Pietro Perrotta
La Settimana Santa a Sessa Aurunca
Prefazione di Marisa Milani
Š
Gabriele Corbo Editore
Nota dell'autore
Dopo olio anni dalla prima edizione, ripresentare una nuova pubblicazione sui riti della Settimana Santa di Sessa Aurunca impone una revisione del testo e della iconografia editi nel 1978, per altro accolti da buoni consensi, la cui eco puntualmente si ripropone di anno in anno nel periodo pasquale. L'analisi di una gestualità così emotivamente intensa, così ricca di partecipazione popolare fa di queste manifestazioni uno dei momenti più interessanti e suggestivi del patrimonio folcloricoreligioso dell'Italia Centro-Meridionale che, travalicando dal semplice elemento spettacolare, si colloca in un piano esoterico mistico chiaramente percepibile vivendo la Settimana Santa a Sessa Aurunca. .È una intera città con tutta la sua popolazione e con la sua architettura medioevale a fare da protagonista e da scenografia in questo rito che si ripete anno dopo anno. Per chi, come me, ha vissuto da sempre i riti di Pasqua, è assai difficile compiere una ricerca condotta con il rigorismo e la metodologia propria della ricerca antropologica, perché la magica atmosfera della Settimana Santa con tu/la la sua carica emotiva mi prende e mi trasporta verso immagini e suggestioni che fanno tralasciare il linguaggio e l'analisi da addetti ai lavori. È suggestivo notare, in questa occasione che è magna pars del patrimonio tradizionale del Mezzogiorno, il grande coinvolgimento umano al rito liturgico-religioso-fo/clorico. L'uomo partecipa in prima persona con la volontà di vincere la morte e festeggiare la Resurrezione di Cristo quasi come un esorcismo della stessa morte. Assai interessante è anche il rapporto con la Chiesaistituzione intesa come custode e guida dei riti con i suoi ministri, per i quali la gente di Sessa ha sempre grande rispetto e devozione, ma ai quali nello spettacolo della Sellimana Santa la regia popolare conferisce un ruolo strettamente liturgico. Determinanti nell'allestimento e nello svolgimento
dello spettacolo sono le confraternite con i loro Congregati, mentre la città medioevale assume il ruolo di scena aperta, sulla quale domina il popolo, vero personaggio-interprete di una tragedia non scritta. In questa nuova edizione ho inserito i contributi di studiosi che da molti anni si sono dedicati allo studio dei "fatti" tradizionali di Sessa Aurunca. Pierluigi Gallo ha dedicato un ampio studio al canto del Miserere di cui fa un 'analisi etnomusicologica assai precisa con riferimenti strutturali e storici di grande interesse, aprendo la discussione sulle origini e sulla musicalità del lamentoso Salmo 50 di Davide; l'intervento di Antonio Varone propone un 'interessante ricerca storica sulle Confraternite di Sessa con precisi parallelismi con quelle di altri paesi del Mezzogiorno e del Mediterraneo; il contributo di Mauro Volante propone Sessa A urunca quale "cittadella della fede" lungo un itinerario tra conventi, chiese e monumenti della città, arricchito da un significativo excursus fotografico. L'ampio corredo illustrativo si deve ai f olografi Lucia Patalano, Gianni Rollin e Rino Ve/lecco del Centro Ricerca Aperta di Napoli, Antonio Antinucci, Fortunato Genzano, Antonio Varone e Mauro Volante, i quali hanno documentato con i loro obiettivi la profonda e genuina partecipazione al dolore della Passione di Cristo. La rinnovata edizione vuole evidenziare anche attraverso le nuove immagini, tulli gli elementi della tradizione vista "da dentro", con tutti i limiti dettati dalla partecipazione emotiva personale cercando tuttavia di non confinarla in un ristretto ambito municipale né di conferirle un 'immagine oleografica e romantica di nostalgico passato.
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li Miserere poli vocale di Sessa Aurunca
Il Miserere polivocale di Sessa Aurunca
Pier Luigi Gallo
L'espressione più intensa e significativa dello spirito e del sentimento che animano le celebrazioni della Settimana Santa, ed in particolare la processione del Venerdì Santo, a Sessa Aurunca, è senz'altro il "Miserere" a tre voci eseguito dai cantori della Arci'confraternita del SS. Crocifisso, arcaico richiamo per tutta la popolazione a lla preghiera ed alla penitenza nel periodo quaresimale. Questo canto struggente e drammatico, che nella breve durata delle sue strofe contiene una forte carica di compassata emotività, è solo una delle numerose espressioni della religiosità popolare suessana, ma è di gran lunga fa più amata, la più coinvolgente e la più misteriosa di tutte. Il "Miserere" viene eseguito da tre cantori, membri della già nominata Arcinconfraternita del SS. Crocifisso (una delle sei confraternite che ancora sussistono nella città di Sessa), che lo cantano esclusivamente durante il periodo quaresimale, e precisamente ogni venerdì del tempo di Quaresima, a notte fonda; e nell'ultimo venerdì, il Venerdì Santo, la loro presenza nella grande processione della Passione è fondamentale ed acquista un aspetto catartico, nell'alternarsi con la banda che in tona le marce funebri e nella suggestiva cornice dei Misteri plastici e dei roghi accesi nelle piazze a l passaggio della processione. Detti cantori sono riconosciuti dai confratelli e dalla popolazione come gli unici depositari di questa tradizione musicale, e sono a loro volta impegnati nel trasmettere fedelmente la tecnica di esecuzione e le melodie esatte del canto ad altri fratelli apprendisti cantori. Attualmente accanto al trio ufficia le, garante della perfezione stilistica, si vanno formando a ltri trii di giovani e meno giovani, tutti animati da una forte passione e dal desiderio di penetrare il mistero di un avvenimento che ha accompagnato e cadenzato la loro vita fin dall'infanzia. E non pochi sono i problemi che questo canto presenta sia per i con fratelli che aspirano ad
apprenderlo sia per coloro che si accingono ad affrontare uno studio dal punto di vista etnomusicologico; in tutti e due i casi, difatti, la complessità della tecnica di esecuzione e la particolare struttura melodico-armonica che risulta -dall'analisi musicale, rendono questo "Miserere" un originale esempio di polivocalità popolare contenente a l suo interno un preciso canone estetico dal punto di vista esecutivo e, viceversa, una complessità di elementi diversi e di possibili influenze reciproche fra musica colta e musica popolare dal punto di vista strutturale, che danno adito ad una serie dj ipotesi su lla sua origine e sulla sua forma attuale. Scopo di questo breve saggio sarà quello di gettare lo sguardo su queste tematiche, addentrandosi, ancora una volta, nella remota oscurità della tradizione orale. Dal punto di vista testuale il "Miserere" è preso dal Salmo 50 di Davide "Miserere mei D eus, secundum magnam misericordiam tuam", contenuto nel Libro dei Salmi del!' Antico Testamento, che Davide compose quando, avendo commesso adulterio con Betsabea, il profeta Nathan gli predisse che il figlio nato da quella unfone sarebbe morto. I cantori suessani non eseguono tutte le ventun strofe del sa lmo, bensì solo dieci, di modo che il salmo è cantato a strofe alterne, secondo un'antica consuetudine della salmodia gregoriana in cui una strofa era cantata in monodia ed una in poli fonia, oppure secondo la prassi dei cori alternati maschili e femminili, oppure ancora secondo la tradizione liturgica in cui all'officiante risponde l'insieme dei fedeli. Ora questa alternanza fra i cantori ed il popolo (o chi per esso) si è persa da lungo tempo, come testimoniano gli stessi informatori, e restano soltanto queste dieci strofe che per di più non vengono mai eseguite tutte insieme, eccetto il primo venerdì di Quaresima quando nella chiesa di S. Giovanni in Villa (sede dell' Arciconfraternita) viene
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esposto il primo Mistero plastico; nelle altre occasioni in cui il "Miserere" viene eseguito la scelta delle strofe da cantare non segue alcun ordine definito, ma viene dettata da altri criteri musicali o tecnici che vedremo in seguito. Quindi la struttura testuale stessa del canto ci indica un possibile campo d'indagine, e cioè quello della melodia liturgica medievale; d'altronde il salmo 50 è contenuto, nella forma delle ventun strofe, nel Liber Usualis Missae et Officii, che riunisce le melodie gregoriane per il canto delle messe e degli offici principali dell'anno . li testo latino, quindi, assume la forma di una particolare lamentazione funebre a carattere sacro e riveste una precisa funzione penitenziale, funzione che, oltretutto, è specificatamente contemplata nelle finalità che l' Arciconfraternita del SS. Crocifisso si propone, ovverosia la preghiera, la penitenza e l'assistenza, com'è rilevabile dai suoi regolamenti interni. Ma chi volesse ricavare il senso testuale dall'ascolto del canto si troverebbe in serio imbarazzo; difatti le parole latine vengono stravolte, dilatate e letteralmente "masticate" dalle tre voci, le consonanti si fondono con le vocali e la successione delle diverse sillabe diventa incomprensibile, mentre questa inquietante colonna di suono si avvia verso la prima delle quattro cadenze che dividono il versetto. E qui troviamo un 'altra particolarità di questa recitazione che, se ricondotta agli schemi ed alle forme del gregoriano, risulta senz'altro "sui generis": generalmente la formu la salmodica nel gregoriano divideva in due il versetto, essendo caratterizzata dalla successione di due semiversi o emistichi. Nel "Miserere" suessano gli emistichi sono cinque (sebbene il primo ed il terzo siano uguali dal punto di vista musicale) ed ognuno di essi finisce in una cadenza seguita da una pausa; quindi la struttura ritmica del canto sfugge, almeno sotto questo
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profilo, ai canoni della salmodia gregoriana. A questo punto potremmo già porci due primi interrogativi, entrambi desunti dall'analisi del testo, sulla probabile o presunta derivazione del "Miserere" dalla tradizione liturgica ufficiale: - Che cosa sostituiva i versetti mancanti? - Nell'ipotesi di una derivazione del "Miserere" dalla salmodia gregoriana, come mai troviamo le strofe divise in cinque emistichi e non in due? Questi sono solo due esempi delle problematiche che sorgono nel corso dell'indagine etnomusicologica, ma è bene precisare che lo scopo di una tale ricerca non è solo quello di trovare delle ascendenze, ma può avere come esito anche la negazione di ascendenze non più ipotizzabili. In questo caso rimandiamo ogni ulteriore commento su questi punti all'analisi musicale vera e propria. Proseguendo nella descrizione del "Miserere" possiamo notare, dal punto di vista dell'esecuzione e della trasmissione del canto, tutta una serie di fattori che rivelano, come già è stato detto, la presenza di regole e di modelli esecutivi ben precisi e codificati, dei quali si fa garante, presso la popolazione e presso gli apprendisti cantori, il trio ufficiale. Innanzitutto il canto si compone di tre voci (alta, media e bassa) che i cantori chiamano "prima voce", "seconda voce" e "terza voce" e che corrispondono, in note reali, al RE•, al SI ed al SOL in senso discendente; le voci, quindi, partono secondo intervalli di terza, che i cantori chiamano "a note alterne". Le tre voci, come i cantori sottolineano, sono intimamente collegate fra loro non solo da un punto di vista melodico o armonko, ma anche e soprattutto da un punto di vista timbrico; nel "Miserere" non si può cantare una parte distinta dall'altra in quanto le parti sono inscindibili fra loro, e questo a causa della natura stessa del canto e dell'apprendimento di esso. È necessario un ottimo affiatamento fra gli
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esecutori e non basta la conoscenza delle melodie per metter insieme le tre voci; il trio si struttura da solo, ed ha bisogno di un 'amalgama particolare che porta i cantori a cantare sempre e soltanto nello stesso trio, in modo che le entrate, le uscite, le cadenze ed i volumi del canto (nonché le durate, le chiuse e l'intensità di emissione della voce) siano sempre il frutto di un lavoro di gruppo e siano adattate a "quelle" specifiche voci ed eseguite sempre da esse. Il timbro particolare prodotto dalle tre voci insieme, sim ile a l suono di un organo mol to metallico, è determinato dall'uso che i cantori fa nno, sulla base della nota fondamentale, degH armonici vocaH del "primo formante", pratica spontanea in uso in moltissime altre regioni d'Italia e della terra, e che contraddistingue questo stile di canto; in altre parole, dilatando o restringendo il palato e la glottide, muovendo la Hngua e analizzando i suoni, i cantori emettono tutta una serie di suoni superiori alla nota fo ndamentale (gli armonici, per l'appunto) che determinano, come anche nel caso degli strumenti musicali, il timbro della voce. Questo processo è particolarmente evidenziato dalle chiuse dei semiversi, in cui le diverse vocali vengono contratte fra loro, determinando l'effetto citato. Come esempio di vocalità extraeuropea che usi un procedimento analogo (anche se portato alle sue estreme conseguenze) possiamo ricordare la contrazione della sillaba AUM del canto tibetano religioso, in cui per l'appunto si sviluppa su di un unico suono costante tutta la serie degli armonici superiori e, in questo caso specifico, sembrerebbe anche la serie di quelli inferiori (i cosidetti "subarmonici"). Qu·esti aspetti timbrici determinano anche la scelta delle strofe da cantare, in quanto ciascuna voce ha, secondo i cantori , una sua vocale preferita su cui effettuare le "girate" (ovvero le cadenze o le semicadenze); la prima voce, più nasale, ha come vocale caratteristica la I, la seconda la E e la terza
voce, la voce bassa, la O. Logico quindi che vi siano delle strofe che per la presenza maggiore o minore. di certe vocali e di certe consonanti siano più facili da cantare e di maggiore effetto sonoro , così da essere preferite ad altre. È bene precisare comunque, tornando un attimo all'ordine di esecuzione delle diverse strofe, che il versetto di apertura è sempre, in qualunque occasione, il primo: " Miserere mei Deus", a cui fa nno seguito , intervallate da silenzi più o meno lunghi, gli altri versi a scelta. Prendiamo in esame, a questo punto, l'aspetto musicale vero e proprio del Miserere. Prima di procedere, comunque, dobbiamo fare alcune precisazioni: lo stato attuale degli studi sul " Miserere" di Sessa non ci consente di trarre alcuna conclusione sulla sua origine, sulla sua formazione o sui processi di trasformazione che questo canto può aver avuto nel corso dei secoli , né di affermare con certezza determinate influenze di varia provenienza o processi specifici di assimilazione da altre forme o stili musicali e vocali. Possiamo solo, ora come ora, proporre delle ipotesi o scartarne altre, tenendo presenti molteplici fattori che emergono dalJ'analisi della trascrizione, dalla comparazione del canto con altri esempi simili , dalla tradizione musicale liturgica e colta, da elementi extramusicali di natura storica, coreutica, religiosa e folkloristica; ma vogliamo nuovamente precisare che queste sono solo ipotesi e non già conclusioni definitive. Questa analisi può e deve essere condotta sotto diversi punti di vista, prendendo in esam e il canto nelle sue caretteristiche testuali e melodicoarmoniche, nonché sotto un'angolazione folklorist ica, liturgica e storica , in modo da avere dinanzi elementi diversi che possano, nel corso dell'indagine, condurre ad una matrice comune e fornire un quadro il più completo possibile delle diverse ipotesi; affronteremo quindi il " Miserere" secondo una analisi testuale, melodica, armonica,
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folkloristica, liturgica e storica. Dal punto di vista testuale il discorso è già stato sviscerato nelle pagine precedenti, essendo emersi due interrogativi importanti sulla scelta dei versetti · da cantare e sulla divisione della strofa in cinque emistichi, elementi che non riscontriamo nella salmodizzazione gregoriana; a questo dobbiamo aggiungere però la presenza durante il "Triduo Sacro" della cerimonia dell'Ufficio delle tenebre, tenuta nella serata del Mercoledì Santo e quindi appartenente già alle funzioni liturgiche del Giovedì, in cui vengono eseguite (sempre dai cantori dell' Arciconfraternita del SS. Crocifisso) le "Lamentationes" del profeta Geremia, ma questa volta non pi~ in forma polifonica, bensì in forma di melodia accompagnata dall'armonium. Le "Lamentationes" si ritrovano ufficialmente nella liturgia cattolica, essendo cantate durante la recita del Mattutino dell'Ufficio delle tenebre; e lo stesso Gesualdo da Venosa (1560 ca. - 1613) scrisse un libro di "Responsori delle tenebre", in cui il compositore napoletano esaltava, attraverso un cromatismo pre-barocco ed un insistente uso di dissonanze, i temi della morte e del dolore, secondo uno stile che non si accontentava più del descrittivismo e del simbolismo propri del madrigale del Marenzio, ma tendeva ad un'espressione diretta ed immediata dei sentimenti. Ed è infatti nella cerchia di Gesualdo, nonchè nello stile delle villanelle napoletane (come De Simone sottolinea), che può essere ricercata un'assonanza stilistica o una reciproca influenza fra le melodie della "Lamentatio" e del Miserere suessani e gli stili ed i generi del canto cinquecentesco napoletano; l'analisi ed i raffronti che De Simone compie, dal punto di vista armonico, fra i movimenti accordali in secondo rivolto del Miserere e l'uso di quinte parallele delle villanelle popolareggianti è molto interessante sotto questo profilo: resta da vedere se l'analisi armonica e le eventuali ipotesi, che da essa possono sorgere, non si scontrino con l'analisi
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melodica delle singole voci del "Miserere", creando così un interessante problema di lettura, come subito vedremo. L'analisi delle singole voci del "Miserere" di Sessa ci pone, innanzitutto, di fronte ad un problema di impostazione: nel ricondurci in questo studio alla salmodia liturgica (e quindi gregoriana, almeno in questo momento) dobbiamo prescindere da una visione ritmica (ripetizione degli emistichi e divisione della strofa in diverse parti) e da una visione armonica (cioè verticale e comunque unitaria di tutto il brano), puntando l'att enzione solo sulle cellule strutturali e sulle formule melodiche che si sviluppano nelle singole voci e che possono riferirci ad un modello di tipo gregoriano. Dobbiamo, cioè, analizzare le melodie secondo questo punto di vista, ovvero quello della salmodia gregoriana. La terza voce, la voce bassa, riveste essenzialmente il ruolo di "bordone" o di pedale, sebbene sia un pedale armonico e non modale in quanto non ha valore costantemente di tonica, ma diventa ora un rivolto di sottodominante, ora il basso per una modulazione o per un attacco sulla dominante. Queste brevi considerazioni armoniche non vogliono smentire le premesse dianzi poste, ma solo rilevare iJ carattere non strutturale della voce bassa, posta com'è a semplice sostegno armonico delle due voci superiori. Nell'analisi di queste ultime ci viene posto un altro problema, e cioè se dobbiamo considerare il "Miserere" come un'elaborazione a tre voci e fiorita di un canto gregoriano oppure come una riduzione impoverita di un canto polifonico; nel primo caso dobbiamo trovare quale fra le due voci superiori sia più riconducibile ad una originaria formula salmodica gregoriana. Ed a questo punto si apre il campo alle diverse ipotesi relative all'andamento della seconda e della prima voce. Partiamo da quest'ultima: nel movimento della prima voce non c'è traccia delle tre parti di cui si compone la formula salmodica
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gregoriana , e cioè l'intonazione, la corda di recita e la cadenza. Si potrebbe obiettare che non' tutte le forme salmodiche avevano, nel gregoria no, questo tipo di struttura; nel caso del "salmo direttano", ad esempio, la recitazione cominciava senza antifona, ed inoltre nei processi di assimilazione di melodie straniere o estranee alla tradizione locale le formule d'intonazione venivano adattate a llo stile ed al temperamento del popolo che le eseguiva: questa, d'altronde, è una caratteristica comune a tutti gli aspetti delle trasmissioni culturali. Nonostante queste possibili obiezioni, se confrontata alla melodia della seconda voce la prima appare senz'altro più povera di movimento melodico e sembra essere, insieme alla terza, una giustapposizione successiva, risultato di una vera e propria armonizzazione della seconda voce, che presenta invece, perlomeno in certi punti, una vera e propria struttura salmodica. Abbiamo difatti nella seconda voce, nelle sezioni A ed A' che sono uguali melodicamente anche se variano metricamente secondo il testo, la presenza di una formula d'intonazione che dal SI sale per gradi congiunti al RE, nota che si presenta, anche grazie al raddoppiamento che avviene nella p rima voce, come la corda di recita di questo emistichio; poi la melodia ridiscende e ritorna al SI, mentre la voce superiore si porta sul Ml dando così alla melodia della seconda voce un effetto armonico di "ritardo" (a cui si riferiva De Simone) sull'accordo di DO in secondo rivolto. La nota strutturale di questa sezione, per quanto riguarda la seconda voce, non è quindi il DO (come potrebbe apparire da un 'analisi verticale in cui abbiamo un passaggio sul quarto grado) bensì il RE, che ci presenta per l'appunto come la corda di recita. Proseguendo nell'analisi delle sezioni successive, sempre riferita alla seconda voce, notiamo la continuazione di un movimento per gradi congiunti nella sez. B, che però esula dai canoni della
salmodia portandosi sul SOL diesis in una modulazione preparata dal movimento del basso sulla sensibile, che conduce all'accordo di MI maggiore in cui manca la quinta. Queste alterazioni e la presenza di semitoni, che si riscontra anche nella cadenza finale di tutta la strofa (in cui si finisce su un accordo che potrebbe sembrare armonicamente di SI maggiore), sono estranee allo stile della salmodia gregoriana, e sembrano a tutti gli effetti essere il frutto di un'esigenza esclusivamente armonica; per quanto nella seconda voce l'ultima nota della strofa, se interpretata come SI invece che come DO bemolle (come fa Biagiola forse volendo evitare di fornire un'interpretazione armonica troppo marcata e di matrice "culta") non sarebbe altro che il ritorno della melodia sulla nota di partenza, e cioè sul SI della formula d'intonazione iniziale. Inoltre la trascrizione di Biagiola, per altro preziosissima, è scritta secondo le note reali e non secondo il modo; occorrerebbe dunque isolare la seconda voce e scriverla operando un confronto con i modi ecclesiastici gregoriani per vedere se essa possa rientrare in una tale categoria. In conclusione, da un'analisi, seppur sommaria, delle tre voci dal punto di vista melodico sono emersi elementi contrastanti: - la terza voce (bassa) si configura semplicemente come un supporto armonico per le due voci superiori, senza fornirci indicazioni di rilievo; - la seconda voce (media) presenta in alcuni punti le caratteristiche di una vera e propria formu la salmodica, ma le alterazioni che presenta la rendono difficilmente riconducibile ad un preciso modo ecclesiastico, sebbene la nota iniziale e quella finale di tutto il brano possano essere intrepretate come uguali; - la prima voce (alta) sembra essere il risultato di un'armonizzazione successiva, quantunque presenti note di passaggio ed alterazioni che potrebbero indicare un movimento melodico autonomo;
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abbiamo citato inoltre a questo proposito, il "salmo direttano" come esempio di salmodia che non contiene antifona, ma parte direttamente sulla corda di recita. Infine certe perplessità sull 'andamento melodico delle voci sono invece chiarite dai passaggi armonici, che rendono evidente e necessario in questo senso il ricorso alle numerose alterazioni. Qual è il ruolo dell'armonia in tutto questo? Leggendo il "Miserere" in senso verticale notiamo una serie di passaggi armonici piuttosto precisi, anche se, ricondotti alle regole dell'armonia colta, non del tutto ortodossi. - Sezione A: partenza sulla tonica con una triade perfetta, passaggio sulla sottodominante in quarta e sesta con ritardo della fond amentale nella seconda voce, ritorno alla tonica con ritardo della terza e "abbellimento" nella voce superiore. - Sezione B: triade di sensibile che ritorna alla tonica con raddoppio della terza, movimento verso il MI (relativa minore di SOL) attraverso una instabile triade di sensibile del MI in primo rivolto e modulazione con cadenza che risolve sul Ml maggiore invece che minore, con ritardi vari nelle voci infer iori. - Sezione A': come la sezione A. - Sezione C: accordo di sottodomfoante in secondo rivolto, abbellimento nella voce superiore e ritorno alla tonica con ritardo della terza. - Sezione D: triade perfetta di SOL, passaggio sul quarto grado in secondo rivolto e cadenza finale che abbassa tutte le voci di un semitono. L'effetto di questa cadenza è estremamente drammatico, e potrebbe essere interpretato come una ripresa della seconda parte della Sez. B, ma questa volta fermandosi sul SI maggiore in secondo rivolto senza modulare al Ml. In verità questa serie di modulazioni e di movimenti cromatici è piuttosto originale se paragonata alla semplice alternanza di primo e quarto grado nella prima sezione, e sarebbe, sotto questo punto di
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vista, molto utile un lavoro di raffronto e di comparazione di questo brano con le strutture armoniche delle composizioni madrigalistiche cinquecentesche e delle villanelle napoletane, nonché dell'Opera Napoletana vera e propria. A questo abbiamo già accennato (e De Simone prima di noi), sottolineando che da ciò potrebbero emergere interessanti ipotesi sulla trasmissione musicale fra musica d'arte e musica popolare, in senso ascendente o discendente. Una cosa risulta senz'altro evidente, almeno al momento attuale degli studi: l'incompatibilità fra una lettura melodica ed una lettura armonica del "Miserere", che potrebbe far supporre una serie di passaggi successivi del canto da uno stile ad un altro ed una sua evoluzione in tappe diverse. L'ipotesi di una tessitura poli fonica successiva tardo cinquecentesca costruita su una originaria formula salmodica liturgica gregoriana, polifonia che risentiva quindi dei generi e degli stili in voga all'epoca, è secondo noi a questo punto la più plausibile; ma ripetiamo ancora che si tratta solo di ipotesi e non di tesi definitive. A conclusione di questo lavoro vogliamo fare una breve panoramica sugli elementi di indagine che possono emergere da una ricerca folklorica, liturgica e storica sul " Miserere'', elementi che possono dare al problema anche una collocazione geografica, culturale e temporale oltre che semplicemente stilistico-musicale. Esistono interessanti esempi di "Miserere" popolari polivocali eseguiti con uno stile di canto simile a quello usato dai cantori suessani anche in Sicilia (Miserere di Barcellona) ed in Sardegna (Miserere di Castelfranco), regioni che, come anche la Campania, sono state sotto la dominazione borbonica e faceva no parte del regno deUe Due Sicilie. Inoltre la processione del Venerdì Santo di Sessa ricalca moltissimo, in tutti i suoi aspetti coreutici e scenografici, la grande processione di Siviglia in
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Spagna, dove ritroviamo, con un ruolo di prim'ordine, una confraternita aggregata ali ' Arciconfraternita del SS. Crocifisso di S. Marcello in Roma, denominata "Real, ilustre y fervorosa hermandad de la Sagrada Expiracion de N.S. Jesuchristo y Maria Santissima de las Aguas". Moltissime sono state quindi le influenze della religiosità e delle usanze spagnole nei territori soggetti alla loro dominazione, e lo stesso culto particolare della figura del C risto morto e della Deposizione è uno degli aspetti pi ù caratteristici della religiosità iberica . Inoltre la data di aggregazione della confraternita di Sessa a quella di S. Marcello risale al 1609, periodo in cui la dominazione spagnola in Campania era quanto mai presente. Da questi elementi e dalla diffusione di uno stile di canto, che potremmo definire "a voce piena" in tutte le regioni del Mediterraneo occidentale, è emersa l'ipotesi di una com une matrice arabo-andalusa che si sia diffusa in seguito nei territori occupati dal regno di Spagna; esempi di questo genere di canto possono essere il flamenco, le saetas (canto proprio della processione sivigliana esegu ito in due diverse tonalità) ed il jipio, lamento di dolore tipico del canto andaluso. Ma non dobbiamo dimenticare che le processioni quaresimali, le rappresentazioni sacre di natura popolare (come il dramma liturgico) e la diffusione delle confraternite e delle congregazioni laiche nella penisola sono feno meni che risalgono al Medioevo, prima ancora quindi della dom inazione spagnola; inoltre Sessa Aurunca è stata per tutto il Medioevo l'ultima stazione postale per il Sud, centro di tutte le peregrinazioni dei Santi e dei devoti dell'epoca. L'impronta medievale nello spirito di questa forma di religiosità, nonché nel genere del "Miserere" liturgico e nelle sue caratteristiche melodiche, è quindi profonda e va tenuta in considerazione. Interessanti a questo proposito i risultati degli studi intrapresi da diversi musicologi italiani per una raccolta generale dei "Miserere" popolari della
penisola ed una successiva compa razione fra loro ed un raffronto con le forme dei " Miserere'' liturgici ufficiali. Ultimo appunto sulla situazione storico-geografica del "Miserere" di Sessa è la sua totale originali tà ed a utonomia rispetto ai canti del circondario o delle altre occasioni festive o religiose della città, come i canti del Carnevale o le ninne-nanne ancora rinvenibili. Questa diversità dal repertorio locale pone il Miserere suessano in una posizione a sé stante, chiuso in una propria specifica tradizione e semmai collegato stilisticamente ed idealmente con regioni lontane come la SiciHa e la Sardegna. Sarà compito ulteriore della ricerca etnomusicologica trovare delle risposte su quali siano le cause di questo fenomeno, insieme ai diversi interrogativi che sono emersi da questa a nalisi e che attendono una soluzione, con una ipotesi di lavoro che faccia, per quanto possibile, maggiore luce su questo misterioso canto.
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N. 17 - I tre cantori del "Miserere". Foto F. Genzano
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