Rivista Phronesis Anno IX, numero 17, ottobre 2011

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Phronesis 6HPHVWUDOH GL ÂżORVRÂżD FRQVXOHQ]D H SUDWLFKH ÂżORVRÂżFKH

Anno IX, numero 17, ottobre 2011

Direzione:

Davide Miccione, Neri Pollastri

Redazione:

Giorgio Giacometti, Moreno Montanari, Maria Cristina Tura, Stefano Zampieri, Chiara Zanella

&RPLWDWR VFLHQWLÂżFR

Giuseppe Ferraro, Umberto Galimberti, Pier Aldo Rovatti, Luigi Lombardi Vallauri, Alessandro Volpone

Per contatti e contributi scrivere a : rivista@phronesis.info

_____________________________________________________ Reg. Tribunale di Firenze n. 5282 del 23 giugno 2003 Editore: IPOC 49, Via Bernardino Verro 20141 Milano MI Direttore Responsabile: Neri Pollastri ŠPhronesis, $VVRFLD]LRQH ,WDOLDQD SHU OD &RQVXOHQ]D )LORVR¿FD Tutti i diritti riservati



Indice Editoriale di Davide Miccione

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SAGGI

L’incantesimo di Orfeo. Sulla “feconda inapplicabilità” della FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD DOOD YLWD di Giorgio Giacometti 9 ESPERIENZE

3UDWLFKH &LQHVRÀFKH 8Q GLDULR di Angela Tomarchio

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CONVERSAZIONI Dialogo con Carmelo Vigna di Davide Miccione

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DIRITTO E ROVESCIO Lettere su Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD ÀORVRÀFD di Augusto Cavadi e Carlo Basili

77

REPERTORIO Pier Aldo 5RYDWWL D FXUD GL &RQVXOHQWH H ÀORVRIR 2VVHUYDWRULR FULWLFR VXOOH SUDWLFKH ÀORVRÀFKH di Paolo Cervari 89


1HUL 3ROODVWUL H 'DYLGH 0LFFLRQH L’uomo è ciò che

SHQVD 6XOO·DYYHQLUH GHOOD SUDWLFD ÀORVRÀFD di Marta Mancini

97

Paolo Dordoni, ,O GLDORJR VRFUDWLFR 8QD VÀGD SHU XQ

pluralismo sostenibile di Roberto Peverelli

103

0RUHQR 0RQWDQDUL, Hadot e Foucault nello specchio dei

JUHFL /D ÀORVRÀD DQWLFD FRPH HVHUFL]LR GL WUDVIRUPD]LRne

di Lucrezia Piraino

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Hanno scritto su questo numero

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3KURQHVLV Editoriale di Davide Miccione Un altro numero “tardivoâ€? della nostra rivista vede la luce. Spesso le testate che iniziano a ritardare le uscite sono testate in crisi economica, logistica e di idee. Il ritardo che si accumula è, in quei casi, il sintomo del declino che le porta alla chiusura. Nessuna di queste situazioni si attaglia però alla nostra Phronesis. Le idee ci sono, le ambizioni, l’impegno, i materiali, le risorse necessarie anche. Forse è mancata però un po’ di prudenza che ci ha fatto credere che il continuo arricchimento-miglioramento della rivista realizzato negli ultimi anni potesse avvenire, a paritĂ di risorse, senza che questo congruo investimento intaccasse la regolaritĂ delle uscite. Invece LO PLJOLRUDPHQWR GHOOD JUDĂ€FD HVWHUQD SRL LO SDVVDJJLR DO FDUWDFHR ROWUH che al digitale, l’inizio di nuove rubriche assai promettenti (mi riferisco ad Esperienze e Diritto e rovescio) ma anche faticose da realizzare rispetto alla rivista intesa come informe magazzino di testi, e in ultimo il rinnovo della JUDĂ€FD LQWHUQD FKH GD TXHVWR QXPHUR SRWHWH YHGHUH H VSHUR JUDGLUH FL hanno un po’ rallentato. Adesso, entrate a regime e digerite tutte queste novitĂ , dovrebbe andare meglio e con questo numero iniziare la rincorsa al recupero delle uscite per porci in pari con la cronologia originaria. Ciò sta avvenendo anche grazie all’ingresso in redazione prima di Chiara Zanella e ora di Cristina Tura, entrambe validissime redattrici che qui mi corre l’obbligo nonchĂŠ il piacere di ringraziare. Quanto a questo numero 17 che avete tra le mani speriamo lo troviate ricco di stimoli nel leggerlo quanto noi lo abbiamo trovato interessante da costruire. Vi segnalo innanzitutto il saggio d’apertura di Giorgio Giacometti, un autore di peso per l’acutezza e l’originalitĂ dei suoi contributi, sebbene scriva di rado, nel dibattito italiano sulla consulenza. Anche questo saggio non è da meno e Giacometti incide con il suo ELVWXUL Ă€ORVRĂ€FR QHOOR VWUHWWR H LQJDUEXJOLDWR VSD]LR WUD OH WUDVIRUPD]LRQL GHO SHQVLHUR H OH WUDVIRUPD]LRQL GHOOD YLWD QHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD /D rubrica Esperienze grazie ad Angela Tomarchio e alla sensibile e sentita

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3KURQHVLV WHVWLPRQLDQ]D GL DOFXQH VXH VSHULPHQWD]LRQL ´FLQHVRÀFKHµ UHFXSHUD XQ argomento che in questi anni Phronesis ha colpevolmente trascurato, cioè il UDSSRUWR WUD FLQHPD D SUDWLFD ÀORVRÀFD Richiamo inoltre l’attenzione sulla conversazione con Carmelo Vigna di cui il lettore avrà certo modo di cogliere l’attento sguardo sul mondo GHOOH SUDWLFKH ÀORVRÀFKH H OD TXDQWLWj H TXDOLWj GL VWLPROL WHRUHWLFL PHVVL LQ campo. Di notevole importanza in questo numero anche la scelta dei libri recensiti, WHVWL FKH GLIÀFLOPHQWH XQ FXOWRUH GL SUDWLFD ÀORVRÀFD SXz LJQRUDUH VHQ]D colpa. Il ponderoso e rigoroso lavoro di Dordoni sul Dialogo socratico innanzitutto, doviziosamente analizzato dal nostro collaboratore Roberto 3HYHUHOOL OD PRQRJUDÀD GL 0RUHQR 0RQWDQDUL VX +DGRW H )RXFDXOW ULOHWWD da Lucrezia Piraino; il libro a due mani di Pollastri e Miccione proposto da Marta Mancini e il volume nato dall’Osservatorio critico sulle pratiche ÀORVRÀFKH H FRRUGLQDWR GD 5RYDWWL FKH YLHQH QRWRPL]]DWR GD 3DROR &HUYDUL ,QÀQH LO OLEUR ,QWURGX]LRQH DOOH SUDWLFKH ÀORVRÀFKH di Stefano Zampieri che in questo numero diventa l’oggetto delle lettere di Carlo Basili e Augusto Cavadi. Segnalo questa modalità epistolare, che anche in questo caso mostra le sue potenzialità ermeneutiche, perché mi sembra possa simboleggiare quel desiderio di dialogo e confronto che come consulenti ÀORVRÀFL FHUFKLDPR GL SRUUH D WHPD QHOOD QRVWUD YLWD H QHOOD QRVWUD DWWLYLWj VFLHQWLÀFD H FKH FUHGLDPR GHEED SRUVL LQ HVVHUH DQFKH QHO ULQQRYDPHQWR GL VWLOL H SUDWLFKH OHWWHUDULH H GL JHQHUH GHOOD VFULWWXUD ÀORVRÀFD ,Q TXHVWR senso proprio il libro di Zampieri, quanto in piccolo la nostra recensione dialogata, testimonia di questa esigenza, sperimentale e radicale. 'HO UHVWR VL SXz SHQVDUH XQ YHUR FDPELDPHQWR QHOOD ÀORVRÀD FKH ODVFL LQWDWWD OD VFULWWXUD ÀORVRÀFD"

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Saggi



3KURQHVLV

L’incantesimo di Orfeo. Sulla “feconda inapplicabilitĂ â€? GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD DOOD YLWD di Giorgio Giacometti 4XDOFKH YROWD VL VRVWLHQH FKH LO GLVFRUVR Ă€ORVRĂ€FR possa essere tradotto o applicato alle situazioni quotidiane. Anche se l’idea di “traduzioneâ€? o “applicazioneâ€? può sembrare promettente, va considerata con grande cautela. Se il nostro compito è HVSORUDUH OD SHUWLQHQ]D GHOOD Ă€ORVRĂ€D SHU OD YLWD QRQ GREELDPR IDUOR DEEDVVDQGR OD Ă€ORVRĂ€D DO OLvello delle banalitĂ di tutti i giorni, ma elevando OD YLWD DOOH DOWH]]H FKH OD Ă€ORVRĂ€D FL SXz LQGLFDUH Ran Lahav La vita è imprevedibile a priori. Gerd B. Achenbach

La questione Quale il rapporto tra pensiero e vita TXDQGR VL SUDWLFD OD Ă€ORVRĂ€D LQ SDUWLFRODUH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD" Spesso si crede che si tratti di applicare alla propria vita quanto si è comSUHVR LQ XQD R SL VHGXWH GL FRQVXOHQ]D R LQ JHQHUDOH GL SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD 6H DG HVHPSLR D VHJXLWR GL XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD XQD GRQQD VL convince che la cosa migliore da fare per lei è lasciare il marito, si tende a pensare che la consulenza sia riuscita se e solo se la donna poi applica alla sua vita questa “scopertaâ€? e agisce di conseguenza; mentre, se ciò non accade, la consulenza dovrebbe dirsi fallita o, comunque, meritevole di un riesame critico. Infatti, se la donna è arrivata a determinate conclusioni, in sede Phronesis, n. 17, ottobre 2011

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L’incantesimo di Orfeo, di Giorgio Giacometti


3KURQHVLV di consulenza – ci si potrebbe chiedere – perchĂŠ poi non si comporta in modo conseguente" 1HO FDVR PLJOLRUH VL SHQVD FKH VLD VWDWD LQVXIĂ€FLHQWHPHQWH DSSURIRQGLWD OD FKLDULĂ€FD]LRQH GHOOD YLVLRQH GHO PRQGR GHOOD FRQVXOWDQte. Nel caso peggiore, rifugiandosi magari dietro al principio secondo cui, LQ XQ DXWHQWLFR GLDORJR Ă€ORVRĂ€FR FLDVFXQ LQWHUORFXWRUH ULPDQH responsabile delle proprie scelte, ci si potrebbe appellare a una presunta mancanza (o debolezza) di “volontĂ â€? della nostra ospite (come se la volontĂ fosse un PRYHQWH GHOO¡D]LRQH FKH VIXJJH PLVWHULRVDPHQWH DO ODYRUR Ă€ORVRĂ€FR Tra gli addetti ai lavori si è generalmente d’accordo sul fatto che la conVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD QRQ GHEED FRQVLVWHUH LQ XQ DWWLYLWj GL problem solving 1, quasi che si tratti di applicare, meccanicamente, al problema proposto dal consultante di turno una soluzione escogitata in consulenza o, peggio, preconfenzionata. Ăˆ RUPDL FRPXQHPHQWH DFTXLVLWR FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD DEELD SLXWWRVWR FRPH RELHWWLYR OD FKLDULĂ€FD]LRQH GHOOD YLVLRQH GHO PRQGR del consultante. Ma, a mio modo di vedere, non è stata ancora abbastanza pensata OD UHOD]LRQH FKH VL SURGXFH WUD TXHVWD VWHVVD FKLDULĂ€FD]LRQH HVVHQzialmente concettuale, almeno per la maggior parte degli addetti ai lavori) e il “restoâ€? della vita dell’ospite 2. &KL FULWLFD O¡LGHD FKH XQ HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR SRVVD DYHUH SHU RELHWWLYR TXHOOR GL ULVROYHUH SUREOHPL ID JLXVWDPHQWH QRWDUH FKH XQ Ă€ORVRIR QRQ SXz OLPLWDUVL D ULĂ HWWHUH VXL mezzi SL HIĂ€FDFL SHU FRQVHJXLUH GHWHUPLQDWL VFRSL (come farebbe un problem solver PD GHYH VHPSUH DQFKH ULĂ HWWHUH R DLXWDUH D ULĂ HWWHUH VXO YDORUH GL TXHVWL VWHVVL scopi (per esempio sulla loro coerenza interna e/o congruenza con la vita della persona); scopi, quindi, che devono poter essere messi, a loro volta, in discussione. 1

Ad esempio cfr. Ran Lahav, &RPSUHQGHUH OD YLWD /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FRPH ULFHUFD GHOOD VDJJH]]D, Apogeo, Milano 2004. p. 57. 2 In realtĂ notevoli spunti in questa direzione sono stati offerti in Italia da Neri Pollastri che, in diverse occasioni, ha insistito sul rapporto performativo, ma non strategico tra pensiero (inteso come ULFHUFD Ă€ORVRĂ€FD GHOOD YHULWj H YLWD $G HVHPSLR UHFHQWHPHQWH HJOL KD VFULWWR Š/D veritĂ non è solo la somma matematica di funtori logici, non è una mera operazione della ragione calcolante, ma è qualcosa che, per apparire vera, deve toccarci, deve mettere in comunicazione pensiero ed emozione, PHQWH H FRUSR Ă€QR D GLYHQWDUH motivanteÂť (cfr. Id., /D YLWD Ă€ORVRĂ€FD q YLWD SROLWLFD, in Stefano Zampieri (a cura di), 6RĂ€D H SROLV 3UDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH H DJLUH SROLWLFR, Napoli, Liguori, 2011, p. 43). La questione, che YRUUHL TXL WHQWDUH GL DSSURIRQGLUH FHUFDQGR GL UHVWDUH VXO WHUUHQR Ă€ORVRĂ€FR VHQ]D FLRq DFFUHGLWDUH DFULWLFDPHQWH IRUPH GL VDSHUH GLYHUVH FRPH DG HVHPSLR TXHOOH QHXURĂ€VLRORJLFKH FRQFHUQH SUHFLsamente le modalitĂ di questa “tangenzaâ€?, di questo “toccarciâ€? della “veritĂ â€?.

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Saggi


3KURQHVLV '¡DFFRUGR PD XQD YROWD VYLOXSSDWD TXHVWD GLVFXVVLRQH H FKLDULĂ€FDWD ristrutturata la complessiva visione del mondo di una persona nel modo piĂš coerente possibile, che fare? o, meglio, che succede? Il rischio, qui, è che quell’approccio strategico, che era stato fatto uscire dalla porta per quanto riguarda l’obiettivo “soluzione del problemaÂľ ULHQWUL GDOOD Ă€QHVWUD SHU TXDQWR riguarda l’obiettivo “cambiamento della vitaâ€? del consultante. /¡ HYHQWXDOH FDPELDPHQWR GHOOD YLWD GHOO¡RVSLWH q VFRSR R SLXWtosto, effetto della consulenza? ,Q SULPR OXRJR FL GREELDPR FKLHGHUH ´/D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD SXz avere come scopo, oltre alla comprensione della visione del mondo del consultante, qualche altro genere di EHQHĂ€FLR 3 SHU OXL DG HVHPSLR LO PLJOLRUDPHQWR della qualitĂ della sua vita; o, piuttosto, questo eventuale cambiamento deve essere derubricato come semplice effetto GHOOD SUDWLFD"Âľ Neri Pollastri, al riguardo, ha sviluppato una direi ormai “classicaâ€? 4 distinzione tra lo scopo GL XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD HVVHQ]LDOPHQWH GL FRnoscenza, e i possibili effetti collaterali che essa potrebbe comportare, di ordine trasformativo, formativo, emancipativo e, perchĂŠ no, anche tera3

&KH Ă€QH GHOOD FRQVXOHQ]D VLD TXHOOR GL SURGXUUH TXDOFKH WLSR GL EHQHĂ€FLR è sostenuto per esempio da Schuster (cfr. Id., /D SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD 8QD DOWHUQDWLYD DO FRXQVHOLQJ SVLFRORJLFR H DOOD SVLFRWHUDSLD, tr. it. Milano, Apogeo, 2006, cit., p. 51), tesi peraltro che Schuster dichiara di riprendere da Gerd Achenbach. Niente di scandaloso, in questo, a un primo livello di analisi, dal momento che un’ininterrotta WUDGL]LRQH KD VHPSUH ULYHQGLFDWR DOO¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR LQ JHQHUDOH XQD IXQ]LRQH etica in senso DQWLFR TXHOOD GL SHUPHWWHUH DJOL HVHPSODUL GL homo sapiens, che lo praticassero e che non volessero “viver come brutiâ€?, di perseguire, per esprimerci con Dante (e Primo Levi, internato ad Auschwitz), non solo “canoscenzaâ€?, ma anche “virtuteâ€?; fosse questa “virtuteâ€? fonte del bene proprio o altrui (Socrate, Platone ecc,), di felicitĂ (Aristotele, Epicuro, Bentham ecc.), di saggezza (stoici antichi e moderni), di autenticitĂ (esistenzialismo), di libertĂ (Voltaire, Marx ecc.) o persino, orrore!, di (auto) consolazione (Boezio) e di salvezza (tradizione neoplatonica). 4 Intendo per “classicoâ€? in questo contesto ciò da cui è opportuno prendere le mosse, anche per problematizzarlo. Ăˆ il caso di molte delle tesi di Neri Pollastri che, come è noto è stato, storicamente, LO SULPR FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR LWDOLDQR D FRQFHSLUVL WHPDWLFDPHQWH H ULĂ HVVLYDPHQWH FRPH WDOH H D SURGXUUH XQD PHVVH GL FRQWULEXWL WHRULFL GD FXL VHPEUD GLIĂ€FLOH SUHVFLQGHUH ,O ULFRQRVFLPHQWR GL questa sorta di autoritĂ in senso ermeneutico non implica, ovviamente, nĂŠ la condivisione di tutte le tesi di Pollastri, nĂŠ una sua precoce “storicizzazioneâ€? (che impedirebbe allo stesso Pollastri di ULSURSRUUH VHPSUH GL QXRYR OH VXH WHVL QHO YLYR GL XQ GLDORJR Ă€ORVRĂ€FR R SHUĂ€QR VH FUHGH GL riconsiderarle criticamente).

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L’incantesimo di Orfeo, di Giorgio Giacometti


3KURQHVLV peutico 5. Le cose si complicano, però, allorchĂŠ lo stesso Pollastri, in sede di meWD ULĂ HVVLRQH VXOOD FRQVXOHQ]D VHPEUD VXJJHULUH FKH XQ¡RWWLPD ragione per ULFKLHGHUH XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VLD SURSULR UDSSUHVHQWDWD GD TXHVWR genere di effetti 6 3HU XQD VRUWD GL HWHURJHQHVL GHL Ă€QL TXLQGL VWDQGR D questa stessa prospettiva, quelli che a un primo livello di analisi – quello ´LQWHUQRÂľ DOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD ² DSSDLRQR VHPSOLFL HIIHWWL D XQ VHFRQGR OLYHOOR GL DQDOLVL ² TXHOOR GHOOD PHWD ULĂ HVVLRQH sulla consulenza – sembrerebbero poter assurgere a scopi. Ora, – vien fatto di domandarsi – è GDYYHUR SRVVLELOH GLVWLQJXHUH FRVu QHWWDPHQWH L GXH OLYHOOL" 6L GLUHEEH GL QR VH VL DPPHWWH FRQ *HUG $FKHQEDFK FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VLD ´metateoria praticanteâ€? 7. Ci si potrebbe chiedere, in altre parole, sviluppando alcune intuizioni di Paolo Cervari 8 VH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD QRQ SRVVD rapidamente accorgersi, nel suo svolgersi, di poter produrre questi determinati effetti; i quali, nel momento in cui fossero saputi e voluti come tali da chi è impegnato nella pratica (consulente e consultante), assurgerebbero a pieno titolo a suoi scopi. Eppure, contro questa possibilitĂ , apparentemente tutt’altro che peregrina, milita quanto meno un dato d’esperienza, ben evidenziato da PolODVWUL Š/D veritĂ [...] ha il potere di “toccarciâ€? e di attivare la totalitĂ del nostro essere solo se si rivela ai nostri occhi nella sua autonoma irrefutabilitĂ , cose FKH VL YHULĂ€FD VH H TXDQGR > @ QH VLDPR SHUVXDVL LQ IRU]D GHOOD QRVWUD UDJLRne; quando sia invece introdotta per uno scopo [...], essa perde la sua forza, sminuita com’è dal sospetto che sia solo un falso mezzo SHU DOWUL Ă€QLÂŞ 9. 0D GL QXRYR VHPEUD GLIĂ€FLOH ULQXQFLDUH FRPSOHWDPHQWH DO Ă€QH GHO FDPbiamento (e del miglioramento) della vita di chi si mette in gioco in una FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD 8QD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD SDUUHEEH LQIDWWL riuscita, 5

Ad esempio cfr Neri Pollastri, 8Q HVWUDQHR LQ IDPLJOLD 6XOOD UHOD]LRQH WUD FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD H SVLFRDQDlisi, in Giorgio Giacometti (a cura di), 6RÀD H 3VLFKH &RQVXOHQ]D ÀORVRÀFD H SVLFRWHUDSLH D FRQIURQWR, Napoli, Liguori, 2010, pp. 33-34, a p. 25. 6

Cfr. Ivi, pp. 32-34.

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Cfr. Gerd Achenbach, /D FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD./D ÀORVRÀD FRPH RSSRUWXQLWj SHU OD YLWD, Apogeo, Milano 2004, p. 83. 8 Cfr. Paolo Cervari, 6WUDWHJLH LQGHFLGLELOL $PELJXL LQFURFL WUD SVLFRORJLD VWUDWHJLFD H FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD, in G. Giacometti, 6RÀD H 3VLFKH, cit., pp. 181-188. 9 Neri Pollastri, 8Q HVWUDQHR LQ IDPLJOLD, cit., p. 25. Corsivo mio, come in molte citazioni successive.

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3KURQHVLV almeno in quanto consulenza (ossia qualcosa a cui si fa ricorso perchĂŠ se ne avverte il bisogno), solo se comporta un certo cambiamento nella vita del consultante, non foss’altro che come segno che qualcosa effettivamente “si è mossoâ€?, di qualunque cosa si tratti, cosicchĂŠ il consultante possa dire, XVFLWR GD XQ FLFOR GL LQFRQWUL ´1H q YDOVD OD SHQDÂľ ,O FDPELDPHQWR VH non può essere esplicitamente e direttamente voluto, sembra nondimeno alcunchĂŠ di auspicabile 10. &RPH FRPELQDUH OH GXH FRVH" /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD DSSDUH SUHGD di un vero e proprio incantesimo 11, simile a quello di cui fu vittima l’Orfeo del mito. Come a Orfeo fu concesso di riportare l’amata Euridice alla luce del Sole, ma solo a patto di non girarsi a rimirarla – con uno sguardo che pure HJOL DUGHQWHPHQWH GHVLGHUDYD JHWWDUH H FKH DQ]L SXUWURSSR DOOD Ă€QH JHWWz perdendola per sempre come si sa nelle tenebre degli Inferi – cosĂŹ anche la FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VHPEUD SRWHU DYHUH Vu FRPH ´Ă€QH VHJUHWRÂľ XQ FDPELDPHQWR QHOOD YLWD GHO FRQVXOWDQWH PD VROR D FRQGL]LRQH FKH TXHVWR Ă€QH non sia “guardato in facciaâ€?, non diventi tematicamente scopo 12. In altre parole, i cambiamenti che si producono in chi fruisce di una FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VHPEUD FKH GHEEDQR HVVHUH FRQVLGHUDWL TXDOFRVD GL 10

L’“au-spicioâ€? non coincide col “desiderioâ€? se lo intendiamo, etimologicamente, soltanto come un“presagioâ€? derivante, manticamente, dallo scrutare (spicere) il volo degli uccelli (aves); ossia come TXDOFRVD FKH q OHFLWR DWWHQGHUVL PD FKH VL KD SXGRUH GL VSHUDUH &KH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD GHEED TXDOFRVD DJOL (WUXVFKL" $L 7RVFDQL VHQ]¡DOWUR 11 1LHQWH GL VWUDQR GDO PRPHQWR FKH Ă€Q GDL WHPSL GL 6RFUDWH YHUR H SURSULR stregone OD Ă€ORVRĂ€D si è nutrita spesso di incantesimi... (cfr. Nicolas Grimaldi, Socrate, lo Stregone, Asterios, Trieste 2008). 12 Al riguardo si potrebbe introdurre la (sottile) differenza tra il Ă€QH o tèlos di un’attivitĂ , etimologiFDPHQWH ´FLz FKH QH FRVWLWXLVFH RJJHWWLYDPHQWH LO FRQĂ€QH HVWUHPRÂľ H FKH TXLQGL OH Gj forma), e il suo scopo, etimologicamente “ciò che soggettivamente si ha in vista R GL PLUDÂľ , EHQHĂ€FL ´LQGLUHWWLÂľ GHO Ă€ORVRIDUH D FXL DOOXGH XQ¡LQWHUURWWD WUDGL]LRQH FIU VRSUD QRWD Q SRWUHEEHUR HVVHUH DVFULWti, in questa prospettiva, all’ordine dei Ă€QL piuttosto che a quello degli scopi. In alternativa si può riconoscere francamente che siamo di fronte a una vera e propria antinomia costitutiva (insieme a diversi altri caratteristici dilemmi, cfr. il mio, &RQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FRPH SURIHVVLRQH $SRUHWLFD GL XQ DWWLYLWj complessa LQ ´3KURQHVLVÂľ Q S GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD DQWLQRPLD LQVROXELOH H QRQ semplice contraddizione, se si ammette che si tratti di un dilemma che non possa essere sciolto senza “distruggereâ€? la “cosa stessaâ€? che si vorrebbe contribuire ad afferrare. Niente di scandaloso LQ Ă€ORVRĂ€D VH VL SHQVD WUD PLOOH DOWUL DL SDUDGRVVL GHOO¡8QR WUDWWDWL QHO Parmenide di Platone o alle DQWLQRPLH UHODWLYH DOOD Ă€QLWH]]D vs LQĂ€QLWH]]D GHO PRQGR LQ .DQW 1RQ PHQR QRWH H DOWUHWWDQWR “costitutiveâ€? e caratterizzanti le antinomie pedagogiche, per esempio tra autoritĂ e libertĂ , tra educazione e istruzione ecc. (cfr. Franco Cambi, 0DQXDOH GL Ă€ORVRĂ€D GHOO¡HGXFD]LRQH, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. 143-149).

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L’incantesimo di Orfeo, di Giorgio Giacometti


3KURQHVLV involontario, di spontaneo GL ´QRQ LQWHQ]LRQDOHÂľ 'L QXRYR FRPH effetti, per quanto auspicabili, piuttosto che come qualcosa che la consulenza abbia “di miraâ€?. 2UD VH TXHVWR q YHUR VHPEUD IUDQFDPHQWH GLIĂ€FLOH FKH WDOL FDPELDPHQWL possano risultare meccanicamente da una applicazione alla vita di quanto “scopertoâ€? in consulenza. Nel gesto dell’applicazione, infatti, si cerca di conseguire consapevolmente XQ GHWHUPLQDWR EHQHĂ€FLR FKH FRVWLWXLVFH OR scopo che si ha di mira nell’applicazione stessa. &HUWR VL SRWUHEEH VRVWHQHUH FKH DOWUR q OR VFRSR GHOO¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR vero e proprio in cui consiste la consulenza (la “veritĂ â€?), altro lo scopo della sua eventuale applicazione alla vita (il cambiamento). Ma, se cosĂŹ fosse, LO UDSSRUWR WUD Ă€ORVRĂ€D H YLWD VDUHEEH PHUDPHQWH accidentale; in altre parole, non vi sarebbe, propriamente, rapporto alcuno (pensabile 13); il che sembra davvero troppo poco. Viceversa, se l’applicazione conseguisse logicamente GDOO¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR LQ PRGR SL R PHQR ´PHFFDQLFRÂľ SRVWR FKH O¡DSSOLFDUH VLD XQD IRUPD GHOO¡DJLUH VHFRQGR VFRSL VDUHEEH GLIĂ€FLOH QRQ LPSXWDUH DOO¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR VWHVVR WDQWR SL TXDQWR SL HVVR IRVVH PHWD ULĂ HVVLYDPHQWH FRQVDSHYROH GHL SURSUL HIIHWWL XQD DOPHQR UHFRQGLWD Ă€QDOLWj strategica FRVD FKH VHPEUD FRQĂ LJJHUH FRQ OR VWDWXWR HSLVWHPRORJLFR GHO Ă€ORVRIDUH 6HPEUD LQ GHĂ€QLWLYD FKH O´LQFDQWHVLPR RUĂ€FRÂľ GL FXL OD Ă€ORVRĂ€D q SUHda, le vieti di intrattenere un rapporto sia troppo stretto sia troppo largo con OD YLWD 4XDOH GXQTXH LO UDSSRUWR WUD Ă€ORVRĂ€D H YLWD LQ SDUWLFRODUH TXDQGR VL HVHUFLWD OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD" /D GRPDQGD q GDYYHUR LQWULJDQte perchĂŠ la situazione sembra davvero intricata. Questo mio contributo YRUUHEEH VROWDQWR VXJJHULUH SHU FRVu GLUH LO Ă€OR GD SUHQGHUH SHU LQL]LDUH D sbrogliare la matassa. &RQIURQWR FRQ OD OHWWHUDWXUD SUDWLFR Ă€ORVRĂ€FD 3HU LPSRVWDUH OD ULVSRVWD DOOD GRPDQGD ´4XDOH LO UDSSRUWR WUD Ă€ORVRĂ€D H YLWD"Âľ SXz HVVHUH XWLOH FRPLQFLDUH LQWHUURJDQGR OD OHWWHUDWXUD SUDWLFR 13

Infatti, nel momento in cui il rapporto fosse pensabile, nulla vieterebbe di pensarlo all’interno GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VWHVVD ( GL QXRYR GLYHQWHUHEEH LPSRVVLELOH QRQ WHPDWL]]DUH O¡HIIHWWR della consulenza sulla vita come saputo e voluto, dunque come scopo.

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3KURQHVLV Ă€ORVRĂ€FD Prendiamo, ad esempio, il caso di “Annamariaâ€? narrato e discusso da Neri Pollastri 14. Il problema di Annamaria consiste nel fatto che il marito la tradisce, ma lei non riesce a lasciarlo e fa della sua situazione, letteralmente, XQD PDODWWLD /¡DQGDPHQWR GHOOD FRQVXOHQ]D q HIĂ€FDFHPHQWH ULDVVXQWR GDOOR VWHVVR 3ROODVWUL FRPH VHJXH Š/H FRQYHUVD]LRQL FL YLGHUR DQDOL]]DUH VRWWR molti punti di vista la spiegazione del problema che Annamaria aveva al momento dell’inizio delle relazione [di consulenza], risituandola all’interno di una visione del mondo SL DPSLD DWWUDYHUVR XQD VHULH GL ULĂ HVVLRQL TXDOL XQD prima elaborazione critica delle ragioni per le sue attuali scelte GL YLWD >FLRq UHVWDUH FRO PDULWR QRQRVWDQWH WXWWR@ XQD ULĂ HVVLRQH VXO senso dell’identitĂ femminile e sulla differenza da quella maschile; un esame della sua concezione dell’immaginario maschile; la proposta di alcune ipotesi di lavoro Ă€Q Ou QRQ incluse nel suo racconto-interpretazione; la critica della costellazione di valori attorno ai quali essa aveva costruito la sua temporanea immagine di “moglie traditaâ€?; l’emersione di possibili opzioni operative, diverse da quelle GD OHL VFHOWH Ă€QR DG DOORUDÂŞ 15. “Effettoâ€?, in qualche modo, della consulenza è che Annamaria – cosĂŹ ci racconta Pollastri – a un certo punto decide di iniziare le pratiche della sepaUD]LRQH $SSDUHQWHPHQWH WXWWR Ă€OD OD FRQVXOWDQWH VRIIUH SHU LO WUDGLPHQWR reiterato del marito, ma non ha il “coraggioâ€? di lasciarlo. Il problema non YLHQH DIIURQWDWR GLUHWWDPHQWH QRQ VDUHEEH ´YHUD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FDÂľ ma problem solving); e, tuttavia, dopo avere ristrutturato razionalmente la propria visione del mondo, la consultante “ne deduceâ€? (si direbbe), forse perchĂŠ ha scoperto “ragioniâ€? nuove, che la cosa migliore da fare è proprio procedere verso quella soluzione (la separazione), per la quale, in un primo tempo, sembravano, viceversa, mancare “ragioni VXIĂ€FLHQWLÂľ 0D q DQGDWD SURSULR FRVu" /D FRQVXOWDQWH KD VHPSOLFHPHQWH ´DSSOLFDtoâ€? alla sua vita quanto “scopertoâ€? logicamente (“dimostratoâ€?) durante la FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD" /R VWHVVR 3ROODVWUL FL PHWWH LPSOLFLWDPHQWH LQ JXDUdia dal trarre conclusioni affrettate. Egli, infatti, - ci dice - ha sempre eserFLWDWR FRPH ULFKLHGH GHO UHVWR XQ DXWHQWLFR GLDORJR Ă€ORVRĂ€FR radicale 16, 14 15 16

Cfr. Neri Pollastri, &RQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR FHUFDVL, Apogeo, Milano 2007, pp. 88-97. Ivi, pp. 96-97. Pollastri insiste spesso giustamente sulla funzione essenzialmente critica GHOO¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR

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3KURQHVLV ŠOD messa in dubbio e la decostruzione anche della posizione che la consultante stessa andava via via elaborando nel corso della consulenzaÂť 17. Il consulente, a un certo punto, arriva addirittura a invitare Annamaria a esaminare la SRVVLELOLWj ŠGL XQ dialogo piĂš franco e meno “strategicoâ€? [col marito] sulle reali possibilitĂ di ULSUHQGHUH LO Ă€OR GHO ORUR UDSSRUWR e di riannodarloÂť 18 ( DOORUD" 3HUFKp GD SDUWH GHOOD GRQQD OD VFHOWD Ă€QDOH GL VHSDUDUVL GDO PDULWR H QRQ PDJDUL TXHOOD FRQWUDULD" 'D FRVD VFDWXULVFH OD VFHOWD Ă€QDOH GHOOD FRQVXOWDQWH" /D ULFRVWUX]LRQH SXU FRVu SXQWXDOH GHOOD FRQVXOHQ]D QRQ FH OR GL PRVWUD 6L WUDWWD VROR GL XQ OLPLWH GHOOD UHVWLWX]LRQH QDUUDWLYD GHO FDVR" , VXRL protagonisti saprebbero spiegarci esattamente che cosa è accaduto" 3HUFKp OD ELODQFLD VL q LQFOLQDWD GD XQD SDUWH SLXWWRVWR FKH GDOO¡¡DOWUD" Si potrebbero citare diversi altri casi, in letteratura, nei quali il “risultatoâ€?, sul piano comportamentale, di una consulenza non sembra scaturire in modo “automaticoâ€? dalle conclusioni “logicheâ€? della consulenza stessa. Ciò potrebbe accadere anche quando il consulente-narratore sembra sostenere, piĂš o meno esplicitamente, una sorta di “meccanicaâ€? relazione di causa-effetto tra esito della consulenza e scelte di vita del consultante. /RX 0DULQRII DG HVHPSLR DIIHUPD GL DLXWDUH L SURSUL FOLHQWL ŠD FRPprendere di che tipo è il problema con cui sono alle prese e, mediante il GLDORJR D VFLQGHUH H FODVVLĂ€FDUH OH VXH FRPSRQHQWL H implicazioniÂŞ TXLQGL ŠD trovare le soluzioni PLJOLRULÂŞ HVDPLQDQGR VH ŠOH ORUR azioni siano in consoQDQ]D FRQ OH ORUR YLVLRQL GHO PRQGRÂŞ R SUHVHQWLQR LQYHFH ŠincongruenzeÂť 19. Si direbbe, quindi, che per Marinoff le “soluzioni miglioriâ€? possano essere dedotte da un’analisi logica della visione del mondo dei suoi clienti. In realtĂ , se esaminiamo i diversi “casiâ€? proposti da Marinoff nel suo noto libro, c’è da chiedersi se le GHFLVLRQL Ă€QDOL assunte dai diversi consultanti si possano davvero interpretare come un semplice “risultato logicoâ€? di quanto HPHUVR GDO GLDORJR Ă€ORVRĂ€FR H QRQ SLXWWRVWR LQ PRGR GLYHUVR /R VWHVVR Marinoff, del resto, mescolando nel suo approccio suggestioni “autorevo(che io, personalmente, chiamerei “catarticaâ€?), non compiacente, non appagante. Cfr. ad es. Id., 6XOO¡XWLOLWj H LO GDQQR GHOOD Ă€ORVRĂ€D SHU OD YLWD, in Neri Pollastri, Davide Miccione, L’uomo è ciò che pensa. 6XOO¡DYYHQLUH GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD, Di Girolamo, Trapani 2008, p. 17. 17 Neri Pollastri, &RQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR FHUFDVL, cit., p. 97. 18 Ivi., p. 92. 19 Lou Marinoff, Platone è meglio del Prozac, tr. it. Piemme, Milano 2007, pp. 19-20.

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3KURQHVLV OLÂľ WUDWWH GD OHWWHUDWXUD H Ă€ORVRĂ€D GL RJQL WHPSR H ODWLWXGLQH VXJJHULPHQWL personali, ipotesi di marca francamente psicologica, sembra allontanarsi “a monteâ€?, per cosĂŹ dire, da un esercizio puramente logico. Non a caso la ´VROX]LRQHÂľ GHO SUREOHPD GHO FRQVXOWDQWH GL WXUQR Ă€QLVFH VSHVVR SHU VFDturire, all’interno del metodo P.E.A.C.E. 20, non solo e non tanto dalla fase di “Analisiâ€? (logica) di tale problema, ma anche e soprattutto da quelle di “Contemplazioneâ€? ed “Equilibrioâ€?, qualunque cosa queste due ultime fasi SRVVDQR VLJQLĂ€FDUH H GHO UHVWR ab absurdo quodlibet, da ciò che non è logico può seguire qualsiasi cosa). Può, dunque, mai darsi una mera relazione logica di causa-effetto tra conVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD H FDPELDPHQWR GHOOD YLWD" 3Xz WUDWWDUVL VHPSOLFHPHQWH di applicare alla propria vita quanto è risultato GD XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD" 6WHIDQR =DPSLHUL SHU TXDQWR ULJXDUGD LO UDSSRUWR WUD HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR H YLWD SDUOD GL ´DSSURSULD]LRQHÂľ GL valori Šin base ai quali compiere le proprie scelte e guidare la propria azioneÂť 21, di riconoscimento di valori, SHU SRL Šsulla base di questi agire nel mondoÂť 22 GL Ă€VVD]LRQH GL Špunti di riferimento in base ai quali orientare il percorso dell’esistenzaÂť 23. Strappate dal contesto, queste espressioni sembrerebbero avvalorare l’ipotesi secondo la TXDOH ULVXOWDWR GHOO¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR SHU GLUOD FRQ $FKHQEDFK VDUHEEH (ancora) un “vivere come si pensaâ€? (di dover vivere) piuttosto che un “pensare come si viveâ€? 24. Sembrerebbe, di nuovo, di avere a che fare con una logica PHUDPHQWH ´DSSOLFDWLYDÂľ ´+R Ă€QDOPHQWH FRPSUHVR FKH GRYUHL DJLUH LQ un certo modo; quindi cercherò di comportarmi in questo determinato modoâ€?. Zampieri, tuttavia, complica il quadro introducendo una sorta di “cirFROR HUPHQHXWLFRÂľ WUD SHQVLHUR H YLWD DSSOLFDUH DOOD YLWD FLz FKH VL SHQVD appare qualcosa di piĂš di un esercizio “meccanicoâ€? dal momento che gli effetti del pensiero sulla vita si riverberano a loro volta, alla luce dell’espe20

$FURQLPR FKH ULFRUGD OH FLQTXH IDVL GHO PHWRGR SRVL]LRQH GHO 3UREOHPD (PRWLYLWj $QDOLVL Contemplazione, Equilibrio. 21 Ivi, p. 74. 22 Ivi, p. 75. 23 Ivi, p. 81. 24 Cfr. Gerd Achenbach, /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FLW S ŠOD TXHVWLRQH > @ QRQ q SL VH LR YLYR ciò che penso, ma se penso ciò che vivoÂť.

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3KURQHVLV rienza (termine chiave in Zampieri), sul pensiero stesso, in una feconda, si direbbe “vitaleâ€? e “organicaâ€?, circolaritĂ o meglio ricorsività Šq XQ LQWUHFFLR in cui esistenza e teoria si annodano e si contrastano e si alimentano reciprocamente. PerchĂŠ ad ogni svolta teorica non può che seguire una ricerca di conferma nell’esperienza, e ogni volta che l’esperienza mi porta a una convinzione [....] ecco che si dispone a forzare la direzione della ricerca, ecco che torce lo sguardo teorico verso altre direzioniÂť 25. In questa prospettiva Zampieri non omette di rimarcare la provvisorietĂ e fallibilitĂ delle “veritĂ localiÂľD FXL O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR GL YROWD LQ YROWD SHUYHUUHEEH 26. 1HUL 3ROODVWUL GDO FDQWR VXR SHU TXDQWR ULJXDUGD LO UDSSRUWR WUD Ă€ORVRĂ€D H YLWD VRVWHQHQGR FKH XQD ŠYLWD EXRQDÂŞ Ă€ORVRĂ€FDPHQWH HVHUFLWDWD FRQsiste nel seguire XQ ŠVLVWHPD GL YDORUL coerenteÂť 27, sembra, in prima battuta, avvalorare, a sua volta, una logica “applicativaâ€?. In realtĂ anche Pollastri, IRUWH GHOOD VXD LGHD GL Ă€ORVRĂ€D FRPH SHQVLHUR critico, mette in luce insistentemente la circolaritĂ tra l’ipotesi formulata dal pensiero, l’azione che ne scaturisce e la YHULĂ€FD GHOO¡LSRWHVL DWWUDYHUVR O¡D]LRQH YHULĂ€FD FKH SXz DQFKH comportare una correzione dell’ipotesi iniziale 28. Inoltre egli afferma che ŠL YDORUL VRQR VFULWWL nel corpoÂť 29 H FKH HVVL YDQQR VHJXLWL ŠOLEHUDPHQWH H spontaneamenteÂť 30 $EELDPR JLj YLVWR FRPH O¡´LQFDQWHVLPR RUĂ€FRÂľ GL FXL OD Ă€ORVRĂ€D DSSDUH SUHGD FL VXJJHULVFD GL FRQVLGHUDUH SUHFLVDPHQWH FRPH spontanei e non intenzionali gli effetti sulla vita che il pensiero produce; vedrePR LQ VHJXLWR O¡LPSRUWDQ]D SHU OD GHOLQHD]LRQH GHO UDSSRUWR WUD Ă€ORVRĂ€D H vita del tema dell’iscrizione dei valori nel corpo. =DPSLHUL VHPEUD LQĂ€QH URPSHUH GHĂ€QLWLYDPHQWH FRQ LO SDUDGLJPD GHOOD ´UD]LRQDOLWj VWUXPHQWDOHÂľ TXDQGR PHWWH LQ JXDUGLD GDO ŠPDOLQWHVR DOLPHQWDWR GDOOD SDUROD DXWRUHYROH GL TXDOFKH Ă€ORVRIR FKH OD Ă€ORVRĂ€D QHO quotidiano rappresenti un’iniezione di logica nell’immediatezza empirica 25

Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD &RQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD H YLWD TXRWLGLDQD, Mimesis, Milano 2010, p. 43. 26 Cfr. Ivi, p. 122 e passim. Il concetto di “veritĂ localeâ€? era giĂ stato introdotto in S. Zampieri, /¡HVHUFL]LR GHOOD Ă€ORVRĂ€D, Apogeo, Milano 2007, p. 85. 27 Cfr. Neri Pollastri, /¡XWLOLWj H LO GDQQR GHOOD Ă€ORVRĂ€D SHU OD YLWD, cit. p. 69. 28 Si veda l’esempio della preparazione del caffè, Ivi, p. 45. 29 Cfr. Ivi, p. 68. 30 Cfr. Ivi, p. 69.

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3KURQHVLV GHOOH FRVHÂŞ ( DYYHUWH Š/H FRVH GHOOD QRVWUD YLWD VRQR JLj IDWWL FLRq VLVWHPL complessi, reti di eventi che non rispondono alla nostra logica se non per quanto essa li interroghiÂť 31. In Peter Raabe si trovano alcuni spunti teorici che sembrano andare in una direzione simile. Egli mette l’accento soprattutto sulla funzione che OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FRPH HVHUFL]LR DYUHEEH GL ´LQVHJQDUHÂľ ´WHU]R stadioâ€?) al consultante un metodo TXHOOR Ă€ORVRĂ€FR SHU DSULUVL D XQD VIHUD di trascendenza (“quarto stadioâ€?), che gli spalanchi nuovi orizzonti di vita ben al di lĂ , non solo della soluzione logica del problema originariamente SRVWR PD ² VL GLUHEEH ² DQFKH GHOOD FKLDULĂ€FD]LRQH PHUDPHQWH concettuale della propria intera visione del mondo 32. Ran Lahav, dal canto suo, denomina saggezza una forma di vita che andrebbe oltre OD PHUD FKLDULĂ€FD]LRQH analitica della propria visione del mondo (visione concepita come la “caverna platonicaâ€? di cui saremmo prigionieri); di questa dimensione ulteriore O¡HVHUFL]LR GL FKLDULĂ€FD]LRQH TXHOOR FKH /DKDY FKLDPD ´LQYHVWLJD]LRQH GHO perimetroâ€?) potrebbe costituire, tutt’al piĂš, la preparazione 33. Vero è che in questi ultimi autori (e professionisti) non appare affatto trasparente la reOD]LRQH WUD O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR FRPH LQGDJLQH UD]LRQDOH H OD IRUPD GL YLWD ulteriore che esso avrebbe di mira e che lo trascenderebbe. Come pensare allora, piĂš determinatamente, il rapporto tra esercizio Ă€ORVRĂ€FR H YLWD DPPHVVR H QRQ DQFRUD FRPSOHWDPHQWH FRQFHVVR 34) che 31

Ivi, p. 62. Cfr. Peter B. Raabe, /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FRPH ULFHUFD GHOOD VDJJH]]D, Apogeo, Milano 2004, spec. pp. 164-190. Questo approccio appare, poi, suffragato da diversi casi presentati da Raabe stesso, cfr. Ivi, . 257 ss. Il limite dell’approccio di Raabe, a parte una certa diffusa mancanza di rigore concettuale, mi sembra che consista nell’indulgere, in modo un po’ contraddittorio, all’esigenza strategicaâ€? di pervenire, comunque, preliminarmente alla soluzione del problema del consultante (soluzione anticipata al “secondo stadioâ€? della consulenza nello schema di Raabe), prima di aprirsi alle fasi di “insegnamentoâ€? e “trascendenzaâ€?. 33 Cfr. Ran Lahav, 2OWUH OD Ă€ORVRĂ€D $OOD ULFHUFD GHOOD VDJJH]]D, Apogeo, Milano 2010. Da questo volume è stata tratta anche la citazione di Lahav posta in epigrafe (Ivi, p. 8). Ambiguamente Lahav ora GHQRPLQD ´Ă€ORVRĂ€DÂľ OD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD GLUHWWD DOOD ´PHUDÂľ FKLDULĂ€FD]LRQH FRQFHWWXDOH H ´WUDQV VRĂ€DÂľ TXHVW¡DSHUWXUD YHUVR XQ¡XOWHULRULWj QRQ SL FRQFHWWXDOH RUD VHPEUD ULFRQRVFHUH DOOD VWHVVD Ă€ORVRĂ€D LQ TXDQWR ´Ă€OR VRĂ€Dâ€? RVVLD FRPH ULFHUFD GHOOD VDJJH]]D LO Ă€QH GL WUDVFHQGHUH SHU FRVu GLUH se stessa (cfr. Ivi, p. 4). 34 /¡´LQFDQWHVLPR GL 2UIHRÂľ D FXL FL q DSSDUVD VRJJLDFHUH OD Ă€ORVRĂ€D GL RJQL WHPSR FRVu FRPH JOL HVHPSL H OH ULĂ HVVLRQL WHRULFKH FKH DEELDPR Ă€Q TXL WUDWWR GDOOD OHWWHUDWXUD SUDWLFR Ă€ORVRĂ€FD FL KDQQR Ă€QRUD VHPSOLFHPHQWH suggerito FKH LO UDSSRUWR WUD Ă€ORVRĂ€D H YLWD QRQ SRVVD HVVHUH GL WLSR ´DS32

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3KURQHVLV HVVR QRQ GHEED HVVHUH ULGRWWR D XQ UDSSRUWR PHUDPHQWH ´DSSOLFDWLYRÂľ" L’esame di un mio caso può aiutare, meglio forse di qualsiasi ulteriore ULIHULPHQWR DOOD OHWWHUDWXUD SUDWLFR Ă€ORVRĂ€FD D GLVFXWHUH H DSSURIRQGLUH OD questione. Trattandosi di un mio caso posso, infatti, recare a testimonianza, per quel che può valere, la mia stessa esperienza; al di lĂ , quindi, degli equivoci in cui potrei essere incorso nell’interpretare ciò che altri hanno sostenuto e/o raccontato. Si tratta di un caso emblematico, secondo me, non perchĂŠ particolarmente “originaleâ€?; ma, viceversa, proprio perchĂŠ vi si può scorgere, in modo forse piĂš nitido che altrove, quanto mi sembra comunque emergere, SHU TXDQWR ULJXDUGD LO UDSSRUWR ´HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR ² YLWDÂľ VLD GDOOD PLD SL JHQHUDOH HVSHULHQ]D FRPH FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR VLD GDOOD UHVWLWX]LRQH teorico-narrativa dell’esperienza altrui. Il caso di “Federicaâ€? Federica vive la seguente situazione problematica (per usare l’espressione GHZH\LDQD FKH VL SRWUHEEH JHQHUDOL]]DUH SHU PROWL FDVL GL FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD +D PHQR GL WUHQW¡DQQL q VSRVDWD FRQ XQ XRPR XQ SLFFROR LPSUHQditore aderente a una setta religiosa piuttosto chiusa e intollerante; non KD Ă€JOL 'RSR FLQTXH DQQL GL PDWULPRQLR VHPSUH PHQR IHOLFH )HGHULFD registra l’estinzione di ogni rapporto sessuale col marito, la riduzione ai minimi termini degli stessi scambi affettivi e un dialogo pressochĂŠ inesiVWHQWH FRO FRQLXJH OH FRPXQLFD]LRQL VRQR D VHQVR XQLFR H VRQR FRVWLWXLWH dalle tesi del marito sulle migliori scelte (economiche, abitative ecc.) da farsi, supportate da dovizia di argomentazioni apparentemente stringenti; “retoricaâ€? alla quale Federica, pur dissentendo a volte anche profondamente GDO PDULWR q GL VROLWR LQFDSDFH GL RSSRUVL ,O PDULWR LQĂ€QH D YROWH QRQ contento di affermare ciò che pensa a parole, ha veri e propri scatti d’ira nei confronti di Federica. Da qualche anno Federica (comprensibilmente, si direbbe...) vive una plicativoâ€?. Introducendo, nel prosieguo, l’idea forte di un’embricazione tra pensiero e azione non riducibile a una meccanica relazione di causa-effetto, cercherò di corroborare con nuovi argomenti questa tesi.

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3KURQHVLV storia clandestina con un altro uomo, Luca, cattolico. Il dialogo con Luca è ottimo. Questa storia ha aperto nuovi orizzonti a Federica, permettendole di conoscere meglio se stessa, i propri desideri, le proprie aspirazioni per troppo tempo oscure anche a se stessa. Federica non se la sente, tuttavia, di rivelare la “veritĂ â€? di questa relazione al marito. Questi non la comprenderebbe, se ne sentirebbe doppiamente tradito, considerata la confessione religiosa di Luca, e reagirebbe probabilmente con violenza contro di lei. Federica, dunque, nasconde la sua relazione extraconiugale al marito, non solo per non fargli del male, ma soprattutto per non fare del male a se VWHVVD LQIDWWL QRQ VROR OHL WHPH OD YLROHQ]D Ă€VLFD PD QHSSXUH WROOHUD LO FRQĂ LWWR, perchĂŠ ha bisogno dell’affetto e della presenza, anche economica, del coniuge. Non saprebbe vivere senza dipendere da qualcuno. Ma questa reiterata opacitĂ verso il marito, a cui si sente condannata, per altro verso la fa sentire insincera e le fa vivere male, in generale, le relazioni con gli DOWUL H SHUĂ€QR FRQ VH VWHVVD (FFR GXQTXH LO SUREOHPD GL IRQGR FKH O¡KD LQGRWWD D FKLHGHUH XQ FROORTXLR Ă€ORVRĂ€FR Federica tiene subito a precisare che non VL DVSHWWD GDOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD DOFXQD soluzione del suo problema attuale, ma desidera solo comprendere meglio se stessa. Non intende, insomma, decidere alcunchĂŠ alla luce della consulenza. Vuole solo conoscere. Nel corso della consulenza, durata sette incontri per circa un mese e mezzo, prende forma il seguente scenario. Federica fa tanta fatica a dire la veritĂ in casa, perchĂŠ si sente vincolata da un patto VFHOOHUDWR" GHO VLOHQ]LR D UHFLSURFR YDQWDJJLR FRQ LO PDULWR Federica sospetta che il marito si renda perfettamente conto che il loro rapporto è esaurito. Proprio per questo, però, il marito, che ha bisogno di lei (o, almeno, crede di averne), fa di tutto per non ammettere la veritĂ di questa situazione e per indurre Federica a tacerla (ricattandola affettiYDPHQWH LQ YDUL PRGL RUD PRVWUDQGRVL VLFXUR GL OHL RUD DSSDUHQGR ELVRgnoso dell’affetto della moglie, ora minacciandola). Federica, a sua volta, ha paura di rompere il patto che, oltre a tutelarla economicamente e affettivamente, garantisce entrambi da una crisi che, per la profonda dipendenza psicologica reciproca, sarebbe senz’altro violentissima. E Federica, come detto, è particolarmente refrattaria a ogni forma di violenza. Per un certo tratto, durante la consulenza, ci si sforza di trovare una (ri)

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3KURQHVLV soluzione “retoricaâ€? del rapporto tra Federica e suo marito (quasi “simmetricaâ€? alla retorica con cui il marito tiene Federica in scacco). Ci si chiede, cioè, come Federica potrebbe comunicare col marito per non cadere nella trappola della “razionalitĂ unidirezionaleâ€? ed egocentrica di quest’ultimo. Si tastano (senza troppo successo) varie strade e, entro certi limiti, le si VSHULPHQWD FRQFUHWDPHQWH )HGHULFD SURYD O¡DUPD GHOO¡LURQLD GHOOD PHWDfora, della comunicazione indiretta, del silenzio eloquente ecc. L’obiettivo immediato di Federica, che cerca a questo scopo di non restare sullo stesso piano argomentativo del marito, è quello di riuscire a difendere, in qualche modo, il suo diverso punto di vista su molte questioni, per esempio riguardo agli spazi che lei intende riservare a se stessa. Lo scopo ultimo dovrebbe essere, però, soprattutto quello di suscitare maieuticamente nel coniuge la presa di coscienza del cambiamento intervenuto nel loro rapporto. Questo tentativo, però, si scontra con l’astuzia del coniuge che, pur cedendo tatticamente su singole questioni, resiste strategicamente Ă€QJHQGR GL QRQ FDSLUH LO problema di fondo. Ma l’errore – comprendiamo – sta proprio nel fatto che noi stessi, consulente e consultante, sotto il pretesto di fare degli esperimenti di conoscenza, stiamo in realtĂ cercando una soluzione strategica. Implicitamente la consulenza sta accreditando la soggezione psicologica di Federica al marito (e ai suoi ricatti affettivi); cioè l’idea (autocontraddittoria) che Federica possa emanciparsi da lui solo a condizione che lui stesso sia d’accordo. Piuttosto si tratta di rovesciare il punto di vista e di uscire da questa ricerca di consenso, nutrita di “retoricaâ€?, nel rapporto col coniuge. Rem tene, verba sequentur, FRPH GLFHYD &LFHURQH q )HGHULFD VWHVVD D GRYHU essere convinta per prima, VXOOD EDVH GHOOD FKLDULĂ€FD]LRQH GHOOD VXD YLVLRQH GHO PRQGR GHOOD QHFHVVLWj di una separazione (le parole giuste verranno da sĂŠ); e a dover essere capace di un tale gesto di autodeterminazione, con tutti i suoi rischi, gesto che presuppone intrinsecamente il fatto di prescindere da qualunque cosa, poi, potrĂ pensare o fare il marito. 0D )HGHULFD KD SURSULR TXHVWR SUREOHPD QRQ ULXVFHQGR SL QHSSXUH D pensare da sola (forse perchĂŠ bombardata, per anni, dalla retorica del coniuge), sentendosi precisamente come un “vaso vuotoâ€?, impotente, non riesce quasi piĂš a esistere (senza dipendere da qualcuno). /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD diventa, allora, il luogo in cui Federica, lungi dal risolvere qualcosa nei suoi immediati

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3KURQHVLV rapporti con gli altri, re-imparando a pensare e a pensarsi re-impara a esistere come persona. Non ha, quindi, importanza che cosa lei potrĂ fare o non fare domani, ma conta soltanto come potrĂ esistere domani da sola e/o in compagnia del marito e, anche, dell’altro uomo. PerchĂŠ Federica comincia a rendersi conto (esplicitando la sua visione del mondo) che anche il rapporto con Luca, che rappresentava per lei l’alternativa, l’apertura, l’uscita da una situazione insoddisfacente, può diventare fonte per lei di dipendenza. Federica si accorge che la vita che sogna di fare con Luca non sarĂ affatto possibile (a causa delle convinzioni religiose dell’uomo); che l’intesa perfetta che immagina di avere con lui, in realtĂ , non è priva di ombre. Il desiderio, che l’aggancia a lui, rischia a ogni passo di trasformarsi in dipendenza e bisogno (per le persistenti fragilitĂ esistenziali di )HGHULFD OD VXD LQFDSDFLWj D SHQVDUH GD VROD H D SHQVDUVL GD VROD Luca può, certo, diventare anche un’occasione, per lei, per riprendere in mano la sua vita. Ma Federica non deve scendere a compromessi e a patti (come quelli che Federica è continuamente tentata di stringere soprattutto FRQ VH VWHVVD DG HVHPSLR LO SDWWR FKH FRQVLVWH QHO WROOHUDUH XQ UDSSRUWR “a singhiozzoâ€? con Luca), che sarebbero, di nuovo, fondati sulla paura e sul bisogno. Federica deve, piuttosto, imparare, andando al di lĂ di quello che immagina e che sogna, a trasformare il proprio desiderio in speranza (per qualcosa di inimmaginabile). Si tratta di aprirsi, cosĂŹ, alla possibilitĂ di incontri inattesi, di sorprese. Il che richiede che l’anima (psychĂŠ FKH VLJQLĂ€ca anche farfalla) di Federica spicchi il volo e si liberi completamente dalla crisalide di paure che ancora l’avvolge. Federica è semplicemente entusiasta degli effetti su di lei della consulen]D Ă€ORVRĂ€FD Nulla, apparentemente, è cambiato nella sua vita quotidiana. Ora, però, secondo Federica, tutto potrebbe cambiare. Discussione del caso PerchĂŠ questo caso mi sembra particolarmente rappresentativo del rapporto che, secondo me, lega, in generale, pensiero e vita dentro e fuori di XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD" (VDPLQLDPR DOFXQL WUDWWL GHO FDVR DJJLXQJHQGR

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3KURQHVLV anche, al bisogno, dettagli precedentemente omessi. /D FRQVXOWDQWH GLFH VXELWR LQ PRGR Ă€Q WURSSR VFRSHUWR GXQTXH VRspetto) di non volere soluzioni, ma solo comprendere la sua situazione. Secondo lei non è (ancora mai) il tempo di decidere, ma (sempre) solo quello di pensare. Nel corso della consulenza, a piĂš riprese, la consultante, ogni qual YROWD VL WURYD GL IURQWH D TXDOFKH GLIĂ€FROWj QHOOD VXD UHOD]LRQH FRQLXJDOH VL UDVVLFXUD ´SLDQLĂ€FDQGRÂľ VFHOWH FKH FRPXQTXH IDUj VHPSUH ´SL DYDQWLÂľ (“tra tre mesiâ€?, “tra un annoâ€?, arriva a volte a precisare). Con parole della stessa consultante, il tempo con cui lei si relaziona è piuttosto chrònos (il tempo cronologico, spazializzato) che kairòs (il tempo opportuno per fare qualcosa, l’occasione). Apparentemente la consultante ha colto perfettamente il senso di un HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR FKH QRQ GHYH GDUH VROX]LRQL PD VROR DLXWDUH D SHQVDUH ,QYHFH DSSDUH FKLDUR Ă€Q GDOO¡LQL]LR FKH TXHVWR HVHUFL]LR FRVWLWXLVFH SHU OHL un alibi per non farsi carico di se stessa, per non assumersi la responsabilitĂ di decisioni GLIĂ€FLOL /D FRQVXOWDQWH WHQGH DG DSSRJJLDUVL DOOD FRQVXOHQza in modo essenzialmente non diverso da come si appoggia al marito e DOO¡DPDQWH 6WLSXOD R YRUUHEEH VWLSXODUH Ă€Q GDOO¡LQL]LR FRQ LO FRQVXOHQWH un patto, in cui volontariamente si imprigiona, e che le promette essenzialPHQWH LO GLIIHULPHQWR LQGHĂ€QLWR GL GH FLVLRQL FKH LQ TXDQWR ´WDJOLÂľ LPSOLcherebbero quella violenza che lei, invece, aborrisce. Anche quando la consultante sembra chiedere consigli pratici per aiutare il marito a comprendere la situazione, in effetti chiede ancora strumenti per non decidere, perchĂŠ il presupposto delle sue richieste è che ogni sua scelta dipenda dal consenso e della disponibilitĂ del marito (da guadagnare retoricamente). Dunque, in realtĂ , la consultante non è affatto disposta a mettere in discussione la rete delle dipendenze da cui lei presuppone di non poter prescindere. Dice, sĂŹ, di volere essere aiutata a pensare – e di fatto questo pure avviene –, ma vorrebbe anche essere JLXVWLĂ€FDWD nella sua inerzia, assolta dalla “colpaâ€? della sua opacitĂ e della sua doppia vita 35. 35

Queste considerazioni non intendono smascherare “psicoanaliticamenteâ€?, come si potrebbe pensare, i “veri moventiâ€?, sotterranei o inconsci, del discorso di Federica, ma si limitano a rilevarli, non in quanto si manifestino attraverso lapsus, atti mancati o altri “sintomiâ€?, ma in quanto semplicemente emergono dalle aporie del discorso stesso prodotto dalla consultante; certo, in parte anche dal discorso implicito, agito dalla consultante, ma sempre e solo in quanto LQWHUURJDWR H GHFRGLĂ€FDWR in modo FRQGLYLVR H FRQVDSHYROH GD HQWUDPEL JOL LQWHUORFXWRUL GHO GLDORJR Ă€ORVRĂ€FR

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3KURQHVLV Qui tocchiamo con mano e comprendiamo perchĂŠ gli interventi di tipo strategico (come quello di un problem solver che volesse aiutare Federica a convincere il marito di qualcosa) spesso siano l’altra faccia dell’inazione. L’intervento strategico (almeno in quest’accezione 36) non cambia la prospettiva delle persone, ma “giocaâ€? con gli addendi di una situazione, senza che il risultato (di fondo) cambi (in questo caso la dipendenza di Federica dal marito). Le cose cominciano davvero a “muoversiâ€? e a cambiare quando ci accorgiamo entrambi, consulente e consultante, di questo giochetto. Smettiamo di pensare sia di poter intervenire direttamente sulla situazione, sia GL SRWHUFL OLPLWDUH D ULĂ HWWHUYL SHU XQ WHPSR LQGHĂ€QLWR VHQ]D FKH QXOOD cambi. Ăˆ solo allora che la consultante comincia a guardarsi davvero; col risultato che quello che vede di se stessa (e che la meraviglia) non le piace affatto. Non serve che si impegni a cambiare. Non si tratta di applicare alla vita qualche “scoperta concettualeâ€? fatta in consulenza. Non c’è nessuno sforzo di volontĂ . Questo stesso diverso modo di vedersi e di vedere il mondo la sta giĂ cambiando, proprio quando lei non si propone piĂš come obiettivo nĂŠ quello di cambiare qualcosa o qualcuno (il marito, ad esempio), nĂŠ quello – opposto – di evitare in tutti i modi ogni cambiamento nella sua YLWD 'REELDPR GDUH DQFRUD XQD YROWD UDJLRQH D 3ROODVWUL H D 2UIHR quanto meno la consultante ha voluto cambiare la sua vita (ha avuto di mira l’obiettivo del cambiamento) e si è limitata a pensarla, tanto piĂš la sua vita effettivamente si è trasformata. 0D FKH FRVD q DFFDGXWR HVDWWDPHQWH GXUDQWH OD FRQVXOHQ]D" 'LUHL TXHVWR O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR KD WUDVIRUPDWR LO PRGR LQ FXL OD FRQVXOWDQWH LQWHUpreta la sua situazione. Questa trasformazione ha fatto progressivamente di lei una persona diversa. Ăˆ perchĂŠ lei è diventata una persona diversa, piĂš ´Ă€ORVRĂ€FDÂľ FKH ´VSRQWDQHDPHQWHÂľ YLYUj H DJLUj LQ PRGR GLYHUVR non certamente perchĂŠ in consulenza abbia imparato qualcosa di determinato, che lei possa tornare a casa e “applicareâ€?. Qualcuno potrebbe osservare che la consultante ha imparato effettiYDPHQWH XQ ´SULQFLSLRÂľ DOO¡LQFLUFD TXDQWR VHJXH ´+R FDSLWR DYHQGR esaminato a fondo il concetto di ‘indipendenza’, che, se voglio davvero 36

Per un’accezione piĂš tecnica di agire strategico in ambito psicoterapeutico, con paradossali WUDWWL GL DIĂ€QLWj FRQ O¡DJLUH Ă€ORVRĂ€FR SUDWLFR FIU 3DROR &HUYDUL Strategie indecidibili, cit.

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3KURQHVLV conquistare l’indipendenza da mio marito, me la devo conquistare; non devo cercare, prima, il suo consensoâ€?. Ma questa “comprensioneâ€? (che, peraltro, oscuramente, la consultante ha sempre avuto) è marcata da un “seâ€?; non è immediatamente HIĂ€FDFH , per cosĂŹ dire, esecutiva, nĂŠ pretende GL HVVHUOR 6H OD FRQVXOWDQWH DJLUj LQ PRGR QXRYR FRO PDULWR Ă€QR DO SXQWR da riuscire a rendersi indipendente da lui, non sarĂ soltanto perchĂŠ “ha capitoâ€? come rendersi indipendente da lui, ma, soprattutto, perchĂŠ avrĂ ricominciato a pensarsi come persona, dunque si sarĂ giĂ resa sostanzialmente indipendente. E avrĂ ricominciato a pensarsi come persona, semplicemente perchĂŠ avrĂ ricominciato a pensare, in generale, come è proprio delle persone. In altre parole non si tratta soltanto di un nuovo valore (quello dell’“indipendenzaâ€?) che è stato scoperto, in base al quale si tratti ora di agire (anche se questo momento 37 è certamente parte del “risultatoâ€?), ma anche e soprattutto di un nuovo modo di essere GL XQD QXRYD IRUPD GL YLWD TXHOOD appunto, di chi ha scoperto questo valore (la persona che questo valore ha dischiuso); qualunque cosa poi questo “chiâ€? se ne faccia. /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD ² VRQR SDUROH GHOOD FRQVXOWDQWH ² Šq FRPH XQD FDPPLQDWD LQ DOWD PRQWDJQDÂŞ Šq FRPH DVFHQGHUH D XQD YHWWDÂŞ 38. Dall’alto 37

Sull’importanza della nozione hegeliana di “momentoâ€?, per la comprensione del complesso UDSSRUWR WUD Ă€ORVRĂ€D H YLWD PL KD IDWWR ULĂ HWWHUH 2VFDU %UHQLĂ€HU GXUDQWH XQ¡LQWHUYLVWD DSSDUVD LQ “Phronesisâ€?, anno IX, n. 16. 38 /D FRQVXOWDQWH DWWUDYHUVR O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR VHPEUD IDUH TXL XQ¡HVSHULHQ]D DQDORJD D TXHOOD GHOO¡´XRPR PRGHUQRÂľ GL FXL SDUOD 6WHIDQR =DPSLHUL Š5HVSLUDQGR O¡DULD GHOO¡altezza, l’uomo PRGHUQR ID HVSHULHQ]D GHOO¡LQVXIĂ€FLHQ]D GL TXHO FKH Ă€QR DG DOORUD KD QDUUDWR GHO PRQGR GL TXHO mondo della tecnica che lo espropria da se stesso e gli toglie le paroleÂť (Stefano Zampieri, IntroGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD, cit., p. 32). Quest’esperienza “acrobaticaâ€?, al culmine (è il caso di dire) di XQ HVHUFL]LR GL SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD FL ID SHQVDUH FKH LQ JHQHUDOH QHOOD YLWD LO ´PRWR ÂśLQ DYDQWL¡ DEELD minor valore del moto ‘verso l’alto’â€?, come si esprime Peter Sloterdijk evocando Nietzsche (cfr. Id, Devi cambiare la tua vita. Sull’antropotecnica, Cortina, Milano 2010, p. 139). Forse, come tutto il YROXPH GL 6ORWHUGLMN VHPEUD VXJJHULUH VH YRJOLDPR WRUQDUH D XQD SUDWLFD GHOOD Ă€ORVRĂ€D FRPH esercizio, dovremmo deciderci ad abbandonare prima o poi le vie orizzontali (a cui pure spesso allude DQFKH =DPSLHUL FRQ OD ULFRUUHQWH SXU HIĂ€FDFH PHWDIRUD GHOOD ´PDSSDÂľ SL R PHQR FLUFRODUL H ricorsive, per osare intraprendere un’ascensione in verticale FKH FL FRQVHQWD GL DOODUJDUH VLJQLĂ€FDWLYDmente l’orizzonte della nostra “comprensione vissutaâ€? del mondo (rispetto, ad esempio, ai nostri stessi simili!). Qui si dovrebbe aprire una discussione (che non apro!) intorno a un certo un po’ VWXFFKHYROH SHUFKp VHFRQGR PH QRQ VXIĂ€FLHQWHPHQWH JLXVWLĂ€FDWR egualitarismo che sembra pervaGHUH LO PRQGR GHOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH DWWHJJLDPHQWR YHUVR LO TXDOH YLFHYHUVD LO Ă€ORQH SULQFLSDOH GHOOD WUDGL]LRQH Ă€ORVRĂ€FD GD 3ODWRQH D 1LHW]VFKH DWWUDYHUVR *LRUGDQR %UXQR HG +HJHO KD VHPSUH

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3KURQHVLV tutto (la dantesca “isola che ci fa tanto ferociâ€?, la Terra stessa) appare piĂš piccolo e meno importante. FinchĂŠ è “all’altezzaâ€? della propria capacitĂ di pensare, una persona è in grado di vivere meglio e di affrontare meglio le situazioni. Le sarĂ piĂš facile (ma per nulla scontato e, neppure, necessario) riuscire a fare ciò che ha sempre saputo di dover fare, ma che non aveva, magari, “la forzaâ€? di fare. Ma le sarĂ piĂš facile anche comprendersi e perdonarsi, se, al contrario, dovesse riconoscere di essere ancora irretita da paure da cui non fosse riuscita a liberarsi pienamente, pur riconoscendone la fallacia. Embricazione di pensiero e azione 7RUQLDPR D TXHVWR SXQWR DOOD TXHVWLRQH GHO UDSSRUWR WUD HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR LQWHQGHQGR TXHVWR WHUPLQH QHO VHQVR SL DPSLR SRVVLELOH FRPH DWWLYLWj GL SHQVLHUR TXDOH TXHOOD FKH VL UHDOL]]D LQ XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD e vita. L’esempio della mia consulenza avrĂ forse ulteriormente convinto il lettore che non si può trattare di un rapporto “meccanicoâ€?, di mera “applicazioneâ€? di acquisizioni concettuali alle proprie scelte esistenziali. Resta tuttavia da chiedersi in che modo, allora, la trasformazione di una visione del PRQGR TXDOH ´OHJLWWLPRÂľ ULVXOWDWR GL XQ HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR SRVVD LQGXUUH comunque cambiamenti VLJQLĂ€FDWLYL (anche se non intenzionali) nella vita di chi ne fa esperienza. Per analizzare meglio tale questione, riduciamola preliminarmente alla questione del rapporto tra pensiero e azione, ad esempio tra un determinato esercizio di pensiero (o di parola) e la singola azione che ne può in qualche modo scaturire. Prendiamo il caso della mia consultante. Lei dice di venire in consulenza soltanto per pensare e non, invece, per decidere qualcosa. Ma – osserviamo – cosĂŹ facendo VWD JLj GHFLGHQGR LQ UHDOWj TXDOFRVD VWD GHFLGHQGR GL QRQ decidere. Pensiero e azione – si direbbe – non si susseguono nel tempo, ma sono le due facce della stessa medaglia. Il fatto di pensare in un certo modo è legato all’agire in un certo modo, con un legame che non è di causa-effetto, ma, si direbbe, di correlazione fenomenologica o, piĂš semPDQLIHVWDWR FRPH VL VD XQD FHUWD LQVRIIHUHQ]D 'HO WXWWR D WRUWR"

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3KURQHVLV plicemente, di embricazione. In ogni istante che passa, non si può non decidere (qualcosa), cosĂŹ come non si può non pensare (qualcosa). Ciò che si fa testimonia di ciò che si pensa e ciò che si pensa si mostra in ciò che si fa. E in entrambe le attivitĂ si può essere piĂš o meno coerenti, conseguenti, persuasi e persuasivi. Può anche accadere che qualcuno, altresĂŹ, venga in consulenza, volendo Vu LQL]LDOPHQWH HVVHUH DLXWDWR DG DJLUH PD VL VFRSUD LQYHFH DOOD Ă€QH SL LQWHUHVVDWR D ULĂ HWWHUH H D SHQVDUH QHOOD PLD HVSHULHQ]D q IRUVH LO FDVR SL frequente). AvrĂ deciso, in questo secondo tempo, di non decidere, senza PDJDUL HVVHUVHQH QHSSXUH DFFRUWR DQFRUD XQD YROWD DYUj GHFLVR GL QRQ GHFLGHUH QRQ DYUj applicato un giudizio, ma questa stessa decisione sarĂ stata il suo implicito giudizio). In generale, quello che faccio dice qualcosa del mio modo di intendere il mondo, anche se io stesso non sempre ne sono consapevole. D’altra parte, se dico qualcosa a qualcuno, anche sempre faccio qualcosa (ad esempio gli chiedo implicitamente qualcosa, aiuto o informazioni o magari una complicitĂ in qualche affare), come sanno bene Austin e gli altri teorici degli speech acts. ,Q TXHVWD SURVSHWWLYD WUD O¡DOWUR LQWHUURJDUVL ULĂ HVVLYDPHQWH GXUDQWH una consulenza, sui veri motivi (scopi) per cui qualcuno è venuto in consulenza (a fare FKH" QRQ q IRFDOL]]DUVL RVVHVVLYDPHQWH VXOOD ´UHOD]LRQHÂľ come si potrebbe imputare a certi approcci di tipo psicologico, ma è assumere l’agire visibile di una persona, i suoi gesti concreti in mia presenza, come (possibile, ipotetico) esempio di un suo piĂš generale modo di intendere, vedere e agire il mondo. 0D LQ Ă€Q GHL FRQWL O¡LSRWHVL VRWWHVD DOOD VWHVVD GHQRPLQD]LRQH GHOOH pratiche Ă€ORVRĂ€FKH QRQ q IRUVH FKH O¡attività ÀORVRĂ€FD GXQTXH LO SHQVLHUR in quanto tale, sia una pratica, dunque una forma di azione 39" 9LFHYHUVD VL può altrettanto bene concepire l’azione come una forma di pensiero im39

&RPH GLFH $QWRQLR &RVHQWLQR FKH GD DQQL VL RFFXSD GL SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH VRSUDWWXWWR QHOOD versione della Philosophy for Community OD FRQQHVVLRQH GHOOD Ă€ORVRĂ€D FRQ O¡agire appartiene a uno ´VWDWXWRÂľ GHOOD Ă€ORVRĂ€D FKH QH UDSSUHVHQWD XQD ´dimensione costitutivaâ€? (Antonio Consentino, )LORVRĂ€D come pratica sociale. ComunitĂ di ricerca, formazione e cura di sĂŠ, Apogeo, Milano 2008, p. 3). Illuminante anche la distinzione tra la funzione propriamente performativa GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD H OD IXQ]LRQH meramente descrittiva GHOO¡LQVHJQDPHQWR DFFDGHPLFR GHOOD Ă€ORVRĂ€D WUDFFLDWD GD 2VFDU %UHQLĂ€HU QHOOD FLWDWD LQWHUYLVWD DSSDUVD LQ Š3KURQHVLVÂŞ

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3KURQHVLV plicito. Gesti, emozioni 40 ecc. che cosa sono se non una maniera non verbale GL HVSULPHUH OD SURSULD YLVLRQH GHO PRQGR" 41 Cedere a uno scatto d’ira nei confronti di qualcuno e sostenere che costui sia colpevole di qualcosa nei nostri confronti è (quasi) la stessa cosa. Arrossire davanti a una persona di cui siamo innamorati e pensare (o dire) che (per noi) quella certa persona sia la piĂš meravigliosa del mondo è (quasi) la stessa cosa. L’importanza dell’embricazione di pensiero e azione per la nostra ricerFD q WDOH GD PHULWDUH XQ VXSSOHPHQWR GL LQGDJLQH H GL FKLDULĂ€FD]LRQH Certamente, come molti hanno rilevato 42, pensiero e azione possono essere considerati interdipendenti all’interno di una circolaritĂ o ricorsivitĂ ermeneutica mediata dal confronto continuo con l’esperienza. ,Q XQ VHQVR DIĂ€QH VL SXz GLUH FKH ŠSHQVDUH q JLj DJLUHÂŞ LQWHQGHQGR FRQ ciò sottolineare che molti gesti divenuti spontanei sono in realtĂ stati precedentemente appresi, dunque pensati 43. 6RWWR XQ DOWUR SURĂ€OR FL VRQR FDVL QHL TXDOL ŠQRQ SRVVR IDUH LSRWHVL H SRL YHULĂ€FDUOH prima di passare all’azione; devo decidere e decidere subito per il meglio. E posso farlo solo pensando, cioè valutando i miei personali YDORUL > @ H L PLHL LQWHUHVVL > @ Ă€QR D WURYDUH LO PRGR GL IDUOL VWDUH DVVLHPH nel modo che io stesso reputi migliore. Dopo questa valutazione, tutta fatta con il solo ausilio del pensiero, dovrò agire, ovvero comportarmi in un modo o nell’altroÂť 44. In tutti questi casi il rapporto tra pensiero e azione è molto stretto, ma non vi è ancora piena coincidenza WUD OH GXH DWWLYLWj VL WUDWWD DQFRUD GL GXH momenti, sia pure all’interno di un unico processo. Senza sottovalutare l’imSRUWDQ]D GL TXHVWH VLWXD]LRQL D FXL VL DVVLVWH VSHVVR LQ FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€ca, vorrei focalizzare la nostra attenzione sulla possibilitĂ che, letteralmente, “pensare sia giĂ agireâ€? e che, soprattutto, “agire sia pensareâ€? (in forma 40

&KH OH HPR]LRQL VLDQR JLXGL]L LPSOLFLWL q OD WHVL GL IRQGR HYRFDWD VSHVVR GDL Ă€ORVRĂ€ SUDWLFDQWL di C. Nussbaum. Cfr. / LQWHOOLJHQ]D GHOOH HPR]LRQL, Il Mulino, Bologna 2004, spec. pp. 57 ss. 41 Si tratta dell’insieme di quello che Ran Lahav denomina comprensione vissuta. Cfr. Comprendere la vita, cit., p. 136. 42 Pollastri e Zampieri tra gli altri, vedi sopra. 43 Cfr. Neri Pollastri, 6XOO¡XWLOLWj H LO GDQQR GHOOD Ă€ORVRĂ€D SHU OD YLWD, cit., p. 43. PoichĂŠ Pollastri, in questo contesto, focalizza la sua attenzione soprattutto sui gesti appresi si sarebbe, forse, potuto anche dire che “agire è pensareâ€? o, meglio ancora, “agire è avere pensatoâ€?. 44 Ivi, pp. 46-47.

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3KURQHVLV implicita). Come scrive Antonio Cosentino, riprendendo le tesi di Donald 6FKRQ Š1HOO¡DJLUH VSRQWDQHR QRQ VL SHQVD prima di agire. Non si ha coscienza esplicita di aver imparato ciò che si sa, per cui è vero che, quando si attiva una pratica intelligente, si sta facendo una cosa e non dueÂť 45. Ma, se cosĂŹ è, se l’azione è pensiero, il pensiero non può essere, successivamente, semplicemente applicato all’azione; cosĂŹ come, in generale, il pensiero non si applica al pensiero, ma si sviluppa come pensiero. In questo sviluppo il pensiero può ritornare certamente su se stesso, ma, se lo fa, lo ID SHU PHWWHUVL LQ GLVFXVVLRQH SHU ULĂ HWWHUH VX VH VWHVVR SHU ULFHUFDUH LO proprio fondamento. Nel tornare su se stesso il pensiero si trasforma. Non è piĂš quello di prima. Salta da un livello logico all’altro; come un elettrone, eccitato, salta da uno all’altro stato quantistico... indeterministicamente. 6L GLFH VSHVVR FKH O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR FL DELWXD D YHGHUH L SUREOHPL GD diversi punti di vista 46, ad esempio da quei punti di vista alla luce dei quali L SUREOHPL VWHVVL VL GLVVROYRQR FRPH SUREOHPL /¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR FL abitua a pensare le stesse cose in modi sempre diversi; ci abitua, dunque, a fare sempre pensieri nuovi. Bene, ma, se la vita stessa, intessuta di azioni, non è che pensiero implicito e il pensiero non è che “la vita che prende coscienza di sĂŠâ€? (secondo la fortunata formula di Giovanni Gentile), non ci si può aspettare che il nostro consultante semplicemente applichi alla sua vita quanto dovrebbe DYHUH ´DFTXLVLWRÂľ LQ FRQVXOHQ]D OH D]LRQL FKH FRPSLUj LQ TXDQWR ´SHQVLHUL (incarnati) nuoviâ€?, saranno per lui azioni nuove, sorprendenti, irriducibili, spontanee. La mia consultante è uscita certe volte dalle sedute di consulenza con una determinata opinione, fondata su ottimi argomenti, su come si sarebbe GRYXWD FRPSRUWDUH UHQGHUVL LQGLSHQGHQWH GDO PDULWR H DOOD Ă€QH ODVFLDUOR 0D XQD YROWD LQFRQWUDWR LO PDULWR FKH FRVD PDL DYUHEEH GRYXWR IDUH" Niente che ella avesse semplicemente pensato prima; perchĂŠ, se cosĂŹ avesse agito, avrebbe cessato di vivere una vita pensante, ma si sarebbe limitata ad 45

Cosentino, )LORVRĂ€D FRPH SUDWLFD VRFLDOH, cit.., p. 26. Schon contrappone questo modo di vedere O¡DJLUH OD SUDWLFD D TXHOOR FKH FRQVLGHUD O¡DJLUH OD SUDWLFD TXDOH PHUD Šapplicazione della conoscenza D GHFLVLRQL VWUXPHQWDOLÂľ DOO¡LQWHUQR GL XQ SDUDGLJPD GL Š5D]LRQDOLWj 7HFQLFDÂŞ FIU ,G Il professionista ULĂ HVVLYR, Dedalo, Roma 1993, p. 50.) 46 Cfr. ad es. Stefano Zampieri, /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VSLHJDWD D WXWWL, Ipoc, Milano 2010, pp. 21-22.

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3KURQHVLV applicare meccanicamente quanto pensato altrove o prima (quanto premeditato). 6H OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VL ULGXFHVVH D FRVWUXLUH LSRWHVL RSHUDWLYH GD applicare, essa non differirebbe da una forma di etica applicata 47. La sola difIHUHQ]D WUD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD HG HWLFD DSSOLFDWD VDUHEEH FKH PHQWUH nell’etica applicata si tratta, da parte di alcune persone, di applicare principi etici che esse stesse non hanno stabilito, ma che mutuano da qualche fonte esterna (da qualche codice etico in cui esse, magari solo formalmente, si ULFRQRVFRQR QHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD io, consultante, applicherei a me stesso, nel tempo t2, quello di cui io stesso, nel tempo t1, cioè durante la consulenza, mi sarei convinto. Ma basta questa differenza a distinguere le GXH SUDWLFKH" No, perchĂŠ, anche cosĂŹ, anche se applicassi qualcosa che io stesso, prima, ho pensato, in questo meccanico (o strategico) applicare, cesserei (al limite) di pensare, dunque cesserei (al limite) di vivere una vita umana, cesserei (al limite) semplicemente di esistere come persona. La situazione non cambia se, quando applico, applico pensieri miei piuttosto che altrui. Viceversa, se l’azione è pensiero e se il pensiero, tornando su se stesso, pensa sempre cose nuove, l’azione, sviluppando QRQ applicando) quanto si è pensato, come forma di pensiero implicito, è autentica “azioneâ€?, e non semplice meccanico “movimentoâ€?, quando fa cose nuove, nuove rispetto anche a quelle che si era appunto pensato (prima) di fare. /D PLD FRQVXOWDQWH LQFRQWUDQGR TXHO PDULWR FKH SXUH Ă€ORVRIDQGR DYHva pensato di lasciare, è stata educata 48 GDOOD VWHVVD Ă€ORVRĂ€D QRQ JLj D IDUH 47 'R TXL SHU DFTXLVLWR VHQ]D DUJRPHQWDUOR XOWHULRUPHQWH FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD non sia etica applicata. Ma ricordo, al riguardo, un’interessante controversia sorta a margine della X ConIHUHQ]D ,QWHUQD]LRQDOH VXOOD 3UDWLFD )LORVRĂ€FD VYROWDVL D /HXVGHQ LQ 2ODQGD QHOO¡DJRVWR GHO una giovane esperta americana di etica applicata, vicina alla scuola di Lou Marinoff, sosteneva la IRUWH DIĂ€QLWj SHU QRQ GLUH FRLQFLGHQ]D WUD OH GXH SUDWLFKH VXVFLWDQGR SHUz OD IRUWH SHUSOHVVLWj GHOOD FRPSRQHQWH HXURSHD LQ SDUWLFRODUH WHGHVFD H LWDOLDQD GHO PRYLPHQWR GHL Ă€ORVRĂ€ SUDWLFDQWL 6L WUDWWDYD GHOOD VWHVVD WHVD ULXQLRQH LO FXL HVLWR Ă€QDOH VDUj VWDWR XQ FDVR" IX OD GHFLVLRQH GL WHQHUH OD conferenza internazionale del 2012.... in Corea del Sud! 48 1RQ q TXHVWD OD VHGH SHU GLVFXWHUH H DSSURIRQGLUH XQ¡DOWUD TXHVWLRQH FRQWURYHUVD TXHOOD GHO UDSSRUWR WUD DWWLYLWj Ă€ORVRĂ€FD H formazione (o educazione). Provvisoriamente suggerisco di assumere FRQ 3ROODVWUL FKH O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR SRVVD DYHUH effetti formativi non intenzionali; a condizione, però, che questi effetti possano essere riconosciuti a posteriori, anche se non sono ricercati come tali, come paradossalmente costitutivi GHOO¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR LQ TXDQWR HVHUFL]LR maieutico. Insomma YDUUHEEH DQFKH VRWWR TXHVWR SURĂ€OR LO QRVWUR EUDYR ´LQFDQWHVLPR RUĂ€FRÂľ

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3KURQHVLV quello che aveva prima pensato di fare, bensĂŹ a ripensare sempre di nuovo che cosa, di volta in volta, avrebbe fatto; a vivere una vita intelligente (nel senso di Schon) e non passiva; risoluta, autentica, all’altezza delle diverse situazioni, piuttosto che irresoluta, inautentica, meccanica, inerziale, applicativa. Ciò che la donna d’ora in poi farĂ sarĂ lo sviluppo, non l’applicazione, di quello che aveva pensato di fare, sviluppo che potrĂ assumere questa o quella forma sulla base di ciò che la situazione stessa VXJJHULUj DG HVHPSLR sulla base del risultato di un dialogo IUDQFR Ă€ORVRĂ€FDPHQWH HGXFDWR WUD OD donna e il marito). Certo, questo sviluppo non sarĂ immemore dell’idea iniziale da cui la donna è stata mossa (in consulenza), ma questa idea sarĂ parte (momento) di una Gestalt piĂš ampia nella quale entrerĂ tutto quello che la vita stessa, via via, le prospetterĂ . Qualcosa di molto simile mi sembra che colga Stefano Zampieri quanGR VFULYH ŠĂ‹ GXQTXH VROWDQWR XQD LQJHQXD FUHGHQ]D FKH LO FROORTXLR Ă€ORVRĂ€FR SRVVD VFLRJOLHUH O¡HQLJPD HVLVWHQ]LDOH GHOOD SHUVRQD H FKH SHU TXHVWR SRVVD HVVHUH VXIĂ€FLHQWH WURYDUH OD ULVSRVWD JLXVWD DO PRPHQWR JLXVWR > @ Non è cosĂŹ. PerchĂŠ la soluzione è nel tempo non nella logica TXHO FKH DSSDUH come risposta adeguata non è ciò che un discorso razionalizzante ha dimostrato, ma piuttosto quel che il tempo ha fatto maturareÂť 49. Questa prospettiva aiuta anche a comprendere perchĂŠ i cambiamenti ´SURGRWWLÂľ GD XQD HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR QRQ SRVVDQR HVVHUH voluti, ma debbano essere spontanei e non intenzionali. Se il cambiamento, infatti, non è che l’altra faccia dell’esercizio del pensiero – esso stesso una forma di pensiero, implicito, che non può essere “oggettoâ€? del pensiero che lo precede, ma è sempre, per cosĂŹ dire, soggetto di se stesso – il pensiero, quello esplicito, non può direttamente pensarlo (“intenzionarloâ€?), dunque tanto meno volerlo, per lo stesso motivo per cui un occhio non può vedere... se stesso. 9LYHUH LQ PRGR VDJJLR R LQWHOOLJHQWH QRQ q VROR TXHVWLRQH GL ´WHVWDÂľ Possiamo a questo punto allargare lo sguardo dalla singola azione che VHJXH D XQD ULĂ HVVLRQH Ă€ORVRĂ€FD DOO¡LQWHUD vita “punteggiataâ€? o “intessutaâ€?,

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Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD ÀORVRÀFD, cit., p. 18.

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3KURQHVLV SHU FRVu GLUH GD HVHUFL]L Ă€ORVRĂ€FL SL R PHQR HVSOLFLWL R ´WHPDWLFLÂľ 4XDOH GXQTXH LO UDSSRUWR WUD HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR H YLWD" Ci si potrebbe chiedere, preliminarmente, a che serva l’esercizio tematico GHOOD Ă€ORVRĂ€D DG HVHPSLR XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VH SHU XQ YHUVR come abbiamo visto, non possiamo semplicemente applicare i suoi risultati DOOD YLWD H SHU O¡DOWUR YHUVR OD YLWD VWHVVD SUH Ă€ORVRĂ€FD R WUDQV VRĂ€FD QHOOD formulazione di Lahav), in quanto intessuta di azioni che sono, a loro volta, pensieri, è giĂ XQD IRUPD GL SHQVLHUR SL R PHQR LQWHOOLJHQWH " ,Q SULPR OXRJR O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR LQ TXDQWR HVHUFL]LR VSHFLĂ€FR VYROto in una seduta di consulenza, come ogni esercizio, non deve servire, in senso stretto, DG DOFXQFKp SHQD OD URWWXUD GHOO¡LQFDQWHVLPR RUĂ€FR D FXL FRPH RUPDL VDSSLDPR O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR q VRVSHVR Ă‹ VHPSOLFHPHQWH O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR XQD IRUPD GL YLWD 50. Se la risposta alla domanda “A che serve OD Ă€ORVRĂ€D"Âľ q FODVVLFDPHQWH ´$ QLHQWHÂľ OD ULVSRVWD SL VRWWLOH DOOD GRPDQGD ´3HUFKp DOORUD IDUH Ă€ORVRĂ€D"Âľ SXz EHQ HVVHUH VHPSOLFHPHQWH ´E perchĂŠ no? Ti viene in mente qualcosa di migliore da fare"Âľ Del resto, anche in altri campi, l’esercizio non serve direttamente ad alcunchĂŠ. Se mi esercito in palestra sviluppo i muscoli. Questo sviluppo mi potrĂ certe “servireâ€? a difendermi da un’aggressione; ma in palestra non mi sto certo esercitando VSHFLĂ€FDPHQWH a difendermi da aggressioni, nĂŠ tanto meno, uscito dalla palestra, andrò dritto dritto da qualcuno a prenderlo a pugni (come “applicazioneâ€? degli esercizi fatti). 6RWWR TXHVWR SURĂ€OR O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR LQVHJQD R PHJOLR ´IRUPDÂľ D YLYHUH FRQ Ă€ORVRĂ€D D FRQGXUUH XQD vita intelligente o saggia, in generale. /D SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD LQ DOWUH SDUROH QRQ HGXFD D IDUH TXHVWR R TXHOOR PD educa ad agire, in generale, agendo come se l’azione stessa fosse pensiero. La SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD HGXFD D WUDVIRUPDUH WXWWD OD SURSULD YLWD LQ vita pensante; non solo, dunque, la vita che si vive durante O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR VWHVVR LQ VHQVR VWUHWWR OD VHGXWD GL FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD PD DQFKH H VRSUDWWXWWR OD vita che si vive al di fuori dello stretto recinto della pratica formale. Bene ma, di nuovo, la vita, se è essa stessa intessuta di pensiero, non può DXWR HGXFDUVL" &KH ELVRJQR KD GHOO¡HVHUFL]LR supplementare in cui consiste la SUDWLFD FKH VL VXROH GHQRPLQDUH Ă€ORVRĂ€FD" 50

&RPH VFULYH =DPSLHUL LO FROORTXLR Ă€ORVRĂ€FR FKH q XQ HVHPSLR GL HVHUFL]LR ŠULSURGXFH LQ piccolo quello che la vita aspira ad essereÂť (ivi, p. 43)

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3KURQHVLV Da un certo punto di vista è vero che la vita si può auto-educare. Quante persone “saggeâ€? incontriamo che non hanno mai esercitato quella che FKLDPLDPR ´Ă€ORVRĂ€DÂľ" 9LHQH LQ PHQWH O¡HVHPSLR GHOOR VFLDPDQR FLWDWR spesso da Ran Lahav 51. O quello di un tassista napoletano che incontrai io quando ero ragazzino. Probabilmente questi “saggiâ€? , hanno “pensatoâ€? (hanno fatto esperienza) in modo atematico QRQ ULĂ HVVLYR VHPSOLFHPHQWH vivendo, agendo e re-agendo alle situazioni. Ma come l’azione e la vita, in generale, sono pensiero, anche il pensiero è vita e azione. Dunque, anche un esercizio tematicamente Ă€ORVRĂ€FR SXz come ogni altro esercizio, arricchire la vita (GHĂ HPPDWL]]DUOD e YLYLĂ€FDUOD, come ama scrivere Gerd Achenbach citando Novalis 52). Possiamo parlare, allora, con riguardo alla vita cosĂŹ arricchita, di YLWD Ă€ORVRĂ€FD" 3RVVLDPR IDUOR VH YRJOLDPR PD ELVRJQD LQWHQGHUVL Stefano Zampieri, piĂš di altri, ha messo l’accento sulla possibilitĂ che L VLQJROL HVHUFL]L Ă€ORVRĂ€FL WUD FXL OD FRQVXOHQ]D LQGLYLGXDOH DFTXLVWLQR LO loro vero senso solo all’interno di una vita ripensata globalmente come ´YLWD Ă€ORVRĂ€FDÂľ Š/R VFRSR Ă€QDOH GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD PHJOLR LO VXR Ă€QH SULPR H XOWLPR q TXHOOR GL UHDOL]]DUH XQD FRQGL]LRQH GL YLWD Ă€ORVRĂ€FD > @ 1RQ YL VDUj EXRQ FROORTXLR Ă€ORVRĂ€FR FKH QRQ DEELD DOO¡RUL]]RQWH LO SHUFRUVR FKH SRUWD DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FDÂŞ 53 =DPSLHUL LQWHQGH OD YLWD Ă€ORVRĂ€FD soprattutto come “vita esaminataâ€? 54, nella quale esercitare soprattutto la virtĂš dell’“interrogazioneâ€? 55. Egli mette soprattutto l’accento sull’esitazione 56, sul “passo indietroâ€? che questo genere di vita comporterebbe rispetto DOOD YLWD GHO QRQ Ă€ORVRIR 57. L’attenta e partecipata descrizione offerta da Zampieri in tutto il suo OLEUR GL TXHOOD FKH HJOL FKLDPD ´YLWD Ă€ORVRĂ€FDÂľ FRVWLWXLVFH VHQ]D DOFXQ GXE51

L’esempio è stato riproposto da Lahav nel corso della IX Conferenza Internazionale sulla 3UDWLFD )LORVRĂ€FD WHQXWDVL D &DUORIRUWH &DJOLDUL QHO OXJOLR 52 Cfr. Gerd Achenbach, /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FLW S 8Q VRWWLOH Ă€OR URVVR VHPEUD TXL OHJDUH RUĂ€VPR H DOFKLPLD 53 Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD, cit., p. 12. 54 Cfr. Ivi, pp. 67 ss. Cfr. anche Neri Pollastri, 6XOO¡XWLOLWj H LO GDQQR GHOOD Ă€ORVRĂ€D SHU OD YLWD, cit., p. 52. 55 Cfr. Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD, cit., p. 60 e passim. 56 Cfr. Ivi, pp. 19 ss. 57 Cfr. Ivi, p. 137.

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3KURQHVLV bio una fondamentale e imprescindibile acquisizione teorica per la comSUHQVLRQH GHO VHQVR GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD (G q VHQ]¡DOWUR YHUR FKH XQD YLWD ´Ă€ORVRĂ€FDPHQWH QXWULWDÂľ GHEED HVVHUH FDSDFH GL LQWHUURJD]LRQH GL ULĂ HVVLRQH GL XQ ´SDVVR LQGLHWURÂľ ULVSHWWR DOO¡XUJHQ]D D YROWH LQJDQQHvole) delle incombenze; come avviene tipicamente nei casi di incertezza o meraviglia, quando, nei termini di Schon, all’agire spontaneo subentra (si GLUHEEH VSRQWDQHDPHQWH O¡DJLUH ULĂ HVVLYR 58 ,Q PROWL FDVL ULĂ HWWHUH VXO GD farsi, evitando di agire d’impulso, è effettivamente la cosa migliore da fare. Š3HQVDQGR H VFHJOLHQGR FRQ DWWHQWD FRQVDSHYROH]]D OD PLD D]LRQH VDUj SL serenaÂť 59, come sottolinea Pollastri. Tuttavia, se sviluppiamo tutte le implicazione dell’idea che l’agire sia un implicito pensare e se teniamo presente che il Ă€OR VRIR dovrebbe aspirare (se stiamo all’etimologia) a diventare, se non proprio un sophòs, un saggio, almeno quanto “piĂš saggioâ€? è umanamente possibile, la “vita buonaâ€?, che HJOL SHUVHJXH SRWUHEEH ULFKLHGHUH ROWUH FKH LO ´SDVVR LQGLHWURÂľ GHOOD ULĂ HVsione, anche un “passo avantiâ€? o, per meglio dire, un movimento “verso l’altoâ€?. Come osserva Socrate ironicamente nel Carmide, in certi campi, per esempio negli sport, nell’esecuzione musicale, ma anche nelle indagini da svolgere o nelle decisioni da prendere 60, è spesso piĂš saggio agire con prontezza FKH IHUPDUVL D ULĂ HWWHUH FRO ULVXOWDWR SDUDGRVVDOH H FRQWURSURducente, di paralizzare l’azione o di renderla tardiva). Se ammettiamo che si pensi e si parli anche con il corpo (o con il gesto 61), non sorgono ostacoli alla UDSSUHVHQWD]LRQH GL XQD YLWD Ă€ORVRĂ€FD LQWHVD DQFKH DQ]L VRSUDWWXWWR come vita pensante e non solo come vita pensata (esaminata); nella quale il beneĂ€FLR GHOO¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR VYROWR WHPDWLFDPHQWH SHU HVHPSLR GXUDQWH XQD VHGXWD GL FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD LQWHJUDQGRVL PDJDUL FRQ L EHQHĂ€FL 58

Cfr. Cosentino, )LORVRĂ€D FRPH SUDWLFD VRFLDOH, cit., p. 26. Neri Pollastri, 6XOO¡XWLOLWj H LO GDQQR GHOOD Ă€ORVRĂ€D SHU OD YLWD, cit., p. 46. Pollastri rimarca nello stesso passo, giustamente, che sovente agire d’impulso è foriero di cattivi pensieri e successivo rammarico. 60 Cfr. Platone, Carmide, 159d-160b. 61 Cfr. Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD, cit., p. 128. Zampieri non concede, tuttavia, al linguaggio del corpo la stessa universalitĂ che attribuisce al linguaggio verbale Questa esclusione sorprende, se si pensa, non solo all’universale trasparenza di certe espressioni, come il riso e il pianto, ma soprattutto alla capacitĂ transculturale dell’arte del mimo di dare “voceâ€? alle esperienze umane piĂš profonde, come l’amore e la morte. La questione andrebbe ovviamente approfondita come qui non è possibile fare.

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3KURQHVLV derivanti da altri esercizi di conoscenza di sĂŠ (come lo yoga 62 R SHUFKp QR" O¡DOpinismo), generi una forma di vita che possa dirsi “intelligenteâ€? non solo per quello che si dice o si pensa (prima di agire), ma anche e soprattutto per il modo in cui, semplicemente, si agisce. Nella nozione (pur bellissima) di “vita pensataâ€?o di “vita esaminataâ€? si annida, infatti, il rischio – mi sembra – , se unilateralmente enfatizzata, di ricadere nella rappresentazione (dura a morire) di una vita a cui si “applichinoâ€? i risultati a cui è, di volta in volta, pervenuto il pensiero, sia pure all’interno di una feconda circolaritĂ ermeneutica tra pensiero ed esperienza. Si tratterebbe, ancora, di pensare l’azione come qualcosa che è, di volta in volta, regolato dal pensiero (come nelle famose “massimeâ€? di kantiana memoria 63), mentre, se siamo sulla strada giusta, ciò non sarebbe neppure DO OLPLWH ´SRVVLELOHÂľ O¡DXWHQWLFD azione (a differenza del meccanico “movimentoâ€?) sarebbe, infatti, sempre nuova, come nuovo è il pensiero che essa stessa implicitamente è; pensiero a cui essa, in quanto gesto, darebbe semplicemente corpo e forma. 0D FRPH GREELDPR Ă€JXUDUFL DOORUD LO UDSSRUWR WUD O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR e la vita che ne scaturisce, se non possiamo rappresentarci la vita soltanto come “oggettoâ€? o “prodottoâ€? e neppure “prolungamento logicoâ€? (pur 62 Può essere interessante notare che lo yoga, ad esempio nella forma particolare del karma-yoga (lo yoga dell’azione), di cui si parla nella Bhagavad Gita VHFRQGR TXDQWR LO GLR PDHVWUR .ULVKQD LQVHJQD DO SHUSOHVVR HG HVLWDQWH GLVFHSROR $UMXQD ULVXOWD SURSULR FRPH O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR WDQWR SL autentico e, paradossalmente, HIĂ€FDFH quanto meno chi lo pratica mira al frutto (in sanscrito phalam) delle sue azioni e quanto piĂš egli si concentra esclusivamente sull’azione stessa che compie, fosse pure l’azione estrema del dare la morte (cfr. Bhagavad Gita, cap. II, sloka 47, 51.). Del tutto analoga, del resto, la “struttura logicaâ€? dello jnana-yoga (o yoga della conoscenza); il quale, peraltro, contrariamente a quello che comunemente si pensa (ed è erroneamente riportato anche in insigni manuali di VWRULD GHOOD Ă€ORVRĂ€D QHL VXRL GLYHUVL ´VLVWHPLÂľ R darçana, appare per molti aspetti a tal punto sovrapponibile SHU PHWRGR RELHWWLYL FRQWHVWR VRFLDOH H SROLWLFR H Ă€QDQFKH D YROWH VXO SLDQR OHVVLFDOH DOOD Ă€ORVRĂ€D RFFLGHQWDOH DOPHQR D TXHOOD DQWLFD VHJQDWDPHQWH SUH VRFUDWLFD H QHR SODWRQLFD GD DYHUH fatto sorgere numerosi interrogativi sulla possibile comune radice (indoeuropea) delle due pratiche. Per un approfondimento mi permetto di rinviare al mio 3ORWLQR H dDQNDUD 8QD TXHVWLRQH GL SXQWL GL vista Š6LPSOHJDGL 5LYLVWD GL Ă€ORVRĂ€D RULHQWDOH H FRPSDUDWDÂŞ 9 Q SS 63 $ SURSRVLWR GHOOD ´YHULWj ORFDOHÂľ D FXL JLXQJH LO Ă€ORVRIR HVDPLQDQGR OD SURSULD YLWD =DPSLHUL VFULYH DG HVHPSLR ŠĂ‹ XQD YHULWj DEEDVWDQ]D IRUWH GD HVVHUH regolativaÂŞ DQFKH VH HVVD SRL q ŠDEbastanza debole da non cercare lo scontro armatoÂť (Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD, cit., p. 122). Con una battuta anti-umanistica (che sarebbe potuta piacere, forse, a Nietzsche, a 6ORWHUGLMN H D 2VFDU %UHQLĂ€HU VL SRWUHEEH UHSOLFDUH ´( SHUFKp QRQ SULYLOHJLDUH OH YHULWj DEEDVWDQza deboli da non HVVHUH UHJRODWLYH PD DEEDVWDQ]D IRUWL GD SHUPHWWHUH OR VFRQWUR"Âľ

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3KURQHVLV FLUFRODUH H ULFRUVLYR GHOO¡HVHUFL]LR" Possiamo convenire, su questo punto, con Stefano Zampieri quando scrive (a conferma di quanto abbiamo suggerito in sede di discussione GHO FDVR GL ´)HGHULFDÂľ Š'XUDQWH LO YLDJJLR GHQWUR VH VWHVVD >LQ FXL FRQVLVWH O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR@ OD persona è cambiata, ed è intervenuta in essa una trasformazione HVVHQ]LDOH $OOD Ă€QH GL XQ SHUFRUVR XQD persona non sarĂ piĂš esattamente la stessa, e nella trasformazione complessiva risulteranno ricollocati anche i suoi problemiÂť 64 Š,O Ă€QH >GHO FROORTXLR Ă€ORVRĂ€FR@ q TXHOOR di aiutare la persona a percorrere il sentiero della YLWD Ă€ORVRĂ€FD; ciò non VLJQLĂ€FD SURSULDPHQWH GLYHQWDUH Ă€ORVRĂ€ PD FHUWR DOOXGH D XQD trasformazione importante che introduca nella nostra esistenza degli atteggiamenti che SRVVLDPR GHĂ€QLUH Ă€ORVRĂ€FLÂť 65. 6H LQWHQGLDPR SHU ´YLWD Ă€ORVRĂ€FDÂľ H SHU ´DWWHJJLDPHQWL Ă€ORVRĂ€FLÂľ XQ modo d’essere e d’agire semplicemente “intelligenteâ€?, quindi non necessariamente o soltanto ULĂ HVVLYR, esitante o meditabondo, ma anche pronto, rapido, magari geniale, possiamo senz’altro essere d’accordo sul fatto che O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR WDQWR SL VL WUDGXFH LQ YLWD Ă€ORVRĂ€FD TXDQWR SL LQduce una trasformazione H SRVVLDPR DJJLXQJHUH XQ¡elevazione 66) nella persona 67, trasformazione destinata a incidere, ma – sottolineo – in modo imprevedibile 68 e irriducibile, nella vita di tutti i giorni. 1RQ q SURSULR TXHVWR TXHOOR FKH VL q YHULĂ€FDWR FRQ OD PLD FRQVXOWDQWH DOPHQR QHOOD VXD VWHVVD SHUFH]LRQH" 1RQ q SURSULR TXHOOR FKH VL YHULĂ€FD LQ PH VWHVVR PHQWUH VFULYR TXHVWH FRVH" /D SHUIRUPDWLYLWj QRQ VWUDWHJLFD GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD In questa luce si può, forse, contribuire a dirimere anche la controversia 64

Stefano Zampieri, /D Ă€ORVRĂ€D VSLHJDWD D WXWWL, cit., p. 52. Ivi, pp. 57-58. 66 Cfr. sopra nota n. 38. 67 In questa trasformazione, come precisa Zampieri (e su questo posso di nuovo convenire), la Ă€ORVRĂ€D ŠVL DVVRUEH QHOO¡HVLVWHQ]D GLYHQWDQGR SDUWH GL HVVDÂŞ LQ PRGR WDOH FKH ŠLR VWHVVR VRQR LO SUREOHPD HG LR VWHVVR SDVVR GRSR SDVVR VRQR WUDVIRUPDWR OD GRPDQGD H OD ULVSRVWD QHOOD PHGHVLPD carneÂť (Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD, cit., p. 8) 68 Si veda la citazione di Achenbach posta in epigrafe, tratta da Gerd Achenbach, Saper vivere. Per XQD YLWD SLHQD GL VLJQLĂ€FDWR H YDORUH, Apogeo, Milano 2006, p. 110. 65

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3KURQHVLV QRPLQDOLVWLFD" WUD TXDQWL VRVWHQJRQR FKH O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR DEELD VROR Ă€QL GL conoscenza e quanti gli attribuiscono, magari interpretandolo, “alla grecaâ€?, come “cura di sĂŠâ€? 69, effetti di trasformazione in chi lo pratica, in vista, magari, del conseguimento di qualche bene auspicato (auspicato magari a occhi chiusi, per timore che, a rimirarlo troppo, lo si perda per sempre o, viceversa, se ne rimanga accecati, come può accadere a chi esca troppo in fretta dalla caverna platonica). Se ammettiamo che quella veritĂ , che, via via, mostra qualche suo raggio GXUDQWH XQD ULFHUFD Ă€ORVRĂ€FD LQ TXDQWR LQHVWULFDELOPHQWH WHRULFD e pratica (corporea), è tale solo in quanto ci “fa effettoâ€?, possiamo sostenere che, se qualche scoperta intellettuale non ci trasformasse, essa non sarebbe neppure un’effettiva scoperta. La trasformazione del mio agire, sotto questo SURĂ€OR QRQ VDUHEEH WDQWR XQR scopo dell’attivitĂ intellettuale (possibilitĂ LQWHUGHWWD DSSXQWR GDOO¡LQFDQWHVLPR RUĂ€FR VRWWR FXL q SUHVD OD Ă€ORVRĂ€D quanto semplicemente la forma che essa assume nel mio corpo. La dimensione performativa del rapporto con la veritĂ non ha, in questa prospettiva, niente a che fare con una dimensione strategica, anzi ne è l’opposto. L’autentica illuminazione (o insight 70) ci cambia senza spiegarci SHUFKp Qp LQ WHUPLQL FDXVDOL Qp LQ WHUPLQL Ă€QDOL H VHQ]D FKH VLD SRVVLELOH ripetere la stessa esperienza in circostanze differenti. ,Q TXHVWD FKLDYH GL OHWWXUD VH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD q ´Ă€ORVRĂ€D H nient’altroâ€? 71 FLz QRQ VLJQLĂ€FD DIIDWWR FKH SURSULR LQ TXDQWR Ă€ORVRĂ€D HVVD non sia una pratica e, in quanto pratica, non trasformi chi la fa; e precisamente in modo tale che, se la trasformazione non avvenisse e non produFHVVH GHWHUPLQDWL HIIHWWL ´HVLVWHQ]LDOLÂľ H Ă€QDQFKH ´FDUQDOLÂľ FL VDUHEEH GD GXELWDUH FKH OD SUDWLFD IRVVH HIIHWWLYDPHQWH ´Ă€ORVRĂ€FDÂľ DYHVVH GDYYHUR a che fare, per quanto alla lontana, con qualcosa come una “veritĂ â€?, con “valori iscritti nel corpoâ€?, e non, magari, con semplici “chiacchiereâ€?). &RPH VFULYH GHO UHVWR DQFKH 1HUL 3ROODVWUL VH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD 69

1HO FDPSR GHOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH XQ ´FODVVLFRÂľ GL TXHVWD ´VFXROD GL SHQVLHURÂľ q 0RUHQR Montanari, /D Ă€ORVRĂ€D FRPH FXUD 3HUFRUVL GL DXWHQWLFLWj, Unicopli, Milano 2007. 70 3HU O¡XVR GL TXHVW¡HVSUHVVLRQH QHO FDPSR GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FIU 5DQ /DKDY Comprendere la vita, cit., p. 44. 71 Cfr. Neri Pollastri, )LORVRĂ€D QLHQW¡DOWUR FKH Ă€ORVRĂ€D, in AA.VV., )LORVRĂ€D SUDWLFDWD 6X FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD H GLQWRUQL, Di Girolamo, Trapani 2008, pp. 21-34.

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3KURQHVLV non riuscisse a essere in questo senso motivante (prima sul piano emotivo, quindi in quello pratico ŠFLz >VDUHEEH@ LO segno esperienziale che non di veritĂ si tratta o, al massimo, che siamo di fronte a una veritĂ puramente astratta, formale, parziale, e che pertanto manca ancora di colpire il segno del veroÂť 72. 6H OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD QRQ FHUFD GL ULVROYHUH SUREOHPL H IUXVWUD OD domanda in tal senso del consultante 73), le è però essenziale, “ristrutturandoâ€? la visione del mondo del consultante, “sciogliere determinati nodiâ€? (diversi, magari, da quelli che si immaginava, inizialmente, di dover sciogliere), con effetti inestricabilmente pratici e teorici; senza di che ci sarebbe GD FKLHGHUVL ´)X YHUD FRQVXOHQ]D"Âľ 0D DQFRUD XQD YROWD TXHVWL HIIHWWL non si “aggiungonoâ€? alla scoperta intellettuale che faccio in consulenza. Non ne sono semplicemente deducibili. Essi sono questa scoperta. Nella logica applicativa, invece, la scoperta intellettuale è morta, inattiva, perchĂŠ ha bisogno di un altro atto che consiste nel tradurla successivamente in azione; senza considerare che questo secondo atto, se è autenticamente tale, un atto “vivoâ€? e non meccanico, potrebbe rimettere sempre di nuovo LQ GLVFXVVLRQH LO JLRFR R FDPELDUQH OH UHJROH LQ FRUVR G¡RSHUD YDQLĂ€FDQGR cosĂŹ la stessa logica applicativa. 6RWWR LO SURĂ€OR VWRULFR FXOWXUDOH SRVVLDPR HYRFDUH LQ FRQFOXVLRQH OD FULWLFD Ă€ORVRĂ€FD FRQWHPSRUDQHD GHOOD 7HFQLFD H QRQ VROR GL PDUFD KHLGHJJHULDQD SHQVLDPR D :HEHU +RUNKHLPHU $UHQGW $QGHUV 6HYHULQR *DOLPEHUWL HFF 6DUHEEH SDUDGRVVDOH FKH O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR Ă€QLVVH SHU soggiacere “sul piĂš belloâ€? proprio a quel “pensiero strategicoâ€? da cui si YRUUHEEH VPDUFDUH 1RQ EDVWD LQIDWWL FKH O¡HVHUFL]LR Ă€ORVRĂ€FR VWHVVR VLD (relativamente) libero (da presupposti o da obiettivi predeterminati, come ad esempio la “soluzione di problemiâ€?), perchĂŠ esso possa innescare qualche forma di emancipazione dal dominio della Tecnica; ma occorre anche provare a pensare come (relativamente) libero il rapporto tra questo stesso esercizio e il “restoâ€? della vita.

72 73

Cfr. Neri Pollastri, /D YLWD ÀORVRÀFD q YLWD SROLWLFD, cit. p. 43. Cfr. Gerd Achenbach, /D FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD cit., p. 85.

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Esperienze



Phronesis 3UDWLFKH &LQHVRĂ€FKH XQ GLDULR di Angela Tomarchio La compagnia è formata da nove uomini, alcuni esperti, altri alle prime armi, uno solo è però considerato dagli altri otto il maestro, il saggio, il riferimento, il “padreâ€?. Non si tratta solo di compiere una missione, in questo lungo viaggio bisogna anche crescere, diventare piĂš completi, abbandonare l’infanzia, la dipendenza: in una sola parola adulti. “Fuggite sciocchi!â€? urla il saggio agli otto che vogliono aiutarlo contro un nemico su cui ancora non potrebbero avere ragione. “Fuggite sciocchi!â€? o resterete SHU VHPSUH ´Ă€JOLÂľ La scena descritta, tratta da Il Signore degli anelli - La compagnia dell’anello di Peter Jackson (2001) è il “riassunto prospetticoâ€? delle possibilitĂ morali, HWLFKH ULĂ HVVLYH H FULWLFKH FKH VL SRVVRQR FHODUH LQ XQD SHOOLFROD FLQHPDWRJUDĂ€FD 6SXQWL D YROWH LQFRQVDSHYROL D YROWH QR FKH LO FLQHPD DWWUDYHUVR L VXRL SURGRWWL L Ă€OP DSSXQWR GRQD DOOD QRVWUD PHQWH $XGLRYLVLYL GL GLOHPPL PRUDOL GL VFHOWH GLIĂ€FLOL GL FRPSRUWDPHQWL XPDQL QHL TXDOL VSHVso ci ritroviamo o nei quali raramente vorremmo trovarci. Metafore delle possibilitĂ di azione dell’essere umano dinanzi alla vita (e non la Vita con la maiuscola), sequenze esplicite di azioni, o implicite come la scena sopra descritta che oltre a rappresentare la lotta può rappresentare “ancheâ€? la consapevolezza e la necessitĂ freudiana di “uccidereâ€? il padre per diventare uomini. Potere dell’immagine? Non solo. Potere del cinema: ÂŤil cinema ha un SRWHQ]LDOH GL JUDQ OXQJD PDJJLRUH >GHO WHDWUR@ , Ă€OP SRVVRQR FRQWULEXLre allo sviluppo morale del genere umanoÂť 1. Queste le parole di Marlon Brando che ha intuito, con un percorso che magari non sarĂ stato emiQHQWHPHQWH Ă€ORVRĂ€FR FLz FKH L Ă€OP H LO FLQHPD SRVVRQR SURYRFDUH LQ FKL JXDUGD 3HU ULFKLDPDUH IRQWL SL SUHFLSXDPHQWH Ă€ORVRĂ€FKH GL 0DUORQ Brando, basta dare uno sguardo alla recente letteratura specialistica che WHRUL]]D DPSLDPHQWH LO UDSSRUWR WUD FLQHPD H Ă€ORVRĂ€D 7UD L WDQWL 8 &XUL Lo schermo del pensiero 5DIIDHOOR &RUWLQD ,G 2PEUH GHOOH LGHH )LORVRĂ€D 1

7 &DSRWH Il duca nel suo dominio. Intervista a Marlon Brando, Mondadori, Milano 2004, p. 20.

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Phronesis, n.17, ottobre 2011 3UDWLFKH &LQHVRĂ€FKH: un diario, di Angela Tomarchio


Phronesis del cinema fra “American beautyâ€? e “Parla con lei 3HQGUDJRQ ,G Un Ă€ORVRIR DO FLQHPD %RPSLDQL ,G L’immagine-pensiero. Tra Fellini, Wilder H :HQGHUV XQ YLDJJLR Ă€ORVRĂ€FR 0LPHVLV $ 6DQL ,O FLQHPD WUD VWRULD H Ă€ORVRĂ€D /H /HWWHUH ,G ,O FLQHPD SHQVD" &LQHPD Ă€ORVRĂ€D H VWRULD 3HUFRUVL SHU l’orientamento /RHVFKHU - &DEUHUD Da Aristotele a Spielberg. Capire la Ă€ORVRĂ€D DWWUDYHUVR L Ă€OP %UXQR 0RQGDGRUL - $ 5LYHUD Tutto quello che 6RFUDWH GLUHEEH D :RRG\ $OOHQ &LQHPD H )LORVRĂ€D )UDVVLQHOOL 3 &DWWRULQL Bioetica e Cinema. Racconti di malattia e dilemmi morali )UDQFR $QJHOL W. Irwin (a cura di), 3LOOROH URVVH 0DWUL[ H OD Ă€ORVRĂ€D, Bompiani, 2006. Tutti questi testi teorizzano proprio quello “sviluppo moraleâ€? di cui parla BranGR ,Q TXHVWR ODYRUR LO Ă€OP YLHQH ´WUDWWDWRÂľ FRPH SRUWDWRUH GL HVHPSL GL vita, i personaggi non restano “in pellicolaâ€?, i personaggi possiamo essere noi e le loro azioni possono essere proprio quelle che potremmo compiere noi in situazioni analoghe. Tra questi testi e i precedenti lavori teorici sul UDSSRUWR Ă€ORVRĂ€D H FLQHPD YL q SURSULR TXHVWD GLIIHUHQ]D PHQWUH L SULPL lavori teorici si concentravano sulle “esteticheâ€? del cinema 2, sui simboli Ă€ORVRĂ€FL FKH XQ Ă€OP SRWHYD FRQWHQHUH HOLPLQDQGR FRVu XQD EXRQD SDUWH GHOOD SURGX]LRQH Ă€OPLFD SUDWLFDPHQWH WXWWR FLz FKH QRQ DQGDYD VRWWR OD GLFLWXUD ´Ă€OP G¡DXWRUHÂľ L ODYRUL GHOOD ´VHFRQGD RQGDWDÂľ WHRULFD DQDOL]]DQR LQYHFH SURSULR OH SRVVLELOLWj PRUDOL HWLFKH GHO Ă€OP QRQ DWWUDYHUVR L VLPboli che questo contiene ma proprio attraverso il comportamento umano, JOL HVHPSL XPDQL GL FXL LO Ă€OP SXz HVVHUH SRUWDWRUH LQFOXGHQGR LQ TXHVWR PRGR WXWWD OD SURGX]LRQH Ă€OPLFD FRPSUHVD O¡DWWLYLWj ´G¡DXWRUHÂľ ,O FLQHPD FRVu GLYHQWD DWWUDYHUVR O¡RFFKLR GHO UHJLVWD H GHOOR VSHWWDWRUH uno strumento capace di rielaborare la realtĂ , uno strumento d’indagine, GL ULĂ HVVLRQH H GL FULWLFD GHOO¡DJLUH XPDQR FUHDQGR FRPH GLUHEEH 8PEHUWR &XUL ŠXQ XQLYHUVR VSD]LR WHPSRUDOH GHO WXWWR DXWRQRPR ULVSHWWR D TXHOOD FKH DELWXDOPHQWH VL GHĂ€QLVFH UHDOWjÂŞ 3 H WDOH UHDOWj FLQHPDWRJUDĂ€FD q decisamente rappresentativa della realtĂ â€œrealeâ€?. Attraverso le immagini, 2 Per un approfondimento sul tema delle "estetiche del cinema" vedi: B. Balasz, ,O Ă€OP HYROX]LRQH HG HVVHQ]D GL XQ DUWH QXRYD (LQDXGL 7RULQR 5 $UQKHLP Film come arte )HOWULQHOOL 0LODQR & 0HW] Semiologia del cinema *DU]DQWL 0LODQR $ %D]LQ &KH FRV q LO FLQHPD", Garzanti, Milano : %HQMDPLQ / RSHUD G DUWH QHOO HSRFD GHOOD VXD ULSURGXFLELOLWj WHFQLFD (LQDXGL 7RULQR 0 Pezzella, Estetica del cinema ,O 0XOLQR %RORJQD ) &DVHWWL ) 'L &KLR $QDOLVL GHO Ă€OP, BompiaQL 0LODQR ) &DVHWWL Teorie del cinema (1945-1990), Bompiani, Milano 1993. 3 8 &XUL Lo schermo del pensiero. cit., p. 148.

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Phronesis infatti, il regista non si limita a riprodurre la realtĂ ma propone situazioni prospettiche, possibilitĂ della realtĂ tradotte in un proprio linguaggio, che pur non essendo concezioni “esaurientiâ€? della vita reale sono comunque prodotti che propongono porzioni delle possibilitĂ di vita. (FFR O¡LQFRQWUR WUD &LQHPD H )LORVRĂ€D WUD &LQHPD H 3UDWLFD Ă€ORVRĂ€FD O¡LQWHUSUHWD]LRQH Ă€ORVRĂ€FD GHL SURGRWWL FLQHPDWRJUDĂ€FL GL TXHVWL ´HVHPSLÂľ vissuti da altri ma fondamentali occasioni di rispecchiamento di condotte GL YLWD $WWUDYHUVR OH VWRULH FLQHPDWRJUDĂ€FKH q GDWD OD SRVVLELOLWj GL ULVYHgliare o risolvere ciò che giace nella nostra coscienza, di comprendere il SXQWR GL YLVWD GL GLPHQVLRQL D QRL ORQWDQH FKH GLIĂ€FLOPHQWH DIIHUUDELOL attraverso un percorso teoretico o culturale, si svelano immediatamente R PHGLDWH QHO FRPSRUWDPHQWR FLQHPDWRJUDĂ€FR ´PHVVR LQ SHOOLFRODÂľ GD DWWRUL H UHJLVWL H VH SURSULR QRQ VLDPR LQ JUDGR GL FRPSUHQGHUQH R FRQGLYLGHUQH OH GLQDPLFKH DEELDPR FRPXQTXH RFFDVLRQH GL ULĂ HWWHUH SHQVDUH chiamare alla mente, comportamenti che magari mai avremmo potuto realizzare, vedere, vivere nella nostra personale realtĂ . 3URSULR VX TXHVWD YLVLRQH GHO UDSSRUWR &LQHPD?)LORVRĂ€D KR HIIHWWXDWR GLYHUVH ´HVSHULHQ]H?HVSHULPHQWLÂľ VRSUDWWXWWR LQ DPELWR VFRODVWLFR FRPH insegnante e perchĂŠ convinta che nella realtĂ sociale in cui si muovono i ragazzi di oggi, assolutamente avversa alla cultura scritta e tradizionale, il cinema possa costituire il “veicoloâ€?, l’esca, che li avvicini al pensiero H DOO¡DUJRPHQWD]LRQH WLSLFD GHOOD )LORVRĂ€D SHQVLHUR FULWLFR QHFHVVDULR DG evitare la formazione di classi sociali e generazioni omologate al pensiero “che cala dall’altoâ€?. Il “metodoâ€? con il quale sono state condotte le esperienze si basa sia su una impostazione asimmetrica, nel momento in cui il FRQGXWWRUH GHOOD ´SUDWLFD FLQHVRĂ€FDÂľ LPSRVWD SHU FRVu GLUH LO WHPD SHUFRUVR GD DIIURQWDUH FRQ LO Ă€OP H VRSUDWWXWWR O¡LQWURGX]LRQH DOOD SUDWLFD FKH su una impostazione simmetrica nel momento in cui si avvia il percorso di FRQIURQWR VX TXDQWR ´YLVWRÂľ QHO Ă€OP ,Q TXHVWR PRPHQWR q RYYLR FKH LO percorso è tanto piĂš “fruttuosoâ€? quanto piĂš lo “spettatoreâ€? si libera e si fa FRLQYROJHUH QDWXUDOPHQWH LO ODYRUR GHO FRQGXWWRUH VDUj SURSULR TXHOOR GL VROOHFLWDUH DWWUDYHUVR O¡DUJRPHQWD]LRQH Ă€ORVRĂ€FD H O¡DUWH GHO GRPDQGDUH sia il coinvolgimento sia l’espressione critica di chi “ha guardatoâ€?. Entrambe le esperienze hanno utilizzato un metodo base sul quale si è poi strutWXUDWR O¡LQFRQWUR XQ¡LQWURGX]LRQH OD YLVLRQH Ă€OPLFD LO FRQIURQWR GLDORJR

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Phronesis A partire da questa base, non vincolante, molto aperta e dialogica, anche QHO PRPHQWR LQWURGXWWLYR H VH q LO FDVR DQFKH GXUDQWH OD YLVLRQH GHO Ă€OP (previo blocco delle immagini naturalmente), è possibile strutturare, far VFDWXULUH LQ PDQLHUD OLEHUD LO SHQVDUH Ă€ORVRĂ€FR DQFKH VH O¡´XWHQ]DÂľ IRVVH ´GLJLXQDÂľ LQ PDWHULD GL VWRULD GHOOD Ă€ORVRĂ€D 2YYLDPHQWH q LPSRUWDQWH FKH il conduttore della pratica non lo sia. Ma il modo migliore è forse quello di raccontare direttamente due esperienze realizzate in quest’ambito. La prima esperienza è stata effettuata con le classi quinte di un liceo GL &DWDQLD QHOO¡DPELWR GL XQ SURJHWWR UHDOL]]DWR LQ FROODERUD]LRQH WUD OD FDWWHGUD GL )LORVRĂ€D 0RUDOH GHOOD )DFROWj GL 6FLHQ]H GHOOD )RUPD]LRQH GHOO¡XQLYHUVLWj GL &DWDQLD H LO &RPXQH GL &DWDQLD QHO ,Q TXHVWR FDVR JOL LQFRQWUL GL ´&LQHPD H )LORVRĂ€DÂľ VRQR VWDWL VWUXWWXUDWL FRQ O¡LQWHQWR GL DSSURIRQGLUH WHPL Ă€ORVRĂ€FL D SDUWLUH SURSULR GDOOD FRQRVFHQ]D GHOOH FRVLGGHWWH EDVL VFRODVWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH RYYHUR OD 6WRULD GHOOD )LORVRĂ€D PRWLYR per cui è stato effettuato con le classi quinte, cioè giĂ a conclusione del SHUFRUVR Ă€ORVRĂ€FR VFRODVWLFR ,O SURJHWWR SUHVHQWDYD FLQTXH LQFRQWUL VWUXWturati attraverso un’introduzione al tema da affrontare, naturalmente con ´WDJOLRÂľ Ă€ORVRĂ€FR FHQQL VXO Ă€OP YLVLRQH GHO Ă€OP DQDOLVL GHOOH VFHQH H GHL GLDORJKL ´FKLDYHÂľ H GLDORJR Ă€QDOH GL DSSURIRQGLPHQWR WUD UHODWRUL SURIHVsori e gruppo classe. , Ă€OP WUDFFLD FKH IXURQR VFHOWL DSSDUWHQHYDQR D GLIIHUHQWL ´FRQWHVWLÂľ FLQHPDWRJUDĂ€FL GDO FLQHPD G¡DXWRUH DL ´SURGRWWLÂľ EORFNEXVWHU VFHOWD FRmunque non casuale ma attentamente ponderata. La scelta nasce dalla riĂ HVVLRQH VXO IDWWR FKH QRQ VROR QHL Ă€OP G¡DXWRUH q FRQWHQXWD OD SRVVLELOLWj Ă€ORVRĂ€FD GHO FLQHPD PD FKH DQ]L VSHVVR L Ă€OP G¡DXWRUH SURSULR ´D FDXVDÂľ GHOOD IRU]D VLPEROLFD GL FXL VRYHQWH VRQR ´LPSUHJQDWLÂľ GLIĂ€FLOPHQWH riescono a penetrare la coscienza di chi guarda e hanno bisogno di una piĂš approfondita esegesi esplicativa che lascia poco spazio alle capacitĂ LQWHUSUHWDWLYH LPPHGLDWH GL FKL JXDUGD 4XHVWD HVHJHVL QHFHVVDULD DL Ă€OP DXWRULDOL SXz ´LQĂ XHQ]DUHÂľ ´PHGLDUHÂľ HFFHVVLYDPHQWH LO JLXGL]LR LO SHQVLHUR H OH ULĂ HVVLRQL GHOOR VSHWWDWRUH Ă‹ FKLDUR FKH QRQ VL WUDWWD GL DEEDVsare la “culturaâ€? al livello dello spettatore ma cercare una mediazione tra LO ´SURGRWWRÂľ Ă€OPLFR H OD FRQGL]LRQH FXOWXUDOH OR VJXDUGR JHQHUD]LRQDOH GHOOR VSHWWDWRUH FXL q GHVWLQDWD OD SUDWLFD FLQHVRĂ€FD /D FRQYLQ]LRQH FKH PL PXRYH q QRQ WDQWR TXDQWD Ă€ORVRĂ€D VLD FRQWHQXWD QHO Ă€OP LQ WDO FDVR

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Phronesis mi sarei riferita a tutti i percorsi delle sopracitate “estetiche del cinemaâ€?) EHQVu TXDQWD Ă€ORVRĂ€D TXDQWR GL Ă€ORVRĂ€FR DWWUDYHUVR LO Ă€OP DWWUDYHUVR LO dialogo, “scaturiscaâ€? dallo spettatore 4. , Ă€OP VFHOWL ´RFFDVLRQHÂľ GL LQFRQWUR &LQHPD )LORVRĂ€D FRPSUHQGHYDno: Dancer in the dark di Lars Von Trier (2000), Tutto su mia madre di Pedro Almodovar (1999), Chocolat di Lasse Hallstrom (2000), Central do Brasil di :DOWHU 6DOOHV In my country di John Boorman (2004). /¡HVSHULHQ]D FXL PL ULIHULVFR LQ TXHVWH SDJLQH ULJXDUGD LO Ă€OP Tutto su mia madre. ,O SHUFRUVR Ă€ORVRĂ€FR GD HVSORUDUH OHJDWR DOOD VFHOWD GHO Ă€OP VL concentrava sul tema della GLYHUVLWj quale contrapposizione a ciò che comunemente viene considerata QRUPDOLWj ,O Ă€OP GL $OPRGRYDU VL SUHVWDYD HVHPSODUPHQWH TXDOH RFFDVLRQH SHU WDOH ULĂ HVVLRQH SURSULR SHUFKp QHO Ă€OP la diversità è data assolutamente per “scontataâ€?, infatti, nessun stupore coglie i personaggi dinanzi ad una quotidianitĂ vissuta a prescindere dalla propria “appartenenzaâ€? sessuale, religiosa, sociale o generazionale. ,O SHUFRUVR q VWDWR UHDOL]]DWR SDUWHQGR GD XQD EUHYH LQWURGX]LRQH Ă€ORVRĂ€FD VXO WHPD GHOOD GLYHUVLWj QRQ LQWHVD TXDOH GLIIHUHQ]D GL JHQHUH EHQVu TXDOH ´DOWUR GD PHÂľ VL q TXLQGL SDVVDWL DOOD YLVLRQH GHO Ă€OP SHU SRL FRQFHQWUDUVL VXO GLDORJR LQWHUSUHWD]LRQH Ă€QDOH GHO JUXSSR FODVVH GHL SURIHVVRUL H GHO UHODWRUH FRQGXWWRUH ,O FRQIURQWR SDUWLYD GDOOH VFHQH GHO Ă€OP FKH maggiormente avevano suggestionato i ragazzi e in tutti i casi, la sequenza, il dialogo o il personaggio costituivano l’occasione per approfondire le “questioniâ€? sociali, esistenziali e culturali che piĂš premevano agli alunQL FKH DSSURĂ€WWDQGR SURSULR GHO FRQWHVWR H[WUDVFRODVWLFR SL ULODVVDWR H PHQR VWUXWWXUDWR GHOOD OH]LRQH IURQWDOH ULXVFLYDQR D ULĂ HWWHUH LQ PDQLHUD piĂš ponderata ma anche piĂš spontanea, formulando anche degli interrogativi esistenziali che nel contesto classe non avrebbero posto. La seconda esperienza è stata effettuata con le classi di formazione professionale “saldatoriâ€? ed “elettricistiâ€? di un centro di addestramento proIHVVLRQDOH GL 6LUDFXVD 5 A differenza della prima esperienza, i ragazzi che 4

,Q SURSRVLWR FIU $ 6DQL *OL HVSHULPHQWL PHQWDOL 8Q WHUUHQR G LQFRQWUR WUD Ă€ORVRĂ€D FLQHPD H IXPHWWR, ŠEROOHWWLQR 6),ÂŞ Qƒ 6HWWHPEUH 'LFHPEUH 5 ,Q TXHVWD RFFDVLRQH VRQR VWDWD DIĂ€DQFDWD GD 'DYLGH 0LFFLRQH FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR SHU 3KURnesis.

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Phronesis DYHYR GL IURQWH HUDQR DVVROXWDPHQWH ´GLJLXQLÂľ GL TXDOVLDVL FRJQL]LRQH Ă€ORVRĂ€FD SURYHQLYDQR GD FRQWHVWL IDPLOLDUL GLVIXQ]LRQDOL HFRQRPLFDPHQWH H FXOWXUDOPHQWH VYDQWDJJLDWL R GD FDVH IDPLJOLD FXL HUDQR VWDWL DIĂ€GDWL GDL servizi di assistenza sociale. Molti di loro avevano scelto quella tipologia di formazione per avere un attestato che li “traghettasseâ€? immediatamente nel mondo del lavoro (per la precisione nel grande polo petrolchimico vicino alla cittĂ ) o perchĂŠ costretti dalle norme del cosiddetto “obbligo formativoâ€?, le stesse norme che li obbligavano ad effettuare un “monte oreâ€? di discipline umanistiche necessario al proprio curriculum scolastico. Riporto questo tipo di puntualizzazione perchĂŠ, durante il primo inconWUR PL FROSu SDUHFFKLR O¡RVWLOLWj GHL UDJD]]L QHL FRQIURQWL GHO SHUFRUVR FKH stavamo per intraprendere, al punto che un’intera classe, i saldatori, decisero di non presentarsi in massa al primo incontro. Naturalmente chiesi spiegazioni all’unico presente sull’assenza di massa e in poche parole il ragazzo mi spiegò che i suoi compagni, lui compreso, non avevano alcun interesse per quell’attivitĂ in quanto avrebbero preferito che le ore destinate al nostro percorso venissero utilizzare per la disciplina “saldaturaâ€? che a loro GLUH QRQ SUHVHQWDYD RUH VXIĂ€FLHQWL SHU OD IRUPD]LRQH $OOD Ă€QH O¡XQLFD argomentazione che ottenne consenso da parte del ragazzo, e per la quale si sarebbe fatto portavoce presso i compagni, fu l’appurare che comunque l’istituto non avrebbe revocato le ore per destinarle alla “saldaturaâ€?. La volta successiva i ragazzi si presentarono palesando, comunque, una FHUWD GLIĂ€GHQ]D H XQR VFDUVR LQWHUHVVH SULPD GL LQL]LDUH O¡LQFRQWUR IDWLcammo non poco a convincere un alunno a togliere dalle orecchie le cufĂ€HWWH FRQ FXL VWDYD DVFROWDQGR OD PXVLFD Gli incontri programmati con entrambe le classi erano quattro, due FRQ L VDOGDWRUL GXH FRQ JOL HOHWWULFLVWL ´XWLOL]]DQGRÂľ GXH Ă€OP H FRPH QHO FDVR GHOO¡HVSHULHQ]D IDWWD FRQ JOL DOXQQL GHO OLFHR GL &DWDQLD SUHYHGHYDQR XQ¡LQWURGX]LRQH OD YLVLRQH GHO Ă€OP XQ FRQIURQWR GLDORJR Ă€QDOH $ GLIferenza della precedente esperienza, l’introduzione in questo caso, oltre DG DQDOL]]DUH LQ FKLDYH Ă€ORVRĂ€FR DUJRPHQWDWLYD LO WHPD GHO Ă€OP FRQWHQHYD DQFKH FHQQL GL 6WRULD GHOOD )LORVRĂ€D YLVWR FKH L UDJD]]L QRQ DYHYDQR mai avuto occasione di confrontarsi con l’aspetto storico della disciplina. , Ă€OP VFHOWL IXURQR Matrix di Andy e Larry Wachowski (1999) e L’ultimo samurai GL (GZDUG =ZLFN &RQ OD VFHOWD GL Matrix l’intento era di

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Esperienze


Phronesis GXH WLSL EUHYH LQWURGX]LRQH DOOD )LORVRĂ€D SDUWHQGR GD 3ODWRQH H LO PLWR GHOOD FDYHUQD H ULĂ HVVLRQH VXOOH GLQDPLFKH GHO UHDOH H GHOOH SRVVLELOLWj GL incidere in prima persona sulla “costruzioneâ€? della realtĂ . L’ultimo samurai aveva lo scopo di introdurre ai concetti di tecnica e di tradizione, e come la seconda possa interagire con la prima, e con i rischi di marginalizzazione dell’umano presenti nel trionfo della seconda. Il primo incontro, con i saldatori, fu svolto da me e, come accennato, QRQ VHQ]D GLIĂ€FROWj )HFL PROWD IDWLFD LQL]LDOPHQWH D IDU FRPSUHQGHUH DL ragazzi che la parte introduttiva era indispensabile al lavoro che avremmo VXFFHVVLYDPHQWH IDWWR VXOOD YLVLRQH GHO Ă€OP DQFKH SHUFKp HUDQR WXWWL VLFXUL GL HVVHUH Ou SHU YHGHUH XQ Ă€OP WUD O¡DOWUR PROWL ´ODPHQWDYDQRÂľ GL DYHUOR JLj visto!) e non certo per ascoltare noiose parole su un prigioniero che prima VL OLEHUD H SRL WRUQD LQGLHWUR $OOD Ă€QH ULXVFLL QHOO¡LQWHQWR LQWURGXFHPPR 3ODWRQH H LO PLWR GHOOD FDYHUQD DJJDQFLDQGR WXWWR DG XQD EUHYH ULĂ HVVLRQH dialogo sulla realtĂ che si concludeva con un’apertura sulla necessitĂ o possibilitĂ di mutarla attraverso la veritĂ , la conoscenza effettiva di ciò che FL FLUFRQGD 3DVVDPPR DOOD YLVLRQH GHO Ă€OP H VXELWR PL DFFRUVL FKH L UDJDzzi prestavano poca o nessuna attenzione ai dialoghi-chiave e moltissima DOOH VFHQH G¡D]LRQH FRPEDWWLPHQWL H FRQĂ LWWL D IXRFR VRSUDWWXWWR 'HFLVL quindi di interrompere la visione sui dialoghi piĂš incisivi per “guidarneâ€? O¡DWWHQ]LRQH $OOD Ă€QH GHOOD YLVLRQH LQL]LDPPR LO FRQIURQWR SDUWHQGR GDOOD scena della famosa scelta tra “la pillola rossa e la pillola bluâ€?: blu non conosci la veritĂ e resti nella realtĂ costruita per te, rossa conosci la veritĂ e provi a costruire una realtĂ alternativa per te e gli altri. La domanda che posi fu: voi cosa avreste scelto? Quasi tutti la blu perchĂŠ la rossa “costavaâ€? sicuramente molta fatica e uno dei ragazzi si agganciò anche al prigioniero di Platone e alla “folliaâ€? di tornare indietro per avvertire gli altri (agJDQFLR FKH PL FROSu SLDFHYROPHQWH 8VFHQGR SHUz GDOOH GLQDPLFKH GHO Ă€OP FLRq SRUWDQGR L WHPL GHO Ă€OP QHOOD UHDOWj VRSUDWWXWWR LO WHPD GHOOD conoscenza della veritĂ su se stessi e gli altri, attraverso domande che potessero interessare la loro condizione quotidiana: la tua ragazza ti tradisce, vorresti saperlo? e a conoscenza di ciò, cosa faresti? Proveresti a cambiare la situazione oppure no, non ti interesserebbe? In questo caso erano tutti concordi, avrebbero voluto saperlo e avrebbero anche voluto cambiare la situazione. Al di lĂ , comunque, di veritĂ collegate all’ego maschile ferito, in

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Phronesis conclusione del nostro confronto siamo riusciti a trasferire le dinamiche GHO Ă€OP ROWUH FKH VXO SHUVRQDOH DQFKH VXO VRFLDOH H VXOOD QHFHVVLWj GL QRQ accettare sempre e comunque ciò che giunge dall’alto in modo acritico ma ponendoci l’interrogativo del bene personale e soprattutto sociale attraverso la ricerca della veritĂ . ,O VHFRQGR LQFRQWUR FRQ JOL HOHWWULFLVWL IX VYROWR GD 'DYLGH 0LFFLRQH FRPH FDUWLQD WRUQDVROH R YHULĂ€FD GHOOH GLIĂ€FROWj FKH DYHYR ULVFRQWUDWR con il primo gruppo. Non mi soffermerò sui dettagli dell’esperienza perFKp QRQ FRQGRWWD LQ SULPD SHUVRQD PL FROSu SHUz OD PDJJLRUH DWWHQ]LRQH FKH L UDJD]]L SRQHYDQR QHL FRQIURQWL GL XQD Ă€JXUD PDVFKLOH SLXWWRVWR FKH femminile. In altre parole, ma non è possibile approfondire qui questo WHPD LO FRPSRUWDPHQWR GHL UDJD]]L QHL FRQIURQWL GL XQD Ă€JXUD IHPPLQLOH era assimilabile allo stesso comportamento che potrebbero avere con la madre, un comportamento che si aggancia piĂš all’accudimento, alla giusWLĂ€FD]LRQH GHOOH D]LRQL PHQWUH QHL FRQIURQWL GHOOD Ă€JXUD PDVFKLOH LO FRPportamento era assimilabile al comportamento che potrebbero avere con il padre, agganciato al normativo, alla necessitĂ di una guida che gli mostri il “dovereâ€?. Il terzo e quarto incontro si sono svolti in un clima decisamente piĂš disteso, anche perchĂŠ l’atteggiamento dei ragazzi, compreso il “meccanismoâ€?, era piĂš attento e interessato. La differenza tra tecnica e tradizione, DIIURQWDWD FRQ LO Ă€OP L’ultimo samurai q VWDWD LQWURGRWWD FRQ FHQQL DOOD Ă€ORVRĂ€D GL -RQDV ULĂ HWWHQGR VRSUDWWXWWR VXL ULVFKL GHO SRWHQ]LDOH GHOOD WHFnica e la sua “supremaziaâ€? nella societĂ contemporanea. Nelle scene del Ă€OP WDOH VXSUHPD]LD ULVXOWDYD DJOL RFFKL GHL UDJD]]L SDUHFFKLR HYLGHQWH QHOOR VFRQWUR Ă€QDOH WUD L VDPXUDL DUPDWL GL VSDGD H FRUDJJLR H O¡HVHUFLWR JLDSSRQHVH DUPDWR GL PLWUDJOLDWULFL 'XUDQWH LO FRQIURQWR GLDORJR WXWWL L ragazzi si schieravano con i samurai riconoscendone il coraggio e il valore. Allo stesso tempo non negavano il fascino della tecnica, in questo caso delle armi, soprattutto per il “potereâ€? che consegna al detentore di WDOH WHFQLFD $OOD Ă€QH GHO FRQIURQWR L UDJD]]L ULFRQRVFHYDQR FRPXQTXH OD necessitĂ di porre un “argineâ€? alla tecnica per la sopravvivenza dell’essere umano stesso, considerazione cui sono giunti dopo aver discusso ampiamente sui cambiamenti, pro e contro, che la tecnica aveva apportato ai GHYDVWDWL WHUULWRUL LQWRUQR DOOD ORUR FLWWDGLQD 4XHVWH ULĂ HVVLRQL FKH SRWUHE-

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Esperienze


Phronesis bero essere snobbate da qualcuno per la loro scarsa complessitĂ , rivestono a mio parere un valore rilevante se si pensa alla condizione di individualismo anomico e solipsistico in cui versano questi studenti posti ai margini del sistema formativo italiano. 9ROHQGR LSRWL]]DUH XQD ULĂ HVVLRQH VLQRWWLFD H FRQFOXVLYD GDOOH GXH H sperienze descritte, molto diverse per “utenzaâ€? in termini di conoscenze Ă€ORVRĂ€FKH H SURYHQLHQ]D VRFLR IDPLOLDUH FXOWXUDOH KR WUDWWR OD SRVVLELOLWj GL LQGLYLGXDUH XQ SHUFRUVR Ă€ORVRĂ€FR Ă€QDOL]]DWR DG XQD SUHVD LPPHGLDWD GL coscienza delle proprie capacitĂ argomentative e critiche rispetto al mondo che ci circonda. Queste capacitĂ ho visto che sono emerse, naturalmente in misura diversa nei soggetti coinvolti, in entrambi i gruppi di esperienza e, ripensandoci, con maggiore intensitĂ e incisivitĂ nel gruppo della seconda esperienza, forse perchĂŠ in quel caso partivamo da un contesto, piĂš “a rischioâ€? rispetto alle classi “modelloâ€? del liceo catanese. In tutti H GXH L FDVL LO SHUFRUVR Ă€OPLFR Ă€ORVRĂ€FR q VWDWR LQVHULWR LQ XQ FRQWHVWR pedagogico guidato proprio con l’intento formativo di “ampliareâ€? le capaFLWj FULWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH H GLDORJLFKH GHL UDJD]]L 'HO UHVWR LO PLR RELHWWLYR HUD ´DJLUHÂľ VXOOH PHQWL SL HVSRVWH DJOL LQĂ XVVL ´RPRORJDQWLÂľ GHOOD VRFLHWj FRQWHPSRUDQHD H GLIĂ€FLOPHQWH OD ´3UDWLFD &LQHVRĂ€FDÂľ VH SUDWLFDWD LQ XQ cinema o in contesti strutturati per adolescenti avrebbe avuto la stessa attenzione, richiamo e incisivitĂ che può avere se effettuata in un percorso scolastico o pedagogico. L’implementazione in un percorso pedagogico, a PLR PRGR GL YHGHUH QRQ QH ´LQWDFFDÂľ LO WDVVR GL Ă€ORVRĂ€FLWj Qp WDQWR PHQR O¡DSSDUWHQHQ]D DOOD GLPHQVLRQH GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD O¡DJJDQFLR WUD LO Ă€OP e i temi proposti attraverso le sue scene, ha sempre fatto riferimento sia ai FRQWHQXWL VWRULFR Ă€ORVRĂ€FL VLD DOOH PRGDOLWj GHO Ă€ORVRIDUH VLD DOOH SRVVLELOLWj SUDWLFKH GHOOD )LORVRĂ€D

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3UDWLFKH &LQHVRĂ€FKH: un diario, di Angela Tomarchio



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3KURQHVLV ,QWHUYLVWD D &DUPHOR 9LJQD di Davide Miccione Incontro Carmelo Vigna nella sua amata casa di campagna, immersa nel biancore abbacinante che questa parte di Sicilia (la parte meridionale della provincia di Siracusa) SRVVLHGH 6LDPR EHQ ORQWDQL SHU JHRJUDĂ€D H SHU FOLPD GDOOD 0LODQR GRYH DELWD H VL q formato alla scuola del principale neotomista italiano Gustavo Bontadini e da Venezia GRYH KD VYROWR OD VXD FDUULHUD DFFDGHPLFD GL RUGLQDULR GL )LORVRĂ€D 0RUDOH GLUHWWRUH di dipartimento e di centri di studio sull’etica. Eppure, come a breve il lettore avrĂ modo di vedere seguendolo nei suoi ragionamenti, una tale varietĂ ben si sposa con un personaggio che chi scrive ha avuto modo di osservare altrettanto a proprio agio nei mille distinguo dell’ontologia classica, nell’accordarsi (rigidamente in dialetto) con il contadino sulla concimazione o la potatura dei suoi alberi e nell’organizzare le discese a mare GXUDQWH JOL VSD]L LQWHUVWL]LDOL WUD L OXQJKL VHPLQDUL GHOOH YDFDQ]H Ă€ORVRĂ€FKH RUJDQL]]DWH ogni estate con i suoi studenti. 7XWWR FLz QRQ SHU JLXQJHUH DOOD ULGLFROD FRQFOXVLRQH FKH LO Ă€ORVRIR SUDWLFR FKH GHO UHVWR 9LJQD QRQ q DO PDVVLPR SRWUHEEH GHĂ€QLUVL FRPH XQ VLPSDWL]]DQWH HVWHUQR della consulenza) debba esserlo nel senso volgare del termine (cioè nel senso che diamo all’aggettivo nelle frasi “è un uomo praticoâ€? o “cerchiamo di essere praticiâ€?) ma per sottolineare, anche nel suo pendant ELRJUDĂ€FR XQR GHL WHPL FKH ULWRUQDQR LQ TXHVWD nostra conversazione: quello dell’ampiezza della ragione, della sua necessitĂ di restare collegata alle dimensioni che caratterizzano l’umano. Del resto chi conosce Aristotele e Tommaso, due dei punti forti della formazione di Carmelo Vigna, sa che aldilĂ GHOOH VXSHUĂ€FLDOL FDUDWWHUL]]D]LRQL ´HQFLFORSHGLFKHÂľ HVVL IXURQR QHL ORUR WHPSL H all’interno delle loro culture, tra i piĂš attenti nel vigilare che la ragione non si scollasse da quell’umano da cui proviene e a cui come guida ritorna. Phronesis: Lei è stato uno dei primi docenti universitari italiani ad offrire quello che in gergo SROLWLFR VL SRWUHEEH GHĂ€QLUH FRPH DSSRJJLR HVWHUQR DOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD 6H Ă€Q GDOO¡LQL]LR WUD L IRQGDWRUL GHOOD GLVFLSOLQD HUD VWDWR SUHVHQWH XQ Ă€ORVRIR LQFDUGLQDWR nell’accademia come Andrea Poma, il resto della comunitĂ universitaria italiana all’epoca sembrava ignorare la questione. Nell’aprile del 2005, lei e Enrico Berti (che 55

Phronesis, n.17, ottobre 2011 Intervista a Vigna di Davide Miccione


3KURQHVLV però in quel caso svolse una funzione da “tecnicoâ€? occupandosi della perimetrazione del FRQFHWWR GL Ă€ORVRĂ€D SUDWLFD QHOOD VWRULD GHOOD Ă€ORVRĂ€D YL VLHWH WURYDWL D SDUODUH DO SULPR convegno in ambito universitario fatto in Italia, a Catania. Cosa la spinse ad accettare? PerchĂŠ si è sbilanciato in una implicita mallevadoria per una disciplina che sembrava DOORUD SHUORSL LUULWDUH L Ă€ORVRĂ€ XQLYHUVLWDUL" 9LJQD 'HYR GLUH SULPD GL WXWWR SHU FXULRVLWj VFLHQWLĂ€FD 9ROHYR FDSLUH FKH FRVD GL QXRYR OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD RIIULVVH ULVSHWWR DOOD WUDGL]LRQH dell’etica che è coltivata da Berti, ed era ed è coltivata anche da me. Alla FXULRVLWj VFLHQWLĂ€FD VL XQLYD OD VWLPD SHU OH SHUVRQH FKH FRPLQFLDYDQR D occuparsi di questa novitĂ ; diciamo, novitĂ culturale, perchĂŠ non era una QRYLWj SURSULDPHQWH DFFDGHPLFD +R VHPSUH SHQVDWR FKH IRVVH LQHYLWDELOH sostituire ciò che una volta veniva chiamata formazione spirituale con una formazione anch’essa spirituale, ma laica, non piĂš dettata dalla tradizione religiosa. Secondo me la secolarizzazione spingeva e spinge da questa parte; è vero che per andare da questa parte sarebbe necessario un clima culturale meno depresso, perchĂŠ in un clima culturale depresso i primi a morire sono i bisogni dello spirito. La gente ha bisogno prima di tutto di vivere e solo dopo, se ha agio di vita, prova ad aggiustare la maniera di vivere. La FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD q IRQGDPHQWDOPHQWH TXHVWR DJJLXVWDPHQWR FRQGRWWR secondo le forme della ragione e dell’etica. Mi pare che gli orizzonti un po’ depressivi che abbiamo d’attorno tentino di ingabbiare questo iniziale tentativo degli anni passati. Non sono trascorsi tanti anni dal 2005, ma con la crisi che è venuta, sembra che siano trascorsi cinquant’anni. PerchĂŠ nel DQFRUD F¡HUD DSSXQWR TXHVWD LGHD GL FROWLYD]LRQH GHOOD YLWD ULĂ HVVLYD e oggi questo desiderio sembra, spero per poco, tramontato. Phronesis: Lei trova la situazione attuale piĂš depressiva che franta? 9LJQD La frammentazione c’era giĂ . Solo che era stata assunta a canone speculativo, anche da “grosse testeâ€?, tipo Deleuze ad esempio; ma anche

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Conversazioni


3KURQHVLV da noi di queste cose han parlato personaggi di spicco, Cacciari ad esempio … Phronesis: Ë DQFKH LO ÀOR URVVR GHO SRVWPRGHUQR 9LJQD Certo, il postmoderno … Vattimo. Tutte le forme di pensiero debole sono in realtà forme di frammentazione più o meno mascherata. Però, essendo appunto la frammentazione canonizzata, non presentava un aspetto depressivo; semmai leggermente maniacale, perché sembrava O·DSHUWXUD GL RUL]]RQWL H GL SUDWHULH YHUGL VHQ]D ÀQH DGHVVR TXHOOR VWHVVR colorato in altra maniera, diventa un aspetto depressivo, perché diventa O·DVVHQ]D GL IXWXUR RVVLD OD OLEHUWj GHOOD SUDWHULD VHQ]D ÀQH q GLYHQWDWD LPSURYYLVDPHQWH LO EXLR GRYH F·q OR VWHVVR LQÀQLWR PD GRYH QRQ VL YHGH niente. Phronesis: 4XLQGL DJOL HQHUJXPHQL VXFFHGRQR JOL DPRUÀ" 9LJQD /D WXD EDWWXWD q VLJQLÀFDWLYD QHO VHQVR FKH QHOO·XQ FDVR H QHOO·DOWUR QHO caso dell’amorfo o nel caso dell’energumeno, in fondo si va alla cieca. Solo che il primo modo di andare alla cieca è ilare, appunto, e maniacale, il secondo invece è depressivo. Noi viviamo questo tipo di temperie. Però, VDL VRQR LPSUHVVLRQL « TXDVL TXDVL YHUUHEEH GD GLUH TXL OR GLFR H TXL OR nego. Phronesis: 9ROHYR DQFRUD LQWHUSHOODUOD FRPH XRPR G·XQLYHUVLWj ROWUH FKH FRPH ÀORVRIR FKLHGHQGROH quali caratteristiche ha avuto sinora, secondo lei, il rapporto tra università e consulenza in Italia, e quali caratteristiche sarebbe auspicabile avesse? 9LJQD Dall’osservazione, almeno degli ultimi dieci anni, io ho tratto questo

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Intervista a Vigna di Davide Miccione


3KURQHVLV WLSR GL LPSUHVVLRQH FLRq FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VLD GLYHQWDWD UDSLGDPHQWH SHU PROWL FROOHJKL XQD VRUWD GL Ă€RUH DOO¡RFFKLHOOR GD HVLELUH per avere audience SHU DYHUH IRUVH TXDOFKH Ă€QDQ]LDPHQWR IRUVH DQFKH TXDOFKH YDQWDJJLR DFFDGHPLFR +R DYXWR DO FRQWHPSR O¡LPSUHVVLRQH FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD QRQ VLD VWDWR XQ SURJHWWR VX FXL TXDOFXQR effettivamente, dico nell’accademia, abbia messo la faccia. Insomma, la FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD q VWDWD VRVWDQ]LDOPHQWH XQ SUHWHVWR ,QIDWWL VRQR YHQXWL IXRUL FRPH IXQJKL PDVWHU LQ FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD GDSSHUWXWWR perlopiĂš cose raffazzonate. Le esperienze dirette che ho avuto io mi dicono semplicemente del riversamento, a volte senza capo nĂŠ coda, di brandelli di lavoro accademico in questo contenitore. La cosa che mi ha sempre colpito è stata la quasi permanente assenza di persone, tra i docenti, che avessero VSHULPHQWDWR XQD TXDOFKH SUDWLFD GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD 4XLQGL VL q trattato, verrebbe da dire, di una enorme operazione di make up a ciò che di fatto giĂ viaggiava nei corsi universitari; una etichetta accattivante, fonte (si VSHUDYD PD SRL OD FRVD VL q DQFKH VJRQĂ€DWD SHU YLD GL JUDWLĂ€FD]LRQL GL YDULR JHQHUH Ă€QDQ]LDPHQWL SUHVHQ]D DFFDGHPLFD SURJUHVVLRQH DFFDGHPLFD e via discorrendo. Una sorta di bufala ammannita per parcheggiare un po’ di gente. Quello che dico è amaro, lo so. Devo aggiungere che io mi VRQR VĂ€ODWR GD TXHVWR WLSR GL WHUULWRULR SURSULR SHUFKp KR YLVWR FKH YHQLYD maneggiato veramente come un giocattolo, pensando in realtĂ ad altro. Phronesis: A me quello che ha colpito non è tanto il fatto che chi si è occupato di formare a questa professione non pratichi consulenza, perchĂŠ posso anche capire che per chi la incontra a cinquant’anni, magari con una vita giĂ strutturata, non sia facile mettersi a far pratica, che è cosa complicata (anche in un certa misura da un punto di vista emotivo). Ciò che mi ha stupito invece è che dei teoreti, o comunque della gente abituata a fare un lavoro WHRULFR H SUHWHVDPHQWH VFLHQWLĂ€FR QRQ VL VLDQR GDWL OD SHQD QRQ VROWDQWR GL SURGXUUH XQD teoria della consulenza ma neppure di prendere contezza della letteratura specialistica, magari anche solo per dire: “è una schifezza abominevole e adesso vi dico perchĂŠ!â€?. 9LJQD SĂŹ, effettivamente non lo fa nessuno.

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3KURQHVLV Phronesis: Insomma mi par di capire che per Lei sia improbabile ci si formi alla consulenza in ambito universitario? 9LJQD Come ti dicevo, a me sembra che perlopiĂš quello che circola sia un commercio di normali corsi universitari, semplicemente con il titolo cambiato. Se non ci sono persone, come accade in psicoanalisi, che abbiano e l’esperienza concreta della pratica della consulenza e una qualche capacitĂ WHRULFD RVVLD GL ULĂ HVVLRQH VRSUD TXHVWD HVSHULHQ]D QRQ FL VL PXRYH GDOOD bufala, cioè non ci si muove dal riciclaggio di corsi universitari sotto falso nome. Solo chi pratica veramente almeno qualche scampolo di consulenza Ă€ORVRĂ€FD SXz FDSLUH H TXLQGL DQFKH WHRUL]]DUH H SRL WUDVPHWWHUH TXDOFRVD FRPH XQD QRYLWj WHRULFR SUDWLFD TXDOH VDUHEEH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD Se uno non fa pratica, non riesce a capire che cosa questa cosa qui possa VLJQLĂ€FDUH FRPH WHRULD ( YLFHYHUVD VL LQWHQGH ,R QRQ QH FRQRVFR XQR FKH sia uno, in UniversitĂ , che possa dire di essere qualcosa oltre un normale DFFDGHPLFR ,O FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR VHFRQGR PH GRYUHEEH HVVHUH DOWUR almeno in parte; dovrebbe avere una allure, proprio nella relazione, diversa. Non per farti un omaggio particolare, ma si capisce che tu questa cosa per esempio ce l’hai. Tutti quelli che ho incontrato come “addetti ai lavoriâ€?, mi sono parsi quasi sempre normalissimi colleghi che non hanno mai fatto un briciolo di pratica di consulenza e non sanno neanche bene che cos’è (e pure ne parlano). Phronesis: Beh, è anche comprensibile. Del resto trenta-quarant’anni di rapporto asimmetrico FRQ DOOLHYL q SLXWWRVWR GLIĂ€FLOH FKH QRQ WL LUULJLGLVFDQR 9LJQD Verosimilmente l’associazione Phronesis è un luogo piĂš adatto (per via del fatto che è una organizzazione dedicata) a produrre dei veri consulenti, di quanto non sia l’accademia. PerchĂŠ, ripeto, nell’accademia oggi, nella sua VWUXWWXUD QRQ F¡q XQ SRVWR GHSXWDWR SHU LO FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR 1RQ HVLVWH La struttura accademica recepisce questo imput che viene dalla cultura e

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Intervista a Vigna di Davide Miccione


3KURQHVLV dalla pratica e lo trasforma in accademia. Ma, trasformata in accademia, OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD YLHQH DG HVVHUH HYDFXDWD ,O FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR partorito dall’accademia è come uno che fa un corso di psicoanalisi, ma non ha mai personalmente fatto analisi e non ha mai curato nessuno. La gente intercetta subito, e se ne allontana, uno cosĂŹ, se ha notizia, ad es., di cosa è uno psicoterapeuta. In quel tipo di territorio, quello della psicoanalisi intendo, esiste la teoria, ma è subordinata alla terapia. Intendo dire che l’aspetto prevalente e dominante, come secondo me sarebbe il FDVR FKH IRVVH QHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD GRYUHEEH HVVHUH O¡DVSHWWR terapeutico. Dalla terapia dovrebbe venir fuori la teoria. In accademia VROLWDPHQWH DFFDGH O¡RSSRVWR FLz FKH SUHYDOH q XQD TXDOFKH WHRULD PD non essendoci terapia, questa qualche teoria diventa presto lezione accademica. Io credo che l’UniversitĂ non possa dare strutturalmente RVSLWDOLWj DOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD FRPH WHUDSLD GHO UHVWR QRQ OD Gj QHDQFKH alla pratica psicoanalitica come terapia. Non è una terapia pratica, non ha forme di terapia pratica l’UniversitĂ , se non per alcuni stages, ma molto PRGHVWL GL DSSOLFD]LRQH GL FLz FKH QHL FRUVL YLHQH LQVHJQDWR FRPH DG HV nel caso dell’infermiere che viene mandato in ospedale a far pratica per il diploma di Scienze infermieristiche o del medico che, dopo aver studiato medicina, viene immesso nel praticantato ospedaliero. Ma questo già è in UniversitĂ una faccenda che viene dappertutto vissuta come speciale, tanto che negli ultimi tempi addirittura c’era qualcuno che metteva in giro O¡LGHD FKH ELVRJQDVVH GLYLGHUH O¡XQLYHUVLWj LQ GXH SDUWL O¡XQLYHUVLWj YHUD H propria, che è quella che fa corsi e teoria, e poi tutta la parte medicale che GRYUHEEH HVVHUH VFRUSRUDWD SHUFKp LQTXLQD Ou FL VRQR GHL SUDWLFRQL H DQFKH tanti soldi. Questa è, insomma, l’idea che rispetto alle facoltĂ di medicina FROWLYDQR L FROOHJKL VSHFLDOPHQWH GL /HWWHUH 0DWHPDWLFD )LVLFD ´VRQR dei praticoni, mettiamoli da parte e rinchiudiamoli in un recinto, a distanza di sicurezzaâ€?. Phronesis: Quindi il punto è avere una terapia (noi useremmo in questo caso il termine pratica) che non sia una pedissequa applicazione della teoria?

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3KURQHVLV 9LJQD A mio avviso, ogni forma di teoria intorno a una terapia ha delle chances GL HVVHUH YHULGLFD H DQFKH HIĂ€FDFH VH DSSXQWR SDUWH GDOO¡HVSHULHQ]D GHOOD terapia e non abbandona mai questo riferimento; altrimenti, il rischio è una fuga in avanti che può produrre astrazioni incontrollabili. Incontrollabili, perchĂŠ la vera forma di controllo è qui proprio il successo terapeutico. Insomma, una terapia è una vera terapia se produce gli effetti che come terapia si propone di produrre; solo allora infatti si dice che “funzionaâ€?. $ SDUWLUH GD XQD WHUDSLD FKH IXQ]LRQD VL SXz SRL LPEDVWLUH XQD ULĂ HVVLRQH seria e approfondita per capire perchĂŠ funziona; ma intanto ci deve essere in qualche maniera, a livello appunto della terapia, l’esperienza di risultati VXIĂ€FLHQWHPHQWH JUDWLĂ€FDQWL Phronesis: Io tendo, e molti altri consulenti con me, a non usare “terapiaâ€?. Oltre che per gli ovvi equivoci essa mi lascia perplessa anche per il suo rimandare ad altri aspetti, ad esempio quelli del “funzionamentoâ€?, la cui accezione diffusa lascia pensare alla JXDULJLRQH R DOO¡HIĂ€FLHQ]D DOWUL DVSHWWL FKH ODVFLDQR QRQ PHQR SHUSOHVVL TXDQGR VL SDUOD GL Ă€ORVRĂ€D 6H GRYHVVL GHĂ€QLUH LO IXQ]LRQDPHQWR LQ FRQVXOHQ]D SRWUHL GLUH DO PDVVLPR che la consulenza funziona quando il dialogo funziona e che il dialogo funziona quando HVVR ULYHVWH VLJQLĂ€FDWR SHU HQWUDPEL L GLDORJDQWL 9LJQD ,R DJJLXQJR SHUFKp VL SRVVD GLUH FKH TXHVWR GLDORJR ´IXQ]LRQDÂľ bisogna anche poter dire che è stato in qualche maniera un dialogo OLEHUDQWH ULVSHWWR D FRPSOHVVL SDVWRLH GLIĂ€FROWj SDWHPL FKH LQ TXDOFKH maniera il consultante porta al consulente. Se questo non accade, vuol dire che il dialogo è stato perfettamente inutile. Il dialogo cioè deve produrre in qualche maniera una trasformazione. Allora, se questa trasformazione è una trasformazione che rende piĂš maturo il consultante quanto a sapere di sĂŠ, questo, secondo me, si deve poter accertare in qualche maniera, seppure per indizi. Se questo è accaduto e se onestamente il consulente registra quest’accadere, perchĂŠ il consultante attraverso indizi glielo prova, allora vuol dire che il “dialogoâ€? in qualche maniera è riuscito. Se il dialogo è riuscito, è naturale che uno si domandi intorno al perchĂŠ è riuscito. Ma

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3KURQHVLV allora, per ciò stesso, si fa in qualche modo teoria. La teoria a sua volta LOOXPLQD TXHO GLDORJR H LOOXPLQDQGROR OR UHQGH DQFRUD SL HIĂ€FDFH FRPH terapia. Certo. Natoli ha contribuito a riattivare tutto questo come teoria, ma non l’ha, ch’io sappia, praticato come consulente, mentre la consulenza Ă€ORVRĂ€FD q TXHVWR VWHVVR PD FRPH SUDWLFD WHUDSHXWLFD ,Q DOWUR PRGR H SHU me di grande interesse, ha proposto qualcosa di simile Romano Madera H 9HUR 7DUFD FRQ OD VXD ´ELRJUDĂ€D Ă€ORVRĂ€FDÂľ 9RL H YRUUHL ULFRUGDUH anche Umberto Galimberti) siete forse i veri eredi, se cosĂŹ possiamo dire, LQ TXDQWR FRQVXOHQWL GL TXHVWD IRUPD GHOOD Ă€ORVRĂ€D FKH HUD SURSULD GHJOL antichi. Ma, appunto, con l’aggiunta del “mestiereâ€? della consulenza, da cui Madera invece si smarca. ,O FLUFROR YLUWXRVR FRPLQFLD FRVu D JLUDUH OD terapia offre dei reperti, cioè offre come degli indizi della buona pratica, e la buona pratica produce della buona teoria; la buona teoria ridonda VXOOD EXRQD SUDWLFD H OD UDIĂ€QD 6HQ]D TXHVWR FLUFROR YLUWXRVR VHFRQGR PH QRQ VL FRVWUXLVFH TXDOFRVD FRPH XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FKH DSSXQWR q IRQGDPHQWDOPHQWH XQD WHUDSLD ( LQWHQGR GLUH OD WHRULD q TXL DO VHUYL]LR GHOOD WHUDSLD H QRQ YLFHYHUVD &RPH GHO UHVWR DFFDGH QHOOD SVLFRDQDOLVL +R conosciuto psicoanalisti molto bravi come teorici che, però, dal punto di vista della pratica (tutti lo ammettevano) non erano bravi; ho conosciuto psicoanalisti bravi come terapeuti, che però, come teorici, erano proprio modesti. La preferenza, per chi ha bisogno di aiuto, non può che andare a questi ultimi, a mio avviso‌ Teoria e pratica sono due forme, diciamo, di vita dello spirito che non sono, in sĂŠ e per sĂŠ, in opposizione; anzi non lo VRQR SHU QXOOD VRQR SLXWWRVWR FRPSOHPHQWDUL 0D SRVVRQR HVVHUH YLVVXWH o in maniera equilibrata e circolare (parlavo prima di circolo virtuoso) RSSXUH LQ PDQLHUD VTXLOLEUDWD XQLODWHUDOH H LQ WDO FDVR R SURGXFRQR una teoria che ha quasi dimenticato le risultanze della terapia, e viaggia per i fatti suoi, oppure producono una terapia, caso piĂš raro, piuttosto disarticolata, piuttosto erratica, anche se genialoide. Una terapia priva, comunque, di una metodica veramente solida. Un consulente dovrebbe schivare lo squilibrio, ovviamente, ma dovrebbe essere soprattutto o prima di tutto un bravo consulente, cioè un bravo guaritore‌ Per me il caso di Freud è emblematico in questo senso. Freud ha lavorato intorno al circolo teoria/terapia per tutta la vita. Ma credo che volesse prima di tutto riuscire a guarire qualcuno.

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3KURQHVLV Phronesis: Si potrebbe inserire una suddivisione (una tra le mille proposte) nell’universo che VL ULFKLDPD DOOD 3UDWLFD Ă€ORVRĂ€FD (G q WUD XQD SUDWLFD FRVWUXLWD D FDOFR VXOOD Ă€JXUD VRFLDOH GHO WHUDSHXWD RFFXSDWD GDO PRGR PLJOLRUH GL DSSOLFDUH OD Ă€ORVRĂ€D DOO¡XRPR contemporaneo attraverso il dialogo tra consulente e consultante o tra il consulente e i gruppi, e una seconda (che all’ingrosso si potrebbe collocare all’incrocio tra Hadot H $FKHQEDFK FKH PHWWH LQ HYLGHQ]D VRSUDWWXWWR OD Ă€ORVRĂ€D UHVWLWXLWD DO VXR UXROR preponderante nella modalitĂ di ognuno di vivere la propria vita. Queste due posizioni generano due consulenti diversi (in teoria): il primo concentrato sulle competenze del FRQVXOHQWH LO VHFRQGR VXOOD FDSDFLWj GL GDUH IRUPD Ă€ORVRĂ€FDPHQWH DOOD SURSULD YLWD GL FXL la consulenza sarebbe una sorta di “esercizio specialeâ€?. Lei come vede questa possibile distinzione" 9LJQD ,R SHQVR FKH OD Ă€JXUD VHFRQGD GL TXHOOH FKH WX KDL FLWDWR FRUULVSRQGH LQ TXDOFKH PDQLHUD D XQD SUDWLFD DQWLFD GHOOD Ă€ORVRĂ€D HPEOHPDWLFR LQ TXHVWR FDVR q 6RFUDWH /D SULPD XQ SR¡ PHQR /D Ă€ORVRĂ€D DOORUD HUD questa pratica di vita informata il piĂš possibile alla saggezza; anche alla ULĂ HVVLRQH VSHFXODWLYD PD LQ RUGLQH DOOD VDJJH]]D Ă‹ YHUR 6RFUDWH KD XQ SR¡ ODYRUDWR DQFKH VXOOD Ă€JXUD GHO FRQFHWWR PD OR KD IDWWR SHUFKp YROHYD sapere cos’è la virtĂš (come osserva Aristotele). Ora, con l’avvento del FULVWLDQHVLPR TXHVWD VRUWD GL FLUFROR WUD OD ULĂ HVVLRQH Ă€ORVRĂ€FD H OD SUDWLFD GL YLWD VHFRQGR Ă€ORVRĂ€D KD DYXWR XQR VSDLDPHQWR SHUFKp OD SUDWLFD GHOOD YLWD q VWDWD DIĂ€GDWD SLXWWRVWR DOO¡XQLYHUVR GHOOD IHGH H OD Ă€ORVRĂ€D q GLYHQWDWD sempre piĂš, anche quando l’etichetta è quella dell’etica, dottrina o teoria, cioè “scienzaâ€?. Sto pensando in particolare all’etĂ medievale, per la veritĂ . Ă‹ VRSUDWWXWWR QHO 0HGLRHYR FKH OD Ă€ORVRĂ€D KD SHUGXWR OH FDUDWWHULVWLFKH GL WHUDSLD FKH SULPD DYHYD SHUFKp DSSXQWR RUDPDL OD VDOYH]]D FKH q LO Ă€QH della terapia, se usiamo il termine “salvezzaâ€? in senso lato, dai Medievali q VWDWD DIĂ€GDWD DOOD YLWD UHOLJLRVD /D PRGHUQLWj QRQ KD SURSULDPHQWH ULJXDGDJQDWR OD IRUPD DQWLFD GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD VDOYR HFFH]LRQL 8Q 0RQWDLJQH SHU IDUH XQ HVHPSLR ,QWHQGR GLUH FKH OD PRGHUQLWj Ă€QFKp QRQ VL VHSDUD GDO FULVWLDQHVLPR H GDOOH IRUPH GHOO¡RQWRORJLD PHWDĂ€VLFD UHVWD ancora fondamentalmente medievale in questa architettonica. Ăˆ quando WUDPRQWD OD PHWDĂ€VLFD H VLDPR SHUz JLj DOOD FRQWHPSRUDQHLWj RVVLD q

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Intervista a Vigna di Davide Miccione


3KURQHVLV quando arriva l’etĂ secolare che si ripresenta di nuovo la formula degli DQWLFKL 'D QRL DG HV 1DWROL KD JLRFDWR TXHVWR WLSR GL FDUWD FLRq KD GHWWR ´+DGRW KD UDJLRQH ÂŤÂľ ´OD Ă€ORVRĂ€D q XQD SUDWLFD GL YLWD ÂŤÂľ ´FROWLYLDPR una fede laicaâ€? eccetera. E con lui parecchi altri. Phronesis: ,O SUREOHPD q FKH VH FKL OR GLFH ID WHRULD F¡q XQ UHJUHVVR DOO¡LQĂ€QLWR FKH VL DOORQWDQD dalla teoria ma senza mai giungere alla pratica. 9LJQD Certo. Natoli ha contribuito a riattivare tutto questo come teoria, ma non l’ha, ch’io sappia, praticato come consulente, mentre la consulenza Ă€ORVRĂ€FD q TXHVWR VWHVVR PD FRPH SUDWLFD WHUDSHXWLFD 9RL VLHWH IRUVH L veri eredi, se cosĂŹ possiamo dire, in quanto consulenti, di questa forma GHOOD Ă€ORVRĂ€D FKH HUD SURSULD GHJOL DQWLFKL 0D FRQ O¡DJJLXQWD GHO “mestiereâ€?. Ăˆ chiaro però che, in una realtĂ come quella italiana o come quella accademica italiana, in cui ancora larga parte dei professori di Ă€ORVRĂ€D PRUDOH q FDWWROLFD TXHVWR WLSR GL VSLQWD GHYH IDUH L FRQWL FRQ GHOOH FRQWURVSLQWH 9RJOLR GLUH FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FRPH SUDWLFD professionale, almeno in tendenza, rischia di andare in rotta di collisione con la pratica di vita che da questo tipo di universo (un po’ speciale, perchĂŠ O¡,WDOLD KD LO 9DWLFDQR q DQFRUD DIĂ€GDWD DQFKH VRWWR EDQFR R VRWWRWUDFFLD alla fede cristiana. Allora, trovare delle persone che siano credenti e che, nel contempo, VSRVLQR OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD q WURYDUH FDVL SDUWLFRODUL GL SHUVRQH FKH GLIHQGRQR O¡DXWRQRPLD GHOOD Ă€ORVRĂ€D Ă€QR LQ IRQGR 3HUFKp VH QRQ VL GLIHQGH O¡DXWRQRPLD GHOOD Ă€ORVRĂ€D Ă€QR LQ IRQGR OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD GLIĂ€FLOPHQWH SXz DWWHFFKLUH ,Q XQ XQLYHUVR OHJDWR DOOD WUDGL]LRQH FULVWLDQD VL YD SLXWWRVWR GDO ´GLUHWWRUH VSLULWXDOHÂľ 'HWWR LQ DOWUR PRGR VH WX QRQ KDL QHVVXQD LGHD GHOO¡DXWRQRPLD GHOOD Ă€ORVRĂ€D VHL IDFLOPHQWH VRVSLQWR DG DIĂ€GDUH LO WXR GLVDJLR XPDQR DOOD IHGH UHOLJLRVD 3HU DIĂ€GDUH LO WXR GLVDJLR D XQD IRUPD ODLFD GL SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD RVVLD SHU QDYLJDUH FRQ OD VROD bussola della ragione, come facevano gli antichi e come faceva Socrate, GHYL GLIĂ€GDUH GHOOH IRUPH UHOLJLRVH GL YLWD RSSXUH VH VHL FUHGHQWH DYHUH D FXRUH O¡DXWRQRPLD GHO Ă€ORVRĂ€FR H SRWHUH SHQVDUH H TXLQGL DQFKH SRWHU

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3KURQHVLV praticare un ambito in cui metti tra parentesi o fai epochĂŠ GHO ODWR Ă€GHLVWLFR delle tue convinzioni. Quasi come fossi uno senza fede. In effetti, nel FDVR GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD WL DIĂ€GL DQFKH VH FUHGHQWH SXUDPHQWH e nudamente alla ragione, esattamente cosĂŹ come fa il tuo vicino che QRQ FUHGH 0D FK¡LR VDSSLD TXHVWR SXz IDUOR ULSHWR VROR XQ Ă€ORVRIR che in ambito cattolico abbia ereditato questo modello teorico, risalente a Tommaso d’Aquino, cioè appunto il modello dell’autonomia radicale GHOOD Ă€ORVRĂ€D ULVSHWWR DOO¡XQLYHUVR UHOLJLRVR 7XWWD O¡DUHD QRQ WRPPDVLDQD che una volta si chiamava spiritualistico-cristiana e che oggi si potrebbe chiamare ermeneutico-religiosa, non ha, a mio avviso, strumenti adeguati per far questo, ammesso che voglia farlo. Non è casuale, tornando alla prima domanda, che Berti ed io, siamo DQGDWL D GLUH TXDOFRVD D TXHO FRQYHJQR FKH KDL ULFRUGDWR HQWUDPEL FUHGLDPR al fatto che la buona ragione è in grado di produrre buona pratica. Anzi, la ragione possiede in sĂŠ principi che, dal punto di vista formale, sono superiori a quelli della fede. Questo lo ha detto‌Tommaso! E in pieno Medioevo! Cosa davvero stupefacente. Sul fondamento di questa principialitĂ (teorica e pratica), su questo fondamento, è possibile costruire un territorio comune, dove possano convenire tutti gli esseri umani, sia che credano sia che non credano. PerchĂŠ tutti gli esseri umani questi principi li possiedono in profonditĂ , anche se nella forma piĂš elementare. La forma piĂš elementare di questi principi per me è poi, per un verso, l’opposizione tra vero e falso, per altro verso, l’opposizione tra bene e male. Certo, aggiungo, si può un SRFR FRPSOHVVLĂ€FDUH LO GLVFRUVR H GLUH DG HV FKH LO SULPR EHQH SHU RJQL essere umano è quello d’essere riconosciuto come tale, cioè come una soggettivitĂ trascendentalmente aperta, da un altro essere umano; il primo male è invece essere “oggettivatoâ€?, cioè usato, brutalizzato da un altro essere umano. E questo, perchĂŠ tutti gli esseri umani di fatto richiedono anzitutto riconoscimento. Purtroppo, non tutti offrono nel contempo riconoscimento. Eppure, è facile intuire che l’estensione universale di questo, implica che non solo il riconoscimento sia richiesto, ma che sia anche offerto. Ora, lavorando su queste cose elementari, si può naturalmente venire innanzi nella costruzione di modelli di teoria piĂš ricchi, che tengano conto

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3KURQHVLV delle circostanze, delle relazioni ecc.; ma ciò che fa la qualitĂ della proposta, è la possibilitĂ , torno a ripetere, che tutto questo sia un affare dell’essere umano in quanto semplicemente tale, quindi astrazion fatta da una fede TXDOVLDVL /D FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD SXz HVVHU G¡DLXWR LQ TXHVWD GLUH]LRQH Phronesis: Mi sembra che nel suo discorso ritorni, nelle sue varie dimensioni, la tematizzazione dell’ampiezza dell’essere umano. 9LJQD SĂŹ, l’essere umano è di una complessitĂ impressionante. Basti qui DFFHQQDUH DO IDWWR FKH OD YLWD GHOOD PHQWH FKH SXUH OR VSHFLĂ€FD q VROR un lato della sua vita. Un essere umano, come tutti sanno, ha un mondo emotivo ricchissimo e poi ha da badare alle necessitĂ della vita corporea. Questi “ambitiâ€? sono, in realtĂ , “principi di vitaâ€? (facoltĂ , si chiamavano una volta) di una esistenza personale. Ma è bene aggiungere una avvertenza. La natura di un tal “principio di vitaâ€? sta nel non avere una vita indipendente. Ossia, il principio non è una “sostanzaâ€?, ma una “componenteâ€?, per dir cosĂŹ, di un essere unitario, come è l’essere umano, che può sviluppare anche in maniera “astrattaâ€? uno di questi “principiâ€? e lasciare nella negligenza un altro. Un essere umano può sviluppare molto la mente e avere un corpo mal messo o anche malato; può sviluppare il mondo emotivo in un modo prevalente, ma avere una vita di tipo intellettuale modesta. Un essere umano che funziona è, naturalmente, uno che mette in circolo tutte le forme vitali di “principialitĂ â€?, secondo l’ordine d’importanza crescente che HVVH LQ TXDOFKH PDQLHUD ODVFLDQR LQWXLUH FRUSR PRQGR HPRWLYR PHQWH . Phronesis: Ma Lei non ha la sensazione che la facilitĂ (ovviamente parliamo di impressioni, VDUHEEH GLIĂ€FLOH DYHUH GDWL RJJHWWLYL H PLVXUDELOL VX TXHVWR FRQ FXL OD Ă€ORVRĂ€D SURGXFH patologie dello spirito simili non suoni a condanna di come essa negli ultimi secoli viene fatta? 9LJQD 6u SHQVR FKH VXRQL XQ SR¡ D FRQGDQQD GHOOD Ă€ORVRĂ€D /D Ă€ORVRĂ€D VL q

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3KURQHVLV allontanata dalla pratica della “salvezzaâ€? del singolo, pratica che l’aveva accompagnata per secoli. Questa pratica ha consegnato, almeno in Occidente, all’universo religioso, secondo ciò che abbiamo appena detto. 8QD YROWD DVVXHIDWWL D TXHVWR DOORQWDQDPHQWR D SDUWLUH GDO 0HGLRHYR H Ă€Q TXDVL DL QRVWUL JLRUQL OD Ă€ORVRĂ€D q ULPDVWD QHOOD IRUPD DVWUDWWD PHQWUH q venuta a mancare la compensazione della pratica assicurata dalla religione. CosĂŹ, molti intellettuali sono caduti in una separazione schizoide. Poca sensibilitĂ e, men che meno, teoria intorno al fatto che dovevano pure condurre una vita saggia. Soddisfatti tutt’al piĂš della vita della mente, hanno abbandonato al proprio destino il resto dell’esistenza, come fosse XQ FKH GL DFFLGHQWDOH +HJHO LQ TXHVWR q VWDWR LQ FHUWR PRGR XQ FDWWLYR PDHVWUR 1RQ EDGDYD WDQWR DOOD VLQJRODULWj GHOOD VXD YLWD 3DUH GLFHVVH XQD buona moglie e uno stipendio buono è tutto quello che mi serve. Tanto FKH .LHUNHJDDUG JOL ULQIDFFLDYD G¡DYHU FRVWUXLWR FDWWHGUDOL SHU SRL HVVHUVL ULQWDQDWR LQ XQ FDQLOH $FFDGH DQFRUD RJJL GL LQFRQWUDUH TXHVWD Ă€JXUD GL LQWHOOHWWXDOH OD YLWD GHOOD PHQWH q TXHO FKH FRQWD ODVFLDWH VWDUH OD PLD YLWD SHUVRQDOH ( EDORUGD" ( DOORUD" &RVD F¡HQWUD" Ma forse la versione contemporanea piĂš diffusa della vita â€?astrattaâ€? è quella dedicata all’emotivitĂ dominante. Oggi l’imperativo di molti, VSHFLDOPHQWH GL PROWL JLRYDQL q VHQWLUH $YHUH HPR]LRQL 0DJDUL IRUWL emozioni. Magari sempre piĂš forti. Musica e spettacoli aiutano molto. Questa centratura sulle sensazioni forti si accompagna non di rado a una incapacitĂ di pensare in modo continuo a qualcosa che le emozioni oltrepassi, senza per nulla negarle. Phronesis: Abbiamo appurato che questi principi teorico-pratici di cui Lei parla non sono separati. Immaginiamo una persona che abbia sviluppato solo l’aspetto emotivo. Mi chiedo se in realtĂ questa persona possa veramente dare corso a questa emotivitĂ o, piĂš probabilmente, il non aver minimamente curato l’altra parte glielo impedirebbe praticamente, nel senso di non sapere minimamente quale sia il bene per gli altri, o nel non riconoscere l’individualitĂ di chi mi sta davanti. Con un’immagine: ho aiutato la vecchietta ad attraversare, il problema è che la vecchietta doveva andare dalla parte opposta e io non l’ho inteso. Avremmo cosĂŹ un essere sballato, incapace di operare persino in quegli aspetti che di solito pensiamo di competenza dell’emotivo.

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3KURQHVLV All’opposto mi chiedo: non è che anche il pensiero lasciato a se stesso fallisce RUULELOPHQWH SHUVLQR QHOO¡DPELWR FKH JOL q SL SURSULR OD WHRULD Ă€ORVRĂ€FD" )RUVH GLYHQWD grandioso, ma porta a grandiosi errori. 9LJQD Rispondo di sĂŹ in entrambi i casi. Nel primo caso, dove c’è un’emotivitĂ che la vince su tutto senza un governo saldo del logos, la vita viene avanti per totalizzazioni successive. In effetti, la forma dell’emotivo ha una certa capacitĂ di “totalizzareâ€? l’esperienza, quasi quanto il pensiero. SennonchĂŠ la totalizzazione dell’emotività è sempre limitata nel tempo. 4XDQGR O¡HPRWLYLWj VL VSHJQH OD WRWDOL]]D]LRQH VYDQLVFH WX SULPD KDL amato follemente una ragazza; ti sembrava il massimo della vita. Dopo tre settimane, tre mesi o tre anni la tipa ti riesce emotivamente indifferente o addirittura ripugnante. Intanto, un’altra ti pare il vero e assoluto oggetto d’amore. Lo “sentiâ€? (di nuovo) con tutto te stesso. Ora, queste totalizzazioni successive non sono cose strambe in un essere umano; sono semplicemente tipiche dell’emotivitĂ non governata dal logos. Il quale ha questo di suo, che è la totalitĂ delle totalitĂ (emotive). Ed è per questo che sarebbe giusto che assegnasse le parti. Senza il governo del logos, in effetti, le forme dell’emotivitĂ portano facilmente allo sbando O¡HVLVWHQ]D Ă€QR DOO¡LPSORVLRQH )UHXG LQVHJQD /D YLWD HPRWLYD GHYH GXQTXH HVVHUH JRYHUQDWD GDO ORJRV TXHVWD q OD lezione che ci viene giĂ dai Greci antichi, dall’Etica a Nicomaco di Aristotele e, prima ancora, dalla Repubblica di Platone (degno allievo di Socrate). E questo sia contro l’intellettualizzazione astratta, sia contro l’emotivitĂ senza governo, cioè, anch’essa, astratta. Phronesis: /HL KD VHPSUH SRUWDWR DYDQWL XQ¡LGHD GL Ă€ORVRĂ€D FKH VHSSXUH DSHUWD DOO¡DVFROWR H DO GLDORJR VL SXz GHĂ€QLUH ´IRUWHÂľ 'HO UHVWR WDOL VRQR L ORPEL DFFDGHPLFL GD FXL discende (Severino) e gli autori su cui si è formato (basti pensare ad Aristotele). Eppure negli anni lei si è occupato, attraverso il Centro di etica e i suoi “annuariâ€?, di una frastagliata e mobile realtĂ come quella dell’etica nella societĂ contemporanea. Etica e professioni, etica ed economia, bioetica come teoria e come consulenza, diritti degli animali. Insomma quell’Etica di frontiera che dĂ il titolo a uno dei volumi da lei

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3KURQHVLV FXUDWL 1RQ KD PDL WURYDWR GLIĂ€FLOH FROOHJDUH XQD SURSRVWD Ă€ORVRĂ€FD IRUWH DG XQD UHDOWj FRVu LQ Ă€HUL" 1RQ KD PDL WURYDWR LQROWUH GLIĂ€FLOH LO FRQIURQWR FRQ FKL QHO VXR RFFXSDUVL GL TXHVWLRQL VSHFLĂ€FKH KD SUHVVRFKp UHFLVR LO UDSSRUWR FRQ OH JUDQGL OHWWXUH XQLYHUVDOL GHO UHDOH H GHOOD Ă€ORVRĂ€D VWHVVD" 9LJQD ,R KR FRPH GLYLVR GL IDWWR OD PLD YLWD DFFDGHPLFD LQ GXH SDUWL QHOOD SULPD SDUWH PL VRQR RFFXSDWR IRQGDPHQWDOPHQWH GL RQWRORJLD H GL PHWDĂ€VLFD Ă€QR DJOL DQQL 6HWWDQWD 'DJOL DQQL 2WWDQWD LQ SRL SHU YLD DQFKH GHOOD FDWWHGUD GL Ă€ORVRĂ€D PRUDOH FKH YLQVL D FRQFRUVR PL VRQR SUHYDOHQWHPHQWH occupato di etica. Ma, devo subito aggiungere, ho visto sempre queste due fasi della mia vita come lo svolgimento di una stessa linea teorica. Il fatto è che io ho sempre guardato al lavoro intellettuale come tale che dovesse trovare qualche corrispondenza nell’ortoprassi. Di solito, l’incarnarsi della teoria nell’esistenza conduce all’interesse per l’etica, che è come la veritĂ della pratica. Ma questo non può bastare. Per esser fedeli al pensiero della veritĂ , bisogna giungere sino alla pratica della veritĂ , cioè, appunto, all’ortoprassi. Ma l’ortoprassi non è piĂš solo “accademiaâ€?; è piuttosto la vita personale, l’esistenza per intero. E lo sforzo esistenziale che l’ortoprassi richiede, mette inevitabilmente di fronte ai problemi del proprio tempo. Perciò me ne sono occupato a lungo. Questi problemi sono soprattutto materia di ricerca delle etiche applicate o etiche speciali. Su cui in effetti ho condotto, aiutato dai miei allievi, una serie di indagini. Quindi mi vien da dire, guardando retrospettivamente e tentando una qualche coerentizzazione dell’itinerario secondo la scansione di quei tre segmenti FKH SULPD KR FLWDWR FLRq YHULWj YHULWj GHOOD SUDWLFD HWLFD H SUDWLFD GHOOD YHULWj HEEHQH PL YLHQ GD GLUH FKH OD SUDWLFD GHOOD YHULWj q LO Ă€QH XOWLPR H FRPH RJQL Ă€QH XOWLPR HVVD HUD JLj SUHVHQWH LQ SULQFLSLR D VROOHFLWDUH OD ricerca della veritĂ . Insomma, il bandolo della matassa è la pratica della YHULWj 2UD OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD LQWHVD QHO VHQVR PLJOLRUH SRWUHEEH essere proprio questo, la pratica della veritĂ . Da questo punto di vista non mi sento estraneo alla tua scelta di vita; mi pare che tu insegua la stessa cosa che io inseguo, cioè la pratica della veritĂ ; io però la inseguo forse in DOWUR PRGR FLRq QRQ DWWUDYHUVR OD ULĂ HVVLRQH VXOOH UHOD]LRQL FKH QDVFRQR tra consultante e consulente.

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3KURQHVLV Phronesis: 0L DFFRUJR LQ TXHVWR PRPHQWR TXDVL DOOD ÀQH GHOOD QRVWUD FRQYHUVD]LRQH GL DYHU dimenticato di rivolgerle una domanda che mi stava a cuore: quali competenze dovrebbe DYHUH XQ FRQVXOHQWH ÀORVRÀFR" ,Q UHDOWj LO FRQFHWWR GL FRPSHWHQ]H OR WURYR GHO WXWWR inadeguato, qui a maggior ragione, ma anche in tante altre realtà in cui se ne fa abuso. L’ho sintetizzata così per capirci velocemente. In realtà preferirei dire e chiedere: che IRUPD]LRQH GRYUHEEH DYHUH" 2SSXUH FRPH GRYUHEEH HVVHUH LO FRQVXOHQWH ÀORVRÀFR" 2 FRVD GRYUHEEH DYHU IDWWR XQ FRQVXOHQWH ÀORVRÀFR VHFRQGR /HL" 9LJQD 8Q FRQVXOHQWH ÀORVRÀFR GRYUHEEH SRWHU DYHUH XQD SUDWLFD SHUVRQDOH GL YLWD FKH RQRUL OD UDJLRQH $OOD ÀQ ÀQH VH FRQ LO VXR ODYRUR YXROH FRQGXUUH il consultante ad ascoltare il logos, come può pensare di ottener questo, se OXL SHU SULPR QRQ KD IDWWR TXHVWR VWHVVR ODYRUR FRQ Vp" 6H XQ FRQVXOHQWH conduce una vita sbagliata, anche se non c’è un travaso univoco e immediato tra pratica di vita e professione, dubito forte del fatto che egli possa essere XQR FKH ´ULVFKLDUDµ &RPH ID VH LO FKLDUR QRQ OR KD LQ Vp" 6DUj XQ FLHFR che guida un altro cieco. Quindi un consulente dovrebbe avere in sé, prima di tutto, almeno l’intenzione di onorare la ragione nel proprio modo di vivere la quotidianità . Ma questo non basta. In realtà , il consulente dovrebbe anche avere la necessaria competenza per trasferire questa sua maniera di vivere l’esistenza in una qualche forma di teoria o di metodo che poi valga a guidare il lavoro terapeutico che si distende nella relazione di consulenza. Quindi, doppia FRPSHWHQ]D OD FRPSHWHQ]D GHOO·RUWRSUDVVL H OD FRPSHWHQ]D PHWRGLFD Immagino che la pratica della consulenza sia pure una un’illuminazione reciproca; ma è pur sempre vero che il consulente dovrebbe possedere un po’ più di luce del consultante… Phronesis: 9RUUHL ÀQLUH FRQ XQD GRPDQGD VXO IXWXUR 6HFRQGR OHL YHUVR TXDOH OXRJR VL GLULJH OD ÀORVRÀD QHL SURVVLPL GHFHQQL" 4XDOH GRYUHEEH HVVHUH LO VXR UXROR H LQ TXHVWR LO PRQGR della pratiche cosa può?

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3KURQHVLV 9LJQD Per rispondere alle tue domande ci vorrebbe la sfera di cristallo; ma io non ce l’ho... Si può comunque da qualche indizio, con timore e WUHPRUH IRUVH YHQLUH D GLUH FKH OD Ă€ORVRĂ€D YD YHUVR XQD FRPSUHQVLRQH H XQD PRGLĂ€FD]LRQH GHOOH IRUPH GHOO¡XPDQR FKH FRQVHQWD GL YLYHUH WXWWL RQHVWDPHQWH H SDFLĂ€FDPHQWH LQ XQD VRFLHWj PXOWLFXOWXUDOH Questo è ciò che oggi vedo anche come compito di fondamentale importanza. Questo compito mi pare che sia all’ordine del giorno sia SUHVVR JOL ´DQDOLWLFLÂľ VLD SUHVVR L ´FRQWLQHQWDOLÂľ 6H WX OHJJL +DEHUPDV R 5LFRHXU 7D\ORU R +RQQHWK %UDQGRP R 6HQ R OD 0DUWKD 1XVVEDXP HFF ecc. puoi facilmente avere questa impressione di fondo. Si va, insomma, verso la comprensione e la coltivazione delle relazioni degli umani in quanto semplicemente umani, una volta scontata la loro diversitĂ di storia, di credenze e di culture. 2UD SHU IDU TXHVWR OD Ă€ORVRĂ€D GHYH FRQWLQXDUH DG HODERUDUH F¡q JLj un cantiere aperto in questo senso) dei contenuti teorici che dicano propriamente che cos’è l’universale dell’umano. Se riesce a far questo, c’è SRVWR DQFKH SHU OD Ă€ORVRĂ€D QHO VHQVR FKH XQD YROWD PHVVL LQVLHPH D YLYHUH gli esseri umani, si può andare con piĂš libertĂ e agio a inseguire anche delle questioni puramente teoriche. Resta comunque il fatto che prima ancora delle differenze culturali, sarebbero da affrontare le enormi diseguaglianze di ricchezza e di chances di vita. Non si può far teoria, se non si è liberi dal bisogno immediato. Aristotele giĂ lo scriveva. Ma anche Gramsci diceva lo stesso quando osservava che l’idealismo non è in sĂŠ una cosa falsa; anzi, l’idealismo è vero. Solo che può essere abbracciato solo quando le contraddizioni della vita pratica sono risolte. $ YROWH PL YLHQ GD SHQVDUH FKH IDU Ă€ORVRĂ€D VLD XQ OXVVR FKH VROR JOL occidentali possono veramente permettersi. Altri devono pensare a vivere, H D YLYHUH LQ FRQGL]LRQL GLIĂ€FLOL 0HWWLDPROD DQFKH FRVu LO ODYRUR WHRULFR q una sorta di lusso che qualcuno pure deve permettersi, per non smarrire la memoria della veritĂ . Ma di certo il compito storico piĂš urgente oggi non è di lavorare a una pura teoria, ma alle forme dell’ortoprassi e dell’etica pubblica.

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3KURQHVLV Phronesis: 4XL SHUR /HL VWD GDQGR SHU VFRQWDWR FKH TXDORUD OD ÀORVRÀD ULHVFD D WURYDUH XQD risposta o un giro di risposte qualcuno voglia ascoltarla. C’è questo ottimismo di fondo. 9LJQD Sì, io sono per natura incline all’ottimismo. Penso che se il lavoro teorico riesce a venire a capo, per l’essenziale, dei compiti che gli sono propri nella contemporaneità, nel giro di mezzo secolo, diventa “vulgata” e può improntare il comportamento delle masse. Abbiamo qualche esempio da poter citare. Nietzsche nei primi del Novecento ha detto delle cose che poi sono diventate, appunto, “vulgata” nella seconda metà del Novecento. Direi che, in generale, il lavoro teorico anticipa di almeno mezzo secolo ciò che poi accade nella società. Perciò, se noi riusciamo a guadagnare una qualche consapevolezza teorica dell’importanza della cura dell’umano che ci è comune, questa consapevolezza può diventare il fondamento di una pratica politica unitaria e universalmente diffusa. Può diventare il sapere condiviso di un governo universale o di qualcosa che gli assomiglia. L’idea kantiana della pace perpetua non è poi una cosa dell’altro mondo, se per pace perpetua si intende che non ci sarà più guerra come noi ancora la conosciamo. Sono tramontate, pare (o si spera), le guerre mondiali, UHVLVWRQR VROR OH JXHUUH ORFDOL 3HUFKp QRQ SRWUHEEHUR VSDULUH SXUH TXHOOH" 3HUFKp QR" 3HUFKp LO PRQGR LQWHUR QRQ GRYUHEEH GLYHQWDUH SDFLÀFR FRPH O·(XURSD RGLHUQD" Phronesis: È un’idea molto bella. Però l’Europa non sembra molto consapevole di questa missione né di questa fortuna. Pensiamo di essere vecchi, perdenti e morenti e che se siamo più “cinesi”, “indiani”, “statunitensi”, ci possiamo salvare meglio. 9LJQD No, penso che l’Europa sappia di essere una terra fortunata, di questi tempi, anche se nessuno fa proclami in proposito. Certo, non stiamo benissimo; ci manca ora lo sviluppo, la crescita. Ma quanto alla condizione di pace, che pure è fondamentale, l’Europa a me pare un buon modello. Meglio che gli Stati Uniti, dove la violenza è endemica molto più che da noi. 72

Conversazioni


3KURQHVLV Phronesis: Ma Lei non ha la sensazione che il modello di cui parla non si possa espandere perchĂŠ è necessario che alcune persone restino a fare “i serviâ€? o i proletari del mondo ricco. Del resto se un modello è ecologicamente ed economicamente insostenibile e nessuno vuole che diventi sostenibile, questa divisione è necessaria. Ad esempio: noi occidentali VWLDPR DO PRPHQWR PDQJLDQGR LO SHVFH GHJOL DOWUL FRQWLQHQWL GRSR DYHU Ă€QLWR LO QRVWUR se l’europeo deve mangiare la spigola vuol dire che qualcuno non la deve mangiare. Mi sembra ci aspetti un lavoro enorme, di aumento della consapevolezza, ma anche di autolimitazione ecc. 9LJQD A breve, penso sia necessario, come dici tu, limitare, anche drasticamente, i consumi, perchĂŠ tutti possano avere una vita dignitosa. Ma se si riuscisse ad avere fra cinquanta, fra cento anni, un governo che fosse in qualche maniera planetario, cioè se le Nazioni Unite non fossero soltanto uno scatolone vuoto (come adesso sono), ma un luogo di governo politico del mondo; insomma, se si riuscisse a far sĂŹ che la politica e non l’economia R SHJJLR O¡HFRQRPLD Ă€QDQ]LDULD JRYHUQL PROWH FRVH GLYHQWHUHEEHUR GLYHUVH &HUWR Ă€QFKp VRQR OH EDQFKH D IDUH LO EHOOR H LO FDWWLYR WHPSR QRQ si avrĂ una equilibrata distribuzione delle risorse disponibili. /R KDQQR RUDPDL FDSLWR WXWWL VLDPR DUULYDWL DOO¡LQWHUQD]LRQDOL]]D]LRQH GHJOL VFDPEL HFRQRPLFL H LO FDSLWDOH Ă€QDQ]LDULR q GLYHQWDWR JOREDOH PD non è ancora diventata globale la politica, purtroppo. Dobbiamo riuscire in questo. Ci riusciremo... Phronesis: Anche perchĂŠ, in caso contrario, l’alternativa piĂš plausibile sembra essere quella UDIĂ€JXUDWD LQ PROWL Ă€OP GL 6) LO PRQGR JRYHUQDWR GDOOH FRUSRUDWLRQ LQWHUQD]LRQDOL /H ricordo la seconda parte della domanda: in tutto questo quale potrebbe essere il ruolo GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD" Vigna ,O UXROR GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD LR OR YHGR LQ TXHVWR QHO FRQWULEXLUH D FROWLYDUH Oj GRYH q SRVVLELOH H Ă€Q GRYH q SRVVLELOH OD JUDQGH]]D GHOOD UDJLRQH quanto all’agire. Non il corpo con le sue urgenze, nĂŠ il mondo emotivo,

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3KURQHVLV ma il logos deve governare, come ho piĂš volte asserito. E aggiungo. Se OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FRQWULEXHQGR D SURGXUUH UD]LRQDOLWj QHO PRQGR cioè poi coltivando l’ortoprassi con il rivolgersi in particolare a tutte le persone che non sono credenti, potesse pure allearsi con la buona pratica religiosa (anch’essa rivolta, anche se in altra maniera, all’ortoprassi), piĂš gettonata dai credenti, l’impresa diverrebbe piĂš robusta e piĂš universale.

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Conversazioni


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3KURQHVLV Lettere su Stefano Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD ÀORVRÀFD 0LPHVLV 0LODQR 8GLQH

di Augusto Cavadi e Carlo Basili

Caro Carlo, c’è qualcosa di paradossale che a discutere di un libro ci sia un grafomane FRPH PH H XQ DSRIDWLFR R IRUVH PHJOLR XQ DSRJUDĂ€FR FRPH WH 0D QRQ sarebbe la prima volta, da Eraclito in poi, che da due opposti scaturisca qualcosa di decente. Il libro è del nostro comune amico Stefano Zampieri che, ancora una volta, sembra trovare - platonicamente - una via media fra lo scrivere e il conversare perchĂŠ scrive come se conversasse con il lettore e VSHVVR DQ]L ULIHULVFH VRVWDQ]LDOPHQWH GLDORJKL Ă€ORVRĂ€FL HIIHWWLYDPHQWH UHDOL]]DWL FRQ VXRL RVSLWL 7URYL DQFKH WX VDJJLR TXHVWR UHJLVWUR GLVFRUVLYR" *** Caro Augusto, hai ragione, per quanto riguarda la facilitĂ di scrittura non potremmo essere SL GLYHUVL ,R FHUFR GL GDUH GLJQLWj DOOD PLD ´DSRJUDĂ€DÂľ FRPH OD FKLDPL WX SHQVDQGR FKH LQ Ă€Q GHL FRQWL DQFKH $FKHQEDFK ODPHQWDYD QHO VXR SULPR libro di avere problemi di scrittura. Con la differenza che il Nostro, prima e dopo questa lamentazione, non ha mai smesso, per fortuna, di scrivere. Accolgo volentieri la tua sollecitazione sulla natura discorsiva adottata da Stefano Zampieri in questo suo libro. Io preferirei parlare di registro o stile “narrativoâ€?, confortato in questo dalle parole dell’autore secondo il quale il suo lavoro è “il resocontoâ€? di un itinerario, “il tentativo di narrare LO SHUFRUVR GHOOD ULFHUFDÂľ OD ´PHVVD LQ VFHQD GL XQD HVSHULHQ]D Ă€ORVRĂ€FDÂľ Questa ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD, mi pare che su questo possiamo essere d’accordo, deve quindi essere considerata non come un manuale ma come Phronesis, n.17, anno 2011

77 Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD ÀORVRÀFD, di Augusto Cavadi e Carlo Basili


3KURQHVLV una sorta di racconto in cui l’autore offre ai suoi lettori un percorso, il proSULR GL YLWD Ă€ORVRĂ€FD /D SDUROD ´LQWURGX]LRQHÂľ SUHVHQWH QHO WLWROR H FKH potrebbe trarre in inganno, non deve far pensare che ci si trovi di fronte ad una sorta di trattato introduttivo che permetta al lettore di affrontare, in un secondo momento, gli aspetti piĂš profondi di una determinata disciplina o pratica. “Introduzioneâ€? qui deve essere intesa nel suo senso piĂš letterale, quello che richiama all’essere portato dentro, introdotto in un luogo che l’autore vuole condividere e che vuole far conoscere al lettore. Il luogo delle scelte personali, del dialogo interiore, delle relazioni che formano l’esperienza dell’autore. Puoi forse pensare che io mi stia perdendo in considerazioni stilistiche e collaterali, invece questa “divagazioneâ€? mi permette di andare subito al cuore di quella che considero una delle questioni centrali delle pratiche Ă€ORVRĂ€FKH H GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD LQ SDUWLFRODUH PL ULIHULVFR DO IDWWR FKH SHU LO Ă€ORVRIR SUDWLFR VL WUDWWD QRQ VROR GL GLPRVWUDUH OD SURSULD FRPpetenza quanto di possedere la capacitĂ di mettersi in gioco personalmente, il che vuol dire che egli deve fare della sua professione un momento di ricerca personale, un modo per prendersi cura della propria esistenza. Mi pare che Stefano Zampieri si collochi pienamente, in questo libro come nei precedenti, in una prospettiva di ricerca personale e infatti la GLFKLDUD HVSOLFLWDPHQWH ÂŤFLz FKH VL FKLHGH >DO Ă€ORVRIR SUDWLFR@ q FKH HJOL incarni il ruolo di qualcuno che ha educato se stesso e dunque ha fatto esperienza, ovvero di qualcuno che ha costruito un’esperienza attraverso un lavoro su di sĂŠ che è anche formazione, ma che sarebbe nulla (erudizione, ars mnemonica...), se non fosse rivolto a se stesso, se non si trattasse del percorso che egli ha intrapreso nella sua stessa esistenza, se non fosse un momento d’una pratica di cura di sĂŠ che ci fa costruire noi stessiÂť. ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD è precisamente il racconto e, allo stesso temSR OD SUDWLFD GL TXHVWD Ă€ORVRĂ€FD FRVWUX]LRQH GL VH VWHVVL 8Q SHUFRUVR FKH mostra, giĂ nel modo in cui si svolge, i suoi punti di riferimento. Ciascuno dei capitoli di questo libro è composto infatti di tre momenti. Una parte LQL]LDOH LQ FXL O¡DXWRUH SURSRQH GLYHUVH FLWD]LRQL WUDWWH GDOOD OHWWHUDWXUD Ă€ORVRĂ€FD XQD SDUWH FHQWUDOH FKH QDUUD XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD R FROORTXLR Ă€ORVRĂ€FR FRPH SUHIHULVFH FKLDPDUOD =DPSLHUL LQĂ€QH XQD WHU]D SDUWH GL gran lunga la piĂš ampia, che potremmo chiamare di dialogo interiore ed

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3KURQHVLV esercizio di scrittura. 5DSSRUWR FRQ OH OHWWHUDWXUD Ă€ORVRĂ€FD HVSHULHQ]D GL UHOD]LRQH FRQ JOL altri (quella particolare relazione che si instaura nello studio del consulente Ă€ORVRĂ€FR HODERUD]LRQH WHRULFR SHUVRQDOH VRQR TXHVWH PL VHPEUD OH FRRUGLQDWH HQWUR OH TXDOL VL VQRGD LO VXR SHUFRUVR GL YLWD Ă€ORVRĂ€FD Di questi tre momenti quello di gran lunga piĂš sviluppato è il terzo ovvero l’esercizio di elaborazione teorica che va a toccare tutti i temi cari all’amico Zampieri e di cui credo che ci sarĂ modo, caro Augusto, di parlare tra noi. Vorrei invece sottolineare il curioso e originale “trattamentoâ€? che in TXHVWR OLEUR YLHQH ULVHUYDWR DOOD OHWWHUDWXUD Ă€ORVRĂ€FD H DL UHVRFRQWL GHL FROORTXL FRQVXOHQ]H Ă€ORVRĂ€FKH 6RQR WXWWL H GXH FRQĂ€QDWL LQ TXDOFKH PRGR LQ VSD]L D ORUR GHGLFDWL H VHSDUDWL DQFKH JUDĂ€FDPHQWH GDOOD ULĂ HVVLRQH YHUD H SURSULD , ULIHULPHQWL Ă€ORVRĂ€FL QRQ VL WURYDQR Oj GRYH FL DVSHWWHUHPPR di trovarli, cioè al centro del discorso piĂš propriamente teorico pronti a rafforzare le argomentazioni, a correggere gli errori, ad aprire nuovi orizzonti. Le citazioni non si trovano a piè di pagina per dare conferma e soliditĂ alle posizioni espresse, anzi, da questo punto di vista, quello di cui ci stiamo occupando è un libro senza citazioni. Troviamo invece i riferiPHQWL Ă€ORVRĂ€FL DL YDUL DXWRUL UDJJUXSSDWL WXWWL LQVLHPH DOO¡LQL]LR GL RJQL FDpitolo, in esergo (ex-ergon) che etimologicamente vuol dire appunto fuori dall’opera. E lĂŹ rimangono, senza interagire direttamente con le altre parti che formano i vari capitoli. 6WHVVD VRUWH q ULVHUYDWD DL EUHYL DFFHQQL DOOH FRQVXOHQ]H Ă€ORVRĂ€FKH FKH si trovano anch’essi, in corsivo, all’inizio di ogni capitolo. PiĂš che dei resoconti mi sembrano degli intensi e partecipati ritratti che ci fanno conoscere persone e non consultanti, che narrano di incontri e non di casi. Anche LQ TXHVWD RFFDVLRQH FRVu FRPH DYYLHQH SHU L ULIHULPHQWL Ă€ORVRĂ€FL OD VWRULD GHO FRQVXOWDQWH RVSLWH QRQ HQWUD GLUHWWDPHQWH QHOOD VXFFHVVLYD ULĂ HVVLRQH teorica, non viene analizzata, scomposta, presa ad esempio per chiarire l’argomento che si vuole trattare. Mi sono chiesto il perchĂŠ di questo andamento originale del discorso. La risposta che mi sono dato è che tutto questo dipenda sempre dalla modalitĂ narrativa scelta dal nostro autore, vale a dire che questo accorgimento stilistico mi pare sia un modo per esprimere l’esigenza di condividere e mostrare la propria esperienza nel suo farsi e

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Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLUD ÀORVRÀFD di Augusto Cavadi e Carlo Basili


3KURQHVLV non solo i suoi risultati teorici. Un modo per descrivere un’esperienza che coinvolge tutta la nostra persona e non solo il ricercatore e il professioniVWD 0RPHQWL GL YLWD H QRQ ´GDWLÂľ GD PDQLSRODUH H XWLOL]]DUH D Ă€QL WHRULFL Per questo rimangono un po’ separati, abbozzati e non analizzati, e cosĂŹ lasciano al lettore, almeno a me, la libertĂ di immaginare lunghe ore passate a meditare sui libri preferiti e incontri che ti cambiano la vita. 8Q XOWLPD ULĂ HVVLRQH VHPSUH QHOOD SURVSHWWLYD GHOOD PLD LQWHUSUHWD]LRQH VWLOLVWLFD GL TXHVWD ´LQWURGX]LRQH DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FDÂľ 9RUUHL VRWWROLQHDUH come la scrittura di Zampieri non sia solo la narrazione e la teoria di una pratica ma pratica essa stessa. In questo dando una implicita risposta alla questione, assai dibattuta in ambito specialistico, sulla possibilitĂ di suSHUDUH QHOOR VFULYHUH GL SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD OD IRUPD GHOOD FRPXQLFD]LRQH teoretica (metapratica – discorso sulla pratica) per arrivare ad una pratica che si produce nel momento stesso in cui si narra. Qui conviene ascoltare O¡DXWRUH Š,O PRPHQWR GHOOD VFULWWXUD QRQ UDSSUHVHQWD LQ TXHVWR FDVR LO VHPSOLce verbale di un gesto avvenuto altrove, ma in molti casi rappresenta il momento del dialogo interiore...di cui queste pagine sono, talvolta, non semplicemente lo specchio ma prima di tutto il gesto.Âť Ăˆ giunto il momento di cederti la parola, caro Augusto, anche perchĂŠ ho il timore di diventare prolisso e questo, viste le premesse, sarebbe veramente paradossale... *** Caro Carlo, paradossale sino a un certo punto. Mi pare abbastanza comprensibile che uno che scrive, per propria scelta, molto poco, abbia molto da scrivere se gli se ne presenta l’occasione (o, per cosĂŹ dire, l’obbligo). E questo spiegherebbe, simmetricamente, la mia tendenza progressiva - visto che scrivo spesso – a scrivere sempre piĂš sinteticamente. Ma torniamo al libro di Stefano e, dando per scontato, il molto che condividiamo, proviamo a inserire qualche punto interrogativo. Nella copia che ho in mano ce ne sono tanti, PD PROWL WRFFDQR SDVVDJJL WXWWR VRPPDWR VHFRQGDUL ULVSHWWR DO Ă€OR URVVR

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3KURQHVLV FRQGXWWRUH SHU HVHPSLR Oj GRYH O¡DXWRUH VRVWLHQH FKH SHU OXL ´YLWD Ă€ORVRĂ€FDÂľ HTXLYDOH DOOD ´VDJJH]]DÂľ GL FXL SDUOD /DKDY LO TXDOH SHUz ´Ă€QLVFH SHU annegarla in una visione mistica dell’esistenzaâ€? (laddove, a mio parere, il titolo 2OWUH OD Ă€ORVRĂ€D è fuorviante perchĂŠ, dalle pagine effettivamente scritte, si evince che Lahav propone di andare oltre un certo modo di intendere OD Ă€ORVRĂ€D QRQ GL WUDYDOLFDUQH L OLPLWL HSLVWHPLFL 6SLD GL XQD SRVL]LRQH di Stefano per nulla secondaria è invece il suo giudizio su Achenbach in quanto esponente di ÂŤquella forma di neo-stoicismo che è un po’ il luogo FRPXQH GL PROWD Ă€ORVRĂ€D DWWXDOH IRUVH SHUFKp FRQ LO VXR FRQWHQXWR GL rinuncia, di autolimitazione del soggetto, e di sudditanza al destino o alla natura, ben si adatta a rimpiazzare un modello etico cristiano ormai in disarmoÂť 3HUFKp TXHVWR JLXGL]LR QRQ PL FRQYLQFH SHU QXOOD" 7UDODVFLDPR una questione marginale (“in disarmoâ€? è solo il modello etico cristiano o LO PRGHOOR HWLFR WRXW FRXUW" 3L UDGLFDOPHQWH FUHGLDPR GDYYHUR DOOD IDYROD GL XQ PRGHOOR HWLFR FULVWLDQR RULJLQDOH H VSHFLĂ€FR R FLz FKH FRVu GHVLJQLDPR QRQ q SLXWWRVWR XQ PL[ GL VDSLHQ]D HEUDLFD Ă€ORVRĂ€D JUHFD GLULWWR URPDQR H PROWR DOWUR GL VHFROR LQ VHFROR" H DQGLDPR DO FHQWUR $ PLR DYYLVR OD Ă€ORVRĂ€D RFFLGHQWDOH ² PD IRUVH OD Ă€ORVRĂ€D VHQ]D DJJHWWLYL ² HVLJH XQD RS]LRQH LQL]LDOH H IRQGDQWH R OHJJR O¡HVVHUH OD UHDOWj OD QDWXUD O¡XQLYHUVR alla luce dell’uomo o leggo l’uomo alla luce dell’essere. Socrate, Agostino, &DUWHVLR .LHUNHJDDUG 6DUWUH ² H =DPSLHUL ² VL ULFRQRVFRQR QHOOD SULPD direzione; altri, sulla scia di Aristotele, Tommaso d’Aquino, Spinoza, Marx, +HLGHJJHU FL ULFRQRVFLDPR QHOOD VHFRQGD SURVSHWWLYD Con una formula, brutale come tutte le formule, antropocentrismo versus ontocentrismo. Per me, formatomi in ambiente cristiano, è stato duro liberarmi dall’antropocentrismo che vede nell’uomo il rappresentante di Dio nell’universo e trovo che il neo-stoicismo alla Achenbach può essere YLVWR FRPH XQ VXUURJDWR GHO FULVWLDQHVLPR VROR GDO SXQWR GL YLVWD PRUDOH dal punto di vista teoretico, invece, il neo-stoicismo è esattamente il capovolgimento critico e intenzionale dell’antropocentrismo biblico (ebraico, cristiano e islamico). Che poi, in questo ripartire dall’extra-umano come presupposto e orizzonte del pensare, si debba cercare di evitare un totale livellamento dell’umano rispetto al non-umano, è una questione che ci porterebbe troppo lontano.

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Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD ÀORVRÀFD di Augusto Cavadi e Carlo Basili


3KURQHVLV *** Caro Augusto, ma sĂŹ, meglio inserire qualche punto interrogativo, anche per evitare che la comune amicizia che ci lega a Stefano Zampieri possa trasformare questo nostro dialogo in una sorta di involontaria celebrazione. &RQGLYLGR SLHQDPHQWH LO WXR JLXGL]LR VX 5DQ /DKDY VHPEUD DQFKH D PH FKH VLD XQ SR¡ IRU]DWR H IRUVH LQJLXVWR LPSXWDUH DO Ă€ORVRIR LVUDHOLDQR GL DYHU IDWWR SURSULD XQD YLVLRQH PLVWLFD H GXQTXH QRQ Ă€ORVRĂ€FD GHOO¡HVLstenza. Sono talmente d’accordo che nella recensione al suo ultimo libro, 2OWUH OD Ă€ORVRĂ€D, apparsa nel precedente numero di questa rivista, ho scritto che il percorso di Lahav ÂŤpuò essere collocato senza esitazioni dentro la Ă€ORVRĂ€DÂŞ 3XU YHUR FKH TXHVWR OLEUR GL /DKDY DO TXDOH DQFKH WX IDL ULIHULPHQWR DUULYD Ă€QDOPHQWH D IDUH FKLDUH]]D GRSR DQQL GL SUDWLFKH H GL VFULWWL che hanno di certo contribuito al formarsi di una interpretazione “misticaâ€? del suo lavoro. Probabilmente l’uscita quasi contemporanea del libri di Lahav e di quello di Zampieri ha impedito a quest’ultimo di tenere nel GHELWR FRQWR TXHVWD SL UHFHQWH H VL VSHUD GHĂ€QLWLYD FKLDULĂ€FD]LRQH GHO pensiero lahaviano. PiĂš complesso il discorso per quanto riguarda Achenbach. Non entro nel merito dei rapporti tra visione stoica e cristiana, argomento troppo complesso da affrontare nel poco spazio a disposizione e sul quale mi afĂ€GR YROHQWLHUL DOOD WXD FRPSHWHQ]D 9RUUHL GLUH LQYHFH TXDOFKH SDUROD VXOOD collocazione di Achenbach nel campo dei neo-stoici, collocazione rispetto alla quale mi pare che tu e Stefano siate piĂš o meno d’accordo. Achenbach è autore di molti libri, non tutti della medesima qualitĂ , nei TXDOL VL FRQIURQWDQR FRPH LQ XQ FDQWLHUH Ă€ORVRĂ€FDPHQWH DSHUWR PROWH concezioni. Sicuramente, come nota Zampieri, in alcuni suoi scritti, soprattutto nel Libro della quiete interiore, indulge troppo spesso alla cosiddetta PRGD QHR VWRLFD TXHVWR SHUz QRQ EDVWD SHU LQVHULUH WXWWD OD VXD ULĂ HVVLRQH in questa cornice e neanche per farne il contesto da cui nasce, e in cui trova la sua giusta collocazione, una delle sue concezioni piĂš feconde, quella della capacitĂ di saper vivere. Anche in questo caso il discorso sarebbe troppo complesso, mi limito a fornire un esempio di come, per quanto riguarda

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3KURQHVLV i rapporti con lo stoicismo antico e moderno, il pensiero di Achenbach sia talmente articolato da arrivare quasi al limite della contraddittorietĂ . 1HOO¡LQGLFDUH L UDSSUHVHQWDQWL GL TXHOOD ´Ă€ORVRĂ€D GHOOD SUHWHVDÂľ LQ RSSRVL]LRQH DOOD TXDOH FRVWUXLVFH OD SURSULD FRQFH]LRQH GHOOD Ă€ORVRĂ€D H GHOOD 3KLORVRSKLVFKH 3UD[LV LO Ă€ORVRIR WHGHVFR FLWD SURSULR GXH FDPSLRQL ULFRnosciuti dello stoicismo come Seneca ed Epitteto oltre che (udite, udite) 6RFUDWH QXPH WXWHODUH GL WXWWL L Ă€ORVRĂ€ SUDWLFDQWL &Lz GLPRVWUD OD FRPplessitĂ dell’intera opera achenbachiana e forse anche il fatto che sarebbe JLXQWR LO PRPHQWR GL GHGLFDUOH XQD ULĂ HVVLRQH SXQWXDOH H FKH VHJXD SDVVR passo il suo, spesso tortuoso, sviluppo. Ai tuoi punti interrogativi vorrei ora aggiungere i miei. Uno solo in veritĂ ma situato al centro del progetto di questo libro, visto che riguarda il suo scopo e, si potrebbe dire, la sua stessa ragione di esistenza. Zampieri afferma infatti che l’obiettivo di questo libro è quello di raccontare come H SHUFKp OD YLWD Ă€ORVRĂ€FD SRVVD HVVHUH FRQVLGHUDWD OR ´VFRSR Ă€QDOHÂľ GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD ´LO VXR Ă€QH SULPR H XOWLPRÂľ Confesso che questa impostazione mi pone qualche problema. Infatti sono stato abituato, prima nella mia formazione e poi nella mia pratica GL FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR D FRQVLGHUDUH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FRPH XQ SHUFRUVR DSHUWR LQ FXL OH Ă€QDOLWj JOL VFRSL H JOL HVLWL YHQJRQR GHFLVL QHO dialogo tra consulente e consultante. In questo senso penso che nessuna SURVSHWWLYD QHDQFKH TXHOOD Ă€ORVRĂ€FD SRVVD HVVHUH SUHGHWHUPLQDWD H GHFLsa in partenza, anzi prima di partire, dal consulente. ,O IDWWR FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD SRVVD HVVHUH FRQVLGHUDWD XQ PRPHQWR GL Ă€ORVRĂ€D SUDWLFDWD H YLVVXWD H TXLQGL XQ SHUFRUVR GL YLWD Ă€ORVRĂ€FD QRQ LPSOLFD D PLR SDUHUH FKH TXHVWD VWHVVD YLWD Ă€ORVRĂ€FD LQ TXDOVLDVL PRGR la si voglia intendere, debba essere indicata come modello di vita per il FRQVXOWDQWH ,QIDWWL OD Ă€ORVRĂ€D q XQD GLVFLSOLQD FKH QHO VXR IDUVL PHWWH LQ gioco anche se stessa e trasmette questo suo tratto di radicale apertura epiVWHPRORJLFD DQFKH DOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FKH FRPH GLFH $FKHQEDFK ÂŤnon dispone in senso positivo di alcuna teoria che sia solo applicabileÂť, e si presenta quindi come “metateoria praticanteâ€?. D’altra parte alcune GHOOH YRFL SL UDGLFDOL GL FULWLFD DOOD Ă€ORVRĂ€D VRQR VWDWH SURQXQFLDWH DO VXR interno, si pensi anche a Marx, Nietzsche, Freud, LĂŠvinas e tanti, tanti altri. &KH OD YLWD Ă€ORVRĂ€FD VLD XQ PRGHOOR GD VHJXLUH q GXQTXH RSLQLRQH FKH

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Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD ÀORVRÀFD di Augusto Cavadi e Carlo Basili


3KURQHVLV SXz HVVHUH Ă€ORVRĂ€FDPHQWH GLVFXVVD H FULWLFDWD H LO IDWWR FKH TXHVWR PRGHOOR VLD IDWWR SURSULR GDO FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR QRQ FRPSRUWD FKH HVVR debba essere automaticamente fatto valere nei confronti del consultante. Sembra invece possibile, per quanto paradossale possa sembrare, che l’esiWR GL XQD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD EHQ ULXVFLWD SRVVD HVVHUH SHU LO FRQVXOWDQWH quello di intraprendere, in modo responsabile e consapevole, una vita non Ă€ORVRĂ€FD ,QVRPPD SXU HVVHQGR FRQYLQWR FRQ =DPSLHUL GHL SUHJL GL XQD YLWD YLVVXWD Ă€ORVRĂ€FDPHQWH SRVVR SXU VHPSUH LPPDJLQDUH XQ FRQVXOWDQWH che facesse propria una concezione della vita come quella che Erasmo fa SURQXQFLDUH DOOD )ROOLD ÂŤSe i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza... Se solo fossero piĂš fatui, allegri e dissennati...Âť. Lo stesso Zampieri sembra comunque stemperare quella “formula asVDL UDGLFDOHÂľ VHFRQGR FXL OR VFRSR GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD q TXHOOR GL LQGLUL]]DUH LO FRQVXOWDQWH YHUVR XQD YLWD Ă€ORVRĂ€FD 9LHQH VSHFLĂ€FDWR FKH questa indicazione non deve essere intesa in senso ultimativo, non come “imperativoâ€? cioè ma piuttosto come “testimonianzaâ€?, condivisione di un percorso personale. Altrove però, come passando da un estremo all’altro, WHQWD LQYHFH XQD VRUWD GL IRQGD]LRQH GHOOD Ă€ORVRĂ€D H GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD FRQVLGHUDQGR OD SULPD FRPH SUROXQJDPHQWR H DWWXD]LRQH GHOOH FDratteristiche piĂš naturali dell’essere umano e l’altra, intesa come iniziazione DOOD YLWD Ă€ORVRĂ€FD TXDVL O¡XQLFR PRGR SHU VIXJJLUH DG XQD VRFLHWj DOLHQDWD H PHUFLĂ€FDQWH 4XHVWD RVFLOOD]LRQH WUD ´WHVWLPRQLDQ]DÂľ GL YLWD Ă€ORVRĂ€FD GD XQD SDUWH H ´IRQGD]LRQHÂľ GHOOD Ă€ORVRĂ€D GDOO¡DOWUD PL VHPEUD FKH GHOLPLWL EHQH LO FDPSR HQWUR LO TXDOH VL VYROJH OD ULĂ HVVLRQH GL =DPSLHUL LQ HVVD ULVLHGH IRUVH LO VLJQLĂ€FDWR SURIRQGR GL TXHOOD ´YHULWj ORFDOHÂľ SHUVRQDOH FRQtingente e non assoluta, che è uno dei concetti cardine del nostro autore. Continuando a guardare a questo libro di Zampieri assumendo come SXQWR GL RVVHUYD]LRQH OR VWXGLR GHO FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR PROWL SRWUHEEHUR HVVHUH JOL VSXQWL GL ULĂ HVVLRQH H OH LQGLFD]LRQL XWLOL D FKL JXDUGD DOOD Ă€ORVRĂ€D GD XQ SXQWR GL YLVWD SURIHVVLRQDOH &KH QH GLFL" *** Caro Carlo, VH ULVSRQGR D TXHVWD WXD XOWLPD GRPDQGD PL YHUUj GLIĂ€FLOH HYLWDUH GL UL-

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3KURQHVLV prendere il registro laudativo del libro di Stefano che, in effetti, ha il grande merito di costringere amabilmente ognuno di noi a una seria revisione del SURSULR PRGR QRQ VROR GL LQWHQGHUH OD Ă€ORVRĂ€D PD VRSUDWWXWWR GL LQFDUnarla. Oserei dire - fra il serio e il faceto – che queste pagine sono talmente impegnative da mettere in dubbio che lo stesso autore sia all’altezza del suo modello (sia pur in senso del tutto particolare, peculiare). Invece preferisco chiudere evidenziando, nella oscillazione che tu acutamente hai intravisto del discorso di Stefano fra ‘testimonianza’ e ‘fondazione’, la vulnerabilitĂ della sua categoria di veritĂ â€˜locale’. Intendo dire che una cosa è dire - come la stragrande maggioranza dei pensatori contemporanei – che una veritĂ assoluta è inesistente (o per lo meno inattingibile) e tutta un’altra cosa rinunziare, di fatto, ad aspirarvi. A mio avviso la grandezza tragica GHOOD Ă€ORVRĂ€D q SURSULR TXHVWD QRQ VL DFFRQWHQWD GL TXDOFRVD FKH VLD XQ centimetro al di sotto della veritĂ universale. Non sto affermando che abELDQR UDJLRQH L PHWDĂ€VLFL Qq VROR DOFXQL PHWDĂ€VLFL VWR VROR QRWDQGR FKH posso approdare ad una veritĂ â€˜locale’ solo un minuto dopo aver esalato O¡XOWLPR UHVSLUR GD Ă€ORVRIR 3HUFKp VLQR D TXHO PRPHQWR SRVVR WHPHUH o sperare che l’assoluto (logico o ontologico o assiologico o etico...) non sia alla portata del nous, ma non posso rinunziare a indagarne le ipotetiche YLH G¡DFFHVVR 3DUDIUDVDQGR .DQW SRWUHL GLUH FKH VLDPR GHJOL LQQDPRUDWL GHOOH YHULWj DVSD]LDOL H DWHPSRUDOL SL FKH XPDQH LQQDPRUDWL GHOXVL IHULWL travagliati, ma incapaci di cancellare dal fondo dell’anima questa tensione verso ciò che vale non solo qui, ora e per noi, ma dappertutto, sempre e per chiunque sia animale dotato di logos. Se poi per veritĂ â€˜locale’ si intendesse che ogni veritĂ può essere attinta solo da mortali localizzati, circoVFULWWL SULJLRQLHUL GHOOD VWRULD H GHOOD JHRJUDĂ€D VWDUHPPR VROR ULEDGHQGR l’ovvio. Ogni verità è relativa a parte hominis (tanto piĂš quanto quell’homo si ULWLHQH LQIDOOLELOH ´$QFKH WX VHL UHODWLYRÂľ VFULVVH PLR QLSRWH )HGHULFR VXOOR striscione del balcone di casa davanti al quale sarebbe passato in visita paVWRUDOH %HQHGHWWR ;9, OD TXHVWLRQH q VH OR VLD VHPSUH H QHFHVVDULDPHQWH anche a parte rei. E quando Zampieri avverte, qua e lĂ nel corso delle sue pagine, di non essere scettico o relativista, ritengo che alluda a qualcosa di non molto dissimile da ciò che vorrei maldestramente asserire qui. CosĂŹ ritengo o, forse, piĂš limitatamente, spero.

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Zampieri, ,QWURGX]LRQH DOOD YLWD ÀORVRÀFD di Augusto Cavadi e Carlo Basili



Repertorio



3KURQHVLV 3LHU $OGR 5RYDWWL D FXUD GL

&RQVXOHQWH H Ă€ORVRIR 2VVHUYDWRULR FULWLFR VXOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH (Mimesis Editore, Milano, 2009) di Paolo Cervari Il libro, a cura di Pier Aldo Rovatti, nasce da un convegno organizzato dall’2VVHUYDWRULR FULWLFR VXOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH nel 2008 a Trieste e, attraverso la messa in scena di piĂš interventi, di cui molti sono discussioni, intende, per lo meno secondo quanto recita la quarta di copertina, “fare il punto sullo VWDWR GL VDOXWH GHOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH LQ ,WDOLDÂľ 2UD SRVWR FKH LO VXGGHWto obiettivo, se tale era, non mi pare sia stato raggiunto poichĂŠ il contenuto del libro non presenta elementi di ricerca sociale e statistica, e nemmeno inchieste utili a illuminare la questione, il che non ci sorprende dato il criterio giornalistico con cui si scrivono le quarte di copertina, resta che il YROXPH DIIURQWD O¡DUJRPHQWR ´SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKHÂľ D SDUWLUH GD XQ SXQWR di vista ben determinato, che è quello dell’Osservatorio critico stesso, cosĂŹ FRPH GLFKLDUD QHOOD SUHID]LRQH 3LHU $OGR 5RYDWWL ÂŤLa proposta che faccio, a nome del gruppo dell’Osservatorio critico (‌) è un taglio critico, un PRGR GL DIIURQWDUH OD Ă€ORVRĂ€D VRSUDWWXWWR q O¡HVLJHQ]D GL PHWWHUH DO FHQWUR della questione il tema dei poteriÂť ( SRL DQFRUD SRFR GRSR ÂŤMettere al centro la questione dei poteri vuol dire mettere al centro la questione dei dispositivi entro cui siamo e che ci legano attualmente. E sapere, in questa situazione in cui è molto piĂš facile parlare di assoggettamento che del suo contrario, in cui appunto prevalgono e predominano i dispositivi, come possiamo lavorare a vantaggio della soggettivitĂ Âť. Quindi Rovatti prosegue parlando di “stare criticamente dentro i poteriâ€?, di “risveglio della VRJJHWWLYLWjÂľ H GL ´ORWWD PLFURĂ€VLFD GHQWUR OH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH VWHVVHÂľ (pp. 8-9). I riferimenti a Foucault sono evidenti. Ed è sempre su questo tono che il volume si apre con un intervento di Tiziano Possamai in cui la consuOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD YLHQH LQVHULWD DWWUDYHUVR XQD PDVVLFFLD PHVVD LQ FDPSR GL FLWD]LRQL IRXFDXOWLDQH DOO¡LQWHUQR GL LQWUHFFL GL QDWXUD SDUDGRVVDOH ÂŤUn altro intreccio di natura paradossale è emerso. Se prima era in termini di pratica e teoria adesso è in termini di governo e non governoÂť (p. 25). In

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Phronesis, n. 17, ottobre 2011 Rovatti, &RQVXOHQWH H ÀORVRIR, di Paolo Cervari


3KURQHVLV pratica, Possamai dice da una parte, e qui senza ricorrere a Foucault, per OR PHQR QRQ LQ PRGR HVSOLFLWR FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VL GLFH SUDWLFD ma in effetti è teorica, ovvero ha a che vedere con una “presa di distanzaâ€? GDO ´PRQGR GHOOD YLWDÂľ FKH q SURSULR GHOOD Ă€ORVRĂ€D WUDGL]LRQDOH H FKH LQ virtĂš di ciò corre il rischio di ÂŤrimanere sul piano di una semplice presa GL FRVFLHQ]DÂŞ S GDOO¡DOWUD SHU LQGDJDUH PHJOLR OD TXHVWLRQH FKH KD che vedere con l’ambito dell’azione, si rivolge per l’appunto al Foucault che tratta della governamentalitĂ (e del potere, e del dominio‌), per conFOXGHUQH FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VL WURYD SHU O¡DSSXQWR QHOO¡LQWUHFFLR paradossale che lega tra loro governare e non essere governati, ovvero, traduco io, potere e libertĂ , o meglio, per essere piĂš precisi, ma sempre con parole mie, si ritrova a fare sia il gioco di chi governa che quello (secondo Possamai, e con lui Rovatti, fondamentale) di chi da quel governo vuole liberarsi. Insomma, Possamai, compie il programma (foucaultiano) annunciato da Rovatti, o per lo meno ne svolge una parte, criticando la consulenza Ă€ORVRĂ€FD TXDVL IRVVH O¡,GHRORJLD WHGHVFD 2UD LQ TXHVWR QRQ F¡q QXOOD GL male, anzi ben venga, se non per due elementi che voglio qui segnalare. Il primo è di carattere pratico e concerne l’oggetto osservato dall’Osservatorio, che nella descrizione di Possamai, e pure nei desideri espressi da Rovatti nella prefazione, sembra essere (o meglio, dover essere) una conVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD VFKLHUDWD SHU OD OLEHUWj H OD FUHD]LRQH GL QXRYL VSD]L GL soggettivitĂ , antigovernamentale e in ultima analisi, consentitemi la semSOLĂ€FD]LRQH ULYROX]LRQDULD GL FRQWUR DOOD VXD FDWWLYD RPEUD H VRUHOOD FKH invece, ideologicamente, propone di migliorare la vita degli uomini e delle donne senza alcuna interna criticitĂ , ignara e cieca, quando non invece ambiguamente consapevole, ancella dei dispositivi di assoggettamento. Ora, non credo che sia cosĂŹ. Di fatto, voglio dire. Intanto, credo che effettivaPHQWH PROWL FRQVXOHQWL Ă€ORVRĂ€FL LQWHQGDQR H YRJOLDQR DLXWDUH SHUVRQH H gruppi, organizzazioni e societĂ a, ingenuamente se vogliamo, migliorare, e qualora lo facciano all’interno di un pensiero, o meglio di una posizione politica, di tipo che so, per esempio, neoliberista, ebbene, tuttavia esistono e quand’anche “criticatiâ€? dalla prospettiva dell’Osservatorio critico continuerebbero a operare serenamente senza che nessuno, spero, possa pensaUH GL GLVFRQRVFHUOL LQ TXDQWR FRQVXOHQWL Ă€ORVRĂ€FL SHUFKp VHUYL GHO SRWHUH

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3KURQHVLV ,QROWUH H SHU FRQYHUVR FKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD R OH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH DEELDQR FRPH RELHWWLYR OD FKLDULĂ€FD]LRQH GHO SHQVLHUR H OR VYLOXSSR GHO pensiero critico, la coerenza del pensiero con l’azione e quant’altro vogliamo convenire in merito, non implica affatto l’assunzione di un apparato categoriale foucaultiano, di una certa idea di potere, di una certa idea di libertĂ , del concetto di dispositivo come operatore di assoggettamento e FRVu YLD ( QHPPHQR LPSOLFD FKH LO FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR YRJOLD R GHEED operare in vista di ideali caratterizzabili secondo quell’apparato categoriaOH VWHVVR 7DQW¡q FKH TXDQG¡DQFKH WXWWL L FRQVXOHQWL Ă€ORVRĂ€FL GHO PRQGR presente e futuro (cosa peraltro impossibile, come osservava Perelman) convenissero pure, per esempio, sul fatto che lavorano per il “risveglio della soggettivitĂ â€? o per una maggiore libertĂ , sono certo, e credo che quest’affermazione sia condivisibile, che non sarebbero facilmente d’accordo sulla nozione di soggetto e libertĂ implicata in queste espressioni, nĂŠ vedo come potrebbero accettare come obbligante il punto di vista del Foucault presentato nelle pagine che stiamo analizzando. E qui veniamo al secondo elemento che volevo segnalare, che è di carattere teoretico e ha che vedere proprio con il Foucault che emerge da molti passaggi di questo libro. A prescindere dalla questione relativa alla legittimitĂ di un posizionamento teorico cosĂŹ forte nel momento in cui si vuole SDUODUH GL SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH PL SDUH FKH LO )RXFDXOW SUHVHQWDWR GDOO¡2VVHUYDWRULR FULWLFR DSSDLD XQ SRFR VHPSOLĂ€FDWR 1RQ SRVVR HQWUDUH QHO PHrito piĂš di tanto per motivi di spazio, ma per essere sintetici mi limiterò a dire che mi pare ci venga presentato un mondo in cui ci sono da una parte delle forze di potere, o meglio sarebbe dire, in linea con Foucault, di dominio, che è diverso dal potere, che hanno come esito o forse addirittura come scopo l’“assoggettamentoâ€? e la negazione o la riduzione della libertĂ e della soggettivitĂ . Dall’altra, vi sarebbero soggetti o persone o comunque altre forze che vogliono avere meno governo e piĂš libertĂ . Gli autori citati mi scuseranno per una critica che probabilmente forza un poco le loro posizioni, ma quanto non appare (ed è pure vero che forse è chiedere troppo a un libro che non è certo un libro su Foucault), quanto non appare, dicevo, è la complessitĂ di un pensiero tale per cui non ci sono affatto da una parte i dispositivi di assoggettamento e dall’altra i soggetti assoggettati, perchĂŠ nell’autore che scrisse Le parole e le cose i dispositivi, per essere

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3KURQHVLV concisi, si co-producono coi soggetti stessi e sono dunque, caso mai, dispositivi di “soggettamentoâ€?, o meglio, come dice lo stesso Foucault, di soggettivazione. Che poi si debba e si possa prendere posizione politica, e quindi partito, questo è vero, ma proprio come dice Foucault, non tanto a partire da una grande teoria della storia che ripartisca una volta per tutte amici e nemici, quanto da circostanze locali. Ed è per l’appunto a livello locale, tra l’altro, secondo coscienza (mi si scusi l’espressione molto pastorale) e a partire dalle proprie convinzioni politiche, che ciascun consulente Ă€ORVRĂ€FR q FKLDPDWR D UHQGHUH FRQWR GHO SURSULR DJLUH QHOOH SLHJKH GL XQD complessitĂ che prevede sempre ambiguitĂ , compromessi, mediazioni. Che questo approccio “massivoâ€? e un po’ “barricaderoâ€? sia proprio o per lo meno presente nell’Osservatorio critico appare con chiarezza QHOO¡LQWHUYHQWR GHGLFDWR DOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH LQ D]LHQGD GD SDUWH GL 0DVsimilano Nicoli, il quale ritiene che esista “il dispositivo di sapere-potere SRVWIRUGLVWDÂľ VRWWROLQHR O¡DUWLFROR GHWHUPLQDWLYR VLQJRODUH QRQ FUHGR FKH )RXFDXOW VDUHEEH G¡DFFRUGR RYYHUR XQ ´GLVSRVLWLYR GL Ă HVVLELOLWjÂľ FKH consiste in ÂŤun complesso di tecniche mobili e polimorfe di occultamenWR GHL UHDOL UDSSRUWL GL SRWHUH Ă€QDOL]]DWH DOOD JHVWLRQH H DOO¡RULHQWDPHQWR del consenso intorno a un sistema di organizzazione produttiva e sociale che polarizza e concentra la ricchezza collettiva, ma contemporaneamente UHVWLWXLVFH O¡LPPDJLQH GL XQD WRWDOLWj DUPRQLFD H SDFLĂ€FDWD REOLWHUDQGR SUHVVRFKp RJQL FRQĂ LWWXDOLWj VRFLDOHÂť (pp. 65 e 66). Contro questa situazione, o contro questo dispositivo (che, accenno soltanto, sembra avere nella rappresentazione di Nicoli, una volontĂ , il cui soggetto attuatore è di volta in volta, “l’impresaâ€?, oppure “l’aziendaâ€?, quando non invece il piĂš PRORFKLDQR ´FDSLWDOHÂľ OH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH GRYUHEEHUR SDVVDUH GDO ORUR ruolo di “strumento ausiliarioâ€? del dispositivo di sapere-potere postfordiVWD D FXL VL VRQR Ă€QRUD RPRORJDWH DO UXROR GL HOHPHQWL IDYRUHQWL OD ´VRWWUD]LRQH ULVSHWWR DO GLVSRVLWLYRÂľ OD ´UHVLVWHQ]DÂľ H SHUĂ€QR LO ´VDERWDJJLRÂľ Questo perchĂŠ, sempre citando a piene mani Foucault, secondo Nicoli, ÂŤil Ă€ORVRIR q O¡DQWL GHVSRWD FROXL FKH PHWWH LQ GLVFXVVLRQH WXWWL L IHQRPHQL GL dominioÂť (p. 67) e dovrebbe pertanto occuparsi di ÂŤsmascherare gli effetti del potere e dei saperi umanistici aziendali nell’ambito del dispositivo di Ă HVVLELOLWj H FRQWHPSRUDQHDPHQWH VWXGLDUQH DQDOLWLFDPHQWH OD FRPSRVLzione, l’articolazione, il funzionamento, alla ricerca delle crepe, delle frat-

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3KURQHVLV ture, delle fessure, degli ‘spazi di sottrazione e nascondimento’, dei ‘buchi bianchi’ delle brecce attraverso le quali resistere, boicottare, sabotareÂť (p. 68) (il riferimento delle parole tra virgolette è a un libro di Mantegazza intitolato Pedagogia della resistenza). Non parlavo prima di toni un po’ EDUULFDGHUL" ,O YRFDERODULR GL 1LFROL GL DVFHQGHQ]D ULFRQRVFLELOH PL SDUH pittoresco ma poco utile, non tanto per lo schieramento politico, ma per la vetustĂ ; queste crepe e queste fessure, questi spazi da guerriglia e da giungla equatoriale o urbana sono oggi credo, lo dico solo en passant, del tutto superati da twitter e dagli smartphone e a questo riguardo credo che chi si occupa di dispositivi di sapere-potere dovrebbe dedicare tanta attenzione ai mutamenti in atto quanta vi dedicano quelli che dovrebbero essere i loro DYYHUVDUL )RXFDXOW QRQ HUD IRXFDOWLDQR HVDWWDPHQWH FRPH 0DU[ QRQ HUD marxista. Ma lasciamo perdere e andiamo dritti all’essenziale, che Nicoli, grazie alla sua prosa articolata e di buona polemica, ci permette di cogliere EHQH FLz FKH QRQ WRUQD WDQWR LQ WXWWR TXHVWR GLVFRUVR DQFRUD XQD YROWD non è il posizionamento politico, nĂŠ le fonti o i padri tutelari (per Foucault io sono del tutto d’accordo, un po’ meno per quanto riguarda Toni Negri, FLWDWR LQ ELEOLRJUDĂ€D 4XHOOR FKH PL SUHRFFXSD q FKH VSHVVR TXHVWH SRVLzioni e queste parole suppongono di sapere con certezza chi è il despota. Ovvero chi sono i cattivi, e dato che noi siamo buoni, come diceva Giorgio Gaber, allora i cattivi li ammazziamo. Per dirla in modo pratico, se vado in un’azienda (e io ci vado) a lavorare sui valori, per esempio, so benissimo FKH PL LQĂ€OR LQ XQ JLQHSUDLR GL SRWHUL HG HIIHWWL GL GRPLQLR 0D QRQ SHQVR GL VDSHUH FRPH VRQR GLVSRVWL L YDUL Ă XVVL FKL FRPDQGD FRVD H SHUFKp QRQ ci vado con la mappa giĂ in testa. Invece mi sembra che Nicoli, e con lui credo molti suoi colleghi dell’Osservatorio critico, abbia molto chiaro chi è OR VSRQVRU GHL GLVSRVLWLYL GL DVVRJJHWWDPHQWR LO FDSLWDOH VSHFLH VH SULYDWR che sta al posto del padrone, con tutti i suoi servi (ma anche qui, dove sta LO OLPLWH WUD VHUYR DFTXLHVFHQWH H VHUYR GD OLEHUDUH" &KL GHFLGH GHOOD ORUR VDOYH]]D" 6SHULDPR QRQ VLD XQ¡DYDQJXDUGLD GL LQWHOOHWWXDOL E per aver un’ulteriore conferma di quanto sopra, ecco che quando si passa dal settore del libro dedicato alle aziende a quello dedicato alle “istituzioniâ€? (diverse dalle aziende, evidentemente) la problematica della resistenza e del sabotaggio sparisce del tutto. Naturalmente ciò dipende anche dal fatto che gli autori dei saggi sono diversi (a differenza di Possamai e

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3KURQHVLV 1LFROL 3LHU 3DROR &DVDULQ H *DEULHOH *URVVR VRQR FRQVXOHQWL Ă€ORVRĂ€FL ma mi colpisce che tutta la rabbia rivoluzionaria dedicata allo smantellaPHQWR GHO GLVSRVLWLYR GL Ă HVVLELOLWj GD 1LFROL R WXWWD OD SUHRFFXSD]LRQH VXOO¡KHJHOLDQD GRSSLH]]D GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD HVLELWD GD 3RVVDPDL qui – come pure nelle discussioni e negli interventi che seguono i saggi - si calmino. Come se nel momento in cui ci occupiamo di bambini o anziani o malati, e magari in aziende a capitale pubblico (che pur sempre capitale è) l’attenzione critica alle ambiguitĂ della committenza, al gioco complesso di potere e poteri teso tra clienti, utenti, fornitori e stakeholders fossero sentite come meno rilevanti. E non dico questo tanto per fare una critica alle pagine che stiamo analizzando, quanto come rilevazione di un fenoPHQR JHQHUDOH FKH FRLQYROJH WUD O¡DOWUR DQFKH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD LQdividuale, che spesso passa per molto meno problematica quanto a risvolti politici di ciò che si fa con i gruppi, soprattutto nelle famigerate aziende private, dimenticando, mi pare, che proprio Foucault, come peraltro i precedenti autori citati sanno benissimo, diceva che il potere, anzi i poteri, sono ovunque, anche in famiglia, anche nei sogni, anche nella tua mente, e con i loro effetti di dominio e per di piĂš ineliminabili. Comunque sia, i GXH VDJJL LQ TXHVWLRQH VRQR PROWR FHQWUDWL VXOO¡HVSHULHQ]D PROWR LQWHQVR ricco e approfondito quello di Casarin (che a mio avviso vale il volume), dedicato alla sua attivitĂ di facilitatore di gruppi nell’ambito della Philosophy for children, un poco intimistico e dedicato a una sorta di dialogo tra sĂŠ e sĂŠ GHO SURIHVVLRQLVWD Ă€ORVRIR FRQVXOHQWH TXHOOR GL *URVVR SHU TXDQWR ULFFR di spunti metodologici che traguardano una sorta di deontologia centrata sulla nozione di veritĂ . Per il resto il volume è composto da work-shop e discussioni in cui molti altri prendono la parola e, tra l’altro, va detto che nel corso di queste attivitĂ emergono molte osservazioni simili o identiche a quelle che ho avanzato io stesso, raccolte e discusse da autori e partecipanti, in un clima GL GLDORJR FKH FHUWDPHQWH q TXDQWR GL SL Ă€ORVRĂ€FR QHO VHQVR GL SUDWLFD GHOOD Ă€ORVRĂ€D VL SRVVD RJJL WURYDUH LQ OHWWHUDWXUD 6RQR SDJLQH FHUWDPHQWH stimolanti dove di volta in volta vengono messe a tema questioni cruciali TXDOL D FRVD VHUYH OD Ă€ORVRĂ€D LO UDSSRUWR PDSSD WHUULWRULR LQ ULIHULPHQWR DO FLUFROR WHRULD SUDVVL OD SXEEOLFLWj GHOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH O¡LPSRUWDQ]D della parresia, come gestire la domanda della committenza‌ con numerosi

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3KURQHVLV e continui riferimenti – ed è questo il valore maggiore del libro - alle esperienze professionali dei partecipanti (tra cui vorrei ricordare la presenza di Neri Pollastri e Antonio Cosentino, oltre ai continui e incisivi interventi di Pier Aldo Rovatti, che si è riservato con eleganza il solo ruolo di animatore del dibattito). Concludendo, un volume che raccoglie un’esperienza che sollecita la ULĂ HVVLRQH GL FKLXQTXH VL LQWHUHVVL GL SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH &HUWR FRPH JLj detto sopra, a partire da posizioni, quelle dell’Osservatorio critico sulle SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH TXHOOH FRQGLYLVH H TXHOOH GHL VXRL PHPEUL PROWR GHWHUPLQDWH H VSHFLĂ€FKH PD SURSULR SHU TXHVWR XWLOL D VWLPRODUH XQ GLDORJR interno che offre al lettore la possibilitĂ di farsi molte domande, magari indignarsi o irritarsi, ma sempre nell’ambito di una disputa che ha come scopo l’avanzamento della veritĂ e la capacitĂ programmatica di accogliere OH GLYHUJHQ]H ,O FKH QRQ q SRFR YLVWD OD TXDQWLWj GL SDJLQH LQVLJQLĂ€FDQWL che ci capita spesso di leggere.

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3KURQHVLV 1HUL 3ROODVWUL H 'DYLGH 0LFFLRQH

/¡XRPR q FLz FKH SHQVD 6XOO¡DYYHQLUH GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD 'L *LURODPR (GLWRUH 7UDSDQL

di Marta Mancini La prima immediata impressione che si ha leggendo il testo di Pollastri e Miccione /¡XRPR q FLz FKH SHQVD 6XOO¡DYYHQLUH GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD è di trovarsi di fronte ad una scelta, o almeno ad un confronto, tanto sono diversi per stile, argomentazioni e prospettive i due saggi contenuti nel volume. Possiamo tentare di indagare le ragioni di questo modo di proporsi degli autori, partendo dal presupposto che la forma rappresenti un di piĂš rispetto al contenuto, una sottolineatura tutt’altro che accidentale. Ăˆ una direzione suggerita anche dal titolo del dialogo che chiude la terza ed ultima parte del libro, come a svelare una sceneggiatura, un “dietro le quinteâ€?, di GXH SHUFRUVL OXQJR WUDLHWWRULH GL FRQĂ€QH 1HVVXQ SURFHVVR DOOH LQWHQ]LRQL GXQTXH VROR LO WHQWDWLYR GL DJJLXQJHUH XQD YRFH H TXDOFKH ULĂ HVVLRQH LQ libertĂ a quel dialogo al centro del quale sta la ricerca delle condizioni di SRVVLELOLWj SHU OD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD GL WURYDUH HVSUHVVLRQH DQFKH DWWUDYHUVR OD VFULWWXUD /H LSRWHVL H OH ULĂ HVVLRQL VX TXHVWR WHPD YHQJRQR WUDWWHJJLDWH nei due scritti che precedono il dialogo conclusivo. Il saggio di Pollastri si presenta come un excursus narrativo dei principali luoghi GHO VXR SHQVLHUR FKH VSHVVR KDQQR RULHQWDWR OH ULĂ HVVLRQL VXOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD ,O WUDWWR GL RULJLQDOLWj OR VL ULQWUDFFLD QHOOD FRQVHTXHQ]LDOLtĂ logica con cui Pollastri mostra e argomenta il nesso che, dalle radici della Ă€ORVRĂ€D FODVVLFDPHQWH LQWHVD SRUWD TXDVL GL QHFHVVLWj DOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€ca ovvero a quell’atteggiamento che presto o tardi ogni uomo, in quanto HVVHUH UD]LRQDOH H FRVWLWX]LRQDOPHQWH Ă€ORVRIDQWH LQFRQWUD QHO FRUVR GHOOD propria esistenza. Il dipanarsi del ragionamento - che non cede mai alle VFRUFLDWRLH GHOOD VHPSOLĂ€FD]LRQH VL DYYDOH GL XQD HVSUHVVLYLWj PROWR YLFLQD alla lingua parlata, come fosse scaturito dalla domanda che qualcuno ha SRVWR ´PD LQVRPPD FRV¡q TXHVWD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD"Âľ /D ULVSRVWD q FROORTXLDOH OR VWLOH WXWW¡DOWUR FKH LQWLPR H VROLWDULR ULFFR GL VSXQWL GL ULĂ HVVLRQH disseminato di domande aperte e di prese di posizione che attendono una 97

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3KURQHVLV replica. Sono parole consegnate all’ascolto piĂš che alla lettura. Ammesso FKH VLD FRVu FKL q FKH DVFROWD" &KL KD SRVWR O¡LSRWHWLFD GRPDQGD" Potremmo liquidare la questione, forse stucchevole, rispondendo che si tratta di un testo di divulgazione, destinato ad un pubblico di non specialisti, un’operazione meritoria di marketing per far conoscere e promuovere OD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD 3RWUHPPR IDUOR FHUWDPHQWH VH QRQ IRVVH FKH DQFKH il saggio di Miccione, su un registro affatto diverso, sembra scaturire dalla stessa domanda, sebbene non necessariamente posta dallo stesso interlocuWRUH LO SHUFRUVR DUJRPHQWDWLYR VL GLUHEEH VHPPDL ULYROWR SULQFLSDOPHQWH D VSHFLDOLVWL GHOOD PDWHULD VLDQR HVVL Ă€ORVRĂ€ Ă€ORVRĂ€ FRQVXOHQWL R DVSLUDQWL tali. Se da un lato Pollastri sottolinea l’attualitĂ e l’imprescindibilitĂ della FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD GLPRVWUDQGR OH FRQGL]LRQL GHOOD VXD SHQVDELOLWj QHOOD YLWD GL RJQXQR 0LFFLRQH SHUFRUUH XQ LWLQHUDULR LQWHUQR GL ULĂ HVVLRQH GRYH mette a nudo i rischi di banalizzazione, di assimilazione e di conformismo SHU OD Ă€ORVRĂ€D SUDWLFD GL FXL ULOHYD OD QHFHVVLWj GL SUHGLOLJHUH H FRQVHUYDUH l’aspetto inattuale. La ragione di questa sorta di sdoppiamento la si può rintracciare usando come chiave di lettura il tema affrontato nel dialogo conclusivo dove i due autori si confrontano sulla possibilitĂ di una scrittura della pratica Ă€ORVRĂ€FD FKH WUDGL]LRQDOPHQWH WURYD OD VXD HVSUHVVLRQH WLSLFD H SL SURSULD QHOO¡RUDOLWj 3RUVL OD GRPDQGD q GXQTXH VRWWRSRUUH D ULĂ HVVLRQH FULWLFD XQR GHJOL DUJRPHQWL IRUWL GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD H SHU TXHVWR LO WHPD q XQR dei piĂš interessanti ma anche dagli esiti ancora incerti. Quella domanda porta, infatti, inevitabilmente ad occuparsi ancora di che cosa sia la pratica Ă€ORVRĂ€FD QRQ WDQWR SHU RVWLQDWD YRFD]LRQH D FHUFDUH GL SRUUH XQ OLPLWH alla sua interminabile inafferrabilitĂ , quanto piuttosto perchĂŠ da essa ne GHULYDQR DOWUL LQWHUURJDWLYL DG HVHPSLR VX TXDOH VLD OD IRUPD SURSULD GHOOD scrittura, quale linguaggio sia piĂš consono, a quale esigenza essa intenda ULVSRQGHUH PD VRSUDWWXWWR FKH FRVD GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD SRVVD R GHEED essere rappresentato attraverso la scrittura, quale sia il suo oggetto. Rari sono infatti gli esempi – peraltro individuati dagli autori anche al di fuori GHOOD ´WUDGL]LRQHÂľ GHOOD Ă€ORVRĂ€D SUDWLFD H DQFRUD WURSSR SRFKL L WHQWDWLYL di sperimentarne una qualche forma con l’attenzione costante a non conIRQGHUH LO SLDQR GHOO¡HIĂ€FDFLD FRPXQLFDWLYD FRQ TXHOOR GHOOD ULFHUFD GL XQD possibile aderenza tra scrittura e oralitĂ .

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3KURQHVLV La risposta non può essere rintracciata nella semplice trasposizione di FLz FKH DFFDGH QHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD LQ FRQVXOHQ]D FRPH LQ DOWUL FRQWHVWL ed itinerari dialogici, come a volerne mostrare il repertorio. Vero è che DQFKH TXHVWD HVLJHQ]D SXz HVVHUH VHQWLWD H SHUĂ€QR LQ DOFXQL FDVL VROOHFLWDWD ULVSRQGHUHEEH SUREDELOPHQWH D FULWHUL GL XWLOLWj HG HIĂ€FDFLD GLPRVWUDWLYD DG HVHPSLR QHOOD IRUPD]LRQH GHL Ă€ORVRĂ€ FRQVXOHQWL VL FRUUHUHEEH SHUz al tempo stesso, il rischio di suggerire un’assonanza con le discipline di matrice psicologica, e con il counseling in particolare, come se la consulen]D Ă€ORVRĂ€FD VL GRYHVVH DFFUHGLWDUH QHO QRYHUR GHOOH SURIHVVLRQL GL DLXWR attraverso un modello collaudato. Convince ancor meno, come ragione essenziale della ricerca di una scrittura, la prospettiva della divulgazione che, in qualche misura, deve pur trovare un’espressione che sia coerente FRQ OD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD H GLD FRQWR GHOOD VXD VSHFLĂ€FLWj 4XHVWR q XQR GHJOL aspetti di cui è opportuno che ci occupiamo con ancora maggiore assiduitĂ DYHQGR FXUD SL FKH GHOOD ´YHQGLELOLWjÂľ GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD GHOOD VXD corretta diffusione, ma non lo avvertiamo come il cuore del problema, semPDL FRPH LO SUHWHVWR GD FXL LQL]LDUH OD ULĂ HVVLRQH &RV¡q DOORUD FKH VL YRUUHEEH DIĂ€GDUH DOOD VFULWWXUD" 6LFXUDPHQWH TXDOFRVD di piĂš e di altro rispetto alle opere divulgative o a quelle didatticamente utili, verosimilmente è ciò che nell’oralitĂ si forma quasi spontaneamente e che nella scrittura non si riesce a rendere altrettanto evidente; è il penVLHUR FKH VL YLYLĂ€FD QHO PRPHQWR VWHVVR LQ FXL YLHQH SHQVDWR q LO VHFRQGR SHQVDUH UHVR YLVLELOH LO VXR IDUVL FRQFUHWR VHQ]D XOWHULRUH ULĂ HVVLRQH FKH QH sia interprete. Su questa possibilitĂ , i due autori non hanno vedute convergenti. Pollastri, in modo diretto, propone e mostra nel suo saggio, attraverso un itinerario che è tout court processo di pensiero, una possibile modalitĂ di scrittura Ă€ORVRĂ€FD FRPH SUDWLFD QHVVXQD LQWHUPHGLD]LRQH QHVVXQD PHWDULĂ HVVLRQH solo pensiero che nel suo farsi dispiega la sua capacitĂ di “muovereâ€? verso un comportamento o una scelta. Non c’è qui nessuna esperienza personale vissuta che si faccia veicolo e garante della connessione tra pensare ed agire, perchĂŠ non solo il pensare è di per sĂŠ agire ma l’azione nasce dal comprendere e non dall’assumere un principio – professato o testimoniato - che le serva da guida (ci riferiamo qui ad alcune considerazioni emerse QHOOD WDYROD URWRQGD ´3UDWLFD Ă€ORVRĂ€FD H VFULWWXUDÂľ VYROWDVL GXUDQWH LO 9,,

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Pollastri e Miccione, L’uomo è ciò che pensa, di Marta Mancini


3KURQHVLV Seminario Nazionale di Phronesis nel luglio 2009 leggibile nel numero 13 di questa stessa rivista). $PPHVVR GL FRQFRUGDUH FRQ TXHVWD FRQFH]LRQH GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD da cui Pollastri fa derivare una possibile e interessante via per la scrittuUD ´LQ GLUHWWDÂľ UHVWHUHEEH GD YHULĂ€FDUH OD VXD UHDOH HVWHQVLRQH H UHLWHUDWD praticabilitĂ . Certamente quella dialogica – lo dimostrano i due autori – è XQD IRUPD GL VFULWWXUD SDUWLFRODUPHQWH DGDWWD D UDSSUHVHQWDUH LO Ă XLUH GHO pensiero ma non può dirsi originaria – ammesso che lo debba essere - e VSHFLĂ€FD GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD SURSULR SHU TXHVWR ULPDQH FRPXQTXH XQD PRGDOLWj GD VSHULPHQWDUH HG DIĂ€QDUH XOWHULRUPHQWH Alla tesi dell’impossibilitĂ della scrittura approda, invece, Miccione come HVLWR FRHUHQWH FRQ OD VXD YLVLRQH GHOOD SUDWLFD H GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FKH 3L FKH GL XQD FRQWUDSSRVL]LRQH ULVSHWWR D 3ROODVWUL VLDPR TXL GL fronte ad accentuazioni diverse - e per entrambi fortemente radicalizzate - le cui ricadute sono evidenti, secondo la lettura che proponiamo, proprio sul tema della scrittura. Partendo dalla constatazione del fraintendimento del progetto di Philosophische Praxis di Achenbach ovvero dello smarrimento della sua vocazione fondativa di uno sguardo diverso sul pensiero, Miccione mantiene al centro delle sue argomentazioni il richiamo all’aderenza a quel nucleo originario, non tanto per assumere il ruolo di cultore dell’ortodossia quanWR SHU O¡HVLJHQ]D GL QRQ GLVSHUGHUH LO YDORUH LQQRYDWLYR GHOOD Ă€ORVRĂ€D FRPH SHQVLHUR SUDWLFDWR Ă‹ FLz FKH HJOL GHĂ€QLVFH ´O¡LQDWWXDOLWjÂľ GHOOD Ă€ORVRĂ€D LO VXR HVVHUH FDSDFH GL SRUVL LQ GLVVRQDQ]D ULVSHWWR DL FULWHUL GL HIĂ€FDFLD FRQtrollabilitĂ e misurabilitĂ ; di coltivare la problematizzazione, di porsi le domande di senso, di rischiare in proprio nella tensione tra teoria e vita. Per quanto possa apparire il contrario, ciò rende tutt’altro che possibile – ed in FHUWR TXDO PRGR GDQQRVD OD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD FRPH VFULWWXUD &RV¡q FKH OR LPSHGLVFH" $FKHQEDFK VRVWLHQH FKH SHU Ă€ORVRIDUH RFFRUUH SDUWLUH GDO concreto e attraverso il pensiero fare ritorno all’esistenza. Lo sviluppo di questa affermazione porta con sĂŠ la necessitĂ di ribadire, a costo di pedanteria, in cosa consiste questo ciclo vita – pensiero - vita, questo rincorrersi GL VLQJRODUH HG XQLYHUVDOH q FLz FKH YLHQH SHQVDWR GL QXRYR H GDFFDSR RJQL YROWD FKH OD YLWD FL LPSRQH XQD GRPDQGD Ă‹ OD ´Ă€ORVRĂ€D GHOO¡RFFDVLRQHÂľ OD “reattivitĂ â€? del pensiero di fronte ad una individualitĂ unica e irripetibile.

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3KURQHVLV Prendendo a prestito un’espressione di Lombardi Vallauri, è il “realizzare GLÂľ LO UHQGHUVL FRQWR GL TXDOFRVD GHO VLJQLĂ€FDWR FKH KD XQ¡HVSHULHQ]D HVLstenziale, singolare e non riproducibile. Ăˆ l’imprendibilitĂ , la volatilitĂ del dialogo achenbachiano, qualcosa di piĂš della consapevolezza, una sorta di comprensione che “accendeâ€? e cambia simultaneamente la prospettiva per il consulente ed il suo ospite. /¡DFFHQWR GDWR DO SURFHVVR GHO SHQVDUH Ă€ORVRĂ€FR DOOD VWUXWWXUD GHO SURcedere logico piuttosto che l’attenzione a ciò che accade “veramenteâ€? nella FRQVXOHQ]D WUD LO Ă€ORVRIR HG LO FRQVXOWDQWH UDSSUHVHQWD LO FULQDOH WUD OD SRVVLELOLWj R PHQR GHOOD VFULWWXUD GL SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD XQD VFHOWD WUD O¡´RJJHWWLvitĂ â€? del pensiero nel suo incarnarsi di volta in volta nella singola esistenza H OD ´VRJJHWWLYLWjÂľ GL TXHOOD HVSHULHQ]D GLIĂ€FLOPHQWH UDSSUHVHQWDELOH FKH LO consulente ed il suo ospite intraprendono insieme. Impervia sembra dunque la strada per una scrittura di SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD non tanto e non solo per la mancanza di modelli o per l’inadeguatezza del linguaggio della tradizione; nemmeno il testo scritto sembra essere il vero ostacolo, dato che la sua sacralitĂ talvolta è un’abitudine di pensiero che, come tale, può essere rimossa. Lo scarto piĂš grande è semmai l’assenza GHO FRQVXOWDQWH FKH ULVFKLD GL WUDVIRUPDUH LQ DUWLĂ€FLR RJQL HVSHULHQ]D GL VFULWWXUD GHOOD SUDWLFD SHUDOWUR VL VD LQ FRQVXOHQ]D LO Ă€ORVRIR QRQ q LO SULPR D SDUODUH PHQWUH OR q LQHYLWDELOPHQWH TXDQGR VFULYH &Lz QRQ VLJQLĂ€FD doversi rassegnare ad una impossibilitĂ . Forse potremmo indagare sull’approssimazione possibile tra oralitĂ e scrittura, nella consapevolezza che la non aderenza della seconda alla prima può essere un valore da conservare.

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Pollastri e Miccione, L’uomo è ciò che pensa, di Marta Mancini



3KURQHVLV Paolo Dordoni

,O GLDORJR VRFUDWLFR 8QD VÀGD SHU XQ SOXUDOLVPR VRVWHQLbile $SRJHR 0LODQR

di Roberto Peverelli 'D DOFXQL DQQL O·LQWHUHVVH SHU OH SUDWLFKH ÀORVRÀFKH KD SRUWDWR DOOD ULVFRSHUWD DQFKH LQ ,WDOLD GL /HRQDUG 1HOVRQ XQ ÀORVRIR WHGHVFR neokantiano attivo nei primi tre decenni del Novecento, e della sua originale rielaborazione del metodo e dell’insegnamento di Socrate, il cosiddetto dialogo socratico. Il successo di questo modello di pratica ÀORVRÀFD LQ DOFXQL SDHVL GHOO·(XURSD FHQWUR VHWWHQWULRQDOH H LQ SDUWLFRODUH LQ *HUPDQLD 2ODQGD H *UDQ %UHWDJQD KD VXJJHULWR D PROWL ÀORVRÀ FRQVXOHQWL OD SRVVLELOLWj GL VSHULPHQWDUQH O·HIÀFDFLD LQ XQD SOXUDOLWj GL contesti, educativi ed aziendali. Mancava però ancora nel nostro paese un WHVWR FKH FRQVHQWLVVH GL DYHUH XQD YLVLRQH LQWHJUDOH GHOOD ÀJXUD GL 1HOVRQ GHOOH VXH FRQFH]LRQL GHO VXR SURJHWWR H GHO PRYLPHQWR ÀORVRÀFR H pedagogico da lui fondato. A queste esigenze risponde il bel libro di Paolo Dordoni, ,O GLDORJR VRFUDWLFR 8QD VÀGD SHU XQ SOXUDOLVPR VRVWHQLELOH, pubblicato da Apogeo. Dordoni, ricercatore presso l’Università Complutense di Madrid e unico socio italiano della Gesellschaft für Sokratisches Philosophieren, una delle associazioni impegnate nel mantenere viva l’eredità dell’insegnamento di Nelson, ha raccolto con intelligenza nel suo lavoro una grande quantità di PDWHULDOL DOFXQL VXRL WHVWL UDFFROWL LQ XQD ,QWURGX]LRQH H QHOOD 7HU]D SDUWH FKH WUDFFLDQR XQ SURÀOR DSSURIRQGLWR GHO GLDORJR VRFUDWLFR H GHOOH VXH premesse teoriche, e tre scritti degli autori fondamentali della storia del PHWRGR VRFUDWLFR /HRQDUG 1HOVRQ *XVWDY +HFNPDQQ H 0LQQD 6SHFKW Nelle pagine che seguiranno vorrei cercare di mostrare almeno in parte le ragioni dell’interesse per il lavoro di Dordoni, discutendo in modo particolare alcuni nuclei teorici cruciali bene evidenziati dalle analisi e dalle scelte dell’autore. Una prima questione. Dai tre scritti tradotti e dalle acute osservazioni di Dordoni emerge con chiarezza l’infondatezza dell’idea di un dialogo 103

Phronesis, n. 17, ottobre 2011 Dordoni, Il dialogo socratico, di Roberto Peverelli


3KURQHVLV VRFUDWLFR GHĂ€QLWR GD XQD IRUPD ULJLGD GD XQD VWUXWWXUD SUHVLGLDWD GD regole e passaggi ineludibili. L’insegnamento socratico viene rielaborato all’interno della scuola di Nelson con grande libertĂ immaginativa, senza OD SUHRFFXSD]LRQH GL LGHQWLĂ€FDUH VFKHPL ULJLGL PD DSUHQGR OD SRVVLELOLWj GL XQD IRUWH Ă XLGLWj VWUXWWXUDOH DOO¡LQWHUQR GL DOFXQH FRRUGLQDWH LUULQXQFLDELOL il richiamo all’esperienza, l’esigenza di procedere per astrazioni regressive. La stessa espressione “dialogo socraticoâ€?, che in parte della letteratura UHFHQWH VHPEUD LGHQWLĂ€FDUH XQ PRGHOOR ULJLGR QLWLGDPHQWH GHĂ€QLWR PD DQFKH PROWR YLQFRODQWH QRQ q O¡XQLFD XWLOL]]DWD DOO¡LQWHUQR GHOOD VFXROD 1HOVRQ +HFNPDQQ 6SHFKW LQGLFDQR LQGLIIHUHQWHPHQWH O¡RJJHWWR GHO loro lavoro teorico con una pluralitĂ di espressioni, “metodo socraticoâ€?, “discorso socraticoâ€?, “dialogo socraticoâ€?. In realtĂ , come osserva RSSRUWXQDPHQWH 3DROR 'RUGRQL QRQ HVLVWH XQR VFKHPD GHĂ€QLWR GL GLDORJR socratico; quello piĂš noto, il modello “a clessidraâ€? (dalla rappresentazione JUDĂ€FD FKH OR VLQWHWL]]D GL -RV .HVVHOV XQ Ă€ORVRIR FRQVXOHQWH RODQGHVH non pretende di essere lo schema universalmente vincolante e valido. Nel PRGHOOR GL .HVVHOV RJQL GLDORJR VRFUDWLFR GRYUHEEH VYLOXSSDUVL JURVVR PRGR VHFRQGR TXHVWR VFKHPD 1. in avvio, il facilitatore (ossia, la persona che guida e coordina il dialogo) propone al gruppo una questione da discutere; spesso (ma non QHFHVVDULDPHQWH OD GRPDQGD KD OD IRUPD Ă€ORVRĂ€FD FODVVLFD GHO ´&KH FRV¡q TXHVWR"Âľ ² SHU HVHPSLR ´FKH FRV¡q OD JLXVWL]LD"Âľ 2. ad ogni persona presente nel gruppo è richiesto di cercare nella propria esperienza personale un episodio che a suo giudizio possa aiutare il gruppo a rispondere; ogni partecipante narra l’esperienza che giudica piĂš VLJQLĂ€FDWLYD H LO JUXSSR VFHJOLH LO UDFFRQWR SL LQWHUHVVDQWH 3. l’esperienza scelta viene narrata in modo piĂš articolato e approfondito, introducendo, anche su sollecitazione dei partecipanti, nuovi particolari. Il gruppo, anche attraverso domande poste al narratore, inizia ad esaminarla, FHUFDQGR GL LGHQWLĂ€FDUH JOL HOHPHQWL XWLOL SHU ULVSRQGHUH DO TXHVLWR SRVWR inizialmente; VXOOD EDVH GHL PDWHULDOL H GHOOH ULĂ HVVLRQL HPHUVH GDOOD GLVFXVVLRQH il gruppo procede a elaborare una prima risposta condivisa; nel caso di GRPDQGH FKH DEELDQR OD IRUPD ´FKH FRV¡q TXHVWR"Âľ OD ULVSRVWD VDUj XQD GHĂ€QL]LRQH QHOO¡LPPDJLQH GHOOD FOHVVLGUD TXHVWR q LO SDVVDJJLR DWWUDYHUVR

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3KURQHVLV il punto piĂš stretto); LO ULVXOWDWR UDJJLXQWR q RUD VDJJLDWR GDO JUXSSR FKH QH YHULĂ€FD OD plausibilitĂ alla luce, prima di tutto, di altri racconti narrati all’inizio del dialogo, poi di casi immaginari; nel caso emerga l’inadeguatezza della soluzione proposta, il gruppo procede a ricercare ed elaborare altre risposte; 6. il dialogo si conclude con l’adozione da parte del gruppo della soluzione che abbia superato tutti i tentativi di confutarla. Lo schema è ben congegnato, naturalmente, e se utilizzato rivela una sua LQGLVFXWLELOH HIĂ€FDFLD 0D D EHQ JXDUGDUH O¡LQWHQ]LRQH GL 1HOVRQ H GHOOD VXD scuola, a cui credo opportuno per questo aspetto tornare a far riferimento, QRQ HUD FHUWR TXHOOR GL GHĂ€QLUH XQ format, come si direbbe oggi, magari utilizzabile in franchising, ma di riproporre con forza nella Germania degli anni Venti e Trenta la validitĂ e rilevanza di un metodo socratico; e questo VLJQLĂ€FD DOGLOj GHOOH IRUPXOH H GHJOL VFKHPL LQ FXL SRWUHEEH SUHQGHUH IRUPD LQWHUURJD]LRQH GHOO¡HVSHULHQ]D HVHUFL]LR SD]LHQWH H LQĂ HVVLELOH dell’arte della confutazione, ricerca di buone ragioni a sostegno delle proprie asserzioni. Non si tratta, insomma, di applicare uno schema rigido, entro cui contenere le aperture di pensiero dei partecipanti al dialogo socratico; si tratta invece, per il facilitatore, di mantenere continuamente aperto il movimento del pensiero, dall’esperienza al concetto e dal concetto all’esperienza, se è il caso contrastando la tendenza del gruppo o di una sua parte a muoversi su un piano astratto, meramente concettuale, o a rifugiarsi in una mera narrazione aneddotica di eventi. Questa valutazione trova conferma chiara nel bel testo di Gustav +HFNPDQQ Il discorso socratico, davvero una miniera preziosa di indicazioni e suggerimenti per chi intenda sperimentare in prima persona il dialogo VRFUDWLFR DQFKH JUD]LH DOOH Ă€QL DQQRWD]LRQL FRQ FXL 'RUGRQL FKLRVD H approfondisce il testo. Si tratta di un lavoro, pubblicato in prima edizione nel 1981, che raccoglie nei suoi 13 capitoli resoconti di sessioni di dialogo VRFUDWLFR PRGHUDWH QHO FRUVR GHJOL DQQL GD +HFNPDQQ DOWHUQDWL D ULĂ HVVLRQL teoriche che cercano di mettere a fuoco nodi e problemi emersi in quelle RFFDVLRQL ( OD SUDWLFD GL +HFNPDQQ q UDGLFDOPHQWH DVVROXWDPHQWH OLEHUD QHO VXR SURFHGHUH PDL VWUHWWD DOO¡LQWHUQR GL UHJROH H YLQFROL GHĂ€QLWL Prendiamo in esame, per esempio, uno dei resoconti a mio parere piĂš

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Dordoni, Il dialogo socratico, di Roberto Peverelli


3KURQHVLV vivaci, quello del Seminario sulla libertĂ presentato nel capitolo quarto. Qui, QHVVXQD WUDFFLD GHOOD ´FOHVVLGUDÂľ GL .HVVHOO /D GLVFXVVLRQH GHO WHPD VFHOWR GDO JUXSSR GXUDQWH XQ SULPR LQFRQWUR ´TXDQGR VL q OLEHUL" VL SXz LQ Ă€Q GHL FRQWL HVVHUH OLEHUL"Âľ VL DYYLD FRQ LO UDFFRQWR GHOO¡HVSHULHQ]D GL XQR dei partecipanti, Paul, ma si spinge subito ad affrontare alcune questioni WHRULFKH JHQHUDOL ´OLEHUWj VLJQLĂ€FD DJLUH VHFRQGR OD SURSULD FRVFLHQ]D"Âľ PXRYHQGR SRL LQFHVVDQWHPHQWH QRQ VXOOD EDVH GL UHJROH SUHGHĂ€QLWH PD WUDVFLQDWD GDO Ă XLUH GHO SHQVLHUR DG DOWHUQDUH HQXQFLD]LRQL WHRULFKH e ricerca di esempi – per chiarire le tesi proposte, oppure per cercare di dirimere controversie tra posizioni contrapposte, o ancora per rilanciare OD GLVFXVVLRQH JLXQWD DSSDUHQWHPHQWH D XQ HVLWR Ă€QDOPHQWH FRQGLYLVR 4XHVWH SDJLQH GL +HFNPDQQ LQROWUH FKLDULVFRQR EHQH LQ FKH VHQVR debba essere intesa l’indicazione metodologica di tendere al consenso. Il gruppo di giovani impegnato nel Seminario sulla libertĂ non applica questa regola in modo meccanico ed estrinseco; la tensione al consenso, alla piena condivisione dei risultati della ricerca e della discussione, si traduce nell’impegno di ciascuno a esplicitare con chiarezza tutte le proprie perplessitĂ sui risultati raggiunti dal gruppo, sempre di nuovo, e ad accogliere le richieste di chiarimento ulteriore provenienti da altri partecipanti sempre come legittime e meritevoli di attenzione e risposta. Ăˆ questo movimento del pensiero a imprimere alla discussione moderata da +HFNPDQQ XQD YLYDFLWj H XQ YLJRUH LQHVDXULELOL LQ FXL DQFKH OH SRVL]LRQL a prima vista meno plausibili – per esempio, l’idea sostenuta da alcuni che agire secondo la propria coscienza sia l’opposto dell’agire libero – assumono una freschezza e una dignitĂ altrimenti incomprensibili. Se il dialogo socratico non si sviluppa secondo una struttura rigida, il ruolo del facilitatore si svela piĂš complesso e articolato. Certo, resta vero che una parte del suo compito consiste nel presidiare alcuni principi e UHJROH IRQGDPHQWDOL LO FRQWLQXR ULPDQGR WUD FRQFHWWL HG HVSHULHQ]D in primis, ma anche il rispetto delle regole fondamentali per la partecipazione – otto, nella formulazione proposta da Dordoni (cfr. p. 436), riducibili LQ GHĂ€QLWLYD DOO¡RQHVWj QHOOD ULFHUFD DOO¡LPSHJQR DOOD PDVVLPD FKLDUH]]D H concisione possibili, alla disponibilitĂ all’ascolto attento e attivo di quanto proposto dagli altri partecipanti. Ma l’andamento mobile, imprevedibile del dialogo richiedono al facilitatore un lavoro attivo che è altra cosa

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3KURQHVLV rispetto al ruolo di semplice garante di alcune regole e di alcuni passi indispensabili nel procedere della discussione. Nel capitolo settimo del VXR VDJJLR +HFNPDQQ LQGLFD VHL FRPSLWL ´SHGDJRJLFLÂľ VXOO¡XVR GL TXHVWR termine tornerò nelle pagine conclusive) che dovrebbero essere fatti SURSUL GDO IDFLOLWDWRUH ,O SULPR FRQVLVWH QHO ŠULFKLDPDUH L SDUWHFLSDQWL D fare uso della loro capacitĂ di giudizio evitando di far conoscere la propria opinione intorno alla questione discussaÂť (p. 284). In secondo luogo, ŠLO IDFLOLWDWRUH GHYH FRQGXUUH L SDUWHFLSDQWL D IRUPXODUH L SURSUL SHQVLHUL rifacendosi all’esperienza e deve preoccuparsi che nel procedere verso insights piĂš generali la relazione con la realtĂ concreta rimanga loro sempre FRQVDSHYROHÂŞ S $QFRUD ŠLO PRGHUDWRUH GHYH EDGDUH VH L SDUWHFLSDQWL effettivamente si capiscano e, laddove ciò sia dubbio, cercare di sollecitare una comprensione accurataÂť (p. 286); deve ricondurre i partecipanti alla TXHVWLRQH GL FXL VL VWD GLVFXWHQGR GHYH ULODQFLDUH OD GLVFXVVLRQH Ă€QFKp sussistano diversitĂ di opinioni, sollecitando l’esposizione e l’esame delle UDJLRQL FKH VRVWHQJRQR OH DIIHUPD]LRQL GHL SDUWHFLSDQWL GHYH LQĂ€QH attenersi a questi compiti avendo sempre presente che il suo scopo SULQFLSDOH q ŠDLXWDUH L SDUWHFLSDQWL D HODERUDUH GHJOL insightsÂť (p. 290; anche sull’uso del termine insight tornerò nella conclusione). Ăˆ alla luce di questo Ă€QH LQVLVWH +HFNPDQQ FKH LO IDFLOLWDWRUH GHYH GL YROWD LQ YROWD VFHJOLHUH OH modalitĂ di conduzione, gli approcci piĂš fecondi; non esiste un solo modo di condurre il gruppo, ma una molteplicitĂ di strategie e di approcci che richiedono ogni volta una serie di valutazioni, decisioni e atti. E l’errore q VHPSUH SRVVLELOH QHO UHVRFRQWR GHO 6HPLQDULR VXOOD OLEHUWj +HFNPDQQ presenta le critiche, a suo dire motivate, che a un certo punto del dialogo due partecipanti gli rivolgono per aver introdotto nella discussione un esempio, a loro dire in modo inappropriato. In fondo, il compito che +HFNPDQQ DVVHJQD D RJQL PRGHUDWRUH q TXHOOR GL SURYDUH DG LQFDUQDUH LQ PRGR SHUVRQDOH RULJLQDOH LO UXROR H OD Ă€JXUD GL 6RFUDWH ULYLYHQGRQH OD tensione verso la veritĂ , la passione argomentativa, l’energia nell’esercizio della maieutica. E nella ricerca condivisa della veritĂ , nessuna strada è giĂ VWDELOPHQWH WUDFFLDWD QHVVXQD GHĂ€QLWLYDPHQWH SUHFOXVD ,O FDSLWROR VHWWLPR GHO OLEUR GL +HFNPDQQ GD FXL KR WUDWWR OH FLWD]LRQL VXOOD Ă€JXUD GHO IDFLOLWDWRUH SRUWD FRPH VRWWRWLWROR ´/D FRQFH]LRQH GHOOD veritĂ a fondamento del dialogo socraticoâ€?. Sullo sfondo della pratica

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Dordoni, Il dialogo socratico, di Roberto Peverelli


3KURQHVLV del dialogo socratico, infatti, si staglia nitida l’idea della veritĂ e della FRQRVFHQ]D HODERUDWD QHOOD VXD ULĂ HVVLRQH GD /HRQDUG 1HOVRQ LGHD FKH 'RUGRQL ULFRVWUXLVFH FRQ Ă€QH]]D QHO VHFRQGR GHL WHVWL FKH FRPSRQJRQR OD prima parte del suo lavoro, intitolato semplicemente “Il dialogo socraticoâ€? (pp. 23-103), e che Nelson stesso presenta con chiarezza nel Metodo socratico, il testo di una sua conferenza tenuta a GĂśttingen l’11 dicembre del 1922 tradotto qui per la prima volta in italiano (pp. 109-156). Il punto di partenza delle analisi di Nelson è “l’impossibilitĂ di una teoria della conoscenzaâ€?, come recita il titolo di una sua conferenza del 1911. Il compito di una teoria della conoscenza, sostiene Nelson, ossia stabilire se esistano e quali siano i criteri per stabilire la validitĂ GHOOH QRVWUH FRQRVFHQ]H q SDUDGRVVDOH H LQYHURVLPLOH FRPH VDUHEEH possibile accertare l’esistenza di un criterio di validitĂ della conoscenza senza presupporre di possedere giĂ un qualche criterio di questo tipo, quanto meno per accertare la validitĂ delle nostre conoscenze sui criteri GHOOD FRQRVFHQ]D" &RQ OH SDUROH GL 1HOVRQ ŠĂ‹ PDL SRVVLELOH DYYDOHUVL GL un simile criterio senza presupporne giĂ la validitĂ , senza aver giĂ fatto XVR GL TXHO FRQRVFHUH FKH JUD]LH DG HVVR VL YRUUHEEH PHWWHUH DOOD SURYD"ÂŞ La conoscenza, afferma Nelson, non è un problema, ma un fatto. Ma TXHVWR QRQ VLJQLĂ€FD FKH LO ODYRUR Ă€ORVRĂ€FR VXOOD FRQRVFHQ]D VLD LQXWLOH concluso. Dentro l’insieme dei materiali che costituiscono il fatto della FRQRVFHQ]D D JLXGL]LR GL 1HOVRQ q SRVVLELOH LGHQWLĂ€FDUH TXDOFRVD FRPH XQD FRQRVFHQ]D LPPHGLDWD QRQ LQWXLWLYD LPPHGLDWD RVVLD GDWD VHQ]D FKH sia necessario per la sua acquisizione un lavoro discorsivo, un argomentare di qualche natura della sensibilitĂ o del pensiero, ma non intuitiva, non di per sĂŠ, immediatamente consapevole di sĂŠ, invisibile a sĂŠ stessa. Siamo sul terreno delle forme e delle categorie a priori kantiane e postkantiane ² ROWUH H SL FKH .DQW DXWRUH GL ULIHULPHQWR IRQGDPHQWDOH SHU 1HOVRQ q in realtĂ Fries; e forse non lontani, per certi versi, da temi che echeggiano anche nelle coeve ricerche fenomenologiche husserliane, con riferimento LQ SDUWLFRODUH DOO¡LGHQWLĂ€FD]LRQH DOO¡LQWHUQR GHOOD FRPSOHVVD VWUDWLĂ€FD]LRQH dei livelli di senso tracciata dalla fenomenologia, di quelle sintesi passive FKH +XVVHUO LQGLFD FRPH VWUDWL GL VHQVR FRVWLWXLWL LQ SURFHVVL FKH LPSOLFDQR l’attivitĂ del soggetto e che pure gli si presentano come datitĂ precostituite, come dati rispetto a cui il soggetto si avverte passivo. Ed è su questo

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3KURQHVLV terreno che per Nelson, come per larga parte della tradizione che prende OH PRVVH GD .DQW GHYH HVHUFLWDUVL XQD Ă€ORVRĂ€D FULWLFD GLVYHODQGR TXHVWR strato di senso, per usare ancora un lessico fenomenologico, evidenziando, portando alla luce questa trama di conoscenze immediate non intuitive che danno forma in modo fondamentale alla nostra esperienza e conoscenza del mondo. Ăˆ il terreno d’altronde, come voleva in quegli anni l’interpretazione heideggeriana della Critica della Ragion Pura, in cui DELWD OD PHWDĂ€VLFD VH ŠFL DVSHWWLDPR SHU HVHPSLR GL WURYDUH DQFRUD LO nostro cappotto allo stesso posto e sobbalziamo dalla sedia quando non OR YHGLDPR SL ÂŞ q SHUFKp FRPH RVVHUYD 'RUGRQL ŠQRQ IDFFLDPR DOWUR FKH DSSOLFDUH LO SULQFLSLR PHWDĂ€VLFR GHOOD SHUPDQHQ]D GHOOD VRVWDQ]DÂŞ S 72). Nel dialogo socratico, secondo le intenzioni di Nelson, questo strato GL SULQFLSL H FRQFHWWL YLHQH SURJUHVVLYDPHQWH SRUWDWR LQ VXSHUĂ€FLH FRQ un lavoro paziente che rintraccia nei giudizi d’esperienza attraverso un processo di scavo e analisi che Nelson indica con l’espressione “astrazione regressivaâ€? la trama portante di conoscenze immediate e non intuitive che sorregge e forma tutta la nostra esperienza del mondo. Riassumendo. Attraverso il metodo socratico e l’astrazione regressiva 1HOVRQ H L VXRL FROODERUDWRUL VL SUHĂ€JJHYDQR GL IDUH HPHUJHUH LO WHVVXWR per solito opaco e invisibile, di principi e presupposti sottesi alle nostre DVVHU]LRQL &RQ OH SDUROH GL 1HOVRQ ŠVH FL LQWHUURJDVVLPR VXOOH FRQGL]LRQL della loro possibilitĂ [dei nostri giudizi], ci imbatteremmo in asserzioni piĂš generali che costituirebbero il fondamento, la ragione del giudizio singolare (di volta in volta) emesso. Procediamo smembrando i giudizi ammessi sino a giungere ai loro presupposti. Procediamo regressivamente innalzandoci dalle conseguenze alle ragioni, ai fondamenti. [‌] Grazie a questa separazione, riusciamo a estrarre, a tirare fuori quei presupposti/ assunti, originariamente oscuri, a cui quel giudizio del caso concreto rimanda. Il metodo regressivo dell’astrazione che serve all’esposizione dei SULQFLSL Ă€ORVRĂ€FL SHUWDQWR QRQ SURGXFH QXRYH FRQRVFHQ]H Qp GL IDWWL Qp GL OHJJL *UD]LH DOOD ULĂ HVVLRQH SRUWLDPR D FKLDUH]]D FRQFHWWXDOH FLz FKH giace nella nostra ragione, quale possesso ancor piĂš originario, portiamo a chiarezza concettuale ciò che viene percepito in modo oscuro in ciascun giudizio singolareÂť (p. 120). Ora, l’astrazione regressiva nell’impostazione di Nelson si fonda su alcuni presupposti, in particolare sull’ipotesi di una

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Dordoni, Il dialogo socratico, di Roberto Peverelli


3KURQHVLV conoscenza immediata non intuitiva che sarebbe fondamento del fatto della FRQRVFHQ]D H LQVLHPH GL XQD SRVVLELOH ULQQRYDWD PHWDĂ€VLFD FKH SRVVRQR sembrare discutibili e incerti. Ma il venir meno di questi presupposti non rende evidentemente meno interessante, anche per scopi educativi, l’idea GL XQ PHWRGR UHJUHVVLYR 8QD ULĂ HVVLRQH FKH FRQVHQWD GL IDU DIĂ€RUDUH JOL assunti impliciti, qualsiasi sia la loro origine, sottesi ai nostri concreti atti di giudizio ha evidentemente implicazioni interessanti per chi si occupi di Ă€ORVRĂ€D H GL HGXFD]LRQH LQ TXDQWR SURPHWWH GL ULPHWWHUH LQ PRYLPHQWR pregiudizi altrimenti statici e indiscussi. Ed è questo, in concreto, il modo in cui il metodo socratico era praticato all’interno della scuola fondata da 1HOVRQ LQ SDUWLFRODUH GD +HFNPDQQ H GD 0LQQD 6SHFKW La valenza educativa del dialogo socratico, cosĂŹ esplicita nella scuola giĂ a partire dal lavoro teorico e politico di Nelson, solleva peraltro alcuni SUREOHPL +HFNPDQQ QRQ ID PLVWHUR GL FRQVLGHUDUH LO GLVFRUVR VRFUDWLFR funzionale a un progetto educativo; non a caso, nel capitolo dedicato a un FKLDULPHQWR VXOOD Ă€JXUD H LO UXROR GHO IDFLOLWDWRUH LQGLFD FRPH ´SHGDJRJLFLÂľ i compiti essenziali che gli sono attribuiti. E ancora piĂš accentuato è il rilievo del tema educativo nel testo di Minna Specht proposto da Dordoni, Ă€Q GDO WLWROR (GXFD]LRQH DOOD Ă€GXFLD (pp. 401-416). A mio parere, il dialogo socratico conserva ancora oggi una straordinaria valenza educativa, come ho cercato di mostrare altrove. 1 0D DJOL RFFKL GL DOFXQL Ă€ORVRĂ€ consulenti, questa valenza educativa rischierebbe di compromettere il ULJRUH H LO VLJQLĂ€FDWR Ă€ORVRĂ€FR GL TXHVWD SUDWLFD 1RQ VDUHEEH RSSRUWXQR tenere separate, almeno dal punto di vista del modello teorico generale, Ă€ORVRĂ€D H SHGDJRJLD" 1RQ q ULVFKLRVR DFFHWWDUH O¡LQWUHFFLDUVL GHL GXH SLDQL FRQIRQGHUH LO PRYLPHQWR GHO SHQVDUH Ă€ORVRĂ€FR DQFKH TXDQGR LPSHJQDWR QHO WHQWDWLYR GL SHQVDUH XQD YLWD H VXRL VLJQLĂ€FDWL FRQ XQ SHQVLHUR HVSOLFLWDPHQWH LQWHQ]LRQDOPHQWH SLHJDWR YHUVR XQ Ă€QH HGXFDWLYR" 6L affacciano in queste discussioni echi di dibattiti tradizionalmente presenti DOO¡LQWHUQR GHOOD VFHQD Ă€ORVRĂ€FD FKH FRLQYROJRQR OD TXHVWLRQH GHL UDSSRUWL WUD OD Ă€ORVRĂ€D H OH DOWUH UHJLRQL GHO VDSHUH H LQ GHĂ€QLWLYD OD TXHVWLRQH GHOO¡LGHQWLWj GHOOD Ă€ORVRĂ€D ,GHQWLWj D EHQ JXDUGDUH PROWR IUDJLOH PL SDUH H 1

Rimando al mio 'DOO¡HVSHULHQ]D DL FRQFHWWL ,O GLDORJR VRFUDWLFR H OH VXH Ă€QDOLWj HGXFDWLYH, in Maria Luisa Martini e Anna Mignone (a cura di), 3DLGHLD 3UDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH FRPH SUDWLFKH HGXFDWLYH, Liguori Editore, Napoli 2011, pp. 37-51.

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3KURQHVLV per lo piĂš segnata proprio dalla interazione con saperi altri, antichi o inediti, anche quando si sia pretesa pura. Ma non è questa la sede per discutere la questione. Invece, credo opportuno concludere questa presentazione del EHO OLEUR GL 'RUGRQL HYLGHQ]LDQGR FRPH XQD Ă€ORVRĂ€D FKH VL YXROH pratica GLIĂ€FLOPHQWH SRVVD HYLWDUH OD FRQWDPLQD]LRQH LQWLPD FRQ DOWUH SUDWLFKH DOWUL Ă€QL DOWUL VDSHUL 6H SHQVDUH OD YLWD VLJQLĂ€FD DYYLDUH XQD ULĂ HVVLRQH SHUVRQDOH QHO GLDORJR FRQ LO Ă€ORVRIR FRQVXOHQWH FKH SXz VIRFLDUH LQ XQD nuova visione delle cose e quindi anche in un nuovo agire, una componente educativa (e-ducere, condurre fuori-da) sarĂ inevitabilmente inerente a ogni HVHUFL]LR GHOOD SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD '¡DOWURQGH FRPH KR VHJQDODWR LQ SL SXQWL LQ SUHFHGHQ]D DQFKH LO GLDORJR VRFUDWLFR VL SUHĂ€JJH GL FRQGXUUH L partecipanti a insights RVVLD FRPH EHQH VSLHJD 'RUGRQL D XQ¡HVSHULHQ]D FRQRVFLWLYD FKH ŠSUHVHQWD L FDUDWWHUL SVLFRORJLFL GHOOD VXELWDQHLWj GHOOD scoperta, del provenire da noi, del fatto di dover comportare anche una riorganizzazione rispetto a quanto creduto, saputo in precedenza, del fatto di essere qualcosa di nostro, guadagnato in prima persona [‌] la visione di TXDOFRVD LQ SURIRQGLWj GL XQ VLJQLĂ€FDWR FKH SXz DYHUH ULOHYDQ]D DQFKH SHU l’agireÂť (p. 390). L’insight non è una visione mistica, ma una comprensione di sĂŠ e del mondo (di aspetti, elementi del mondo) che ha (o pretende di avere) capacitĂ trasformativa. Il facilitatore vorrebbe portare qui, a insights, i partecipanti al dialogo socratico; a volte il tentativo si conclude con un successo, a volte non accade. Ma sempre, il dialogo è esercizio consapevole GL XQ ODYRUR Ă€ORVRĂ€FR HUHGH DQFKH LQ TXHVWR GHOO¡LQVHJQDPHQWR GL 6RFUDWH GHOOD SUDWLFD FKH 3ODWRQH DYUHEEH LQGLFDWR FRPH PDLHXWLFD 6H OD Ă€ORVRĂ€D VL fa pratica, la dimensione educativa, pedagogica, maieutica la accompagna come un’ombra inseparabile.

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Dordoni, Il dialogo socratico, di Roberto Peverelli



3KURQHVLV 0RUHQR 0RQWDQDUL

+DGRW H )RXFDXOW QHOOR VSHFFKLR GHL JUHFL /D ÀORVRÀD DQtica come esercizio di trasformazione 0LPHVLV 0LODQR 8GLQH

di Lucrezia Piraino Confesso che tutte le volte che mi trovo dinanzi ad un libro che si occupa GHOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH QRQ SRVVR QRQ HVSULPHUH XQ FHUWR VFHWWLFLVPR soprattutto in considerazione della tanto nota ed altrettanto vexata quaestio ULJXDUGDQWH OD GLIĂ€FROWj GL WUDGXUUH OD HYDQHVFHQWH H VRYUDEERQGDQWH FRPSOHVVLWj GHOOD Ă€ORVRĂ€D SUDWLFDWD LQ XQD VXD VWDWLFD HG D GLU SRFR DVWUDWWD ULGX]LRQH VFULWWD /DGGRYH FRP¡q QRWR D WDOH GLIĂ€FROWj ID GD FRUROODULR il rischio, nella letteratura ad esse dedicata, di parlarne solamente, di esplicitarne cioè i presupposti teorici, piĂš che di farne fare a colui che legge una esperienza diretta ed in certo modo “immediataâ€?. )LJXULDPRFL SRL TXDQGR TXHVWD GLIĂ€FLOH RSHUD]LRQH GL DGDWWDPHQWR teorico delle molteplici sfumature di cui si compongono le pratiche Ă€ORVRĂ€FKH DOOD ULJLGLWj HG DOOD Ă€VVLWj QHFHVVDULH SHU PROWL DVSHWWL “strutturaliâ€? ed indubbiamente tipiche della scrittura, non riguarda soltanto l’esposizione e la descrizione dell’esperienza degli esercizi in auge nelle VFXROH Ă€ORVRĂ€FKH FKH KDQQR DQLPDWR OD YLWD VSLULWXDOH GHOOD *UHFLD DQWLFD ma concerne addirittura la lettura che a partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo è stata fatta giusto di questi esercizi da due autorevoli ed LPSHJQDWLYL SHQVDWRUL FRPH 3LHUUH +DGRW H 0LFKHO )RXFDXOW A dispetto di quanto è stato appena detto, proprio la semplice spiegazione teorico-descrittiva e la tentazione di una mera ricostruzione storicistica, piuttosto che fare capolino tra le righe di questa interessante opera di 0RUHQR 0RQWDQDUL QHOOD IRUPD GL XQD SUHFLVD H PHWLFRORVD FKLDULĂ€FD]LRQH concettuale, quando non nella veste erroneamente seducente di una esegesi GHOOH RULJLQL Ă€ORVRĂ€FKH GHOOD FXOWXUD RFFLGHQWDOH QH YHQJRQR HQWUDPEH tanto elegantemente quanto rigorosamente allontanate. Ăˆ senz’altro vero che in questo intrigante testo dal titolo Hadot e Foucault QHOOR VSHFFKLR GHL JUHFL /D Ă€ORVRĂ€D DQWLFD FRPH HVHUFL]LR GL WUDVIRUPD]LRQH, Mimesis Milano- Udine 2009, l’autore sembra in apparenza muoversi nella classica 113

Phronesis, n. 17, ottobre 2011 Montanari, Hadot e Foucault, di Lucrezia Piraino


3KURQHVLV direzione di un lavoro sistematico e metodologicamente puntuale, dedicato sia al commento dei punti di vista convergenti che all’interpretazione GHOOH SURVSHWWLYH RSSRVWH SUHVHQWL GL IDWWR QHOOD ULĂ HVVLRQH GL TXHVWL GXH pensatori francesi. Quest’ultima circostanza risulta molto piĂš evidente soprattutto se si considera il fatto per cui proprio nell’introduzione, mentre presenta EUHYHPHQWH LO GLVHJQR GHOO¡RSHUD OR VWHVVR DVVHULVFH FKH LO VXR ŠVWXGLR VL VRIIHUPHUj HVFOXVLYDPHQWH VX TXHOOH VFXROH H VX TXHL Ă€ORVRĂ€ SUHVL LQ HVDPH GD HQWUDPEL L Ă€ORVRĂ€ IUDQFHVL WUDODVFLDQGR DG HVHPSLR O¡DQDOLVL GL 3ORWLQR QHO FDVR GL +DGRW R GL 3OXWDUFR QHO FDVR GL )RXFDXOWÂŞ GHGLFDQGRVL SLXWWRVWR D Š6RFUDWH FDS , DOO¡HOOHQLVPR LQ JHQHUDOH H DOOR VWRLFLVPR URPDQR LQ SDUWLFRODUH ² FRQ VSHFLDOH DWWHQ]LRQH DOOD Ă€ORVRĂ€D GL 6HQHFD (SLWWHWR H Marco Aurelio – (cap. III), per concludersi con una disamina delle ragioni FKH KDQQR SRUWDWR DO WUDPRQWR GHOOD FRQFH]LRQH GHOOD Ă€ORVRĂ€D FRPH VWLOH di vita e con un’analisi della possibilitĂ di una loro parziale riattualizzazione sotto nuove forme (cap. IV)Âť, (pp. 49-50). Anche da queste parole pare che il percorso proposto in questo testo si muova su un registro piuttosto tradizionale, realizzato fondamentalmente su delle analisi assai dettagliate e su dei confronti testuali molto ricchi, i quali sembrano a loro volta essere diretti ad accomunare ed al contempo a distanziare questi due diversi modi di concepire e di interpretare gli esercizi Ă€ORVRĂ€FL GHOOH DQWLFKH VFXROH GL SHQVLHUR Ma se si va leggermente piĂš a fondo, si vede invece come nell’intento dell’autore sia fondamentalmente presente la volontĂ di spingersi oltre un mero, per certi versi scolastico, quando non addirittura convenzionale FRQIURQWR WUD L GXH Ă€ORVRĂ€ IUDQFHVL H VL FRPSUHQGH DQFKH FKH OD SUHVHQ]D costante di un suo serrato ed avvincente dialogo con entrambi non ha nessuno scopo didascalico o dottrinale, ma è piuttosto un vero e proprio “esercizio concretoâ€? di quello stesso pensiero direttamente interrogato GDOOD YLWD GL FXL OH VWHVVH VFXROH Ă€ORVRĂ€FKH JUHFKH VRQR VWDWH XQ HVHPSLR fulgido e purtroppo ormai irrimediabilmente tramontato. Quasi a dire che questo ‘confronto al quadrato’ che lo stesso autore LQWUDWWLHQH VLD FRQ )RXFDXOW FKH FRQ +DGRW KD LO FKLDUR VFRSR GL VYHODUH le sbavature, le visioni riduttive ed anche le manipolazioni che ambedue KDQQR D GLYHUVR WLWROR RSHUDWR VXOOD Ă€ORVRĂ€D JUHFD DOOD OXFH GHOOD ORUR

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3KURQHVLV segreta e comune speranza, trasformatasi nel corso del tempo in un vero e proprio obiettivo, di ritrovare le radici perdute del pensiero. La ricerca di queste radici, nascoste in una pratica antica, ma oggi forse ancora riattualizzabile, ha dunque spinto l’autore a sviscerare dall’interno la ULĂ HVVLRQH GHL GXH IUDQFHVL VRSUDWWXWWR FRQVLGHUDQGR LO IDWWR SHU FXL L ORUR VWXGL Š FKH WXWWDYLD RFFRUUH ULFRUGDUOR QRQ YRJOLRQR DYHUH XQ FDUDWWHUH sistematico – risultano a tratti parziali perchĂŠ concentrati soprattutto, TXDQGR QRQ HVFOXVLYDPHQWH VX TXHJOL DVSHWWL GHOOD Ă€ORVRĂ€D DQWLFD ² H della letteratura critica – che meglio si prestano a convalidarne la lettura in termini di esercizio spirituale e maniera di vivere, trascurando altri aspetti SHU FHUWL YHUVL QRQ PHQR VLJQLĂ€FDWLYL H ULOHYDQWL PD TXDQWRPHQR JLj ampiamente trattati dalla letteratura critica specializzataÂť (p. 51). Uno dei nuclei di questo lavoro è dunque proprio l’approfondimento sensibile, vivace ed oggi piĂš che mai indispensabile dell’humus culturale in cui VL VRQR VYLOXSSDWH SURSULR TXHOOH UDGLFL GHOOD ULĂ HVVLRQH RFFLGHQWDOH 4XHVWH XOWLPH VRQR ULPDVWH Ă€QR DG RJJL VSHFXODWLYDPHQWH LQYLVLELOL H SUREOHPDWLFKH GDWR FKH WUDJJRQR LO ORUR DOLPHQWR SL QXWULHQWH H WRQLĂ€FDQWH GDOOD D WUDWWL insostenibile e perforante - promiscuitĂ del pensiero mischiato con la vita, dal suo assolutamente inconcepibile intreccio con l’esistenza. Intreccio che sembra in generale inaudito, paradossale, ambiguo e faticoso, con il VXR FRQWLQXR HVSRUUH FLDVFXQ HVVHUH XPDQR DOOD GLIĂ€FLOH GLVFLSOLQD GHOOD coerenza con se stesso, alla quotidiana, problematica ricerca dell’armonia con gli altri uomini ed anche all’incontro stupefatto e meravigliato con il cosmo. Questa ampia ed eterogenea trama intessuta di vita pensata e pensiero vivente dovrebbe secondo l’autore essere “curataâ€?, cioè creata, formata e IRJJLDWD SURSULR GDOO¡DWWLWXGLQH FULWLFD GHOOD Ă€ORVRĂ€D 0D GRYUHEEH SL LQ particolare essere realizzata e compresa per mezzo della pratica di alcuni esercizi spirituali o di una disciplina contemplativa. Gli unici “strumentiâ€? GHVWLQDWL FRPH GLFH +DGRW D ŠTXHVWD HGXFD]LRQH GL Vp FKH F¡LQVHJQHUj D vivere non giĂ secondo i pregiudizi morali o le convenzioni sociali [‌] ma conformemente alla natura dell’uomo che non è altro che ragioneÂť (p. 36), in modo da poter attingere a quella sorgente della vita acuta e magmatica, JLRFRVD H ULĂ HVVLYD YROWD D ŠUHDOL]]DUH XQ LQVHULPHQWR GHOO¡LR QHO PRQGR H nell’universaleÂť (p. 37), la quale, sin dal mondo antico, è stata chiamata col

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Montanari, Hadot e Foucault, di Lucrezia Piraino


3KURQHVLV nome ‘saggezza’. Di certo, quindi, siamo perfettamente in accordo con l’autore che, FLWDQGR )RXFDXOW VRVWLHQH FKH LO SHQVLHUR DQWLFR ŠQRQ VL HVDXULYD LQ XQ SXU VWUDRUGLQDULR LPSLDQWR WHRUHWLFR FDSDFH GL LQGDJDUH H GHĂ€QLUH YHULWj ma si caratterizzava soprattutto per la sua portata ‘eto-poietica’ capace di trasformare la veritĂ in ethos praticato, ossia in tratto caratteriale, costume GL YLWD VSHFLĂ€FD ÂśPRGDOLWj GL HVLVWHQ]D GL XQ LQGLYLGXR¡ QHO WHQWDWLYR PROWR preciso di costituire il soggetto della conoscenza vera come soggetto dell’azione retta’ (pp. 11-12). In quest’ottica si può leggere l’estrema ricchezza di questo testo, nel quale la caratteristica piĂš importante del pensiero antico, che come si è visto è costituita dal suo indiscusso legame con la vita, viene analizzata dettagliatamente e su piani diversi. Piani che si richiamano piĂš o meno esplicitamente in tutto il libro come in una sinfonia ben orchestrata. Ăˆ in questo contesto che si inquadra l’approfondimento di Socrate e GHOOD VXD LQVWDQFDELOH WHQVLRQH SHU OD UHDOL]]D]LRQH GHOOD Ă€ORVRĂ€D FRPH FXUD dell’anima, la sua attenzione alla parresia, la sua pratica del logon didonai, il suo esercizio della virtĂš. Ma anche la trattazione dell’eros platonico e della portata etica della dialettica, senza tralasciare gli scritti dedicati GDO Ă€ORVRIR DWHQLHVH DOOD VDOXWH LQ FXL SDUOD GL GLHWHWLFD H GL JLQQDVWLFD oppure quelli in cui lo stesso discute della funzione epistemologica del GLYLQR 3HU FRQFOXGHUVL LQĂ€QH FRQ LO FDSLWROR GDYYHUR SLDFHYROH GHGLFDWR VLD DO FRPPHQWR GHOOD YLVLRQH GHOOD Ă€ORVRĂ€D FRPH DUWH GL YLWD H WHUDSLD dell’anima tipica dell’epoca ellenistico romana, sia all’analisi delle diverse pratiche che hanno connotato la parresia epicurea, quella cinica e quella stoica. Pratiche accomunate dal fatto che proprio in quel contesto storico orami irrimediabilmente mutato, la parresia non venne piĂš intesa come Š´XQD TXDOLWj FRPH XQD YLUW R XQ¡DWWLWXGLQH SHUVRQDOH PD DQFKH FRPH una techne paragonabile all’arte della medicina o all’arte di pilotare una QDYHÂľ FLRq FRPH ´O¡DUWH Ă€ORVRĂ€FD GL JRYHUQDUH VH VWHVVL H GL DJLUH FRPH una sorta di ‘guida spirituale’ nei confronti di altre personeâ€?Âť (pp. 114-115 e note 62- 63). Tralasciando la questione nota, ampiamente discussa dalla letteratura VXOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD H TXL DSSHQD DFFHQQDWD FKH KD SHU RJJHWWR OD SRVVLELOLWj SHU LO FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR GL HVVHUH XQ ´PDHVWURÂľ SHU L

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3KURQHVLV QRQ ÀORVRÀ LO YHUR H SURSULR FRUSR D FRUSR LQJDJJLDWR GDOO·DXWRUH FRL due pensatori francesi ha quindi soprattutto lo scopo di sollecitarci, di pungolarci - prima di tutto in qualità di persone ed eventualmente in un secondo momento nella veste di semplici lettori o anche in quella GL ÀORVRÀ SUDWLFDQWL H GL IDUFL ÀQDOPHQWH LQWHUURJDUH ©VX GL QRL TXDOL siamo oggi, ovvero, di chiedersi “quali sono i nostri modi d’esistenza, le QRVWUH SRVVLELOLWj GL YLWD R LO QRVWUR SURFHVVR GL VRJJHWWLYD]LRQH"µ 3Xz HG HYHQWXDOPHQWH LQ FKH PRGR O·HVSHULHQ]D GHOOD ÀORVRÀD DQWLFD YHQLUFL LQ DLXWR" 6RQR GRPDQGH FKH VLD +DGRW FKH )RXFDXOW VL VRQR SRVWL H DOOH TXDOL hanno cercato di rispondere delineando due differenti proposte» (p. 157). Sono domande a cui lo stesso Moreno Montanari ha cercato di rispondere in tutto il suo percorso di ricerca ed a cui ha tentato di dare una soluzione aperta, stimolante e per certi aspetti innovativa, soprattutto nell’ultimo capitolo del suo libro. Rimandando alla lettura diretta del testo, in questa sede è infatti più LPSRUWDQWH VRWWROLQHDUH LO EUHYH PD VLJQLÀFDWLYR FRPPHQWR LQWURGRWWR GDOO·DXWRUH YHUVR OD ÀQH GHOOD VXD ULFFD H VWUDWLÀFDWD WUDWWD]LRQH &RPPHQWR mediante il quale lo stesso, nel mettere in crisi la ricezione che la letteratura VXOOD FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD KD VLQRUD FRQGRWWR VXJOL VWXGL GHL GXH ÀORVRÀ francesi, ha piuttosto lo scopo di entrare nel merito delle questioni oggi emergenti e scottanti interne al dibattito sulla necessità di delineare una ¶LGHQWLWj SRVVLELOH· GHOOD VWHVVD FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD 4XHVW·XOWLPD VHFRQGR la prospettiva qui abbracciata, sarebbe troppo spesso mossa “dalla volontà GL GLVWLQJXHUVL GDOOH SVLFRWHUDSLHµ R GL GHÀQLUVL ©SHU VRWWUD]LRQH GL FLz FKH q scopo terapeutico e di ciò che fa perno sulla relazione e sulla emozionalità , misconoscendo così aspetti che sono tuttavia presenti anche in alcune LPSRUWDQWL FRUUHQWL ÀORVRÀFKH VSHFLH FRPH DEELDPR YLVWR GHOOD ÀORVRÀD antica» (p. 193 e nota 130). $ WDOH SURSRVLWR LQ XQ DOWUR OXRJR VL VRWWROLQHD LO IDWWR FKH ©LO SXU HVWHVR ULFKLDPR DJOL VWXGL GL +DGRW H )RXFDXOW DOO·LQWHUQR GHOOH SXEEOLFD]LRQL GL FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD VHPEUD IHUPDUVL DOOD ULYHQGLFD]LRQH GHOOD OLFHLWj GL XQD ÀORVRÀD DO VHUYL]LR GHOOD YLWD HG DO ULODQFLR GL XQD VXD IXQ]LRQH VRFLDOH VHQ]D WXWWDYLD DEEUDFFLDUH TXHOOH SUDWLFKH ÀORVRÀFKH FKH OD FDUDWWHUL]]DYDQR H LQ DVVHQ]D GHOOH TXDOL FRPH DEELDPR YLVWR Qp SHU +DGRW Qp SHU )RXFDXOW VDUHEEH SRVVLELOH FRPSUHQGHUQH LO VLJQLÀFDWR DXWHQWLFR 1HO SOXULYHUVR

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Montanari, Hadot e Foucault, di Lucrezia Piraino


3KURQHVLV GHOOH SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH DWWXDOL O¡XQLFR HVSOLFLWR H FRQGLYLVR ULIHULPHQWR D SUDWLFKH Ă€ORVRĂ€FKH DQWLFKH q LQIDWWL RIIHUWR GDO GLDORJR VRFUDWLFR inteso come esperienza di confronto critico e aperto alla ricerca di una YHULWj H GL XQ VHQVR FKH L GLDORJDQWL FRQVXOHQWH Ă€ORVRĂ€FR H FRQVXOWDQWH Ă€ORVRĂ€FR VDQQR EHQH GL QRQ SRVVHGHUH H FKH SHUWDQWR V¡LPSHJQDQR D ricercare insieme, mettendo in gioco le loro certezze, ben consapevoli che anche qualora la ricerca restasse frustrata, il dialogo si sarebbe rivelato utile ad agevolare la comprensione dei nostri abituali schemi di pensiero, ad evidenziare e ad indagare le nostre precomprensioni del mondo e ad RIIULUFL OD SRVVLELOLWj GL FRPSUHQGHUH PHJOLR O¡LQĂ XHQ]D FKH HVVH HVHUFLWDQR VXO QRVWUR VSHFLĂ€FR PRGR GL UDJLRQDUHÂŞ SS A questo punto, viene di fatto da chiedersi se per caso con questo testo l’autore non stia suggerendo un profondo ripensamento - o forse solo un VHPSOLFH DPSOLDPHQWR GHOOD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD Un ripensamento o un ampliamento che non riguardano solo il come si pratica DWWXDOPHQWH OD FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD PD FKH FRQFHUQRQR DQFKH LO come si pensa attualmente alla FRQVXOHQ]D Ă€ORVRĂ€FD 'HVFULYHQGR LQIDWWL ŠXQD QXRYD SURSRVWD GL SUDWLFD Ă€ORVRĂ€FD FKH YD sotto il nome di DQDOLVL ELRJUDĂ€FD DG RULHQWDPHQWR Ă€ORVRĂ€FRÂť, per la maggiore GHĂ€QL]LRQH GHOOD TXDOH ULPDQGLDPR DOOH EHOOH SDJLQH FRQFOXVLYH GHO OLEUR O¡DXWRUH GLVHJQD OH OLQHH GL XQD SUDWLFD ŠFKH LQWUHFFLDQGR FRPSHWHQ]H Ă€ORVRĂ€FKH H DELOLWj SVLFRDQDOLWLFKH VL SURSRQH GL ÂśSURGXUUH XQD GRSSLD YDULD]LRQH VLD QHL FRQIURQWL GHOOD WUDGL]LRQH Ă€ORVRĂ€FD FKH QH HVFH arricchita in sensibilitĂ per le emozioni, gli affetti e la sensibilitĂ transitate nell’espressione, sia nei confronti della pratica psicoanalitica, che si lascia attraversare dalla domanda etica e che può esercitare il suo ascolto praticando l’antica capacitĂ di attenzione (prosochĂŠ) e sospensione del giudizio (epochĂŠ) che sarĂ l’altro a dover trarre da se stesso’ (p. 194 e nota 135). 6H q FRVu DOORUD LO YHUR FXRUH GHO OLEUR q FROORFDWR SURSULR DOOD Ă€QH questa è di sicuro la sua parte piĂš innovativa ed in assoluto piĂš intrigante. Ma chiunque voglia confrontarsi creativamente con questo testo e tentare di dischiuderne il segreto dovrĂ prima distendersi nelle sue pagine iniziali ed anche in quelle centrali. In queste, infatti, viene descritto quel momento sommamente esaltante ed al contempo ambiguo della nostra

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3KURQHVLV RULJLQH Ă€ORVRĂ€FD H FXOWXUDOH )DFHQGR FRVu IRUVH PHQWUH DUULYHUj DOOD Ă€QH GHOOD VXD OHWWXUD JOL FDSLWHUj di pensare, con Moreno Montanari, al fatto che, se come tutte le origini, quella greca è di certo il nostro inizio, in realtĂ â€œogni inizio / è solo un seguito/ e il libro degli eventi/ è sempre aperto a metĂ â€? (W. Szymborska).

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Hanno scritto su questo numero Carlo Basili &RQVXOHQWH ÀORVRÀFR Ë VWDWR YLFHSUHVLGHQWH GHOO·$VVRFLD]LRQH Phronesis e membro della companionship internazionale fondata da Ran Lahav. Una HVHPSOLÀFD]LRQH GHOOH VXH SRVL]LRQL VXOOD FRQVXOHQ]D QHO VXR FRQWULEXWR LQ AA.VV., )LORVRÀD SUDWLFDWD, Di Girolamo, Trapani 2008. $XJXVWR &DYDGL )LORVRIR LQ SUDWLFD VSHFLDOL]]DWR LQ FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD LQVHJQD ÀORVRÀD LQ XQ OLFHR GL 3DOHUPR &ROODERUD VWDELOPHQWH FRQ ´5HSXEEOLFDµ HGL]LRQH GL 3DOHUPR ´&HQWRQRYHµ 0HVVLQD H ´1DUFRPDÀHµ 7RULQR Tra i suoi numerosissimi volumi ha di recente pubblicato )LORVRÀD GL VWUDGD /D ÀORVRÀD LQ SUDWLFD H OH VXH SUDWLFKH, Di Girolamo, Trapani 2010. Per altre QRWL]LH ZZZ DXJXVWRFDYDGL HX 3DROR &HUYDUL Lavora come consulente nel campo teso tra la comunicazione RUJDQL]]DWLYD H OR VYLOXSSR GHOOH SHUVRQH Ë FRDFK FHUWLÀFDWR SUHVVR O·05, di Palo Alto (California), formatore per il Centro di Terapia Strategica GL $UH]]R H FRQVXOHQWH ÀORVRÀFR 7UD OH SXEEOLFD]LRQL ´&RQVXOHQ]D )LORVRÀFDµ QHO Dizionario internazionale di psicoterapia (Garzanti, 2011), IESIntelligenza empatico sociale (Franco Angeli 2011, con altri tre autori), ,O ÀORVRIR in azienda (Apogeo, 2010, con Neri Pollastri). Giorgio Giacometti &RQVXOHQWH ÀORVRÀFR 'RFHQWH GL ÀORVRÀD QHL OLFHL H GRWWRUH GL ULFHUFD LQ )LORVRÀD SROLWLFD KD LQVHJQDWR D FRQWUDWWR SUHVVR O·8QLYHUVLWj GL 8GLQH 7UD L VXRL YROXPL Ordine e mistero. Ipotesi su Schelling (Padova 2000); )LORVRÀD e amicizia. Il Liside di Platone e dintorni, un esercizio maieutico (Milano 2001), ROWUH D GLYHUVL FRQWULEXWL VX ULYLVWD R LQ YROXPH VXOOD SUDWLFD ÀORVRÀFD

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3KURQHVLV 0DUWD 0DQFLQL /DXUHDWD LQ ÀORVRÀD D )LUHQ]H 6L RFFXSD GL IRUPD]LRQH PDQDJHULDOH in una banca di livello nazionale dove svolge anche attività come coach interno. Prima di approdare a Phronesis ha conseguito, presso la SILAE, l’attestato di Consulente esistenziale e di Logoanalista esistenziale. Nel 2009 ha partecipato al corso di perfezionamento post laurea in P4C presso l’Università di Firenze. Le sue consulenze individuali sono incentrate su aspetti prevalentemente professionali. 'DYLGH 0LFFLRQH &RQVXOHQWH ÀORVRÀFR &RQGLUHWWRUH GHOOD ULYLVWD Phronesis. È assegnista GL ULFHUFD LQ 6WRULD GHOOD ÀORVRÀD SUHVVR O·8QLYHUVLWj GL &DWDQLD 7UD L VXRL volumi /D FRQVXOHQ]D ÀORVRÀFD (Milano 2007); *XLGD ÀORVRÀFD DOOD VRSUDYYLYHQ]D (Milano 2008) e, a due mani, L’uomo è ciò che pensa (con N. Pollastri, Trapani 2008) e la curatela di 9LYHUH FRQ ÀORVRÀD (con R. Longo, Acireale-Roma 2005). 5REHUWR 3HYHUHOOL 'LULJHQWH VFRODVWLFR ÀORVRIR FRQVXOHQWH VL q LQWHUHVVDWR VRSUDWWXWWR DOOH SUDWLFKH ÀORVRÀFKH ULYROWH D JUXSSL VSHULPHQWDQGROH LQ FRQWHVWL GLYHUVL 2OWUH D DOFXQL FRQWULEXWL VXOOD SUDWLFD ÀORVRÀFD KD SXEEOLFDWR DUWLFROL H curato volumi su temi di estetica e etica ambientale, tra cui, per esempio, Valori selvaggi (Milano 2005), Il fantasma del bello (Milano 2008), una raccolta degli scritti sull’arte di Proust, e Gli automi sono tra noi (Milano 2011). Lucrezia Piraino 'RWWRUH GL ULFHUFD LQ 0HWRGRORJLH GHOOD ÀORVRÀD KD XVXIUXLWR GL una borsa post-dottorato dell’Università di Messina presso cui svolge DWWXDOPHQWH DWWLYLWj GL ULFHUFD DOO·LQWHUQR GHOOD FDWWHGUD GL )LORVRÀD PRUDOH Dal 2006, in qualità di docente e direttore della didattica, è nel comitato VFLHQWLÀFR GHO PDVWHU XQLYHUVLWDULR LQ &RXQVHOLQJ H SUDWLFD ÀORVRÀFD attivato dall’ateneo messinese. Angela Tomarchio Laureata in Scienze dell’Educazione e abilitata per l’insegnamento di

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3KURQHVLV )LORVRĂ€D H 6FLHQ]H XPDQH Ă‹ Teacher in Philosophy for children +D SXEEOLFDWR diversi articoli su riviste e volumi collettanei. Carmelo Vigna Ă‹ VWDWR GDO DO RUGLQDULR GL )LORVRĂ€D PRUDOH SUHVVR O¡8QLYHUVLWj degli Studi Ca’ Foscari di Venezia, dove ha diretto il Dipartimento GL )LORVRĂ€D H 7HRULD GHOOH 6FLHQ]H H KD IRQGDWR H DWWXDOPHQWH GLULJH LO Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica (C.I.S.E.). Ăˆ direttore (con Francesco Botturi) dell’“Annuario di eticaâ€? (edito da Vita e Pensiero, Milano 2004 e sgg.). Ăˆ Presidente del Centro di Etica generale e applicata (C.E.G.A.) dell’Almo Collegio Borromeo di Pavia. Ăˆ autore di numerose pubblicazioni.

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