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EDITORIALE Leggevo qualche settima addietro di un noto chirurgo estetico, il quale candidamente avrebbe dichiarato di guadagnare talmente tanto da non sapere neppure quantificarlo con esattezza e (il condizionale è d’obbligo). Avrebbe aggiunto che con 80 euro al massimo riusciva a comprare un paio di mutande. Apriti cielo! Raffiche di insulti a più non posso, con gente che gli augurava ogni male invitandolo ad andare a zappare. A pochi giorni di distanza, mentre ero nello spogliatoio di una palestra, ascoltavo i discorsi fra un laureato e un laureando, e il primo dichiarava di essersi laureato a pieni voti, ma cercava in tutti i modi di sottodimensionare l’impegno che aveva profuso, sottolineando continuamente che a malapena aveva letto la propria tesi pochi giorni prima di discuterla. Della simpatia che i cosiddetti “secchioni” hanno sempre riscosso fra i banchi di scuola, e soprattutto presso quelli che ritenevano essere più “furbi”, non sto neppure a parlarne. A questo punto ci si chiede cosa possano avere in comune questi tre episodi apparentemente differenti fra loro. Ebbene, l’elemento in comune è semplice: siamo un Paese a tal punto alla deriva che ormai studiare è quasi un elemento di cui vergognarsi e il colpevole stato di benessere garantito dalle passate generazioni, ha fatto totalmente perdere di vista quanto possa essere fondamentale nella vita di una persona. Quando la condizione di crisi economica era reale e la mancanza di cibo non era una frase fatta, ma una constatazione, ogni genitore si raccomandava che il figlio studiasse, poiché vedeva nello studio un’arma di riscatto economico e sociale. E lo studio era qualcosa di serio, per il quale si facevano veri sacrifici da parte di tutti, di chi consentiva ai figli di studiare e di chi, sui libri, doveva dedicare il proprio tempo. Quando leggo gli insulti verso un chirurgo estetico (e voglio sottolineare chirurgo estetico) colpevole di aver evidentemente studiato al punto da diventare una celebrità nel suo campo, comprendo l’infimo livello a cui siamo arrivati. Una società dove sta bene a tutti che un calciatore guadagni milioni di euro, ma diviene inaccettabile che medesimi importi possa guadagnarli un chirurgo che, come è facile intuire, nella formazione e nello studio ha investito una porzione della sua vita ben più grande e si assume responsabilità estre-
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mamente maggiori. Tanto più che non si parla di un oncologo che lucra economicamente sulla vita delle persone, ma di qualcuno che guadagna prevalentemente sui capricci estetici di queste ultime. Perché mai dovrebbe dunque vergognarsene o andare a zappare se il guadagno è il naturale frutto del suo impegno? Il discorso del laureato che parlava seduto nello spogliatoio della palestra non è differente, poiché nasconde ad ogni livello il bisogno quasi di scusarsi per il risultato ottenuto a conclusione del percorso universitario, e certo non avrebbe sentito di ridimensionare la sua dedizione se avesse dovuto esaltare il numero di goal segnati in una ipotetica partita di calcio, anzi avrebbe sottolineato la durezza degli allenamenti e il suo talento! Perché di fronte al risultato negli studi ha invece ritenuto opportuno indicare l’esatto contrario? Questo è il punto in cui siamo arrivati, la sottovalutazione dell’importanza dello studio che ormai non è più (e guai se lo fosse) il privilegio di pochi, ma un diritto di tutti del quale non se ne percepisce più il valore. Peccato che, come altre volte ho detto, si sia passati dal diritto allo studio al diritto al titolo di studio, con studenti e genitori che pretendono il “pezzo di carta” non già per meriti dello studente, ma perché hanno pagato le tasse universitarie. In questo continuo livellamento verso il basso non si accetta che altri abbiano davvero l’ardire di impegnarsi e studiare, di applicarsi in quello studio che Leopardi definiva “matto e disperatissimo”, fosse anche solo con l’ambizione di guadagnare legittimamente in modo considerevole. In una Italia in cui l’appagamento non deriva più dal migliorare la propria condizione, ma dal veder peggiorare quella degli altri, si è passati dall’invidia sociale a quella culturale! Quindi il “secchione” va deriso dai furbi (o da coloro che si ritengono tali), il chirurgo deve andare a zappare e lo studente laureato a pieni voti deve nascondere (e questi scusarsi) l’impegno che ha riversato. Abbandonando Leopardi, mi sembra più pertinente la battuta del film Tre uomini e una gamba quando Giacomo, rispondendo a Marina che gli chiedeva <<E così domani ti sposi>>, dichiarava candidamente: <<Si, ma... nulla di serio!>>. Ebbene oggi ci
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si laurea, forse anche con una frequenza maggiore rispetto a quella con cui ci si sposa, ma non è nulla di serio. A quei pochi che ancora credono nel valore dello studio, dell’acquisizione delle competenze (anche slegate dal titolo accademico) e non del paravento offerto da un “pezzo di carta”, il cui valore è sempre meno apprezzato anche da chi lo ha raggiunto, mi sento di dire che non dovrebbero vergognarsene, né dovrebbero scusarsi delle mete che riusciranno a raggiungere, e anzi dovrebbero essere orgogliosi di averne sempre di nuove e sempre più ardue. Anche di tipo economico, non siamo ipocriti! Non sono loro a doversi vergognare o a doversi scusare, ma tutta quella massa di furbetti che ha raggiunto una laurea per sfinimento dei docenti senza acquisire alcuna reale competenza, che ha preferito investire nella mediocrità decantata dall’epoca storica in cui ci troviamo a vivere, dove la cultura non è mai stata tanto accessibile e contemporaneamente tanto ignorata. Dove tutti gli incapaci e (lo ripeto) i furbetti, vogliono scimmiottare ora il medico, ora il biologo, ora l’ingegnere e, non disponendo delle competenze, si rifugiano dietro il più becero vittimismo: sono loro a doversi scusare, non possedendo la capacità di vergognarsene! Concludo con una frase letta tempo fa e di cui non conosco l’autore: se vuoi fregare il sistema...studia!
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CONTENUTI
OVERTRAINING E SPORT di Gliulio Merlini e Marco Lo Fermo
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RESPIRAZIONE E POSTURA di Fabio Marino
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L’ALLENAMENTO INTEGRATO DELLE CAPACITÀ MOTORIE di Davide Serpe
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LA FUNZIONALITÀ DIAFRAMMATICA: CHIAVE DI VOLTA NELLA RIEDUCAZIONE POSTURALE GLOBALE di Giulia Pagliaccia
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DAL WEB. ESPRESSIONE SOLLECITAZIONE E ALLENAMENTO DELLA FORZA NEI GIOVANI E NEI BAMBINI di Pierluigi De Pascalis
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Scienza e Movimento - N. 6 aprile-giugno 2016
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