Testo: P.A.Samuelson - W.D.Nordhaus “ECONOMIA” McGraw - Hill esclusi capp. 11- 16 - 17 - 18 -19 -34. http://unict.myblog.it
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Keynes ha scritto: “Lo studio dell’economia non sembra richiedere alcuna dote particolare. Si tratta dunque di una disciplina molto facile in confronto alle altre branche più elevate della filosofia e delle scienze pure. Una disciplina molto facile nella quale solo pochi riescono ad eccellere. Sembra un paradosso, ma si spiega, forse, nel senso che un grande economista deve possedere una rara combinazione di doti: - deve essere allo stesso tempo e in qualche misura matematico, storico, politico, filosofo; - deve saper decifrare i simboli e usare le parole; deve saper risalire dal particolare al generale e saper passare dall’astratto al concreto nello stesso processo mentale; - deve saper studiare il presente alla luce del passato, per gli scopi del futuro; - deve essere concentrato sugli obiettivi da raggiungere e disinteressato allo stesso tempo (cioè pensare e agire in maniera oggettiva pensando agli effetti che ogni azione economica avrà sugli altri, quindi disinteressato personalmente).
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Perché studiare l’economia?
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1. Perché ci sono molti problemi economici per i quali non sempre esiste una soluzione facile: • Perché c’è disoccupazione? • Perché c’è un trade-off negativo tra disoccupazione e inflazione? • Perché il prezzo del pane aumenta? • Perché i tassi di interesse aumentano o diminuiscono? 2. Perché ci sono economisti che suggeriscono soluzioni diverse. 3. Per comprendere gli effetti della politica economica, da tener presente nel momento in cui siamo degli elettori attivi. http://unict.myblog.it
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Le ragioni delle divergenze di opinioni tra gli economisti sono diverse: 1. Le teorie economiche a cui fanno riferimento
(classica, Keynesiana) 2. L’interesse personale di ogni economista 3. Il problema posto dal cambiamento.L’oggetto di studio della scienza economica è soggetto ad un continuo cambiamento perché influenzato dal comportamento umano. A chi bisogna credere? http://unict.myblog.it
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Capire l’economia significa capire la maggior parte della nostra vita.
Il posto dell’economia è nel cuore della vita sociale.
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Di che cosa si occupa l’economia? Si occupa della società e del comportamento degli uomini nella società. Se ne occupa dal punto di vista economico, della ricchezza. E ciò perché nella società non ci sono mezzi sufficienti per soddisfare tutti i bisogni, per raggiungere tutti gli obiettivi.
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L’economia è una scienza. Si parla infatti di scienza economica. Ciò che fa di una materia una scienza è il metodo scientifico, cioè la formulazione di teorie e la verifica di queste teorie sul funzionamento del mondo. La teoria nasce dall’osservazione della realtà http://unict.myblog.it
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I modelli economici • Si utilizzano per spiegare la realtà economica. • Sono: – Le equazioni matematiche – I grafici
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Le fonti dei dati sull’economia italiana • Le principali sono: – Le pubblicazioni dell’ISTAT – Le pubblicazioni della Banca d’Italia – Le pubblicazioni dell’ Eurostat (a livello europeo) – Le pubblicazioni della BCE – Ecc….
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Parole chiave dell’economia Scarsità
la principale parola chiave, che ha fatto definire l’economia la scienza della scarsità beni materiali (cioccolatini,automobili, petrolio)
Beni economici (beni scarsi)
beni immateriali (spettacolo, cura di un dente, l’uso di un bene (pagandone l’affitto), il lavoro di una persona http://unict.myblog.it il salario) (pagandone
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Parole chiave dell’economia Utilità
Un bene economico deve essere utile
Prezzo
I beni economici, in quanto scarsi, hanno un prezzo per essere acquistati e venduti (concetto di mercato)
Produzione I beni economici, in quanto scarsi, possono dar senso alla produzione (anche i beni prodotti sono beni economici in quanto sono limitati alla quantità prodotta) Risorse
Nel processo produttivo, per produrre un bene, si utilizzano altri beni intermedi, altre risorse, anche queste scarse, per cui sorge 12 il problemahttp://unict.myblog.it dell’impiego alternativo
Non tutti i beni possono essere prodotti. Es. – La terra (risorsa naturale) – Il lavoro (risorsa personale)
ma possono essere migliorati per aumentare la produttività, attraverso l’uso dei fertilizzanti (la terra) e attraverso l’istruzione (il lavoro)
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Condizioni perché l’azione umana sia suscettibile di considerazione economica, identificate dall’economista Lionel Robbins. 1. Che gli obiettivi siano molteplici Riguardanti gli obiettivi
2. Che gli obiettivi siano classificabili secondo l’importanza (preferenze) 3. Che le risorse siano limitate
Riguardanti le 4. Che le risorse abbiano usi risorse alternativi L’uso alternativo delle risorse deve essere razionale ed efficiente, cioè ricavare il massimo evitando errori http://unict.myblog.it 14 e sprechi.
Definizioni di economia • L.Robbins “la scienza che studia la condotta umana come una relazione tra scopi e mezzi scarsi, applicabili ad usi alternativi” (presuppone degli obiettivi ma non li giudica dal punto di vista etico, religioso o politico) (presuppone scarsità e uso razionale delle risorse) • Altra definizione “L’economia è la scienza che studia la produzione, lo scambio, la distribuzione e il consumo di quei beni e servizi che contribuiscono al benessere materiale” (è implicito che l’economia studia il sistema http://unict.myblog.it 15 economico)
Definizione di Samuelson • “L’economia è lo studio del modo in cui gli individui e la società pervengono a scegliere, con o senza moneta, di impiegare risorse produttive scarse, suscettibili di usi alternativi, per produrre vari tipi di beni e distribuirli per il consumo, attuale o futuro, tra varie persone e gruppi sociali” (moneta e tempo)
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La scienza economica si divide in due branche principali: • Teoria economica Economia) Studia le leggi dell’economia e il funzionamento dei mercati
(o• Politica economica E’ lo studio dell’intervento pubblico e l’intervento pubblico stesso. Lo Stato utilizza gli strumenti a disposizione, per correggere le imperfezioni del mercato e per raggiungere l’obiettivo del benessere della collettività http://unict.myblog.it
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La teoria economica si distingue in: • Macroeconomia • Microeconomia Studia il comportamento Studia i fenomeni aggregati del singolo consumatore, relativi al sistema economico della singola impresa, la nel suo insieme (risultanti dalla sintesi dei formazione dei singoli comportamenti dei singoli prezzi e i mercati singolarmente (dei beni, consumatori, investitori): del lavoro, della moneta) C,I,G,E, M, livello generale dei prezzi,disoccupazione). La macroeconomia studia l’interdipendenza reciproca tra Fino a metà degli anni ‘30 i vari mercati Nata negli anni ’30 con Keynes 18
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L’Economia si distingue in:
1. Economia positiva: descrive i fatti di un sistema economico e cerca di spiegarne le cause. Questo compito spetta all’economista quale scienziato, che fa un’analisi economica dei fatti economici. Es. Analizza la disoccupazione e ne spiega la causa; analizza i flussi commerciali e spiega perché il commercio è vantaggioso alle due parti. L’economia positiva è quindi descrittiva. http://unict.myblog.it
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2. Economia normativa è invece prescrittiva, cioè cerca di individuare le misure idonee per migliorare il funzionamento del sistema economico. L’economista in questo caso diventa un consigliere economico, cioè suggerisce alle autorità pubbliche quale manovra economica attuare per ridurre, ad esempio, la disoccupazione. La decisione spetta poi al politico. L’ec. normativa chiama in causa i giudizi di valore, cioè l’aspetto etico e morale di una decisione economica. L’ec. positiva e l’ec. normativa sono correlate. Soprattutto è l’economia positiva (gli economisti) che influenza l’economia normativa.
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Molte Istituzioni e apparati dello Stato si avvalgono dell’opera degli economisti: • • • • •
La Banca l’Italia L’ U.I.C. (Ufficio Italiano dei cambi) Vari ministeri L’ISTAT (Istituto di statistica) Il CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) • Le Regioni • Alcune società private (ISFOL, Nomisma, Prometeia, ecc..) • Centri studi Universitari http://unict.myblog.it
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In base all’obiettivo l’economia si distingue in: - Economia classica stabilità dei prezzi - Economia marginalista
- Economia keynesiana : gestione della domanda aggregata http://unict.myblog.it
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LA NASCITA DELL’ECONOMIA Nasce da una riflessione di Adam Smith, professore di Filosofia morale, sui comportamenti né ‘buoni’ né ‘cattivi’. La nascita dell’economia come scienza autonoma si fa risalire al 1776 con la pubblicazione di Adam Smith “Ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle Nazioni” http://unict.myblog.it
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Il pensiero economico prima di A. Smith
I problemi economici erano studiati da filosofi e teologi: buon governo e giusto comportamento etico, morale.
16° secolo finisce il feudalesimo e inizia il capitalismo: _ Sviluppo del sistema di mercato, _ Nascita dell’industria (in seguito alla rivoluzione scientifica: Newton, Galilei, Copernico, Keplero), _ Accumulazione di capitale in mano ai privati,
– Mutamenti economici e sociali (classe lavoratrice, aumento popolazione) http://unict.myblog.it
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Capitalismo 16°-17° secolo
ricchezza, accumulazione mercantilismo:
Lo scambio, sia all’interno che con l’estero, come fonte di ricchezza per l’accumulo di oro e argento Critiche di A. Smith al mercantilismo: • Considerava i metalli preziosi le uniche componenti della ricchezza • Considerava il commercio l’unico mezzo per aumentare la ricchezza • Il commercio era basato sul protezionismo e quindi vantaggioso per un solo paese (trattati di commercio ineguali: dazi sulle merci importate). http://unict.myblog.it
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17° secolo fisiocrazia La produzione agricola come fonte di ricchezza Critiche di A. Smith alla fisiocrazia: • sul protezionismo, in quanto si contrappone al libero scambio, per l’intervento dello Stato (dazi).
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18° secolo •
•
Smith
La causa della ricchezza delle nazioni non era lo scambio né la terra, ma il lavoro, il lavoro industriale e in particolare il miglioramento delle capacità produttive del lavoro reso possibile dalla divisione, o specializzazione, del lavoro (produttività), grazie al progresso tecnico. Visione liberista degli scambi cioè libero mercato (laissez-faire). Alla fine del 1800 si parla di Economia. Vantaggi:
a) Maggiore ripartizione territoriale del lavoro b) Aumento della specializzazione c) Aumento del mercato interno ed estero http://unict.myblog.it 27 d) Vantaggi per i due paesi scambisti
Nel 19° sec. gli eccessi del capitalismo (alti redditi in poche mani) allentarono il laissez-faire e iniziò l’intervento dello Stato (regolazione dei monopoli, imposte sul reddito, e cominciò il welfare state, es. l’assistenza medica). Nel 20° sec. aumentò l’intervento dello Stato fino ad avere un capitalismo di Stato (PP.SS). Dal 1980, l’eccessiva ed inefficiente presenza dello Stato spinse ad avviare un processo di privatizzazione.
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Oggi ci troviamo in una situazione in cui il mercato rivendica maggiore spazio. Vedi il sistema di mercato dell’ex URSS e della Cina, nonché la globalizzazione, che significa: a) Aumento degli scambi b) Integrazione economica, cioè specializzazione (un singolo bene viene prodotto da diversi paesi) c) Integrazione dei mercati finanziari (movimenti di capitali speculativi) http://unict.myblog.it 29
Vantaggi della globalizzazione: • Riduzione dei prezzi • Maggiore innovazione • Crescita economica più veloce
Svantaggi della globalizzazione: • Effetto spiazzamento (un’impresa straniera che produce a costi più bassi, riduce la produzione e l’occupazione nazionale) • Interdipendenza: dipendenza dagli scambi • Riduzione del ruolo dello Stato http://unict.myblog.it
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Cos’è il mercato? È quel meccanismo messo in moto dall’agire e dall’interagire di compratori e venditori e che determina il prezzo e la quantità di beni e servizi da scambiare. (mercato dei beni (prezzo) del lavoro (salario), dei capitali (interesse), della terra (rendita)
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Un mercato può essere: • Centralizzato o organizzato: si stabilisce la data e il luogo di incontro tra domanda e offerta. (Es. Borsa valori; Bit; il mercato delle attività patrimoniali di Cannes (interessante nel 2003 l’interesse del capitale privato ad investire in Sicilia); Medibit (borsa internazionale del turismo mediterraneo), presenta l’offerta turistica dell’area mediterranea. • Decentralizzato o libero (Es. il mercato del lavoro o il mercato di qualsiasi bene) • Elettronico (via Internet) Nel mercato in cui domanda e offerta sono uguali si ha l’equilibrio e il corrispondente prezzo è il 32 prezzo di equilibriohttp://unict.myblog.it
Smith e la teoria del mercato, intesa come teoria della mano invisibile Le premesse della teoria del mercato di Smith, cioè le motivazioni che determinano le scelte economiche sono: • L’egoismo, nel senso di interesse personale, • Libertà economica, che portano ad una importante conclusione:
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<< L’interagire dei soggetti “egoisti” motivati dall’interesse personale risulta come guidato da una “mano invisibile” e provoca l’effetto di rendere massima la ricchezza della società nel suo complesso>>. La mano invisibile esprime cioè il funzionamento e i risultati del mercato. Smith considera come ricchezza il reddito pro-capite: fu il primo a considerare il benessere dei cittadini e non la forza economica dello Stato.
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Secondo la corrente di pensiero classica, che parte da Smith e che domina fino agli anni 1930, la teoria del mercato porta a formulare la legge degli sbocchi o legge di Say, secondo la quale il sistema economico è sempre in equilibrio di piena occupazione ALTRI PRESUPPOSTI DELLA TEORIA CLASSICA: • È l’offerta che crea la domanda • I prezzi e i salari sono flessibili • Settore pubblico assente • Moneta neutrale : nessun effetto sul settore reale http://unict.myblog.it
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La teoria economica classica studia la microeconomia: comportamento dei singoli consumatori, imprese, mercati (dei beni, del lavoro, ecc..). Il sistema economico nel suo complesso è la somma dei comportamenti singoli e, attraverso la mano invisibile, raggiunge sempre l’ottimo, l’equilibrio. La forma di mercato a cui ci riferiamo è la concorrenza perfetta. http://unict.myblog.it
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Forme di mercato Concorrenza perfetta Ipotesi: • Omogeneità del bene (con le stesse caratteristiche) • Pluralità di compratori e venditori tale che ciascun compratore e venditore non può influire sul prezzo del bene Concorrenza imperfetta assume diverse forme: •
•
•
Monopolio: un solo venditore, che stabilisce il prezzo, e molti compratori. Es: in un paese c’è una sola società che fornisce la risorsa idrica o l’energia elettrica. Oligopolio: pochi venditori. Essendo molto debole la concorrenza fra di loro, riescono a stabilire il prezzo. Es. la produzione di petrolio in mano a pochi paesi nel mondo Concorrenza monopolistica: molti venditori dello stesso bene, ma ciascun bene ha delle caratteristiche particolari che ne fa un monopolio. Ciascun venditore può fissare il prezzo. Es: la ceramica http://unict.myblog.it 37
I limiti del mercato o fallimenti del mercato Il mercato può fare molto, ma siamo sicuri che raggiunge l’ottimo? Si ha fallimento del mercato quando non c’è concorrenza perfetta e quindi quando esistono: – Concorrenza imperfetta: un acquirente o un venditore hanno la capacità di influire sul prezzo. Es. la forza sindacale dei lavoratori o degli imprenditori; un’impresa oligopolistica. – Monopolio: un solo venditore che fissa il prezzo. Caso estremo di concorrenza imperfetta. – Effetti esterni (o esternalità) positivi (es. beni pubblici- un parco,la difesa) e negativi (inquinamento) – Diseguale distribuzione del reddito fra categorie sociali o territoriali o settoriali http://unict.myblog.it
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Microeconomia Studia: • Il comportamento del singolo consumatore • Il comportamento della singola impresa • Il comportamento del singolo mercato (dei beni, del lavoro, dei fattori produttivi, dei capitali, ecc.) • Il funzionamento del sistema economico nella sua interezza attraverso la teoria dell’equilibrio economico generale, che mette insieme i risultati raggiunti in precedenza in tema di comportamento di consumatori, imprese e mercati. E’ un punto di arrivo (a differenza della macroeconomia che assume l’interdipendenza del sistema economico nel suo 39 insieme come puntohttp://unict.myblog.it di partenza dell’analisi).
Le forze del mercato:domanda e offerta LA DOMANDA Esprime il comportamento del compratore. Da che cosa dipende la domanda di un singolo bene? es. il pesce: • •
Dal prezzo (relazione inversa) Dalle condizioni di mercato: – Il prezzo di beni alternativi o succedanei (es. la carne) (relazione diretta) Il prezzo dei beni complementari (es. il limone) (relazione inversa) – il prezzo dei beni complementari (es. il limone) (relazione inversa). – I gusti e le preferenze dei consumatori (es. se un bene diventa di moda fa aumentare la domanda anche se il prezzohttp://unict.myblog.it non diminuisce). Dipendono40da
- Il reddito: (relazione diretta) Se aumenta il reddito aumenta la domanda di beni normali. Se aumenta il reddito può diminuire la domanda dei beni inferiori (es.domandavo legumi (bene inferiore) ora domando carne (bene superiore). - Le aspettative Ciò che ci attendiamo domani influisce sulla domanda di oggi. Es. se ci aspettiamo che il prezzo delle macchine, dei telefonini sarà più basso, oggi ne domandiamo di meno. Se ci aspettiamo uno stipendio più alto, oggi domandiamo di più. - Influenze particolari Es. nelle zone di Tarvisio, Cervinia è più alta la domanda di sci che in Sicilia. In Sicilia è più alta la domanda di condizionatori http://unict.myblog.it
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In base al celebre assunto marshalliano del “ceteris paribus”, in un’analisi parziale le condizioni di mercato sono considerate date. Per cui la domanda di un bene dipende dal prezzo. La relazione tra Qd e P è inversa. Qd=f(p) La stessa relazione vale per la domanda aggregata.
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La domanda di mercato è la somma algebrica delle domande individuali di un dato bene. La domanda di un bene può variare: • Se varia il prezzo • Se, fermo restando il prezzo, variano le condizioni di mercato. Nel primo caso si ha uno spostamento lungo la stessa curva di domanda. Nel secondo caso si ha una trasposizione della curva: a destra se la domanda aumenta, a sinistra se diminuisce.
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Graficamente:
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Un concetto importante è quello di Elasticità della domanda rispetto al prezzo (ED): è la variazione della quantità domandata conseguente alla variazione del prezzo. Si misura rapportando la variazione % della D e la variazione % del P
L’ED può avere valore 1: se la domanda si riduce nella stessa misura % dell’aumento % del prezzo. È questo un caso raro. http://unict.myblog.it
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Es. il prezzo aumenta da 20 a 30 (50%) la domanda diminuisce da 500 a 250 (50%)
Ci sono poi due casi limite: a) La domanda è perfettamente elastica (o elasticità infinita (E∞)) quando aumenta infinitamente ad ogni piccola riduzione di prezzo. Graficamente è una linea orizzontale. b) La domanda è perfettamente anelastica o nulla quando non varia affatto alle variazioni di prezzo. Graficamente è una linea verticale. http://unict.myblog.it
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Normalmente l’elasticità della domanda è: a) Elastica: la variazione % è maggiore di 1. Cioè la variazione della D è proporzionalmente maggiore alla variazione di P Es. il prezzo aumenta da 20 a 30 (50%) la domanda diminuisce da 500 a 200 (60%)
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Graficamente:
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b) Anelastica: la variazione % è minore di 1. Cioè la variazione della D è proporzionalmente inferiore alla variazione di P. Es. il prezzo aumenta da 20 a 30 (50%) la domanda diminuisce da 500 a 400 (20%)
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L’elasticità della domanda dipende: a) Dal grado di sostituibilità del bene (es. burro e margarina) b) Dal grado di necessità del bene (beni di prima necessità Domanda anelastica; beni di lusso (tra cui il turismo) domanda elastica) c) Dal livello del prezzo del bene (se il prezzo è già alto un minimo aumento ne scoraggia la domanda).
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L’elasticità della domanda è molto seguita dalle imprese in quanto da questa dipende il RICAVO TOTALE
Il ricavo aumenta se aumenta Q o se aumenta P. Alle imprese sarebbe conveniente aumentare P per aumentare i ricavi. Ma devono fare i conti con l’elasticità della domanda. Dopo aver analizzato l’Ed decidono se aumentare o diminuire i prezzi. Perché a volte conviene aumentare i prezzi per avere un maggiore ricavo, ma a volte conviene diminuirli. http://unict.myblog.it
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Domanda anelastica (generi di prima necessitĂ ) Domanda elastica (altri beni, compresa la domanda turistica)
Aumento di P aumento di RT (ricavo totale) Riduzione di P riduzione di RT Aumento di P riduzione di RT Riduzione di P aumento di RT Aumento di P RT invariato
Domanda con elasticitĂ =1
Riduzione di P invariato http://unict.myblog.it
RT 56
L’offerta di mercato Esprime il comportamento dell’imprenditore- venditore. Essa è la quantità di un bene che il venditore offre sul mercato. L’offerta dipende: a) Dal prezzo b) Dalle condizioni di mercato • Costo dei fattori produttivi (relazione inversa) • Tecnologia (relazione diretta) • Eventi casuali (es. in agricoltura le condizioni climatiche influenzano l’offerta). Anche per l’offerta si considerano date le condizioni di mercato, per cui l’offerta di un bene dipende dal 57 http://unict.myblog.it prezzo. La relazione tra Q0 e P è diretta.
Graficamente:
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Ad ogni variazione di prezzo la quantità offerta varia lungo la stessa curva di offerta. Ad ogni variazione delle condizioni di mercato, fermo restando il prezzo, si ha una trasposizione della curva di offerta, a sinistra se diminuisce, a destra se aumenta. Anche l’offerta ha la sua elasticità rispetto al prezzo
A differenza della domanda, l’offerta aumenta quando aumenta P,http://unict.myblog.it e viceversa.
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Casi limite: a) Elasticità nulla (zero) o perfettamente anelastica quando ad ogni variazione di P l’offerta resta immutata. Graficamente si ha una curva verticale. b) Elasticità infinita o perfettamente elastica quando una minima variazione di prezzo fa variare di molto l’offerta. Graficamente è una curva orizzontale c) Elasticità unitaria quando l’elasticità dell’offerta rispetto al prezzo è uguale a 1. Graficamente linea a 45°. http://unict.myblog.it
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Normalmente l’Eo può essere: a) elastica se la variazione % è maggiore di 1. Graficamente la curva è al di sotto della linea a 45° b) Anelastica se la variazione % è minore di 1. Graficamente la curva è al di sopra della linea a 45° L’elasticità dell’offerta dipende dalla possibilità che le imprese hanno di aumentare l’offerta quando il prezzo aumenta: a) Cioè trovare i fattori produttivi ai prezzi di mercato che permettono l’aumento di offerta. b) Avere il tempo per organizzare la produzione, quindi il lungo periodo. Nel breve periodo solitamente l’offerta è anelastica. http://unict.myblog.it 62
Comportamenti degli individui A questo punto ci interessa sapere in che modo gli individui formulano i loro piani di consumo (consumatori) e i loro piani di vendita (imprese), in quanto sono questi comportamenti che influenzano le curve di domanda e offerta e le elasticità che abbiamo visto.
Teorie del comportamento o delle scelte del consumatore 1. Teoria dell’utilità 2. Teoria delle preferenze http://unict.myblog.it
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Teoria dell’utilità Supponiamo: • Dato il prezzo dei beni • Dato il reddito disponibile • Che ci sia concorrenza perfetta Il consumatore dovrà scegliere tra i panieri alternativi di beni secondo il criterio di razionalità che gli indica la scelta ottimale. Il consumatore sceglie quei beni ai quali attribuisce un maggiore valore in termini di utilità nel senso di soddisfacimento, di piacere. Dal punto di vista economico è importante il concetto di utilità marginale, che è l’utilità che se ne ricava da una unità aggiuntiva del bene. La somma di tutte le utilità marginali ci dà l’utilità totale,che aumenta all’aumentare del consumo del bene. Legge dell’utilità marginale decrescente: man mano che aumenta il consumo di un bene l’utilità marginale http://unict.myblog.it 64 decresce.
Graficamente:
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Tra tutti i beni che esistono sul mercato quali beni sceglierà il consumatore? Naturalmente quelli che gli danno la massima utilità. In base alla legge dell’utilità marginale decrescente, egli sceglierà quei beni che gli danno la stessa utilità marginale. È questa la condizione di equilibrio del consumatore.
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Un approccio alternativo al concetto di utilità: le preferenze rivelate Più recentemente alcuni economisti, tra cui Samuelson, spiegano il comportamento del consumatore attraverso le curve di indifferenza, utilizzando l’effetto reddito e l’effetto sostituzione. Effetto reddito: il reddito influenza la domanda. Ci riferiamo al reddito reale Un aumento di P o una riduzione del R monetario riducono il reddito reale, e quindi la domanda. Effetto sostituzione. L’esistenza di un bene sostitutivo influenza la domanda. Se aumenta P di un bene 67 aumenta la domandahttp://unict.myblog.it del bene sostitutivo.
Preferenze del consumatore e Curve di indifferenza Le curve di indifferenza sono la rappresentazione grafica delle preferenze del consumatore. Sembra un bisticcio di parole parlare di preferenze rappresentate da curve di indifferenza. Per capirne il senso dobbiamo pensare che l’ordinamento delle curve può essere visto come una scala nella quale ai gradini più alti,si trovano i panieri di beni, o combinazioni di beni più preferiti. Mentre nello stesso gradino si trovano le combinazioni di beni che per il consumatore risultano appunto indifferenti. Definizione. La curva di indifferenza è l’insieme di panieri di beni (combinazioni), tra i quali il consumatore fa la sua scelta, e ognuno gli dà lo stesso grado di soddisfazione. http://unict.myblog.it
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A,B,C,D sono combinazioni diverse che danno la medesima soddisfazione. La curva di indifferenza è convessa verso l’origine perché i consumatori tendono a dare una composizione bilanciata al paniere di beni. Cioè partendo da un punto qualsiasi della curva, ogni volta che si riduce il bene vestiario di una unità, occorre compensare tale riduzione con una aggiunta sempre maggiore di generi alimentari. (Se l’aggiunta fosse costante si avrebbe una retta e non una curva). http://unict.myblog.it
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Infatti, dal punto A al punto B la sostituzione del vestiario con i generi alimentari è data dal rapporto , cioè si rinuncia a 3 di vestiario per avere 1 di generi alimentari. Da B a C il rapporto è Da C a D il rapporto è 3, 1, 0.5 è il saggio marginale di sostituzione . Esso è decrescente in valore assoluto per movimenti lungo la curva da sinistra a destra. http://unict.myblog.it
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La mappa di indifferenza Il consumatore avrà maggiore soddisfazione se disporrà di più generi alimentari e più vestiario. Questa maggiore soddisfazione viene rappresentata via via da diverse curve di indifferenza.
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1. Man mano che ci si allontana dall’origine aumenta la soddisfazione del consumatore 2. Una combinazione di beni appartiene ad una sola curva di indifferenza, nel senso che le curve non si intersecano. 3. Nella mappa di indifferenza non si fa un confronto numerico dei livelli di soddisfazione, nel senso che la soddisfazione non si può misurare. Si parla, infatti, di ordinamento dei panieri di beni o di classificazione ordinale (1°, 2°, 3°,…) (e non di ordinamento cardinale (1, 2, 3, …). http://unict.myblog.it
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Applicazione al settore turistico Diversi panieri di iniziative turistiche. La scelta del turista è indifferente in termini di soddisfazione per i paesi che si trovano sulla stessa curva. La soddisfazione aumenta man mano che si passa alle curve a destra.
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Vincolo di bilancio del consumatore Le curve di indifferenza ci indicano le preferenze del consumatore. Ma egli deve fare i conti con il suo Reddito (Y)e con i prezzi dei beni. Il consumo dipende cioè dal suo potere d’acquisto. La condizione che deve rispettare prende il nome di vincolo di bilancio:
Graficamente la retta di bilancio è una linea con pendenza negativa. Se il consumatore spende meno di Y, la differenza costituisce risparmio (punto C del grafico). Nell’esempio di due beni, cibo e vestiario, il consumatore 76 ha varie combinazionihttp://unict.myblog.it di scelta:
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Supponiamo: • Y = € 480 • PGA = € 120 • Pv = € 80 1. Domandare solo cibo. Quantità acquistata= 2. Domandare solo vestiario. Quantità acquistata = 3. Domandare sia cibo che vestiario (varie combinazioni) La pendenza negativa della linea di bilancio è data dal rapporto tra i prezzi dei beni
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Nell’esempio il rapporto tra i prezzi è
cioè il
consumatore deve rinunciare a 1,5 unità di vestiario per avere una unità aggiuntiva di cibo. Possiamo dire che il costo opportunità del cibo in termini di vestiario è 1,5. Esso uguaglia il rapporto tra prezzo del cibo e prezzo del vestiario.
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Variazioni del reddito (effetto reddito) L’aumento del reddito monetario sposta a destra la linea di bilancio da NM a N’M’, dando la possibilità di acquistare più beni.
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Variazione dei prezzi (effetto prezzi) L’analisi diventa più problematica. Si possono avere due casi: a) Se i prezzi dei due beni raddoppiano la linea di bilancio si sposta parallelamente a sinistra. In sostanza si è dimezzato il potere d’acquisto, è diminuito il reddito reale. È come se si fosse dimezzato il reddito, fermo restando i prezzi. La pendenza non varia, ma varia la sua posizione, cioè la distanza dall’origine. http://unict.myblog.it
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b) Se varia il prezzo di un solo bene. Es. se il prezzo del vestiario resta immutato e il prezzo dei generi alimentari raddoppia. Con il nostro reddito possiamo comprare o sempre le 6 unità di vestiario oppure la metà dei generi alimentari (non più 4 ma 2 unità). Graficamente la retta di bilancio sarà non più NM ma NM’
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L’effetto della variazione di un solo prezzo è duplice: • Effetto reddito: varia il reddito reale, cioè il potere d’acquisto. • Effetto sostituzione: conviene sostituire il bene divenuto più caro con il bene meno caro. In generale, se varia uno solo dei prezzi, oppure se variano entrambi ma in proporzioni diverse, la retta di bilancio modifica la propria pendenza.
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Equilibrio del consumatore Conoscendo le preferenze e il vincolo di bilancio il consumatore è pronto a fare le sue scelte. In base al criterio di razionalità egli sceglie quei beni che gli procurano la massima soddisfazione. Graficamente sovrapponiamo la retta di bilancio e le curve di indifferenza. http://unict.myblog.it
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Tutti i punti lungo la linea di bilancio indicano panieri di beni economicamente accessibili. Il consumatore razionale preferirà la combinazione B, in quanto a parità di esborso monetario si trova sulla curva di indifferenza più elevata (U3). B è il punto di equilibrio del consumatore ed è il punto di tangenza della retta di bilancio con la curva di indifferenza più elevata. Richiamando il significato economico: • Il punto B della linea di bilancio ci indica il rapporto tra e qui il consumatore è influenzato dal prezzo dei due beni • Il punto B della curva di indifferenza ci indica il Saggio marginale di sostituzione (SMS), e qui il consumatore è influenzato dalla preferenza che egli dà all’uno o all’altro bene. Per cui la condizione di equilibrio del consumatore è: http://unict.myblog.it
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Concludendo Nel modello di scelta il consumatore ha ordinato le alternative secondo le proprie preferenze e, tenendo conto del reddito e dei prezzi, ha individuato così la quantità domandata. Precisazione. I termini “acquisto” e “domanda” devono tenersi distinti, anche se spesso si usano indifferentemente. • Acquisto significa che il consumatore è in grado di effettuare l’acquisto sul mercato. • Domanda significa soltanto che il consumatore ha deciso di acquistare ma non è detto che poi acquista effettivamente. E ciò per diversi motivi. Uno potrebbe essere che se il prezzo è basso e la domanda è alta, e l’offerta sarà insufficiente a soddisfarla per intero. Es. un turista che “ domanda” un viaggio in Spagna trova esaurite le prenotazioni, per cui non può http://unict.myblog.it 89 effettuare “l’acquisto” del servizio turistico.
Dalla domanda individuale alla domanda di mercato Ogni singolo consumatore, in base al reddito e alle preferenze, esprime la sua domanda individuale. La domanda di mercato è la somma delle domande individuali e mette in relazione quantità domandata e prezzo.
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La costruzione della curva di domanda aggregata presuppone che le curve individuali di domanda, cioè le scelte dei singoli, siano tra loro indipendenti e razionali. Nella realtà esistono delle interferenze nelle scelte del consumatore: • Effetto traino o effetto imitazione: la domanda di un singolo aumenta come conseguenza del consumo di altri individui. • Effetto snob: quando la domanda aumenta per una riduzione del prezzo, ma contemporaneamente diminuisce la domanda dei consumatori “snob”. L’effetto sulla domanda aggregata dipenderà da quanti nuovi consumatori entreranno nel mercato e quanti dei vecchi ne usciranno. • Effetto Veblen o effetto ostentazione: la domanda aumenta quando aumenta il prezzo. Il prezzo alto di un bene, di solito un bene di lusso, cattura quella parte http://unict.myblog.it di consumatori che individua in quel bene un modo91di ostentare ricchezza.
Variazioni della domanda aggregata o di mercato. Anche a livello aggregato è importante conoscere come varia la domanda, perchĂŠ da questa dipendono i consumi e la spesa per consumi per i singoli beni o classi di beni che troviamo nelle statistiche ufficiali. Ă&#x2C6; dalla domanda aggregata che possono nascere manovre di politica economica. Come la domanda del singolo consumatore, anche la domanda aggregata dipende dal prezzo. http://unict.myblog.it
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Una trasposizione della curva di domanda dipende da variazioni del reddito o dal prezzo dei beni sostitutivi o complementari. Anche per la domanda di mercato è importante conoscere lâ&#x20AC;&#x2122;elasticitĂ rispetto al prezzo e rispetto al reddito.
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La teoria dell’offerta o teoria dell’impresa o teoria della produzione I beni che non esistono in natura bisogna produrli. Produrre significa essenzialmente trasformare beni e servizi in altri beni e servizi. In economia il fenomeno della trasformazione va inteso come trasformazione di valore e non in senso fisico o merceologico. Così, quando trasformiamo il legno in tavolo (trasformazione in senso tecnico), quando conserviamo il grano in un silos (trasformazione nel tempo), quando vendiamo al consumatore un bene che abbiamo acquistato all’ingrosso (trasformazione nel modo), quando trasportiamo il caffè dal Brasile all’Italia (trasformazione nello spazio). Alla base di queste trasformazioni vi è una caratteristica comune: la creazione di valore, il valore aggiunto, che contribuisce a formare il PIL. http://unict.myblog.it 95
Generalizzando possiamo dire che lâ&#x20AC;&#x2122;attivitĂ di produzione consiste nellâ&#x20AC;&#x2122;ottenimento da certi beni o servizi (input o fattori produttivi) altri beni o servizi (output o prodotti). Di solito, quando si pensa alla produzione si pensa alla produzione industriale, mentre la produzione comprende anche i servizi che, negli ultimi decenni, hanno generato un sempre crescente valore aggiunto.
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La contabilità nazionale suddivide la produzione in: • Settore dei beni e servizi destinabili alla vendita, che hanno un prezzo. Esso è suddiviso in settore primario (agricoltura, silvicoltura e pesca; a volte unito alle industrie estrattive); settore secondario (industria); settore terziario (servizi destinabili alla vendita). • Settore dei servizi non destinabili alla vendita: sono i servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche e dalle istituzioni private senza fini di lucro. Questi servizi non hanno un prezzo di mercato. Gli utenti pagano tributi specifici o tasse (servizi sanitari, istruzione, ordine pubblico). http://unict.myblog.it
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I fattori produttivi Ogni processo produttivo, che viene attuato per produrre beni (output), beni
Di consumo
Di investimento (cioè mezzi di produzione) necessita di risorse materiali, i c.d. Fattori Produttivi Terra o risorse naturali (terra, materie prime del sottosuolo o foreste, fiumi, laghi, mare)
lavoro
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Capitale (strumenti di produzione e beni intermedi)
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1)Le risorse naturali sono quelle risorse appropriabili, cioè che possono formare oggetto di proprietà da parte dei soggetti economici, sia pubblici che privati. Da questo punto di vista la risorsa principale è la terra, ma anche le miniere, le foreste, fiumi, mari). Caratteristiche: a) Sono limitate. Qualcuna si può migliorare (fertilità della terra) ma altre sono non riproducibili (risorse minerarie). b) Non devono essere prodotte, in quanto esistono in natura, per cui non ci sono costi di produzione (ma costi per l’utilizzazione o per lo sfruttamento o per l’estrazione). http://unict.myblog.it 99
2)Il lavoro è lo sforzo fisico e mentale dell’uomo per produrre beni e servizi, cioè l’energia fisica o intellettuale dell’individuo. Le risorse naturali e il lavoro sono considerati fattori originari o risorse primarie della produzione, a differenza del terzo fattore, il capitale, che è una risorsa prodotta dall’uomo. Il lavoro può essere considerato dall’individuo: • Penoso e faticoso • gratificante
In ogni caso è sottoposto al vincolo dell’esecuzione (ma ha riflessi economici. Vedi lavoratore giapponese). http://unict.myblog.it
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Dal punto di vista strettamente economico il lavoro viene valutato in base alla capacità produttiva, cioè in base all’efficienza economica. Ma, essendo strettamente legato all’individuo come persona, il lavoro va valutato anche dal punto di vista sociale, della dignità e della libertà individuale. L’offerta di lavoro dipende: • Dalla grandezza della popolazione • Dalla composizione per età della popolazione • Dallo sviluppo socio-economico (salario, prolungamento degli studi, disponibilità individuale al lavoro). http://unict.myblog.it
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3)Il capitale o beni capitale è l’insieme di beni prodotti dall’uomo e che vengono utilizzati come fattori produttivi per produrre altri beni. (Comunemente si chiama capitale anche il denaro e la ricchezza finanziaria, ma non sono capitale come fattore di produzione, anche se la moneta è necessaria per disporre di beni capitale). Per capitale quale fattore produttivo si intende: – Il capitale fisso (attrezzature, macchinari, computer, ecc). Può essere privato e pubblico (o sociale). Quest’ultimo: strade, ponti, ospedali, scuole, ecc).
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– Capitale circolante è dato dalle scorte (di materie prime, di semilavorati, di prodotti finiti invenduti). Anche se non sono veri e propri strumenti di produzione, le scorte sono considerate capitale in quanto rendono efficiente il processo produttivo impedendone le interruzioni. Nella contabilità nazionale, non a caso, nella voce “investimenti” sono conteggiate le variazioni delle scorte. Il capitale che si logora è detto “ammortamento”. Il nuovo capitale prodotto è “l’investimento lordo”. Se sottraiamo man mano l’ammortamento si ha l’investimento netto. http://unict.myblog.it
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L’organizzazione del processo produttivo I fattori produttivi devono essere “combinati”, “organizzati”. L’organizzazione del processo produttivo necessita di una capacità, che fa di questo lavoro un ulteriore fattore produttivo: la capacità imprenditoriale, capacità di attuare un processo produttivo efficiente sia dal punto di vista tecnico che economico. L’impresa Dal punto di vista economico è l’organizzazione efficiente dei fattori produttivi messa in atto per produrre beni e servizi destinabili alla vendita. Un’impresa può essere di piccole, medie o grandi dimensioni secondo il numero degli addetti (piccola: fino a 100- media da 100 a 1000- grande: oltre i 1000 addetti). Spesso una piccola impresa lavora per la grande impresa (decentramento produttivo). http://unict.myblog.it
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Dal punto di vista giuridico le imprese possono essere: • individuali Società semplice Società di Società in nome collettivo persone Società in accomandita semplice • Collettive Società a responsabilità (società) limitata Società di Società per azioni capitali Società in accomandita per azioni • Cooperative Produzione di beni e servizi a scopo mutualistico, offerti ai soci a prezzi più bassi in quanto non esiste il profitto di 105 impresa. http://unict.myblog.it
Molte grandi imprese sono S.p.A., caratterizzate da una molteplicità di soci (azionisti). Molte sono quotate nelle Borse valori, dove vengono scambiati i titoli azionari. La S.p.A. ha il vantaggio di reperire risorse finanziarie nel mercato azionario, ma ha lo svantaggio di essere tassata due volte: una volta sul profitto della società e una volta sui dividendi come reddito personale. L’esistenza dell’impresa in genere, cioè di una produzione organizzata e gestita, ma soprattutto della grande impresa, è importante perché presenta dei vantaggi in termini di efficienza (sottolineati da Ronald Coase, premio Nobel nel http://unict.myblog.it 106 1991), che sono:
a) Produzione su vasta scala (economie di scala). b) Maggiore potere contrattuale, che le consente di reperire più facilmente le risorse finanziarie (prestiti obbligazionari o credito bancario) e di influire sui prezzi di acquisto dei beni intermedi di cui ha bisogno e sui prezzi di vendita dei suoi prodotti. c) La gestione e il controllo del processo produttivo, spesso ripartiti in vari settori e uffici: direzione, settore acquisti, settore vendite, gestione del personale, promozione e vendite, pubbliche relazioni, ufficio studi e programmazione, uffici finanziari e contabilità aziendale. http://unict.myblog.it
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Dal punto di vista della dislocazione dell’attività produttiva si possono avere: a) Imprese nazionali: l’attività produttiva si svolge in un solo paese. b) Imprese internazionali: una parte della produzione avviene all’estero, conservando la dirigenza nel paese. c) Imprese multinazionali: imprese di grandi dimensioni la cui attività produttiva è “dislocata in molte nazioni” tramite filiali o imprese controllate. La direzione è nel paese d’origine. d) Impresa transnazionale: è un’impresa multinazionale che ha dislocate l’ attività produttiva e anche la direzione. http://unict.myblog.it
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Abbiamo inoltre: Holding: è quell’impresa che, in una S.p.A. possiede almeno il 50,1% delle azioni, e ciò le dà diritto di controllare le altre società. La holding è detta anche società capogruppo o società madre. Le società controllate possono appartenere allo stesso ramo produttivo, o a rami diversi oppure avere differenti stadi del processo produttivo. Trust: è una forma di coalizione di imprese integrate fra di loro, che giuridicamente restano autonome e distinte, ma “sotto un’unica direzione” che può decidere per tutto il gruppo. Cartello: è un accordo tra imprese operanti in uno stesso settore produttivo. Le imprese non sono integrate fra di loro e non sono sotto la stessa direzione. Lo scopo dell’accordo è quello di ridurre la concorrenza fra di loro mediante la fissazione dei prezzi di vendita dei http://unict.myblog.it prodotti e la spartizione dei mercati. Il cartello più 109 conosciuto è l’OPEC.
I cartelli e i trust sono coalizioni di imprese che tutte insieme formano un monopolio e la loro presenza ostacola lâ&#x20AC;&#x2122;entrata nel settore di altre imprese. Per evitare ciò in molti paesi esiste una legislazione antitrust.
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La teoria dell’offerta o teoria della produzione Studia il comportamento dell’impresa, cioè studia la relazione in valore tra gli input immessi nel processo produttivo e l’output ottenuto, dato un livello di conoscenze tecniche. Tale relazione è detta funzione di produzione. Dal punto di vista economico a noi interessa studiare come l’impresa stabilisce la quantità di output da produrre e quindi la costruzione della curva di offerta (che, sappiamo mette in relazione prezzo e quantità prodotta). Obiettivo dell’impresa: massimizzazione del profitto http://unict.myblog.it 111 Profitto: differenza tra costi e ricavi
Come i consumatori, anche le imprese devono prendere delle decisioni: cosa, quanto e come produrre. Le scelte dellâ&#x20AC;&#x2122;impresa devono essere razionali, cioè devono massimizzare i ricavi e minimizzare i costi. Lâ&#x20AC;&#x2122;impresa deve quindi pianificare il livello di produzione e scegliere la combinazione di fattori produttivi, in base a determinati vincoli da rispettare: vincoli tecnici (tecnologia disponibile) e vincoli di mercato (domanda e prezzo). http://unict.myblog.it
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Cominciamo con la funzione di produzione, o prodotto totale, cioè la relazione tra la quantità massima di output ottenibile e la quantità necessaria di input per ottenerla. Essa ci indica la capacità produttiva dell’impresa. Ogni funzione di produzione esprime una tecnica produttiva. La funzione di produzione si può costruire con tutti i fattori produttivi (terra, lavoro, capitale) (F. di produzione aggregata) o con un solo fattore produttivo (F. di prod. disaggregata). Noi consideriamo l’input lavoro, fermo restando gli altri fattori produttivi. La produzione o il prodotto totale aumenta all’aumentare del fattore lavoro. http://unict.myblog.it
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Graficamente:
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Man mano che aumenta il numero dei lavoratori, il prodotto totale aumenta in maniera meno che proporzionale. E questo in base alla legge dei rendimenti decrescenti, secondo la quale una unità aggiuntiva di un input produce una quantità aggiuntiva di output sempre minore, fermo restando la quantità degli altri input. Oltre al Prodotto totale, altri concetti importanti sono: • Prodotto marginale: è il prodotto aggiuntivo che si ottiene con una unità aggiuntiva di input. Esso è decrescente ad ogni aumento dell’input.
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•
Prodotto medio: è il rapporto tra
Anche il prodotto medio è decrescente ad ogni aumento dell’input. Il prodotto totale aumenta, naturalmente, quando aumentano tutti gli input. In questo caso si produce a scala più ampia. L’output che si ottiene quando tutti gli input aumentano ci dà i rendimenti di scala. Si possono avere: a) Rendimenti di scala costanti: quando l’output aumenta nella stessa proporzione dell’aumento degli input. b) Rendimenti di scala crescenti (o economie di scala): quando l’output aumenta in maniera più che proporzionale all’aumento degli input. c) Rendimenti di scala decrescenti (o diseconomie di http://unict.myblog.it 117 scala): quando l’output aumenta in maniera meno che proporzionale all’aumento degli input.
Il prodotto totale aumenta, oltre che per l’aumento degli input, anche per effetto del progresso tecnico che permette di aumentare la produttività attraverso: a) Una innovazione di prodotto quando si possono migliorare i prodotti già esistenti o produrre prodotti nuovi. b) Una innovazione di processo quando migliorano le tecniche produttive esistenti o se ne introducono di nuove. (es. l’introduzione delle tecnologie informatiche, prima, e il miglioramento, dopo, che ha aumentato la velocità dell’informazione). Il progresso tecnico permette di produrre più e migliori prodotti, spostando nel tempo la funzione di produzione verso l’alto. http://unict.myblog.it
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Il progresso tecnico può avere effetti negativi. Es. le tecnologie attuali sono fortemente inquinanti. Le leggi antinquinamento stanno cercando di sostituire i vecchi macchinari con macchinari meno inquinanti, anche se piÚ costosi.
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La produttività È il rapporto tra output e input.
La produttività aumenta per effetto di: • Un aumento del progresso tecnico • Un aumento delle economie di scala http://unict.myblog.it • Livello di specializzazione dei lavoratori
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Analisi dei costi • Essendo: L’impresa deve tenere sotto controllo soprattutto i costi, in quanto i ricavi dipendono dalle condizioni di mercato (domanda e prezzi). Controllare i costi significa seguire il principio della massima economicità. L’impresa decide il livello di produzione in base ai ricavi e ai costi totali da sostenere. Tra costi totali e quantità prodotta esiste una relazione diretta http://unict.myblog.it
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Il CT è l’insieme delle spese che l’impresa deve sostenere per produrre la quantità di beni e servizi programmata. Esso comprende: • I costi fissi: quelli che l’impresa sostiene indipendentemente dalla quantità prodotta (acquisto attrezzature, canoni d’affitto, interessi sui debiti, ecc.) • I costi variabili: quelli che variano al variare della produzione (materie prime, salari, ecc.) http://unict.myblog.it
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Dobbiamo distinguere: • Dal punto di vista contabile: il costo totale è uguale ai costi che danno luogo a esborsi di moneta. Sono tutti i costi che figurano nel conto Profitti e Perdite. • Dal punto di vista economico: il costo totale comprende anche i costi extracontabili, cioè i costi opportunità, cioè i rendimenti alternativi delle risorse utilizzate. Le risorse che più significativamente hanno un costo opportunità sono il capitale e il lavoro. Col capitale investito si potevano acquistare BOT e l’imprenditore poteva offrire il suo lavoro e ottenere uno stipendio. Interessi dei BOT e stipendio sono costi opportunità e fanno parte dei costi totali. Cioè, dal punto di vista economico tra i costi totali vi sono i costi del capitale proprio e la remunerazione per il lavoro svolto dall’imprenditore. Questa precisazione è importante per capire il concetto di profitto che influisce sulla decisione di investire o meno. http://unict.myblog.it 126
Il profitto può essere: a) Profitto normale o Profitto economico zero: quando i ricavi totali sono uguali ai costi totali (compresi i costi opportunità del capitale proprio e del lavoro dell’imprenditore)(normale per l’imprenditore, zero per l’impresa) b) Extraprofitto o profitto economico: quando i ricavi totali sono superiori ai costi totali (compresi i costi opportunità). È questa differenza che è decisiva perché l’imprenditore scelga di fare l’imprenditore anziché l’impiegato, in quanto guadagna più del costo opportunità. Alcuni concetti di costo, quali indici di riferimento per il controllo dell’economicità dell’impresa : costo 127 http://unict.myblog.it marginale (CM) e costo medio unitario (CU)
Costo marginale (CM): è il costo aggiuntivo sostenuto per produrre una unità aggiuntiva di output. In genere è un costo variabile. il costo marginale fa aumentare il costo totale ma anche il ricavo totale. L’impresa si chiede: conviene aumentare la produzione? Conviene se Il valore di riferimento è il CT. Dal punto di vista matematico:
Es. se CT aumenta da €100 a €110 per produrre un maglione in più CM = 10 = 10 1 http://unict.myblog.it 128
Graficamente il costo marginale (CM )ha una forma ad U, cioè, il CM in una prima fase decresce allâ&#x20AC;&#x2122;aumentare della produzione, e successivamente cresce.
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Costo medio unitario (CU): è il costo di una unità prodotta. È il rapporto tra Es. costo totale per produrre 1 maglione €100
Costo totale per produrre 2 maglioni €110
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Graficamente:
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Mettendo insieme i due grafici:
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Notiamo che: a) Il costo medio unitario (CU) sin dall’inizio parte da un livello più alto rispetto al CM. Si abbassa gradualmente fino a raggiungere valori inferiori al CM. Il costo medio è influenzato dal costo variabile, cioè dal costo marginale, e dal costo fisso. b) Il costo marginale nel primo tratto è inferiore al costo medio. Nel punto M incrocia il CU nel suo punto di minimo, e poi, per ulteriori quantità prodotte, aumenta più del costo medio. Fino a quando il CM è inferiore al CU, il CU diminuisce. Quando il CM è maggiore del CU, il CU aumenta. Fino al punto M’ per ogni unità aggiuntiva di produzione il CM diminuisce in maniera meno che http://unict.myblog.it 133 proporzionale.
Oltre il punto M’ aumenta in maniera più che proporzionale, in quanto per aumentare la produzione deve aumentare il fattore variabile, es. il lavoro, e ogni lavoratore in più, utilizzando la stessa quantità di macchinari, ha una produttività del lavoro decrescente (legge dei rendimenti decrescenti). c) È la legge dei rendimenti decrescenti che determina la forma a U delle curve di costo medio e marginale. Infatti, in una prima fase l’aumento dell’input variabile ha una produttività crescente e costi decrescenti (il CM nel punto M’ e il CU nel punto M). In una seconda fase la produttività decresce e i costi crescono (il CM dal punto M’ in poi e il CU dal punto http://unict.myblog.it 134 M in poi).
L’importanza del costo medio nella determinazione della quantità prodotta. Tra le fasi di costi decrescenti e costi crescenti vi è un punto in cui i costi medi (CU) sono al loro livello minimo, e in questo punto sono uguali al costo marginale (punto M). Il punto M ci indica l’efficienza tecnica degli impianti, cioè a quel livello di produzione gli impianti sono utilizzati in modo ottimale. Cioè, dal lato dei costi vi è l’ottima allocazione delle risorse. Non ci sono sprechi di risorse. Ma vi è efficienza economica? Lo vedremo dopo, quando analizzeremo i ricavi. http://unict.myblog.it
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Altri indici dei costi: • Costo fisso unitario:
Essendo fisso, il costo fisso unitario diminuisce all’aumentare della quantità prodotta. • Costo variabile unitario:
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Le scelte dell’imprenditore Come i consumatori, anche gli imprenditori devono prendere delle decisioni ed effettuare delle scelte: cosa, quanto e come produrre. Devono essere razionali, cioè minimizzare i costi e massimizzare i ricavi. Le scelte dell’imprenditore si basano su previsioni. Egli pianifica il livello di produzione e sceglie la combinazione dei fattori produttivi in base a determinati vincoli da rispettare: vincoli tecnici (tecnologia disponibile) e vincoli di mercato (domanda e prezzo). In particolare le scelte riguardano: a) La grandezza, o scala, di produzione b) La dislocazione dell’impresa c) La tecnica produttiva (scelta di lungo periodo) http://unict.myblog.it 137 d) La combinazione ottima dei fattori produttivi (scelta di breve periodo)
a) La grandezza, o scala di produzione dipende dalla possibilità di collocare i prodotti sul mercato di sbocco. La scelta della scala di produzione deve essere pertanto preceduta dalle previsioni della futura domanda. A tale proposito si ricorre alla tecnica della ricerca di mercato, cioè alla raccolta ed elaborazione di dati informativi per individuare gli orientamenti e le preferenze dei potenziali acquirenti. b) La dislocazione dell’impresa riguarda la scelta del luogo dove l’impresa deve sorgere. La scelta deve seguire il criterio della convenienza economica e dell’efficienza produttiva (facilità di reperire i fattori produttivi e loro costi, rete di trasporti)(Es. un albergo in una zona turistica) c) La tecnica produttiva o metodo di produzione. Si intende la definizione delle “modalità del processo produttivo, cioè quale tecnica produttiva viene utilizzata quando si deve scegliere tra diversi metodi di produzione diversi fra di loro. http://unict.myblog.it
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Es. • Per la raccolta del grano un contadino può scegliere come tecnica produttiva la falce (e molti operai) o la macchina falciatrice (e un solo operaio) • Un ristoratore può scegliere di utilizzare una lavastoviglie per lavare i piatti ( e un solo operaio) o nessuna lavastoviglie (e molti operai). La scelta della tecnica produttiva è molto importante in quanto da questa scelta dipende il rapporto tra capitale fisso (lavastoviglie) e capitale variabile (N. di lavoratori e beni intermedi) e quindi il rapporto tra costi fissi e costi variabili. È importante perché dall’installazione del capitale fisso l’impresa determina le caratteristiche del processo produttivo e acquisisce una determinata capacità produttiva, intesa come la quantità di beni e servizi che può essere ottenuta dall’utilizzazione del capitale http://unict.myblog.it 139 fisso.
La capacità produttiva può essere variata solo effettuando nuovi investimenti. Così, se si vuole aumentare la produzione, lasciando immutato il metodo di produzione, cioè il capitale fisso, bisogna aumentare solo il capitale variabile (beni intermedi e lavoro). L’imprenditore sceglierà la tecnica produttiva più economicamente efficiente, cioè quella che gli consentirà di produrre a costi più bassi. La scelta dipende fondamentalmente dalla scala di produzione di beni e servizi. Es. per un piccolo appezzamento di terreno si sceglierà falce; il piccolo ristorante non comprerà la lavastoviglie. http://unict.myblog.it
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Valutazione della tecnica produttiva più conveniente Per questa valutazione non si può fare riferimento alle sole funzioni di produzione, che esprimono solo le quantità fisiche di beni e servizi. Per scegliere la tecnica produttiva più conveniente, all’imprenditore interessano i costi monetari. Si devono conoscere pertanto i prezzi dei fattori produttivi e individuare la tecnica che minimizza i costi di produzione. Es. una volta scelta la scala di produzione (livello dell’output) e, in base a questa, si è previsto il coefficiente di produzione, cioè la quantità di fattore produttivo richiesta per produrre una unità di bene, l’imprenditore dovrà scegliere tra due tecniche produttive diverse, esprimibili con una funzione di produzione aggregata. http://unict.myblog.it 141
Noi per semplicità consideriamo solo due fattori produttivi: capitale (K) e lavoro (L). Q= una unità di output e le due tecniche hanno coefficiente di produzione diversi. Tecnica A: Q=0,25K+0,45L (a più alta intensità di lavoro) Tecnica B: Q=0,38K+0,30L (a più alta intensità di capitale) Entrambe le tecniche ci danno una unità di prodotto. Ma qual è la più conveniente? Occorre conoscere i prezzi dei fattori produttivi. http://unict.myblog.it
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Supponiamo che: – Il prezzo di una unità di capitale=4 – Il prezzo di una unità di lavoro = 5 Moltiplicando quantità dei fattori per il prezzo si ha: Tecnica A: (0,25 x 4)+(0,45 x 5)= 3,25 Tecnica B: (0,38 x 4)+(0,30 x 5)= 3,02 La tecnica B è più conveniente: consente di produrre una unità di bene a costi inferiori. Naturalmente la variazione dei prezzi dei fattori produttivi può cambiare la convenienza della tecnica produttiva. http://unict.myblog.it
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d) La combinazione ottima dei fattori produttivi variabili. Se la tecnica produttiva è data e l’impresa ha a disposizione un dato capitale fisso, la combinazione ottima dei fattori produttivi riguarda la scelta dei fattori produttivi variabili, cioè sostituibili tra di loro, e che a sua volta si combinano ottimamente con il capitale fisso disponibile, cioè in modo tale da utilizzare al massimo la capacità produttiva (efficienza tecnica). Per avere l’efficienza economica bisogna rapportare la quantità dei fattori produttivi variabili con i rispettivi prezzi e http://unict.myblog.it con la produttività marginale. 144
In particolare la condizione perché l’impresa possa minimizzare i costi di produzione è che:
Graficamente: • Se consideriamo la combinazione di due fattori per ottenere la stessa quantità di output abbiamo una curva detta isoquanto (che si può paragonare alla curva di indifferenza del consumatore).
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isoquanto
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• Per sapere qual è il costo totale per ogni combinazione dei due fattori dobbiamo conoscerne il prezzo. Il costo totale dipende dalla quantità che si è stabilita di produrre e dal prezzo dei due fattori. Graficamente il costo totale viene rappresentato da una linea, detta isocosto.
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Ogni linea ci dà il costo totale. La distanza dall’origine dipende dall’ammontare monetario di cui l’impresa dispone per acquistare i due fattori. La pendenza dipende dal rapporto dei prezzi dei due fattori. L’isocosto può essere paragonato alla linea di bilancio del consumatore. • Se i prezzi dei due fattori non variano le linee saranno parallele • Se aumenta il prezzo della terra l’isocosto è più piatto
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• Se aumenta il prezzo del lavoro l’isocosto è più ripido
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Conoscendo la linea dei costi (isocosto) e la curva della quantitĂ di bene che si vuole produrre (isoquanto) possiamo stabilire la combinazione dei fattori produttivi che ci consente un costo minimo. Sovrapponendo lâ&#x20AC;&#x2122;isoquanto con gli isocosti, conosceremo la posizione ottima per lâ&#x20AC;&#x2122;impresa
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I punti A, B, C, D, che si trovano sullo stesso isoquanto ci assicurano la stessa produzione, ma solo il punto C si trova sull’isocosto più basso, che richiede una minore spesa, cioè un minore costo totale; esso si trova nel punto di tangenza tra l’isocosto e l’isoquanto.
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La curva di offerta Abbiamo visto i modelli di scelta dell’impresa: • Scelta della tecnica produttiva (combinazione degli input) • Scelta della quantità prodotta (in base ai costi totali) Queste scelte non sono sufficienti perché l’imprenditore stabilisca la quantità prodotta e offerta e il suo profitto. L’imprenditore, abbiamo visto, ha stabilito la quantità da produrre in base ai costi totali di produzione. http://unict.myblog.it
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Egli però, volendo massimizzare il profitto, deve tener conto anche dei ricavi, essendo il profitto la differenza tra costi totali e ricavi totali. Egli deve tener conto: a) Della disponibilità dei consumatori a comprare (e ciò può essere ricavato dalla curva di domanda) b) Del numero e del comportamento delle imprese concorrenti che producono gli stessi beni. Cioè si deve tener conto del tipo di mercato in cui l’impresa opera (concorrenza perfetta o concorrenza imperfetta). http://unict.myblog.it
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Mercato perfettamente concorrenziale ovvero l’offerta dell’impresa concorrenziale Un mercato di concorrenza perfetta è caratterizzato da: 1) Omogeneità dei prodotti: i prodotti presentano le stesse caratteristiche. Es. un’impresa agricola offre prodotti identici a quelli delle altre imprese (grano, mele, ecc..). 2) Un numero elevatissimo di imprese di piccole dimensioni, tali che ognuna di esse con il proprio comportamento non influenza tutte le altre, né influenza il prezzo di mercato. L’incapacità di influenzare il prezzo è una caratteristica esclusiva della concorrenza perfetta. http://unict.myblog.it
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•
•
Il non attaccamento da parte degli acquirenti a nessun produttore in particolare. Ciò significa che se l’impresa aumentasse il prezzo perderebbe i clienti. La libertà di entrata e di uscita dal mercato da parte delle imprese. Il loro numero è talmente alto che l’entrata o l’uscita di una impresa non influenza né il comportamento delle altre imprese né il prezzo.
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Il prezzo di mercato è pertanto un dato per ciascuna impresa, e l’impresa in concorrenza perfetta è detta impresa price-taker. Ciascuna impresa cioè non può aumentare il prezzo, perché perderebbe i clienti. Dall’altro, non ha interesse ad abbassare il prezzo, perché è talmente piccola, rispetto alle dimensioni del mercato, che può vendere qualsiasi quantità desideri al prezzo dato, e la sua produzione è talmente bassa che non riuscirebbe a soddisfare l’aumento di domanda. Per l’impresa concorrenziale la curva di domanda (dei suoi clienti) è orizzontale, è cioè perfettamente http://unict.myblog.it 156 elastica.
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Nel breve periodo come un’impresa price-taker stabilisce la quantità da offrire sul mercato? Condizione necessaria per massimizzare il profitto è che ci sia almeno uguaglianza tra costo marginale e ricavo marginale (o prezzo di vendita, visto che il RM=prezzo di vendita).
cioè
Graficamente. La quantità di prodotto che massimizza il profitto è quella quantità rispetto alla quale la curva del costo marginale (CM) interseca la retta del prezzo pari a 4O(punto B). http://unict.myblog.it 158
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Se il prezzo di mercato è 40, nei punti a sinistra di B, il prezzo (P) è maggiore del costo marginale (CM). Per cui all’impresa conviene aumentare la produzione fino al punto B. Man mano che aumenta la produzione fino al punto B aumenta anche il profitto normale, che sarà massimo nel punto B (profitto economico zero, cioè non c’è extraprofitto) e CM=CU. Oltre il punto B il prezzo è inferiore al costo marginale, per cui non conviene produrre oltre il punto B. Se l’impresa continua a produrre oltre al punto B, con il prezzo a 40, avrebbe un aumento del ricavo totale (Q x P) ma avrebbe sempre più una riduzione dei profitti, in quanto l’aumento del ricavo totale non coprirebbe tutti i costi, e i costi che si sacrificano sono i costi opportunità. A meno che non aumenta il prezzo. Se P aumenta a 50, l’impresa massimizza il profitto nel punto A. Ciò significa che la curva di costo marginale (CM) determina la quantità offerta per ogni dato livello di prezzo. La curva di costo marginale è quindi la curva di offerta dell’impresa. Essa ci dice che l’offerta aumenta all’aumentare del prezzo. http://unict.myblog.it
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Quando l’impresa ha un extra-profitto? Per saperlo dobbiamo fare riferimento al costo medio totale (CU) e al costo medio variabile (CVU). E precisamente quando:
Tornando al nostro grafico, dal punto B in poi, e con un prezzo = 40, per ogni unità aggiuntiva, come si è detto, si avrà un ricavo totale maggiore per l’aumento della quantità prodotta, ma un profitto sempre in diminuzione. Non si ha extraprofitto perché P<CU. Se il prezzo è 50 non solo si massimizza il profitto dell’ultima unità aggiuntiva, ma si ha anche extraprofitto, in quanto P>CU. Man mano che aumenta la produzione l’extraprofitto va man mano diminuendo, fino ad azzerarsi nel punto E. http://unict.myblog.it 162
Una condizione sufficiente perché l’impresa resti nel mercato è che:
Viceversa, le imprese che hanno costi variabili medi e costi medi totali maggiori del Prezzo vengono eliminate dal mercato. Lungo periodo. Fin qui ci siamo riferiti al breve periodo, dove l’entrata e l’uscita di un’impresa nel mercato non modifica né il comportamento delle altre imprese né il prezzo. Ma cosa succede nel lungo periodo alle imprese che non sono state eliminate dalla concorrenza? http://unict.myblog.it 163
Nel lungo periodo se il prezzo di mercato è alto, e tale da creare extraprofitti, attira altre imprese ad entrare liberamente nel mercato. Ciò comporta un aumento della capacità produttiva totale del settore, cioè una maggiore offerta in quel settore, oltre che la ricerca di miglioramenti nella struttura produttiva delle imprese già esistenti per affrontare la nuova concorrenza. Com’è noto dalla legge della domanda e dell’offerta, ferma restando la domanda, un aumento dell’offerta sposta a destra la curva di offerta e riduce il prezzo di equilibrio. La riduzione del prezzo riduce i ricavi e quindi i profitti. http://unict.myblog.it
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Ma, i ricavi, e i profitti, si riducono anche perchĂŠ sono aumentati i costi dei fattori produttivi per la maggiore domanda proveniente dalle nuove imprese. Nel lungo periodo quindi in un regime di concorrenza perfetta i prezzi tendono a diminuire, facendo scomparire gli extraprofitti che hanno attratto nuove imprese, fino al punto in cui i profitti diventano normali e scompare lâ&#x20AC;&#x2122;incentivo per entrare nel mercato, e quelle imprese che avranno CU>P http://unict.myblog.it 166 usciranno dal mercato.
Concludendo. il meccanismo concorrenziale: a) Possiede un’elevata “efficienza allocativa” o “ottimo paretiano” in quanto elimina le imprese inefficienti, assicurando che le risorse produttive vengano utilizzate senza sprechi. b) Tende a portare il prezzo verso il costo di produzione minimo, impedendo elevati profitti, a favore del consumatore.
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Il regime concorrenziale, pur essendo effettivamente operante nella realtà, tuttavia spesso non rispetta le indicazioni della teoria: – Nella realtà non tutte le imprese inefficienti escono dal mercato (es. una piccola impresa agricola a conduzione familiare, o una piccola impresa a lavoro autonomo). Per cui nella realtà esistono imprese che percepiscono e accettano redditi bassissimi. – Soprattutto nel settore agricolo ciò comporta l’intervento dello Stato a sostegno dei prezzi dei prodotti agricoli e per mantenere a un certo livello i redditi degli agricoltori. Il sostegno avviene o acquistando direttamente le eccedenze agricole a un prezzo minimo prefissato o erogando delle integrazioni per coprire la differenza con il basso prezzo di mercato. Lo scopo di stabilizzare i prezzi agricoli è stato alla http://unict.myblog.it 168 base della PAC, che opera in questa direzione.
Quando esiste l’intervento dello stato non si dovrebbe parlare di concorrenza perfetta, di mercato libero, ma di economia mista, quali in effetti sono la maggior parte delle economie. Tuttavia, anche in presenza di intervento pubblico, la produzione può continuare a definirsi come perfettamente concorrenziale. I mercati completamente liberi sono rari, in quanto lo Stato è spinto spesso ad intervenire sia in forma fiscale e monetaria, sia soprattutto in forma legislativa (norme riguardanti l’igiene, l’inquinamento, la qualità dei prodotti, ecc..) per correggere i fallimenti del mercato (concorrenza imperfetta, esternalità, non equa distribuzione del reddito). http://unict.myblog.it
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MACROECONOMIA
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Keynes e la nascita della
macroeconomia L’occasione per verificare i limiti del mercato è stata data dalla crisi del 1929: crisi di sovrapproduzione riduzione di produzione e di occupazione. Perché esiste la disoccupazione? Carenza di domanda
La domanda effettiva fu il centro dell’analisi di Keynes esposta nella sua famosa pubblicazione << Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta>> http://unict.myblog.it
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Oggetto della macroeconomia sono quei fenomeni che riguardano il funzionamento del sistema economico nel suo complesso, cioè il comportamento degli aggregati macroeconomici (C,I,G,PIL,Inflazione, BP) assumendo come dati i comportamenti dei singoli consumatori e delle singole imprese. Scopo della macroeconomia è dare una spiegazione ai cambiamenti economici che condizionano i singoli consumatori, le singole imprese e il mercato. http://unict.myblog.it
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I PRESUPPOSTI DELLA TEORIA KEYNESIANA 1) il sistema economico è sempre in equilibrio di sottoccupazione. 2) è la domanda che crea l’offerta. 3) i prezzi e i salari sono rigidi. 4) è presente il settore pubblico. 5) la moneta non è neutrale. Con Keynes si ritorna a parlare di Economia politica. http://unict.myblog.it
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Cos’è il sistema economico? È quel meccanismo messo in moto dall’agire e dall’interagire degli agenti, o soggetti, economici. Gli agenti economici sono: La famiglia (unità di consumo) o consumatore, che agisce attraverso il consumo, il risparmio, il pagamento delle tasse, l’offerta di lavoro, ecc.. L’impresa, che agisce attraverso la produzione di beni e servizi che offre sul mercato. Il governo o Stato o P.A. che agisce attraverso la politica economica (monetaria, fiscale, ambientale, ecc..) e attraverso leggi e regolamenti. http://unict.myblog.it
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I tre problemi dell’organizzazione economica a) cosa produrre: stabilire la struttura produttiva del sistema economico (più beni di consumo o più beni di investimento) b) come produrre: stabilire la tecnica produttiva (artigianale, meccanizzata o avanzata). Più lavoratori o più macchine. Quali risorse: petrolio, carbone o il sole? C) per chi produrre: distribuzione del reddito: a chi va il beneficio della produzione (pochi ricchi e molti poveri, industrie con salari alti e industrie con salari bassi). http://unict.myblog.it
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Diversi tipi di sistemi economici â&#x20AC;˘â&#x20AC;&#x2C6; In base al coordinamento delle decisioni dei vari agenti economici distinguiamo:
Economie di mercato (le decisioni avvengono nel mercato attraverso il sistema dei prezzi. Domanda e offerta sono infatti correlate al prezzo) http://unict.myblog.it
Economie pianificate (le decisioni sono centralizzate. Prezzi fissati a livello centrale) 176
In base alla proprietà dei mezzi di produzione:
Economie Capitalistiche (mezzi di produzione di proprietà privata. Le imprese private decidono quanto produrre, quanti lavoratori assumere, ecc.)
Economie socialiste (mezzi di produzione di proprietà pubblica. E’ lo Stato che decide quanto, cosa e per chi produrre, e fissa i prezzi)
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In genere un’economia di mercato è un’economia capitalistica e un’economia pianificata è un’economia socialista. Nella realtà, nel mondo, esistono Economie miste cioè mercato e Stato. Il ruolo dello Stato è quello di eliminare le imperfezioni del mercato, imponendo leggi, offrendo beni, ma soprattutto servizi (istruzione, sanità, ordine pubblico). Esistono anche fallimenti dello Stato. http://unict.myblog.it
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Comunque lo Stato ha un ruolo importante per 1. Aumentare l’efficienza del sistema economico, Favorendo la concorrenza (legge antitrust), Limitando le esternalità negative, Fornendo beni pubblici (istruzione, sanità, difesa..) Regolamentando il prezzo dei monopoli (luce, acqua) 2. Promuovere l’equità nella distribuzione del reddito attraverso diverse aliquote di imposte o trasferimenti in moneta (sussidi alla disoccupazione, agli anziani, ai disabili) 3. Favorire la stabilità economica e la crescita http://unict.myblog.it 179 economica attraverso la politica economica.
Il funzionamento del sistema economico, il c.d. circuito economico o modello economico o flusso circolare dell’attività macroeconomica o flusso circolare del reddito avviene attraverso le interazioni tra Famiglie (o consumatori), Imprese e Governo (o Stato). Le interazioni hanno due aspetti: • reale • monetario http://unict.myblog.it
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Aspetto reale Governo
Beni Famiglie
Imprese Servizi
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Aspetto monetario Governo
Famiglie
Ricavi Salari http://unict.myblog.it
Imprese 182
Gli interrogativi macroeconomici È facile o difficile trovare lavoro? Qual è il volume del reddito nazionale o PIL che l’economia sta producendo? Il tasso di interesse è alto o basso? Il tasso di cambio è favorevole o sfavorevole? Questi interrogativi ci impongono di conoscere alcuni concetti fondamentali. http://unict.myblog.it
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Concetti macroeconomici fondamentali 1.â&#x20AC;&#x2C6; Tasso di disoccupazione = rapporto tra numero di persone in cerca di occupazione (disoccupati) e Forza lavoro (occupati e disoccupati).
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2. Tasso di inflazione Lo calcoleremo quando conosceremo il valore del PIL nominale e reale. L’inflazione, cioè l’aumento generalizzato e continuo dei prezzi, riduce il potere d’acquisto della moneta. L’inflazione penalizza i consumatori, i percettori di reddito fisso, mentre agevola chi ha dei debiti.
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3. La produttività È la quantità media per lavoratore di beni e servizi finali prodotta da una data economia. Se il tasso di crescita della produttività è pari a zero si parla di “società a somma zero”. Ciò significa che se si vogliono, ad es., più beni di consumo bisogna rinunciare a qualche altro bene o servizio. http://unict.myblog.it
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4. Il tasso di interesse. È il costo del denaro. Un tasso di interesse alto danneggia gli investitori, i debitori, e anche il governo, quando, per coprire il bilancio statale in disavanzo, ricorre all’emissione di titoli pubblici (BOT, CCT), contribuendo all’aumento del debito pubblico. I vantaggi sono per il risparmiatore e per la BP relativamente all’entrata di valuta estera per investimenti finanziari. http://unict.myblog.it
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5. Il tasso di cambio È il prezzo di una moneta espresso in termini di un’altra moneta. Es. il cambio Euro-Dollaro è pari a 1-1,03. La variazione del cambio significa apprezzamento o deprezzamento della moneta. Se il cambio €/$ aumenta,l’Euro si apprezza, viceversa, se diminuisce, si deprezza. Se è causato dallo Stato si parla di rivalutazione e svalutazione. Se l’Euro si svaluta saranno danneggiate le importazioni, sopratutto di materie prime, pagate in dollari, e ciò può significare anche inflazione. Ma saranno avvantaggiate le esportazioni. http://unict.myblog.it 188
6. La moneta
È il mezzo di pagamento accettato da tutti negli scambi. È importante il controllo della quantità di moneta in circolazione 7. Il capitale
È l’insieme dei beni durevoli, o mezzi di produzione, cioè quei beni che sono stati prodotti e che servono per produrre altri beni (macchinari industriali, trattori agricoli. Costituiscono capitale pubblico le autostrade, gli edifici pubblici, ecc.. L’aumento del capitale corrisponde a un aumento degli investimenti. http://unict.myblog.it 189
Ricapitolando. L’importanza di questi concetti che sono collegati tra di loro: la specializzazione aumenta l’efficienza produttiva e la produzione; la produzione fa aumentare gli scambi; la moneta rende gli scambi più rapidi e finanzia con i risparmi gli investimenti; l’aumento degli investimenti fa aumentare il reddito, e quindi i consumi e il tenore di vita. http://unict.myblog.it
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Gli “aggregati economici” • • • • • • • •
Il valore della produzione Il livello di reddito I consumi I risparmi Gli investimenti Il disavanzo del bilancio pubblico Le esportazioni Le importazioni
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La frontiera delle possibilità produttive o frontiera della tecnica Essendo scarse le risorse, la possibilità di produzione ha un limite, una frontiera. Il problema è scegliere la quantità dei diversi beni da produrre
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Curva della frontiera delle possibilitĂ produttive
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La possibilità di produzione dipende dalle risorse e dalla tecnologia. In presenza di progresso tecnico, si ha la possibilità di aumentare la produzione di entrambi i beni (la curva si traspone a destra). È questa la situazione dei paesi ricchi. Se si decide di produrre più burro e meno cannoni, tale scelta ha un costo, detto costo-opportunità (il rendimento alternativo delle risorse utilizzate) In tutti i punti della curva il sistema economico è efficiente in senso tecnico, ma può non essere efficiente in senso economico (es. nel punto B) quando non soddisfa le esigenze della collettività. Nel punto G ci sono risorse disoccupate. http://unict.myblog.it
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L’offerta aggregata Per i classici ( la legge di Say o legge degli sbocchi) è l’offerta che crea la domanda. La curva di offerta è verticale. Si produce in piena occupazione. La flessibilità dei prezzi assicura l’equilibrio dei singoli mercati e del sistema. Se aumenta la domanda oltre la piena occupazione, non potendo aumentare l’offerta, aumentano i prezzi e si innesca l’inflazione. Graficamente l’offerta classica, essendo di piena occupazione, è una linea verticale. http://unict.myblog.it
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Nell’analisi Keynesiana il sistema è sempre in equilibrio di sottoccupazione perché la rigidità dei prezzi e dei salari non permette la piena occupazione. Sappiamo che l’offerta si relaziona al prezzo e la curva ha pendenza positiva. Cioè le imprese sono disposte a produrre di più ad un prezzo più alto. La quantità prodotta, cioè l’offerta effettiva dipende poi dal livello della domanda. http://unict.myblog.it
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L’offerta aggregata • Mette in relazione il prezzo e la quantità offerta. È una relazione diretta e la curva ha pendenza positiva
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Nel modello Keynesiano un aumento della quantitĂ offerta , fermo restando il prezzo, traspone a destra la curva di offerta
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Le determinanti dell’offerta 1. Il prezzo 2. Il costo dei fattori produttivi: salari, materie prime ecc.. È in relazione inversa con la quantità offerta 3. La tecnologia o progresso tecnologico Una tecnologia avanzata riduce il lavoro umano e quindi il costo del lavoro, che fa aumentare la produttività e l’offerta 4. Le aspettative sul futuro andamento dei prezzi. Se si attende un aumento dei prezzi aumenta l’offerta http://unict.myblog.it
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5. Le politiche governative Es. le leggi ambientali, che richiedono l’uso di macchinari meno inquinanti ma più costosi, riducono l’offerta. L’aumento delle imposte scoraggia l’offerta. La liberalizzazione degli scambi fra paesi induce le imprese ad offrire di più per abbassare il prezzo e diventare più competitive.
6. Influenze particolari Es. condizioni atmosferiche favorevoli aumentano l’offerta dei beni agricoli. In una zona turistica è più alta l’offerta turistica.
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Equilibrio di mercato globale Si ha equilibrio di mercato quando domanda e offerta sono uguali. Il prezzo corrispondente è il prezzo di equilibrio che soddisfa la domanda e lâ&#x20AC;&#x2122;offerta
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Variazioni dell’equilibrio • Si hanno quando la quantità domandata o offerta variano per una o più determinanti diverse dal prezzo. Si ha una trasposizione delle curve a destra o a sinistra, una variazione di prezzo e un nuovo equilibrio.
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PIL ovvero
ovvero
L’offerta aggregata
La misurazione dell’attività economica La misura di grandezza dell’economia generalmente usata è il PIL (Prodotto Interno Lordo).Vi sono diverse definizioni di PIL in base al metodo di calcolo(VA al costo dei fattori, Reddito nazionale). La più usata è: Il PIL è il valore monetario di tutti i beni e servizi finali prodotti all’interno del paese e venduti correntemente in un anno. - valore monetario: espresso in moneta. - finali: cioè quelli venduti al consumatore e non http://unict.myblog.it all’imprenditore che li utilizza come beni intermedi. 205 - prodotti all’interno del paese: sia da italiani che da
- venduti: contabilmente tutti i beni e servizi risultano venduti. La parte non venduta costituiscono le scorte, inglobate negli investimenti. Come se comprate dallâ&#x20AC;&#x2122;impresa. - correntemente: ai prezzi di mercato. - in un anno: ma anche mensile o semestrale. Essendo valutato in moneta lo chiameremo PIL nominale. Il PIL nominale si ottiene sommando i valori di tutti i beni e servizi effettivamente prodotti e venduti. Q= quantitĂ prodotta P= prezzi
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Il PIL non è un indicatore perfetto in quanto: - trascura le transazioni a titolo gratuito: produzione per l’autoconsumo, lavoro delle casalinghe, il prodotto del tempo libero (dipinti, ricami). - non considera gli effetti collaterali indesiderati: cioè i danni al benessere individuale e sociale e i danni ambientali (es. inquinamento,un incidente stradale). - non considera il deprezzamento del capitale naturale, o capitale ambientale, anzi lo considera una componente positiva. Es. la costruzione di una strada aumenta il PIL ma non si sottrae il valore del terreno se era adibito ad altro uso. Si trascura poi completamente la perdita del capitale naturale (la ‘produzione’ di materie prime non rinnovabili non è altro che ‘vendita’ di capitale http://unict.myblog.it 207 naturale e quindi impoverimento).
- considera il valore dei servizi pubblici uguale al costo di produzione, non avendo questi servizi un prezzo di mercato ed essendo erogati gratuitamente (sanità, istruzione). Il loro valore effettivo è più alto. - l’economia sommersa: la parte di attività non dichiarata, riguardante sia le attività legali per evadere il fisco (totalmente o in parte- vedi scontrini di acquisto), sia illegali (traffico stupefacenti, gioco d’azzardo).Lo Stato cerca di far riemergere le attività legali. C’è da dire che la P.A. non contribuisce alla formazione del PIL per quanto riguarda i trasferimenti pubblici (contributi, sussidi, pensioni) e gli interessi sul debito pubblico. Questi vengono contabilizzati nel Bilancio pubblico ufficiale da parte del Tesoro. http://unict.myblog.it 208
Critica al PIL come indicatore di benessere. Non ha effetti diretti sul benessere della collettività. Li ha solo se si traduce in sviluppo economico (istruzione, sanità, trasporti, ecc.). Il PIL indica solo la crescita economica, cioè la crescita dal punto di vista quantitativo, mentre lo sviluppo indica la crescita qualitativa. Il PIL misura il potere d’acquisto, la potenza economica di un paese soprattutto nella competizione internazionale. Nonostante le imperfezioni il PIL è la misura dell’attività economica a cui si fa riferimento. http://unict.myblog.it
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PIL PRO-CAPITE Un indicatore di riferimento per esprimere il benessere è il PIL pro-capite (PIL medio per abitante).Neanche questo è un indice affidabile in quanto vi è confusione nel calcolo statistico (es. di riferimento le due persone che mangiano il famoso pollo). Viene chiamato in causa il problema della distribuzione del reddito. Il PIL pro-capite ci dice che tutti hanno lo stesso reddito. Come indicatore di benessere è superato in quanto oggi per benessere si intende “lo sviluppo integrale della persona”, il “ben-essere”, lo star bene, a cui contribuiscono, oltre il reddito, altri fattori non monetari: http://unict.myblog.it 210 salute, istruzione, durata della vita, tempo libero.
Dal PIL al PNL al REDDITO
NAZIONALE
AL
REDDITO DISPONIBILE Il PIL si basa sul criterio di territorialità: computa il valore dei beni e servizi prodotti nel territorio nazionale, sia dagli italiani che dagli stranieri non residenti che lavorano in Italia. Il PNL si basa sul criterio di nazionalità: computa il valore dei beni e servizi prodotti da tutti i connazionali (lavoratori o imprenditori), sia che lavorino in Italia che all’estero, ma che hanno la residenza in Italia. Il PNL è cioè il PIL corretto per i flussi di reddito netti dal resto del mondo e rappresenta il totale dei redditi percepiti dai fattori produttivi (capitale utili- e lavoro http://unict.myblog.it 211 rimesse), impiegati sia in Italia che all’estero.
La differenza tra PIL e PNL è diversa da paese a paese in base al rapporto tra emigrazione ed immigrazione . I paesi con forte immigrazione e i paesi che attirano capitali dall’estero avranno un PIL maggiore del PNL. In un’economia chiusa il PIL è uguale al PNL. Comunque, la differenza tra PIL e PNL è esigua, per cui se ne può parlare indifferentemente. L’aggettivo lordo indica che è comprensivo degli ammortamenti. Vediamo come si arriva al concetto di REDDITO NAZIONALE e al REDDITO DISPONIBILE delle famiglie: http://unict.myblog.it
212
PNL meno
beni intermedi
PIL o VA
(somma dei Valori Aggiunti ai prezzi di mercato)
meno
ammortamenti
PIN o RNN meno più
meno più
(ai prezzi di mercato)
imposte indirette sovvenzioni pubbliche alle imprese (o contributi sociali alla produzione) PIN o REDDITO NAZIONALE NETTO o VA (al costo dei fattori) imposte dirette trasferimenti dallo Stato alle famiglie REDDITO DISPONIBILE
http://unict.myblog.it Affrontando problemi macroeconomici, la differenza tra PNL, PIL e RN è esigua. Pertanto, di solito, si usano indifferentemente.
213
Come si origina il reddito nazionale, il PIL Si origina dalla produzione Settori produttivi (agricolturaindustria-servizi)
utilizzano e trasformano
Beni intermedi (materie prime, semilavorati)
ottengono PNL (Q):quantitĂ di beni e servizi in termini monetari
PNL = Q x P http://unict.myblog.it
214
Come si calcola il PIL. Diversi metodi: 1) METODO DEI FLUSSI DI PRODOTTO O DELLA PRODUZIONE O DEL VALORE AGGIUNTO. E’ visto dal lato della produzione di ogni settore. E’ il valore che si aggiunge ad ogni fase della produzione. Settore agricolo produce il grano Settore industriale produce farina e pane Settore commerciale vende il pane PNL
PIL = Q x P - beni intermedi http://unict.myblog.it
215
Esempio: due imprese Mugnaio produzione costi (farina) 50
Fornaio produzione costi (pane)
-grano 10 -salari 20
100
-farina 20 -salari 40
Qualâ&#x20AC;&#x2122; è il PIL di questa economia? http://unict.myblog.it
216
Il mugnaio ha prodotto Euro 50 meno i beni intermedi “ 10 PIL del mugnaio “ 40 Il fornaio ha prodotto meno i beni intermedi
PIL del fornaio
100 20 “ 80 PIL TOTALE
40
80 120
Euro
Il paese ha prodotto 50 + 100=150 (PNL) meno i beni intermedi ( 30) si ottiene il PIL ( 120). 120 non è altro che il Valore Aggiunto del mugnaio e del fornaio - PIL: valore del prodotto ai prezzi di mercato - VA: “ “ “ al costo dei fattori http://unict.myblog.it 217
2) METODO DEI REDDITI O DEI COSTI: Il PIL viene visto dal lato dei redditi che la produzione ha generato per chi ha partecipato alla produzione, redditi che costituiscono costi per l’impresa. Il PIL o VA (120) è il costo dell’impresa per pagare salari (W), interessi (capitale), ammortamenti, imposte indirette e, il valore residuo,costituisce il profitto dell’imprenditore (Pr). Questi costi, tranne il salario, costituiscono il “Risultato lordo di gestione” (R). W R
salari e stipendi - interessi - Profitti (Pr) - ammortamenti http://unict.myblog.it - imposte indirette nette (nette da eventuali trasferimenti)
218
Per cui:
Essendo i profitti (Pr) la parte più significativa di questo gruppo di costi:
valore del Prodotto nazionale
reddito distribuito Reddito nazionale
Essendo W e Pr redditi per i lavoratori e gli http://unict.myblog.it 219 imprenditori e costi per l’impresa, questo metodo è detto dei costi o dei redditi..
ES.
Costi del mugnaio e Redditi dei lavorat
Salari Euro 20 Profitti Euro 20(50-costi totali(30) 40 120
Costi del fornaio e Redditi dei lavorat. 40 Euro 40(100-costi totali(60) 80 Euro
I due metodi sono equivalenti, identici. Sono visti da due punti di vista diversi: dal lato della produzione e dal lato del reddito che la produzione ha generato. Dire Prodotto nazionale o Reddito nazionale o PIL è la stessa cosa, e ciòhttp://unict.myblog.it è reso possibile in quanto il 220
L’OFFERTA AGGREGATA Il prodotto nazionale, cioè la quantità di beni e servizi prodotti, rappresentano le RISORSE DISPONIBILI, ovvero L’OFFERTA AGGREGATA, risorse che aspettano di essere impiegate, cioè domandate. In un’economia aperta, le risorse disponibili sono date dalla produzione interna e dalle importazioni (M). Per cui: RISORSE DISPONIBILI = PNL + M meno i beni intermedi in termini monetari si ha il PIL
http://unict.myblog.it
221
PIL = W + Pr redditi percepiti da chi ha contribuito alla produzione, cioè
Reddito nazionale (Y)
Per cui:
OFFERTA AGGREGATA = Y + M (RISORSE DISPONIBILI) http://unict.myblog.it
222
IMPIEGO DELLE RISORSE DISPONINBILI OVVERO
LA DOMANDA AGGREGATA Le risorse disponibili vengono vendute sia all’interno del paese (domanda interna) che all’estero (domanda estera). Insieme formano la domanda aggregata o globale, che è formata da: - C (domanda di beni di consumo e servizi) - I (domanda di beni di investimento - imprese private) - G (domanda della PA: Cg e Ig)(utilizzando fondi pubblici la chiameremo Spesa pubblica) http://unict.myblog.it 223 - E (domanda estera - esportazioni)
Ora, le risorse disponibili (offerta) e le risorse impiegate (domanda) sono contabilmente uguali, come abbiamo detto, per lâ&#x20AC;&#x2122;esistenza delle,scorte.Per cui: OFFERTA AGGREGATA = DOMANDA AGGREGATA (Risorse disponibili) (Risorse impiegate) Y+M = C+I+G+E Per conoscere il PIL, o Reddito nazionale, isoliamo Y:
Y=C+I+G+E-M Eâ&#x20AC;&#x2122; questo il nostro modello macroeconomico. http://unict.myblog.it
224
Equazione di equilibrio del sistema economico (per Keynes è un equilibrio di sottoccupazione) Domanda interna domanda estera(X)
Y=C+I+G+E-M
• PIL • o Valore aggiunto • Risorse impiegate lordo monetario • o Domanda globale o aggregata • o Reddito nazionale • o Spesa globale o aggregata • o Offerta globale o aggregata http://unict.myblog.it
225
La domanda aggregata è detta anche Spesa aggregata o globale in quanto ad ogni domanda di C, I, G, X è collegata la relativa spesa per C, I, G, X. Ricapitolando: il PIL, o reddito nazionale, viene distribuito a chi ha partecipato alla produzione che, a sua volta lo spende per acquistare beni e servizi, formando il famoso flusso circolare del reddito, cioè la consueta relazione prodotto-reddito-spesa. Domanda e offerta si alimentano a vicenda:più alta è la produzione(Q) maggiore sarà Y, il reddito distribuito e la domanda globale. Così come più alta è la domanda globale(C,I,G,X) maggiore sarà il reddito nazionale(Y). http://unict.myblog.it 226
REDDITO DISPONIBILE Eâ&#x20AC;&#x2122; il reddito di cui i consumatori dispongono (dopo aver pagato le imposte e i contributi sociali obbligatori) e che ripartiscono tra consumi (C) e risparmi (R).
Y=C+R Questa relazione ci serve per costruirci una fondamentale condizione di equilibrio del sistema economico: uguaglianza tra risparmi e investimenti R=I Dimostrazione:
equilibrio sistema economico: Y=C+I http://unict.myblog.it reddito disponibile: Y=C+R
227
PIL reale è il valore dei beni e dei servizi prodotti e valutati a prezzi costanti, cioè ai prezzi che quei beni e servizi avevano in un anno base, scelto arbitrariamente. È cioè l’indice della quantità di beni e servizi effettivamente prodotti. Cioè è il PIL nominale deflazionato, cioè depurato dell’aumento dei prezzi. Il PIL reale può essere anche espresso:
http://unict.myblog.it
228
Deflatore del PIL È un indice che indica il livello generale dei prezzi (P). Esso ci dice quanta parte del PIL nominale è attribuibile a variazioni di prezzo anziché a variazioni di produzione.
Q P PIL pizze pizze nominale
PIL reale Deflatore
2001
100
2
200
200
1
2002
150
4
http://unict.myblog.it 300 600
2
229
• Nell’anno base il PIL nominale e il PIL reale sono identici • Quindi il deflatore dell’anno base è sempre uguale a 1 • Il deflatore dell’anno 2002 ci dice che P è aumentato di 2 volte
Es. http://unict.myblog.it Su base percentuale il tasso di inflazione è del 100%230
Conviene avere un PIL reale né troppo basso né troppo alto Perché? Un PIL reale troppo basso è comprensibile: bassa produzione, disoccupazione, basso tenore di vita Un PIL reale troppo alto rischia di innescare l’inflazione, perché un’eccessiva produzione e occupazione tende: • A fare aumentare i salari e quindi i costi di produzione • A fare aumentare la domanda di beni di consumo Tra PIL reale alto e PIL reale basso esiste un compromesso che consiste nel tenere il PIL reale a quel livello che si combina con la costanza del tasso di inflazione. È il PIL reale naturale, che è uguale al PIL 231 reale effettivo quandohttp://unict.myblog.it il tasso di inflazione è costante
Le fluttuazioni economiche o cicli economici Le serie storiche dell’andamento del PIL mostrano: • Nel lungo periodo un andamento crescente (nei Pi) • Nel breve periodo un’economia che oscilla tra periodi di espansione e periodi di depressione, più o meno prolungati e di ampiezza diversa, chiamati cicli economici. Il ciclo economico si può definire il cambiamento nelle condizioni dell’ attività economica, cioè http://unict.myblog.it le variazioni del PIL reale232 nel breve periodo.
http://unict.myblog.it
233
La variabile che di solito viene tenuta sotto controllo per monitorare le fluttuazioni dell’attività economica nel breve periodo è il PIL reale. Ma, durante il ciclo,espansivo o recessivo, tutte le variabili macroeconomiche sono interessate al cambiamento,anche se in misura differente. In sincronia, infatti,variano il Reddito (generato dalla produzione), i profitti aziendali, i consumi, gli investimenti, la produzione, l’occupazione, il livello generale dei prezzi, il tasso d’interesse.
http://unict.myblog.it
234
Es. nella fase recessiva le caratteristiche tipiche sono: • Riduzione del PIL reale. • Riduzione dei consumi e aumento delle scorte. • Riduzione degli investimenti e della produzione. • Riduzione della domanda di lavoro (disoccupazione). • Riduzione di domanda di materie prime e relativi prezzi. • Riduzione dei profitti delle imprese (che, di solito, per la sfiducia e le previsioni pessimistiche, fanno scendere i prezzi delle azioni e tutti cercano di disfarsene). • Riduzione dei tassi di interesse (a causa della ridotta domanda di crediti per investimenti). • Riduzione dell’inflazione (per carenza di domanda). • Difficilmente diminuiscono i salari (il livello raggiunto resta invariato). http://unict.myblog.it 235
Le teorie del ciclo economico Qual è la causa dei cicli economici, cioè dello spostamento della domanda e offerta aggregata? (graficamente le due curve si spostano a sinistra, nella fase recessiva, e a destra, nella fase espansiva). Disaccordo fra gli economisti e varie teorie: • Teorie esogene: cicli causati da fattori esterni al sistema economico: prezzo del petrolio, migrazioni, progresso tecnico, guerre, elezioni politiche, ecc.. • Teorie endogene: cicli causati da meccanismi all’interno del sistema economico. http://unict.myblog.it
236
Es.: due meccanismi interni che innescano una fase espansiva: • Il moltiplicatore degli I: ∆I amplifica ∆y. • L’acceleratore del reddito: ∆y amplifica ∆I, in quanto aumentano le aspettative degli imprenditori che investono più dell’aumento del reddito in produzione, acquisto di macchinari tecnologicamente avanzati e in ricerca scientifica. Questi due meccanismi interni innescano una fase espansiva fino alla piena capacità produttiva, oltre la quale scatta l’inflazione e il processo va a ritroso verso la depressione. http://unict.myblog.it
237
L’attribuzione della causa dei diversi economisti • P. Samuelson: cause endogene (teorie del moltiplicatore-acceleratore). • W Nordhaus-M. Kalecki: cause politiche, cioè manovre monetarie e fiscali da parte di politici che vogliono essere rieletti (teoria politica). • M. Friedman: cause monetarie: aumento o riduzione dell’offerta di moneta e del credito attraverso la manovra di i (teoria monetarista). • R. Lucas-R. Barro: la causa è l’offerta di lavoro chepercependo erroneamente le variazioni di prezzi e salari- si riduce in una fase di recessione, rinunciando al posto di lavoro che dà salari più bassi di quelli http://unict.myblog.it 238 percepiti.
• J. Schumpeter P. Long e altri: la causa è la variazione dell’offerta (approccio classico) per la variazione della produttività in uno o più settori o per un clima di incertezza. (teoria del ciclo economico reale). • R. J. Gordon:: la causa è la variazione della domanda aggregata (Es. shock petrolifero)(causa esogena). Ognuna di queste teorie non può essere generalizzata né applicata a tutte le realtà economiche e a tutti i periodi storici. In effetti, nella realtà esse coesistono e portano tutte a variazioni della domanda e dell’offerta aggregata. Il modello che generalmente si utilizza per spiegare i cicli economici è infatti il modello di domanda e 239 http://unict.myblog.it offerta aggregata.
Previsione dei cicli economici Non si possono prevedere con certezza i cicli economici, anche se esistono economisti specializzati, gli econometristi, che attraverso la costruzione di modelli econometrici e lâ&#x20AC;&#x2122;utilizzo di dati storici possono proiettare nel futuro importanti variabili economiche. I primi econometristi furono Jan Timbergen e Laurance Klein. http://unict.myblog.it Lâ&#x20AC;&#x2122;econometria è una disciplina universitaria.
240
La domanda globale ovvero
La determinazione del reddito Quali sono le forze che determinano il livello del reddito? Il reddito dipende dal livello della domanda globale. Bisogna distinguere - in base alle disponibilità delle risorse dell’economia – tra il breve e il lungo periodo Nel lungo periodo c’è la possibilità di aumentare le risorse attraverso l’applicazione del progresso tecnico, l’aumento della Forza lavoro e l’aumento del capitale (beni di investimento). http://unict.myblog.it
241
Nel breve periodo il progresso tecnico e la disponibilità delle risorse sono dati. Così, se si vogliono aumentare gli investimenti per aumentare la produzione si devono distogliere risorse da altri settori. Nel breve periodo la domanda dipende dal livello generale dei prezzi. Keynes mise al centro della sua analisi la domanda globale effettiva.
È la domanda che crea l’offerta. Alcune precisazioni sulla relazione
Y = http://unict.myblog.it C+I+G+E-M
242
(PIL)
Questa relazione riguarda i programmi di spesa e di produzione, che sono decisioni ex-ante. http://unict.myblog.it
243
Nella realtà le decisioni di produzione delle imprese e le decisioni di spesa delle famiglie e del Governo sono indipendenti, per cui potrebbe non aversi l’equilibrio. Eppure, la contabilità nazionale ci presenta questa relazione sempre come una identità in quanto è una rilevazione ex-post. Perché? Un ruolo riequilibratore è svolto dagli I, in particolare della parte di I in scorte (di solito di prodotti finiti), che, da un lato, fanno parte dei programmi di investimento, dall’altro,le scorte effettive fanno parte degli investimenti. http://unict.myblog.it
244
Se Y>C+I • Aumentano le scorte • Che si incorporano in I • Aumenta I • Equilibrio ex-post
o
http://unict.myblog.it
Y<C+I • Diminuiscono le scorte • Aumenta C • Equilibrio ex-post
245
Il modello di domanda aggregata (DA) e di offerta aggregata (OA) Questo modello considera due variabili: • Il PIL reale, cioè la produzione di beni e servizi (Q) (variabile reale). • Il livello generale dei prezzi (P) misurato dall’IPC o dal deflatore del PIL (variabile monetaria). In questo modello abbandoniamo la dicotomia classica, cioè la neutralità della moneta, il che può essere valido nel lungo periodo, ma nel breve periodo la moneta non è neutrale: variabili monetarie e reali sono correlate. Secondo questo modello P e Q si aggiustano per portare in equilibrio http://unict.myblog.it domanda e offerta aggregata246
• Il modello di DA e OA non deve confondersi con il modello di domanda e offerta di mercato: – Nel modello di domanda e offerta di mercato le risorse possono muoversi da un mercato all’altro (dei beni, del lavoro, ecc..). Es. aumenta il prezzo del gelato e compro babà. Smetto di fare il rappresentante e lavoro in banca. – Nel modello di DA e OA questa sostituzione microeconomica non ha senso in quanto il PIL reale comprende tutti i beni e servizi prodotti in tutti i settori dell’economia. (o compro gelato o compro babà il consumo totale è uguale; o faccio il rappresentante o lavoro in banca, contribuisco al PIL). http://unict.myblog.it 247
La teoria macroeconomica Keynesiana della
domanda globale o aggregata
La domanda aggregata (DA) è la quantità di beni e servizi prodotta, ovvero la spesa complessiva prevista per tutti i settori economici. Le componenti della DA sono:
– C dipendenti dal Reddito e su cui la politica economica può incidere attraverso le aliquote d’imposta.
– I componente autonoma, dipendente da i e su cui il Governo può incidere attraverso la politica monetaria.
– G componente autonoma, dipendente dalle decisioni politiche di spesa pubblica.
– E dipendenti dai redditi esteri, dai prezzi relativi e dai tassi di cambio.
– M dipendenti dal reddito interno, dai prezzi relativi e dai248 tassi http://unict.myblog.it di cambio.
Graficamente la curva di DA mette in relazione il PIL reale e il livello dei prezzi (P). Ha pendenza negativa ed è la somma delle sue componenti.
http://unict.myblog.it
249
Come agisce il livello dei prezzi sulla quantità domandata per C, I, X? Consideriamo una riduzione dei prezzi. • Livello dei prezzi (P) e consumo (C): l’effetto ricchezza. Una riduzione di P aumenta il potere d’acquisto della moneta e aumenta C. • Livello dei prezzi (P) e investimenti (I): l’effetto tasso di interesse. Una riduzione di P fa aumentare C ma anche R, cioè l’offerta reale di moneta (offerta nominale). P I maggiori risparmi, o depositati in banca o utilizzati per acquistare obbligazioni (titoli) aumentano la disponibilità monetaria per finanziare gli I e fanno abbassare il tasso di http://unict.myblog.it 250 interesse, che stimola I.
• Livello dei prezzi (P) ed esportazioni nette (X): l’effetto tasso di cambio. Una riduzione di P, abbassando il tasso di interesse spinge verso la fuga di capitali all’estero per investimenti finanziari attraverso i Fondi comuni di investimento. Aumenta la domanda di valuta estera, es. $, il cui prezzo aumenta, cioè il dollaro si apprezza e l’Euro si deprezza, (si svaluta) e il cambio €/$ diminuisce. (Es. €/$=1 adesso €/$=0,9). Con un € svalutato aumentano le esportazioni (E) e diminuiscono e importazioni (M). Le esportazioni aumentano anche direttamente per il mutato rapporto tra i prezzi interni ed esteri. http://unict.myblog.it
251
Tra livello dei prezzi e domanda globale la relazione è inversa.
http://unict.myblog.it
252
Gli altri fattori che spostano la curva di DA sono diversi: • Manovre di Monetaria. Es aumento offerta di moneta riduzione di i aumento di I politica economica Fiscale. Es. aumento di G o riduzione di T aumento di C
• Aumento o riduzione della PMC • PIL estero: un aumento fa aumentare le nostre esportazioni (E) • Progresso tecnico: se applicato fa aumentare I e C. Es. cellulari. • Valori delle attività patrimoniali: se un immobile o un’azione vale di più, si è più ricchi e aumenta C. • Varie: accordi di libero scambio, la fine della guerra fredda, accrescendo la http://unict.myblog.it fiducia stimolano I e C. Gli eventi 253 bellici li scoraggiano.
La contabilitĂ dei flussi finanziari Nella contabilitĂ nazionale vi sono e
Conti economici Rilevano le transazioni connesse con la produzione, distribuzione, redistribuzione e impiego del reddito
conti finanziari Rilevano le transazioni monetarie e finanziarie
Sia nei rapporti interni che nei rapporti con lâ&#x20AC;&#x2122;estero http://unict.myblog.it
254
Esempi di conti finanziari: le famiglie depositano soldi in banca; le imprese risparmiano per autofinanziarsi o ricorrono al finanziamento bancario o allâ&#x20AC;&#x2122;emissione di azioni o obbligazioni; il Governo attraverso T e G crea movimenti finanziari; nei rapporti con lâ&#x20AC;&#x2122;estero investimenti diretti e investimenti finanziari.
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255
L’offerta aggregata (OA) • L’offerta aggregata ci indica la quantità di beni e sevizi che le imprese desiderano produrre e vendere per ogni dato livello di prezzo. • La relazione tra P e Q dipende dall’orizzonte temporale (lungo e breve periodo). • Nel breve periodo l’OA dipende dal prezzo. • Nel lungo periodo sull’OA influiscono anche le altre condizioni di mercato:offerta di lavoro, capitale,risorse naturali e tecnologia produttiva disponibile. • La curva di OA è una linea verticale quando si produce a livello di pieno impiego. http://unict.myblog.it
256
Per Keynes comunque la piena occupazione, e quindi la curva di OA verticale, è un’eccezione. Il lungo periodo è visto come la somma di periodi brevi.Ogni periodo è breve. Per Keynes nel lungo periodo si ha un aumento del PIL. Infatti, il PIL del 1970 è maggiore del PIL del 1950; il PIL del 2000 è più alto del PIL del 1970.Ma ci sono sempre disoccupazione e risorse produttive inutilizzate. Si ha sempre un equilibrio di sottoccupazione. Per i classici, invece, la normalità, anche nel breve periodo, è l’equilibrio di piena occupazione. Nel breve periodo quindi il PIL, o OA: - per i classici non dipende dal prezzo. http://unict.myblog.it - per Keynes dipende dal livello dei prezzi.
257
-Livello naturale di produzione -O livello potenziale del PIL http://unict.myblog.it
-O livello di pieno impiego
258
La curva di OA, sia verticale che con pendenza positiva, si sposta se variano: • La forza lavoro (N) se aumenta, la curva si sposta a destra. • Il capitale: Se aumenta lo stock di capitale fisico (I) o il capitale umano (N laureati o specializzati), aumenta la produttività e aumenta Q. La curva si sposta a destra. • Le risorse naturali (terra, clima, materie prime): l’aumento fa spostare la curva a destra. • Le conoscenze tecnologiche: è una importante causa che influenza l’OA. Grazie alle invenzioni di nuovi prodotti e processi produttivi la produzione può aumentare. http://unict.myblog.it
259
• Altri Eventi: – Es, l’apertura agli scambi internazionali che, permettendo una specializzazione internazionale del lavoro (che riduce i costi di produzione) e usufruendo di un mercato internazionale più vasto, fa aumentare la produzione mondiale. In un singolo paese la parte di beni importati (M) fa aumentare le risorse disponibili, cioè l’OA. http://unict.myblog.it
260
La curva di OA di breve periodo. Modello Keynesiano Nel breve periodo (2-3 anni) la curva di OA ha pendenza positiva, cioè l’offerta è influenzata da P, che è un livello di prezzi atteso.. Ad un prezzo più alto le imprese sono disposte a offrire di più. E ciò perché nel breve periodo sono dati il livello della domanda, i salari (w), la produttività del lavoro (π), gli altri costi e le altre condizioni.
http://unict.myblog.it
261
Equilibrio macroeconomico Si ha dall’incontro tra DA e OA.
Se il prezzo fosse 200 si avrebbe una domanda inferiore all’offerta. Le imprese ridurrebbero la quantità prodotta e i prezzi fino a raggiungere di nuovo l’equilibrio E. http://unict.myblog.it
262
Se nel breve periodo all’aumentare di P aumenta Q, nel lungo periodo gli altri fattori possono variare. Es. ogni tre anni quando vengono negoziati i contratti di lavoro, i salari aumentano se i prezzi sono aumentati. Fino ad allora l’OA aumenta all’aumentare dei prezzi attesi. Nel momento in cui aumentano i salari, le imprese aumentano ulteriormente i prezzi per coprire i maggiori costi, ma aumentano anche la produzione perché (siamo già nel medio-lungo periodo) la domanda aumenta, ci sono aumenti di capitali e di forza lavoro, o una politica monetaria e fiscale espansiva. Nel lungo periodo la curva di domanda e offerta si sposta verso l’alto, fissando prezzi e produzione più elevati. http://unict.myblog.it
263
http://unict.myblog.it
264
La funzione del consumo è un’innovazione Keynesiana
Il consumo (C) è stato considerato da Keynes una componente importante nella determinazione della domanda effettiva, in quanto più stabile rispetto agli I, perché si basa sulla legge di decrescenza della propensione marginale al consumo (c). La PMC decresce all’aumentare del reddito. Propensione marginale al consumo misura di quanto varia il consumo al variare di 1 euro di reddito. c ha un valore compreso fra 0 e 1 0<c<1 .
Essa è più alta tra i percettori di redditi più bassi, e265 http://unict.myblog.it viceversa.
Da cosa dipende il Consumo? Esso dipende dal reddito disponibile (RD): reddito percepito meno le tasse (T). Reddito e consumo hanno un trade-off positivo. Il consumo aumenta in maniera meno che proporzionale allâ&#x20AC;&#x2122;aumento del reddito Esiste una parte di consumo indipendente dal reddito (C0) che chiameremo consumo autonomo. Funzione del consumo
http://unict.myblog.it
266
Graficamente:
http://unict.myblog.it
267
All’interno di questa funzione del consumo vi è la spesa per l’acquisto di diversi beni e il comportamento dei singoli consumatori. Lo statistico Engel ha osservato che regolarmente si verifica che all’aumentare del reddito aumenta la spesa per il consumo di un bene (bene normale) e diminuisce quella di un altro bene(bene inferiore). http://unict.myblog.it
268
Per la presenza di C0 la curva non parte mai dallâ&#x20AC;&#x2122;origine. La pendenza della curva dipende dalla propensione marginale al consumo. Es. Y=100 c=0,8 C=100 x 0,8 =80
Y=200
c=0,7
C=200 x 0,7 =140
http://unict.myblog.it
269
La funzione del risparmio Per Keynes il risparmio è un valore residuo.
Propensione marginale al Risparmio (PMR), r o
La PMR è crescente all’aumentare del reddito. La funzione del risparmio è http://unict.myblog.it
270
Graficamente: Funzione del risparmio
http://unict.myblog.it
271
La funzione del risparmio è una curva crescente. Essa aumenta in maniera più che proporzionale all’aumento del reddito in quanto la PMR aumenta in conseguenza del fatto che la PMC diminuisce all’aumentare del reddito. ES. Reddito
PMC
Consumo
PMR
Risparmio
100
0,8
80
0,2
20
200
0,7
140
0,3
60
300
0,6
180
0,4
120
http://unict.myblog.it
272
Il concetto di propensione marginale, al consumo e al risparmio, è molto importante in macroeconomia per la politica economica. Il livello del Consumo nazionale è importante perché influenza gli Investimenti e l’occupazione. Il livello del risparmio nazionale è importante perché rappresenta la risorsa che finanzia gli Investimenti. Il Governo può pilotare il livello di C e di R con una politica fiscale. • Se vuole aumentare il C aumenta il RD dei percettori dei redditi bassi. (che hanno c più alta) • Se vuole aumentare il R aumenta il RD dei percettori dei redditi alti. (che hanno r più alta) Keynes fa dipendere C ed R dal Reddito http://unict.myblog.it 273 R dal tasso di interesse (i) I classici fanno dipendere
Alla fine del secondo conflitto bellico le statistiche sul consumo riferite a serie storiche di lungo periodo, hanno mostrato che la PMC non era decrescente, ma stabile e a volte crescente rispetto al reddito. L’evidenza empirica portò molti economisti a formulare delle teorie che abbandonano il reddito corrente per spiegare queste tendenze. La teoria del reddito relativo di Duesenberry (effetto di dimostrazione o di imitazione). Parte dall’ipotesi che il Consumo dipende non solo dal livello assoluto del reddito, ma anche dal reddito relativo, cioè relativo al reddito delle altre famiglie. Se gli altri hanno un Reddito e un Consumo più alti si cerca di imitarne ihttp://unict.myblog.it consumi. 274
•
La teoria del ciclo vitale del consumo e del risparmio di F. Modigliani. Gli individui programmano le proprie decisioni di consumo e di Risparmio in modo da garantirsi un livello di Consumo soddisfacente e uniforme per tutto l’arco della vita. Durante l’età lavorativa si avrà una PMC rispetto al reddito più bassa, mentre durante l’età pensionabile si avrà una PMC rispetto alla pensione più alta. Le società soggette a un rapido invecchiamento (Italia, Giappone) vedranno un aumento della PMC e una diminuzione della PMR. http://unict.myblog.it
275
•
La teoria del reddito permanente di M. Friedman
Il consumo attuale viene influenzato non solo dal reddito presente ma anche dal reddito permanente, o reddito vitale, passato e futuro atteso. Il reddito passato comprende altri redditi già esistenti (affitto di un appartamento) Il reddito futuro atteso comprende il reddito che si pensa di percepire in futuro in base all’età, alla capacità professionale, a un’ eventuale eredità. http://unict.myblog.it
276
Gli Investimenti Per Investimenti si intende la domanda, e la corrispettiva spesa, delle imprese per l’acquisto di mezzi di produzione durevoli addizionali, cioè in aggiunta alla capacità produttiva esistente. Investimenti fissi (macchinari, impianti e attrezzature in genere) Investimenti mobili (mezzi di trasporto, computer) Nel settore turistico non c’è un’unica impresa che investe in turismo, mahttp://unict.myblog.it tante imprese in settori diversi: 277 ristorazione, trasporto, agenzie di viaggio.
L’aumento della capacità produttiva può assumere due forme: 1) Aumento di dotazione di beni capitale con caratteristiche tecniche uguali a quelli già in funzione (Investimento estensivo) 2) Sostituzione di vecchi beni capitali con beni che incorporano un progresso tecnico (Investimento intensivo)
http://unict.myblog.it
278
Gli I hanno un duplice ruolo: 1) Nel breve periodo contribuiscono all’aumento della produzione e del PIL, influendo sui cicli economici 2) Nel lungo periodo contribuiscono alla crescita economica, cioè a un continuo aumento del PIL negli anni, cioè all’accumulazione di capitale http://unict.myblog.it
279
• Investimenti privati (che comprendono anche le scorte) sono quelli effettuati dai soggetti economici privati. Comprendono anche gli I nel settore turistico. • Investimenti pubblici sono effettuati dai soggetti economici pubblici. Li troviamo nella componente G (spesa pubblica) della domanda aggregata (insieme ai consumi pubblici). Comprendono anche gli I pubblici nel settore turistico. • Investimenti esteri sono effettuati da cittadini Italiani all’estero o da cittadini esteri in Italia. Li troviamo nel saldo della BP. Nella nostra equazione di equilibrio, i primi riducono gli investimenti privati I e il PIL, i 280 secondi li aumentano.http://unict.myblog.it
Da che cosa dipendono gli investimenti? • Dal profitto, cioè dalla comparazione tra costi e ricavi.
I
Costi (tasso di interesse) Ricavi (C) Aspettative di vendita e di profitto
• I costi si conoscono. Sono il prezzo di acquisto dei beni capitale. Essi vengono equiparati al tasso di interesse (i), che è il costo del capitale investito, sia preso a prestito che proprio (costo-opportunità). I costi sono valori attuali. • I ricavi. Più problematica è la conoscenza dei http://unict.myblog.it 281 rendimenti futuri, o rendimenti attesi.
Per rendere comparabili costi attuali e rendimenti futuri la matematica finanziaria ci aiuta a trasformare in valore attuale i rendimenti futuri. Keynes definisce Efficienza Marginale dell’Investimento (EMI) il rendimento percentuale (di 1 euro) dell’investimento (r), cioè quanto rende 1 euro di investimento in più, così come i rappresenta il costo percentuale di 1 euro preso in prestito. L’investimento conviene quando r≥i http://unict.myblog.it
282
Nelle decisioni di Investimento, oltre alla comparazione tra costi e ricavi, che è un calcolo matematico, influiscono anche le aspettative, cioè quell’elemento di incertezza che rende gli I la componente più instabile della domanda aggregata e i maggiori responsabili dei cicli economici. L’incertezza nelle decisioni di investimento è stata sottolineata da Keynes, facendola dipendere dalla psicologia dell’investitore (ottimismo o pessimismo) http://unict.myblog.it
283
Le aspettative dipendono da molti fattori: • Le relazioni industriali (possibilità di usufruire di lavoro straordinario, di operare più turni, ecc..) • L’andamento dei prezzi • L’andamento dei salari • La fiducia nelle istituzioni (se l’ideologia politica dominante al governo è favorevole all’aumento degli investimenti) • L’e-commerce (che può incrementare le vendite) • Lo stato in cui si trova il sistema economico (se in uno stato espansivo incoraggia gli investimenti). http://unict.myblog.it
284
Essendo la nostra unâ&#x20AC;&#x2122;analisi di breve periodo, dove le aspettative e i consumi ( la domanda) si considerano immutati, concludiamo che gli Investimenti dipendono dal tasso di interesse (strumento di politica economica). I = f(i) Graficamente Funzione degli I o curva di domanda di I
http://unict.myblog.it
285
Un aumento più elevato del PIL o l’euforia delle vendite con l’e-commerce traspone la curva di domanda di investimenti a destra, mentre un aumento delle imposte la traspone a sinistra. Anche il rapporto tra rendimento degli investimenti (r) e Investimenti è un rapporto negativo, anche se potrebbe sembrare il contrario. Ciò perché man mano che aumentano gli investimenti, r decresce, in quanto l’aumento della domanda di beni capitale ne fa aumentare il prezzo, i, allargando la forbice tra r ed i, http://unict.myblog.it 286 riducendo i ricavi.
Graficamente:
http://unict.myblog.it
287
Il moltiplicatore della spesa autonoma: I-G Il modello Keynesiano del moltiplicatore è il modello più semplice per determinare il Reddito di breve periodo. Ogni aumento autonomo di I, G, ha l’effetto di aumentare il PIL in maniera “moltiplicata””. Questo effetto è importante per G quale strumento di politica economica utilizzato per stabilizzare l’economia. Sono dati altri elementi importanti: prezzi, salari, politica http://unict.myblog.it monetaria, ecc.. 288
Il moltiplicatore degli I Il modello semplificato della determinazione del reddito. Sappiamo che:
moltiplicatore. Eâ&#x20AC;&#x2122; il reciproco della http://unict.myblog.it
289
Il moltiplicatore degli I Il modello semplificato della determinazione del reddito. Sappiamo che:
moltiplicatore. Eâ&#x20AC;&#x2122; il reciproco della http://unict.myblog.it
290
Quale sarà l’effetto di una variazione autonoma di I sul reddito? Sarà: Es. Se
• Es. se I = 10. Il primo effetto sarà diretto e immediato
http://unict.myblog.it
291
• L’aumento di I inoltre mette in moto un meccanismo moltiplicativo, per cui alla fine ∆y sarà maggiore di ∆I. E sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà c. Applicando la formula
l’incremento di reddito del nostro esempio sarà pari a:
http://unict.myblog.it
292
Meccanismo moltiplicativo Consumi Investimenti Risparmio
Reddito 100
=
80
+
20
-
110
=
80
+
30
-
118
=
88
+
30
2
124,4
=
94,4
+
30
1,6
128,72
=
98,72
+
30
1,08
………
………
……
……
150
Gli aumenti di C tendono via via allo zero = 120 +
30
10
http://unict.myblog.it
293
• Durante tutti gli anni in cui è in atto il meccanismo moltiplicativo il sistema non è in equilibrio, in quanto si ha I>R. Infatti: I=10 R=2 R=1,6… • Il nuovo equilibrio vedrà un reddito più alto, una maggiore produzione, una maggiore occupazione, un maggiore risparmio e un maggiore consumo. • Economia in fase di crescita. • Il nuovo equilibrio si ristabilisce attraverso variazioni del reddito. http://unict.myblog.it
294
Graficamente:
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Infatti, nel momento in cui aumentano gli I si ha che I > Y -C (30) (100-80) Se aggiungiamo C al I e al II membro:
Domanda >offerta Y, cioè il PIL, tende ad aumentare per lâ&#x20AC;&#x2122;aumento iniziale di I e degli aumenti successivi di C, fino allâ&#x20AC;&#x2122;uguaglianza con la domanda. http://unict.myblog.it
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Il paradosso della parsimonia • In microeconomia più si consuma più diminuisce il reddito. • In macroeconomia, paradossalmente, più si consuma più aumenta il reddito. Infatti, più alta è c nella formula del moltiplicatore più alto sarà il reddito. Più alto sarà il reddito più alti saranno i Consumi e più alto il risparmio. Keynes rovescia così la logica degli economisti classici, secondo i quali prima si risparmia e poi si investe. Per Keynes prima si investe e poi si risparmia. Per i classici R (i) per Keynes R (Y) http://unict.myblog.it
297
La spesa pubblica – G – G è una componente autonoma della DA. Il livello di G dipende dalle decisioni politiche, che vengono prese in base agli obiettivi macroeconomici che si vogliono raggiungere. L’agente economico pubblico è il Settore pubblico = PA + Aziende autonome
La PA ha una duplice veste: contemporaneamente offre servizi che non sono venduti sul mercato e http://unict.myblog.it domanda beni di consumo e beni di investimento. 298
La spesa pubblica viene utilizzata, cioè si distingue in: Spesa pubblica in beni e servizi
Trasferimenti
(dĂ luogo alla creazione di beni e servizi) (G) Cg (stipendi dipendenti pubblici, acquisto beni: alimentari e divise militari, ecc)
Sono trasferimenti monetari unilaterali e a Ig (costruzione scopo sociale (pensioni, sussidi di di strade, disoccupazione, ospedali, scuole, ecc.) contributi alle imprese, interessi sul debito pubblico, ecc.) http://unict.myblog.it
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La PA si finanzia principalmente con le entrate fiscali Entrate tributarie
• Imposte dirette • Imposte indirette • Contributi sociali obbligatori Entrate fiscali • Redditi da capitali • Vendita di beni e servizi Entrate extratributarie http://unict.myblog.it • Altre entrate 300
La parte più cospicua sono le entrate tributarie. Se dalle entrate fiscali totali togliamo i trasferimenti che la PA paga ai cittadini otteniamo l’imposizione fiscale netta (T). G e T sono due strumenti di politica fiscale Se G>T abbiamo un indebitamento netto o disavanzo pubblico che può essere finanziato o con l’emissione di nuova moneta (aumento di offerta di moneta) o attraverso l’emissione di titoli pubblici acquistati da privati, o attraverso l’apertura di un credito presso la Banca d’Italia. http://unict.myblog.it
301
Il ruolo della politica fiscale È quello di essere anticiclica, cioè di stabilizzazione dei fondamentali dell’economia (reddito, occupazione, inflazione) quando gli I non ci riescono. Nel breve periodo la politica di stabilizzazione più appropriata sarebbe la politica monetaria, mentre la politica fiscale lo sarebbe nel lungo periodo. Nel breve periodo la politica fiscale può avere degli effetti indesiderati: • Ritardi per i tempi dell’iter legislativo di una proposta di legge • Se per il finanziamento di G aumentano T si http://unict.myblog.it penalizzano i C e le imprese aumentano i prezzi
302
•
Se per il finanziamento di G si emettono titoli pubblici, il tasso di interesse può aumentare creando un “effetto spiazzamento degli I”, e una riduzione delle esportazioni (attira capitali dall’estero, aumenta la domanda di Euro, che si apprezza, e aumenta il cambio), oltre che scoraggiare il turismo. • Aumenta il rapporto Debito pubblico/PIL per i più alti interessi. L’aumento di G ha l’effetto positivo di aumentare la DA e il PIL. I problemi che sorgono sono problemi di scelta: se aumentare Cg o gli Ig. Più problematica è la scelta quando si effettua una politica fiscale restrittiva, in quanto i tagli alla spesa toccano interessi specifici. La politica monetaria http://unict.myblog.it è invece più impersonale e 303 più imparziale.
Moltiplicatore della spesa pubblica • La teoria del moltiplicatore si applica anche a G, nel senso che un aumento di G si traduce in un aumento del reddito: – Direttamente – Indirettamente e con effetti moltiplicativi secondo la formula del moltiplicatore della spesa pubblica
Essendo G finanziata da T (prelievo fiscale), ogni aumento di G comporta un aumento di T. http://unict.myblog.it
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Anche T influisce sul livello del reddito, ma il trade-off tra Y e T è negativo, in quanto un aumento di T riduce il RD, e quindi i C, e quindi I. Anche il prelievo fiscale mette in moto il moltiplicatore, ma in chiave recessiva. L’effetto moltiplicativo recessivo di T è però inferiore all’effetto moltiplicativo espansivo di G Il moltiplicatore di G è
Il moltiplicatore di T è
Ha un valore inferiore a
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Es. se
Ciò significa che un aumento di G di 100 Euro fa aumentare il reddito di 500 Euro (PCM=0,8). Un aumento di T di 100 Euro riduce Y di 400 Euro. Ciò perché se non ci fosse stato T i 100 Euro non avrebbero contribuito alla formazione del PIL interamente, ma solo per 80 (100 Euro x 0,8) http://unict.myblog.it
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Concludendo: lâ&#x20AC;&#x2122;aumento di pari importo di T e G ha lâ&#x20AC;&#x2122;effetto di aumentare il PIL. Questo risultato prende il nome di teorema del bilancio in pareggio o teorema di Haavelmo.
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La determinazione del reddito di equilibrio mediante R=I Ă&#x2C6; questa una condizione di equilibrio. Algebricamente abbiamo: y=C+I y-C=I R=I R Per keynes R(y) e I(i) per cui prima si investe e poi si risparmia Per i classici R(i) e I(i) per cui prima si risparmia e poi si investe Nella realtĂ le decisioni dei risparmiatori e degli imprenditori non sempre coincidono. http://unict.myblog.it
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Se R>I il sistema non è in equilibrio. Questa imperfezione del mercato verrà corretta attraverso una politica monetaria espansiva (riduzione di i), che fa aumentare I e attraverso il moltiplicatore anche R, fino all’equilibrio. Per Keynes l’equilibrio si raggiunge attraverso una variazione del reddito. Per i classici attraverso la variazione di i, che si riduce automaticamente nel mercato della moneta.
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Graficamente riprendiamo la funzione del risparmio
Nel punto E di equilibrio il R desiderato o previsto dalle famiglie è uguale agli I desiderati o previsti dalle imprese. M è il reddito di equilibrio. Nel modello del moltiplicatore la quantità M è il PIL che si ha prima di ∆I. Se I aumentano a I’ si ha I>R. Si mette in moto il moltiplicatore fino a produrre C. Nuovo equilibrio nel punto A. http://unict.myblog.it
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La determinazione del reddito di equilibrio mediante i C e gli I
(C+I)
Sistema in equilibrio Y=C+I Graficamente riprendiamo la funzione del consumo
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In tutti i punti della bisettrice degli assi (linea a 45°) Y=C+I. L’equilibrio si ha nel punto E (spesa totale o domanda aggregata uguale a PIL o offerta globale). Nei punti a sinistra di E la domanda è maggiore dell’offerta. Nei punti a destra di E la domanda è inferiore all’offerta. In queste situazioni di disequilibrio si mettono in moto le forze o spontaneamente (le imprese aumentano o diminuiscono la produzione e l’occupazione) o stimolate dall’intervento pubblico per spingere verso l’equilibrio. http://unict.myblog.it
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Il mercato dei titoli È in questo mercato che si forma il tasso di interesse (i). i dipende dalla domanda e dall’offerta di titoli, sia privati (obbligazioni) che pubblici (BOT,CCT). Per semplicità consideriamo un unico mercato dei titoli. Chi ha bisogno di finanziamento emette titoli, diventa debitore e paga un interesse sul suo debito. Il titolo ha: • Un valore nominale (es. 100 Euro) • Un prezzo di mercato (es. 90 Euro) • Un rendimento (i) (100-90=10) http://unict.myblog.it
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Il prezzo di mercato dipende dalla domanda e dall’offerta di titoli. Se la domanda di titoli aumenta, aumenta il prezzo e si riduce i, e viceversa. Se l’offerta dei titoli aumenta, diminuisce il prezzo dei titoli e aumenta i, e viceversa. Il prezzo dei titoli e il tasso di interesse riflettono la domanda e l’offerta di titoli e la domanda e l’offerta di moneta. Questo mercato però nasconde la trappola degli speculatori. La domanda e l’offerta di titoli non riflette la domanda di investimento finanziario per avere un rendimento e l’offerta per esigenze di finanziamento, ma spesso gli acquisti e le vendite di titoli avvengono per motivi speculativi. Per cui molti scambi di titoli avvengono con i titoli vecchi e non solo con quelli di http://unict.myblog.it 314 nuova emissione.
I tassi di interesse di cui abbiamo parlato sono quelli nominali o monetari, ma, se c’è inflazione quel rendimento ci da un potere d’acquisto più basso. In periodi di inflazione il tasso di interesse nominale va corretto con i tassi di interesse reali, che si ottengono sottraendo da quelli nominali il tasso di inflazione. Es. Tasso di interesse - Tasso di =Tasso di interesse nominale (i) inflazione reale (r) 6% 2% 4% Il mercato dei titoli è strettamente collegato con il mercato della moneta. La teoria monetaria mette in relazione domanda e offerta di moneta e tasso di interesse. http://unict.myblog.it 315
La moneta PIL, C, I, G vengono espressi in moneta. La moneta si può definire l’insieme di valori, o gli strumenti, che vengono utilizzati dagli individui per acquistare beni e servizi. Le principali funzioni della moneta sono tre: 1. Intermediaria degli scambi: è il mezzo di pagamento comunemente accettato. Essa elimina gli inconvenienti del baratto (non coincidenza dei bisogni, indivisibilità dei beni). La moneta è facilmente divisibile, trasferibile, non deteriorabile, riconoscibile e soprattutto accettata da tutti. Un sistema economico in cui gli scambi avvengono beni contro moneta è detto economia monetaria. La moneta dà un potere d’acquisto a chi la possiede. http://unict.myblog.it
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2. La moneta è una unità di conto, cioè è la misura del valore di un bene. Un bene cioè si misura in prezzi monetari. L’unità di valore in cui si esprime la moneta (1 Euro, 1 dollaro) varia da paese a paese. Inoltre il valore di un bene varia da un periodo all’altro. La moneta è allora una unità di misura relativa e non assoluta. Ciò vuol dire che il valore reale di un bene varia in paesi e in tempi diversi.
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3. Ha la funzione di riserva di valore, cioè un potere d’acquisto che si conserva nel tempo. In questo senso la moneta è un’attività finanziaria, come lo sono i titoli. Moneta e titoli sono attività finanziarie in quanto entrambi rappresentano un debito per un operatore economico e un credito per un altro. • Chi emette titoli è un debitore (lo Stato, una società), chi possiede titoli è un creditore. • Chi emette moneta (la BCE) è un debitore, chi la possiede è un creditore (come risulta dalla banconota “pagabile a vista al portatore”, cioè pagabile in termini di beni che si acquistano). Ogni biglietto rappresenta un credito (attività finanziaria) per chi lo detiene e un debito per la BCE, debito nel senso che autorizza, attraverso il corso legale o forzoso ad essere accettato nei pagamenti. http://unict.myblog.it
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A differenza dei titoli, la moneta è un’attività finanziaria infruttifera, ma ha il vantaggio della liquidità, cioè la capacità di essere spesa senza ritardi e senza costi. In questo senso si dice che l’interesse è il compenso per la rinuncia alla liquidità. Se si preferisce la liquidità, il costo è in termini di interesse a cui si rinuncia. Le forme delle moneta. La moneta può avere un valore intrinseco e allora è detta moneta-merce. In passato la monetamerce. In passato era rappresentata da moneta d’oro o d’argento. La moneta priva di valore intrinseco, come la carta moneta, è detta moneta cartacea o moneta-segno. Il suo valore è dato perché ha corso legale o corso forzoso, cioè viene accettato come mezzo di pagamento per decreto legge. http://unict.myblog.it 319
Il comportamento dei soggetti economici che detengono moneta è molto importante in un sistema economico. I soggetti economici possono decidere di: • Tenere moneta liquida (domanda di moneta) • Spenderla in beni di consumo (C) • Risparmiarla (depositarla in banca) • Acquistare attività patrimoniali (case, terreni) • Acquistare attività finanziarie (titoli) Influenzano le componenti della domanda e quindi il livello del PIL. Comunque la politica monetaria ha il compito di regolare il comportamento dei soggetti economici privati attraverso il controllo dell’offerta di moneta, cioè della moneta in circolazione. http://unict.myblog.it
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Cosa intendiamo per moneta in circolazione Mentre tutti gli economisti sono d’accordo sulle tre funzioni che deve adempiere la moneta, non tutti sono d’accordo su quali attività sono da considerarsi moneta. • Per i neoclassici e i monetaristi la moneta è quella che svolge solo la funzione di mezzo di pagamento. In questo modo la moneta serve per determinare il livello generale dei prezzi (aspetto monetario) ma non influenza l’aspetto reale dell’economia. Un aumento di moneta in circolazione aumenta la domanda di beni e i relativi prezzi. http://unict.myblog.it
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• Per gli economisti di ispirazione keynesiana deve considerarsi moneta quella che svolge le funzioni di mezzo di pagamento e di riserva di valore, in particolare mettendo l’accento sull’acquisto di titoli. Un aumento della moneta in circolazione si riversa sul mercato dei titoli, facendone aumentare il prezzo e diminuire il tasso di interesse, e per questa via aumentare gli I. La moneta cioè influenza l’aspetto reale dell’economia. Considerando le due funzioni della moneta i Keynesiani annullano la differenza tra attività monetarie e attività finanziarie. Considerano moneta sia la moneta in senso stretto (monete metalliche, biglietti cartacei e assegni di c/c), sia i titoli a breve scadenza (1 anno) o a lunga scadenza ma prossimi alla scadenza, o comunque trasformabili in breve tempo in contanti. http://unict.myblog.it
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La banca d’Italia dal 1991 adotta le seguenti definizioni di moneta, che si uniformano a quelle europee:
M1 (liquidità primaria con funzione di mezzo di pagamento)
• Circolante (C) o valuta: banconote e moneta metallica • Depositi in c/c bancari e postali • Vaglia cambiari e assegni circolari • Depositi presso il Tesoro
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M2 (con funzione di riserva di valore ma convertibile velocemente e senza perdita di valore
• M1 • Depositi a risparmio bancari e postali • Certificati di deposito bancari (titoli emessi dalle banche) • Fondi comuni di investimento • Raccolta bancaria pronto contro termini (lo steso cliente vende titoli a pronti e li riacquista a termine)
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M3
• M2 • BOT, CCT (detenuti dal pubblico non bancario) • Buoni fruttiferi postali • Depositi presso filiali di banche italiane all’estero • Accettazioni bancarie (cambiali emesse da un cliente di una banca che firma “per accettazione” e diventa l’obbligato principale fra tutte le girate
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Questi aggregati monetari (M1, M2, M3) costituiscono lo stock di moneta, cioè la ricchezza monetaria di un paese. La definizione di moneta fa riferimento alle tre funzioni che essa svolge. Esse sono svolte dalla moneta legale ma anche dalla moneta bancaria, costituita da passività del sistema bancario.
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Come viene creata la moneta bancaria? La banca, intermediaria del risparmio, da un lato raccoglie risparmio e dall’altro lo da in prestito, generalmente alle imprese per gli I. Nella raccolta la Banca è debitrice e paga un interesse. Fin qui la moneta in circolazione è uguale alla moneta legale che è stata emessa (parte è detenuta dal pubblico e parte è depositata). Nel momento in cui la banca dà in prestito alle imprese il risparmio raccolto, diventando creditrice e ricevendo un interesse, scatta il meccanismo di creazione della http://unict.myblog.it 327 moneta bancaria.
Es. (in assenza di riserve bancarie) Prelevati 400 Raccolta risparmio Euro 1000
Prelevati 200
Prelevati 100
Depositati e dati in prestito 600 Depositati e dati in prestito 400
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Depositati e dati in 328 prestito 300
La banca ha creato moneta bancaria, cioè ha creato una ulteriore offerta di moneta pari a 1.100 euro (600+400+300), che si aggiunge alla moneta in circolazione. Moneta legale e moneta bancaria formano l’offerta di moneta M1. L’offerta di moneta è pertanto sempre maggiore del circolante. Nell’esempio non abbiamo tenuto conto delle Riserve bancarie: – Riserva legale, o obbligatoria, che è una quota % dei depositi stabilita dalla B.I. – Riserva volontaria o discrezionale, stabilita dalla banca. http://unict.myblog.it 329
In presenza di riserva bancaria la possibilità di creare moneta è più bassa. La riserva obbligatoria è infatti uno strumento di politica monetaria per il controllo dell’offerta di moneta. La quantità di moneta che un sistema bancario crea per ogni euro di depositi è detto moltiplicatore monetario. Esso dipende dal tasso % di riserva legale, o coefficiente di riserva obbligatoria (R). Se per es. il tasso di riserva obbligatoria è del 10% significa che le banche devono versare alla BI il 10% dei depositi. Se la riserva aumenta al 20%, si riduce la disponibilità delle banche di effettuare prestiti alle imprese. Si riducono quindi gli I. http://unict.myblog.it
330
Il mercato monetario Come qualsiasi mercato è formato da domanda e offerta di moneta. L’incontro tra domanda e offerta determina il valore della moneta, cioè il prezzo della moneta, il tasso di interesse nominale e segna l’equilibrio del mercato monetario. L’offerta di moneta È una variabile decisa dalla Banca centrale e tenuta sotto controllo. La curva dell’offerta di moneta è pertanto verticale. Essa non è influenzata dal tasso di interesse, ma lo influenza. http://unict.myblog.it
331
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La domanda di moneta è la quantità di moneta detenuta dal pubblico (Famiglie, Imprese) sia sotto forma di circolante che di depositi. Essa dipende dal tasso di interesse (i) e il trade-off è negativo.
L’equilibrio nel mercato monetario determina il333 http://unict.myblog.it tasso di interesse
Le determinanti della domanda di moneta: 1. Motivo transattivo: si detiene moneta in attesa di spenderla per i consumi. La domanda di moneta per transazione dipende dal livello del reddito, dalle abitudini di pagamento (contanti o a rate) e dal livello dei prezzi. Man mano che si acquistano beni diminuisce la domanda di moneta. 2. Motivo precauzionale: per far fronte a spese impreviste. Dipende dal reddito. 3. Motivo speculativo (o domanda patrimoniale): è la motivazione più importante, sottolineata da Keynes, in quanto è questa parte di domanda di moneta che contribuisce alla determinazione del tasso di interesse. O, il che è la stessa cosa, è il tasso di interesse che determina la domanda di moneta. Vi è una importante relazione inversa tra tasso di interesse e domanda di moneta. Perché? http://unict.myblog.it 334
Il movente speculativo di chi detiene moneta li induce ad acquistare titoli e a ridurre la domanda di moneta. Questo acquisto avviene quando il prezzo dei titoli è basso e il tasso di interesse è alto. Si entra nel meccanismo del gioco di borsa, della speculazione al rialzo e al ribasso. – I rialzisti: acquistano quando pensano che oggi il prezzo dei titoli è basso e credono che salga. – I ribassisti pensano che il prezzo scenda e vendono titoli. Se prevalgono i ribassisti si ha un aumento di domanda di moneta. Ma la vendita dei titoli ne fa abbassare il prezzo e aumentare il tasso di interesse. Ricomincia il gioco di borsa. http://unict.myblog.it
335
•
Come la domanda di moneta, anche l’offerta di moneta influisce sul tasso di interesse. Il controllo dell’offerta di moneta è effettuato dalla Banca d’Italia che, in piena autonomia, può aumentare o diminuire la moneta in circolazione, utilizzando diversi strumenti di politica monetaria, che sono: 1. Il tasso ufficiale di sconto (TUS), che utilizza per le operazioni di risconto. TUS più alto se si vuole attuare una politica monetaria restrittiva.
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2. Il razionamento del credito che la BI concede alle banche. Un credito che serve per finanziare il settore produttivo, quando il risparmio privato non basta (rifinanziamento delle aziende di credito). 3. La riserva obbligatoria. La BI aumenta la % di riserva sui depositi bancari quando vuole attuare una politica monetaria restrittiva. 4. Le operazioni di mercato aperto, cioè la BI acquista o vende titoli, sia di nuova emissione da parte del Tesoro (mercato primario) sia quelli già in circolazione (mercato secondario). La BI acquista titoli quando vuole attuare una politica monetaria espansiva. 5. Il tasso di cambio è un altro strumento di politica monetaria che influisce sull’offerta di moneta (canale http://unict.myblog.it 337 estero).
Se si vuole aumentare la moneta in circolazione si riduce il cambio, es. Euro/dollaro, cioè si svaluta l’euro allo scopo di esportare di più ed avere un saldo attivo della BP. La valuta estera in eccesso sarà presentata all’UIC per essere cambiata in euro, che aumentano la moneta in circolazione. La valuta estera presentata all’UIC andrà ad aumentare le Riserve Ufficiali della BI per far fronte alla domanda di valuta proveniente dai cittadini (importatori, turisti). http://unict.myblog.it
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Il meccanismo di trasmissione della moneta ovvero gli effetti della politica monetaria sull’economia reale L’obiettivo principale della BI è la stabilità monetaria, cioè il controllo dell’inflazione. In presenza di inflazione la BI attua una politica restrittiva. Cioè: – Riduzione dell’offerta di moneta (aumento di i) Si avrà: – Riduzione degli I, della produzione, dell’occupazione, dei consumi, del PIL. – Riduzione dell’inflazione (P)
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– Aumento del tasso di cambio (es. euro/$) per i maggiori investimenti finanziari nel nostro paese, che domandano euro facendo apprezzare la nostra moneta. – Riduzione delle esportazioni Viceversa, se la Banca centrale effettua una politica espansiva, non essendoci il problema dell’inflazione, si avrà un aumento del PIL e un modesto aumento dei prezzi. C’è da dire che fin quando vi sono risorse inutilizzate (capacità produttiva e risorse umane) un aumento di offerta di moneta provoca un aumento della domanda e del PIL. Solo quando vi è piena occupazione delle risorse, l’aumento della domanda fa aumentare i prezzi, e ciò anche perché in piena occupazione aumentano anche i salari. http://unict.myblog.it 340 Vediamo ora il rapporto tra PIL e tasso di interesse.
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Occupazione e disoccupazione Per i classici il sistema economico è sempre in equilibrio di piena occupazione: si risparmia, si investe fino a raggiungere il PIL potenziale, occupando tutte le risorse (lavoro, capacità produttiva). Tutta la produzione trova sbocco sul mercato. Legge degli sbocchi o legge di Say: “l’offerta crea la propria domanda”. Gli squilibri nei singoli mercati vengono corretti dalla legge della domanda e dell’offerta, cioè dai prezzi. Nel sistema economico classico non esiste disoccupazione. http://unict.myblog.it
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Keynes: è la domanda che crea l’offerta: il livello di produzione è determinato dalla domanda effettiva. Anche quando il sistema è in equilibrio: domanda=offerta e R=I è un equilibrio di sottooccupazione. Nel breve periodo l’occupazione dipende dal livello della domanda. L’offerta aggregata dipende dal livello della domanda Y=C+I+G+E-M Se la domanda diminuisce (per una riduzione dell’offerta di moneta, o della propensione marginale al consumo), diminuiscono gli I, l’occupazione, il PIL e una leggera riduzione dei prezzi. E viceversa. Per sostenere l’occupazione Keynes dà importanza all’intervento pubblico per sostenere la DA (aumento di G e moltiplicatore di G) http://unict.myblog.it
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Se la domanda aumenta le imprese sono disposte ad aumentare la produzione e l’occupazione. E ciò perché nel breve periodo i salari sono vischiosi, o rigidi, cioè non si adattano immediatamente all’aumento della domanda. La curva di OA di breve periodo ha pertanto pendenza positiva: le imprese reagiscono ad un aumento della domanda aumentando la produzione (e l’occupazione) e i prezzi, a fronte di costi rigidi (soprattutto i salari), ma anche di prezzi rigidi (costi per l’impresa) per affitto locali, elettricità, acqua, telefono. Ciò si traduce solo in un maggior profitto dell’impresa. Nel breve periodo un aumento di occupazione è possibile grazie alla vischiosità o rigidità di salari e prezzi. http://unict.myblog.it
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Nel lungo periodo l’aumento della domanda provoca: • Aumento dei prezzi in generale (dei beni, affitti, elettricità, ecc..) – Nel rinnovo dei contratti collettivi di lavoro (ogni tre anni) si avrà un aumento dei salari, sia per l’adeguamento all’aumento dei prezzi sia per l’accresciuta forza sindacale. Nel lungo periodo cioè aumentano i costi di produzione, che spingono le imprese ad aumentare i prezzi, ma non la produzione e l’occupazione (si ha alta occupazione ma inflazione). La curva di OA di lungo periodo è verticale. http://unict.myblog.it
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Disoccupazione Keynesiana per carenza di domanda http://unict.myblog.it Tasso naturale
Disoccupazione strutturale
di disoccupazione
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Nel lungo periodo, nel punto B, la disoccupazione per carenza di domanda è stata eliminata. Ma ciò non significa che non esiste altra disoccupazione, che chiameremo strutturale. Il tasso di disoccupazione esistente nel punto B è detto tasso naturale di disoccupazione. Esso dipende dalle imperfezioni del mercato. Le statistiche mostrano che anche nei periodi in cui il PIL reale è alto la disoccupazione è inevitabile proprio per la frammentazione del mercato del lavoro: • Squilibrio di qualificazione: esiste domanda di lavoro qualificato e pochi lavoratori qualificati, che trovano lavoro, mentre gli altri, non qualificati, restano disoccupati. http://unict.myblog.it
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• Squilibri settoriali: vi sono posti di lavoro vacanti in dati settori e non ci sono lavoratori disponibili per quei settori. • Squilibri territoriali: ci sono posti di lavoro al nord e disoccupati al sud. Nel punto B c’è disoccupazione per le imperfezioni di mercato ma le imprese hanno ancora capacità produttiva fino al punto C Dal punto C in poi la capacità produttiva può aumentare se ci sarà progresso tecnico (che permette la produzione di nuovi prodotti o nuovi processi produttivi e la riduzione dei costi) o un aumento della popolazione lavorativa. http://unict.myblog.it
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La disoccupazione può essere: • Frizionale: è data dal normale processo di ricerca di un posto di lavoro (3-4-5 mesi). Si può risolvere con misure volte a far incontrare domanda e offerta di lavoro (Agenzie per il lavoro, Internet) • Ciclica: dipende dall’andamento congiunturale dell’economia (cicli economici). È quindi legata all’andamento del PIL e della produzione. Si ha durante le fasi di recessione e di depressione quando DA<OA. Si può risolvere con una politica economica espansiva. • Strutturale: dipende dalle caratteristiche strutturali dell’economia, che porta alla non coincidenza tra domanda e offerta di lavoro: squilibri territoriali, settoriali, di qualificazione. Si può risolvere, se si http://unict.myblog.it 351 risolve, nel lungo periodo.
La disoccupazione può essere: • Volontaria: riguarda quella parte di lavoratori che, pur trovando un posto di lavoro lo rifiutano perché ritengono basso il salario di equilibrio del mercato. La teoria della disoccupazione volontaria non si concilia con la teoria classica, dove i salari flessibili non eliminano la disoccupazione volontaria. http://unict.myblog.it
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• Involontaria: riguarda quei lavoratori che, pur accettando il salario di equilibrio del mercato, non trovano occupazione. Ciò dipende dalla rigidità dei salari che, di fronte alla disoccupazione stranamente non si riducono. Di fronte alla disoccupazione le imprese preferiscono mantenere rigidi i salari a T** e pretendere una maggiore selezione nell’assunzione. Inoltre, i sindacati, fissati i salari nei contratti collettivi, difficilmente chiedono una riduzione dei salari. http://unict.myblog.it
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Graficamente:
Cioè, le imprese preferiscono tenere più alti i salari a T” e avere meno lavoratori (J H), ma più specializzati, anziché abbassare i salari a T’ e assumere più lavoratori (J G) e spostare la curva D a destra fino ad incrociare la curva di O nel punto G. Per cui HG è disoccupazione http://unict.myblog.it involontaria.
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Legge di Okun Abbiamo visto che câ&#x20AC;&#x2122;è un legame tra mercato dei beni e mercato del lavoro: quando il PIL effettivo aumenta la disoccupazione diminuisce (ciclica di breve periodo). Okun, analizzando questo legame ha formulato la legge secondo la quale ogni aumento del PIL reale di 2 punti percentuali riduce la disoccupazione di 1 punto percentuale.
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Indicatori del mercato del lavoro
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I disoccupati sono coloro che cercano lavoro. Non sono quindi disoccupati gli studenti, i pensionati, le casalinghe. http://unict.myblog.it
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Indici dei prezzi e inflazione calcolati dall’ISTAT Gli indici dei prezzi sono una misura del costo della vita, cioè una misura del livello medio dei prezzi e servono per misurare l’inflazione. L’inflazione è l’aumento generale e continuo dei prezzi Il tasso di inflazione, espresso in percentuale, misura la velocità di variazione del livello generale dei prezzi. Può ottenersi utilizzando l’IPC o il deflatore implicito del PIL. http://unict.myblog.it
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Indice dei prezzi al consumo (IPC) Misura il costo per l’acquisto di un determinato paniere standard composto da circa un migliaio di beni e servizi rappresentativi di tutti i consumi nazionali. Il paniere va revisionato periodicamente. Le principali classi di consumo, in ordine di importanza decrescente sono: l’alimentazione, i trasporti e le telecomunicazioni, il vestiario, le calzature, l’arredamento, la ricreazione e la cultura, l’abitazione e l’energia, i servizi sanitari. All’interno di ogni classe ogni bene e servizio viene ponderato in base al peso che hanno sui consumi.360 http://unict.myblog.it
Calcolo dell’IPC Si sceglie un anno base (il 2000) assegnando al prezzo di ciascun bene e servizio il prezzo di 100. Nel 2000 i consumi sono stati ripartiti, per semplicità, in tre beni: il 20% generi alimentari il 50% acquisto casa il 30% cure mediche IPC del 2000, anno base, è 100, ottenuto sommando qxp di ciascun bene e servizio. [qxp]+[qxp]+[qxp] [0,20x100]+[0,50x100]+[0,30x100] 20 + 50 + 30 = 100 http://unict.myblog.it
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Per calcolare l’IPC del 2001 dobbiamo osservare l’aumento dei prezzi di ogni bene. Supponiamo che: • Il prezzo dei generi alimentari è aumentato del 2% passando da 100 a 102 • Il prezzo delle case è aumentato del 6% passando da 100 a 106 • Il prezzo delle cure mediche è aumentato del 10% passando da 100 a 110 L’IPC del 2002 si calcola sommando i prodotti delle stesse quantità per il nuovo prezzo: (q x p)+(q x p)+(q x p) (0,20 x 102)+(0,50 x 106)+(0,30 x 110)=106,4 IPC2001 Il tasso di inflazione del 2001 rispetto al 2000 è 6,4%. Oppure: (0,20x2)+(0,50x6)+(0,30x10)http://unict.myblog.it 0,40+3+3= 6,4
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Oppure in formula:
Oppure: tasso di = inflazione del 2001
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Deflatore del PIL
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Differenza tra deflatore del PIL e IPC • Il deflatore del PIL misura la variazione dei prezzi di tutti i beni e servizi prodotti all’interno del paese. • L’IPC misura la variazione dei prezzi di tutti i beni e servizi acquistati dai consumatori, quindi include anche i beni importati. Se aumenta il prezzo delle auto Volvo prodotte in Svezia, l’aumento del prezzo viene incluso nell’IPC ma non nel deflatore del PIL. http://unict.myblog.it
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L’inflazione È l’aumento generalizzato e continuo del livello generale dei prezzi (P). Il tasso di inflazione viene misurato utilizzando l’IPC o il deflatore del PIL in riferimento a 1 anno o anche mensilmente
oppure
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L’inflazione può essere • Moderata se P aumenta lentamente, nell’ordine di un tasso di inflazione a 1 sola cifra • Galoppante Se il tasso di inflazione è a 2 o a 3 cifre. È devastante per l’economia. Si riduce il potere d’acquisto e si riducono i C. Si investe di meno per gli alti costi di produzione. I salari si agganciano a P. Si ha fuga di capitali all’estero. Può ancora essere gestita. • Iperinflazione quando il tasso di inflazione ha cifre da capogiro: 8-10 cifre. È catastrofica per l’economia. Tutti cercano di disfarsene comprando beni immobili, facendone lievitare ulteriormente i prezzi. Fuga di capitali all’estero. Richiesta di alti aumenti salariali. http://unict.myblog.it 367
Cause dell’inflazione Un tasso di inflazione, seppure minimo, esiste sempre nelle economie moderne. È il cd. Tasso di inflazione inerziale, o di fondo, o prevista. A questo tasso di inflazione i cittadini si sono abituati e i sindacati ne tengono conto nelle contrattazioni collettive. In questo tipo di inflazione, in assenza di shock da domanda o da offerta, un ruolo importante è svolto dalle aspettative. I prezzi e i salari vengono fissati tenendo conto del previsto aumento dei prezzi. Diventa una spirale prezzi salari, anche se di entità modesta. Inoltre il PIL reale è sempre inferiore al PIL nominale per l’influenza dell’inflazione inerziale. Le cause più significative dell’inflazione sono l’eccesso di domanda e l’aumento dei costi. http://unict.myblog.it 368
Inflazione da domanda Fino a quando il sistema non ha raggiunto l’equilibrio, di piena occupazione cioè fino a quando c’è disoccupazione, un aumento della DA fa aumentare i prezzi ma anche la produzione. E ciò fino a quando non si arriva al PIL potenziale, cioè fino a quando le imprese sono disposte ad aumentare la produzione, restando lungo la stessa curva di offerta. http://unict.myblog.it
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Fin qui non si ha reazione da parte dell’OA e l’aumento dei prezzi è accettato in quanto compensato da un aumento del PIL reale e dell’occupazione. È il sistema stesso che stabilisce un nuovo punto di equilibrio: da E0 ad E1 ad E2. Fin qui si parla di aumento dei prezzi ma non di inflazione.
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L’inflazione vera e propria inizia nel momento in cui si raggiunge il PIL potenziale, cioè quando l’OA non è più disposta ad aumentare la produzione perché da quel punto in poi aumentano i salari (per la maggiore forza contrattuale dei sindacati). Le imprese rivedono la combinazione tra produzione Q e prezzi P spostando la curva di OA a sinistra. La nuova curva di OA1 incontra DA2 nel punto B, dove si ha una riduzione di Q e un aumento di P. http://unict.myblog.it
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Fin qui abbiamo avuto la reazione delle forze di mercato (DA e OA). Oltre il mercato il sistema economico è influenzato dall’intervento pubblico. Se le autorità vogliono raggiungere l’obiettivo di aumentare la produzione e l’occupazione a Q2 devono fare incontrare la DA con la nuova offerta OA1. Devono cioè aumentare la DA a DA3, con una politica espansiva (aumento di moneta in circolazione, riduzione del TUS e/o delle aliquote fiscali, aumento di G). In questo modo però hanno mantenuto l’occupazione al livello di Q2 ma hanno alimentato l’inflazione a P3. Concludendo: quando la domanda cresce più del potenziale produttivo si ha inflazione da domanda. Rimedi all’inflazione da domanda: politica monetaria e http://unict.myblog.it 374 fiscale restrittiva.
Inflazione da costi o da shock dell’offerta Può verificarsi indipendentemente dalla piena occupazione, cioè al di sotto del PIL potenziale. Si ha inflazione da costi quando aumentano i costi di produzione, di cui il più significativo è il salario. Pertanto si collega l’inflazione da costi all’aumento dei salari. Di solito i salari aumentano ad ogni contrattazione collettiva e questi aumenti si ripercuotono sui prezzi, in quanto le imprese non sono disposte a ridurre i profitti. A meno che l’aumento dei salari non si accompagna ad un aumento di produttività. Graficamente l’inflazione da costi si spiega mettendo375in http://unict.myblog.it relazione W e Pr
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Ad ogni linea corrisponde un diverso livello dei prezzi. Se l’aumento dei salari è superiore all’aumento dei prezzi si può avere un aumento della domanda, per cui inflazione da costi e inflazione da domanda si alimentano. L’inflazione da costi può aversi anche per un aumento del prezzo delle materie prime (petrolio) o da altri costi di produzione. Se le materie prime sono importate si parla di inflazione importata. Ogni volta che gli elementi di costo turbano l’equilibrio macroeconomico, i precedenti obiettivi dei tre soggetti economici (lavoratori, imprese, Stato) non sono più compatibili. Se http://unict.myblog.it nessuno cede l’inflazione da costi è inevitabile. 377
Rimedi all’inflazione da costi 1. Politica industriale. Nel lungo periodo si può favorire la crescita della produttività, per compensare gli aumenti salariali (formazione professionale dei lavoratori, riduzione delle imposte sulle imprese, fiscalizzazione degli oneri sociali, ecc..) 2. Politica dei redditi. Nel breve periodo, la ricerca di un accordo, in genere promosso dallo Stato, tra sindacati dei lavoratori e degli imprenditori. L’accordo si basa sull’impegno a non richiedere aumenti salariali superiori all’aumento della produttività. Gli accordi comunque non sono facili da raggiungere fino a quando o per stanchezza o per mutati rapporti di forza qualcuno cede. http://unict.myblog.it 378
Gli effetti economici dell’inflazione • Effetti sulla distribuzione del reddito e della ricchezza: sono favoriti i debitori e sfavoriti i creditori. • Effetti sull’efficienza economica: riducendosi il potere d’acquisto si riducono i consumi e anche i risparmi, e quindi anche gli I. • Quali sono gli effetti sul turismo? http://unict.myblog.it
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La curva di Phillips L’economista inglese individuò che nel breve periodo esiste un rapporto inverso tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione: a un tasso di inflazione alto corrisponde un tasso di disoccupazione basso, cioè un alto tasso di occupazione. Ciò si spiega perché un’alta occupazione fa aumentare i salari, e quindi i prezzi. L’aumento dei prezzi sarà uguale all’aumento dei salari se la produttività media del lavoro è uguale a zero. Se la produttività aumenta, l’aumento dei prezzi sarà inferiore all’aumento dei salari. Tasso di Tasso di crescita Tasso di crescita = inflazione dei salari della produttività380 http://unict.myblog.it
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La curva di Phillips, di ispirazione Keynesiana, è andata in crisi negli anni ’70 quando si ebbe il fenomeno della stagflazione, cioè alta inflazione e alta disoccupazione contemporaneamente. È riapparsa la teoria classica con i monetaristi, il cui esponente, M. Friedman, riafferma l’importanza del libero mercato, suggerendo che disoccupazione e inflazione vanno affrontate separatamente utilizzando strumenti diversi: • La disoccupazione attraverso una riduzione dei salari e l’agevolazione della concorrenza sia interna (deregolamentare i settori regolamentati, eliminare la legge sui salari minimi, eliminare il monopolio dei sindacati) che estera (eliminare i contingentamenti al commercio estero). • L’inflazione attraverso la costanza nell’aumento 382 dell’offerta di moneta.http://unict.myblog.it
L’economia aperta Y=C+I+G+X-M Spesa Spesa dipendente autonoma dal reddito I rapporti con l’estero hanno influenza sull’economia interna attraverso: – I prezzi esteri – Il tasso di cambio – La quantità di beni importati ed esportati – Inoltre attraverso il canale estero possiamo creare o distruggere base monetaria http://unict.myblog.it 383
Obiettivo esterno: equilibrio dei conti con l’estero, cioè uguaglianza tra flusso e deflusso di valuta. I conti con l’estero assumono varie forme: • Bilancia commerciale • Bilancia dei servizi • Trasferimenti unilaterali • Movimento di capitali (investimenti diretti e investimenti finanziari) • Movimenti monetari (bilancia valutaria) http://unict.myblog.it
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I saldi di tutte queste voci si trovano nella Bilancia dei pagamenti (BP) La BP è un documento che, sulla base dei dati raccolti dal sistema bancario e dagli uffici doganali, registra tutte le relazioni economiche intercorse tra cittadini di un paese e i non residenti, di solito in un anno. La struttura della BP è uguale in tutti i paesi. Essa si suddivide in tre parti: – Le partite correnti – I movimenti di capitali – I movimenti monetari http://unict.myblog.it
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Scambi di beni Partite correnti
Scambi di servizi Trasferimenti unilaterali (rimesse degli emigranti, regalie, donazioni pubbliche e private Investimenti diretti
Movimenti di capitali (acquisto di attivitĂ patrimoniali) Saldo partite correnti
Investimenti finanziari (acquisto di titoli pubblici o privati)
+
Saldo movimenti di capitali http://unict.myblog.it
=
Saldo BP 386
La bilancia dei pagamenti Crediti (vendite) o esportazioni +
Voci
Debiti (acquisti o importazioni) -
Saldo
I PARTITE CORRENTI A. Merci e servizi Bilancia Commerciale Bilancia dei servizi
1. Merci………10 2. Trasporti e assicurazioni 3. Viaggi all’estero (turismo) 4. Redditi da capitali (cioè guadagni degli IDE)
B. Trasferimenti unilaterali 5. Privati 6. Pubblici………20 http://unict.myblog.it Totale A e B = saldo partite correnti
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Vendite (indebitamento) +
Voci
acquisti (accreditamento) –
Saldo
II MOVIMENTO DI CAPITALI 1. Investimenti 2. Prestiti 3. Crediti commerciali e altri capitali…….….10
Totale Totale della I e II parte Errori e omissioni Saldo Bilancia dei Pagamenti http://unict.myblog.it
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Voci
Crediti
Debiti
Saldo
III Movimenti monetari 1. Istituzioni monetarie centrali: variazioni delle riserve ufficiali intestato a BI……………………………..….20 2. Aziende di credito: variazione della posizione netta sull’estero Saldo III parte
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I movimenti monetari registrano unicamente i regolamenti valutari delle transazioni con l’estero. Il saldo ci dà la Bilancia dei pagamenti valutaria ed è uguale al saldo delle due prime parti, ma col segno invertito. Un deficit della BP, nella III parte va scritto come un credito, cioè in attesa di essere pareggiato.
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La BP funziona secondo le regole della partita doppia. Bisogna però stare attenti al significato delle parole e dei segni. Il segno + indica pagamenti in entrata e il segno â&#x20AC;&#x201C; pagamenti in uscita. Ma un movimento di capitale in entrata in Italia (che si registra col segno + ) non corrisponde a un credito dellâ&#x20AC;&#x2122;Italia verso lâ&#x20AC;&#x2122;estero, ma a un debito, nel senso che deve essere bilanciato.
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La parte più significativa delle partite correnti è la voce Merci, il cui saldo ci dà il saldo della Bilancia commerciale. Se attivo è un avanzo, se passivo un disavanzo. Nella bilancia dei servizi abbiamo i viaggi all’estero, che riguarda in particolare il turismo. Il turismo non ha una voce “servizio turistico”, cioè non si acquista il turismo come servizio. Il turismo si concretizza nella domanda del servizio di trasporto, quando partiamo, nella domanda del servizio alberghiero, quando andiamo a dormire; nella domanda del servizio di ristorazione, quando andiamo http://unict.myblog.it 392 a mangiare.
Nella contabilità nazionale quindi le spese turistiche le troviamo divise e incorporate in tanti servizi. Nella bilancia dei pagamenti, invece, troviamo la voce “viaggi all’estero” perché possiamo ricavare questo dato dalle agenzie di viaggio, dalle aziende di credito che cambiano valuta estera, dal movimento passeggeri all’aeroporto. Il turista italiano che va all’estero fa registrare un debito nella voce viaggi all’estero e un indebitamento nelle variazioni delle riserve ufficiali. http://unict.myblog.it
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L’uso del sistema di registrazione della partita doppia fa si che dal punto di vista contabile la BP risulti sempre in equilibrio. Ma dal punto di vista economico la BP può presentare un avanzo o un disavanzo, a seconda che i pagamenti in uscita sono minori o maggiori di quelli in entrata. In altre parole quando la domanda di valuta non è uguale all’offerta di valuta.
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È chiaro che si cerca di bilanciare entrate e uscite. Perché in caso di disavanzo della BP, questo deve essere pagato con le riserve valutarie tenute dalla Banca Centrale. Si ha quindi una riduzione delle riserve che bisognerà ripristinare cercando di fare affluire valuta estera nel paese (con maggiori esportazioni, con un maggiori investimenti esteri). E se le riserve di valuta non bastano si devono chiedere prestiti a governi o istituzioni straniere (è il caso dei PVS) o, in ultima istanza, il che è più gravoso, pagare con le riserve d’oro. http://unict.myblog.it
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Se il deficit viene pagato con le riserve ufficiali vuol dire che si è dato ai cittadini la valuta estera in cambio di Euro per pagare i conti con l’estero più di quanto la valuta non sia entrata nel paese. In tal modo si distrugge base monetaria. Se non si vuole distruggere base monetaria attraverso il canale estero, la regolazione da parte della BI avviene attraverso la variazione della posizione netta sull’estero delle aziende di credito. (punto 2 della III parte) http://unict.myblog.it
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Cioè in caso di disavanzo della BP siamo in una posizione debitoria nei confronti del resto del mondo, perché: • Saldo negativo BC che non abbiamo pagato e il paese estero ci ha concesso un prestito. • Un eccesso di IDE nel nostro paese, che dovremmo bilanciare con i nostri IDE.
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Da cosa dipendono E e M? Dipendono da: 1. Il rapporto tra prezzi interni e prezzi esteri (prezzi relativi) 2. Il tasso di cambio cioè il prezzo di una valuta espresso in termini di un’altra valuta (nominale) 3. Il livello del reddito del paese acquirente per le importazioni 4. Le preferenze dei consumatori per beni e servizi esteri 5. Il costo di trasporto dei beni da un paese all’altro 6. L’atteggiamento dei governi rispetto al http://unict.myblog.it 398 commercio internazionale
I movimenti di capitali dipendono: • Investimenti diretti: da maggiori rendimenti del capitale • Investimenti finanziari: dal tasso di interesse Il controllo dell’equilibrio esterno si presenta alquanto complesso in quanto tutte le grandezze sono strettamente interdipendenti. Es. se le autorità pubbliche effettuano una manovra espansiva per accrescere l’occupazione, attraverso l’aumento dell’offerta di moneta e una riduzione del tasso di interesse, ciò provoca una uscita di capitali, una maggiore domanda di valuta estera che influisce sul corso del cambio, e alla fine un peggioramento di BP. http://unict.myblog.it
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Allora diciamo che le manovre che riguardano domanda globale, interesse e cambio vanno sempre studiate come manovre simultanee. L’obiettivo dell’equilibrio esterno può essere raggiunto come: 1. Obiettivo unitario, cioè pareggiare entrate e uscite di valuta indipendentemente dalla partita che le ha originate. Questo obiettivo è generalmente preferito dalle Banche centrali, che per la loro natura istituzionale, si preoccupano di tutelare il livello delle riserve di valuta estera, e non del contenuto economico delle singole partite. 2. Obiettivo sdoppiato cioè considerare la struttura economica delle singole voci, che deve essere corretta e adeguatahttp://unict.myblog.it alla situazione economica del 400 paese.
Es. non si può accettare un disavanzo cronico della B. commerciale anche se è compensato da un avanzo nel movimento dei capitali, in quanto un disavanzo della BC significa che importiamo beni più di quanto ne esportiamo, e ciò significa che all’interno produciamo di meno e occupiamo meno lavoratori.
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Es. di fronte a un fenomeno di fuga di capitali all’estero (per motivi speculativi o per evasioni fiscali) si ha un passivo nei movimenti di capitali, e le autorità pubbliche potrebbero pensare di compensare creando artificialmente un attivo nel movimento merci, per es., riducendo le importazioni. Ma se le importazioni riguardano le materie prime, ciò provocherebbe all’interno una riduzione della produzione e dell’occupazione. Si pagherebbe con la caduta del reddito e con la disoccupazione il desiderio degli speculatori e degli evasori fiscali. http://unict.myblog.it
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Le manovre da preferire sarebbero pertanto quelle che incentivano le esportazioni di beni e servizi per poter avere un afflusso di valuta estera che consente di aumentare le riserve ufficiali di valuta e avere la possibilitĂ di poter effettuare maggiori importazioni, soprattutto di materie prime necessarie, allâ&#x20AC;&#x2122;interno, per aumentare il reddito e lâ&#x20AC;&#x2122;occupazione.
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Tra queste manovre un ruolo importante può essere svolto dal turismo, soprattutto per un paese, come l’Italia, che ha le risorse per poter accrescere l’offerta turistica (bellezze naturali, paesaggistiche e artistiche). Si tratta di “perfezionare” l’offerta turistica per avere un riscontro sostenuto della domanda turistica. L’offerta turistica trova un’occasione per esprimersi alla BIT (Borsa Internazionale del Turismo).
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Il sistema dei pagamenti internazionali Come il singolo operatore ha la necessitĂ di tenere una scorta liquida, cosĂŹ, nellâ&#x20AC;&#x2122;ambito del commercio internazionale, ogni paese deve avere una riserva di mezzi di pagamento internazionali, dal momento che incassi e pagamenti internazionali, connessi con le importazioni ed esportazioni, non coincidono. http://unict.myblog.it
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Due considerazioni: 1. La riserva valutaria serve per fronteggiare gli squilibri temporanei fra incassi e pagamenti, cioè la riserva valutaria può essere utilizzata per periodi ragionevolmente brevi (4-6 mesi), mentre, oltre questo periodo essa deve essere ricostituita, nel senso che le entrate devono pareggiare le uscite: importazioni ed esportazioni devono equilibrarsi. Non è, infatti, auspicabile avere riserve valutarie in eccesso o in difetto. Se sono troppe il paese avrebbe una risorsa inutilizzata, e sarebbe uno spreco di risorse; se sono troppo poche viene meno la possibilità di importare ed effettuare pagamenti http://unict.myblog.it 406 all’estero.
2.â&#x20AC;&#x2C6; La riserva valutaria deve essere commisurata al volume del commercio internazionale. Se il paese attraversa una fase di sviluppo e vede crescere il suo reddito e gli scambi con lâ&#x20AC;&#x2122;estero, deve accrescere regolarmente anche le riserve.
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Le riserve valutarie possono essere costituite in due modi sostanzialmente diversi: 1.â&#x20AC;&#x2C6; Riserve in valuta nazionale. Se i pagamenti vengono effettuati utilizzando valute nazionali, anche le riserve devono essere costituite da quelle valute. Nei paesi occidentali per lunghi anni la valuta dominante è stata il dollaro statunitense e le riserve sono state costituite da dollari. Attualmente i pagamenti vengono regolati anche in altre valute (Euro, Yen giapponesi), per cui anche queste valute sono entrate a far parte delle riserve. http://unict.myblog.it
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Il sistema dei pagamenti internazionali basato su valute nazionali dĂ luogo a numerosi inconvenienti. Ă&#x2C6; innanzitutto un sistema asimmetrico, nel senso che divide i paesi in due gruppi: paesi a valuta forte, che forniscono moneta per gli scambi internazionali (es. USA con il $) e paesi a valuta debole, che invece devono acquistare valuta forte per alimentare le proprie riserve per pagare i conti con lâ&#x20AC;&#x2122;estero. I paesi a valuta debole per disporre della valuta forte devono necessariamente realizzare costantemente un saldo attivo con i paesi a valuta forte, cioè devono poter esportare molto per avere in cambio valuta forte, con la quale poter importare. http://unict.myblog.it
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I paesi a valuta forte, dal canto loro, devono registrare un passivo nella loro bilancia commerciale. Pensate ai rapporti tra USA e PVS. I PVS devono esportare piĂš di quanto importano per avere i dollari necessari per importare altri beni. Questo sistema inoltre crea disparitĂ di ordine politico: i paesi a valuta forte, godendo di una posizione vantaggiosa, potranno esercitare un potere economico e politico nei confronti dei paesi a valuta debole. http://unict.myblog.it
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2. Riserve in valuta internazionale. Gli inconvenienti di cui sopra vengono meno se i pagamenti avvengono in valuta internazionale, cioè una valuta emessa da una Banca internazionale, una valuta nuova, diversa dalle singole valute nazionali. Ogni paese accetta la valuta internazionale come mezzo di pagamento e si impegna a pareggiare la propria posizione verso la Banca internazionale nell’arco di un periodo predeterminato (nessun paese cioè potrebbe indebitarsi in eterno). http://unict.myblog.it
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Le operazioni si svolgerebbero così: dovendo effettuare dei pagamenti all’estero, un paese prelevare liquidità sotto forma di valuta internazionale. Se la posizione del paese è sana, verrà il momento in cui il paese realizza incassi dall’estero in misura equivalente potendo così saldare il suo debito con la Banca. Se tutti i paesi rispettano la regola del pareggio la Banca non emetterà mia moneta internazionale in misura illimitata, in quanto tutti i prestiti verranno prima o poi rimborsati.
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Questo sistema consente una piena compensazione multilaterale: non vi è alcun gruppo di paesi che deve realizzare un passivo permanente nei confronti di un altro gruppo di paesi. Lâ&#x20AC;&#x2122;acquisizione di riserve non è un procedimento costoso. A rigore non ci sarebbe bisogno di tenere riserve dal momento che la Banca internazionale fornisce i mezzi di pagamento via via che essi devono essere utilizzati. http://unict.myblog.it
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Inoltre, con questo sistema non ci sono paesi forti e paesi deboli. Esso fissa unicamente per tutti i paesi l’obbligo del pareggio fondamentale della propria posizione con l’estero (ovviamente le disparità economiche restano, ma esse non sono accresciute dal modo in cui la liquidità internazionale viene creata).
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Il sitema dei pagamenti internazionali attualmente in vigore trae origine dagli accordi raggiunti da 44 paesi a Bretton Woods (cittadina dellâ&#x20AC;&#x2122;Hampshire,USA.) nel 1944, con i quali vennero regolati i rapporti monetari internazionali fra i paesi facenti capo al blocco occidentale.
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Venne allora creato • Il FMI è come se fosse la Banca centrale delle banche centrali nazionali. Raccoglie fondi in prestito dalle banche centrali e li da in prestito temporaneamente ai paesi con deficit nella BP • La Banca Mondiale è finanziata dai paesi partecipanti in percentuale del PIL e concede prestiti a lunga scadenza e a tassi di interesse bassi ai PVS che non riescono ad ottenere prestiti dalle banche. • Il GATT (accordo generale sui dazi e sul commercio) dal 1995 WTO (World Trade Organization) che fissa le regole sul commercio. Nel corso delle trattative di Bretton Woods, sorse allora il conflitto tra la proposta di Keynes, appoggiata dalla Gran Bretagna, che proponeva la creazione di una valuta internazionale (piano Keynes), e il Piano White, proposto dagli USA e basato sull’adozione delle valute http://unict.myblog.it 416 nazionali.
Il piano White risultò vincente, non perché era migliore del Piano Keynes, ma perché gli USA erano l’unica potenza industriale uscita intatta dagli eventi bellici e rappresentavano quindi l’unico mercato che potesse fornire i beni materiali necessari per la ricostruzione. Il dollaro era quindi la valuta più ambita e divenne, di fatto, la valuta internazionale dominante in tutto il mondo occidentale, nel quale tutti i paesi cominciarono a costituire le proprie riserve valutarie in Dollari. Gli USA erano poi l’unico paese ad avere una riserva aurea adeguata, e il dollaro fu l’unica moneta ad essere dichiarata convertibile in oro, alla parità di 35 dollari per oncia d’oro.http://unict.myblog.it 417
Lâ&#x20AC;&#x2122;esigenza di immettere dollari nelle proprie riserve costringeva i paesi del blocco occidentale a creare un costante avanzo nella propria bilancia commerciale nei confronti degli USA. La BP USA era invece in continuo passivo (accettato dagli USA perchĂŠ la domanda globale e il reddito erano sostenuti da G, soprattutto spese militari e aiuti ai paesi esteri in via di ricostruzione e di sviluppo). Il vantaggio per gli USA era quello di poter importare pagando come contropartita dollari di carta che andavano a costituire le riserve degli altri paesi. http://unict.myblog.it 418
Il sistema di Bretton Woods prevedeva che i pagamenti internazionali fossero regolati in regime di cambi fissi. Venne fissata una parità iniziale (cioè un rapporto di cambio tra valuta nazionale e oro, e implicitamente tra valuta nazionale e dollaro) e veniva fissata una banda di oscillazione.
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Le autorità monetarie si impegnavano poi a difendere questa parità, intervenendo nel mercato dei cambi, acquistando o vendendo valuta. Nelle maggiori città (new York, Londra, Zurigo, Francoforte, Tokio) esistono i mercati dei cambi, dove avviene lo scambio tra le valute e dove si determina il tasso di cambio. Questa situazione si perpetuò per circa un quindicennio. Dopo il 1960, con la ripresa dell’economia europea e con lo sviluppo industriale del Giappone, altre valute andavano emergendo come valute forti, atte a costituire riserve valutarie accanto al dollaro. Si passava così a un sistema a valute plurime. http://unict.myblog.it 421
Parallelamente, la possibilitĂ per gli USA di avere una bilancia dei pagamenti costantemente in passivo andava restringendosi, per lâ&#x20AC;&#x2122;intensificarsi degli scambi tra gli altri paesi. Gli USA si rendevano conto che, se le masse di dollari accumulatesi nelle riserve fossero riaffluite sul mercato dei cambi, avrebbero provocato inevitabilmente una repentina svalutazione del dollaro. Gli Usa presero allora dei provvedimenti: si dichiararono disposti a convertire i dollari detenuti dalle Banche centrali in certificati fruttiferi: in tal modo risultava piĂš conveniente tenere riserve in dollari anzichĂŠ in altre valute. http://unict.myblog.it
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Inoltre le autorità monetarie dei paesi occidentali permisero alle banche ordinarie di aprire depositi stilati in dollari (l’Italia concesse questa autorizzazione nel 1960). In tal modo i dollari entrarono a far parte non solo delle riserve ufficiali delle Banche centrali ma anche delle riserve liquide dei privati. Intanto era il periodo in cui gli scambi si accrescevano e sorgevano le società multinazionali, che rendevano conveniente tenere riserve liquide in dollari. Venne così a crearsi una circolazione privata di dollari anche nell’ambito dei paesi europei, dove vennero emessi anche titoli di credito stilati in dollari. http://unict.myblog.it
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Per i dollari circolanti fuori dagli USA venne coniato il termine eurodollaro. Tutto ciò non poteva impedire che il passaggio ad un sistema a valute plurime rendesse il dollaro sempre meno desiderato come valuta di riserva, cosa che a sua volta creava una tendenza alla svalutazione del $. Nel 1951 venne raggiunto un accordo fra USA e sette Banche centrali europee, in virtù del quale i partecipanti si impegnavano ad impedire rialzi del prezzo dell’oro (rialzi che significavano svalutazioni del dollaro, in quanto quando il prezzo dell’oro sale il prezzo del dollaro scende, perchè, perchè il prezzo dell’oro è espresso in dollari. Cioè se il prezzo dell’oro sale ci vogliono più dollari per acquistare la stessa quantità di oro e il valore del dollaro diminuisce rispetto al 424 http://unict.myblog.it valore dell’oro).
Questo accordo durò fino al 1968. Nel marzo 1968 risultando impossibile difendere ulteriormente la parità di 35 dollari per oncia d’oro, si decise di creare due mercati paralleli dell’oro. Nel mercato ufficiale sarebbero confluiti soltanto gli scambi di oro fra Banche centrali: qui si sarebbero conservate le antiche parità. Nel mercato libero sarebbero confluiti tutti gli altri scambi, e qui il prezzo dell’oro avrebbe potuto crescere senza controlli precisi. http://unict.myblog.it
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In tal modo, almeno per quanto riguardava i rapporti tra banche centrali, il dollaro non fu svalutato, però venne dichiarato non più convertibile in oro. Nell’agosto 1971, l’allora presidente Nixon dichiarò l’inconvertibilità del dollaro sia rispetto all’oro che rispetto alle altre valute (cioè i pagamenti internazionali potevano essere effettuati anche in altre valute). Nel dicembre dello stesso anno 1971, a seguito di una Conferenza internazionale tenutasi a Washington, presso lo Smithsonian Institute, vennero rivedute le parità di tutte le valute e per la prima volta, il dollaro venne ufficialmente svalutato di circa l’80% (svalutazione realizzata portando il prezzo dell’oro da http://unict.myblog.it 35 a 38 dollari l’oncia). 426
La svalutazione del dollaro segnò l’abbandono del sistema di Bretton Woods e il passaggio ad un sistema di cambi flessibili. Una dopo l’altra, tutte le valute europee vennero sganciate dalla parità del sistema di Bretton Woods, che dal 1973 fu definitivamente abbandonato. A livello europeo cominciò intanto a delinearsi la necessità di rendere stabili i cambi tra le monete europee. Dopo diverse prove fallite, nel 1979 fu firmato a Bruxelles l’accordo per l’istituzione dello SME, che istituì, a livello europeo, il sistema a cambi fissi, abbandonato con la moneta unica, l’Euro. http://unict.myblog.it
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Cambi flessibili o fluttuanti Il cambio viene determinato dalla domanda e dall’offerta di valuta, cioè dal mercato dei cambi. Es. tasso di cambio €/$ significa quanti dollari ci vogliono per 1 euro. (es. 1,10 €/$ ) (sistema certo per l’incerto). • La domanda di euro proviene dai residenti USA che devono importare dall’Italia (ns. importazioni), compresi i turisti USA che vogliono venire in Italia. • L’offerta di euro proviene dai residenti italiani che devono importare dagli USA (ns. importazioni), compresi i turisti italiani che vogliono andare negli USA. http://unict.myblog.it
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Quando la domanda e l’offerta di euro sono uguali il cambio di equilibrio è uguale a 1. Se la domanda di euro aumenta, ferma restando l’offerta, si ha una trasposizione a destra della curva D, l’euro si apprezza e il cambio aumenta, da 1 a 1,10, che diventa il nuovo cambio di equilibrio.
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La domanda di euro può aumentare: • Per l’aumento della domanda estera • Per l’aumento dei prezzi esteri che spinge ad acquistare beni Italiani • Per l’aumento dei tassi di interesse in Italia, che attirano investimenti finanziari. • Per l’aumento dei tassi di rendimento del capitale in Italia che attirano investimenti diretti • Per l’aumento del reddito nel paese estero • Per l’aumento dei turisti stranieri in Italia http://unict.myblog.it
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L’aumento della domanda di euro ne determina l’apprezzamento, e quindi un aumento del cambio. L’euro si apprezza e il cambio aumenta anche quando si riduce l’offerta di euro. In questo caso è la curva di offerta che si traspone a sinistra, fermo restando la domanda.
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L’offerta di euro può diminuire: • Per la riduzione del reddito, che riduce le importazioni • Per la riduzione del numero di turisti italiani che vanno all’estero • Per la riduzione dei prezzi dei beni italiani • Per l’aumento dei tassi di interesse (politica monetaria restrittiva) e dei tassi di rendimento italiani rispetto a quelli esteri. http://unict.myblog.it
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Quando il tasso di cambio varia solamente per le variazioni della domanda e offerta di valuta, senza l’intervento della Banca centrale, si parta di fluttuazione pulita. Sono le forze del mercato che apprezzano o deprezzano una valuta. Nella realtà domanda e offerta di valuta non rispecchiano i fondamentali dell’economia. Gran parte della domanda e offerta ha un movente speculativo, che porta spesso ad un’eccessiva volatilità dei cambi. In questi casi si rende necessario l’intervento della Banca centrale, che acquista o vende valuta per far variare il cambio, aumentando o riducendo le riserve ufficiali. http://unict.myblog.it
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In questo senso il cambio, in regime di cambi flessibili, è uno strumento di politica monetaria per il controllo dell’offerta di moneta attraverso il canale estero. Quando il cambio varia in seguito all’intervento della Banca centrale si parla di svalutazione e rivalutazione. Per evitare la volatilità dei cambi sono stati istituiti i vertici monetari annuali tra i maggiori Pi al fine di pervenire ad una fluttuazione controllata o amministrata delle principali valute. Tendenze di massima di alcuni paesi: • USA ed Europa verso la libera fluttuazione • Giappone, Canada e molti PVS verso la fluttuazione controllata http://unict.myblog.it
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Fin qui abbiamo considerato il cambio nominale, cioè il rapporto di scambio fra due valute e ci siamo riferiti al breve periodo: il cambio è determinato dalla domanda e offerta privata di moneta e dalla politica monetaria. Il cambio nominale è strettamente collegato con il cambio reale, che è il rapporto di scambio tra beni e servizi prodotti in due paesi, cioè il livello di cambio nominale che permette di comprare allo stesso prezzo un bene in un paese o in un altro. Il tasso di cambio reale tiene conto quindi dei prezzi nei due paesi.
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Esiste una relazione tra inflazione e tasso di cambio. Se c’è inflazione negli USA, noi importiamo di meno, domandiamo meno dollari. Il dollaro si deprezza e l’euro si apprezza. Il tasso di cambio aumenta: ci vogliono più dollari per acquistare un euro. Quindi, nel paese dove i prezzi sono più alti le esportazioni si riducono e la moneta si deprezza, mentre nel paese dove i prezzi sono più bassi le esportazioni aumentano e la moneta si apprezza. Nel lungo periodo questa tendenza porta il cambio a quel livello al quale si può comprare lo stesso bene (o paniere di beni) in un paese o nell’altro allo stesso prezzo. http://unict.myblog.it
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È questo il tasso di cambio con PPA. Si parla, infatti, di teoria della parità del potere d’acquisto o legge del prezzo unico. Alla base di questa teoria ci sta il principio della concorrenza internazionale e del libero commercio. La teoria della PPA non è però una teoria perfetta, ma solo tendenziale e approssimativa, in quanto: 1. Non tutti i beni sono commerciali. Es: un taglio di capelli; i beni turistico-ambientali. 2. Alcuni beni, anche se commerciabili, non sempre sono sostituibili. Es: anche se la birra tedesca costa di più, i tedeschi la preferiscono a quella americana che costa di meno. http://unict.myblog.it
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L’effetto di breve periodo del commercio sul PIL e sull’occupazione Y
=
C + I + G + E - M
Domanda Domanda interna estera (BC) Il saldo attivo della BC ha un effetto positivo sul PIL e sull’occupazione, e viceversa. Si può avere il sistema in equilibrio anche quando il saldo della BC è negativo, se la domanda interna è alta. Se il sistema è in equilibrio di piena occupazione, gli ulteriori saldi positivi della BC portano ad un aumento della DA superiore all’OA. Il risultato è quello di avere una fase espansiva dell’economia, ma si 440 innesca l’inflazione. http://unict.myblog.it
Propensione marginale alle importazioni (PMm) Sappiamo che le M dipendono dal reddito Y o PIL. La PMm è l’incremento delle importazioni per ogni euro di PIL in più. Cioè: 0<PMm<1
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Visto che sia C (e R) che M dipendono dal reddito, un euro in più di reddito si divide tra C, R e M. Per cui il moltiplicatore di un’economia aperta non sarà solo: ma
Per cui il moltiplicatore dell’economia aperta è inferiore al moltiplicatore dell’economia chiusa. Ciò significa che l’espansione della nostra economia sarà rallentata man mano che aumentano le importazioni. http://unict.myblog.it
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1째 Esercizio Nel modello semplificato della domanda aggregata conosciamo i seguenti dati: C = 100 + 0,8 Y I = 50
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Rispondete alle seguenti domande: 1) Qual è il livello di equilibrio del reddito? 2) Se per qualche ragione la produzione fosse al livello di 800, quale sarebbe il livello dell’accumulo indesiderato di scorte? 3) Se gli investimenti dovessero salire a 100, quale sarebbe il nuovo reddito di equilibrio? Qual è in questo caso il valore del moltiplicatore?
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2° Esercizio Considerate un’economia che produce solo tre beni: bistecche, uova e vino. La tabella ci fornisce le quantità vendute e i prezzi negli anni 1990 e 2000. ---------------------------------------------------------------1990 2000 ---------------------------------------------------------------Q P Q P ---------------------------------------------------------------Bistecche 10 2,80 7 3,10 Uova 10 0,70 13 0,85 http://unict.myblog.it Vino 8 4,00 11 4,50 445 ----------------------------------------------------------------
1) Calcolate il PIL nominale nel 1990 e nel 2000. 2) Calcolate il PIL reale nel 1990 e nel 2000 (anno base 1990). 3) Calcolate il Deflatore del PIL nel 1990 e nel 2000. http://unict.myblog.it
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