e 12,00
03
Maggio Giugno 2018
anno VII n.03
ESTRATTO FOTO
IMAGING
VIDEO
FINE ART
STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
IMAGE MAG MAGGIO n GIUGNO 2018
Pepi
Merisio
Specchio delle mie brame Specchio sì, specchio no: questo è il dubbio amletico del momento. Noi lo accogliamo con piacere, perché la fotografia, nella sua storia, ha sempre proposto dei bivi, cui sono corrisposti altrettanti punti di non ritorno. I dubbi sono ormai tramontati quando parliamo di cellulare o fotocamera. L’uso del telefono per raccogliere immagini è ormai abitudine, linguaggio o addirittura lingua. I produttori degli smart pubblicizzano solo la fotografia e tra gli amatori spesso sentiamo emergere qualche vanto. “L’ho scattata col telefonino”, dicono taluni; sperando di ottenerne consenso. Nulla di male, per carità. Ci preme solo sottolineare come il cellulare faccia fatica a uscire
dalla semplice reputazione del momento. E poi gli occhi sono sempre lì, anche quando attraversiamo la strada: su quello screen dal quale, spesso, si attendono solo conferme. Il mondo è da guardare, questo è il punto: alzando lo sguardo. Il fotografo, con la luce, illumina il suo mondo, lo racconta, ne lascia testimonianza. Lo specchio, eventualmente, serve a guardare dentro di noi, magari di fronte a quella stampa che abbiamo agognato. Lì potremo interrogarlo, con una risposta che riguarderà la nostra identità e non solo la reputazione.
COVER STORY
EDITORIALE
QUESTIONE DI LIBRI
Il fotografo illumina il suo mondo.
I testi che non dovrebbero mai mancare nei nostri scaffali.
Mosè Franchi
1. SPECCHIO DELLE MIE BRAME
68. LA BIBLIOTECA CHE VORREI
CAFÉ FOTOGRAFICO EVENTI&MOSTRE 14. PERSONE, FATTI, CURIOSITÀ Notizie da non perdere.
Pepi Merisio 4. LA FOTOGRAFIA GENTILE
L’ALTRA COVER STORY
ORIZZONTI FOTOGRAFICI 60. SONY WORLD PHOTOGRAPHY AWARDS Orgoglio italiano.
62. IL VINCITORE DEL WORLD PRESS PHOTO 2018
La 61ª edizione del più importante premio fotogiornalistico al mondo.
COMUNITÀ FOTOGRAFICA
64. CORTONA ON THE MOVE, 8a EDIZIONE Uno sguardo contemporaneo.
Renato Marcialis
16. LA FORZA DI UN BRAND
Comitato editoriale Mosè Franchi, Roberto Mazzonzelli, Francesco Cito, Stefano Messina, Massimo Reggia, Lido Andreella
www.imagemag.it Direttore responsabile Mosè Franchi Direzione artistica Massimo Reggia
Progetto grafico Visiva S.r.l. - www.visiva-adv.it Realizzazione grafica Gino Durso Davide Lanzino, Ilaria Nigro
HI-END
66. LE OPPORTUNITÀ DELL’USATO Grazie alla diffusione delle fotocamere digitali, l’usato oggi offre una grande opportunità.
Stampa Cortona Moduli Cherubini S.r.l.
Distributore esclusivo per l’Italia Consorzio Gruppo Immagine
Image Mag è una pubblicazione Consorzio Gruppo Immagine
Periodicità bimestrale
Redazione Consorzio Gruppo Immagine Viale Andrea Doria, 35 - 20124 Milano Tel. 02/23167863 e-mail: info@imagemag.it
70. DA VEDERE & PER PARTECIPARE
Mostre, eventi, manifestazioni, fiere, workshop e seminari.
UNO DI NOI
72. WIM WENDERS
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, entra di diritto nella nostra rubrica, per il fatto di essersi sempre interessato delle immagini.
PORTFOLIO 24. LAMBERTO GERINI LE BOLLE DEL SAPONE
30. MIRKO LAMONACA CATÀBASIS
36. ELISABETTA ZANCHETTA VIVERE A COLORI
42. MAURIZIO BRAIATO STEELFLOWERS
48. LUIGI FAVARETTO TOMORROWLAND
54. WALTER BÖHM MIRRORS
Image Mag è una testata registrata presso il Tribunale di Milano con autorizzazione n. 237 del 1 Giugno 2012
Prezzo copia 12,00 euro. Arretrati 20,00 euro. Abbonamento a 6 numeri: ritiro in negozio Photop 42,00 euro, spedizione postale 62,00 euro
È proibita la riproduzione di tutto o parte del contenuto senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore è a disposizione per regolare i diritti delle immagini i cui titolari non siano stati reperiti.
pagina uno
Image Mag è la prestigiosa rivista bimestrale interamente dedicata alla fotografia e ai suoi interpreti. È l’espressione del desiderio di parlare ad appassionati di fotografia usando la lingua degli appassionati di fotografia. Una rivista che presenta immagini stupefacenti realizzate da celebri professionisti e lavori di appassionati che compongono gli epici portfolio, cuore e anima di questo straordinario magazine.
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MESTRE (VE) PHOTO MARKET VIDEO - PHOTOP Via Giustizia, 49 - Tel. 041.915444 MILANO ANTEO S.P.A. Via Milazzo, 9 - Tel. 02.6597732 EXPOWALL Via Curtatone, 4 Tel. 393.8759532 F.O.D. - PHOTOP Via Padova, 175 Tel. 02.27209152 GALLERIA CARLA SOZZANI Corso Como, 10 Tel. 02.653531 LIBRERIA HOEPLI Via Hoepli, 5 Tel. 02.86487264 LIBRERIA POPOLARE DI VIA TADINO Via Tadino, 18 Tel. 02.29513268 LUMI SOC. COOP. LIBR. UNIVERSITARIE Via Carlo Bo, 8 Tel. 02.89159313 PHOTO DISCOUNT - PHOTOP Piazza De Angeli, 3 Tel. 02.4690579
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EUROPHOTO - PHOTOP Piazza Carlo Felice, 29 Tel. 011.5629452
LIBRERIA MONDADORI Via Ramelli, 101 Tel. 059.454622
GRANDE MARVIN - PHOTOP Via Lagrange, 45 Tel. 011.5616411
LIBRERIE FELTRINELLI Via Cesare Battisti, 17 Tel. 059.222868
LIBRERIA FOGOLA Piazza C. Felice, 15 Tel. 011.535897
PADOVA 2 EMME FOTO - PHOTOP Via Sorio, 19/A - Tel. 049.8716044 PANDINO (CR) FOTO ATTUALITÀ CESNI - PHOTOP Via Umberto I, 39 - Tel. 0373.90255 PORRETTA TERME (BO) FOTO OTTICA MARCHI Piazza della Libertà, 74 Tel. 0534.22150
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S. DONATO M.SE (MI) FOTOCOLOR MARIANI Via Matteotti, 1 - Tel. 02.36524798
TRIESTE ATTUALFOTO - PHOTOP Via dell’Istria, 8 Tel. 040.771326
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VENEZIA LIBRERIA LT2 TOLETTA Dorsoduro/Toletta, 1214 Tel. 041.5229481
Š foto di Pepi Merisio
pagina quattro
LA FOTOGRAFIA GENTILE
MERISIO
paginacinque
COVER STORY I GRANDI PROTAGONISTI DEL PALCOSCENICO FOTOGRAFICO
O
sserviamo a lungo le fotografie di Pepi Merisio: prima l’una, poi l’altra; alla fine tutte insieme. Chiudiamo il volume e ci appoggiamo allo schienale: vogliamo riflettere. Ci deve essere, per le immagini viste, un elemento legante che vada oltre le definizioni che abbiamo già letto o sentito. Il fatto che Merisio abbia raccontato la civiltà contadina e montanara rappresenta un dato scontato: è così. Che poi i soggetti trattati siano individui senza nome e senza storia è un fatto ancor più conclamato. I meriti del fotografo, però, vanno oltre, e di molto. Forse partono da una consapevolezza antica, respirata nelle terre conosciute sin dall’infanzia, ma no: non basta. Probabilmente deve essere chiamata in causa la concretezza “bergamasca”, quella dove il tempo misura il valore delle azioni. E poi, c’è dell'altro? Evidentemente, pensiamo, una cultura religiosa profonda, dove l’uomo si confronta continuamente con se stesso e le proprie opere, con onestà. Ecco, sì: ci siamo. Riapriamo il volume. Ci accorgiamo che i soggetti, i paesaggi, gli oggetti, sono tutti più vicini. Merisio ha concesso a noi la sua conoscenza, i sentimenti che lo animavano. Ogni immagine racchiude un racconto, esprimendo anche un sentimento, un’amozione, una forte suggestione. Ci sono così passati davanti gioia, dolore, fatica, sacrificio, persino amore, senza che il fotografo abbia edulcorato nulla. Non è un girone dantesco, quello che vediamo, e nemmeno il luogo della bellezza nostalgica di quanto è stato. Le persone che incontriamo sono senza nome e senza storia, ma ne stanno costruendo l’elemento portante, che poi è la vita. Merisio tratta tutti con rispetto. Lo fa nelle sue valli e pure nel corso dei viaggi intrapresi un po’ dovunque in Italia. Cerca, e trova, i medesimi racconti; perché i senza nome sono tali in ogni luogo. Meglio salvarne la dignità, quindi, rendendola palese a chi guarderà. Basta parlare a tutti dando loro del “lei”, pacatamente. È un fatto di educazione, quello della fotografia gentile. Pepi, quando hai iniziato a fotografare e perché? A quindici anni circa, con la macchina di mio padre. Il mio è stato un inizio da autodidatta, che col tempo mi ha fatto entrare nel mondo amatoriale. Ricordo quando mi recavo ad Albissola. Nella vicina Savona vi era un negozio che vendeva fotocamere, di fronte alle vetrine rimanevo estasiato. Da amatore hai iniziato a ricevere i primi riconoscimenti, però... Sì, anche all’estero. Nel 1956 iniziavo a collaborare col Touring Club Italiano e con molte altre riviste. Quando arrivi al professionismo? Nel 1962. L’anno dopo sarei entrato nello staff di Epoca, forse la rivista d’immagini italiana per eccellenza.
pagina sei
FOTO
IMAGING
VIDEO
FINE ART
STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
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Š foto di Renato Marcialis - Non facciamo paragoni
Š foto di Renato Marcialis - Zucchine col turbante
pagina ventidue
Š foto di Renato Marcialis - Perle nere di Bacco
L’ALTRA COVER STORY NUOVE TENDENZE ALLA RIBALTA DELLA FOTOGRAFIA
RENATO MARCIALIS Alle 7.40 del 15 maggio 1956 nasce a Venezia Renato, la terza “R” della famiglia Marcialis. Papà Gino e mamma Giuseppina, i fratelli maggiori Riccardo e Roberto, sono stati il primo nucleo sociale e familiare dove il piccolo Renato ha formato il suo carattere. Una famiglia degna della migliore commedia goldoniana cui fa da sfondo una grande casa antica nel cuore della Venezia che ha nutrito l’immaginario di ogni artista. Il ritmo e il continuo rinnovamento ben rappresentati dal suo nome, Renato ovvero “nato di nuovo”, lo porta a soli tre anni a Verona per seguire il lavoro del papà. Qui nasce la sorellina Elisabetta, l’ultima dei quattro fratelli. Ma sarà Milano, dove dal 1964 la famiglia Marcialis si stabilisce, l’ambiente nel quale il giovane Renato vede crescere e coltiva la sua passione artistica e professionale. Ben presto il nostro giovane dimostra un carattere creativo e indipendente ma al DNA non si sfugge! I cromosomi di nonno Enzo, chef su navi da crociera, di zio Gastone chef Cordon Bleu de France e del papà Gino, uno dei più famosi chef barman di quegli anni, porteranno Renato a intraprendere una strada ben precisa. L’adolescente Renato, che, come ogni ragazzo dotato di personalità spiccata, mostra subito grande caparbietà e carattere nel seguire i propri interessi si appassiona alla musica d’oltre manica fondando un gruppo che lo assorbirà al punto di dimenticare spesso e volentieri gli impegni scolastici. Il papà Gino, da professionista concreto qual era, non sostiene la passione musicale di Renato e reindirizza le sue energie trovandogli un lavoro nello studio fotografico di alcuni conoscenti. Ora saprà dove trovare il figlio “almeno dal lunedì al sabato”. Alle 8.30 del 3 marzo del 1970 inizia la grande avventura di un ancora inconsapevole artista dell’immagine. Mentre porta a termine i suoi compiti, Renato osserva il lavoro dei due fotografi specializzati in meeting aziendali e matrimoni della Milano © foto di Clarissa Ceci bene, dove ville da sogno e pranzi da favola sono all’ordine del giorno. Dopo due anni cambia studio e viene “promosso” stampatore da un fotografo specializzato in riprese industriali: lampadari, giocattoli e articoli da regalo. Il suo “regno” é un gabbiotto di circa un metro quadro nel quale però non manca lo stereo e dove trova persino il sistema di fumare senza danneggiare la sensibilissima carta fotografica. Dopo sei mesi di quella vita Renato, ormai diciassettenne, si sente pronto al grande passo tanto che minaccia il titolare di dimettersi qualora non gli consenta di fotografare in sala posa. Il suo talento incomincia a germogliare. Nel frattempo il fratello maggiore Riccardo, già art director affermato, inizia una nuova avventura nella fotografia di gastronomia e nel 1976 propone a Renato una collaborazione che durerà ben dieci anni. Ora Renato vuole farcela da solo e rinasce ancora una volta. Decide di aprire uno studio per conto suo e nei cinque anni seguenti fotograferà di tutto: dalla moda, al reportage, dallo still-life alle riprese industriali. Arrivano i riconoscimenti pubblici: appare negli “inserti” delle riviste specializzate, viene premiato a Venezia nel 1991 con i colleghi Oliviero Toscani e Vittorio Storaro e nello stesso anno vince anche la Golden Mamiya a Numana. Nel 1992, ritenendo che la specializzazione sia la via da seguire e con estremo coraggio visto il momento economico particolarmente delicato, decide di eliminare tutti i clienti no food. Da allora collabora solo con aziende alimentari realizzando i loro cataloghi, i ricettari, i packaging, le campagne stampa e le affissioni. Ha all’attivo circa cinquanta libri di gastronomia e cocktails e le sue immagini sono rappresentate in tutto il mondo dalle agenzie fotografiche. Spesso gli Istituti di fotografia e design lo vogliono perché tenga workshop e seminari.
sono detto: “È arte, comunque una pratica artigianale; tutto è manuale, sin dal momento nel quale ci si procura gli oggetti da fotografare”. Caravaggio in cucina viene prodotto nelle Marche... Sono sette anni che frequento quella regione, con un punto d’appoggio. Produco le immagini lì da quattro anni. Tutti i prodotti provengono dal mio orto o da quello di alcuni amici.
difficoltà nell’affrontarlo? Eccome. Una persona cambia atteggiamento in pochi minuti. Del resto, un carciofo non mi dirà mai: “Sono stanco”.
Sempre Caravaggio: avrà ulteriori sviluppi? Non ci si ferma certo qui, con delle immagini che tenderanno sempre all’arte.
Potessi scegliere, quale fotografia scatteresti domani? Difficile rispondere. Domani è sabato e non devo lavorare. È pur vero che non penso mai a quanto farò il giorno dopo. Quando so di poter andare nelle Marche, non telefono neanche per sapere cosa c’è di pronto: all’arrivo, vado per orti e guardo cosa posso trovare. Tutto avviene di petto, anche per gli accessori. Ne ho tanti: riempiono 4 metri quadri di una parete.
Il soggetto umano il più delle volte è assente nelle tue immagini. Qualche
Potessi farti un augurio fotografico da solo, cosa ti diresti?
Vorrei vendere tanto: tutto qui. Non desideri che la passione possa continuare ad ardere? Certamente, quella dello still life però. Paesaggi o personaggi non m’interessano. In vacanza non faccio mai fotografie. Vengo attirato dai prodotti strani, quelli che muovono la mia fantasia. Che consiglio daresti alle nuove generazioni? Cambiate mestiere. Pare esagerato, ma oggi è meglio mantenere la fotografia in un ambito hobbistico. È consigliabile un’altra occupazione che copra le spalle. Circa la fotografia di food, ricordiamolo: in primis, occorre essere appassionati di cucina. Questo forse è il suggerimento più grande.
paginaventitre
PORTFOLIO Lamberto Gerini
Le BOLLE del
sapone
Si gonfia lentamente, morbidamente; poi si stacca, come per incanto: è la bolla di sapone. Vola per un po’, trasparente e perfetta; pare addirittura muoversi, adattarsi. Trasporta emozioni e sentimenti, prima di rompersi in piccole gocce d’acqua. Un miracolo? No, solo un semplice fenomeno fisico; eppure il sapone produce piccole sfere, un po’ ovunque. Verso di loro nutriamo fiducia, perché detergenti, innovative. Dopo il loro passaggio, nulla si mostrerà più come prima; e vi saranno risposte alle nostre attese, anch’esse chiuse nelle sferule traslucide. Lamberto ci propone un lavoro fatto di trasparenze, dove il sapone è il velo attraverso il quale osservare la realtà: quale, però? Quella intravista o un’altra semplicemente immaginata? E se il vero abitasse proprio nella bolla? In quello strato di sferule che lasciano solo intravedere? La risposta la lasciamo a chi guarderà. L’invito che ci viene da Lamberto riguarda ciascuno di noi. Chi siamo al cospetto del tempo? O all’interno dello spazio? Riflessioni antiche, alle quali illustri personaggi hanno già dato una risposta: “La vita sulla terra è solo una bolla di sapone” (Gandhi).
pagina ventiquattro
Š foto di Lamberto Gerini
paginaventicinque
PORTFOLIO Mirko Lamonaca
' CATABASIS Con il termine Catabasi s’intende la discesa di una persona nel regno dei morti. Motivo ricorrente in letteratura, arte e nella storia delle religioni, troviamo il primo esempio letterario di catabasi nell’approdo di Ulisse al regno dell’Ade nell’Odissea. Nella letteratura greca sono inoltre famose la discesa agli Inferi di Eracle, durante la sua ultima fatica, e quella di Orfeo alla ricerca di Euridice. Tema ripreso da Virgilio nell’Eneide (libro VI), la catabasi trova la sua vetta letteraria più alta nella Commedia di Dante. Dal punto di vista delle religioni, molteplici ne sono le visioni, spesso similari. Varie sono le immagini dello She’ol che troviamo per esempio nel Vecchio Testamento. Regno dei morti, regno delle ombre, luogo di assoluto silenzio e per definizione dell’incomunicabilità, del non ritorno e dell’immobilità: un luogo fisico, di fatto esistente, al pari del mondo dei vivi. Un luogo al quale si accede varcando una porta, un cancello dotato di forti catene; una volta attraversata, aliena per sempre il mondo non più raggiungibile dei vivi. Un luogo dove le anime/ombre trovano destinazione, dove vagano o semplicemente stazionano in vere e proprie camere. Lì le famiglie si trovano riunite ciascuna nelle proprie stanze. Ho iniziato a lavorare a queste immagini nell’estate del 2016 per poi passare a una prima riflessione formale sul progetto con l’aiuto della curatrice Samanta Cinquini e di Luigi Arnoldi, un amico teologo che mi ha indirizzato, per la parte del Vecchio Testamento, alla ricerca delle fonti bibliche, mentre io ho avuto modo di concentrarmi maggiormente sulla ricerca delle fonti letterarie non religiose. Il progetto, allo stato attuale, costituisce un insieme di diverse visioni dell’oltretomba: matrice letteraria (Ulisse, Orfeo ed Euridice, Gilgamesh, Adriano, e riferimenti più recenti in Böcklin, Munch, Beckett, Eliot, Buzzati), matrice religiosa (Vecchio Testamento, con una visione ripresa dal Corano), visione personale. Senza alcuna volontà o presunzione di trasmettere alcun messaggio escatologico religioso o laico, il proposito di questo lavoro è la raccolta, la formazione di un archivio, delle diverse, molteplici e a volte contrastanti visioni di cosa sia stato e sia tutt’oggi il concetto dell’oltre, del mondo subito dopo la vita. Fermandosi, con alcune eccezioni, al di qua dell’incontro possibile, sperato o negato con una divinità.
Mirko Lamonaca
Nota tecnica: Le immagini sono state realizzate utilizzando miniature ambientate in set costruiti in studio e fotografati utilizzando un foro stenopeico montato su una macchina fotografica mirrorless.
pagina trenta
Š foto di Mirko Lamonaca
Profecturi Sunt Scesero vivi agli inferi essi e quanto loro apparteneva; la terra li ricoprÏ ed essi scomparvero dall’assemblea. Numeri 16,33
paginatrentuno
PORTFOLIO Elisabetta Zanchetta
VIVERE A COLORI “Non ho mai amato il nero, tantomeno il grigio”. “Il mio più bel ricordo di un regalo ricevuto, da bambina, è quello di una maglietta color turchese, con la scritta ‘grazie’ in tre lingue: francese, inglese e tedesco”. Questo ci dice Elisabetta Zanchetta per introdurre il suo lavoro. Col tempo, la vita le chiede di uniformarsi alla massa, di appiattire il proprio essere, di non sembrare ’strana’, di adattarsi così a ciò che non le piace. Dismessi i calzettoni giallo fluo, adolescente trasgressione targata anni ’80, Elisabetta è cresciuta portandosi dentro una linfa inesauribile: l’amore per tutto ciò che è colore. La sua passione per la fotografia nasce da lontano, da quando a quindici anni, al carnevale di Venezia, chiede a suo padre la Minolta in prestito. È amore a prima vista, al primo scatto. Proprio lì, in un groviglio di colori, nasce la consapevolezza che quello che il mondo non riesce a darle, immediatamente, e se lo va a cercare. Da questi presupposti nasce il lavoro che vediamo. Elisabetta è alla ricerca di un suono, un sapore, un profumo che viene associato a forme e colori diretti, sgargianti. Gli scatti provengono perlopiù da Murano, Burano, Rosignano, Gabicce Mare. In tanti anni di fotografia (è la sua passione, legata alla scrittura) il senso di libertà ed evasione mentale che il colore le comunica non smette mai di sorprenderla. I giochi della luce riescono a far apparire il mondo come migliore: giocoso, ammiccante, mai banale; questo rispetto alla grigia monotonia della quotidianità. Elisabetta si riconosce nelle parole di Cesare Pavese: “Ogni nuovo mattino, uscirò per le strade cercando i colori”.
pagina trentasei
Š foto di Elisabetta Zanchetta
paginatrentasette
PORTFOLIO Maurizio Braiato
Steelflowers pagina quarantadue
Š foto di Maurizio Braiato
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PORTFOLIO Luigi Favaretto
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TOMORROWLAND
© foto di Luigi Favaretto
paginaquarantanove
pagina cinquantaquattro
PORTFOLIO Walter Böhm
MIRRORS L’occhio cerca in continuazione. Chi guarda le immagini di Walter vorrebbe un centro d’attenzione, un punto sul quale iniziare la lettura fotografica e completare un racconto anche personale. Il guardante trova dell’altro, però: forse molto di più. All’interno di un formalismo composto e attento, vede aumentare la propria curiosità; perché i soggetti si ripetono tra specchi e riflessi, luci e abbagli. “Repetita iuvant”, direbbero i latini; a sottolineare come, alla vista, siano d’aiuto i soggetti che si ripetono, ordinatamente però. Il lavoro di Walter Böhm vince per questo: nella formalità che attanaglia, in quello specchio che fa ragionare. Ogni tanto compare anche l’elemento umano, il che non guasta: siamo noi? Loro? Chi è la persona riflessa? Ai quesiti è difficile rispondere e forse è meglio non farlo, rispettando il valore di un lavoro (quello di Walter) che si limita a suggerire: sul tempo, lo spazio, l’esistenza. Forse siamo soltanto il risultato di un’immagine specchiata, che poi è ciò che gli altri vedono di noi. “Mirrors” ce lo suggerisce. Pensiamoci sopra.
© foto di Walter Böhm
paginacinquantacinque
COMUNITÀ FOTOGRAFICA L’IMMAGINE DIVENTA PROGETTO
CORTONA ON THE MOVE, 8 EDIZIONE UNO SGUARDO CONTEMPORANEO a
LE FOTOGRAFE DONNE PROTAGONISTE DELL’EDIZIONE 2018 DEL FESTIVAL. IMAGE MAG SARÀ PRESENTE.
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al 12 luglio al 30 settembre 2018 sarà aperta al pubblico l’ottava edizione del festival internazionale di fotografia Cortona On The Move. Mostre, eventi e incontri con i grandi protagonisti del settore faranno parte dell’estate cortonese. Il festival è organizzato dall’associazione culturale ONTHEMOVE. La direzione artistica di Arianna Rinaldo. IL FESTIVAL, CONTEMPORANEO PER MISSIONE Cortona On The Move vuole essere un festival di fotografia contemporanea, con uno sguardo verso la tradizione e un interesse continuo dedicato agli sviluppi futuri. Cortona On The Move si offre come una piattaforma dinamica per la fotografia contemporanea, per narratori visivi, per gli amanti
della conoscenza e i cercatori di emozioni. La sua missione è dare spazio alle voci e alle visioni che possono aprire mente, cuore e sensi, attraverso storie che creano continui spazi di riflessione e discussione. IMAGE MAG, UNA PARTNERSHIP COERENTE Image Mag sarà media partner di Cortona on the Move 2018. Si tratta di una partecipazione quasi ovvia, proprio per la filosofia portata avanti dal magazine. Se il Festival è contemporaneo per missione, altrettanto può dirsi per la pubblicazione che abbiamo tra le mani. Da quando è nata (siamo nel 2012), Image Mag ha voluto dedicare uno sguardo ampio alla fotografia di oggi: ricorrendo ai classici, ma anche prestando attenzione ai professionisti in erba e, perché no, al mondo amatoriale. Lo ripetiamo spesso: metà della
foliazione è dedicata a chi porta avanti la fotografia con la passione dell’hobby. E a Cortona Image Mag sarà presente per condividere, con chi vorrà farlo, il contenuto dei propri lavori. La redazione sarà coinvolta nella lettura portfoli, che si terrà a Palazzo Ferretti nelle giornate 12-13-14 luglio 2018. Image Mag sarà parte attiva anche di altre attività. Si parla di una presentazione, che costituirà un momento importante, perché sei anni di storia rappresentano un viaggio nella fotografia autoriale, tra aspettative, tendenze, sogni, ispirazioni. Se il mondo delle immagini oggi vive di un grande fermento, da quanto è apparso sulla rivista si potranno almeno trarre delle indicazioni forti, anche su quanto sarà domani. La tre giorni dei portfoli, comunque, riveste per la redazione tutta un’importanza vitale. C’è attesa, curiosità, voglia di incontrare. Image Mag chiede
© foto di Elinor Carucci
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le fotografie, le aspetta e le rispetta. Si tratta di un modo nuovo nel fare editoria, che contiamo possa continuare anche a Cortona. LE MOSTRE FOTOGRAFICHE, UN MONDO DI DONNE Le fotografe donne saranno le protagoniste di questa edizione del festival. La fotografa israeliana Elinor Carucci con “Getting Closer, Becoming Mother: About Intimacy and Family, 1993-2012” racconta la sua esperienza di donna e di madre in un progetto fotografico a lungo termine; una narrazione diversa è quella della giordana Tanya Habjouqa che con “Tomorrow There Will Be Apricots” va a esplorare l’esperienza personale e familiare delle donne siriane rifugiate nella vicina Giordania. “Blood Speaks: A Ritual of Exile” di Poulomi Basu è invece un viaggio transmediale sulle donne nepalesi, costrette all’esilio nel periodo mestruale e soggette ad ogni forma di abuso. Sanne De Wilde con il progetto “The Island of the Colorblind” ci porta in Pingelap, un piccolo atollo dell’Oceano Pacifico dove gran parte della popolazione è affetta da acromatopsia, una malattia genetica che non fa distinguere loro i colori, la fotografa belga narra attraverso il bianco e nero, gli infrarossi e le foto dipinte a mano il mondo visto dai loro occhi. Il capitolo oscuro di Guantanamo è il protagonista del lavoro “Welcome to Camp America: Inside Guantánamo Bay” di Debi Cornwall, la fotografa statunitense ha seguito sia la vita dei prigionieri nel campo che quella successiva una volta assolti e rilasciati. Guia Besana con “Under Pressure” indaga sull’emancipazione femminile e sulla sua evoluzione tra i due millenni. “Fallout” della fotografa singaporiana Sim Chi Yin racconta l’esperienza degli uomini, passata e presente, in relazione alle armi nucleari. “The Red Road Project” è invece il lavoro della fotografa italiana Carlotta Cardana che si concentra sui nativi americani, sulla loro identità e sul tentativo di eliminare la loro cultura perpetrato sin dalla fine dell’800. L’esplorazione del tema dell’unicità e della diversità di ogni persona, la connessione tra mondo interno ed esterno è il soggetto scelto dalla giovane fotografa russa Alena Zhandarova per il suo “Puree with a Taste of Triangles”; mentre “Revising History” di Jennifer Greenburg è uno studio sulla fotografia, sulla natura dell’immagine vernacolare e il suo ruolo nella creazione di allegorie e stereotipi culturali. Le “Bug Out Bag” sono il kit per sopravvivere 72 ore essenziali per prepararsi alle catastrofi, le manifestazioni delle paure e delle ossessioni dell’americano del XXI secolo. Ogni proprietario personalizza il proprio e ogni BOB diventa il suo ritratto in “Bug Out Bag: The Commodification of American Fear” della statunitense Allison Stewart. “Make a Wish” di Loulou d’Aki è un progetto fotografico sulle speranze e i sogni dei giovani, che ha l’obiettivo di diventare una testimonianza dei tempi correnti: al centro del lavoro della fotografa svedese le esperienze delle primavere arabe. È il progetto vincitore del PhotoBoook Prize dell’edizione scorsa e, grazie a questo, è diventato anche un libro prodotto dal festival.
© foto di Guia Besana
© foto di Sanne De Wilde
MOLTO ALTRO ANCORA Il programma dell’edizione 2018 non si ferma qui: è ricco e intenso; alle mostre si affiancheranno eventi, workshop, letture portfolio, call e talk. Vi saranno anche premi ed esposizioni fuori Cortona. Attesa è quella di Massimo Vitali all’interno del Valdichiana Outlet Village. Lo ripetiamo, però, ci sarà anche Image Mag; che speriamo possa essere una motivazione in più per visitare il paesino toscano.
© foto di Tanya Habjouqa
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STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA
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