Stefania Ricci - Natura cosciente

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Stefania Ricci Natura cosciente a cura di Roberto Mutti


Stefania Ricci

NATURA COSCIENTE

a cura di Roberto Mutti progetto e ideazione spazio Susanna Zatti allestimento photoSHOWallÂŽ


Un nuovo spazio per la cultura, nel cuore della città. Siamo giunti alla conclusione di Pavia in Rete, uno splendido percorso di cultura condotto insieme a Fondazione Cariplo. Un lavoro che ha restituito pensiero e consapevolezza agli attori culturali della città, ma che non è stato solo questo. Pavia in rete ha significato anche riqualificazione di spazi e di luoghi dell’attività culturale, come le trasformazioni avvenute a Palazzo Broletto testimonieranno negli anni a venire. In questi anni abbiamo scelto con convinzione, anche sulla scorta di alcuni episodi di successo, di puntare sulla promozione dell’arte fotografica come mai era accaduto in precedenza.

Oggi è un motivo di orgoglio coronare questo percorso inaugurando il primo spazio dedicato all’immagine della storia della città di Pavia. La collaborazione con una grande firma come quella di Roberto Mutti ci aiuterà a scoprire in questo luogo talenti davvero straordinari. Benvenuti a SID, dunque. Uno spazio che guarda al futuro, grazie alle avvenieristiche installazioni di plano design che ringraziamo per questa nuova collaborazione. Questo, però, senza dimenticare la storia della promozione dell’arte contemporanea in città: da qui la scelta di intitolarlo con sincera gratitudine alla professoressa Rossanna Bossaglia.

Giacomo Galazzo


Con il recupero architettonico e funzionale del Broletto nel primo decennio del Duemila, l’originaria sede municipale pavese è tornata ad essere il centro non solo fisico, ma rappresentativo e simbolico della città: l’edificio medievale, che sorge a lato delle cattedrali romaniche affacciandosi sulla Piazza Grande con la sua loggia cinquecentesca, fa ora da unione e snodo dei più significativi centri della vita civile, religiosa e commerciale, raccordando le tre piazze - oltre a quella della Vittoria, del Duomo e di Cavagneria - e ponendosi come il luogo dell’incontro e dello stare insieme della comunità pavese. Il progressivo trasferimento nel palazzo monumentale dello I.U.S.S., poi del Settore Cultura e Turismo, poi delle Fondazioni Romagnosi e Frate Sole, l’apertura dello Spazio per le Arti contemporanee e poi ancora dell’Infopoint e del centro Pavia crossroads of Europe, ha definitivamente connotato il Broletto quale principale polo culturale cittadino, insieme con il Castello Visconteo, sede dei Musei Civici.

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Il progetto triennale “Pavia in rete”, presentato dal Settore Cultura alla Fondazione Cariplo nel 2014 e finanziato con un generoso contributo, ha consentito, tra le varie linee d’intervento, di investire

buone risorse sui due monumenti della municipalità, nella prospettiva e con l’intento sia di migliorare e ampliare la fruizione dei tanti beni culturali cittadini già dotati di una sede, sia di immaginare ulteriori destinazioni d’uso per la cultura e creare nuovi allestimenti espositivi. È nato così il SID, lo Spazio per l’Immagine e il Design, un luogo fisico pensato per aprirsi alla multimedialità, per accogliere espressioni d’arte innovative e forme di linguaggio inedite per la città, specialmente applicate al campo della fotografia, della video art, ma anche della grafica e del design: se lo Spazio per le Arti contemporanee, almeno fino ad oggi, ha ospitato in prevalenza mostre di pittura e scultura “tradizionali”, il SID sarà destinato alle proposte più originali, alla sperimentazioni, ai progetti e agli elaborati dei giovani creativi, con una prospettiva sempre rivolta al futuro. Per tutto ciò, da un lato abbiamo incaricato plano, una giovane realtà pavese che si sta testando su esperienze anche internazionali, di progettare un allestimento smart, flessibile, economico e veloce da modificare, adattabile a diverse esigenze, così da poter far susseguire le mostre


Infine, abbiamo voluto intitolare il SID a Rossana Bossaglia, per tanti anni docente di arte moderna e contemporanea all’Università di Pavia e critico militante su quotidiani e riviste specializzate, per ricordare il suo spirito anticonformista, sempre straordinariamente rivolto al nuovo e al non banale, e il suo insegnamento a percorrere strade inesplorate o quantomeno non battute, guardando sempre avanti. Susanna Zatti

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con ottimizzazione di tempi, di energie e di investimenti. Dall’altro abbiamo chiesto a Roberto Mutti, noto esperto dei linguaggi artistici legati all’immagine, di individuare per noi, e presentare alla cittadinanza pavese e ai turisti, un percorso originale tra le più interessanti proposte di fotografia (ma non solo), che alterni esposizioni di artisti già affermati con quelle di nuovi talenti emergenti, e dia corso a un’operazione culturale di scoperta e riflessione sui linguaggi dell’oggi e di anticipazione sulle espressioni del domani.

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Chi visita una mostra fotografica quasi mai immagina la complessità del lavoro che ne precede la realizzazione: dalla scelta delle opere alla loro sequenza, dalla cura delle stampe alla scelta delle cornici fino alla stesura dei testi critici. Tuttavia nella maggior parte dei casi un aspetto viene poco considerato: il rapporto con lo spazio espositivo. Questo perché, con poche lodevoli eccezioni, le mostre vengono pensate con una loro logica interna per poi essere adattate alle situazioni con cui di volta in volta devono confrontarsi. La situazione è particolarmente evidente nei casi delle cosiddette proposte a pacchetto dove cioè viene offerto un prodotto anche di qualità ma confezionato in modo da adattarsi ai siti più diversi con risultati che sono sempre frutto di inevitabili compromessi. Per tutte queste ragioni va segnalata come particolarmente significativa la nascita di un luogo come lo Spazio Immagine Design “Rossana Bossaglia” pensato in sintonia

con il progetto espositivo plano design che non è semplicemente la proposta di un allestimento flessibile e compatibile con vari formati delle opere esposte ma un insieme di strumenti per poter progettare mostre originali. L’installazione photoSHOWall, la parete fotografica costituita dalla scomposizione in quadrati di un’immagine, oltre ad avere un ruolo centrale nello spazio potrà essere usata come installazione per gli allestimenti spazio SID esterni al Broletto. In tal senso, in occasione della mostra di Stefania Ricci, un allestimento è utilizzato per un’esposizione virtuale delle foto dell’artista il cui set è costituito dalle pareti fotografiche allestite nel cortile del Broletto. Lo spazio e i suoi strumenti sono stati progettati nel loro complesso per offrire al pubblico un percorso espositivo articolato e razionalmente mirato perché ogni mostra nascerà da un rapporto profondo che lega

in un dialogo contesto e contenuto, spazio e immagini che non vengono semplicemente acquisite ma sono pensate per vivere all’interno di questo insieme. L’originalità del sistema modulare consente di superare ogni possibili rigidità per immaginare una capacità di adattamento che da un lato sappia valorizzare le opere esposte, anche con un attento uso delle luci, e dall’altro costituisca esso stesso la cornice sia fisica che metaforica di un preciso progetto dove le opere possano essere accompagnate da testi di presentazione, didascalie mirate, video e materiali di diversa provenienza che arricchiscano l’insieme. Ogni mostra richiederà quindi uno studio mirato – che è lo stesso spazio a richiedere – per renderla unica e per presentarla come tale al pubblico. Roberto Mutti

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IL PROGETTO DELLO SPAZIO SID

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Stefania Ricci

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Un fiore delicatissimo si fa attraversare dalla luce e ci si presenta nella purezza delle sue forme, un altro si piega su se stesso creando ombre che insegue in un gioco raffinato di intrecci e rimandi. Bisogna confessare di essere un po’ spiazzati da questo raffinato gioco di richiami anche perché qui la fotografia non assume l’aspetto piacevole ma prevedibile della descrizione minuziosa, non si sofferma sulla limpida bellezza che caratterizzava le riprese floreali di Ansel Adams, non insegue le originali prospettive con cui Irving Penn rivelava nei petali appena sfioriti di una rosa la caducità della vita, non rivela l’inaspettata prorompente carnalità messa in luce da Robert Mapplethorpe che ha definitivamente cambiato il nostro modo un tempo innocente di osservare una calla.

Stefania Ricci queste immagini le ha studiate con attenzione, ne è stata affascinata come tutti ma ha anche capito di voler andare oltre alla ricerca di una visione più personale che fosse vicina non a un astratto ideale di bellezza ma a una sensazione più profonda sgorgata dal suo rapporto empatico con la natura per un verso e con l’arte per l’altro. Da tutto ciò nasce un progetto dotato di una forte consapevolezza – come già si intuisce nel titolo “Natura cosciente” – quella di essere di fronte a una precisa e tenace forma di coscienza attraverso cui ci arrivano messaggi che sta a noi e alla nostra sensibilità decodificare. La vitalità che attraversa la natura, infatti, sa essere quasi sempre sorprendente, le soluzioni per sopravvivere ingegnose mentre la capacità di modificarsi in relazione

con quanto la circonda stanno a indicare qualcosa che potremmo definire come una raffinata e un po’ misteriosa forma di intelligenza. Per questa ragione Stefania Ricci non riprende i fiori come fossero oggetti ma li rende protagonisti appoggiandoli direttamente a contatto della carta fotografica sui cui lasciano il segno della loro presenza. Con le sue opere lievi, delicate ma anche sensuali, la fotografa ci invita a percepire il linguaggio con cui la natura sussurra ed è osservando queste immagini che ci possiamo accorgere di guardare contemporaneamente anche in noi stessi con una nuova, felice consapevolezza.

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NATURA COSCIENTE

Roberto Mutti

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ROBERTO MUTTI INTERVISTA STEFANIA RICCI Le fotografie di natura sono un vero e proprio genere riconosciuto come tale. Qui, invece, siamo di fronte a un quadro più complesso che rimanda, mi pare, a una ben precisa visione del mondo. La sintonia con la natura e la bellezza dell’arte sono i due elementi che da sempre mi hanno ispirata, così mi capita di essere felice di fronte a un filo d’erba come alla maestosità di un’opera d’arte. La natura fa scattare in me una forma di emozione che mi collega all’universale, a quell’alchimia nata da elementi apparentemente semplici come una goccia d’acqua posata su una foglia. La pittura è stata il primo amore e ancora caratterizza il mio modo di fotografare, il mio desiderio di creare quelle che chiamo immagini dei sentimenti. 12

Così il lavoro in camera oscura mi permette di creare invenzioni, giocare con le forme, indagare sui confini della ricerca estetica in una raffinata ricetta dove si mescolano diversi elementi in un’equilibrata sintonia fra di loro. In tutto ciò c’è dunque la volontà di creare uno stile marcatamente personale. Sono andata alla ricerca di un mio linguaggio e infatti credo che le mie fotografie traccino strade diverse perché non percorse da altri: non si è trattato soltanto di far emergere un punto di vista soggettivo ma anche di indicare ad altri una possibile visione diversa. Per questo nella mia fotografia non inseguo tanto il realismo della descrizione quanto le ombre, le tracce, i segni, le impronte grazie alle quali, in un gioco di specchi, possiamo riflettere con più attenzione su noi stessi e sulla realtà che è fatta ugualmente di luci e ombre, di realtà e inganno. Mi pare evidente sottolineare che le fonti di ispirazione non


Certamente. A questo proposito mi ricordo quanto mi emozionarono, la prima volta che le ho viste, le pitture rupestri paleolitiche delle grotte di Lascaux. Per quanto fossi consapevole di essere di fronte a dipinti, concettualmente li ho considerati frutto di un atto fotografico di fortissimo impatto. Altre forme di ispirazione sono per me legate all’arte giapponese: l’eleganza delle stampe di Hokusai nella sua capacità di cogliere l’attimo e la leggerezza della composizione poetica dell’haiku che nel ritmo attento di poche parole coglie sentimenti cui non si può rimanere indifferenti, mi hanno insegnato a fotografare e a dedicare attenzione ai particolari della natura. Altrettanto importante per me è stato lo studio dell’action painting di Jackson Pollock nelle cui opere è il colore ad assumere

il ruolo di protagonista strappato alla forma. Io, invece, preferisco lavorare in bianconero (così raggiungo quel concettualismo che mi caratterizza) e quando voglio approdare al cromatismo stampo su carta da incisione e il colore – è il mio vezzo pittorico – lo appongo in un secondo passaggio. Come si intuisce, tutte queste suggestioni hanno lavorato in me e nella mia formazione permettendomi di giungere a uno stile legato intrinsecamente alla ricerca: così ho pensato, per fare un esempio, che mettere dei fili d’erba sotto l’ingranditore poteva equivalere all’atto di Pollock. La delicatezza di queste immagini le situano in una dimensione marcatamente poetica. Sì, immagino che chi le osserva possa pensare di essere di fronte a una Wunderkammer, una quelle raccolte di elementi insoliti accostati dai collezionisti

del passato. Queste immagini si possono vedere come facenti parte di una collezione di oggetti sorprendenti: insetti, fiori, piccoli animali di uno strano bestiario che abitano un mondo dove fantasia e realtà vivono contemporaneamente in una sorprendente armonia. O, forse, più semplicemente bisognerebbe immaginare di essere nel mondo di Alice dove tutto è possibile.

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sono interne al mondo della fotografia ma provengono da altre suggestioni.

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Stefania Ricci si diploma con lode nel 1999 all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino ma già l’anno prima aveva esordito con “Still”, ritratti ed ambienti avviluppati da teli bianchi, ed esponendo su invito di Franz Paludetto al Castello di Rivara (TO) in una personale curata da Maria Teresa Roberto. Partecipa a diverse collettive a Torino, Genova, New York (“Nursery Cryme” al Williamsbourg Art & Hystorical Center), Milano, Modena ma cerca anchenuove ispirazioni: dopo un workshop con il fotografo George

Rousse, realizza un lavoro dedicato alle nature morte esposto nel 2002 da Art&Arts di Torino e nel 2003 da Angelo Falzone a Manheim. Elabora le prime immagini a contatto con fili d’erba gettati sulla carta sensibile – esposte nella mostra Versus VIII – e realizza un progetto installativo-fotografico, in collaborazione con il comune di Ivrea per la antica Sinagoga della città, in cui consolida il lavoro sulla natura cercando una sintesi tra traccia, ombra, immagine figurativa ed astratta. Con il ciclo degli

insiemi naturali che continua tutt’oggi, partecipa a varie mostre ed è finalista al “Premio Cairo Arte 2005”mentre negli anni successivi il ciclo “Collezione di farfalle” viene esposto a Casale Monferrato e, nel2010, a Parigi. Su quest’ultima linea nascono ricerche sugli insetti, sui vasi cinesi, sui diorami, sui tappeti orientali, sugli ex voto, sui teatrini fino al recente “Mappe stellari” presentato al MIA Fair 2016 e a Palazzo Ducale di Genova.

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LA MOSTRA SID_Spazio Immagine Design per Stefania Ricci

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Broletto di Pavia

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