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INSPIRATION WE n’2 trimestrale II parte primavera
INSPIRAT
INSPIRATION WE n’3 trimestrale 21 giugno 2014
n’3 trimestrale 22 settembre 2014
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INSPIRATION WE Inspiration We, è nata come rivista emozionale, composta da parole e fotografie di momenti, anche “piccoli” (e forse in apparenza insignificanti), ma che hanno la loro rilevanza perché restano nel cuore, e possono essere riportati e riproposti alla memoria, attraverso delle pagine... perché si sa, spesso i ricordi si perdono nel tempo. In origine, ci eravamo dati l’obiettivo di quattro uscite tematiche per i quattro “cambiamenti stagionali” più significativi dell’anno. Ecco dunque il perché delle uscite del 21 dicembre, inizio d’inverno, nel solstizio, con la notte più lunga dell’anno rispetto alle ore di luce. Quelle primaverile del 21 marzo, e autunnale del 23 settembre, con il fenomeno dell’equinozio (dal latino equus nox: uguale alla notte, in cui le ore di luce e buio si equivalgono perché il sole transitando sull’equatore, rende in tutti i paesi della terra, le notti uguali ai giorni). Il 21 giugno abbiamo pubblicato il terzo numero di Inspiration We per pochi intimi e poi, oggi, lo ripubblichiamo insieme all’uscita autunnale perché nella vita, si impara a fluire con le cose, ci si accompagna alle energie, cercando di realizzare i nostri sogni ma anche aspettarsi, venirsi incontro, accompagnarsi e rallentare o accelerare per non perdersi o per ritrovarsi. Si cerca di seguire la “luce”, sia nella sua presenza che nella sua totale assenza perché a volte capita, che nel buio ci si accorga di un puntino luminoso o ci si renda conto di quanto si possa dare per scontata la presenza del sole e dei suoi raggi, e ciò fa scaturire in noi riconoscenza e voglia di festeggiare e condividere la gioia! Con questo numero, celebriamo la luce nelle sue varie interpretazioni, naturale o artificiale, filtrata dall’acqua o dalle foglie e dai rami. Usciamo oggi 23 settembre, equinozio d’autunno ma idealmente, ricordiamo anche il 21 giugno, solstizio d’estate, la festa del Sole, (simbolo del fuoco, festa celebrata fin dagli albori della nostra civiltà, con diversi riti magici e religiosi, spesso ancora oggi, un po’mescolati a quelli pagani. La parola solstizio viene dal latino “Solis statio”: fermata, arresto del sole, data in cui esso raggiunge la massima distanza dall’equatore e il giorno diventa il più lungo, cioè con maggiori ore di luce rispetto a quelle di buio).
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{9} INSPIRATION WELCOME {10} INSPIRATION WE ART {24} INSPIRATION WE HOST {40} INSPIRATION WE CAN FLY {46} INSPIRATION WEEKEND {48} INSPIRATION WE LIFE {53} INSPIRATION WEIRD {54} INSPIRATION WE HOST {62} INSPIRATION WEDDING {86} INSPIRATION WE TRAVEL {104} INSPIRATION WE LOVE BEAUTY & REPORTAGE
Inspiration welcome Sono particolarmente lieta e orgogliosa di questo numero, nella sua semplicità è umano, ricco di immagini che parlano più o meno di emozioni e sogni realizzati. E’ il segno che quando mettiamo più energia nei nostri sogni che nelle nostre paure, realizziamo qualcosa che parla di noi, mettendo in circolo speranza. Scrivo l’editoriale ancor prima di completare la rivista perchè, come spesso capita nella vita, ogni cosa che nasce da un’elaborazione che sfida il nostro cuore, è come un seme che trasformandosi e trasmutando, diventa frutto. Non mi calerò nel dettaglio del personale. . . Non mi addentrerò nei meandri di un animo le cui ferite non sono ancora rimarginate. Ma colgo e riporto l’immagine di San Francesco di Sales: “Come si impara a camminare camminando, si impara ad amare, amando” Ammettiamolo, gli errori servono, ci offrono nuove occasioni per imparare e stimolano a trovare punti di vista diversi per trasformare ciò che prima aveva il sapore amaro e sgradevole dello “sbaglio” e della delusione, in qualcosa di più “buono”! La nonna mi ripeteva che: “Sbagliando si impara e si cresce, e non si smette mai di crescere nemmeno da dopo morti!”; lei aveva una visione tutta sua delle cose, visione che forse mi ha trasmesso e che mi ricorda che “da ogni errore si può ricavare una conquista”. La presenza della nonna era costante e non invadente, con lei, la caduta e lo sbaglio avevano il retrogusto della consolazione, che si trova in un abbraccio d’amore e accettazione incondizionata, dello sguardo di indulgenza e presenza. Lei viveva così, con l’umiltà del chiedere scusa, la spontaneità dell’essere ciò che si è, con la consapevolezza che abbagli, malintesi, falli, sviste, etc in un’esistenza, sono contemplati tanto quanto i sorrisi, i gesti gentili, l’altruismo, l’amor proprio, la fede, le consapevolezze che si acquisiscono giorno per giorno. Come gli sbagli che si commettono nella vita e che, per stare meglio, non devono diventare un pesante fardello giudicante e limitante ma un trampolino grazie al quale rialzarci e proseguire nel cammino. Questo numero Autunnale è stato cucito su misura come una di quelle bellissime coperte patchwork. Reca in sé molto del materiale di quello Estivo “uscito e rientrato”. Inoltre è stato integrato con la seconda parte del numero Primaverile. Questo numero è un’armonia di contenuti diversi per stile ma ricchi in sostanza emozionale! Ripensiamo all’Estate bizzarra che sta finendo, alla leggerezza, alle vacanze, ai profumi intensi, che portiamo ancora addosso come la voglia di creare ricordi, emozioni che ci scalderanno soprattutto se raccontati attraverso un’immagine fermata in uno scatto fotografico. L’autunno, per me, è un nuovo inizio ma anche una ripresa, una strada da continuare a percorrere per imboccare nuovi percorsi, sogni da ascoltare ed inseguire. Un cambiamento nel guardare il Tutto. Penso che sia bello farlo accogliendolo con gioia, con il meglio di noi che ci accompagna da sempre e che emerge vivendo perchè è così che la nostra vita cambierà! FIND THE JOY IN THE ORDINARY
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Abano Graffiti
Un’arte che nasce e si mantiene viva per la strada. Di recente ARTcaffè “La Fiesta” Lounge Bar di Abano Terme (Pd), ha ospitato con successo, l’Evento di Abano Graffiti 2014 e noi di Pher abbiamo partecipato cogliendone alcuni momenti! La Galleria ARTissima Spazio Arte Contemporanea di SIlvia Prelz, in collaborazione con l’Associazione Jeos, Progetto Giovani Padova e con il patrocinio della città di Abano Terme, ha presentato la manifestazione di writing Abano Graffiti.. L’evento consisteva in una serie di live-performance di: Acer, Axe, Bazar, Boogie, Haws, Made514, writer selezionati dall’Associazione Jeos e iscritti all’archivio GAi di Progetto Giovani Padova. Questi artisti si sono distinti negli anni a livello mondiale per la loro specificità stilistica, intervenedo ad importanti convention di graffitismo, partecipando a mostre in gallerie, e interagendo nel territorio urbano nazionale e internazionale. Le live-performance si sono svolte presso l’Artcaffè e sono state accompagnate dal dj-set di Alberto Martin.
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Y-40 è un progetto creativo dell’Architetto e direttore dell’Hotel Terme Millepini di Montegrotto (Pd) , Emanuele Boaretto. Il progetto nasce con delle caratteristiche del tutto speciali, anzi... uniche al mondo. A pochi chilometri da Venezia e Padova in Abano-Montegrotto Terme, 365 giorni l’anno di spazi dedicati all’apprendimento per apneisti e sommozzatori, l’immensità di un set cinematografico e aree per servizi fotografici, un ambiente sicuro per esercitazioni professionali, per vivere le più svariate esperienze di acquaticità. Y-40, grazie alla profondità record, permette di intraprendere il percorso per acquisire tutti i brevetti della subacquea ricreativa e apre a quelli della subacquea tecnica. www.y-40.com
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Y-40 The Deep Joy è la piscina più profonda al mondo! Noi di Pher abbiamo avuto il grande piacere di condividere le emozioni nei giorni delle inagurazini il 5 e il 7 di giugno 2014. Y-40 è una vasca profonda 42 metri, che accoglie subacquei da tutto il mondo. L’architetto Emanuele Boaretto, con evidende trasporto ed orgoglio, ha raccontato ai presenti e a tutti coloro che hanno seguito la diretta streaming, di come il suo sogno si sia avverato, realizzandosi in pochi mesi, grazie a un grande lavoro di squadra, che ha visto coinvolti e partecipi attivamente l’hotel, le istituzioni, aziende e Veneto Banca. Al taglio del nastro inaugurale del 5 giugno, abbiamo assistito all’immersione dell’apneista detentore di tanti record mondiali, Umberto Pelizzari, e allo spettacolo acquatico, a cui gli invitati meravigliati, sognanti e stupiti, attraverso il fantastico tunnel centrale, hanno assistito allo spettacolo di una vera sirena, l’apneista Ilaria Molinari, che si è esibita insieme a subacquei e apneisti anche durante l’inaugurazione del 7 giugno, che ha visto tra i protagonisti un uomo, un mito: Enzo Maiorca. Originale l’intervento del vescovo di Macerata, grande appassionato di subacquea, che giovedì 5, ha benedetto la struttura e fatto posizionare sul fondo della piscina una statuina della Madonna, invocata a proteggere tutti coloro che si immergeranno nella piscina alimentata con acqua termale a 33 gradi.
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Inspiration we can fly Quegli strani tipi con il naso all’insù Nel variopinto mosaico che compone il mondo degli appassionati di fotografia, un posto di rilievo lo occupano gli SPOTTERS. Coloro che ne fanno parte sono facilmente riconoscibili dall’abbigliamento, dall’attrezzatura fotografica, che possiedono e dalla serietà e preparazione che li contraddistingue. Fotografare gli aerei è un compito impegnativo in termini di risorse di tempo ed anche economiche, -lo si faccia per lavoro o solo per hobby!Oggi, in numerosi aeroporti, i gestori sono poco propensi a facilitare le riprese fotografiche, spesso addirittura le dissuadono. Ci fu un tempo in cui dalle terraze aperte al pubblico degli aeroporti, era possibile fotografare liberamente decolli e atterraggi. Le foto degli amici e parenti che salutavano dalla pista mentre raggiungevano a piedi l’aereo per imbarcarsi o in cima alla scaletta prima di entrare in cabina, fanno bella mostra di sé in molti album di famiglia. I fotogrammi scattati all’esterno delle basi militari, che ritraevano i caccia dalle fusoliere argentee e poi mimetiche, e la diversità degli aerei che componevano le aviazioni militari di numerose nazioni, erano motivo di vivaci discussioni tra gli appassionati e ambita merce di scambio nel mercatino delle immagini più significative. Fino all’avvento del digitale, la parte del leone la fecero le diapositive della Eastman Kodak. Le storica pellicola fotografica invertibile per diapositive a colori 35mm Kodachrome 64 ASA, era la preferita per la fedeltà dell’immagine e della resa cromatica. Questa particolare pellicola per diapositive era diventata uno standard internazionale e accoppiata all’obiettivo 50mm, usata dagli spotter per immortalare gli aerei in volo o quelli esposti nelle mostre statiche. Lungo i margini delle strade, che portavano alle “testata pista” di alcune basi, vi erano linee e numeri segnati sull’asfalto; erano i riferimenti per fotografare con gli zoom 135, 200, 300 e così via, e ottenere sicuramente un’immagine “intera” dell’aereo in volo. Non essendo ammesse “copie”, venivano fatti più scatti dello stesso soggetto per essere in seguito usati negli scambi. E’ interessante ricordare una curiosità: la citata pellicola veniva venduta con lo sviluppo compreso nel prezzo di acquisto. I rullini esposti venivano inseriti nella busta annessa alla confezione e spediti per posta a un laboratorio Kodak, solitamente in Svizzera. Dopo alcuni giorni di trepidante attesa, il postino recapitava a casa il prezioso e unico materiale; le diapositive erano montate su telaietti di cartone e ordinate dentro un contenitore di plastica, compresi gli scatti non riusciti. Altri tempi e altri costi! 40
Oggi tutto questo è stato superato dall’avvento della fotografia digitale, pratica, veloce e subito fruibile; si è persa però quella parte del fascino legata all’attesa a vantaggio del tutto e subito. Nel corso del conflitto nei Balcani, fuori dalle basi (in mezzo a curiosi e spotters) si nascondevano occhi di parte molto attenti. Vennero innalzate conseguentemente delle barriere architettoniche e implementate severe misure di vigilanza e controllo. Comparvero divieti di fermata e di sosta, tesi a dissuadere la presenza di curiosi vicino alle piste. Lo spotter è un appassionato di aviazione che conosce profondamente la storia e la tecnica del soggetto che fotografa. Raramente è spinto da interessi diversi dalla grande passione per le macchine volanti. Arriva da una città, da una regione o da uno Stato anche molto lontani. Disposto a bivaccare in auto o all’aperto con qualsiasi tempo in attesa di fare qualche scatto buono. Con la classica borsa da fotografo, il cappellino da baseball, giubbino multitasche ornato di “patches” (stemmi) dalle più remote provenienze e calzature comode, disposto ad attendere ore, con il sole o la pioggia, per documentare i più pesanti dell’aria che si muovono nel loro elemento. 41
I più intraprendenti, forniti di una radio sintonizzata sulle frequenze del traffico aereo, riescono a sentire in anticipo cosa si muove e conseguentemente si preparano con l’obiettivo per la distanza appropriata. Dopo i fatti del 11 settembre 2001 c’è stato un inasprimento delle misure di sicurezza. Chiunque gironzoli con una macchina fotografica attorno a un’installazione militare e incappa nei controlli di sicurezza, è passibile del sequestro dell’apparecchiatura fotografica e di denuncia per riprese non autorizzate. I tempi dei capannelli lungo il perimetro delle basi sono finiti e non torneranno mai più. L’avvento di fanatismi radicali, gli atti dolosi e la conseguente imposizione di misure drastiche, hanno reso problematico esercitare quella passione che per decenni, ha accomunato folle di appassionati e molte famiglie a rimanere per ore con il naso all’insù. Juan Francisco Celentin Testo e immagini dell’Autore Copyright © 2014 JFC
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Tra le cose che ho letto....
recensione di Silvia Z.
Lo ammetto, ad attirarmi verso questo romanzo d’esordio dell’autrice Claudia C. è stato, oltre al titolo, il prezzo, poco più di un euro! La copertina mi ha incuriosito e quindi ho deciso che valeva l’investimento. Si avvicina il 40 esimo compleanno di Giulia, carriera ben avviata, matrimonio finito, alle spalle senza troppi rimpianti, un nuovo fidanzato imprenditore. Tutto sembra perfetto... ma qualcosa la tormenta, la rende infelice e irrequieta, provoca degli inspiegabili mal di pancia, dei paurosi attacchi di panico. Giulia si rende conto che la sua vita le sta stretta. Potrebbe sembrare tutto fantastico, invece il lavoro (di successo) non la soddisfa, il fidanzato imprenditore la trascura e pur amandola, non si vuole impegnare. Qualcosa la soffoca, la fa annaspare, la fa sentire insicura. Giulia dovrà capire cosa vuole veramente per essere felice e non deludere i propri sogni, ad aiutarla in questo percorso di risalita e riscoperta di sé le amiche Sandra ed Anna. Trama semplice, scrittura scorrevole, romanzo che rispecchia quasi realisticamente l’io femminile con le sue mille sfaccettature e incoerenze. Peccato per quel “quasi”... perchè se è vero che l’autrice è riuscita a rispecchiare la fragilità dell’animo femminile, non è stata altrettanto capace di creare dei personaggi un po’ più realistici e meno stereotipati, che alla fine, non mi hanno proprio convinto. Giulia e le sue amiche sono troppo belle e di successo per essere reali, risulta tutto un po’ forzato, quasi a rimodellare una sorta di Sex and the City di casa nostra. C’è l’amica che ha appena partorito (e quindi, non fa parte del cerchio della fiducia nella ricostruzione dell’animo tormentato di Giulia, forse troppo impegnata a fare la mamma per aver tempo di partecipare al romanzo), l’amica che non riesce ad avere figli, ma che ha successo nel lavoro e un matrimonio felice, quella single con una figlia adolescente, e riesce ad avere successo nel lavoro (anche lei?!? sì, anche lei) e un nuovo amore e infine, la protagonista, con carriera avviata e successo nel lavoro (ma è un vizio?!) che però non la soddisfa e un rapporto amoroso da stabilizzare. Devo dire comunque che tralasciando la caratterizzazione scontata dei personaggi, e l’irreale costante della carriera di successo, che non mi hanno per niente convinto, per il resto si è rivelato molto scorrevole e riflessivo. Carico di citazioni interessanti, che mi hanno incuriosito e invogliato ad approfondire alcuni argomenti relativi alla soddisfazione di sé. E’ lampante che l’autrice sa di cosa sta parlando, non c’è nulla di improvvisato nell’analisi dei comportamenti di Giulia e delle sue amiche. Si avvicinano alla realtà, a persone che conosciamo.
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Mi sono piaciute le riflessioni della protagonista, il rapporto con le amiche e anche i suoi attacchi di mal di pancia. Mi ha fatto pensare a tutte le volte che si provano sensi di colpa nei confronti delle cose che si vorrebbero fare e che non si fanno. Mi ha fatto riflettere e riconsiderare alcune priorità: prendere tempo per sé stessi, smetterla di lamentarsi, fare una lista di buoni propositi, e a vivere il presente. Peccato che ci sia troppo lieto fine, anche se non tutti i personaggi riescono ad ottenere esattamente ciò che vogliono, riescono comunque a realizzare i propri sogni. Si conclude privo di insoddisfazione, e questo lo discosta inesorabilmente dalla realtà. Se non c’è amarezza, se non c’è rimpianto, se non c’è inadeguatezza, allora c’è solo finzione. Malgrado i difetti, un libro sorprendentemente stimolante. Non male per 1 euro e 65 centesimi...
Autore: Claudia C. Titolo: Il cielo in testa: rinascere a 40 anni Editore: Claudia C. Pagine: 226 Anno prima edizione: 2013
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1° Marcia della Speranza “per la pace in Congo”
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Inspiration we life John Mpaliza, l’uomo che marcia per la Pace nel Congo John marcia per la Pace: “Perché ognuno può e deve fare qualcosa affinché la pace sia la priorità per tutti”, lo fa camminando perché passo dopo passo, avvicina le persone, quasi sempre incuriosite e interessate, per sensibilizzarle, informarle, per offrire loro uno sguardo sulla drammatica situazione della Repubblica Democratica del Congo. Lo fa con l’amore di chi abbraccia la missione che sente di avere, di chi la porta avanti, non senza difficoltà, con il sorriso spontaneo e la voglia di trasmettere forza, coraggio e speranza anche con una canzone accompagnata dalla sua chitarra e dal battito delle mani dei ragazzi e di tutte la gente che incontra e coinvolge. Noi abbiamo camminato con John alla I° Marcia della Speranza per la Pace in Congo a Padova, domenica 23 marzo 2014. Questa marcia è stata desiderata da molti, organizzata in particolare dall’Associazione TUMAINI -un Ponte di Solidarietà-. In molti hanno partecipato, marciato, corso, camminato nonostante la fortissima, incessante e abbondante pioggia! Il materiale fotografico da allegare non è molto, il carico emozionale e umano invece è ancora vivo e risuona pulsando in tutti noi! Per chi volesse, c’è un simpatico video amatoriale dell’evento sul sito dell’associazione www.tumaini.it
L’Associazione TUMAINI -un Ponte di SolidarietàTumaini significa speranza in Swahili, una lingua parlata da oltre 50 milioni di persone in Africa, ed è il nome scelto dal gruppo di volontari che fondarono l’Associazione nel 2006 a Selvazzano Dentro (Pd) con obiettivo: -favorire l’integrazione e la solidarietà fra le persone di diversa origine e cultura; -sostenere i bambini abbandonati o con famiglie in difficoltà nell’accesso all’istruzione, all’assistenza e alla prevenzione sanitaria; -supportare le persone e le famiglie vittime di conflitti, della disoccupazione e della povertà, con interventi che creino opportunità di emancipazione e di sviluppo. L’Associazione dedica la sua azione in particolare ai più giovani, sia in Italia, dove da alcuni anni collabora con le scuole per aiutare i ragazzi a diventare cittadini del mondo attivi e consapevoli, sia in Africa, attraverso il sostegno alla formazione scolastica e universitaria di bambini e giovani del nord-est del Congo. Gli interventi dell’Associazione si sviluppano inoltre nella regione del Kivu, con progetti di sviluppo e interventi di emergenza e in Italia, attraverso seminari, mostre itineranti e attività di integrazione sociale, fra cui corsi di lingua italiana per immigrati.
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John Mpaliza da buon camminatore educatore (personale soprannome dato dall’autrice dell’articolo: “perché John, a mio parere, educa! Perchè per educare è necessario essere”), ha trascorso l’estate percorrendo l’Italia nella: “Marcia Reggio-Reggio”. Una marcia da Reggio Emilia a Reggio Calabria per la pace nella RD Congo e la Siria. Dal 20 luglio al 20 agosto 2014 John Mpaliza, cittadino reggiano di origine congolese e Jean Bassmaji, cittadino reggiano di origine siriana, hanno presentato e stanno percorrendo la marcia che con “Reggio in Marcia” e “#MyFeetForPeace”, da domenica 20 luglio 2014 li porta a camminare insieme per sensibilizzare ed informare sulla drammatica situazione in cui versano i loro rispettivi Paesi di origine: RD Congo e Siria. Se desiderate seguire i passi di John, più o meno fisicamente: Peace Walking Man www.peacewalkingman.org Materiale raccolto dal profilo: Peace Walking Man Facebook: https://it-it.facebook.com/peacewalkingman
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“il motore del duemila sarà bello e lucente sarà veloce e silenzioso sarà un motore delicato avrà lo scarico calibrato e un odore che non inquina lo potra’ respirare un bambino o una bambina ma seguendo le nostre cognizioni nessuno ancora sa dire come sarà cosa farà nella realtà il ragazzo del duemila questo perché nessuno lo sa...” Lucio Dalla
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The Time Machine La macchina del tempo ci porta dove la musica aveva inizio, indietro ma non troppo. Ogni genere musicale nasconde le sue perle quasi dimenticate da rispolverare, magari in una cartella del vostro smartphone, pronte per essere gustate. Canzoni che sono senza tempo, di artisti andati oppure vivi e vegeti. Una fusione di emozioni, voci e strumenti. Questa volta ho raccolto 5 brani esclusivamente italiani per “argomento“, lasciandomi in-spirare dagli eventi e dall’energia emozionale. Potreste scoprire di non conoscere affatto alcune scelte riportate, un buon pretesto per ascoltarle ora, cercate sul tubo o in qualche e-shop, non ve ne pentirete!
Per chi crede che la musica migliori la nostra vita e ci sia stata donata per suonarle ancora...
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rubrica a cura di Kir Otacec
ritorno al futuro • Rock’n roll robot - A. Camerini • Shocking my town - Franco Battiato • Lei verrà - Mango • 1950 - A. Minghi • Il motore del 2000 - Lucio Dalla
concept album • Non al denaro, non all’amore... - De Andrè • Memorie - Pooh • Io sono nato libero - Banco del mutuo soccorso • Viaggio senza vento - Timoria • Ulisse - PFM
amore mio • Amore Bello - C. Baglioni • Il cielo in una stanza - G. Paoli • Di sole e d’azzurro - Giorgia • Ancora - E. De Crescenzo • E ti vengo a cercare - F. Battiato
voci
per sempre • Anna e Marco - Lucio Dalla • Solo per te - Negramaro • Una canzone per te - Vasco Rossi • Ho messo via - Ligabue • Se tu non torni - M. Bosè
• Onde - Alex Baroni • Alba - Giorgia • Qualcosa che non c’è - Elisa • Degli Alberi - L’ Aura • Note di notte... - C. Baglioni
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FOTO di Elisabetta
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“Torneranno i prati” è il nuovo film del pluripremiato regista italiano Ermanno Olmi. Girato nei primi mesi del 2014 per la celebrazione del centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, questo film è stato ambientato nelle trincee del fronte Nord-Est e girato in gran parte sull’Altopiano di Asiago (Vicenza). Il grande regista, che ha curato il soggetto, la sceneggiatura e la regia del film, riporta sullo schermo cinematografico, le atmosfere buie dei ricordi e delle emozioni sepolti tra la neve e la trincea , (raccontando le vicissitudini umane e la quotidianità di soldati semplici che vivevano nelle trincee, sotto il sopruso dei propri Caporali). E’ un film per parlare di guerra con lo scopo di apprendere dalla storia affinché non si ripeta, infatti come dice lo stesso Olmi: “Sappiamo che la guerra è la più grande stupidaggine, ma siamo sempre a rischio di ricascarci.” Confidiamo nella lezione di chi sa imparare dalla storia, che porta a pensare che: “Dopo una disfatta, tutti tornano a casa loro e dopo un po’ tornerà l’erba sui prati.” Noi abbiamo incontrato ed intervistato Niccolò Tredese, uno degli attori che hanno partecipato a questo film, che ha portato in trincea Claudio Santamaria, e altri attori quali: Alessandro Sperduti, Camillo Grassi, Andrea Di Maria, Niccolò Senni, Domenico Benetti, Andrea Benetti, Carlo Stefani, Franz Stefano, Andrea Frigo, Igor Pistollato, e appunto, Niccolò “il delirante.”
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Ecco un’intervista, che è più una chiacchierata con un ragazzo con le idee chiare (che sa di non essere adatto a tutti i ruoli sul palco e nella vita) e una grande passione per l’Arte, a cui auguriamo il successo riservato alle grandi Star. Niccolò parlaci un po’ di te: Ho iniziato a recitare a 14 anni, un po’ per gioco, ad un corso di recitazione regionale e mano mano che il tempo passava, sentivo crescere il desiderio di frequentare quanti più corsi possibili. Per qualche anno, ho fatto parte della compagnia teatrale “Termeteatro” con la quale abbiamo avuto molte soddisfazioni e vinto alcuni premi e riconoscimenti. Dopo essermi laureato in Informatica all’università di Padova, sono partito verso Roma per studiare recitazione perché sentivo di avere bisogno di un qualcosa in più. Come è stato il tuo percorso di crescita come attore fino ad ora? C’è stato un periodo, iniziato sin dal secondo anno che frequentavo la Scuola a Roma, in cui ho letto di tutto e di più riguardo alle diverse tecniche di recitazione. Testi e libri soprattutto in lingua inglese; ho contattato e parlato (oserei dire anche, ma in senso buono, “tormentato”) attori professionisti conosciuti attraverso internet, psicologi, gente comune che mi trasmetteva qualcosa in grado di andare oltre le parole; letto e riletto anche le stesse cose per trovare quel qualcosa che potesse servire a me, quel
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qualcosa in grado di colpirmi, emergere, emozionarmi, spronarmi.... Devo ammettere che un grande impulso l’ho avuto studiando e allenandomi da solo, conducendo un approfondimento parallelo a quello accademico. Penso che una scuola ti possa formare tecnicamente e insegnare davvero molto, ma l’evoluzione successiva, la vera crescita dell’artista, dipende da se’ stesso. Quella umana invece è continua e costante! La recitazione permette di tirare fuori quello che generalmente si fatica ad esprimere nella vita normale.
Certo che fare l’attore è affascinante ma dalle tue parole traspare una vera e propria dedizione sviscerale, una continua ricerca che poco assomiglia a ciò che spesso si legge nelle interviste di giovani attori “scoperti per caso” Spesso le voci dicono che per fare un mestiere come quello dell’attore, servano molti grossi colpi di fortuna ma io credo di più che i colpi di fortuna vadano cercati e il film con Ermanno Olmi è stato proprio uno di questi! Tramite un amico, ho saputo che il grande Ermanno Olmi avrebbe tenuto il casting per questo suo film, ad Asiago, così
vi ho partecipato senza pensarci troppo cioè senza essere prevenuto. Confidando nelle mie capacità, conquistato dall’opera a cui avrei potuto partecipare, ho passato la prima selezione. Ciò, per me, aveva il profumo dell’incredibile perché dopo tanti casting andati a vuoto “cominci a fare il callo ai no”, ma è proprio in quei casi che deve entrare in gioco una forza dominante che è la volontà. E poi? Dopo pochi giorni ho ricevuto la chiamata dall’assistente di regia, che mi confermava che il provino era andato bene e che avrei avuto un incontro con Ermanno Olmi in persona! Così sono tornato ad Asiago per sostenere il colloquio con lui: personaggio profondo, tenace e genuino, raro come pochi nel mondo del cinema italiano, che troppo spesso -o per essere più corretti quasi sempre dal mio punto di vista-, è fatto di falsità, gente altezzosa e tanta ipocrisia. Ermanno Olmi è come l’acqua fresca e potabile in mezzo ad un lago di acqua stagnante e amara. So che questo è un paragone un po’ azzardato dato che non è di certo il giovane regista esordiente, ma è proprio questo controsenso che rispecchia un po’ la situazione del cinema e dello spettacolo italiano. Alla fine del colloquio, lui in persona, mi ha detto che il ruolo di soldato “delirante” era mio e quindi facevo parte del cast. Nei giorni che hanno preceduto le riprese, l’assistente di regia mi ha sempre tenuto aggiornato sul procedere dei preparativi. Io vivevo l’ attesa con la trepidante calma zen che adot-
to in certe circostanze perché per come sono fatto io: “non ci avrei pienamente creduto finché non mi fossi ritrovato lì a girare”. Come è stato recitare in un film così impegnato e impegnativo sotto molti aspetti e punti di vista? L’esperienza è stata bellissima; non capita tutti i giorni di fare un film con Ermanno Olmi! Mentre giravamo le mie scene, mi ha dato moltissima soddisfazione; riconosceva e apprezzava il mio impegno -e il sudore- e questo atteggiamento incoraggia e sprona a fare sempre meglio! In certi momenti delicati si è più vulnerabili ma quando si è guidati da un maestro come Olmi, tutto risulta più vivo e stimolante. Da quando ho finito le riprese continuo a studiare perché la ricerca, il migliorarmi continuamente, il mettermi in gioco anima e corpo nelle cose in cui credo, sono insiti nel mio essere. E’ stato importante anche recitare insieme a professionisti e persone con cui ho potuto condividere emozioni e sfumature che porterò sempre con me. Coltivi altre passioni insieme a quella per la recitazione? Disegno sin da quando ho imparato a tenere una matita in mano! Mi sono diplomato all’Accademia di fumetto e tra i miei lavori vi sono ritratti e illustrazioni; anche qui c’è sempre da imparare perché fare l’artista implica uno studio
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continuo delle varie discipline e un’autentica dedizione. Per quanto riguarda la musica, suono praticamente da sempre. Nel 2004 - 2005 ho vinto dei premi come “miglior bassista” e “miglior gruppo show live” ad un concorso organizzato dalla Columbia, quell’esperienza mi ha dato moltissime soddisfazioni! Attualmente studio e mi esercito quotidianamente, dedicandomi ad una particolare passione: quella della musica Medievale. Da poco ho iniziato a lavorare per un progetto che avrà i suoi frutti tra qualche mese e ci sarà da divertirsi!!
Inspiration wedding di Rosa Spina
foto by Pher
Oggi vi parlo di una delle mie passioni: i fiori! Il matrimonio è un evento ricco di tradizioni, simboli e giustappunto: fiori, che con i loro profumi e colori, rendono ancora più gioioso e magico il giorno più bello! A tutti coloro che desiderano conoscere il significato del linguaggio floreale, dedico questo mio articolo accompagnato da immagini, a mio parere, splendide e suggestive! Vademecum: Praticamente immancabile in ogni matrimonio è la Gypsophila, comunemente chiamata anche “velo da sposa”. Nel linguaggio dei fiori la gypsophila rappresenta l’innocenza e la purezza di cuore (ciò che poi è il significato attribuito al colore bianco), il suo fascino è la leggerezza creata dall’effetto vaporoso. E’ un fiore che principalmente viene utilizzato a complemento di altri nei bouquet e nelle decorazioni floreali, infatti è perfetta per tappezzare elementi decorativi o per realizzazioni romantiche ma al contempo, molto moderne. Adatta a creare nuvole fiorite morbide, da collocare alla sommità di vasi anche per comporre centro tavola. Il risultato di un matrimonio con gypsophila è insieme sobrio e raffinato, etereo, elegante, fresco ed intrigante. Regina incontrastata del wedding day di tutte le stagioni è la Rosa. La rosa è senza dubbio il fiore più conosciuto e popolare. Tutte le rose simboleggiano l’amore felice e le cose da rivelare con delicatezza. Il suo bocciolo, ben nascosto dai petali, incarna il senso della castità femminile mentre la rosa sbocciata, rappresenta bellezza della gioventù. Davvero chic è un bouquet rotondo con boccioli piccoli e fittissimi, e/o con tutte le varianti delle rose inglesi. I colori aumentano l’enfasi di questo, come di ogni fiore, portando con se’ un messaggio diverso: bianca è sinonimo di silenzio, purezza e candore; rosa indica delicatezza, affetto, tenerezza e comprensione; rossa esprime amore vero, passione; gialla è associata alla gelosia. Ogni stagione suggerisce e predilige varietà di fiori particolari. E’ meraviglioso poter scegliere quelli che fioriscono “accompagnandoci” nel periodo prossimo alla data delle nozze (non trascurando il pensiero che prediligendo i fiori di stagione, ne gioverà anche il budget!) La Primavera propone una palette floreale incredibile. Questa stagione offre varie possibilità di scelta per pennellare di colori le vostre nozze: orchidee, tulipani, peonie, rose, ortensie, dalie e fresie... sono “solo” alcune tra le possibilità di scelta. Abbinandoli, il risultato avrà un effetto impalpabile, leggero e frizzante. Peonia: per i cinesi, è la regina dei fiori, forse anche per le sue corolle molto grandi e morbide, per il senso proprio di femminilità e raffinatezza che esprime. Il suo significato è “matrimonio felice”.
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Ortensia: il suo significato è “grazie per la comprensione”, ma anche freddezza e solitudine, desiderio di sfuggire dalla persona a cui la si regala. È considerata un fiore capace di essere sia protagonista che accompagnatore, nella varietà dai fiori appena verdini. Molto creativo e chic da utilizzare per comporre un centro tavola d’effetto ma non opulento. (Nonostante il suo significato poco romantico, all’origine del nome di questo fiore in realtà c’è un’ autentica storia d’amore! L’ortensia è originaria della Cina e del Giappone e fu portata in Europa dal naturalista Philibert Commenson, che la battezzò Ortensia, in onore alla donna di cui era innamorato). Orchidea: fiore esotico, sempre moderno e raffinato, solitamente viene importato, è scelto per la varietà e i colori. Nel linguaggio dei fiori, significa bellezza, raffinatezza, ma anche gratitudine per una concessione... Tulipano: questo nobile e bellissimo fiore molto delicato, può esistere in molteplici varietà e colori e simboleggia l’amore e la passione. Dalia: è un fiore da regalare alle donne femminili, che amano i colori. Esprime valori positivi, come l’ammirazione e la riconoscenza. Fresia: nonostante la sua forma originale e le varietà di colori, questo fiore significa nostalgia, e amore platonico. Amarilli: questo fiore, secondo il linguaggio verde, è sinonimo di eleganza e fierezza uniti alla timidezza. Mughetto: simbolo portafortuna, felicità ed innocenza. Gardenia: nel linguaggio dei fiori la gardenia esprime gioia, purezza e sincerità.
I fiori più diffusi per i matrimoni celebrati nel periodo estivo sono: Calla: fiore tropicale prediletto per le nozze classiche, lussuose ma non sfarzose, piuttosto essenziali ed eleganti, fiore divenuto uno dei simboli dell’Art Déco. Presente in diversi colori come il bianco, il giallo, il rosa e il viola, è simbolo di bellezza sontuosa. Garofano: monocolore o screziato, bianco con pennellate di rosso, giallo, rosa, lilla... Significa dolcezza, amicizia e fedeltà. Bianco è il simbolo di un amore reciproco, considerato unico. Anemone: nel linguaggio dei fiori è sinonimo di aspettativa. Camelia: fiore portafortuna, nel linguaggio dei fiori la camelia ha un significato romantico. Nella cultura orientale, è il simbolo della devozione reciproca ed eterna tra gli innamorati. Si dice che sia portatore di buona fortuna soprattutto se regalato ad un uomo.
Girasole: usato spesso nei matrimoni celebrati in chiese rustiche e di campagna, è sinonimo di falsità proprio perché volge sempre il capo per seguire il sole, quindi per stare sempre “dalla parte giusta”. Nonostante il significato, è ad oggi un bellissimo fiore molto amato per il suo colore intenso e solare. Adatto soprattutto per i matrimoni rustici. Gerbera: fiore reperibile in qualsiasi periodo dell’anno, la cui sobrietà e modestia risulta indicata specialmente per gli addobbi in chiesa, così come gli anthurium. Papavero: simboleggia in genere oblio, lentezza, ma è un fiore usatissimo per addobbi matrimoniali estivi, spesso unito a girasoli e fiori di campo. Ad oggi poi vi sono moltissime varietà, meno fragili e più sontuose di quelli di campo, che si prestano a bellissime composizioni nei colori più svariati. Peonia: la si trova dalla tarda primavera-inizio estate. Questo fiore meraviglioso è tra le raffigurazioni dei fiori cinesi delle quattro stagioni, insieme al loto, ai crisantemi, ai fiori di pruno. E’ metafora della bellezza femminile, dell’armonia di coppia e della riproduzione feconda. Camomilla: simbolo di forza nelle avversità. E’ una pianta della tradizione antica, (usata in erboristeria come sedativo, antinfiammatorio e lenitivo, viene assunto in infusi e decotti). Margherita: “M’ama o non m’ama”?!? La margherita simboleggia l’innocenza, l’amore fedele e la condivisione di sentimenti. Molto usate nei matrimoni più rustici e delicati; i mazzolini di margherite sono bellissimi anche all’interno delle più svariate composizioni per accompagnare altri fiori.
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Curcuma: fiore prettamente estivo, ha una buona resistenza al caldo. La sua forma è molto particolare, le colorazioni tra il bianco/verde e rosa/viola. La curcuma è usata sia per le composizioni floreali per matrimoni, che per il bouquet da sposa. Fiori estivi sono anche l’Erica, la Fresia, l’Azalea e il Pisello odoroso. Le ultime tendenze, soprattutto quelle d’oltre oceano, propongono per il bouquet delle spose della stagione estiva, arricchiti con erbe aromatiche come la salvia, fiori di piante grasse ma anche rametti d’ulivo. Lavanda: il significato della Lavanda è legato a sentimenti miti, associati al ricordo della felicità condivisa. (continua...)
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In Autunno sono spesso scelti fiori quali: Dalia: esprime riconoscenza, buon gusto, si dona solitamente per esprimere gratitudine. Gladiolo. Bacche o piccoli frutti di stagione come Eucalipto, Hypericum, Edera, Ribes, Smilax, fragoline di bosco e magari anche dei peperoncini, che ben si addicono alle tonalità calde del periodo. Ranuncolo: simbolo di bellezza e malinconia. Non mancano mai la rosa a fioritura autunnale, così come l’orchidea, che saranno perfette anche in questo periodo, come il giglio e il bucaneve. (Se volete avere un tocco originale e attento, vi consiglio di giocare con i colori dell’autunno anche per il bouquet). La stagione invernale suggerisce allestimenti creati oltre che con rose, fresie, orchidee anche con i fiori quali: Giglio: per gli antichi simboleggiava l’amore sublime e la procreazione. Iris: fiore emblema della Francia, simboleggia fede e giustizia. Generalmente scelto nelle tonalità del bianco o del blu ma anche porpora. Bacche di agrifoglio: si dice che sia una pianta portafortuna. Bucaneve: esprime simpatia, ottimismo, virtù, delicatezza ma anche rinascita. Stella di Natale: simbolo di buon auspicio, giovinezza, rinnovamento. Un fiore che mi piace in special modo è il tulipano! Forse l’avete dedotto dalla descrizione sopra citata ma non tutti sanno che il fiore che rappresenta il vero amore è proprio lui: il tulipano, perfetto per una dichiarazione d’amore, per dire che amate e amerete per sempre, la persona a cui lo regalerete. Ricordate che i fiori sono molto più che semplici elementi decorativi; essi danno colore, gioia, carattere, eleganza, profumo e stile alla cerimonia e all’allestimento della location del ricevimento.
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Un accenno (doveroso) va dato al bouquet, anche se ammetto che meriterebbe un intero articolo dedicato –e non escludo che possa arrivare!Il bouquet è l’accessorio per eccellenza di ogni sposa e delle sue damigelle. Spesso viene scelto con molta cura e con il prezioso consiglio di un esperto, oltre che di stile, anche di galateo e conoscenza della materia floreale e del suo linguaggio. E’ interessante sapere che alcuni fiori come i giacinti abbinati a fiori più piccoli, come il pisello odoroso o la lavanda inglese, danno vita ad un mix bello e lussureggiante. Le tendenze attuali prediligono il bouquet di forma piccola e compatta, rigorosamente en pendent con lo stile dell’abito e la personalità della sposa. Vi consiglio di scegliere il bouquet dopo aver deciso l’abito e possibilmente un “colore a tema”, conduttore della giornata, portando con voi uno schizzo o una foto, e possibilmente, un campione della stoffa.
Rosa Spina
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Inspiration we travel Salve a tutti, sono Ilaria, alias Akuna, il mio nome di viaggiatrice. In questa rubrica racconterò molti dei luoghi che ho visitato, conosciuto e ritratto attraverso il filtro della mia macchina fotografica; descriverò un po’ la mia concezione del viaggio, parlerò dei viaggiatori e delle mille avventure che mi sono capitate e ho vissuto durante il cammino. Spero che le mie esperienze possano ispirare, far sognare, instillare nelle persone il desiderio e la voglia di viaggiare e in un certo senso, aiutare. Ho voglia di condividere. Dedico questa rubrica alle persone che come me, sentono dentro quella folle voglia di viaggiare, di scoprire, di vivere in modo alternativo, di essere nomadi, autonomi, indipendenti, che hanno quel desiderio, che a volte diventa esigenza, di contare solo su sé stessi. A loro e a tutti gli altri che sono interessati a scoprire nuovi orizzonti, rivolgo il mio saluto fotografico e le mie parole.
India…odio e amore! Questo articolo della mia rubrica, non ha un inizio o una fine ben definiti, è un racconto di alcuni degli aneddoti del mio viaggio in India, che vi travolgerà e proietterà nelle sensazioni e nell’altmosfera indiana... Siete pronti a partire per un luogo misterioso e ricco di aneddoti?!? 4 Dicembre 2012 Salutavo una Londra bianca e gelida, per andare in Italia, a Roma, la mia patria, la mia città. Uno stop di quindici giorni, per organizzare lo stadio finale di un viaggio visto nella mente per un anno, agognato e sognato, alla scoperta di nuovi mondi. L’ultimo ricordo italiano è quello dei volti dei miei genitori alla stazione Termini di Roma. La mattina di Natale, iniziavo il mio lungo viaggio di tre anni, fermandomi a Torino per salutare il mio compagno, che momentaneamente non poteva seguirmi. Il 26 Dicembre lasciavo l’umida nebbia del Nord d’Italia per ritornare Londra e trascorrere gli ultimi due giorni nella mia amata metropoli. Gli ultimi saluti nelle vie sperdute della metro,
all’alba di un giorno come tanti per la maggior parte della gente, ma non per me. Era il 28 Dicembre 2012 e per me, quella sarebbe stata una mattina che avrebbe rivoluzionato la mia routine ed esaudito i miei sogni di viaggiatrice. Titubante nel non sapere assolutamente niente riguardo al mio futuro. Ignara di dove sarebbe stata la mia casa, dove avrei dormito o mangiato, e con chi avrei condiviso le mie giornate, mi imbarcavo su un aereo per un volo di 9 ore diretto a Mumbai, in India. Prima tappa di 3 mesi, in un Paese totalmente sconosciuto. Un Paese che inizialmente non rientrava nel mio progetto! -Un ritardo finale nel guadagnare gli ultimi soldi, infatti, mi aveva costretto a cancellare il treno transiberiano per la Cina, e per condizioni climatiche non favorevoli, mi ritrovai a scegliere l’India-. (Aprendo l’Atlante, l’India mi era sembrato il Paese giusto per posizione e clima, per iniziare il mio viaggio). Una volta scesa all’aereoporto di Mumbai, l’impatto fu molto forte, mi ritrovai capultata in una nuova e bizzarra cultura, nella capitale dello stato del Maharashtra, una città a dir poco, densamente popolata. (Infatti è la più popolosa dell’India, prima città per densità di popolazione al mondo). Le persone erano ovunque e tutti cercavano di attirare la mia attenzione o di offrirmi un taxi, un albergo o di vendermi qualsiasi cosa possibile ed immaginabile. Tutti spingevano e mi fissavano. Fortunatamente il mio “albergo”, precedentemente prenotato, faceva il servizio di t rasferimento dall’aereoporto e dopo aver letto attentamente ogni cartello, trovai il mio
cognome, scritto in un modo strano e un furgoncino mi portò in un quartiere abbastanza pericoloso e fuori dal centro della città. Ovviamente non era quello che io avevo prenotato, ma anche questa è l’India! Come nel famoso libro di Lewis Carroll: “Non sai mai quello che ti capiterà e tutto potrebbe essere quello che non è!” Attraversammo vie buie, piene di fuochi ai margini della strada, molte famiglie dormivano lì, i cani ululavano e si attaccavano per la fame o per la rabbia. I primi 3 giorni a Mumbai furono duri. Il mio stupore non finiva mai di esaurirsi, il traffico era impossibile, la gente era ovunque, i treni erano stracarichi; le mucche in mezzo alla strada passeggiavano indisturbate (esse per gli induisti, sono animali sacri e quindi le lasciano in totale libertà girare ovunque). I profumi delle spezie, del cibo piccante e del famoso chai erano ovunque, al contempo l’odore acre, lo sporco, insopportabile e i rumori assordanti della grande città. -Per chi non lo conoscesse, il chai è un the indiano, aromatizzato, una miscela ricavata dal the nero, spezie e varie erbe tipiche dell’India.Inizialmente non capii questo nuovo Paese, non riuscivo a comprenderlo e apprezzarlo per i suoi lati negativi, e per i miei ripetuti malesseri. Ero in balia di quel che appariva, e di molto altro. La miseria riempiva il mio sguardo e predominavano sul resto. Mi domandavo del perchè fossi andata proprio lì e avrei tanto voluto cambiare la mia destinazione. Questo sentimento non mi abbandonò per tutto il primo mese! Ogni giorno sarei andata al primo aereoporto per prendere il primo aereo in partenza, per andare da qualsiasi altra parte. Ma l’avrei considerata una sconfitta, e allora
decisi di rimanere e di abbandonarmi a questa terra, ai suoi colori, ai suoi riti e ai ritmi di chi l’abitava. Imparai ad apprezzare la sua bellezza, la sua libertà, la sua gente e il suo cibo. Il primo mese, nonostante il mio impegno, fu come una continua fuga da un posto all’altro alla ricerca di qualcosa, alla ricerca di me stessa. Il primo luogo che mi ha totalmente rapita e affascinata fu un villaggio del sud dell’India, nello stato di Kerala, chiamato Allapey. Rimasi 2 settimane in una guest house sul mare, gestita da una famiglia musulmana indiana. Mi sentii a casa e loro furono la mia famiglia. Allapey è “solo” un villaggio molto piccolo, per niente frequentato dal turismo, dove per la maggior parte della gente, non c’è nulla da vedere. Io mi innamorai di quel luogo, che racchiudeva templi Induisti, moschee Musulmane e chiese Cristiane. Tutto in pochi isolati di strade sterrate e polverose. Le musiche delle varie religioni suonavano forte, contemporaneamente e a volte all’unisono, mattina e sera. I bambini vivevano con poco, gli uomini si dedicavano principalmente alla pesca e le donne alla gestione della casa e alla cucina. Tutto si svolgeva lentamente e finalmente
riuscii ad apprezzare questo particolare ritmo Indiano di vedere la vita, di credere, e vidi in loro molta felicità. La maggior parte degli abitanti non parlava inglese, ma il loro cuore parlava una lingua internazionale di accoglienza e umanità. Mi aprirono le porte delle loro dimore, al mio passaggio portavano i bambini fuori di casa per farmeli conoscere, offrendomi cibo e bevande calde. Parlavamo con gli occhi e niente più. -Parlavamo il linguaggio del cuore, il dialogo tra le anime.Il mare Indiano era nero, il sole all’alba e al tramonto era rosa e rosso. Le rondini e gli uccelli volavano indisturbati. Tutto era affascinante e stavo riuscendo ad integrarmi nella loro vita. In quello stesso periodo, in una cittadina non lontana da Allapey, conobbi Sha. Un donna nata in un corpo di un uomo. Lei/Lui con i suoi lineamenti forti, il sorriso grande e le sue gambe lunghe cambiò il mio viaggio. Mi insegnò veramente ad apprezzare la mia vita. Capii quanto ero fortunata. Io potevo essere e fare quello che volevo . Lui/Lei no. Lui avrebbe voluto essere una lei, ma Sha non aveva abbastanza soldi, comprensione o appoggio dalla sua famiglia, che l’aveva ripudiata da anni. Sha di giorno gestiva una guest house, (dove alloggiai), nei panni di un uomo, con gli occhi tristi e un sorriso spento. Sha di sera si trasformava, in una bellissima e carismatica donna, felice di essere ciò che sentiva. Tacchi alti, una parrucca nera e vestitini eleganti e provocanti, una donna che si esibiva in balli e canti per gli ospiti della guest house. Come un’amica, la notte, la nascondeva dagli sgurdi piu maligni e i suoi occhi erano pieni di gioia.
All’alba tutto svaniva e la tristezza l’avvolgeva mentre rivestiva i suoi panni di uomo. In India, li chiamano Hiras. Sono il gruppo dei transessuali. Fanno parte di una casta sociale nella religione Indiana. Ma nessuno li accetta e il loro destino è crudele, e solo i più ricchi di loro riescono ad avere una vita felice, per gli altri nessuna speranza. Una notte Sha mi disse qualcosa che mi segnò molto, e che non potrò mai dimenticare : “Se almeno per un giorno potessi essere donna, il giorno dopo potrei morire felice!”. Lascia il Sud dell’India alla volta del Nord, con tanto amore, tristezza e malinconia. Orgogliosa e appagata per essermi finalmente introdotta nella loro cultura. Iniziavo ad apprezzare tutto, non vedevo più i lati negativi, anche i lunghi viaggi in treno, mi sembravano un’avventura! Mi sentivo libera anche racchiusa in una vagone rumoroso di un treno indiano, che nella notte correva sui binari, per poi risvegliarmi al mattino in un altro luogo sconosciuto. A volte nei viaggi notturni non dormivo, e conoscevo molte persone passando ore, mangiando e bevendo chai, cantando e conoscendo persone del posto. Calcutta, Varanasi, Amristar furono le mie città preferite. La vita scorreva in queste città, ma non solo. Visitai molti templi e mercati. Mi piaceva molto sedermi sulla strada per ore ad osservare il mondo che mi passava davanti. Era tutto uno spettacolo incredibile, impossibile annoiarsi! L’India mi stava avvolgendo. Racchiusa nel mio silenzio osservavo loro, contemplandoli. Calcutta, è una grande metropoli, capitale dello Stato Federato del Bengala Occidentale. Sede del mercato di fiori più grande al
mondo. E’ principale centro culturale, formativo e commerciale dell’India Orientale. Nota a tutti, per la Beata Madre Teresa di Calcutta, la sua fondazione di beneficienza, e la risonanza che questa “piccola grande donna” ha avuto nel Mondo. Tanti viaggiatori che incontrai, andavano là per dedicarsi al volontariato. Molti però non sanno che a Calcutta c’è uno dei quartieri a luci rosse più grande dell’Asia, dove la prostituzione di bambine e giovani donne regna sovrana. I clienti principali sono gli indiani, che repressi dalla religione, non sapendo più a cosa aggrapparsi, affluiscono in questa città dove, tra droga e sesso, si perdono nella lussuria, tra la povertà. Visitai questo quartiere indescrivibile, con una guida indiana, che conobbi tramite un’Organizzazione NON- Governativa, che cercava di aiutare queste donne ad uscire dalla prostituzione o almeno di offrir loro un’assistenza sanitaria, tutelandole dai continui abusi. Qualche anno prima, il quartiere era dominato dalle Hiras (transessuali) per questo mi volevo dedicare ad un progetto fotografico, che parlasse di loro ma nel tempo, avevano perso potere e non c’è stato più spazio per loro neanche lì! Inoltre non ero autorizzata a girare da sola e ovviamente, per concedermi il permesso di muovermi, mi chiedevano denaro. Quindi a malincuore rinunciai al progetto. (Ma spero, un giorno, di poter tornare e continuare quello che avevo iniziato con Sha. Forse a Delhi, Mumbai o Bangalore, dove ci sono le maggior parte delle comunità di Hiras). Il proseguire del mio viaggio, mi ha portata sul Gange il fiume Sacro, che ha unito molti degli ultimi posti che ho visitato, avvolgendoli in un’atmosfera mistica e misteriosa. Era incredibile per me, capire la vita di questa gente umile. Una vita dura, basata e fondata sulla casta sociale a cui una persona appartiene. Una vita dipendente ma ricca, piena. Varanasi, la città Sacra per eccellenza, (dove tutti sperano o aspettano di morire per farsi poi bruciare in pubblico e poter consegnare, con l’immersione, le proprie ceneri al fiume Sacro, come passaggio verso una nuova vita), era una città che non dormiva mai per un continuo pellegrinaggio di Indiani da tutta l’India e fedeli provenienti da tutto il mondo.
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-Ogni induista, almeno una volta nella vita, deve recarsi a Varanasi per immergersi nel sacro fiume Gange, con delle abluzioni che sono veri e propri rituali cerimoniali, che si svolgono sulle gats, rampe di scale di pietra che terminano all’interno dell’acqua del fiumeI vicoli stretti, ma immensi di Varanasi, bui ma pieni di calore, erano affascinanti. Mi potevo perdere attraversandoli tra le scimmie, che popolano molte città in India. Esse hanno reso tutto più avventuroso, erano le padrone di tutti i tetti all’ora del tramonto e all’alba. Dal mio diario di viaggio:
27-02-2013 “Una città vecchia di tremila anni, dove si mischiano il passato, il fututro, la vita e la morte. Colori lucenti e caldi. Il fiume e le barche. Cani, mucche, famiglie. I santoni sono coperti solo da una tinta bianca. Fumano e contemplano. La gente prega, la gente aspetta. La gente brucia. Gli odori sono forti, sono terribili. Il fumo è intenso. Il sangue, gli escrementi, la pipì, tutto si mischia a Varanasi. La città più mistica. La città agognata. Il traffico non si ferma mai giorno e notte. Tutto si muove. Il giorno che non finisce mai, si conclude con luci scoppiettanti che illuminano i tetti dove le scimmie regnano e osservano.”
Il tempio d’Oro di Amristar è un’altra delle icone di questo Paese. La religione che si trova qui è quella dei Sick, una religione monoteista basata sull’insegnamento di dieci guro, che vissero in India tra il XV e il XVII secolo. Un grande stupore mi avvolse il primo giorno perchè tutti gli uomini erano molti gentili ed educati con me e capii poi, che basavano la loro religione sulla parità dei sessi. Per questo, molto tempo addietro, si erano divisi dall’Induismo per creare una nuova religione senza caste sociali e dove tutti gli esseri umani avevano gli stessi diritti. Tutti gli uomini indossavano turbanti colorati e avevano capelli e barbe lunghe. Tutti guidavano motociclette . Il Tempio d’Oro era un tempio aperto notte e giorno a tutti coloro che entravano, indipendentemente dalla religione di appartenenza. Il tramonto illuminava l’oro e il lago artificiale dove era stato costruito, tutto sembrava infuocato e i canti dal vivo erano interminabili e riecheggiavano per tutta la città. Nell’estremo Nord, il Buddismo regnava e le montange erano avvolte da una pace suprema. Qui era tutto diverso. Il Dalai Lama vive proprio in questo luogo, in un tempio. Tutti lo conoscono a Dharamsala (Mc). Sfortunatamente non era in sede quando io ho visitato il villaggio, ma tutti gli abitanti parlavano di lui, e i monaci tibetani in esilio erano ovunque. La mia ultima settimana di questo viaggio eccezionale la passai a Laxman Jhula, dove il Gange inizia. Dove ci si puo bagnare e nuotare. Arrivai una mattina all’alba, dopo un viaggio molto strano, di una notte da scordare. Il vento avvolgeva la valle e il fiume, e nessuno era ancora sveglio. Capii allora, che quello sarebbe stato il posto perfetto per passare i miei ultimi giorni in India. Una settimana in silenzio e meditazione. Dopo tre lunghi mesi, ero stanca, provata e in un certo senso molto felice di lasciare l’India. Ma dal giorno stesso che volai in Vietnam, il 26 Marzo 2013, capii che l’India era e sarebbe stata sempre nel mio cuore, e che quello sarebbe stato solo il mio primo viaggio da lei! Una malinconia forte, a distanza solo di un anno, mi accompagna tutti i giorni . L’India, un Paese da molti non capito, e che richiede tempo per essere apprezzato, è lì e mi aspetterà! Un giorno tornerò e capirò, e mi perderò ancora nella magia, che regna su questa Terra mistica.
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Inspiration we love (beauty & reportage)
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La nostra Rossy Glossy si è divertita a giocare con noi, posando come modella con il suo fidanzato, per un’engagement session: un servizio fotografico per la coppia, in abiti informali, -a volte, con tanto di proposta ufficiale!-. Il servizio può essere in posa “studiato” o più spontaneo; il fotografo professionista crea il set fotografico, valutando varie location, trovando quella che sappia mettere a proprio agio i fidanzati, anche portandoli in un luogo a loro particolarmente caro o... affinchè si possa avere uno scorcio autentico della vita della coppia ritratta. Rossella e Alessandro sono stati dei modelli d’eccezione! A dire il vero, questo servizio è nato spontaneamente, cogliendo un momento insieme, e come capita, un po’ per carattere, per la passione autentica, che spesso traspare e per lo stile che ci contraddistingue, siamo entrati tutti in sintonia... e le foto si sono create in un’alchimia di emozioni. -Anche questo è il bello di portare spesso con noi le nostre reflex!Le foto, ci parlano... A voi, sguardi, emozioni, sorrisi, baci, raccontati in qualche scatto. foto by Pher -Servizi Fotograficiwww.pher.it
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