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Walter Primo

“Con tre euro l’ora e il cottimo non si può vivere”

Il quarantenne catanese ha iniziato a fare il rider l’anno scorso in piena pandemia, poiché disoccupato da un anno a causa di una politica di tagli messa in atto dall’agenzia pubblicitaria nella quale era impiegato, costringendolo ad arrangiarsi: “La mia lotta è la stessa di tutti i colleghi resi schiavi da un algoritmo”

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Walter Primo, quando e in quali circostanze ha iniziato a fare il rider?

“Durante la pandemia, non per scelta ma per necessità: ero disoccupato da un anno e ho dovuto ripiegare su questo lavoro. Prima lavoravo in un’agenzia pubblicitaria, che nel 2019 ha fatto dei tagli al personale e ci sono finito in mezzo”.

Come definisce la sua esperienza professionale in quanto rider?

“Una lotta continua, non solo mia, ma anche di migliaia di colleghi. Personalmente, facendo solo questo mestiere ci sto puntando molto, ma ci sono una serie di condizioni da migliorare. Capita spesso di guadagnare 2 o 3 euro per consegne a chilometri di distanza. In questi termini, è insostenibile: ci stiamo battendo a livello sindacale per ottenere i nostri diritti”.

Che ne pensa del contratto collettivo firmato da Ugl e AssoDelivery in autunno?

“Innanzitutto, quell’accordo non può essere definito un ‘contratto collettivo’, perché non c’è stata nessuna vera contrattazione sindacale. Anzi, vi si è giunti senza interpellare i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil): un ‘accordo-truffa’, firmato solo dall’Ugl e imposto dall’alto, senza possibilità di replica per noi. Io per primo sono stato costretto a firmarlo per continuare a lavorare: se non avessi accettato, mi avrebbero dato il benservito”.

Una questione solo di forma o anche di sostanza?

“Anche di sostanza. L’accordo non solo è stato firmato escludendo i principali sindacati, ma si è anche cercato di farlo passare per quello che non è. All’inizio, lo si spacciava per il contratto che metteva fine al sistema del cottimo, con l’inserimento dei 10 euro l’ora. In realtà, abbiamo poi scoperto che si trattava di 10 euro l’ora ‘lavorata’, che è molto diverso: se non fai consegne, non guadagni. Il punto è che per chi, come me, fa solo questo mestiere (e siamo in tanti) è praticamente impossibile arrivare a fine mese con queste tariffe e a queste condizioni ingiuste. Veniamo pagati come lavoratori occasionali, quando in realtà lavoriamo da dipendenti. Quello del ‘rider’ non è un lavoro indipendente: è l’azienda che decide i tuoi orari, non tu. Non accettare di effettuare una consegna - perché non puoi, perché sei malato, perché mi è stata rubata la bici - significa essere fortemente penalizzato dall’algoritmo e poter lavorare meno in futuro. Questo meccanismo mi ha portato a smettere di lavorare per ‘Glovo’ e passare a ‘Just Eat’, dove le cose sono almeno un po’ diverse”.

‘Just Eat’ ha infatti annunciato che inizierà a brevissimo un piano di assunzioni per tutti i suoi riders: lei cosa ne pensa?

“Ci conto moltissimo. So che le trattative con i sindacati sono ancora in corso. Aspettiamo di vedere il contratto e rimaniamo speranzosi. Non chiediamo chissà cosa, solo che ci vengano riconosciuti i diritti e le tutele che ci spettano”.

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