La mia Francigena

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La Mia Francigena

“Questo fine settimana ci facciamo un pezzo di Francigena?” Ero talmente preso dal lavoro che nemmeno mi accorsi che c’era qualcuno seduto accanto a me. Quella frase mi riportò alla realtà, alzai un attimo gli occhi dal monitor e vidi sulla sedia vicino alla mia scrivania Antonio, che mi fissava con un sorriso smagliante. Di fronte al mio sguardo smarrito, ancora sospeso tra le mille cifre colorate che facevano capolino dal mio monitor, si grattò la pelata, avvicinò la sedia alla scrivania e si levò gli occhiali. A quel punto, quando fu certo di avere la mia attenzione, scandì nuovamente la frase, stavolta con un’espressione un po’ più seria. “Questo fine settimana ci facciamo un pezzo di Francigena?” Conoscevo Antonio da anni, ed ero in qualche modo abituato alle sue proposte strampalate: che si trattasse di idee innovative nel campo dell’elettronica o di attività culturali, lui partiva sempre con progetti folgoranti, visionari, che nella maggior parte dei casi rimanevano sulla carta, ma il suo modo di raccontarli, disegnarli come se fossero già realtà, era qualcosa di unico. Lo conoscevo, ma ogni volta riusciva a spiazzarmi, e anche quella volta rimasi totalmente allibito. “Un pezzo di che?!?” Ovviamente era già preparato alla mia risposta e insinuandosi con la sedia da ufficio dietro la mia scrivania, mi spostò delicatamente con un gomito e cominciò a digitare sulla tastiera. Accennai una timida reazione. “Ma… veramente stavo lavorando…” “Finisci dopo, è roba di due minuti!” Dopo aver buttato un’occhiata in corridoio per vedere che non arrivasse il capo, cominciai a osservarlo mentre apriva con mano sapiente decine di pagine web, ovviamente aveva già preparato la lezione da giorni. Si alzò di scatto, lasciando disseminate sullo schermo finestre con itinerari, spiegazioni, storie. “Qui c’è tutto quello che devi sapere, poi ti mando una mail con gli orari e con quello che c’è da portare. Vengono anche Pietro e Fabiana”. Non mi lasciò neanche il tempo di aprire bocca, non riuscii a far altro che seguirlo con lo sguardo mentre si allontanava. Riportando gli occhi sullo schermo, su una pagina a caso tra le tante aperte, vidi spuntare foto di chiese, croci, il nome di un vescovo, tale Sigerico… “Antò, ferma un attimo… ma questa Francigena, sarà mica un pellegrinaggio?” Antonio si bloccò, lentamente si girò verso di me, senza dir nulla. Non faceva mistero di essere credente, un paio di santini stazionavano con discrezione sulla sua scrivania, ma, per quella tacita forma di rispetto che si crea negli ambienti di lavoro, la religione, assieme alla politica e al calcio, era tra gli argomenti tabù, da tenere fuori dalle discussioni. “E quindi?” “Niente, un pellegrinaggio è una cosa seria, bisogna crederci… cioè, ci vuole una motivazione, qualcosa da espiare magari, non è che uno prende il sabato mattina e parte…” La mia paura di aver dato il via ad una nuova crociata fu subito spazzata via dal sorriso che illuminò il suo volto. “Certo, è un pellegrinaggio, ma è anche una bella passeggiata… ne facciamo un pezzo, mica andiamo a piedi dal Papa!” Effettivamente non andammo a piedi dal Papa, furono solo due tiepide giornate d’autunno trascorse passeggiando nel cuore della Toscana. E comunque, anche continuando a camminare, in quel mese di novembre di sette anni fa, dal Papa non ci saremmo mai arrivati; questo per la semplice ragione che, secondo il minuzioso programma di Antonio, quei due giorni sulla Francigena li facemmo contromano.


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