il Documento di Valutazione dei Rischi. Pertanto, i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori avranno tempo fino al 30 giugno 2013 per elaborare il proprio DVR.
Incendi, ulteriori attività sottoposte a verifiche
Inoltre, con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento di prevenzione incendi (D.P.R. 151/2011) sono state introdotte sostanziali novità rispetto alla previgente normativa, sia riguardo i procedimenti di prevenzione incendi, sia riguardo le attività soggette ai controlli da parte dei Comandi provinciali del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Pertanto dovranno sottoporsi a 80 | NUMERO ZERO | 04.2013
controlli di prevenzione incendi ulteriori attività che a tale scopo dovranno fornire un aggiornato Documento di valutazione del Rischio. Il decreto presidenziale 151 prevede che debbano sottoporsi a verifiche sulla sicurezza antincendio anche ulteriori categorie produttive: L’attività 12 - Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili e/o oli lubrificanti, diatermici, di quasiasi derivazione, di capacità geometrica complessiva superiore a 1 mc. Punto infiammabilità > 65°C da 1 a 9 mc in cat. A, da 1 a 50 mc in cat. B, > 50 mc in cat.C. Sono stati conglobati i depositi di liquidi infiammabili, combustibili e lubrificanti (ex 15, 16, 17) a qualsiasi titolo detenuti nello stesso sito di stoccaggio, fissando un unica soglia di assoggettabilità ad 1 mc L’attività 13 - Impianti fissi di distribuzione carburanti per l’autotrazione, la nautica e l’aereonautica; contenitori/distributori rimovibili di carburanti liquidi. a) Impianti di distribuzione carburanti liquidi contenitori distributori rimovibili e non, con punto infiammabilità > 65°C fino a 9 mc in cat.A, solo liquidi combustibili in cat.B, altri in cat.C. b) Impianti fissi di distribuzione carburanti gassosi e di tipo misto (liquidi e gassosi) e tutti in cat. C. Include le varie tipologie di distributori carburanti per autotrazione di tipo liquido e gassoso (ex 17 e 18) e viene stabilito che i distributori rimovibili sono soggetti ai controlli indipendentemente dall’ambito di utilizzazione. Previsti controlli contro il rischio di incendi anche per stabilimenti e impianti ove si producono e/o impiegano liquidi infiammabili (punto di infiammabilità fino a 65 °C) con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 0,5 mc.
SOTTOZERO
La nota stonata del mese di MASSIMO SCONFORTO
Se la strada ti dà…buca
Viabilità cittadina ormai al limite della praticabilità
Nella vicina Aprilia l’ultima battaglia elettorale per le elezioni comunali i candidati se la giocarono, ovviamente oltre che sui grandi temi, anche sulla promessa di rifare immediatamente l’intera viabilità comunale, dopo che per anni le manutenzione delle strade non era stata fatta e circolare in centro e nelle periferie era diventato pericoloso quasi come a Kabul. A Latina se continua così rischiamo di fare la stessa fine. Il Comune non riesce a garantire la manutenzione delle strade in modo organico, pianificato. Succede così che ad ogni peggioramento meteo (leggasi pioggia) l’asfalto che ci sta più a cuore cede come fosse burro. Ecco allora gli interventi “tappabuche” a macchia di leopardo, decisamente insuffi-
cienti per garantire una tenuta decente della sede stradale. Transitare in auto lungo le strade del centro diventa difficile, vi invitiamo per esempio a fare un giro intorno e dentro la circonvallazione per avere una conferma. Situazione da terzo mondo, spesso, nonostante la cura dell’estetica e dell’arredo urbano debba essere una prerogativa fondamentale delle amministrazioni che puntano su turismo e accoglienza. Una situazione talmente penalizzante che anche su facebook, qualche giorni fa, qualcuno ha preso di mira il Comune pubblicando una vignetta eloquente, una strada piena di buche e il cartello “Benvenuti a Latina”. Indovinate un po’, con una valanga di “mi piace” a seguire. 04.2013 | NUMERO ZERO | 81
Riflettori sui corti Storie e cinema protagonisti del Festival Pontino Il premio internazionale si ripete a Latina da nove anni Il segreto del successo di un Festival è senza dubbio la capacità di attrarre pubblico e di destare l’interesse differenziandosi nell’offerta culturale talvolta opaca e asfittica di una città . A Latina da 9 anni continua a essere amato e seguito da un folto pubblico, costituito da amanti del cinema e da semplici curiosi, non necessariamente addetti ai lavori, il Festival Pontino del Cortometraggio, nato da un’intuizione vincente della Presidente dell’Associazione culturale La Domus, Meri Drigo. L’idea è quella di raccordare in un unico contenitore di prestigio cortometraggi provenienti da vari Paesi europei con la capacità di rappresentare parte della realtà e di essere specchio di un momento storico. Quello del Festival è un intento puramente rappresentativo e descrittivo di un universo, quello del cortometraggio, in continua evoluzione. La gente lo ama perchÊ sa che, davanti al grande schermo, potrà emozionarsi, ridere, sognare, commuoversi seguendo le storie uscite fuori dalla fantasia degli autori. Latina ospita la kermesse da 9 anni e continua a farlo sempre con la volontà di offrire al suo pubblico la possibilità di un intrattenimento sano e coinvolgente. Meri Drigo non può non essere soddisfatta della sua creatura che incomincia a farsi amare anche all’estero, al punto che molti sono i registi stranieri che decidono di sottoporre al giudizio, a volte impietoso, della giuria le loro opere. Quest’anno, giunti alla nona edizione, sarà difficile provare a sorprendere il pubblico del festival, divenuto esigente, abituato a prodotti di qualità e a trovare un giusto connubio tra buon gusto, ricercatezza e stile nei corti proposti. La scommessa, ancora una volta, sarà quella di riuscire a far breccia nei cuori degli spettatori, creando quel filo sottile di empatia che lega l’opera proiettata e la sala. Anche quest’anno gli organizzatori cercheranno di regalare serate diverse a tutti coloro che sceglieranno il festival per il loro intrattenimento. L’ intento sarà quello di attrarre pubblico e consensi senza perdere in qualità , scendendo a facili compromessi di mercato e di business. I cortometraggi verranno sottoposti al giudizio severo di due giurie, una tecnica di qualità , composta da esperti cinefili ed amanti del genere ed una giornalistica che valuterà le potenzialità artistiche ed espressive dell’opera.
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Sarà come sempre entusiasmante seguire il percorso fatto da un cortometraggio che da un Paese lontano arriva a Latina e si sottopone al parere di ben due giurie. I vincitori avranno la possibilità di aggiudicarsi i premi in palio e di venir applauditi calorosamente dal pubblico in sala. Ci sarà anche la possibilità di vedere assegnato il premio dal pubblico al corto ritenuto piÚ bello, come quello dal media-partner, oltre ai riconoscimenti assegnati dalla giuria tecnica e da quella giornalistica. Un bel modo insomma per veder premiato il cinema di qualità che nel cortometraggio vede una delle sue espressioni artistiche piÚ riuscite e di maggiore intensità . Sottovalutati per lunghissimo tempo dalle sale e dalla critica, i cortometraggi stanno vivendo questa stagione del riscatto da circa trent’anni, sin dagli anni ’80, quando vennero rivalutati per consenso e qualità riconosciuta dal pubblico e dalla critica. Da allora sono fioriti una serie di Festival e Rassegne proprio per valorizzare l’arte cinematografica rappresentata dai cortometraggi. Il Festival Pontino del Cortometraggio si propone proprio di essere una vetrina d’eccezione per lavori provenienti da varie parti del mondo, rappresentativi di culture e universi diversi. Attraverso i piÚ disparati temi affrontati che vanno dal sociale al sentimentale, al genere d’azione a quello di animazione, si riesce a avere uno spaccato dei tempi in cui viviamo. Finisce per affezionarsi ad un evento cosÏ attraente e suggestivo che riesce, ogni anno da 9 anni, a convogliare le attenzioni e gli interessi di un pubblico esigente e colto. La scommessa di fare un raccoglitore di storie e di vita di Paesi lontani è dunque riuscita e non ci resta che attendere fino al 23 giugno per vedere, ancora una volta, accendersi i riflettori sul grande schermo che accoglierà i cortometraggi anche quest’anno.
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ZERO POSITIVO
Rubrica medico-scientifica a cura del dr. GIOVANNI FARINA
Dieta e integratori I consigli per un’alimentazione equilibrata Come ogni anno, a seconda del periodo, che sia primavera, estate o la fine delle feste di Natale, milioni di persone cercano di mettersi a dieta per smaltire i chili accumulati. Il fenomeno, però, è molto più evidente al cambio di stagione. Le temperature man mano diventano più miti, ci si spoglia degli indumenti più pesanti e al cambio del guardaroba escono fuori quei centimetri e quei chilogrammi di troppo, ”regalo” dell’inverno appena passato. L’esigenza di alleggerire il nostro corpo un po’ “ ingoffito “ ,la “prova bikini” che si avvicina, e i vestiti più leggeri e più scoperti, spingono gran parte della popolazione, soprattutto femminile, verso una dieta rigorosa, bilanciata e, naturalmente, ipocalorica, che porti ad un rinnovamento della propria immagine. Uno studio ha scoperto i quattro motivi principali per cui soltanto una persona su cinque ce la fa a perdere peso e a mantenere la forma raggiunta a dieta conclusa. Le diete falliscono perché in genere tendiamo a sovrastimare l’attività fisica svolta e le calorie bruciate, e a sottostimare le calorie ingerite. Non teniamo conto cioè delle calorie assunte con snack e assaggini vari che facciamo senza pensarci durante la giornata. Anche le bibite, spesso consumate con troppa disinvoltura, sono una fonte calorica non considerata. Inoltre mangiamo ad orari sbagliati: è importante non saltare mai la colazione e consumarla sempre entro un’ora dal risveglio. Sarebbe bene mangiare ogni 84 | NUMERO ZERO | 04.2013
3-4 ore, evitando di restare digiuni per oltre 5 ore perché questo porta poi ad abbuffarsi. E poi,è importante dormire: è ormai ampiamente dimostrato che chi dorme meno di 6 ore a notte mangia di più e consuma più carboidrati, in quanto produce più grielina (l’ormone dell’appetito) e più cortisolo (l’ormone dello stress). Accanto a questi piccoli e facili accorgimenti è opportuno abbinare, naturalmente, una serie di integratori che intervengono sul metabolismo aiutando l’organismo a bruciare i grassi e eliminare i liquidi e le tossine in eccesso. La fitoterapia viene incontro a queste esigenze con più di qualche rimedio. Ne citiamo qualcuno: il Fucus , ottimo per aiutare una tiroide un po’ spenta, l’Arancio Amaro che aumenta la termogenesi aumentando il metabolismo basale (produrre energia partendo dai grassi di deposito), Pilosella, Ananas e Ortosiphon per favorire il drenaggio. Ci sono, poi, integratori composti già pronti che riassumono le varie esigenze di chi si appresta al dimagrimento. Il vostro farmacista di fiducia saprà consigliarvi il prodotto più adatto, tenendo conto delle vostre esigenze e con la sua competenza e professionalità, valutare ciò che può essere o non può essere utilizzato caso per caso. Adottando questi accorgimenti, sarà molto più facile riuscire nell’intento di dimagrire e mantenere il peso. Potrete di nuovo indossare quel vestito che vi piaceva tanto ma, soprattutto ne beneficerà la vostra salute e, perché no, il vostro buonumore!
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ZERO TITULI Rubrica di sport
di MARCO TOMEO
The million dollar baby Alessia Mesiano promessa della boxe pontina The million dollar baby è una delle pellicole più belle che il cinema abbia dedicato alla boxe. Racconta la storia di una ragazza che si avvicina alla noble art ormai trentenne ma con una forza interiore talmente forte da spazzare via ogni ostacolo nell’ascesa al successo. Resta impresso della bellissima storia che il film racconta, il binomio che nasce tra la sconosciuta ragazza e la boxe, reso indissolubile da una passione incredibile, quella che solo le donne sanno metterci… anche quando devono prendere a pugni la vita. Alessia Mesiano, studentessa in lingue e letteratura moderna all’Università di Tor Vergata, ha appena 22 anni, e quella passione per la boxe, la stessa magistralmente interpretata da Hilary Swank nel capolavoro strappalacrime di Clint Eastwood, ha dimostrato di averla dentro da subito, quando tre anni fa ha smesso le scarpette chiodate da atletica leggera per vestire i guantoni da boxe. “In quel periodo il mio tempo era diviso tra la scuola e gli allenamenti di atletica leggera. Volevo essere una penta atleta. Poi il fratello del mio ragazzo ha aperto una palestra e quasi per caso ho iniziato ad allenarmi al sacco. E’bastato veramente poco per farmi capire che quello era lo sport della mia vita. Uno sport che ha scatenato in me una passione travolgente”. Ed essere travolta da una passione ha significato subito duri allenamenti, infortuni e sacrifici “Dopo una fase pre-pugilistica di pochi mesi, ho cominciato a fare sul serio sotto l’egida di Maurizio Romano. Con lui ho conosciuto veramente il sacrificio degli allenamenti. Tanto per non farmi mancare sin da subito nulla, dopo quattro mesi ci ho rimesso il 86 | NUMERO ZERO | 04.2013
naso, ma il sudore, il dolore e la durezza degli allenamenti, invece che piegarmi hanno avuto l’effetto opposto. Mi sentivo gratificata dalle giornate passate in palestra e soprattutto ha iniziato a crescere in me la voglia di salire sul ring e misurarmi contro un avversario”. Il momento di saggiare il quadrato magico per Alessia è arrivato prestissimo. “E’ stato il momento della definitiva consacrazione, della convinzione e dell’amore verso la boxe. Mi aspettavo di essere tesa, di essere vittima dell’emozione, ed invece una volta finito di salire la scaletta del ring non ho pensato più a nulla, ma solo a quanto era bello essere sul quel quadrato, ad affrontare un avversario. La paura, la tensione, ogni altra emozione,
Alessia con il coach Maurizio Romano e il fidanzato Simone, a sinistra
non mi hanno mai condizionato”. E con una mentalità ed un approccio del genere, i risultati non hanno tardato ad arrivare. Prima classificata al torneo nazionale 2°serie, e seconda ai campionati italiani assoluti nella categoria pesi leggeri 60 chilogrammi, Alessia Mesiano, è ormai determinata a prendersi gli scenari che contano: quelli che portano al titolo italiano assoluto ed alla nazionale azzurra, e quindi alle olimpiadi di Rio de Janeiro. Sulla sua strada la campionessa italiana Romina Marenda, che l’ha sconfitta nella finalissima per il titolo italia-
no lo scorso settembre sul ring di Roseto degli Abruzzi: “La Marenda è un osso duro ed è l’avversaria che più di tutte mi ha messo in difficoltà. Tra me e lei c’è un divario ancora netto, soprattutto perché lei è da dieci anni che boxa a livello agonistico. L’obiettivo che mi sono prefissata è quello di contenderle il titolo e magari giocarmi la possibilità di arrivare in nazionale, il ché mi darebbe la possibilità di giocarmi un posto per le olimpiadi, considerato che nei giochi di Londra la boxe femminile è divenuta ufficialmente disciplina olimpica”.
Alessia Mesiano durante gli allenamenti
04.2013 | NUMERO ZERO | 87
TAGLIA ZERO Rubrica di moda
di PATRICIA SAURINI
Welcome back spring Dalle collezioni parigine, le nuove tendenze della moda Qual è il pezzo cult da possedere a tutti i costi nell’armadio in questa nuova stagione? Quante di voi si tormentano sfogliando riviste, navigando sul web o semplicemente stampando il naso su ogni vetrina? Si sa, per le vere fashion victim la moda detta legge e dando uno sguardo alle proposte migliori delle nuove collezioni la scelta e la ricerca al capo più esclusivo e più “gettonato” è assolutamente indispensabile o meglio vitale! A cominciare dagli accessori quindi borse, scarpe, gioielli ornamentali, mini dress o maxi maglioni, lana tricot, pizzi e merletti, colletti, calzettoni e parigine…e ancora make up & tatoo Ebbene si, questo è senz’altro il mese nel quale finalmente ci libereremo di tutte quelle cose che chiamiamo “scomodità invernali” (trench, giacchetti, spolverini, cappotti ecc) lasciando spazio ad abitini leggeri, kaftani, canotte, shorts,e bikini! La stagione della passerella parigina è stata un vero e proprio cataclisma di cambiamenti e metamorfosi di cui ancora oggi è difficile valutarne la portata! Chanel, Dior, Armani Privè, Jean Paul Gaultier hanno pochi caratteri simili ma di tutti abiti e accessori sono a dir poco straordinari… Rigorosamente prevista la presenza di fiori, che colorano la primavera con abiti di seta organza e chiffon. Colori iperpigmentati & fluo, fantasie paradisiache, luci ed effetti d’impatto dai toni saturi, per uno style del tutto nuovo, fresco e smagliante. Gli outfit e le mise di questa stagione sono eleganti e raffinate ma sopratutto molto “impegnative”. 88 | NUMERO ZERO | 04.2013
Niente è lasciato al caso: particolari e dettagli sono rigorosamente in primo piano. Le mise sono, per la maggior parte, cariche di decorazioni in perle, profili di colorati; colme di pietre e diamanti. La maglia è assolutamente tricot, che rende l’outfit quasi balcanico. Ampie gonne-corolle fatte di petali vengono abbinate ad avvolgenti corpetti e giacchine bon ton, spesso chiuse da cinture in rafia naturale che ricordano appunto i romantici mazzi di fiori. Contrasti cromatici in primo piano esattamente come i drappi e le cascate di ruche che designano i dress-flower. Indiscutibilmente leggeri e luminosi sono gli abitini da sera, grazie all’impiego di sete taffetà e chiffon alternati a velluti e ricami imperiali. Tailleur gonna con giacche dalle spalle imponenti. Make-up, smalto e lip-gloss in perfetta sintonia con la primavera alle porte. Godetevi la fashion spring!
ZERO IN CONDOTTA Rubrica su scuola e università di SANTA PAZIENZA
Quella carezza che fa la differenza All’istituto «Giuseppe Giuliano» incontri con gli animali e sfide a scacchi
Un timido sorriso, una dolcezza nascosta ma che non riesce a venire fuori. Ma basta una carezza o un gesto di gratitudine che le emozioni sgorgano senza indugio. Relazionarsi con le persone nate con delle diverse abilità comporta una certa intensità. E quando le si vede accarezzare un affettuoso cagnolone oppure prendersi cura di una pianta, il cuore si stringe di più. E’ una continua scoperta, una crescita per loro e per chi gli sta a fianco. Ecco perché insegnare agli studenti dei corsi di sostegno dell’istituto comprensivo “Giuseppe Giuliano” di Latina è un impegno forte, ma che approda a grandi soddisfazioni sotto il profilo umano.
La scuola di via Cisterna, diretta da Cherubina Ramacci, è attorniata da alti fusti, ma ci sono anche tanti arbusti che gli allievi coltivano. Sono le piante donate dal Corpo Forestale, anche commestibili come l’alloro, il mirto, il rosmarino e il carrubo. Il contatto con la natura non si ferma ai vegetali, ma raggiunge l’apice con la pet terapy. La terapia con i cani è una costante nelle attività dell’istituto e quando arrivano Labrador o Golden Retriever appositamente addestrati o
anche simpatici meticci, diventa una festa. Gli studenti lavano, pettinano, portano a passeggio i loro amici a quattro zampe. Imparano a gestirli divertendosi e entrando in empatia con gli animali che ricambiano scodinzolando. Un esperto dà loro indicazioni anche su come comportarsi in presenza di una cane che non si conosce. Il rapporto con gli animali aiuta i ragazzi a una più aperta socializzazione contribuendo allo sviluppo armonico della personalità e a vincere le insicurezze. In programma anche la cura di
un piccolo animale, come un pocellino d’india o una tartaruga. Emozioni di vita anche al maneggio, dove gli studenti del sostegno incontrano i cavalli e li montano come dei veri cavalieri. L’ippoterapia purtroppo è sempre più sporadica per le esigue risorse economiche. Come tante altre attività a favore degli alunni con disabilità, possibili soltanto con l’aiuto degli sponsor commerciali e della generosità degli insegnanti e delle famiglie. Il nuoto, ad esempio, è in convenzione, con un centro sportivo che applica alla scuola un prezzo vantaggioso. C’e’ poi il laboratorio di cucina. Ai fornelli fin dal mattino quando si prepara il thè per colazione, fino agli eventi più impegnativi come l’open day quando ai visitatori è stata offerta pizza in abbondanza. Iniziative extracurriculari sono anche i corsi di dama e scacchi e il calcio a 5. Molto attese le gite alla quali partecipano tutti gli alunni, come la mini vacanza sulle nevi della Maielletta. E forse quelli sono i momenti in cui ci si sente più vicini ai compagni diversi, anche se le risate e gli abbracci sono ricambiati senza differenze. 04.2013 | NUMERO ZERO | 89
ZERO POSITIVO
Rubrica medico-scientifica A cura della d.sa ROSARIA NARDOCCI
Le intolleranze alimentari Poco conosciute e spesso sottovalutate da tutti Ancora poco conosciute e spesso sottovalutate, le intolleranze alimentari sono invece una delle problematiche più diffuse nel mondo occidentale. Molti di voi non sono malati in modo specifico, ma soffrono di persistenti disagi e disturbi di cui non riescono a venire a capo, questo perchè molti possono in realtà soffrire di un’intolleranza alimentare, cioè essere intolleranti ad uno o più di quei cibi che quotidianamente consumano a tavola. Tali persone accusano questi disturbi per anni e anni provando ogni tipo di cura senza poter accorgersi che tutti può dipendere da un certo alimento male accetto dal loro organismo. Stanchezza cronica, cefalea, asma, dermatiti, sovrappeso, meteorismo, costipazione o diarrea, vertigini, agitazione o depressione, possono essere tutti sintomi di un’intolleranza alimenrtare, vale a dire reazione dell’organismo ad alimenti presenti normalmente nella dieta: cibi comuni, insospettabili, ma che costituiscono uno stimolo tossico capace di dare luogo a vari e numeri disturbi. D’altra parte non è facile scoprire l’alimento a cui si è intolleranti tramite il comune buon senso, cioè “appena mangio questo cibo sto male, perchè l’effetto dell’intolleranza non è immediato (come lo è invece per le allergie), si cumula nel tempo e non è facilmente ricollegabile al cibo che lo determina. Quindi la correlazione fra alimento sospetto e disturbo non è così evidente come nelle allergie, ma è subdola e difficilmente identificabile, se non con particolari metodiche di indagine. 90 | NUMERO ZERO | 04.2013
Molte volte le intolleranze alimentari, per il coinvolgimento dell’apparato intestinale, mimano la sindrome del colon irritabile tanto che quest’ultima diagnosi talvolta viene smentita modificando radicalmente la dieta del paziente: eliminando la sostanza “incriminata” si assiste ad una rapida regressione della sintomatologia. La terapia delle intolleranze alimentari non si avvale di risorse farmacologiche (ad eccezione della lattasi in caso di intolleranza al lattosio oggi disponibile in forma farmaceutica), ma si basa quasi esclusivamente sull’identificazione e l’eliminazione dell’alimento “responsabile”. Dalle intolleranze alimentari si guarisce, seguendo diete ad eliminazione associate eventualmente ad un sostegno fitoterapeutico. I programmi alimentari devono essere seguiti da un esperto per valutare le modalità più corrette e quelle che meglio si adeguano anche alle problematiche individuali.
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COMMA ZERO
Consulenza legale e contabile di GIANLUCA MARCHIONNE*
La cooperativa anticrisi La crisi e l’apporto di capitale umano all’impresa La crisi attuale che attanaglia l’Europa è senza dubbio la peggiore dal dopoguerra. L’eccessivo neoliberismo finanziario ed un laissez faire generale hanno portato a politiche tese alla più completa deregulation per cui, ad oggi, non si ha il sentore se la crisi sia legata ai meri costi dell’economia globale in senso reale e/o finanziario. In buona sostanza, l’industria della finanza ha rivestito un ruolo esagerato ed, almeno inizialmente, fin troppo remunerativo, con la conseguenza che era lecito ritenere che il denaro creasse denaro, tralasciando il concetto più certo che sia il lavoro a creare altro lavoro. Oggi è necessario trovare una soluzione innovativa per rispondere alle sfide del mercato globale intossicato dagli strumenti finanziari cosiddetti “derivati”. E quindi mai come in questo periodo di profonda crisi economica delle piccole e medie imprese è necessario riflettere sulla possibilità offerta dalla compartecipazione tra l’imprenditore e la forza lavoro. Da sempre la forma più corretta per realizzare questo modello è la cooperativa, forma societaria “anti-crisi”, al centro delle recenti e numerose consulenze che lo Studio M2B sta
tenendo attraverso incontri con imprenditori e lavoratori. Questa interessantissima forma societaria, improntata per natura giuridica alla aggregazione delle persone per un interesse comune, deve essere vista come alternativa alla crisi nella quale sono state coinvolte tutte le realtà aziendali anche le più grandi sul territorio italiano. Altro risvolto non meno importante è la possibilità per la cooperativa, ai sensi dell’articolo 3 della legge 142/2001, di legare la retribuzione all’utile ed alla produttività, cioè prevedere il ristorno che indirizzi il compenso su due voci: quella fissa stabilita per tipo di contratto nel regolamento interno e quella variabile secondo l’apporto del socio allo scopo mutualistico, seppure nel limite legale massimo del 30%. Proprio in quest’ultimo passaggio si riassume la figura del “socio-lavoratore co-imprenditore” che l’esperienza mutuale racchiude in sé e che rende speciale il rapporto lavoristico già dal regio decreto 1422/1924 per quanto parte della dottrina e giurisprudenza cerchi di riattrarlo solo nella fattispecie dell’articolo 2094 del codice civile. In questo ambito vale la pena rammentare che l’obiettivo della cooperativa è la tutela del bene comune che nel caso specifico coincide proprio con l’impresa. La riflessione finale deve prendere le mosse da una più attenta valutazione dello strumento cooperativistico messo a disposizione del cittadino che diventa lavoratore-imprenditore. Esso è da considerare, al momento attuale, un valido strumento di lavoro e di ripresa per il piccolo e medio imprenditore in difficoltà. *avvocato dello Studio M2B
92 | NUMERO ZERO | 04.2013
ZENZERO
Rubrica di cucina di STEFANIA PUSTERLA
Aprile dolce dormire ….ma perche’ non rendere dolce anche il risveglio?
Per prima cosa puntiamo la sveglia la sera prima ma con un volume non troppo alto, ci dobbiamo svegliare solo noi, il resto della famiglia lo lasciamo poltrire ancora un po’, sarà l’odore del caffè a svegliarli. Andiamo dunque in cucina per fare i PANCAKE, le classiche frittelle che gli americani mangiano ogni mattina, molto dolci e sostanziose, sono perfette per quelle colazioni fatte la domenica un po’ a tarda ora che fanno saltare il pranzo, i cosiddetti “brunch”. INGREDIENTI 200 g di farina 1 cucchiaino di lievito 60 g di zucchero semolato fine 50 g di burro 120 g di latte 2 uova Setacciate la farina con il lievito e poneteli in una ciotola con lo zucchero. In un’altra ciotola unite le uova sbattute, il latte e il burro fuso
fatto freddare. Unite i due composti mescolando con una frusta. Ungete leggermente di burro un padellino antiaderente e, quando è ben caldo, versatevi un piccolo mestolino di impasto per formare un cerchio di circa 7 cm di diametro. Non appena si formeranno le bolle sulla superficie giratelo e cuocete per un minuto anche da questo lato. Cuocete tutti i pancake mettendo quelli pronti uno sopra l’altro per non farli raffreddare. Serviteli accompagnandoli a piacere con marmellata, Nutella o, se volete rispettare la ricetta made in USA, con sciroppo d’acero. Possono essere fatti anche con l’aggiunta di frutta fresca direttamente nell’impasto. Non ci resta che preparare una vitaminica spremuta di arance e uno schiumoso cappuccino, posare il tutto su un bel vassoio capiente e chiamare tutta la famiglia a rapporto nel lettone! 04.2013 | NUMERO ZERO | 93
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ZERO CARBONELLA Rubrica poco seria
dell’UOMO QUALUNQUE
Numero chiuso al cimitero Borgo Montello si candida per la coppa del Mondo di sci
Strade dissestate - Continua l’emergenza buche sulla rete viaria della città. Dopo il fenomeno dei sinkhole di Tor Tre Ponti, esperti vulcanologi stanno già ispezionando Via Villafranca. Politica 1 - Protesta ufficiale del consigliere comunale Giorgio De Marchis nei confronti degli organi di stampa; il giorno 28 marzo nessun giornale della città ha riportato alcune sue dichiarazioni. Trasporti pubblici - Incaricato di fare l’articolo sui tempi di percorrenza degli autobus cittadini, il cronista di Numero Zero… non è ancora tornato a casa. Cimitero Comunale - Dopo il contenzioso in atto per la concessione dei loculi, solo 18 sembrerebbero rimasti liberi. L’Ipogeo comunica che per le future sepolture è opportuno prenotarsi in anticipo. Politica 2 - Città nuove – Fibrillazione all’interno del movimento
civico di Renata Polverini. Motivo del contendere la poltrona dell’Assessore Picca. Interdetto il Sindaco Giovanni Di Giorgi: “…Ma Picca è assessore?!”. Sport - Latina calcio: in caso di mancata promozione in serie B la società è già al lavoro per rinforzare adeguatamente la squadra per il prossimo campionato che giocherà nella categoria “Amatori”. Avviati i contatti con i seguenti calciatori: Altobelli, D’Amico, Carnevale e Policano. Rifiuti - Il ministro Clini non molla e resta fermo sulla sua decisione di spedire altrove i rifiuti romani. Si comincia seriamente a prendere in considerazione la possibilità di ammucchiarli sopra gli invasi già esauriti della discarica di Borgo Montello. Ipotesi confermata dalla gara ad evidenza pubblica del Comune di Latina Comune per l’acquisto di tre macchinari sparaneve per innevare le cime e candidarsi quindi come tappa di Coppa del Mondo di Sci. 04.2013 | NUMERO ZERO | 95
ZERO CULT
Film e libri del mese di STEFANIA PUSTERLA
Nel segno dell’horror Ad Aprile oltre ad Hitchcock arriva anche Rob Zombie Gli altri titoli del mese COME UN TUONO, thriller con Ryan Gosling BIANCA COME IL LATTE, ROSSA COME IL SANGUE commedia con Luca Argentero LE AVVENTURE DI ZARAFA GIRAFFA GIRAMONDO film di animazione OBLIVION action movie con Tom Cruise - Dal 4 aprile è nelle sale HITCHCOCK, il film di Sacha Gervasi che racconta di come il genio della suspance ha creato Psycho, l’horror più famoso di tutti i tempi. Il regista è interpretato dal grande Anthony Hopkins e al suo fianco nei panni di Alma Reville, sua moglie, troviamo il premio Oscar Helen Mirren. Gli attori della pellicola sono invece interpretati da Scarlett Jjohannson e James D’Arcy. - E’ invece, in arrivo alla fine del mese il nuovo film di animazione del grande maestro Hayao Miyazaki: KIKI - CONSEGNE A DOMICILIO. Kiki, una simpatica e maldestra strega di 13 anni, arriva nella cittadina di Koriko per svolgere il suo anno di apprendistato. Per guadagnarsi da vivere fa le consegne a cavallo della sua scopa. Superate le difficoltà iniziali, la giovane strega, grazie ai suoi poteri magici e alla conoscenza di persone che la fanno sentire a casa, riesce a rendersi indipendente. Ma nella vita, si sa, non tutto fila sempre liscio e le sorprese sono dietro l’angolo... 96 | NUMERO ZERO | 04.2013
LE AVVENTURE DI TADDEO L’ESPLORATORE film di animazione CI VEDIAMO DOMANI commedia con Enrico Brignano LA CITTA’ IDEALE esordio alla regia di Luigi Lo Cascio SCARY MOVIE 5 sequel della saga demenziale horror RAZZABASTARDA esordio alla regia di Alessandro Gassman IRON MAN 3 sequel del famoso eroe della Marvell VIAGGIO SOLA drammatico con la coppia BuyAccorsi di nuovo insieme dopo “Le Fate Ignoranti” LE STREGHE DI SALEM horror dal delirio visivo di Rob Zombie
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