e 12,00
05
Settembre Ottobre 2016
anno V n.05
FOTO
IMAGING
VIDEO
FINE ART
STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
IMAGE MAG SETTEMBRE n OTTOBRE 2016
Nino
Migliori
Un’altra scossa La terra trema, ancora. A farne le spese, questa volta, sono Amatrice e le zone limitrofe. Lo sgomento è forte, anche a livello individuale. Poi tutto torna come prima, con la solita orda mediatica fatta di domande consuete: “Sono prevedibili i terremoti?”. “Sì, No, Non so?”. E ancora: “Perché non mettere in sicurezza l’Italia tutta?”. Abbiamo anche sentito come le scosse telluriche possano rappresentare un’opportunità. “L’Aquila”, si è detto in TV, “È il più grande cantiere d’Europa”. Per finire, ecco le fotografie, tante: tutte tese a scavare tra le macerie, alla ricerca di un soggetto che possa compiacere la voglia di retorica. Per radio è stata anche trasmessa la telefonata di una massaia
emiliana che avrebbe voluto offrire ai Vigili del Fuoco un piatto di tortellini. Amenità. Di scosse ce ne sono state tante, negli ultimi anni, telluriche (in aumento, purtroppo) e non solo: politiche, economiche, sociali. Come risposta ne abbiamo sempre ricevuto frasi di circostanza e mai elementi che potessero farci immaginare un dopo, in meglio magari. Bisognerebbe cambiare, ecco tutto: ogni volta che qualcosa si muove. La fotografia? Dagli interpreti di Amatrice ci aspettavamo qualcosa in più.
COVER STORY
EDITORIALE
Mosè Franchi
1. UN’ALTRA SCOSSA
La necessità di cambiare.
EVENTI&MOSTRE
70. DA VEDERE & PER PARTECIPARE
Mostre, eventi, manifestazioni, fiere, workshop e seminari.
CAFÉ FOTOGRAFICO HI-END 14. PERSONE, FATTI, CURIOSITÀ Notizie da non perdere.
72. EOS-5D MARK IV
LA QUARTA VOLTA Il riferimento che si rinnova.
CITO RACCONTA
Nino Migliori
60. THE FLOATING PIERS
4. TANTI AUGURI, MAESTRO
L’ALTRA COVER STORY
Riflessioni sull’arte tra illusione e instabilità.
QUESTIONE DI LIBRI
66. LA BIBLIOTECA CHE VORREI
I testi che non dovrebbero mai mancare nei nostri scaffali.
PORTFOLIO 30. GIULI GIBELLI IL NUDO CHE VESTE
36. ROBERTO MASTROCINQUE DROMEDARY MARKET
42. ENRICO VEDOVELLI PER LE ANTICHE STRADE
COMUNITÀ FOTOGRAFICA 68. DI FOTOGRAFIA E D’AMICIZIA
Notti Magiche
Incontriamo una struttura museale, tra passione e amicizia.
16. EMOZIONI DI SPORT
Progetto grafico Visiva S.r.l. - www.visiva-adv.it
www.imagemag.it Direttore responsabile Mosè Franchi Comitato editoriale Mosè Franchi, Roberto Mazzonzelli, Francesco Cito, Stefano Messina, Massimo Reggia, Lido Andreella
Realizzazione grafica Gino Durso Davide Lanzino, Ilaria Nigro Stampa Cortona Moduli Cherubini S.r.l. Image Mag è una pubblicazione Consorzio Gruppo Immagine
Redazione Consorzio Gruppo Immagine Viale Andrea Doria, 35 - 20124 Milano Tel. 02/23167863 - e-mail: info@imagemag.it Distributore esclusivo per l’Italia Consorzio Gruppo Immagine Periodicità Bimestrale Prezzo copia 12,00 euro. Arretrati 20,00 euro.
48. VALTER ATZORI LA PASSIONE COSCIENTE
48. MARIA STANCHER LA MANTELLINA
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Image Mag è la prestigiosa rivista bimestrale interamente dedicata alla fotografia e ai suoi interpreti. È l’espressione del desiderio di parlare ad appassionati di fotografia usando la lingua degli appassionati di fotografia. Una rivista che presenta immagini stupefacenti realizzate da celebri professionisti e lavori di appassionati che compongono gli epici portfolio, cuore e anima di questo straordinario magazine.
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TANTI AUGURI, MAESTRO
MIGLIORI © foto di Nino Migliori - da "Gente dell’Emilia", 1957
pagina quattro
paginacinque
COVER STORY I GRANDI PROTAGONISTI DEL PALCOSCENICO FOTOGRAFICO
S
ovvertiamo le regole: iniziamo dalla fine. Abbiamo appena lasciato lo studio di Nino Migliori. Sull’A1, di ritorno verso Milano, incontriamo un traffico estivo, vacanziero. Lo specchietto retrovisore ci restituisce ancora San Luca e la Bologna sottostante. Aveva ragione il fotografo bolognese, quando fotografava di fronte e alle spalle: “Spesso è più interessante quanto accade dietro di noi, perché non viziato dalle nostre scelte”. Stiamo attraversando la “sua” Emilia, già raccontata negli anni ’50, e ripresa nel libro Crossroads - via Emilia (Damiani Editore, 2006). Il lavoro ci dice molto circa la personalità dell’autore e lo prendiamo ad esempio per definire i contesti nei quali si muove la sua attività artistica. La fotografia di Migliori rompe le catene della pura rappresentazione per diventare ambito di pensiero, luogo concettuale nel quale si sviluppa il senso dello scatto e non il suo fine (il più delle volte estetizzante in un periodo neo realistico). Quando lui inizia a sperimentare, “l’Italia fotografica” è quella dei Circoli (che lui frequenterà, comunque), dove la dialettica si sviluppa tra i “toni bassi” di Monti e quelli “alti” di Cavalli. C’è una nazione da raccontare e lo faranno in tanti, ispirati dalla fotografia umanistica francese, che pure arriva da noi con Bresson che interpreta Scanno (1951) prima di molti altri. Migliori partecipa a questo periodo, con viva originalità. I suoi piani di lettura sono differenti, come pure le composizioni: fitte di sguardi e ammiccamenti; già sperimentali, in un certo senso, come quel tuffatore ritratto sul molo di Rimini (1951), assolutamente orizzontale. Un’icona di quel tempo. Nino però non è contento. Non gli basta il successo e forse non gli serve neanche. Peraltro la sua formazione passa anche per altri lidi. Negli anni cinquanta insieme agli amici Tancredi, Emilio Vedova frequenta il salotto di Peggy Guggenheim a Venezia ed è a quegli incontri, come quelli a Bologna con autori come Vasco Bendini, Vittorio Mascalchi, Luciano Leonardi, Paolo Manaresi e altri, che trova sostegno e affinità culturale. È la pittura a stimolarlo, particolarmente l’espressionismo astratto di Jackson Pollock. Lì comprende come sia possibile rompere con i luoghi comuni, quasi necessario forse. Si assume quindi dei rischi: la sua fotografia sarà di sperimentazione. Contenuti e composizioni non faranno parte delle sue immagini, tantomeno complessità estetizzanti. Sarà il senso del gesto a emergere, dove l’elemento artistico non si nutre degli orpelli tradizionalmente legati allo scatto. Dicevamo che Crossroads poteva fungere da esempio. Ebbene, il tema scelto da Migliori è quello della via Emilia e di tutta la realtà umana, urbanistica, cittadina che riguarda quel tratto di strada abbinato a un territorio. Ciò che gli interessa non è cosa viene raccontato visivamente, ma la
pagina sei
© foto di Nino Migliori - Idrogramma, 1954
© foto di Nino Migliori - Cuprum, 2015
FOTO
IMAGING
VIDEO
FINE ART
STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
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L’ALTRA COVER STORY NUOVE TENDENZE ALLA RIBALTA DELLA FOTOGRAFIA
NOTTI MAGICHE
“Notti magiche, inseguendo un goal”, così cantavano Edoardo Bennato e Gianna Nannini in occasione di Italia ’90. In effetti, le “ore piccole” di sport hanno sempre un loro fascino. Che si tratti di Europei e Mondiali (di calcio, in questo caso), o anche di Olimpiadi, siamo tutti lì: “connessi”, si direbbe oggi, o almeno partecipativi, questo da quando la TV ha iniziato a bussare nelle nostre case. I più vecchi ricorderanno Italia - Germania 4-3 (Stadio Atzeca, Messico, Mondiali ’70): la nazione intera era sveglia (anche i bambini, dopo Carosello) per assistere a quella che sarebbe diventata la partita più bella del mondo. Che dire, quindi? Eravamo già pronti. La tecnologia ci ha portato tanto, ma la voglia di sport, notturno per giunta, era già lì: prima di Google, internet, Facebook, quando ancora per correre i 200 mt. i migliori impiegavano più di venti secondi. E Bolt non era ancora nato.
© foto di Alessandro Trovati
pagina sedici
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PORTFOLIO Giuli Gibelli
IL
NUDO CHEVESTE
Giuli Gibelli ci propone una serie di nudi, diversi tra loro, eppure collegati da quel filo sottile che poggia su un pensiero fotografico coltivato nel tempo. L’ispirazione pittorica è evidente, ma i soggetti interpretano il loro nudo, adattandosi ai corpi che “vestono”. È un nudo che si manifesta, quello di Giuli; nessuno “si spoglia”, perché non ve n’è una ragione. Piuttosto, nelle fotografie che vediamo, riconosciamo un ritratto che si allarga su dimensioni diverse. Non ci sono modelli da ripercorrere, né ambiti da ricercare. Il bello qui è nei difetti riconoscibili, tra i dettagli di una scenografia complessa ma non invasiva. In più manca il pudore, l’allusione, l’ammiccamento, la provocazione, quel gioco antico che nasce dall’origliare tra le fessure di una porta semiaperta. Il nudo è in noi, come un vestito; e Giuli lo mostra per quello che è, interpretandolo. Si apre un capitolo nuovo, per una ricerca già consistente. Ci saranno altri vestiti coperti da tirar fuori, lasciando spalancata la porta; come vuole la fotografia che conta.
© foto di Giuli Gibelli
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PORTFOLIO Roberto Mastrocinque
DROMEDARY MARKET
pagina trentasei
Š foto di Roberto Mastrocinque
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PORTFOLIO Enrico Vedovelli
© foto di Enrico Vedovelli
pagina quarantadue
E H C I e T l r e N P A E D A R ST
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PORTFOLIO Valter Atzori
© foto di Valter Atzori
pagina quarantotto
LA
passione COSCIENTE paginaquarantanove
PORTFOLIO Maria Stancher
La Mantellina
Le emozioni sono il suo pane quotidiano. Maria le sente, le cerca, le descrive. Basta poco per sollecitarla a raccontare, così ci accompagna nel suo mondo fatto di valori semplici ma consistenti. Lì ci lascia soli, com’è giusto che sia; liberi di vivere suggestioni e suggerimenti, messi a confronto col nostro mondo interiore. Maria questa volta ci parla della madre, Bepina, avvolta nella mantellina, mentre rammenda, gioca, riposa, medita, prega. L’elemento umano trionfa, in un susseguirsi di piani che vanno oltre il tempo. Riconosciamo l’affetto, di chi ritrae, e la caparbietà antica di colei che ha dato la vita, continuando a spiegarla ancora oggi, pur tra gesti semplici, misurati e riconoscibili. Il bianco e nero aiuta il racconto, in un lavoro che mostra un ottimo contenuto formale e una sintassi accurata. Il resto è emozione, per chi guarda soprattutto. A Maria il merito di averla suggerita.
pagina cinquantaquattro
Š foto di Maria Stancher
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paginasessantuno
CITO RACCONTA STORIE DIETRO LA FOTOGRAFIA
C
hristo si è fermato sul lago d’Iseo. L’artista di origini bulgare, Christo Vladimirov Yavachev, ha portato con sè materiali a tonnellate di ogni tipo e forma, per la realizzazione di quella che è stata definita: “Una grande opera d’arte”. Si può definire arte, un’opera realizzata più per effetti mediatici che per trovare la sua collocazione in un museo? Io, dal mio non qualificato punto di vista, e non essendo né un critico, né lo Sgarbi della situazione, trovo difficile definire la passerella sull’acqua del lago d’Iseo, “The Floating Piers” una forma d’arte. I più sostengono che l’impacchettatore del Reichstag di Berlino, di ponti famosi, come Pont Neuf a Parigi, e della Running Fence, la recensione di 40 Km lungo le praterie americane della California, sono da considerarsi vere opere d’arte, con la denominazione di “Land Art”. Possiamo definire la Tour Eiffel 1887-89 un’opera d’arte, e l’ingegnere da cui ne trae il nome, un’artista? Per quanto sia un’ardita costruzione ingegneristica, ordita per celebrare il centenario della rivoluzione e l’esposizione universale di Parigi, oltre alla Grandeur della Francia, essa non è mai stata definita con tale appellativo. Tutt’al più, ha assunto il nome di monumento, eppure nei progetti originari, la Tour era destinata allo smantellamento. Chissà che il prossimo impegno di Christo, non vada a ricoprire con chilometri di teli, proprio il simbolo non solo della Ville Lumière, ma della nazione stessa. L’opera di Christo, di cui la moglie JeanneClaude Denat de Guillebon, deceduta nel 2009, ne era stata ispiratrice, nonchè in parte progettista, era stata proposta a più Paesi, tra cui Argentina e Giappone, ma da questi rifiutata. Per la sua realizzazione sul lago romantico, caro a Massimo D’Azeglio, sono stati realizzati duecentomila blocchi di polietilene, novantamila metri quadrati di tessuto tecnico, per un percorso che sviluppa cinque chilometri e mezzo, e sedici metri di larghezza, a cui vanno aggiunti ancoraggi e cavi, per oltre cinque tonnellate di peso. I suoi progetti, si dice, sono autofinanziati, eppure costano milioni di Euro. Quindici milioni investiti da lui, più tre stanziati dalla Regione Lombardia, anche se le voci non ufficiali dicono altro, e comunque la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo, e indagini in corso stanno evidenziando che i registri delle spese non quadrano. Come si sa, siamo in Italia, e nulla è mai trasparente. A parer mio, l’opera più significativa di Christo, è l’imballaggio del monumento a Vittorio Emanuele II, in piazza Duomo a Milano nel 1970. L’avesse ricoperto nel 1860, e non solo il monumento, l’Italia sarebbe un Paese migliore. Leggendo tutte le critiche fatte dagli esperti alla realizzazione di Christo, se ne deduce che l’Opera d’Arte, quella con la A maiuscola, è ben altra cosa. Questa, e sono parole di Philippe Daverio, somiglia più ad una sagra paesana che ad un’opera di Michelangelo, o in tempi
paginasessantadue
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