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Angela Pinti
Secondo l’avvocata di Civitavecchia, legale con una lunga esperienza alle spalle nel contrasto alla violenza di genere e contro il bullismo, collaboratrice di una delle maggiori associazioni femminili di Civitavecchia, “la questione inerente l’obiezione di coscienza e l’inumazione dei prodotti abortivi possiede, ovviamente, dei risvolti giuridici”
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Avvocata Pinti, in merito alla inumazione dei prodotti abortivi e nel caso del cimitero dei feti di Civitavecchia, quanto è grave dal punto di vista giuridico il fatto che le donne non ne siano state avvisate?
“Anzitutto vorrei chiarire che, in caso di interruzione di gravidanza, la donna gode di una piena tutela giuridica, perché si tratta di un diritto costituzionale; quindi, non stiamo parlando né di una legge, né di un provvedimento, né di un decreto creato ‘ad hoc’, bensì di un diritto inviolabile. Per quanto riguarda, invece, la comunicazione circa il trattamento dei prodotti abortivi, è necessario specificare che, rientrando nei primi tre mesi di gravidanza e avendo la scienza dichiarato che si tratta ancora di un feto e non di un essere vivente completo nelle sue funzioni vitali, la donna deve essere informata, perché detti residui fanno ancora parte del suo corpo. Questo rientra nel diritto che l’essere vivente ha di essere garantito nella non mutilazione delle proprie parti corporali, che deve essere garantito dallo Stato”.
L’avvocata Angela Pinti (a destra, dietro) con le colleghe della Consulta delle donne, associazione femminista storica a Civitavecchia
Esiste una norma di legge attraverso la quale il medico obiettore può rifiutarsi di prestare assistenza alla donna durante l’interruzione di gravidanza? Se egli non interviene in caso di pericolo di vita per la donna, è punibile dal punto di vista penale?
“La legge n. 194, oltre a garantire il diritto all’aborto delle donne, prevede anche il diritto del medico di non praticare l’interruzione di gravidanza, ove obiettore. Diritto che, tuttavia, non sussiste in caso di pericolo di vita per la paziente. Ritengo che rifiutarsi di intervenire, o di assistere una donna in fase di interruzione della gravidanza nel caso di grave pericolo per l’incolumità, sia penalmente rilevante dal punto di vista giuridico, per una serie di reati che possono rientrare nella fattispecie: dall’omissione di soccorso all’aggravamento, a seconda del caso. Laddove il medico obiettore dovesse intervenire chirurgicamente nell’ospedale, per effettuare l’interruzione di gravidanza in situazione di urgenza, la sua obiezione di coscienza viene revocata immediatamente dall’organo preposto”.