Image mag anno VII numero 05 - Estratto

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e 12,00

05

Settembre Ottobre 2018

anno VII n.05

FOTO

IMAGING

VIDEO

FINE ART

STORIE DI FOTOGRAFI E DI FOTOGRAFIA

ESTRATTO

IMAGE MAG SETTEMBRE n OTTOBRE 2018

Graziella

Vigo


Senza lo specchio Ci siamo: anche Canon e Nikon hanno tolto lo specchio davanti a un sensore full frame. I rumors ne parlavano da tempo, ma oggi la notizia è consolidata: con due sistemi nuovi ad affrontare il mercato del mirrorless. Signori si cambia: non sappiamo a quale velocità, ma la rivoluzione è in atto. Verranno a modificarsi anche i termini e forse pure gli elementi di paragone. Il sostantivo “reflex” molto probabilmente perderà parte del suo prestigio, avendo rappresentato per anni la completezza dello strumento fotografico. È comparsa improvvisamente nei discorsi degli appassionati l’analisi del tiraggio dell’ottica, oggi (col mirrorless) incredibilmente breve. I bocchettoni degli obiettivi si allargano a dismisura, questo

per gestire meglio la luce. Tutto ciò ci consola: dopo anni di pixel a manciate, torniamo alle origini, alla sorgente principale della fotografia. Anche le lenti verranno coinvolte nei discorsi “da negozio”, e non solo per il tiraggio; ma perché la qualità, diciamolo, parte da lì. Insomma, che ci piaccia o meno è iniziata una nuova era. La fotografia si rinnova una volta di più, come ha sempre fatto del resto. Sarà bello seguirne l’evoluzione e non per curiosità eminentemente tecniche, ma per il fatto che pare emergere una qualità raggiungibile, un’opportunità maggiormente manifesta. Forse si fotograferà meglio, e questo non può che piacerci.

COVER STORY

EDITORIALE

Mosè Franchi

1. SENZA LO SPECCHIO

Signori si cambia: non sappiamo a quale velocità, ma la rivoluzione è in atto.

CAFÉ FOTOGRAFICO 14. PERSONE, FATTI, CURIOSITÀ Notizie da non perdere.

Graziella Vigo 4. LA FOTOGRAFIA DELL’ANIMA

COMUNITÀ FOTOGRAFICA 60. ImagORBETELLO

L’estate si tinge di Festival.

L’ALTRA COVER STORY

HI-END

62. LA VETRINA DELL’USATO

L’usato, un’esperienza fotografica ricca d’opportunità.

64. NIKON RICOMINCIA DA Z

Nikon presenta il nuovo sistema Z-Mount e due fotocamere mirrorless a pieno formato: la Z 7 e la Z 6.

Paolo Verzone

16. UNA VITA CON LA FOTOGRAFIA Comitato editoriale Mosè Franchi, Roberto Mazzonzelli, Francesco Cito, Stefano Messina, Massimo Reggia, Lido Andreella

­­www.imagemag.it Direttore responsabile Mosè Franchi Direzione artistica Massimo Reggia

Progetto grafico Visiva S.r.l. - www.visiva-adv.it Realizzazione grafica Gino Durso Davide Lanzino, Ilaria Nigro

66. CANON EOS R, LA RIVOLUZIONE È IN ATTO

Canon presenta EOS R, la prima mirrorless full frame della sua storia. È pensata per appassionati e professionisti e punta a diventare uno standard.

Stampa Cortona Moduli Cherubini S.r.l.

Distributore esclusivo per l’Italia Consorzio Gruppo Immagine

Image Mag è una pubblicazione Consorzio Gruppo Immagine

Periodicità bimestrale

Redazione Consorzio Gruppo Immagine Viale Andrea Doria, 35 - 20124 Milano Tel. 02/23167863 e-mail: info@imagemag.it

QUESTIONE DI LIBRI

68. LA BIBLIOTECA CHE VORREI I testi che non dovrebbero mai mancare nei nostri scaffali.

EVENTI&MOSTRE

70. DA VEDERE & PER PARTECIPARE

Mostre, eventi, manifestazioni, fiere, workshop e seminari.

UNO DI NOI

72. LEONARD NIMOY

Anche Leonard si avvicinò alla fotografia e più volte fu tentato di abbandonare la recitazione per l’arte dello scatto.

PORTFOLIO 24. AUGUSTO CATANI IL PAESAGGIO PERCEPITO

30. GIUSEPPE CARDONI BOXING NOTES

36. MARINA CECCARINI PERDUTA/MENTE

42. ENZO TRUPPO IPOCONDRIA

48. ENRICO BALLESTRAZZI LE REGOLE DELLA PASSIONE

54. LUCA COSCARELLI “CARA” MAREMMA

Image Mag è una testata registrata presso il Tribunale di Milano con autorizzazione n. 237 del 1 Giugno 2012

Prezzo copia 12,00 euro. Arretrati 20,00 euro. Abbonamento a 6 numeri: ritiro in negozio Photop 42,00 euro, spedizione postale 62,00 euro

È proibita la riproduzione di tutto o parte del contenuto sen­za l’autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore è a disposizione per regolare i diritti delle immagini i cui titolari non siano stati reperiti.

pagina uno


Image Mag è la prestigiosa rivista bimestrale interamente dedicata alla fotografia e ai suoi interpreti. È l’espressione del desiderio di parlare ad appassionati di fotografia usando la lingua degli appassionati di fotografia. Una rivista che presenta immagini stupefacenti realizzate da celebri professionisti e lavori di appassionati che compongono gli epici portfolio, cuore e anima di questo straordinario magazine.

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VENEZIA LIBRERIA LT2 TOLETTA Dorsoduro/Toletta, 1214 Tel. 041.5229481


LA FOTOGRAFIA DELL’ANIMA

VIGO pagina quattro


Š foto di Graziella Vigo

paginacinque


COVER STORY I GRANDI PROTAGONISTI DEL PALCOSCENICO FOTOGRAFICO

I

ncontriamo Graziella Vigo presso il suo studio a Milano. L’avevamo conosciuta al MIA pochi mesi prima. Ci accoglie con cordialità in uno spazio che alla vista diventa gigantesco; il pavimento di legno scricchiola ai nostri piedi e ovunque trionfa il bianco: il colore per riflettere e da capire. Graziella si siede di fronte a noi. Non è curiosa. Lo sguardo è quello deciso di chi saprà rispondere, senza esitazioni. Lei sa che parleremo di moda, ritratti, forse anche di viaggi; ma non è lì il punto, l’elemento di svolta. Graziella è consapevole del fatto che le sue immagini non nascono per stile o gusto, ma dal profondo dell’anima. Di fronte a qualsiasi soggetto lei cerca l’interiorità, il significato intimo, mettendo poi a disposizione quello che di dentro vive in lei. Molte cose con Graziella assumono dimensioni diverse. La moda diventa gusto, la bellezza cultura. Entrambe quindi non sono un esercizio comportamentale ma l’esito finale di una ricerca profonda e interiore. Non è una moda “di moda” quella di Graziella quindi, ma un ambito voluto e creato in assonanza con stilisti e disegnatori; un percorso che voleva intendere il significato di un’esistenza. La moda del possibile, quindi, del dato certo, dell’uomo e della donna che insieme vivono il loro tempo. Non moda “di moda” dicevamo, bensì “moda perché”. Una risposta che viene da lontano, forse dal profondo, sicuramente dall’anima. Graziella, quando hai iniziato a fotografare? Dai tempi della scuola. Quando ero Fashion Editor di Annabella, mi riconoscono in una piccola fotografia. A farlo è stata la mia compagna di banco. Non comparivo mai nelle immagini scolastiche, perché le scattavo io. La tua è stata passione per la fotografia? Solo passione. Si è applicata alla mia vita dopo il giornalismo. Un giorno ho detto: “Basta con le parole”, così sono passata alle immagini. Il passo successivo è stato quello di trasferirmi a New York, presso l’ICP, dove ho seguito un corso di fotografia di moda, specializzandomi poi nel ritratto. Lì ho conosciuto Robert Mapplethorpe, del quale ho apprezzato i ritratti, il modo di lavorare. Per mesi è stato il mio insegnante e ha influito sulla mia preparazione, facendo sì che io imparassi a vedere. Ci portava al Metropolitan, di fronte a un Rembrandt, e guardavamo la luce: del sole o di una candela, fino a quella del fuoco; il colore era un suo riflesso. La passione è stata importante? Ha rappresentato la chiave della mia vita e mi ha permesso di non sentire fame, sete, stanchezza. Un assistente mi disse: “Questo

pagina sei

mestiere non mi piace, perché non si mangia mai”. Noi fotografi dipendiamo dalla luce. Graziella, come hai curato la tua formazione? Negli anni ’70 ho conosciuto un fotografo che, nel suo studio, mi faceva vedere stampe in B/N che aveva prodotto. Si trattava di Ugo Mulas:

un mito della fotografia. Un altro autore che mi ha fatto comprendere la magia dello scatto è stato Irving Penn, a New York. Quando gli ho mostrato i miei lavori circa la moda, lui mi chiese: “Cosa vuoi da me?”. Io gli dissi: “Non è il mio mestiere, sono fashion editor”. Lui ribadì: “È il tuo mestiere”. “Eppure io non sono sicura”, volli insistere. Penn fu perentorio:



L’ALTRA COVER STORY NUOVE TENDENZE ALLA RIBALTA DELLA FOTOGRAFIA

UNA VITA CON LA FOTOGRAFIA Skype ci ha aiutato a parlare con Paolo Verzone. Lo abbiamo rintracciato ad Atene, poi a Londra, infine a Barcellona, dove risiede. Da tempo desideravamo intervistarlo, almeno da quando, nel 2015, lo trovammo tra i vincitori del WPP col lavoro “Cadetti”. L’incontro a voce con Paolo ha rappresentato una sorpresa. Ne abbiamo scoperto una persona a più velocità, perché alterna progetti a lungo termine (cinque anni è durato “Cadetti”) e attività fotografiche quotidiane, di vita potremmo dire. Tutto ciò non rappresenta una contraddizione, anzi; Paolo tende a semplificare le cose, restituendo loro il tempo necessario: né più, né meno. Ciò che per lui risulta importante è l’autorialità, quella che ha respirato tra le mura domestiche mentre conosceva Scianna, Basilico, Koudelka, Colombo. Con loro ha imparato a rispettare il rigore, la precisione, ma anche la libertà: la capacità cioè di modificare regole e codici di comportamento. Non si ferma però, Paolo; l’ambiente fotografico che trova in gioventù non riesce a bastargli. Continua a formarsi come se nulla fosse: usando esempi consolidati, ma senza considerare che le esperienze altrui potessero essere assolute e appaganti. Dopo una vita “con” la fotografia che conta (eccome), Paolo s’interroga su chi è, sulle proprie capacità, inventando ciò che potrebbe servirgli: per sopravvivere, prima; e migliorare, poi. C’è sempre la fotografia, in sua compagnia; ma da una parte opposta. Non viene più preso per mano, ma è lui a tendere il braccio laddove è sicuro di poterlo dirigere. E il mondo dell’immagine lo segue: tra progetti e scatti di poche ore. Forse non è cambiato nulla dai tempi delle cene con i grandi. Lui, Paolo, non ha mai tradito l’emozione che lo animava. La decisione più importante l’aveva già presa: “Vivrò di fotografia, ma anche con essa”, come quando con sua madre, nell’appartamento torinese, ascoltava i grandi mentre lo affascinavano d’immagini. “Con” la fotografia, appunto.

pagina sedici


Š foto di Paolo Verzone

paginadiciassette


pagina ventiquattro


PORTFOLIO Augusto Catani

IL PAESAGGIO

PERCEPITO

Il lavoro qui presentato è stato realizzato nell’arco di circa due anni su una piccola zona di territorio marchigiano della provincia di Ancona. Da oltre 40 anni sono impegnato in ricerche ed esplorazioni, al fine di scoprire e capire come siamo influenzati da ciò che ci circonda e come percepiamo il nostro ambiente. Grazie agli studi scientifici in ingegneria e a un più che ventennale interesse per le tradizioni estetiche giapponesi, ho compreso come le emozioni siano legate al tempo. Così, se voglio manifestare ciò che ho provato nel momento dello scatto fotografico, devo codificare l’elemento “tempo” all’interno dell’immagine. L’uso di appropriate esposizioni mi ha permesso questo e conseguentemente l’eliminazione di quel “rumore visivo” che normalmente crea una barriera tra noi e il mondo che ci circonda; il tutto per evitare di avere come risultato un’immagine statica. In sostanza, non intendevo mostrare ciò che assomiglia a questi luoghi ma come essi vengono percepiti. Il mezzo fotografico mi permetteva di rivelare questo mondo a noi velatamente nascosto al fine di poterlo meglio contemplare. Era mio desiderio trasmettere allo spettatore l’essenza della mia esperienza in questi luoghi, per evocare in lui le stesse emozioni da me provate al momento della ripresa.

Augusto Catani

© foto di Augusto Catani

paginaventicinque


PORTFOLIO Giuseppe Cardoni

G N I X O B

S E T O N “Nonna Mira, la vera appassionata di boxe in famiglia, metteva la sveglia alle tre di notte e chiamava mio padre e me (bambino) per vedere insieme i grandi incontri in diretta dal Madison Square Garden di New York”. “Con questa memoria, sono andato alla ricerca di quelle atmosfere e dei valori della grande Boxe degli anni Sessanta-Settanta”. Giuseppe Cardoni

Corde, assi di legno, tappeti sdruciti, muri scrostati, scarpe consumate, piedi, chiodi, sacchi, asciugamani, accappatoi, immagini sacre, scale di ferro, luci al neon, smorfie di dolore, il riso della vittoria: è il pugilato. Quello “raccontato” da Giuseppe Cardoni non tiene conto di categorie, pesi e tabellini. L’obbiettivo fissa i luoghi, le stanze, gli spazi dove si allenano - insieme e ogni giorno - muscoli e speranze. Dalla “povera” palestra Academia de Boxeo Henry Garcia Suarez, ad Holguin (Cuba), sono usciti campioni olimpici e mondiali. E non si direbbe. La “macchina stilografica” di Giuseppe ha impresso, oltre agli umori e ai sudori dei presenti, anche il respiro profondo di questo sport, il rispetto quasi paterno per l’allenatore e per i campioni, la disciplina per l’allenamento, l’amicizia per i compagni, il ritmo nelle gambe e nelle vene, la fierezza e il coraggio. I ragazzi iniziano ad allenarsi a circa dieci anni, spesso senza casco e senza scarpette, inseguendo a mani nude una vittoria con molte dediche: se stessi, la propria famiglia, il Paese. A Buenos Aires, la palestra Boxing club Ferrobaires, è ricavata proprio sotto la vecchia stazione abbandonata Constitucion. La lunga marcia per diventare campione del mondo inizia infilandosi dentro un buco di cemento, scendendo per una scala arrugginita e insicura. Pioggia o sole, lì sotto c’è sempre il buio. Da dietro la porta arriva una fessura di luce e alcuni rumori, di guantoni e voci. Compresa quella di un settantenne in canottiera bianca e calzoncini da boxeur, che quel 7 novembre 1970, era all’angolo di Carlos Monzon, nella sfida epica con Nino Benevuti. Josè Menno allena gratuitamente i ragazzi, sotto il livello della strada, per provare a sottrarli alla strada: “La gioia più grande è quando uno di loro, sorridendo, mi dice di sentirsi un’altra persona”. Luca Cardinalini, Giornalista RAI Nota: Boxing Notes ha vinto il Concorso Rencontres D’Arles - Reponses Photo 2017. Il ritratto verticale del pugile fa parte della collezione d’arte della Federazione Pugilistica Italiana ed è esposto permanentemente al Museo Nazionale del Pugilato di Assisi.

pagina trenta


Š foto di Giuseppe Cardoni

paginatrentuno


Š foto di Marina Ceccarini

pagina trentasei


PORTFOLIO Marina Ceccarini

Perduta/Mente Perdutamente è un abbandonarsi alla nostra vita istintiva, rappresentato dalla donna e dall’elemento acqua del fiume; è un lasciarsi trasportare dalla corrente della vita, una sorta di purificazione e di rinascita. La testa della figura è simbolicamente mancante (perduta/mente) per rappresentare l’attraversamento di questi abissi inconsci, dove la ragione opporrebbe resistenza e bloccherebbe il processo interiore. Perdutamente è affidarsi al fiume senza fare resistenza, ma sfruttando la forza dell’acqua; permettendole di esprimere tutto il suo potenziale creativo. Perdutamente è un abbandonarsi alla nostra vita istintiva, rappresentato dalla donna e dall’elemento acqua del fiume; è un lasciarsi trasportare dalla corrente della vita, una sorta di purificazione e di rinascita. La testa della figura è simbolicamente mancante (perduta/mente) per rappresentare l’attraversamento di questi abissi inconsci, dove la ragione opporrebbe resistenza e bloccherebbe il processo interiore. Perdutamente è affidarsi al fiume senza fare resistenza, ma sfruttando la forza dell’acqua; permettendole di esprimere tutto il suo potenziale creativo.

paginatrentasette


PORTFOLIO Enzo Truppo

IPOCONDRIA n

C

onfessiamolo: d’ipocondria non siamo mai guariti. Già duemila anni addietro Ippocrate descriveva il “male degli ipocondri”, un malessere che colpiva stomaco e mente, generando tristezza e paura di morire. Del resto, i greci credevano che l’addome fosse la sede dei sentimenti, da cui (appunto) ipocondria, perché l’ipocondrio è l’area dell’addome situata sotto le costole.

Col tempo le cose cambiano, anche per via delle conoscenze aumentate a dismisura. Oggi quasi ci curiamo su internet e Google è diventato il primo consulente medico per qualsivoglia patologia. Tutto ciò ha però generato anche paure e sospetti, che poggiano dove Ippocrate descrisse il suo male: in quella paura di non essere più al primo colpo di tosse. Con la premessa, abbiamo rubato tanto spazio

al lavoro di Enzo Truppo, anche se poi lui non ne ha bisogno. Da fotografo vero (narratore, per giunta) ha affrontato l’ipocondria ambientandola e connotandola. Il non luogo, ad esempio, suggerisce la solitudine, la tristezza: l’essere in perenne ascolto di se stessi. C’è poi quasi una lesione auto riferita, dove si vanno a forzare sintomi meno percepibili e di scarso significato. L’interpretazione di tutto il lavoro è brusca, decisa, anche nei mezzi toni e pure nei dettagli. Ci sono piaciute le lastre sulla vetrata e anche il gioco delle mollette da bucato. Milena Gori (la modella) ha offerto il suo contributo, ma a Enzo va dato il merito progettuale di aver trovato casa a una malattia astratta, di tanti, chiacchierata, discussa, affrontata e mai risolta. Neanche Ippocrate poteva immaginare un “non luogo” chiuso di solitudine; ma la fotografia doveva ancora arrivare. Ci ha pensato Enzo, duemila anni dopo.

n

pagina quarantadue


Š foto di Enzo Truppo

paginaquarantatre


PORTFOLIO Enrico Ballestrazzi

Le regole della

PASSIONE

pagina quarantotto


Š foto di Enrico Ballestrazzi

paginaquarantanove


PORTFOLIO Luca Coscarelli

“CARA” MAREMMA Non conosciamo bene la Maremma, non in maniera approfondita. L’abbiamo però sempre considerata una terra da impavidi, per gente forte e coraggiosa.Forse non è così, resta il fatto che la si può affrontare solo con amore e passione, senza mezzi termini. Con la Maremma non si può scendere a compromessi: occorre offrirle qualcosa, di nostro e personale; anche solo per frequentarla. Luca lo sa bene, perché nativo dell’area. Nutre un amore forte per la sua terra e lo dimostra con le immagini che ci propone. Si tratta di scatti colti sul mare, tra i monti dell’Uccellina e il fiume Chiarone: sulla Costa d’Argento, per intenderci. Lì lui quasi sviluppa un dialogo con il mare: lo riprende nell’impeto e anche quando si ritrae. Cercandolo, quasi si nasconde; col rispetto di chi affronta qualcosa di più grande, anche troppo. C’è classe, nelle immagini che vediamo: stile, addirittura. Riguardandole più volte, ne scorgiamo una sorta di complicità, un dialogo antico tra due amici che s’incontrano e poi si scrivono.

“Cara Maremma”, sembrano suggerire; e noi dobbiamo solo leggere.

pagina cinquantaquattro


© foto di Luca Coscarelli

paginacinquantacinque


HI-END

MACCHINE, MAGIE TECNOLOGICHE E OGGETTI DEL DESIDERIO

USATO,

CHE PASSIONE È la terza volta che ci occupiamo dell’usato, in un’apposita rubrica. Tanta insistenza merita certo una riflessione, e anche una giustificazione di fondo. Del resto, perché parlarne? Su una rivista d’immagine, poi? Beh, siamo convinti di rivolgerci a degli appassionati, ai tanti cioè che nel tempo libero amano imbracciare la borsa, per dedicarsi al progetto fotografico pianificato. USATO COME CREATIVITÀ

L’usato non è da chiamare in causa solo per la convenienza, anzi. Crediamo altresì che andare per negozi (PHOTOP, naturalmente) scrutando nell’apposita vetrina possa rappresentare un gesto di creatività. Un accessorio di “seconda mano” ha una storia tutta sua, come dire: se ne è parlato; per cui diventa appetibile per chi ha delle esigenze precise, eventualmente suffragate da chi ne sa di più. C’è poi la curiosità, alla quale spesso è bello far fronte. Che sensazioni potrà offrire quell’ottica appena scoperta nell’area “usato”, e pure così conveniente? Il caso delle volte aiuta. Del resto, sarà lo stesso personale del negozio a indicarci i prodotti che fanno il caso nostro, questo perché ci conosce, da tempo: la creatività è anche la sua. USATO COME RIDONDANZA

Le attrezzature fotografiche rappresentano insiemi complessi, particolarmente quelle degli appassionati. Il più delle volte sono frutto di acquisti successivi, spesso motivati anche da fattori emotivi ed emozionali. C’è chi possiede un doppio corpo, se non addirittura il triplo; altri hanno una collezione di focali corte. Ci sono poi i lunghi fuochi, dei quali chi ne fa uso ha bisogno di un po’ tutte le gradazioni. Insomma: l’attrezzatura spesso la desideriamo ridondante e popolosa; per noi è quasi una soddisfazione. Perché non rivolgersi all’usato, allora? USATO PER L’ESIGENZA SPECIFICA Una borsa porta attrezzatura il più delle volte contiene accessori generici, cioè validi per esigenze disparate. Alle volte, però, si hanno necessità specifiche e soggettive. Pensiamo a chi debba lasciare una fotocamera all’aperto, magari per un time lapse che duri 24 ore; aggiungiamo poi che i punti di vista del lavoro debbano essere tanti. Dove trovare numerose fotocamere dal prezzo conveniente? Perché questa è l’esigenza, giusto? Il negozio PHOTOP può aiutarci, anche per personalizzare le apparecchiature a un uso specifico e

dettagliato.

Passiamo un attimo alla convenienza. Ad esempio, chi desideri iniziare a dedicarsi alla fotografia naturalistica non potrà che orientarsi verso lunghi fuochi, estremamente luminosi. In genere si tratta di acquisti importanti, anche per un professionista del settore. Ebbene, un buon

paginasessantadue

usato (perché controllato dal negoziante) potrà permetterci di entrare nell’ambito naturalistico. Insomma tutte le “start up” progettuali potranno trovare giovamento dalla consultazione circa l’usato. E qui non parliamo solo di fotocamere e ottiche (i prodotti più gettonati), ma anche di accessori da studio: flash, fondali, stativi e altro; anche lì la “seconda mano” può venirci incontro. USATO PER LE PICCOLE VOGLIE Frequentare un negozio PHOTOP rappresenta un momento piacevole. Lì spesso s’incontrano persone con la nostra stessa passione, disposte a gratificare il tempo che abbiamo a disposizione. Uno sguardo alla vetrina dell’usato è d’obbligo, e lì può comparire quell’accessorio, dal costo non impegnativo, che desideravamo da tempo: un vecchio

esposimetro, un oculare, un vetrino per la messa a fuoco, una custodia, addirittura un vecchio manuale. La “seconda mano”


HI-END

MACCHINE, MAGIE TECNOLOGICHE E OGGETTI DEL DESIDERIO

offre sempre delle sorprese,

persino in ambiti che neanche

immaginiamo. Chi scrive, cercando a fondo, ha trovato oggetti inimmaginabili: tappi introvabili, filtri persi (e fortunatamente ritrovati), cinghie per fotocamere ormai dimenticate e molto altro. Si tratta di acquisti facili, in grado cioè di soddisfare piccole voglie: quelle che alle volte gratificano una giornata intera. USATO ANALOGICO, QUELLO DA SOGNO Questo

ambito

altre

volte

l’abbiamo

sottovalutato.

C’eravamo

dimenticati che il passaggio analogico – digitale ha rappresentato anche un cambiamento nei comportamenti, generazionali per giunta. Così in molti, generalmente i più attempati (ma non solo), hanno visto scomparire dall’offerta principale la macchina da sogno, quella che per anni aveva rappresentato il suo desiderio principe. Ebbene,

nell’usato ricompaiono spesso prodotti che hanno fatto la storia della fotografia. Ci riferiamo a SLR epiche (citiamo Nikon F, F2, F3; ma anche Canon F1 Old) o anche a medi formati inarrivabili prima, Rollei e Hasselblad in testa. Insomma, in un negozio PHOTOP qualche “piccola voglia” possiamo soddisfarla. Naturalmente non stiamo invitando i lettori a tornare al passato, ma a godere di un oggetto finalmente acquistabile. Sì perché, diciamolo, molto spesso

le fotocamere rappresentano anche dei gioielli belli anche solo al tatto e alla vista. USATO PER CRESCERE E MIGLIORARSI La fotografia rappresenta un percorso. Al fotografo non si presenta mai un punto d’arrivo, ma sempre un ambito dal quale ripartire con rinnovato entusiasmo. Spesso, sempre la passione per l’immagine, ci costringe, per stile o genere affrontati, a scelte radicali circa gli

L’usato può venirci incontro, perché flessibile all’approccio, e non solo economicamente.

accessori da utilizzare.

Ripetiamolo, poi: l’usato ha una storia che vive anche nel passaparola ed è lì che spesso si possono trovare le soluzioni alle nostre esigenze. Alla fine, affrontando i prodotti di “seconda mano” possiamo anche

FREQUENTARE UN NEGOZIO PHOTOP RAPPRESENTA UN MOMENTO PIACEVOLE. LÌ SPESSO S’INCONTRANO PERSONE CON LA

NOSTRA STESSA PASSIONE...

sperimentare. Non è poco. LE REGOLE DELL’USATO Ne abbiamo parlato a lungo. Generalmente l’usato ci permette di avvicinare prodotti che hanno fatto la storia, recente, della fotografia. Generalmente si tratta di fotocamere e accessori conosciuti, verso i quali indirizziamo le attenzioni per i nostri progetti. Il desiderio non basta, però; il più delle volte occorre anche riporre

IL VALORE DELL’USATO Non dimentichiamo che anche l’usato ha un valore. Alcuni prodotti, i più “famosi” per intenderci, conservano la loro validità nel tempo. Pensiamo alle ottiche luminose, ad esempio, o alle fotocamere full frame: per quanto il digitale ci abbia abituato a un rinnovo celere della proposta, i prodotti al top rimangono tali; questo per dire che si potrà rivendere un certo usato con estrema soddisfazione.

fiducia su quanto si sta acquistando, e lì il ruolo del negozio diventa determinante.

L’usato va affrontato a più livelli: in primis, deve essere maneggiato e

osservato con cura. Le tracce di usura spesso risultano proporzionali

all’utilizzo; e poi ci sono i leveraggi, le ghiere, i pulsanti: questo per dire che va controllato un po’ tutto, anche per soddisfare semplicemente il tatto. Il “gioco” eccessivo di una leva potrebbe, in futuro, condizionarci emotivamente durante il lavoro. Il personale del negozio, comunque, sarà in grado di aiutarci a fondo. Lui conosce chi ha posseduto il prodotto e in che modo l’ha utilizzato.

PHOTOP, UN SERVIZIO PER L’USATO

Il network dei negozi PHOTOP sta organizzando un servizio che possa agevolare la ricerca del prodotto desiderato. A

breve verrà aperto un sito sul quale verranno “postati” tutti i prodotti “second hand” disponibili, naturalmente divisi per categorie e famiglie, su tutto il territorio nazionale coperto dai punti vendita PHOTOP. La fruibilità sarà estrema, anche perché verranno indicati i gradi di usura delle varie soluzioni, oltre che le varie opzioni di un comune sito da e – commerce.

Oltretutto è in grado di descriverci quali sono le più comuni tracce di usura di quella determinata fotocamera, e cosa comportano.

A presto, dunque.

All’atto del ritiro delle attrezzature, il personale del negozio fa controllare le stesse dalle case madri: questo al fine di

Il dato più importate, comunque, riguarda la garanzia.

garantirne il corretto funzionamento.

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