Opinioni personali di architettura

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Politecnico di Milano FACOLTĂ DI ARCHITETTURA LAUREA MAGISTRALE in architettura degli interni

Teorie e tecniche della progettazione architettonica a n n o A c c a d e mic o 2 012 -2 013 I S e m e s tre prof. Alessandro Rocca

Revisione critica o approfondimenti riguardo temi affrontati o introdotti durante le lezioni svolte in classe.

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Limitless Architecture


Da se m pre l’u o m o, dando lib ero sfogo alla pro pria creatività, ha im m agin ato c ostruzio ni u to pic h e inverosimili p er la loro e p o ca; basta volgere u n ra pid o sg u ard o in dietro p er ac c orgersi di q u a nto la storia sia ze p pa di q u esto tip o di c ostruzio ni: p er ese m pio la torre di B a b ele ,c h e d oveva gu ad agn arsi il prim ato di rag giu n gere il cielo, la città vola nte di La p uta “ d escritte” da J o n ath a n Swift ne “I viag gi di G ulliver” e il “più re ce nte” ma a n c or più sig nificativo pia n o di Le C orb usier p er la città p er tre milio ni di a bita nti. Il progetto sovrasta nte, realizzato d allo stu dio fiore ntin o “Su p erstu dio” n egli a n ni setta nta, ne è solo u n’ultim a prova. A mio av viso, ciò che è affascin a nte ed im p orta nte di q u este o p ere, non è il gra d o di d ettaglio con c ui ve n go n o ra p prese ntate o la loro fattibilità, m a b e nsì il fatto di essere u n id ea n u ova, rivoluzio n aria e alle volte ra dicale. Se u n o d ei co m piti d ell’arc hitettura è q u ello di c o m u nicare q u alcosa a c hi la g u ard a, q u esti progetti sic uro tras m etto n o c o m e id ea di base c h e n o n d o b bia m o avere limiti n ell’im m agin are, p erc h é è solo disc osta n d o ci d ai limiti d ella te c nica attu ale c h e p ossia m o fare n u ove sc o p erte te c n ologic h e. Ad ese m pio se Le C orb usier n o n avesse p e nsato a d u n pia n o ra dicale c h e preve d eva la d e m olizio n e d el ce ntro di Parigi p er inse diare u n a città d a tre milio ni di a bita nti forse oggi n o n sare m m o c osì in clini a d a d ottare la d e nsità a bitativa p er risolvere il pro ble m a d el sovraffolla m e nto d elle città . Q uin di vorrei c o n clu d ere dice n d o c h e tu tti i progetti d ella c osid d etta arc hitettura disegn ata, so prattu tto p er n oi stu d e nti, h a n n o u n a gra n d e im p orta nza in q u a nto h a n n o lo sco p o di essere un m o nito p er p erm etterci di c o m piere alc u n e riflessio ni su q u a nto dista nte p ossia m o s pin gerci n ella progettazio n e.


Pubblicità: la propaganda del XXI°


La p u b blicità h a d a se m pre ric o p erto u n ru olo im p orta nte n ella crescita e n ell’es pa nsio n e di q u alsiasi attività c o m m erciale. S otto certi as p etti, la q u a ntità, la q u alità e la fre q u e nza d ella p u b blicità pro m osso d a u n a d ata so cietà dive nta u n m eto d o p er misurare il p otere e la ric c h ezza p osse d uta d a u n a d ata azie n d a. Tu tto ciò h a p ortato alla n ascita di u n a vera e pro pria gu erra tra le varie m ulti n azio n ali p er ac ca parrarsi s pazi p u b blicitari se m pre più gra n di e c h e rim a n essero im pressi n ella m e m oria d ella p erso n a. Al giorn o d’oggi, la ricerca di s pazzi a d atti a d inserzio ni se m pre più gra n di, h a fatto si c h e si arrivasse a parlare di “Arc hitettura d ella p u b blicità ”, in q u a nto, ad og gi l’e dificio è lo s pazio p u b blicitario più gra n d e e più d’effetto gestibili d all’u o m o. L’id ea di usare l’arc hitettura come un m ezzo p er divulgare un m essag gio non è n u ova all’u o m o, in q u a nto, non si discosta m olto d alla volo ntà d ei vari regimi d el X X°di usarla c o m e m ezzo pro paga n distic o. Si p u ò q uin di afferm are c h e le m ultin azio n ali cerc hin o di far pro paga n d a d el loro p otere assold a n d o p er la progettazio n e d ei loro e difici arc hitetti di fa m a m o n diale. Se b b e n e l’id ea c h e sta alla base sia la stessa, bisogn a al co nte m p o ric o n oscere c h e le se nsazio ni ge n erate d agli e difici di S p e er e d in particolar m o d o d al Ze p p elinfeld sia n o sic ura m e nte diverse d a q u elle pro d otte d al S o ny ce nter di B erlin o progettato d a H elm u t e M urp hy Ja h n. In fin d ei co nti bisog n a a n c h e ric o n oscere u n c h e di p ositiva alla c osid d etta arc hitettura d ella p u b blicità, in q u a nto, n ella situ azio n e attu ale, di stati se m pre più p overi e co n se m pre m e n o p ossibilità di creare arc hitetture p u b blic h e di gra n di dim e nsio ni, so n o pro prio gli e difici n ati d a iniziative private a d in caricarsi di assolvere il c o m pito di creare u n a sorta di ere dità arc hitetto nica d el X XI° tra m a n d a bile ai p osteri. .


l’origine di tokyo


Durante la lezione mi hanno colpito tre caratteri di Tokyo; l’enorme sviluppo che ha avuto nell’ultimo secolo, l’incredibile eterogeneità del tessuto urbano e infine che la vita media degli edifici fosse ventisei anni. Secondo il mio parere i tre principi dell’evoluzione Darwiniana riescono a spiegare come questi tre caratteri appartengano alla città di Tokyo. 1. Riproduzione: ”tutti gli organismi si riproducono con un ritmo tale che, in breve tempo, il numero di individui di ogni specie potrebbe non essere più in equilibrio con le risorse e l’ambiente messo loro a disposizione”.

Tokyo è nata come un villaggio di pescatori, ma in poco più di cento anni è diventata una metropoli senza più terreno sfruttabile; questo nuovo bisogno ha dato la possibilità ad architetti utopici di ricercare delle soluzioni, come quella di Kenzo Tange, il quale voleva creare un nuovo spazio costruttivo nella baia di Tokyo. 2.

Variazioni:” tra gli individui della stessa specie esiste un’ampia variabilità dei caratteri”.

All’interno della città troviamo un tessuto eterogeneo ma in equilibrio, ci sono edifici costruiti nel classico stile giapponese, con tetti ricoperti di Kawara in terracotta e con pavimenti in tatami, edifici moderni dotati di tecnologie all’avanguardia, o le piccole pet-architecture che vanno in contrapposizione con l’imponenza del villaggio olimpico. 3. Selezione: ”esiste una lotta continua per la sopravvivenza all’interno della stessa specie. Nella lotta sopravvivono gli individui più favoriti, cioè quelli meglio strutturati per giungere alle risorse naturali, ottenendo un vantaggio riproduttivo sugli individui meno adatti”.

Questo terzo punto spiega benissimo il perché la capitale Nipponica sia una città costruita con causa, ovvero, ogni edificio al suo interno si è guadagnato il diritto di occupare il pezzo di terreno sul quale si erge; perché all’interno di Tokyo c’è una continua lotta tra architettura, che ogni ventisei anni decreta il vincitore, concedendogli di sopravvivere all’uomo, diventando così architettura a tutti gli effetti. .


L’IRONICA RICCHEZZA DELLA BANALITA’


Edifici 2D; questa è la sfida a cui Las Vegas sottopone i progettisti, pochi privilegiati, che vengono incaricati di dar vita ai lotti della Strip devono riuscire a concentrare tutti gli sforzi della fase progettuale nella concezione di un prospetto fronte strada in grado di a m m aliare chi, posto in m acchina, si avventura alla scoperta della città. In progetti del genere, acquista im portanza anche il parcheggio davanti all’edificio, m entre, quella terra di nessuno tra un casinò e l’altro ha la funzione di perm ettere di evitare un sovraccarico di inform azioni al visitatore.Fin dalle prim e pagine di Learning fro m Las Vegas, gli autori, vogliono spiegare co m e la volontà di concentrarsi solo sulla facciata principale non sia dettata da form alismi, m a da una sim bolismi tra il sim bolism o dell’insegna e la funzione dell’edificio, quindi l’ insegna stravagante è la vera architettura, m entre l’ edificio è il m ero supporto, privato di qualsiasi significato. Queste insegne, trasm ettono su tre diversi livelli di consapevolezza, la parola, l’ im m agine e la scultura; e devo assolvere a una duplice funzione, ovvero, riuscire ad essere m aestose di giorno e piccole e spendenti di notte. La relazione tra edificio e insegna si può svolgere in due diversi m odi, l’ edificio-papera, facendo riferim ento a “il paperino di Long Island”, il caso in cui l’ edificio è esso stesso insegna tridim ensionale; e la shed-decorato ovvero un’ architettura dalla geo m etria ele m entare decorata o affiancata da insegne e sim boli co m unicativi. Proprio perché quest’architettura abbandona l’idea di co m patibilità contestuale, sposa benissim o il concetto Fuck context di Koolhaas, che si addice ad una città costruita co m e una attrazione per il popolo e non del popolo. A mio avviso se m bra proprio ironico che un architettura stravagante, fatta di giganteschi piedistalli ricoperti di neon, riesca a risultare m eno banale di quello che è in realtà.


Architettura: il disegno della mente


Rovesciare, trasformare ed infine abbandonare la classica concezione di spazio, questa è una casa da abitare senza compromessi; questo! è il capolavoro di Rem Koolhaas. Nel progetto di “la Maison à Bordeaux” punta tutto sulla disposizione equilibrata delle forme, dove vengono meno gli elementi verticali e le ostruzioni spaziali. L’opera racconta un luogo complesso, voluto dal committente per ridargli quelle esperienze spaziali che la sedia a rotelle gli aveva tolto. Lo stesso Koolhaas afferma che nulla sarebbe stato possibile se lo stesso committente non avesse desiderato vivere in una vera architettura. Questa è il tipo di casa che la maggior parte dei testi di architettura raccontano; mentre quella che emerge guardando “Houselife” è ben diversa. Il punto di vista scelto per narrare la casa è quello di un usufruitore particolare, la collaboratrice domestica Guadalupe. È l’opinione di che vive, gestisce e conosce la casa ed ogni suo intimo aspetto. L’opinione data da Guadalupe metta in luce i difetti dell’edificio, criticando il metodo progettuale dell’architetto, facendo in qualche modo crollare la fiducia che noi giovani apprendisti riponiamo nei confronti dei manufatti architettonici. Io rispetto il punto di vista di chi vive davvero l’artefatto architettonico, però allo stesso tempo difendo strenuamente la sublime armonia che esso trasmette. In quanto apprendista architetto non penso si possa banalmente definire un oggetto per le sue sole caratteristiche fisiche, ma penso si debba piuttosto rivolgere lo sguardo alla radice ideologica, in quanto, in colui che ammira una sola volta il complesso rimane vivo solo il ricordo dell’idea dell’oggetto, non la reale fisicità. Nel concetto Platoniana di idea non trovano spazio le sovrastrutture materiale, in quanto sono i formalismi “estetici” di base che ci permetteranno successivamente di formulare un opinione personale dell’edificio. In quanto questa valutazione viene fatta in un luogo trascendentale insito nella nostra mente, non nella sola dimensione spaziale del nostro corpo.


IDEA ===> progetto =====>costruzione =======> ARCHITETTURA Ăˆ il risultato che affascina; non il processo.


Il m etodo progettuale presentatoci da Giaco m o Borella dello studio Albori si presenta co m e “FARE ARCHITETTURA” nel vero senso della parola. Diciam o le sensazioni che questo concetto genera in noi m atricole della professione è vario. C’è chi considera questo pragm atism o co m e un’alternativa alle spinose questioni legate alla retorica architettonica; oppure, chi interpreta tutto ciò co m e una minaccia allo spirito più puro dell’architettura custodito nel concept. Dal canto mio, considero entra m be le definizioni esatte. Appoggio sia chi considera il Concept la chiave di volta della pensiero architettonico e apprezzo il punto di vista di chi considera questa praticità il ritorno all’essenza vera e propria architettura. La questione che voglio sollevare non riguarda nessuno dei due aspetti. Anzi, fa un passo indietro; si pone do m ande su cosa sia o non sia una architettura. Indiscutibilm ente l’architettura è un qualcosa di fisico, è un riparo per il vento e la pioggia, è un luogo sicuro dove riposarsi; o un luogo accogliente dove fare a micizie e lavorare. Noi conoscia m o questo studio non tanto perché fa le cose in “m odo artigianale” m a perché rim ania m o colpiti dal risultato; non è l’atto in sé a stupirci. Anche Ghery usa un m etodo progettuale curioso e pionieristico m a non è fa m oso per essere un bravo appallottolatore di carte m a, ben si, per essere in grado di creare delle architetture in grado di co m unicare con chi le guarda; e che banalm ente potre m m o definire belle. Il significato, non sta in ciò che precede il termine architettura ma bensì sta nel termine stesso. Non è il fare architettura che rende belle le loro opere. Co m unque l’ho trovato interessante perché avvalla ciò che ho se m pre pensato sull’architettura; ovvero che ci sono infinite strade da percorre per progettare. Nessuna è sbagliata, tutto dipende dal m odo in cui la percorria m o.


involucro X innovazione X PROcesso


La storia dell’architettura è una raccolta dei risultati delle continue sperim entazioni che l’uo m o ha fatto in a m bito costruttivo. Al giorno d’oggi tale sperim entazioni si concentra principalm ente sulla ricerca della fusione tra form alism o estetico e siste mi tecnologica m ente avanzati. L’unione di questi due a m biti perm ette di generare, un nuovo, co m plesso e affascinante scenario costruito. Da esso e m erge una nuova strategia di co m unicazione del pensiero architettonico, che passa, per nuovi m ateriali e nuove tecniche costruttive, generando nuove figure con articolazioni più varie, co m plesse e con nuovi significati. Basta guardare al m etodo progettuale che governa gli edifici più o m eno recenti di Toyo Ito, Jean Nouvel, Norm an Foster e Frank Gehry per rendersi conto di co m e questi progettisti, assie m e a m olti altri, si siano trovati ad utilizzare co m plesse soluzioni tecnologiche per la co m ponente esterna. Il risultato, derivante dal uso di involucri con un alto contenuto innovativo, è che queste costruzioni affidano più significato al proprio diafra m m a, piuttosto che alla spazialità interna. Tutto ciò si è reso possibile soprattutto in seguito all’evoluzione tecnologica del co m parto serra m entistico. In particolare le nuove opzioni rese disponibili dall’industria del vetro, perm ettono di concepire il diafra m m a non più co m e una se m plice pelle che separa il dentro con il fuori, m a ben sì, co m e un vero e proprio ele m ento dina mico in grado di rispondere correntemente alle esigenze di benessere, di sostenibilità ed estetica. Innovazione degli ele m enti, unita a innovazione del processo, offre infinite nuove possibilità per i nuovi architetti. Ciò che prim a era im pensabile ora diventa possibile, con un approccio attento e inform ato che può trovare risposta se m plice m ente in una se m pre più accurata analisi delle soluzioni già realizzate e nella conoscenza dei prodotti e delle soluzioni disponibili. La nuova architettura è ricerca di idee per nuovi processi.


Architettura è manifestazione dello spazio


Cos’è lo spazio? Cercando la definizione su Wikipedia il prim o risultato che ci viene sottoposto è la definizione scientifica di spazio, ovvero quella di: “una m olteplicità definita da un siste m a di coordinate all’interno del quale un oggetto può essere individuato”. Mentre lo spazio in architettura che cos’è? Trovare una risposta a questo tipo di do m anda non è facile. La difficoltà m aggiore sta nel riuscire a trovare una definizione chiara e unica, in quanto, nella storia sono stati diversi i teorici che, attraverso i secoli, hanno cercato di dare questo tipo di definizione; ognuno di loro ha elaborato una propria definizione che, spesso, andava in contrasto con quella dei loro predecessori. Oltre alla mancanza di un’unica risposta si aggiunge un altro grado di difficoltà alla ricerca; ovvero il dove andare a reperire le diverse idea elaborata dai vari maestri dell’architettura. Concentrarsi solo sui testi elaborati da questi personaggi può non portare a risultati soddisfacenti, in quanto, professionisti co m e Mies van der Rohe hanno lasciato ben pochi scritti riguardo questi loro m etodi progettuali. Quindi credo che la definizione migliore di spazio, soprattutto nell’ultim o secolo, possa essere ben espressa dai padiglioni espositivi realizzati dai grandi architetti. Partendo da Le Corbusier, fino ad arrivare ai vari lavori della Serpentine Gallery, trovia m o un susseguirsi di più di m ezzo secolo di padiglioni e esperienze spaziali. Che sia costruito per un esposizione m ondiale, per una co m m e m orazione o per rendersi se m plice m ente m anifesto di un’idea, non ha im portanza. Quando guardia m o queste opere sia m o costretti ad andare al di là del puro form alism o legato ai m ateriale usati; ai colori scelti; all’orienta m ento o al grado di tecnologia usato per la realizzazione. Sia m o invece invitati ad ascoltare il dialogo che si è instaurato tra il nostro corpo e i diversi m odi di vivere lo spazio che i progettisti tentano di trasm ettere.


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