Sine aqua sileo

Page 1

Pietro Franceschini

Sine Aqua Sileo

Recuperare la tradizione costruttiva dell’oasi di Siwa

Recollection of a Siwan building tradition



UniversitĂ degli Studi di Firenze DIDA Scuola di Architettura Laurea magistrale in Architettura a.a. 2013-2014

SINE AQUA SILEO

Recuperare la tradizione costruttiva dell’oasi di Siwa Recollection of a Siwan building tradition

Pietro Franceschini

relatore/supervisor Prof. Arch. Roberto Bologna correlatori/co-advisors Prof. Arch. Pietro Laureano Prof. Arch. Ugo Tonietti



INDICE CONTENTS

FOREWORD

APPUNTI Parte I

Part I

I.

I.

UN EQUILIBRIO LABILE Il gigante sopito L’idrografia sotterranea e le isole di fertilità Il miracolo dell’acqua a Siwa Un’antica ricchezza economica La voce di Cassandra

II. L’OASI DI AMMONE Dalla preistoria ai giorni nostri Insediamenti umani sulle colline .Il complesso di Aghurmi ed il culto di Ammone .Il ksar di Shali .La necropoli di Gebel al-Mawtah .L’insediamento di Adrar .L’ecolodge di Adrère Amellal

Lo sviluppo urbano

III. ARCHITETTURA DI SALE Clima ed architettura La casa siwana I mazallah I materiali .Il karshif .Il tilaght .La palma .L’ulivo

La tradizione costruttiva .Le fondazioni .La muratura .I solai .La scala

I nuovi materiali

A FRAGILE BALANCE The sleeping giant The hidden hydrography and fertile islands The water miracle of Siwa An ancient source of economic wealth The voice of Cassandra

II. THE OASIS OF AMUN From pre-historic to modern times Human settlements on the hills .The Aghurmi complex and the worship of Amun .The ksar of Shali .The necropolis of Gebel al-Mawta .The settlement of Adrar .The ecolodge in Adrère Amellal

6

8 8 10 11 13 14 16 16 22 22 24 25 27 27

Urban development

29

III. SALT ARCHITECTURE Climate and architecture A Siwan house The mazallahs The materials

30 30 31 31 31

.Karshif .Tilaght .The palm tree .The olive tree

The building tradition

.The foundations .The brickwork .The horizontal structure .The stairs

New materials

31 32 33 34

35

35 35 35 36

36


Parte II

Part II

IV. IN UN RECINTO PROTETTO Localizzazione Il rilievo .Il sistema d’irrigazione .La vegetazione .Gli edifici esistenti Alla ricerca di una tipologia abitativa .Il giardino dell’Eden nei testi sacri .La villa rustica romana .La torre colombaia .La moschea di Djenné in Mali

IV. IN A PROTECTED ENCLOSURE Localisation Measurements .The irrigation system .The vegetation .The existing buildings In search of a housing model .The Garden of Eden in the sacred texts .The Roman Villa Rustica .The Dovecotes .The mosque of Djenné in Mali

44 46 46

V. UN GIARDINO FRA UTILITÀ E PIACERE Una villa rustica contemporanea a Siwa Pars dominica .La torre colombaia e il mazallah

V. A GARDEN BOTH USEFUL AND PLEASANT A contemporary villa rustica in Siwa Pars dominica .The dovecote and the mazallah

64 66 66

.La casa degli ospiti e la casa sull’albero .La cucina .I tre bagni

.The guest house and the house in the tree .The kitchen .The three bathing rooms

Pars rustica .L’annesso agricolo

Pars rustica .The farm annex

Aggiornamento tecnologico .Le fondazioni

Technological update .The foundations

.Il lago .Il frutteto

.The lake .The orchard

46 48 48

54 54

56 58 62

68 70 70 72

76

76 76 76

78

78

.The masonry .The horizontal structure .The stairs .Natural air conditioning

80

GLOSSARIO BIBLIOGRAFIA RINGRAZIAMENTI

GLOSSARY BIBLIOGRAPHY ACKNOWLEDGMENTS

85 89 95

REGESTO

SUMMARY

96

.La muratura .I solai .La scala .La climatizzazione naturale

78 80 80



APPUNTI FOREWORD

Da quel giorno di dicembre di due anni fa più volte ho cercato le parole per esprimere il senso di profonda meraviglia che ho provato alla vista dell’Oasi di Siwa. Mentre scendevo la costa che separa il deserto di sassi da un mare di giardini e palmeti punteggiato di minareti ho capito il senso profondo di una dedica che si legge a volte sui colli intorno a Firenze: l’Apparita. Un’apparizione, un miraggio forse, solo che al posto del Cupolone si ergono i bastioni in rovina di Shali, l’antica cittadella fortificata, e l’Arno d’Argento si allarga all’infinito a oriente e a occidente nel luccichio abbagliante dei laghi salati. Ripreso fiato da questa prima sorpresa, non potevo immaginare che il destino ne avesse in serbo un’altra, ben più gravida di conseguenze. “Il Giardino di Andrìa” - disse l’improvvisato cicerone locale - dove Andrìa sta per Andrea, un fiorentino che migra stagionalmente nell’oasi da quasi un ventennio. A differenza degli altri giardini qui i miei sensi avvertivano una presenza nuova. Nell’ombra svariata degli ulivi e nel sibilo del vento che sferzava le cime più alte delle palme da dattero, coglievo distintamente il mormorio di una fonte. Pochi passi sulla sabbia prima che io e il cielo ci trovassimo riflessi in uno specchio d’acqua purissimo, tremolante appena per l’infinito sciamare di bollicine che dal fondo risalivano in superficie. Ain la parola araba che traduce ‘sorgente’ vuol dire anche “occhio”. L’occhio di Madre Terra che stilla la Vita. Da questo primo incantamento è nata l’idea di costruire intorno a questa fonte un luogo per abitare, e perché no una Torre, più di sale che d’Avorio, a immagine e somiglianza di un’umile colombaia, a perenne ricordo di quella che dette ricetto al colombo della leggenda, che da Tebe volò per portare il saluto all’Oracolo. 6

Ever since that day in December two years ago, I have been looking for the right words to describe the feeling of profound amazement which overcame me when I visited the Siwa oasis. As I was coming down the hill that separates the desert of stones from a sea of gardens and palm groves speckled with minarets, the full meaning of a dedication you sometimes see on the hills surrounding Florence came to me: l’Apparita. An apparition, maybe a mirage, only instead of the Duomo, it is the ruins of the bastions of Shali that one sees, the ancient fortified Citadel and just as the silver river Arno of Florence extends endlessly towards the east and the west here the glittering sands merge into the blazing light of the sparkling salt lakes. As I began to recover from my initial enchantment, little did I know that fate had reserved yet another surprise for me which was to bear even more consequences. “The Garden of Andría” - explained the local improvised guide - where Andría stands for Andrea, a Florentine who has been migrating to the oasis on a seasonal basis for nearly twenty years. My senses picked up something new present in this garden which made it different from others. In the abundant shade of the olive trees and the soft whistling of the wind blowing through the tips of the tallest date palms I could distinctly hear the gurgling of water. It only took a few steps across the sand for myself and indeed the sky to be reflected in a mirror of the purest water gently lapping with endless bubbles swarming from the bottom up towards the surface. Ain in Arabic means “spring” and also means “eye”. The eye of Mother Earth who shapes Life. It is from this first enchantment that the idea to build a place to live in around this spring was conceived. It could even be a tower, though not of ivory, rather of salt, bearing resemblance to a humble pigeon house, as a permanent memento of the legendary dove which flew from Thebes to bring greetings to the Oracle.


1. Il Grande Mare di Sabbia con i rilievi di Siwa sullo sfondo. The Great Sand Sea with Siwa’s hills in the background.

7


I. UN EQUILIBRIO LABILE A FRAGILE BALANCE

Il gigante sopito The sleeping giant Premessa indispensabile per comprendere il sistema desertico è l’integrazione del patrimonio spirituale, materiale e conoscitivo. “[…] Il Sahara è un grande gigante disteso, dice una leggenda dei Touareg, i grandi nomadi del deserto. Da milioni di anni giace coricato sul dorso, da sud a nord, nella parte settentrionale del continente africano. La folta capigliatura forma le foreste pluviali dell’equatore. I piedi costituiscono le alte cime della catena dell’Atlante. I suoi organi sono i tesori del sottosuolo. Il ventre nudo e liscio è costituito dalle vaste solitudini centrali: la regione delle oasi. Il gigante è a volte sopito, ma vivo. I suoi cicli biologici spiegano i fenomeni naturali del deserto: il perenne respiro del vento e il palpito irrequieto delle grandi dune, l’ergersi delle montagne corrugate e disseccate e la continua dissoluzione e desquamazione delle pianure aride, il calore febbrile delle rocce e il trasudare delle caverne umide. […]”. Pietro Laureano continua la descrizione sottolineando la componente imprescindibile della presenza umana: “[…] Il ciclo vitale del titano impone i modi di abitare e produrre, dà il ritmo al tempo del lavoro e del riposo, della festa e del dolore. […] I nomadi, guerrieri, allevatori, commercianti, sono il sangue che permette la circolazione e i ricambi vitali. […] La regione delle oasi corrisponde al ventre del Sahara: in esse, infatti, la sintesi di luce, umidità, calore e humus genera il nutrimento per tutto l’immenso organismo del deserto. […]” 1 La morfologia fisica del Sahara egiziano mostra il susseguirsi in direzione sud-nord di tre grandi plateau – ampie e piatte distese smussate – separati da depressioni; nella parte meridionale il primo plateau si eleva fino a 1000 m, assottigliandosi gradualmente verso nord fino ad immergersi nelle depressioni di Dakhla e Kharga, il secondo s’innalza fino a 540 m per sprofondare poi nella depressione di Qattara fino a 133 m sotto il livello del 8

For a complete comprehension of the desert system it is essential to absorb its spiritual, material and cognitive heritage. “[…] According to a legend of the Touaregs, the great nomads of the desert, the Sahara is one large, sleeping giant. He has been lying on his back in a south-northwards direction in the northern part of the African continent for millions of years. His thick crop of hair forms the rain forests of the Equator, his feet are the high tops of the Atlas Mountains. His organs are the treasures found underground, his bare, soft stomach are the large central solitary plains, the region of the oases. His biological cycles explain the natural phenomena of the desert: the incessant breathing of the wind, the restless pounding of the great dunes, the rugged dry mountains overlooking the constantly disintegrating and flaking arid plains, the feverish heat of the rocks and the seeping damp caves. […]”. Pietro Laureano continues his description of the inevitable presence of man: “[…] The life cycle of this giant determines how people live and produce; it provides the pace for work and rest, for pleasure and pain. [...] The nomads, warriors, farmers and merchants are the blood necessary for the circulation and renewal of the body. [...] The oases region is the belly of Sahara; there the synthesis of light, humidity, heat and humus generates the nourishment for the entire desert organism. […]” 1 The physical morphology of the Egyptian Sahara consists of three large plateaus along the south-north axis which are large, flat and smooth stretches of land separated by depressions. In the south the first plateau reaches a height of 1000 m and gradually drops towards the north until it slips into the depressions of Dakhla and Kharga. The second one goes up to 540 m and then sinks into the Qattara depression at 133 m below the level of the sea. This massif is perforated by several minor depressions and is located next to the Nile

1 Laureano P._La piramide rovesciata: il modello dell’oasi per il pianeta Terra_Bollati Boringhieri_Torino 1995


mare. Questo massiccio, perforato da numerose depressioni minori, è bordato ad est dalla valle del Nilo e ad ovest dalle dune del Grande Mare di Sabbia. Il terzo plateau settentrionale si eleva dal crinale della depressione di Qattara fino a lambire le sponde del Mediterraneo a nord. La depressione di Siwa - posta a 12 m sotto il livello del mare ed inondata a sud dalle dune del Grande Mare di Sabbia - si colloca ad ovest della depressione di Qattara e dista circa 50 km dal confine libico e 300 km dalle acque del Mediterraneo a nord. Le informazioni ricavate dalle pitture rupestri mostrano un Sahara fertile e rigoglioso, caratterizzato da una ricca idrografia e da un’abbondante vegetazione. Oltre 8000 anni fa le prime popolazioni iniziarono qui il loro cammino evolutivo, prima come cacciatori, poi come agricoltori e infine come allevatori imparando anche le tecniche di domesticazione della prima palma. Come osserva Laureano, forse proprio l’evoluzione conoscitiva fu “la causa della distruzione di quei primi paradisi”: un errato sfruttamento del suolo e la trasformazione delle foreste in pascoli probabilmente contribuirono a determinare quella “catastrofe originaria” di cui ancora le oasi portano il segno. “[…] Il suolo, non protetto dagli alberi, fu smantellato dall’escursione termica e dal vento, e trasformato in sabbie sterili. La gran parte delle acque superficiali sparirono, asciugate dal sole o inghiottite nel suolo. […]” 1 Sulle superfici rocciose del deserto, assolate e prive di vegetazione, continuamente esposte agli agenti atmosferici che erodono le rocce producendo sabbie, non riesce a formarsi l’humus, lo strato superficiale della crosta terrestre dove si mescolano e interagiscono i composti organici, indispensabile per la nascita e il mantenimento della vita.

valley to the east and beside the Great Sand Sea to the west. The third and most northern plateau rises up from the crest

of the Qattara depression until it reaches the banks of the Mediterranean in the north.

The Siwa depression is 12 m below sea level and invaded

towards the south by the dunes of the Great Sand Sea. It is located west of the Qattara depression, at about 50 km from

the Libyan border and 300 km from the Mediterranean sea to the north.

The information gleaned from the cave paintings tell us of a fertile and luscious Sahara, characterised by a bountiful hydrography and abundant vegetation. It is here that the first populations started to evolve, more than 8000 years ago: initially hunters, then farmers and eventually animal breeders, they also learned how to domesticate the first palm trees. As Laureano points out, it is perhaps the development of their knowledge that “led to the destruction of those first paradises”. Inappropriate land use and the conversion of forests into

pastureland probably contributed to that first “original disaster” which has left its footprint still visible to this day in the

oasis. “[…] The land, no longer protected by trees, was broken down by the temperature range and the wind and trans-

formed into infertile sands. Most of the surface water disappeared, dried by the sun and engulfed by the earth […].” 1

The rocky surface of the desert is scorched by the sun

and devoid of vegetation; it is constantly exposed to the elements which erode the rocks thereby producing sand. This prevents the formation of humus which is the superficial layer of the earth crust where the organic compounds so essential for creating and maintaining life, mix and interact. 9


2. Le oasi del Deserto Occidentale, Siwa si trova a circa 50 km dal confine con la Libia e a 300 km dalla costa del Mar Mediterraneo. The Western Desert Oases, Siwa is located about 50 km from the Libyan border and 300 km from the Mediterranean Sea.

10


L’idrografia sotterranea e le isole di fertilità The hidden hydrography and fertile islands “[…] Una piccola depressione raccoglie umidità, un sasso dà ombra, un seme attecchisce. Si scatenano così dinamiche favorevoli: la pianta genera la sua stessa protezione ai raggi del sole, concentra il vapore acqueo, attira gli insetti, produce la materia biologica, costruisce il suolo da cui a sua volta si alimenta […]”. Sono queste le parole con cui Laureano descrive come le genti del Sahara realizzano le oasi. Estese coltivazioni, come quella di Siwa, hanno spesso origine da una singola palma piantata che genera “un circuito virtuoso capace di autopropulsione e autogenerazione”. L’oasi, comunemente considerata un sistema vegetale naturale, è invece una delle più elevate opere dell’ingegno umano, sia per la sua installazione che il per il suo mantenimento. La vegetazione è definita dalla tradizionale disposizione su tre livelli: i campi coltivati a terra, gli alberi da frutto più in alto, ed infine le palme che creano ombra e proteggono tutto il sistema dalla calura. L’ecosistema è definito da schemi rigidi ed intransigenti, che lasciano poco spazio ad errori che potrebbero essere fatali per il delicato equilibrio determinato dalle sfavorevoli condizioni climatiche e ambientali. La morfologia dell’ampia area sahariana è costituita ed alimentata da una molteplicità di fenomeni ed elementi che sono riassumibili nei wadi, negli erg e nelle sebkha. Gli wadi rappresentano lo scheletro di quella che un tempo era l’abbondante rete idrografica del deserto, attualmente sepolta dalle sabbie ma ancora leggibile. Sono “alvei fluviali con scorrimento superficiale nullo o pressoché nullo, ma capaci di piene improvvise […] non hanno un andamento gerarchico in pendenza continua […] ma si incrociano, si allargano su superfici immense, si accavallano su piani sfalsati o scompaiono in profonde depressioni o contro muraglie di sabbia.” 2 Gli erg sono immense dune di sabbia che si estendono

“[…] A small depression collects dampness, a stone provides shade, a seed grows. This is how favourable conditions are created: the plant produces its own protection from the sun rays, it concentrates the water vapour, attracts insects, produces biological material and the soil which it then uses to feed itself […]”. These are the words Laureano uses to describe how the peoples of the Sahara created their oases. Extensive stretches of cultivated land such as in Siwa often originated from a single palm tree which once planted generated “a positive cycle capable of self-propulsion and self-generation”. Oases are generally thought to be a natural vegetation system but are actually one of man’s highest and most ingenious achievements, because of the way they are set up and then maintained. There are three traditional levels of vegetation: fields where crops are grown on the land, fruit trees which are taller, and finally palm trees which create shade and protect the entire system from the heat. The ecosystem is determined by rigid and demanding patterns which do not allow for many mistakes as these could be fatal to the delicate balance so essential to counteract inclement weather and environmental conditions. The morphology of this vast Saharan area consists of, and indeed is shaped by, a variety of phenomena and elements which are the wadis, ergs and sebkhas. The wadis provide the backbone of what used to be the abundant water system of the desert and are currently buried by sand but still identifiable today. They are “[...] river beds with little or no surface water but which may suddenly flood […] there is no hierarchy following the line of a continuous slope […] rather they criss-cross and widen over vast areas; they overlap at different levels or disappear into deep depressions or under sand walls […].” 2 The ergs are huge sand dunes which stretch out as far as

2 Laureano P._Atlante d’acqua: conoscenze tradizionali per la lotta alla desertificazione_Bollati Boringhieri_Torino 2001

11


a perdita d’occhio in una geometria mutevole, risultato dell’azione eolica; sono generate ed alimentate dai forti venti che erodono la superficie rocciosa e ne modellano costantemente la forma, anche se la posizione complessiva rimane praticamente invariata; sono legati al sistema dei wadi che, in seguito all’erosione del vento, ha fornito gli accumuli iniziali. Le sebkha sono ampie zone depressionali costituite da antichi laghi salati il cui fondo, in seguito ai processi di evaporazione, è stato ricoperto da una spessa crosta di sale; possono essere totalmente aridi oppure aver conservato un’umidità superficiale. “[…] Sono i luoghi più bassi della rete idrografica, costituiscono i punti di convergenza di tutti i wadi. Inghiottitoi disidratati, gorghi pietrificati del mare del Sahara, le sebkha sono i buchi neri nell’universo del deserto.” 3 Sono le sporadiche e travolgenti piene dei wadi, causate da lontane piogge, ad alimentare i microflussi sotterranei sfruttati in maniera sapiente dagli abitanti delle oasi per l’approvvigionamento di acqua. Le cosiddette oasi di wadi nascono sulle sponde di questi antichi corsi d’acqua ed i palmeti si estendono rigogliosi sull’intero letto del fiume sfruttando fino all’impossibile la presenza di acqua nel sottosuolo. Le oasi di erg, con la loro tipica forma circolare, sono crateri di sabbia cinti da alte dune in continuo movimento dettato dal vento. Sono forse le più sorprendenti per il contesto avverso e mutevole in cui sorgono, sotto la costante minaccia (soltanto apparente) di essere seppellite dal mare di sabbia che le avvolge. Intorno agli aridi laghi salati si estendono invece le oasi di sebkha, che intercettano l’acqua sotterranea prima che arrivi al bacino. Per effetto della forte evaporazione e della maggior concentrazione salina in superficie, i microflussi d’acqua vengono attirati verso la sebkha in un 12

the eye can see in ever-changing geometrical patterns produced by the action of the wind. They grow in size as the strong gales erode the rocky surface of the land and their shape constantly changes although their actual position remains virtually the same. They are connected to the wadi system which formed the initial hills along with wind-induced erosion. Sebkhas are wide depression areas consisting of ancient salt lakes. The beds of these lakes are often covered with a thick crust of salt due to evaporation. Some are totally barren, others have maintained some surface moisture. “[…] These are the lowest parts of the hydrographic; they are the points of convergence of all the wadis. Dehydrated sinkholes, petrified gorges of the Sahara Sea, sebkhas are the black holes in the universe of the desert.” 3 The occasional and overwhelming flooding of the wadis, induced by distant rains running into the scant underground flows are exploited wisely by the inhabitants of the oasis for their water supply. The so-called wadi oases sprang up along the banks of these ancient waterways and luscious palm groves stretched out over the entire riverbed tapping fully into every drop of water available in the ground. The erg oases are typically round and form sand craters surrounded by high dunes which are in constant movement as they are driven by the wind. These are perhaps the most surprising of all because of ¬the adverse and ever-changing context in which they appear; they give the impression of being constantly threatened with burial by the surrounding Sand Sea but the threat is only apparent. The sebkha oases are located around the arid salt lakes and capture the groundwater before it reaches the catchment area. Due to considerable evaporation and the high concentration of salt on the surface, the small flows of water 3 Laureano_La piramide rovesciata


3. L’oasi di Ghoufi, in Algeria, si sviluppa lungo l’alveo di un wadi che ha l’aspetto di un vero e proprio canyon.

The Ghoufi Oases springs up along the banks of an ancient waterway that now looks like a deep canyon.

4. L’oasi di Taghit protetta dalle alte dune del Grande Erg.

The Taghit Oasis protected by the Great Erg tall dunes.

continuo percorso di risalita ed evaporazione. Nel corso dei secoli gli abitanti delle oasi hanno elaborato sofisticate tecniche di irrigazione e approvvigionamento dell’acqua, che affondano le radici in un’antica tradizione di sfruttamento del suolo. Ne sono l’esempio più sorprendente le foggara arabe o i qanat persiani, ancora in larga parte utilizzati; sono veri e propri dispositivi per la creazione di corsi d’acqua, attraverso la captazione in profondità dei microflussi sotterranei. In una situazione di estrema siccità riescono ad intercettare la più impalpabile presenza d’acqua nell’ambiente circostante per garantire il perpetuarsi della vita nelle oasi.

are drawn towards the sebkha in a continuous cycle in which they constantly rise and evaporate. Over the centuries, the inhabitants of oases learnt sophisticated irrigation and water supply techniques based on ancient land-use traditions. The Arab foggaras or Persian qanats are the most striking examples of this and are still used to a very large extent. They are genuine waterway creating devices which capture deep underground water flows. In extreme drought conditions they are capable of intercepting the slightest hint of water in the surrounding environment thereby ensuring the continuation of life in the oasis.

13


Il miracolo dell’acqua a Siwa The water miracle of Siwa L’oasi di Siwa costituisce un’eccezione in questo panorama di rigida economia delle risorse e capillare sfruttamento dell’umidità del suolo. La leggendaria abbondanza d’acqua e di sorgenti naturali era nota in tutto il modo antico fino ad assumere aspetti miracolosi legati al culto del dio Ammone, che trovava qui uno dei suoi centri più importanti. Gli sterminati palmeti si estendono in un’ampia area intorno a quattro grandi laghi salati: Birket Siwa, Birket Aghurmi, Birket Maraqi e Birket Zaytun. Questi vasti specchi d’acqua, contrastando con il deserto e le brulle montagne rocciose, caratterizzano in modo spettacolare il paesaggio dell’oasi. La parola birket significa lago in berbero ed è significativo il suo utilizzo al posto del termine sebkha. La morfologia di Siwa è infatti per molti aspetti assimilabile a quella di una comune oasi di sebkha, dove l’acqua viene intercettata durante la risalita verso il bacino. La differenza sostanziale è che, mentre nelle sebkha l’acqua evaporata lascia posto ad una su-

14

5. Le aride dune di erg lasciano posto a vasti laghi salati circondati da palmeti. The arid sand dunes make way to extended salty lakes and palm groves.

The Siwa oasis is the exception to this scenario of strict economical resource management and exhaustive use of any moisture in the soil. The legendary abundance of water and natural springs in Siwa was known to all antiquity; it was indeed considered to be a miraculous place and one of the main centres dedicated to the worship of the god Amun. The endless palm groves stretch out in a vast area around the four major salt lakes: Birket Siwa, Birket Aghurmi, Birket Maraqi and Birket Zaytun. These vast water bodies mark a contrast with the desert as well as the dry rocky mountains and are a spectacular feature of the oasis landscape. Birket means lake in Berber dialect and the use of this word as opposed to sebkha is not without significance. The morphology of Siwa is in many respects similar to that of an ordinary sebkha oasis where the water is captured as it rises towards the catchment area. The main difference is that


perficie sterile o ad una palude salmastra, i birket di Siwa sono ancora ricchi d’acqua. La definizione più appropriata sembrerebbe dunque essere quella di oasi di depressione, in cui l’acqua sgorga abbondante dall’ampia falda sotterranea. Probabilmente un tempo, prima del totale inaridimento, anche le sebkha dovevano apparire esattamente in questo modo. La conseguenza più rilevante è che a Siwa non è necessaria la costruzione di sofisticati sistemi di captazione sotterranea delle acque come le foggara. L’acqua è miracolosamente abbondante e un tempo risaliva in superficie per capillarità fino alle alture di Shali e di Aghurmi. Dall’epoca classica fino ai giorni nostri il numero delle sorgenti è cresciuto senza tregua fino a raggiungere all’incirca le attuali duecento. Alcune di queste sono state imbrigliate all’interno di vasche e la loro acqua viene attentamente convogliata nei canali d’irrigazione, altre vengono invece intensamente sfruttate tramite l’impiego di pompe a motore, altre ancora sono lasciate incustodite e si disperdono per i campi o sul limitare del deserto. Gli autori greci, per giustificare la presenza nell’entroterra desertico di acqua salmastra e fossili di conchiglie, ritenevano che originariamente questa zona si trovasse sulla riva del mare e che solo successivamente, con il ritiro delle acque, si fosse ritrovata circondata dalla terra. Se le intuizioni dei geografi antichi colgono senza dubbio alcuni aspetti reali della genesi fisica di questi territori, quello che è assolutamente fuorviante è il dato cronologico, decisamente inconciliabile con una fase storica tanto recente da prevedere addirittura l’esistenza e il pieno funzionamento del complesso oracolare. Oggi sappiamo infatti che il mare, all’inizio del Miocene, ovvero circa 24 milioni di anni fa, ha invaso ripetutamente l’area dell’odierno deserto occidentale egiziano dando

in a sebkha the evaporated water leaves either a sterile surface

or a brackish marsh behind, whereas the birkets of Siwa are still

replenished with water. The most appropriate definition would therefore be a depression oasis, where the abundant water springs from the plentiful aquifer. It is likely that some time ago, before the land became totally barren, all sebkhas were like this.

The relevant point to be made here is that in Siwa sophisticated devices for capturing groundwater, such as foggaras, are not

needed. Water is miraculously abundant and once rose to the surface by capillarity to the high grounds of Shali and Aghurmi. From the classic period up to today, the number of springs increased constantly until the current number of approximately two hundred was reached. Some of these are captured in reservoirs and their water is carefully conveyed by means of irrigation canals. Some springs are tapped intensively by means of engine pumps and others are still left unsupervised so that their water simply seeps into fields or the edge of the desert. The Greek authors’ explanation for the presence of salt water and shell fossils in the desert hinterland was that the area was originally on the sea coast and that it was only later, when the water withdrew, that the area was surrounded by land. Although the ancient geographers were indeed intuitive in their explanation for the creation of these areas, what is truly misleading is the purported chronology which is definitely irreconcilable with a period of history so recent as to refer to the existence of a fully operational oracle. We now know that at the beginning of the Miocenic period, about twenty four million years ago, the sea repeatedly flooded the area known today as the Western Egyptian Desert: hence the high concentration of salt in the underground stone for15


6, 7. La leggendaria abbondanza di acqua dell’oasi di Siwa era nota in tutto il mondo antico. Siwa Oasis was renowed in the ancient world for its legendary abundance of water.

una spiegazione dell’elevata concentrazione di sali nelle formazioni litiche del sottosuolo di Siwa rispetto a quella presente negli altri terreni. La presenza di un lago salato in mezzo al deserto è invece dovuta al trasporto dei sali, sottratti al terreno, grazie allo scorrimento sotterraneo dell’acqua verso la depressione e ai successivi processi di evaporazione responsabili dell’alta concentrazione salina. Una parte dell’acqua viene intercettata dalle sorgenti prima di raggiungere il lago salato e utilizzata sia per gli usi domestici che per l’irrigazione nonostante una leggera componente salmastra. È così che ha origine la stupefacente fertilità dell’oasi, fra alte foreste di palme ed estese coltivazioni di ulivi, un tempo affiancate da diverse varietà di alberi da frutto. Un imponente sistema d’irrigazione e drenaggio si snoda fra gli alberi, disegnando la geometria dei giardini e garantendone la sopravvivenza.

16

mations of Siwa compared with other places. In actual fact, the presence of a salt lake in the middle of the desert is explained by both the carriage of salt extracted from the land and channelled underground towards the depression and subsequent evaporation processes which brought about a high concentration of salt. Some of the water is tapped from the springs before it reaches the salt lake and is used for domestic and irrigation purposes despite its albeit low salt content. This is how this surprisingly fertile oasis originated, surrounded by tall palm forests and extensive olive groves where a variety of fruit trees once grew. An impressive irrigation and drainage system is located among the trees: it determines the geometry of the gardens and ensures their survival.


Un’antica ricchezza economica An ancient source of economic wealth L’economia di Siwa, secondo le fonti classiche, era strettamente legata alle risorse interne e basata in particolare su alcuni prodotti caratteristici ben definiti. Arriano, nel suo racconto della spedizione di Alessandro Magno, fa riferimento alla pratica della frutticoltura e in particolare alla coltura degli olivi e delle palme da dattero, soffermandosi in particolare sulla presenza del salgemma legato alle pratiche cultuali e molto apprezzato come dono. Sicuramente venivano coltivati in abbondanza cereali, legumi, fichi ed ogni altro tipo di frutta, probabilmente utilizzati esclusivamente per il fabbisogno della popolazione locale. Datteri, olio d’oliva e salgemma avevano invece con tutta probabilità un ruolo centrale in quel commercio carovaniero, di cui ci parla Erodoto, che permetteva di garantire il mantenimento del complesso oracolare. Il prodotto sicuramente più caratteristico dell’economia di Siwa era il salgemma, estratto dalla crosta salata intorno ai laghi. Erodoto, dando spazio alla fantasia, descriveva le colline dell’oasi formate da blocchi di sale al centro delle quali zampillava una sorgente d’acqua. Arriano ci parla del suo uso liturgico: “[…] In questa zona si formano spontaneamente sali minerali e parte di questi è portata in Egitto da sacerdoti di Ammone. Quando infatti vanno in Egitto, ponendo questi sali in cesti di palma intrecciata, li portano in dono al re o a qualcun altro. I grani sono grossi e puri come il cristallo; gli egiziani e le genti molto attente al culto se ne servono per i sacrifici, in quanto più puri del sale marino […].” 4 Plino svela invece l’impiego del salgemma in campo medico: “[…] Le distese della Cirenaica sono in effetti celebri per il sale ammoniaco, così chiamato perché si trova sotto la sabbia. È simile al colore dell’allume chiamato scisto, è in blocchi allungati non trasparenti, di sapore sgradevole, ma utile in medicina. Si apprezza quello più trasparente con linee di spaccatura dritte. […]” 5

According to classical sources the economy of Siwa depended mainly on its internal resources and was based in particular on certain products with well defined characteristics. Arrian, in his account of the expedition of Alexander the Great, speaks of fruit crops and in particular olive trees and date palms. He dwells on the use of salt rock worship rituals and offered as a much appreciated gift. Cereals, legumes, figs and all sorts of fruit were definitely grown there and probably exclusively to meet the needs of the local population. On the other hand, dates, olive oil and salt rock probably played a central role in the caravan trade mentioned by Herodotus which financed the upkeep of the Oracle complex. The most characteristic product of the Siwan economy was undoubtedly salt rock which was extracted from the salt crust surrounding the lakes. Herodotus, somewhat carried away by his imagination, described the hills of the oasis as being formed by blocks of salt at the centre of which gurgled a water spring. Arrian tells us of its ritual use: “[…] In this place also natural salt is procured by digging, and certain of the priests of Ammon convey quantities of it into Egypt. For whenever they set out for Egypt they put it into little boxes plaited out of palm, and carry it as a present to the king, or some other great man. The grains of this salt are large, some of them being even longer than three fingers’ breadth; and it is clear like crystal. The Egyptians and others who are respectful to the deity, use this salt in their sacrifices, as it is clearer than that which is procured from the sea. […]” 4 Pliny informs us of the use of salt rock in medicine: “[…] The extensive stretches of land in the Cyrenaica region are indeed famous for their ammoniac salt content. This is the name given to it because it is located under the sand. It is similar to the colour of the allum called shale and is in long, non-transparent blocks. Its taste is unpleasant but it is useful in medicine. The more transparent blocks with straight fracture lines are particularly appreciated. […]” 5

4 Arriano_Anabasis Alexandri_a cura di D. Ambaglio_Milano 2002 (English translation from E.J. Chinnock) 5 Plinio il Vecchio_Naturalis historia_a cura di G.B. Conte et Alii_Torino 1982

17


La voce di Cassandra The voice of Cassandra Se nell’antichità l’alta concentrazione di sali nel terreno non ha sicuramente comportato problemi per la vita dell’oasi, oggi la situazione sta mutando a causa dell’assenza pressoché totale di precipitazioni e del continuo innalzamento della falda dovuto ad una disordinata gestione delle irrigazioni. L’abbondante spreco di acqua e lo scavo di pozzi non autorizzati stanno incrementando in modo preoccupante l’accumulo di sali in superficie, con ricadute negative sull’agricoltura. La stessa salinità dei laghi sta aumentando a dismisura, non soltanto per i naturali fenomeni di evaporazione, ma per l’assenza fino a poco tempo fa, di un adeguato sistema di drenaggio che provocava il deflusso incontrollato dell’acqua d’irrigazione all’interno dei bacini. Una recente stima mostra che le sorgenti attive dalle quali sgorga acqua potabile o a bassa salinità, adatte quindi anche all’irrigazione, non sono oggi più di un’ottantina. In tempi recenti è stato realizzato un ampio intervento per tentare di far fronte al problema della salinizzazione dei suoli insieme ad un controllo più rigido sull’apertura di nuove sorgenti. I quattro laghi sono stati circondati da spesse dighe che, attraverso un sistema di pompaggio, regolano il deflusso dell’acqua d’irrigazione all’interno dei bacini e tengono lontana l’acqua salata dai palmeti. La voce di Cassandra, forte e chiara, rompe il silenzio delle dune di sabbia, come un monito disperato che giunge alle orecchie di pochi fidenti. L’equilibrio che tiene l’oasi in vita è delicato ed esige un umile rispetto di tutte le forze in gioco. L’errore iniziale è là, ben visibile nelle aride rocce desertiche, mostrando come la superbia possa essere punita dalla Natura senza alcuna pietà.

18

Although in ancient times the high concentration of salt in the earth certainly did not undermine life in the oasis, today the situation is changing as a result of the virtual total absence of rainfall and the ongoing rise of the aquifer due to disorderly irrigation management. Considerable water wastage and the digging of wells without planning permission is seriously compounding the accumulation of salt on the land surface with negative repercussions for agriculture. Even the salt content of the lakes is increasing disproportionately. This is not only due to natural evaporation phenomena but also up to recently, there was no adequate drainage system which caused the uncontrolled flowing of irrigation water into the catchment areas. A recent estimate tells us that there are only about eighty active springs left which provide drinking water or water with a low salt content and therefore suitable for irrigation purposes. Wide ranging measures have been implemented recently in an attempt to tackle the problem of salinisation of the land and achieve stricter supervision over the opening of new springs. The four lakes are now surrounded by thick dikes which, by means of a pumping system, regulate the run-off of irrigation water towards the catchment areas and keep the salt water well away from the palm groves. The strong and clear voice of Cassandra breaks the silence of the sand dunes as if it were a desperate warning heard only by a few faithful followers. The equilibrium which keeps the oasis alive is delicate and requires humble respect for all the forces at play. This is where the original error lies, clearly visible on the dry desert rocks, as if to show us how pride can be mercilessly punished by Nature.


8. La depressione di Siwa lambita a sud dal Grande Mare di Sabbia. I microflussi d’acqua convergono in direzione dei laghi salati alimentando la falda sotterranea da cui si riforniscono le circa duecento sorgenti naturali. The Siwa depression touched in the south by the dunes of the Great Sand Sea. The aquifer and the about two hundreds natural springs are fuelled by the flows of water that are drawn towards the salty lakes.

19


9. Per effetto della forte evaporazione e della maggior concentrazione salina in superficie, i flussi d’acqua vengono attirati verso la sebkha in un continuo percorso di risalita ed evaporazione.

20

Due to considerable evaporation and the high concentration of salt on the surface, the small flows of water are drawn towards the sebkha in a continuous cycle in which they constantly rise and evaporate.


II. L’OASI DI AMMONE THE OASIS OF AMUN

Dalla preistoria ai giorni nostri From pre-historic to modern times “[…] si estende un ciglione di sabbia che va da Tebe, in Egitto, fino alle colonne d’Eracle. Su questo ciglione, all’incirca ogni dieci giorni di cammino, ci sono agglomerati di blocchi di sale di grossa granatura che formano colline e sulla sommità di ogni collina dal mezzo del sale sgorga acqua fresca e dolce; intorno vi abitano degli uomini che sono gli ultimi verso il deserto e al di là della zona delle fiere; per primi, a partire da Tebe, a dieci giorni di cammino ci sono gli Ammoni, quelli che hanno il santuario dello Zeus che proviene da Tebe, poiché – come ho detto anche prima – anche il simulacro di Zeus a Tebe ha una testa d’ariete. […]” 6 (Storie, IV Libro, Erodoto)

“[….] there stretches a raised belt of sand, extending from Thebes of the Egyptians to the Pillars of Heracles. In this belt at intervals of about ten days’ journey there are fragments of salt in great lumps forming hills, and at the top of each hill there shoots up from the middle of the salt a spring of water cold and sweet; and about the spring dwell men, at the furthest limit towards the desert, and above the wild-beast region. First, at a distance of ten days’ journey from Thebes, are the Ammonians, whose temple is derived from that of the Theban Zeus, for the image of Zeus in Thebes also, as I have said before, has the head of a ram. [...]” 6 (The Histories, Book IV, Herodotus)

L’oasi di Ammone è naturalmente Siwa ed il testo tratto dall’opera dello storico e viaggiatore del V secolo, costituisce una delle prime testimonianze scritte che fanno riferimento all’oasi. Il percorso tracciato da Erodoto partirebbe dunque dalla valle del Nilo, indicata attraverso la sua località principale Tebe (l’attuale Luxor) e, correndo in direzione est-ovest, oltrepassate Siwa e Augila, raggiungerebbe la zona delle oasi garamantiche. Sono le prime discusse informazioni sull’esistenza di percorsi sviluppati su lunghe distanze nell’entroterra sahariano che indicherebbero Siwa come uno dei centri carovanieri inserito in un complesso sistema di traffici commerciali. Per molto tempo è stato possibile conoscere, seppur in modo approssimativo, il popolamento dell’oasi in epoca Predinastica soltanto grazie ai reperti raccolti dai numerosi viaggiatori, conservati al museo di Alessandria e all’Archaeological and Ethnographical Mueseum di Cambridge. Soltanto dall’inizio del XX secolo sono iniziate campagne e studi sistematici che, oltre a riportare alla luce numerosi utensili litici, hanno permesso di indivi-

The Oasis of Amun is of course Siwa and the quotation from the writings of this historian and traveller of the V century, constitutes one of the first written references testifying to the existence of the oasis. The route described by Herodotus seems to commence in the Nile valley, with reference to its main centre, Thebes (currently called Luxor); it continues along an east-west axis and once it has passed Siwa and Aujiila, it reaches the area of the Garamantic oases. These are the first writings to discuss the existence of routes developed over long distances in the Saharan hinterland which suggest Siwa was a caravan centre and part of a complex network of trade flows. For a long time it was only possible to glean approximate knowledge about the population of the oasis in the Pre-dynastic period from objects collected by many travellers and deposited with the Museum of Alexandria and the Archaeological and Ethnographical Museum of Cambridge. It is only at the beginning of the XX century that systematic campaigns and studies began which led to the recovery of many stone utensils and enabled the identification of a number of prehis-

6 Erodoto_Le Storie I. La Lidia e la Persia _a cura di D. Asheri, V. Antelami_Milano 1988

21


duare vari siti preistorici la cui localizzazione spazia fino all’area di Zaytun e all’oasi di Sayyatah. La scarsità d’informazioni sulla vita dell’oasi e i suoi rapporti con la Valle del Nilo proseguono durante il periodo dinastico, evidenziando la natura diversa di Siwa, più assimilabile al mondo libico e berbero rispetto alle altre oasi del Deserto Occidentale. Baharyia, Farafra, Karga e Dakhla erano con certezza già sotto il controllo delle milizie egiziane prima della VI dinastia, in quanto veri e propri avamposti per proteggere la Valle dalle incursioni delle popolazioni del deserto. Siwa fu probabilmente colonizzata durante il regno di Ramesses III, anche se la certezza di una vera e propria occupazione da parte dei Faraoni Saiti è datata alla XXVI dinastia (656-525 a.C). È in questo periodo che fu fondata la necropoli di Gebel al-Mawtah, utilizzata poi durante tutto il Periodo Romano, e i due templi legati al culto di Ammone (Ahmose II, Nectanebo II). Nel 525 a.C Cambise completò l’estensione del grande Impero persiano fondato da Ciro con la conquista dell’Egitto e nel corso di una spedizione contro l’Etiopia inviò cinquantamila uomini per conquistare l’oasi di Siwa, secondo quanto riportato da Erodoto. Partiti da Tebe, dopo sette giorni di cammino, i soldati furono sorpresi da una violenta tempesta di sabbia che fece perdere per sempre le loro tracce. Fu nel periodo greco–romano ed in particolare dopo la fondazione di Cyrene, nell’attuale Libia, che l’Oracolo di Ammone ed il complesso di Aghurmi a Siwa accrebbero la loro fama e frequentazione. Subito dopo aver sottratto l’Egitto ai persiani e aver fondato Alessandria, nel 331 a.C, il conquistatore Macedone si recò a consultare l’ormai famoso Oracolo, ricevendone vaticini particolarmente favorevoli e la consacrazione a figlio della divinità, legittimazione necessaria per gover22

toric sites located in an area stretching as far as Zaytun and the Sayatah oasis. There continued to be little information available regarding life at the oasis and links with the Valley of the Nile during the Dynastic period. This would suggest the diverse nature of Siwa, which was more comparable to the Libyan and Berber world as opposed to the other oases of the Western Desert. Baharyia, Farafra, Karga and Dakhla were certainly already under the control of the Egyptian Militia before the VI Dynasty, as they were genuine outposts designed to protect the valley from invasions by the people of the desert. Siwa was probably colonised during the reign of Ramesses III, although the only certain date is the occupation by the Saite Pharaohs dating back to the XXVI Dynasty (656-525 B.C). It is during this period that the necropolis of Gebel alMawtah was built which was used throughout the Roman Period as well as the two temples dedicated to the worship of Amun (Ahmose II, Nectanebo II). In 525 B.C Cambyses completed the extension of the Great Persian Empire founded by Cyrus with the conquest of Egypt. Herodotus tells us that during an expedition against Ethiopia he sent fifty thousand men to conquer the oasis of Siwa. The soldiers departed from Thebes and after seven days of walking were caught in a violent sandstorm which engulfed all traces of them for ever. It was during the Graeco-Roman period and in particular after the foundation of Cyrene now in Libya, that the Oracle of Amun and the Aghurmi complex in Siwa gained both in terms of fame and attendance. Immediately after winning over Egypt from the Persians and founding Alexandria in 331 B.C, the Macedonian conqueror travelled to consult the now famous Oracle, from whom he received particularly favourable prophecies and his elevation to son of a deity, which was the legitimisation he needed in order to govern the country. When Egypt was conquered


10. Popolamento delle Sirti, del Fezzan e dell’Hoggar nel V secolo a.C. secondo Erodoto. Populations of Syrtis, Fezzan, Hoggar in the V century B.C according to Herodotus.

23


nare il paese. Con la conquista romana l’Egitto divenne una provincia annessa all’Impero sotto la diretta autorità dell’imperatore, tuttavia nelle oasi, a distanza dal potere centrale, le modifiche erano meno sensibili che nella Valle. Probabilmente anche Cleopatra VII si recò a Siwa per consultare l’Oracolo, come potrebbe testimoniare la sorgente che porta il suo nome. In ogni caso, durante il periodo romano, contestualmente alla decadenza del complesso di Aghurmi, l’oasi diventò luogo di esilio per politici e cristiani non considerati ortodossi. La diffusione del Cristianesimo incontrò grandi difficoltà a Siwa e secondo molte fonti non avvenne affatto, tanto che l’unica testimonianza cristiana, le rovine di una chiesa in mattoni a Bilad al-Rum, risale al IV secolo. L’Islam giunse in Egitto nel 639 d.C con la conquista del Sinai da parte del generale Amr Ibn al-As a cui seguì l’occupazione di quasi tutto il paese. L’oasi di Siwa fu una delle roccaforti più resistenti all’invasione islamica, riuscendo a resistere alle truppe di Musa Ibn Nusayr e poi di Tariq Ibn Ziyad di Spagna, mantenendo l’autonomia fino al 1150 d.C. Non fu un buon periodo economicamente e politicamente né per il paese né per l’oasi che, a causa delle continue invasioni di arabi e beduini berberi, subì un notevole spopolamento seppur rimanendo uno snodo carovaniero importante. Fu proprio nel 1203 d.C che una piccola comunità si spostò dall’insediamento di Aghurmi, con l’intento di creare un nucleo più sicuro e protetto, fondando Shali (che significa semplicemente “città”). Secondo lo storico arabo Al-Maqrizi la cittadella fortificata crebbe in breve tempo fino ad accogliere sempre più persone in grado di costituire una vera comunità indipendente grazie alla leggendaria fertilità della zona, simboleggiata da “un arancio grande quanto un sicomoro egiziano, capace di produrre quattordicimila arance ogni anno”. 24

by the Romans it became a province annexed to the Empire and directly under the authority of the Emperor. However in the oases which were far from the centre of power, the changes made were less marked compared to those of the valley. Cleopatra VII probably also travelled to Siwa to consult the Oracle, as would seem to indicate the spring which bears her name. In any event, during the Roman period, with the decline of the Aghurmi complex, the oasis became a place of exile for politicians and Christians who were not considered orthodox. The spreading of Christianity proceeded with considerable difficulty in Siwa and many sources suggest that it did not take place at all, indeed the only Christian traces are the ruins of a IV century church built with bricks in Bilad al-Rum. Islam reached Egypt in 639 A.D. with the conquest of the Sinai by General Amr Ibn al-As who then went on to occupy virtually the entire country. The oasis of Siwa was one of the most resilient bastions against the Moslem invasion, and managed to fight off the troops of Musa Ibn Nusayr and after him those of Tariq Ibn Ziyad of Spain, thereby maintaining its independence until 1150 A.D. This was not a good period economically or indeed politically, neither for the country nor for the oasis which, due to the constant invasions of Arabs and Berber Bedouins suffered from a considerable exodus although it remained an important caravan station. It was indeed in 1203 A.D. that a small community moved from the settlement of Aghurmi, with the intention of creating a safer and more protected area and founded Shali (which simply means “city”). According to the Arab historian, Maqrizi, the fortified citadel expanded quickly and could soon cater for an increasing number of people who were able to form a truly independent community thanks to the legendary fertility of the area, the symbol of which was “an orange tree as big as an Egyptian Sycamore and capable of producing fourteen thousand oranges a year”.


11. La fortezza di Shali evocata dai racconti di Von Minutoli in un’incisione del 1824. Engraving of the Fortress of Shali from Von Minutoli’s memories, 1824.

L’unica vera fonte scritta sull’oasi è il cosiddetto Manoscritto Siwano, risalente al periodo medievale e gelosamente custodito dagli abitanti. Racconta di un uomo benevolo che dopo esser giunto a Siwa ed aver piantato un frutteto, si diresse alla Mecca facendo ritorno con arabi e berberi assetati. L’uomo si stabilì con i suoi seguaci (soprannominati “I Trenta”) nella parte occidentale di Shali, dove nacquero ben presto diverbi con gli abitanti originari stanziati nella parte orientale. Il conflitto fra le due fazioni divenne leggendario risolvendosi non raramente nella violenza. Altro carattere distintivo fin dagli albori della comunità siwana è la totale chiusura e spesso ostilità nei confronti degli stranieri e dei viaggiatori che spesso incontravano grandi ostacoli ad accedere all’oasi. Tale atteggiamento del tutto in contrasto con lo spirito d’accoglienza tipico delle popolazioni nomadi, trova probabilmente spiegazione nel profondo isolamento di Siwa e nella minuziosa razionalizzazione degli spazi alla quale erano abituati gli abitanti all’interno di Shali.

The only genuine written source on the oasis is the so-called Siwan Manuscript which goes back to medieval times and is jealously guarded by the local population. It tells the story of a charitable man who upon his arrival in Siwa planted an orchard and travelled to the Mecca only to return with thirty Arabs and Berbers. The man settled along with his followers, (called “the Thirty”) in the western part of Shali. Disagreement soon sprang up with the original settlers in the eastern part of the area. The conflict between the two factions became legendary often leading to violence. Another distinctive characteristic of the Siwan community right from its inception was total closure and often hostility towards outsiders and travellers who had often overcome considerable obstacles in order to reach the oasis. This attitude was very much in contrast with the spirit of hospitality typical of the nomad populations and is probably explained by the isolated position of Siwa and the fact that the population of Shali was used to a meticulous rationalisation of the space available to them.

25


Fra il XVII e il XIX secolo la maggior parte delle testimonianze sull’oasi sono dovute ai diari di viaggio dei numerosi esploratori europei che ripercorrevano il tragitto intrapreso da Alessandro Magno. Ciò che sappiamo del tempio di Umm Ubaydah, successivamente distrutto, è dovuto ai resoconti dell’ufficiale prussiano Heinrich Von Minutoli che nel settembre del 1824 visitò Siwa e al suo ritorno pubblicò una relazione contenente la pianta dell’oasi e preziose illustrazioni dettagliate. Nel 1834 il mineralogista francese Frederic Caillaud arrivò a Siwa ed insieme a Pierre Letorzec esaminò le tombe di Gebel al-Mawtah ed altri reperti, scrivendo il primo resoconto scientifico sull’oasi ed un vocabolario con 480 termini siwani. Quando nel 1819 Muhammad Ali, il fondatore dell’Egitto moderno, iniziò la conquista del Deserto Occidentale, inviò 1500 soldati sotto il comando di Hassan Bey Shamashurghi per occupare Siwa. La battaglia durò appena tre ore a causa della disparità dei mezzi bellici ed i siwani furono costretti a pagare un tributo. Bernardino Drovetti, console-generale francese in Egitto, entrò nell’oasi, visitò Umm Ubaydah, le tombe di Jebel al-Mawtah e identificò Aghurmi con l’acropoli visitata da Alessandro Magno. È con la cessazione dei conflitti che venne permessa l’edificazione al di fuori di Shali, dando così inizio all’espansione urbana di Siwa come la possiamo vedere oggi. Nel 1841 Al-Sayyd Muhammad al-Sanusi, il fondatore dei Senussi visitò, Siwa. L’oasi fu inoltre campo di battaglia in entrambi i conflitti mondiali, dei quali rimane un’ampia testimonianza fotografica e cartografica. Durante la Prima Guerra Mondiale, Siwa si trovò schiacciata fra forze opposte: gli italiani colonizzatori della Libia, i Senussi, gli inglesi che occupavano l’Egitto. Dopo vari tentativi falliti, i Senussi riusciro26

Between the XVII and the XIX centuries, we owe most of the accounts relating to the oasis to the travel diaries of the many European explorers who followed the route taken by Alexander the Great. The knowledge we have today relating to the temple of Umm Ubaydah which was subsequently destroyed, we owe to the accounts of the Prussian officer, Heinrich Von Minutoli who visited Siwa in September 1920 and upon his return published a report containing a map of the oasis and precious, detailed illustrations. In 1834 the French mineralogist Frédéric Caillaud arrived in Siwa and together with Pierre Letorzec examined the tombs of Gebel al-Mawtah and other findings, writing the first scientific report on the oasis and a dictionary of 480 Siwan words. When in 1819 Muhammad Ali, the founder of modern Egypt, began the conquest of the Western Desert, he sent off 1500 soldiers under the command of Hassan Bey Shamashurghi with a view to occupying Siwa. The battle only lasted three hours because of the difference in war equipment and following their defeat the Siwans were obliged to pay a tax. Bernardino Drovetti, the French Councillor-General to Egypt, entered the oasis and visited Umm Ubaydah and the tombs of Jebel al-Mawtah and concluded that Aghurmi was the acropolis visited by Alexander the Great. It is only when the fighting ceased that permission was granted to build outside Shali, thereby initiating the urban expansion of Siwa as we know it today. In 1841 Al-Sayyd Muhammad al-Sanusi, the founder of the Senussi visited Siwa. The oasis was also a battle field in both world wars as can be seen from the many photographs and maps. During the First World War, Siwa was caught between opposite forces: the Italian colonisers of Libya, the Senussi and the English who had occupied Egypt. After many failed attempts, the Se-


12, 13. L’esercito britannico a Siwa, 1942. The British Army in Siwa, 1942.

no nel 1916 ad occupare Siwa e resistettero più che nelle altre oasi all’occupazione inglese. Nel 1940, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, egiziani, australiani, neo zelandesi ed inglesi erano pronti a difendere Siwa dagli italiani e dai tedeschi che si apprestavano ad attaccare l’Egitto. Gli abitanti, per difendersi dai bombardamenti italiani, si rifugiano nelle tombe di Jebel al-Mawtah dove sarebbero state scoperte nuove sepolture. Due anni dopo le truppe alleate stanziate lasciarono il posto agli italiani che occuperanno l’oasi soltanto per breve tempo. Nella seconda metà del XX secolo Siwa si è aperta sempre di più all’Egitto e al resto del mondo ed il turismo ha assunto una posizione predominante nell’economia dell’oasi. La popolazione, che contava 40 abitanti nel XII secolo d.C, 3.000 al tempo dell’invasione di Muhammad Ali, è oggi stimata intorno a 20.000 abitanti.

nussi managed to occupy Siwa in 1916 and resist English occupation for longer than the other oases. In 1940, when the Second World War broke out, the Egyptians, Australians, New-Zealanders and the English were ready to defend Siwa from the Italians and Germans who were preparing to attack Egypt. In order to protect themselves from the Italian bombardments, the population sought shelter in the tombs of Jebel al-Mawtah where new burials were discovered. Two years later the allied troops stationed there gave way to the Italians who only briefly occupied the oasis. In the second half of the XX century Siwa opened up increasingly to Egypt as well as the rest of the world and tourism took on a predominant role in the economy of the oasis. The population which amounted to 40 souls in the XII century A.D had risen to 3.000 at the time of the invasion of Muhammad Ali, and is currently estimated at around 20.000.

27


28


14, 15. La cittadella medievale di Shali nel 1904 e nel 2014. The medieval fortress of Shali in 1904 and 2014.

29


Insediamenti umani sulle colline Human settlements on the hills Dopo chilometri di deserto appare Siwa, con il suo leggendario palmeto, come un miraggio, immersa nel verde delle sue piantagioni di datteri e ulivi e costellata di sorgenti d’acqua ed ampi laghi salati. La visione dell’antica cittadella di Shali, evocata dai racconti dei viaggiatori, doveva emergere in tutto il suo mistero, luccicante come una fortezza tempestata di diamanti che altro non erano che cristalli di gesso imprigionati in un materiale altrettanto misterioso. L’abbondanza di acqua, che sgorga dalle circa duecento polle naturali, assume una potenza miracolosa che aveva già catturato la fantasia di Erodoto nel V secolo a.C. “[…] gli Ammoni possiedono anche un’altra sorgente d’acqua, che è tiepida all’alba e più fresca nell’ora in cui il mercato è più affollato; a mezzogiorno poi è decisamente fredda: è allora che la usano per innaffiare gli orti; col declinare del giorno l’.qua perde a poco a poco la freschezza, finché il sole tramonta e l’acqua è tiepida; poi si scalda sempre più fino a mezzanotte, quando bolle furiosamente; poi la mezzanotte passa, si va verso l’aurora e l’acqua di nuovo si raffredda. E per indicare questa sorgente, la chiamano fonte del sole. […]” 7 Il paradigma del deserto come peccato originale si svela proprio in ciò che è sfuggito alla potenza distruttrice della Natura: gli alberi sono rigogliosi, i datteri formano ricchi grappoli variopinti, l’acqua sgorga abbondante dal terreno, i raggi del sole si riflettono ovunque in fasci di brillanti scintille e l’esilio di Adamo dal Paradiso Terrestre riaffiora malinconicamente nella mente del viaggiatore.

30

After kilometres of desert, Siwa appears, with its legendary palm grove, like a mirage, submerged in the greenery of its date plantations and olive groves with its many water springs and large salt lakes. The view of the ancient citadel of Shali, mentioned in the travellers’ tales, must have stood out, shrouded in all its mystery, sparkling like a fortress studded with diamonds which were none other than the chalk crystals trapped in equally mysterious material. The abundance of water springing from approximately two hundred natural wells was associated with miraculous powers which had already captured the imagination of Herodutus in the V century B.C. “[…] These, as it chances, have also other water of a spring, which in the early morning is warm; at the time when the market fills, cooler; when midday comes, it is quite cold, and then they water their gardens; but as the day declines, it abates from its coldness, until at last, when the sun sets, the water is warm; and it continues to increase in heat still more until it reaches midnight, when it boils and throws up bubbles; and when midnight passes, it becomes cooler gradually till dawn of day. This spring is called the fountain of the Sun. […]”7 The paradigm of the desert as original sin is revealed as that which has escaped the destructive power of Nature: the trees are lush, the date palms form rich and multicoloured clusters, water springs abundantly from the earth, the sun rays are reflected everywhere in strips of shining sparks evoking in the mind of the traveller melancholic images of the exile of Adam from Paradise on Earth.

7 Erodoto_Le Storie I. La Lidia e la Persia _IV Libro_a cura di D. Asheri, V. Antelami_Milano 1988 (English translation from J.C. Macauley)


.Il complesso di Aghurmi ed il culto di Ammone

.The Aghurmi complex and the worship of Amun

“Chinati davanti a te stanno gli Dei, lodando la forza del creatore. Re e capo di ogni dio, noi celebriamo la tua forza perché tu ci hai creati. Ti veneriamo perché tu ci hai formati. Cantiamo inni di lode perché tu ci protegga.” 8 (Inni di Amon)

“The Gods are prostrated in front of you, in praise of the strength of the creator. King and Lord of all the Gods, we celebrate your strength as you have created us. We worship you as you have made us. We sing praise so you may protect us.” 8 (Hymns to Amon)

Ammone nell’Antico Regno era un’oscura divinità della regione tebana. Il suo nome deriva dalla radice imn che ha il significato di occultare, nascondere. Ammone era quindi il “dio nascosto”. Veniva raffigurato antropomorfico, la testa ornata con la tiara dalle due alte piume ed anche criocefalo (cioè col capo di ariete) nella sua assimilazione amon-solare. L’ariete era l’animale che, insieme all’oca, gli venne associato dai sacerdoti. Già durante la XI dinastia è attestata la sua presenza a Tebe, che diverrà il centro principale del suo culto. L’oasi fu resa celebre dalla presenza di un oracolo del dio Ammone, rispettato in tutto il mondo antico al pari di quello di Delfi, tanto da indurre lo stesso Alessandro Magno nel 331 a.C. ad attraversare per trecento chilometri il deserto egiziano prima di continuare l’inarrestabile conquista dell’impero persiano. “[…] Raccontano che una colomba partita dal grande tempio di Tebe, il tempio di Ammone, andò a segnare il luogo ove doveva porsi l’oracolo. E il luogo fu ben scelto, perché sorse difatti nella parte più fertile dell’oasi […]”. 9 Il tempio dell’oracolo, risalente alla XXVI dinastia (VI sec a.C) è arroccato sulla roccia calcarea di Aghurmi e si affaccia sui palmeti che si estendono per tutta l’oasi fino ai rilievi di Dakrur. L’insediamento, che comprende anche la residenza del signore locale, ci viene descritto da Cli-

Amun in the Old Kingdom was an obscure deity from the region of Thebes. The name originates from the root imn which means to conceal or to hide. Amun was therefore the “hidden god”. He was depicted as a man, his head was adorned with a tiara adorned with two long plumes, sometimes with the head of a ram in his Amun-Ra configuration (he merged with the ancient sun god Ra). Priests associated him with the ram and the goose. His presence can be traced back to the XI dynasty in Thebes, the city which was to become his main centre of worship. The oasis became famous due to the presence of the Oracle of the God Amun, revered throughout the ancient world and on a par with Delphi, so much so that even Alexander the Great in 331 B.C. travelled to it crossing three hundred kilometres of Egyptian desert before proceeding with his relentless conquest of the Persian Empire. “[…]They say a dove left the Grand Temple of Thebes, the Temple of Amun and went to mark the place where the Oracle was to be founded. It was well chosen because it was in the most fertile part of the oasis […]”. 9 The Temple of the Oracle dates back to the XXVI Dynasty (VI Century B.C.) and is perched on the limestone rock of Aghurmi overlooking the palm groves which stretch out all over the oasis as far as the Dakrur mountain. The settlement, which includes the residence of the local lord is described

8 Barucq A., F. Daumas_Hymnes et prières de l’Egiypte ancienne_Le Cerf, Paris 1980 9 Robecchi Bricchetti L._All’oasi di Giove Ammone, viaggio di Luigi Robecchi Bricchetti_Milano 1890

31


tarco diviso in tre zone distinte: “[…]gli abitanti dell’oasi di Amon vivono in villaggi, al centro dell’oasi c’è un’acropoli che è fortificata con tre recinti. Il primo contiene il palazzo degli antichi governanti della città, nel secondo c’è l’harem delle donne, bambini e altri parenti nonché le guardie e infine il tempio del dio e il sacro pozzo nel quale venivano purificate le offerte destinate alla divinità. Nel terzo recinto vi era l’accampamento dei militari e le case delle guardie personali del governatore. […]”. 10 E’ forse proprio nel naos del tempio che l’oracolo proclamò Alessandro Magno “figlio di Zeus” fornendo all’azione politica e militare del re macedone quell’aura e quella giustificazione divina propria di tutti i sovrani orientali. Il tempio, di piccole dimensioni (circa 14x22m), rivolto a sud, è costruito in muratura pseudoisodoma con la pietra calcarea locale, esempio che non ha precedenti in Egitto rivelando, insieme ad altri dettagli costruttivi come l’anathyrosis, la presenza di maestranze greche. L’edificio si compone di due stanze, in fondo alle quali è collocata la cella e gli ingressi sono disposti in rigida simmetria. “[…] Vuolsi che la statua del Dio fosse di bronzo dorato, tempestata di smeraldi e di altre pietre preziose, e che venisse portata in processione sopra una barca d’oro, come tutte le altre divinità egiziane, e che più di cento sacerdoti fossero addetti al servizio del tempio […]” 11. Sebbene le pareti interne siano state danneggiate, si possono ancora distinguere le raffigurazioni delle divinità della regione e, sugli stipiti della porta d’accesso al naos, le immagini del faraone Amasis (XXVI dinastia) e del governatore dell’oasi Sutekh-Irdes. Ai piedi della collina di Aghurmi si estendeva l’imponente tempio di Umm Ubaydah, anch’esso dedicato al dio Ammone e collegato al tempio dell’oracolo tramite una via processionale lastricata, probabilmente utilizzata in occasione di festività sacre. L’entrata del tempio è col32

for us by Cleitarchus as divided in three separate zones: “[…] the inhabitants of the oasis of Amun lived in villages; at the centre of the oasis stood an acropolis fortified with three enclosures. The first contained the palace of the ancient governors of the city, the second a harem for women, children and other relatives as well as the guards and also contained the temple of the God and the holy well in which the offerings for the Deities were purified. The third contained the military camps and the houses of the governor’s personal guards […]”. 10 It was perhaps precisely in the naos of the temple that the oracle pronounced Alexander the Great “son of Zeus” thereby providing the political and military action of the Macedonian king with the necessary aura and divine justification proper to all oriental sovereigns. The temple is small (approximately 14×22m) and south facing; it is built in pseudo-isodomic masonry with the local limestone. It is of an unprecedented design in Egypt and reveals thanks to a number of construction characteristics such as the anathyrosis, the presence of skilled Greek builders. The temple consists of two chambers, at the back of which is the cell and the entrances are strictly symmetrical with each other. “[…] And the statue of God was of gilded bronze, studded with emeralds and other precious stones and it was carried in a procession on a golden boat, like all the other Egyptian gods, and more than one hundred priests were at the service of the temple […]” 11. Although the internal walls are damaged, it is still possible to make out images of the deities of the region and on the jambs of the door leading to the naos, are pictures of Pharaoh Amasis (XXVI dynasty) and of the Governor of the oasis, Sutekh-Irdes. The magnificent temple of Umm Ubaydah was located at the foot of the hill of Aghurmi. It was also dedicated to the God Amun and connected to the Temple of the Oracle by means of a paved processional causeway which was probably used on the occasion of sacred rituals. The entrance to 10 Müller K._Scriptores Rerum Alexandri Magni_A. F. Didot_Paris 1846_p. 74-85 11 Robecchi Bricchetti_All’oasi di Giove Ammone


16. Aghurmi, il tempio di Ammone. Aghurmi, the Oracle of Amun.

locata a nord e alcuni bassorilievi, sulla parete orientale (l’unica rimasta in piedi), mostrano delle processioni di divinità connesse all’oasi e al deserto, dove è anche riconoscibile il governatore dell’oasi mentre s’inginocchia e porge un’offerta al dio Ammone. Sotto il controllo del potere faraonico, Siwa faceva parte di un vasto territorio desertico abitato da tribù libiche per cui i faraoni nominarono governatori dell’oasi i rappresentanti più influenti di quelle tribù che, pur sottomettendosi all’autorità egiziana, non dimenticarono mai la propria identità facendosi rappresentare con una piuma sulla fronte, tratto etnico distintivo che rivendicava orgogliosamente la propria origine libica. L’intero complesso comprendeva probabilmente anche la già citata Fons Solis, oggi identificata nella Sorgente di Cleopatra che destò la meraviglia di Erodoto, la cui acqua era tiepida al mattino e fredda a mezzogiorno, tiepida al tramonto e bollente a mezzanotte. Sulla collina di Aghurmi, successivamente al declino dell’oracolo, fu costruito fra il XII e il XIII secolo d.C un villaggio fortificato cinto da alte mura e dotato di un solo accesso. Il materiale utilizzato non fu il karshif ma un impasto di malta di terra e pietra calcarea riciclata dal tempio di Ammone e dal palazzo del governatore. Oggi l’insediamento versa in stato di totale abbandono ad eccezione della moschea con il suo minareto troncopiramidale. .Il ksar di Shali Il centro dell’abitato di Siwa è dominato dalle rovine dell’antica fortezza di Shali, edificata nel 1203 sull’altopiano di Gebel Siwa per difendersi dai continui attacchi dei beduini. Oggi appare come una città fantasma, disabitata e dominata dalla moschea, con i resti di quelle 33


34


17. Veduta di Siwa dall’altura di Adrar. Sono riconoscibili i rilievi di Shali al centro, Aghurmi a sinistra e Dakrur a destra. Siwa seen from the hill of Adrar. The ruins of Shali in the middle, the Aghurmi Acropolis on the left, the hills of Dakrur on the right.

the temple is facing north and some bas-reliefs on the eastern wall (the only one still standing), depict processions of gods connected to the oasis and the desert and it is possible to recognise the governor of the oasis who is kneeling down and offering a gift to the god Amun. Siwa was part of a wide-ranging desert area inhabited by Libyan tribes which fell under the authority of the Pharaoh who appointed as governors of the oasis the most influential representatives of the tribes. Although they acknowledged Egyptian authority, they never lost sight of their own identity which was represented by a feather on their foreheads: this was a distinctive ethnic trait which they flaunted with pride as it indicated their Libyan origins. The entire complex probably also included the previously mentioned Fons Solis, known today as Cleopatra’s Spring which Herodotus marvelled at, its waters being warm in the morning, cold at midday, warm at sunset and boiling hot at midnight. Following the decline of the oracle a fortified village was built between the XII and XIII centuries A.D on the hill of Aghurmi. It was surrounded by high walls and had only one entrance. The material used was not karshif but a mixture of mortar and limestone taken from the temple of Amun and the Governor’s palace. Today the settlement had been totally abandoned with the exception of the mosque and its minaret in the shape of a truncated pyramid. .The ksar of Shali The centre of the built-up area of Siwa is dominated by the ruins of the ancient fortress of Shali which was built in 1203 on the plateau of Gebel Siwa to fend off the constant attacks of the Bedouins. Today it looks like a ghost city, uninhabited and dominated by the mosque, with the remains of the walls which once supported a well constructed radiating structure 35


pareti che un tempo reggevano un articolato impianto radiale che dalla cima della collina degradava verso le mura. Sia per motivi costruttivi che orografici, la cinta muraria appariva come un nastro ondulato che nascondeva alte case-torre dall’andamento planimetrico libero ed organicamente dettato dal tracciato delle mura. Un’unica porta, situata a nord, permetteva in origine l’accesso alla cittadella. La pesante massa del complesso era caratterizzata da piccole aperture che, infittendosi verso l’alto, creavano un ricamo dominato dalla forma triangolare in una tensione fra ricerca geometrica ed irregolarità materica. Il carattere monolitico e chiuso dell’insediamento è una caratteristica peculiare degli ksar berberi; come essi, Shali è localizzata su un’altura per scopi difensivi, per ragioni costruttive e per non occupare terreni fertili. La struttura dell’insediamento era dettata dalle caratteristiche demografiche caratterizzate dall’alta densità abitativa e dalla organizzazione sociale che si basava su un’aggregazione di famiglie, ognuna delle quali abitava in singole case comunicanti attraverso appositi passaggi, che nell’insieme definivano una tribù. L’aggregato urbano disponeva di un solo accesso da cui si originava un tracciato viario principale dal quale si diramavano, su vari livelli, vie molto strette e spesso coperte. Questa estrema compattezza del tessuto urbano e l’assenza quasi completa di spazi aperti rispondeva non solo ad esigenze di carattere difensivo ma anche climatiche. L’abitato era quasi totalmente ombreggiato mentre le piazze e i luoghi di aggregazione erano sostituiti da spazi pubblici coperti chiamati mazallah. L’approvvigionamento di acqua era possibile dall’interno della fortezza grazie alla presenza di vari pozzi scavati nella roccia. L’intera popolazione viveva all’interno di Shali ad eccezione dei giovani non sposati a cui era vietato oltrepassare le mura e che popolavano le case nei palmeti di Maraqi. 36

which gradually descended from the top of the hill towards the walls. For both construction and orographic reasons, the town wall was like a winding ribbon separating its high tower houses from a freer type of town planning which was essentially dictated by the encircling wall. Originally only a single gate facing north allowed access to the citadel. The heavy mass of the complex was characterised by small apertures, which were more numerous in its upper part and created the effect of an embroidery dominated by triangular shapes in a play-off between geometrical precision and irregularity of the materials used. The monolithic and closed nature of the settlement is a characteristic peculiar the Berber ksars; similarly, Shali is located on a plateau for defence and construction reasons and so as not to occupy fertile land. The structure of the settlement depended on the high density of the population living there and on the organisation of society which was based on groups of families who together formed a tribe although each one lived in an individual house which communicated with the other dwellings, thanks to special passageways. This urban aggregate had only one entrance from which the main road network began with a series of very narrow roads, frequently with a roof, branching off it at different levels. This extremely compact urban fabric and the virtual non existence of open spaces met with both defence and climate requirements. The residential area was nearly completely in the shade whereas the squares and areas of congregation were replaced by sheltered public areas called mazallahs. Water supply was provided inside the fortress thanks to the presence of several wells dug into the rock. The entire population lived inside Shali with the exception of young unmarried men who were not allowed go beyond the walls and who lived in the houses of the Maraqi palm groves.


Il fatidico abbandono di Shali, storicamente datato al 1926, seguito da un rapido deterioramento della fortezza fino allo stato attuale di rovina, è stato attribuito allo scioglimento del salgemma dovuto all’incessante pioggia che per tre giorni consecutivi si abbatté sull’oasi; questa spiegazione risulta una semplificazione del tutto forzata della realtà, rappresentando un grave equivoco durato per decenni. In realtà il processo di abbandono avvenne in tempi più lunghi ed ebbe inizio con la conquista di Muhammad Ali che, revocando il divieto di costruire fuori dalla cinta muraria, consentì ai siwani di costruire intorno a Shali ed in particolare sulla collina adiacente di Adrar utilizzando le travi di legno delle vecchie abitazioni. La fortezza, un tempo maestosa, lentamente si svuotò sia degli abitanti che dei preziosi materiali da costruzione che vennero “riciclati” nell’edificazione delle nuove case. Abbandonata agli agenti atmosferici e in assenza della costante manutenzione richiesta dal salgemma, in poco tempo rimase soltanto lo scheletro di una delle architetture più originali che la storia abbia mai prodotto.

The fateful abandonment of Shali, dating back to 1926, was followed by a rapid deterioration of the fortress, now a ruin, and considered to be caused by the rock salt dissolving because of the relentless rain which lasted for three consecutive days over the oasis. This explanation is clearly an over-simplification of reality and caused a serious misunderstanding which lasted for decades. In actual fact, the exodus lasted much longer and began as early as the conquest of Muhammad Ali who did away with the ban on constructions outside the walls, allowing the Siwans to build around Shali and in particular on the adjacent hill of Adrar and to use the wooden rafters of old houses. The once magnificent fortress was slowly to be abandoned by its inhabitants and stripped of precious building materials which were “recycled” and used in the construction of new homes. It was left exposed to the mercy of the elements and without the ongoing maintenance necessary for rock salt, it did not take long for there to be only the skeleton left of one of the most original types of architecture history has every produced.

.La necropoli di Gebel al-Mawtah

.The necropolis of Gebel al-Mawta

“[…] Questo monte ha un carattere speciale di dolce melanconia che fa bene al cuore, e s’accorda a meraviglia coi pensieri che attraversano la mente a chi ha un po’ di passione per la storia. Vi si trovano migliaia e migliaia di tombe, le cui nicchie interne rigurgitano di corpi imbalsamati od altrimenti conservati. Fra quei labirinti di tombe ove tante ossa si abbracciano, e dove frammezzo a tanti detriti, a tante sabbie e a tanta polvere, - è la polvere del mondo antico e della moderna barbarie, - la povera carne si sente fango sotto l’inesorabile maestà del sasso […]”.12

“[…] This mountain exudes a special feeling of gentle melancholy which is a balm for the heart; it is beautifully in tune with the thoughts which cross the minds of those who love history. There are thousands and thousands of tombs here; there are niches filled with bodies which are embalmed or preserved in a different way. Among the labyrinths of tombs where so many bones embrace each other and in the midst of so much debris, sand and dust, lies the dust of the ancient world and modern barbarity- our poor flesh feels like mud under the inexorable majesty of the stone. […]” 12

12 Robecchi Bricchetti_All’oasi di Giove Ammone

37


La necropoli si trova a pochi chilometri a nord di Shali, sulla collina di Gebel al-Mawtah (Montagna della morte), totalmente ricoperta di sepolture per lo più risalenti alla XXVI dinastia, al periodo tolemaico e romano. Il sito esercitò un grandissimo fascino sui primi visitatori che ne riportano resoconti molto dettagliati. L’inglese William George Browne riuscì ad ottenere il permesso di visitarla nel 1792, sostenendo successivamente di non aver trovato né iscrizioni né dipinti. Friedrich Konrad Hornemann, nel 1798, sostenne che gli abitanti di Siwa avessero trovato dell’oro all’interno delle tombe e stessero ispezionandole alla ricerca di altro. Il primo viaggiatore a menzionare la presenza di disegni all’interno delle sepolture fu il francese Frederic Caillaud che, nel 1819 quando visitò la necropoli, scrisse: “Una delle tombe più degne di nota contiene tre stanze, una di fila all’altra, la cui lunghezza complessiva è undici metri. Sul lato destro e sinistro ci sono cinque camere. Sulle pareti della grotta ipogea si può ammirare una rappresentazione in stucco di figure egiziane e geroglifici; più avanti ci sono due statue, tagliate nella roccia, raffiguranti un uomo e una donna, simili a quelle della Valle del Nilo.” 13 Il console tedesco in Egitto, Von Minutoli, sostenne che alcuni dei disegni fossero dipinti di verde, rosso, giallo e blu e contenessero dei geroglifici. Secondo la sua versione, i Siwani vivevano in alcune tombe mentre altre erano occupate da un centinaio di beduini della tribù Mjabir di Tripoli. La tradizione vuole che Radwan, il re siwano al tempo dell’invasione araba, abbia trafugato numerosi corpi da Gebelal-Mawtah, gettandoli nelle sorgenti con l’intento di avvelenare i nemici. È proprio all’interno della necropoli che i siwani si rifugiarono durante le grandi piogge e le invasioni militari delle due guerre mondiali, cercando protezione e vivendo con i defunti. 38

The necropolis which is located a few kilometres north of Shali, on the hill of Gebel al-Mawta (the Mountain of the Death), is totally covered in burials most of which date back to the XXVI Dynasty in other words to the Ptolemaic and Roman Period. The site was particularly fascinating for its first visitors who produced very detailed reports about it. The Englishman, William George Browne managed to obtain permission to visit it in 1792 and later maintained that he had not found any inscriptions or paintings. In 1798 Friedrich Konrad Hornemann declared that the population of Siwa had found gold inside the tombs and were continuing their search for more. The first traveller to mention the presence of drawings inside the burials was the Frenchman Frédéric Caillaud who in 1819, when visiting the necropolis, wrote: “One of the tombs most worthy of note contains three chambers, one behind the other, the overall length of which is eleven metres. There are five rooms to the left and the right. On the walls of the underground cave there are Egyptian figures and hieroglyphs to admire; further on there are two statues hewn in the rock, representing a man and a woman, similar to those who come from the Valley of the Nile.” 13 The German Councillor to Egypt, Von Minutoli, maintained that some of the drawings were painted in green, red, yellow and blue and contained hieroglyphs. His version of the facts was that the Siwans lived in some of the tombs and others were occupied by about one hundred Bedouins of the Mjabir tribe of Tripoli. Tradition has it that Radwan, the Siwan king at the time of the Arab invasion, removed many of the bodies from Gebelal-Mawta and threw them into the water springs with the intention of poisoning the enemy. It is in this very necropolis that the Siwans sought refuge from the heavy rain and military invasions during the two world wars, finding shelter there and living with the deceased. 13 Caillaud F._Voyage a Meroè e au fleuve Blanche_Paris 1919


La maggior parte delle tombe sono di piccole dimensioni e comprendono soltanto una o due sepolture e quasi la totalità delle informazioni che abbiamo su di esse sono legate agli studi dell’archeologo Ahmed Fakhry. Molti crani ed ossa rinvenute nella necropoli furono esaminate al Cairo dove si giunse alla conclusione che i siwani del periodo tolemaico e romano presentassero caratteri più vicini alla razza europea che non a quella contemporanea della Valle del Nilo. .L’insediamento di Adrar

Most of the tombs are small in size containing only of one or two burials and virtually all the information available to us today is largely due to the studies of the archaeologist, Ahmed Fakhry. Many skulls and bones found in the necropolis were examined in Cairo leading to the conclusion that the Siwans of the Ptolomaic and Roman Period had features which were closer to the European race than those of the population living in the Nile Valley at the time. .The settlement of Adrar

La collina ad ovest di Shali, edificata in tempi più recenti, viene denominata Adrar, che significa collina, oppure Adrar in Shali, ovvero la collina vicino a Shali. Attualmente l’insediamento è totalmente abbandonato e sembra aver ripercorso l’ineluttabile destino che aveva colpito qualche anno prima la cittadella di Shali. Le abitazioni, che un tempo colmavano l’altura, si articolavano con la stessa dinamica dello ksar berbero in un susseguirsi di spazi coperti, mazallah, e spazi privati interconnessi fra loro. Gli accessi al centro abitato erano costituiti da due porte urbane, un accesso in corrispondenza della moschea e due varchi fra le abitazioni. La profonda decadenza, in cui versa oggi il complesso, è attribuibile all’evidente asportazione delle travature in legno, forse le stesse che un tempo riparavano le abitazioni di Shali, impiegate oggi nelle nuove edificazioni.

The hill to the west of Shali was built up in more recent times and is called Adrar, which means hill, or Adrar in Shali, in other words Hill near Shali. The settlement has now been totally abandoned and seems to have met with the same inevitable fate as the citadel of Shali a few years earlier. The houses which once covered the top of the hill were positioned according to the same dynamic as the Berber Ksar, in a sequence of shaded areas or mazallahs alternating with interconnected private spaces. Access to the residential quarters in the centre was provided by two town gates, a route leading to the Mosque and two passageways between the houses. The considerable deterioration of the complex as we know it today is due to the evident removal of wooden rafters, maybe the very ones used to shelter houses in Shali and construct new buildings.

.L’ecolodge di Adrère Amellal

.The ecolodge in Adrère Amellal

L’altura di Adrère Amellal, che significa montagna bianca, si trova sulle sponde occidentali di Birket Siwa in un contesto più o meno incontaminato se paragonato alla densità abitativa dell’altra sponda del lago salato. La

The high-ground of Adrère Amellal, which means White Mountain, is located on the western bank of the lake of Birket Siwa in a virtually uncontaminated environment if compared with the population density on the other side of the salt lake. 39


18. La necropoli sulla collina di Gebel al-Mawtah (Montagna della Morte). The necropolis on the hill of Gebel al-Mawtah (The Mountain of the Death).

leggenda racconta che sulla sommità della pittoresca montagna, piatta come la superficie dell’acqua, vi atterrarono, durante la guerra, piccoli aerei militari italiani. Ai piedi di essa, sorge da qualche anno, l’ecolodge di lusso che, con i suoi piccoli volumi in karshif che avanzano fino alle sponde del lago, è divenuto un punto urbano di riferimento nel tessuto dell’oasi. Il complesso costruito utilizzando l’opera di maestranze locali non prevede l’uso dell’elettricità e rappresenta un modello originale rispettoso dei principi dell’architettura sostenibile; purtroppo bisogna segnalare che per renderne possibile la realizzazione l’edilizia storica di Siwa, fornendo gran parte del materiale da costruzione, ha subito un ulteriore deterioramento. È evidente che tale pratica, dovuta al lungo tempo richiesto per la stagionatura di nuove travi, può essere ormai considerata parte della moderna tradizione costruttiva siwana che purtroppo ha come conseguenza la distruzione dell’intero tessuto storico dell’oasi.

40

Legend has it that the top of this picturesque mountain, as flat as a pond, was used during the war, to land small Italian military aircraft. At the foot of the mountain, there has been for some time now a luxurious Ecolodge with small constructs in karshif which go down as far as the banks of the lake. It has become a town landmark in the oasis fabric. The complex was built by the local workforce; it does not use electricity and it constitutes an original model due to its respect for the principles of sustainable architecture. It should however also be pointed out that in order to make this building possible the historical buildings of Siwa were used to supply a large part of the construction material thereby suffering additional deterioration. Clearly such a practice, due to the lengthy periods of time required to season new beams, is to be considered part of the modern Siwan building tradition. Unfortunately however it also leads to the destruction of the historical fabric of the oasis.


Lo sviluppo urbano Urban development Da quel primo nucleo formatosi sulla collina di Aghurmi, il centro abitato dell’oasi ha subito una profonda trasformazione ed un continuo ampliamento che ha portato all’assetto attuale. In un mondo caratterizzato dalla scarsità delle risorse, dove ogni minima azione umana rischia di minare l’equilibrio di un delicato ecosistema, le trasformazioni sono dettate da valutazioni e necessità economiche che consentano a questi luoghi di sopravvivere. Lo sviluppo urbano diviene così indicatore dei processi sociali e culturali di un popolo, rivelando il modo in cui si tenta di ottimizzare e armonizzare le necessità socioeconomiche rispetto all’ambiente circostante. La localizzazione dei primi insediamenti, sui quali non ci sono dati certi, fu sicuramente legata all’orografia della depressione in cui Siwa sorge. L‘elevata umidità del terreno rispetto alle altre oasi del Deserto Occidentale, l’utilizzo di blocchi di karshif per la muratura e le necessità difensive facevano delle alture rocciose l’unico luogo adatto per gli insediamenti. Sappiamo con certezza che nel periodo tardo antico

Ever since the first cluster of houses was built on the hill of Aghurmi, the residential quarter of the oasis has undergone considerable transformations and expanded constantly leading to its current layout. In a world with few resources, where any minor human action can jeopardise the equilibrium of a delicate ecosystem, transformations are the result of financial assessments and considerations and allow places like Aghurmi to survive. Hence, urban development becomes an indicator of the social and cultural processes of a people; it reveals how efforts are made to optimise and reconcile socio-economic requirements with the surrounding environment. The location of the first settlements for which we do not possess reliable data, was definitely connected to the orography of the depression in which Siwa is located. The high moisture content of the earth compared to the other oases in the Western Desert, the use of blocks of karshif for walls and defence requirements made the rocky high-grounds the only suitable place for settlements. We definitely know that in the late Ancient Period, Aghur-

Aghurmi costituiva il centro politico-religioso, con l’ora-

mi was the political and religious centre, with the Oracle of

tempio di Umm Ubaydah e alla Fons Solis. La divergenza

the Temple of Umm Ubaydah and the Fons Solis. There are

il Manoscritto di Siwa indica la stessa collina di Aghur-

Manuscript refers to the hill of Aghurmi, however some clas-

altri centri abitati con un’acropoli al centro, che potrebbe

lis at the centre, and one of these could be the hill of Shali,

colo di Ammone ed il palazzo del governatore, collegati al

Amun and the Governor’s Palace which were connected to

delle fonti riguarda invece la localizzazione del villaggio;

diverging views as to the location of the village: The Siwan

mi, mentre le fonti classiche menzionano l’esistenza di

sical sources mention other inhabited areas with an acropo-

essere ipotizzata proprio sulla collina di Shali, vista la

given how close it is to the necropolis of Gebel al-Mawtah.

vicinanza alla necropoli di Gebel al-Mawtah.

Data certa dell’occupazione di Shali è il 1203, anno in cui

The date of the occupation of Shali was certainly 1203. This is the year when a group of inhabitants abandoned Aghurmi, 41


un gruppo di abitanti abbandonò Aghurmi, come tramanda il manoscritto, per fondare la leggendaria fortezza di sale. Le due alture furono per molto tempo gli unici centri abitati di tutta l’oasi per riuscire a fronteggiare i continui attacchi dei beduini. La zona fra i due insediamenti era ricoperta da rigogliosi palmeti, irrigati con l’acqua che sgorgava dalle polle naturali, che richiedevano un duro lavoro quotidiano. In epoca medievale, in seguito alla decadenza dell’ora-

colo, fu fondato un nuovo villaggio sulla collina di Aghurmi , utilizzando per l’edificazione materiali di recupero

as the manuscript tells us, to found the legendary fortress of salt. The two high-grounds were for many years the only inhabited centres of the entire oasis because of the need to fight off the constant attacks of the Bedouins. The area between the two settlements was covered in flourishing palm groves and other crops which were irrigated with water from the natural wells and required demanding daily attendance. In medieval times, following the decline of the Oracle, a new village was founded on the hill of Aghurmi, using materials removed from the Governor’s Palace and the Temple of

dal palazzo del governatore e dal tempio di Ammone.

Amun.

fino alla conquista egiziana nel 1819, quando, termina-

conquest of the Egyptians in 1819. Once the invasions and

sulla collina di Adrar in Shali con la rispettiva moschea.

Adrar in Shali along with its mosque. The orderly urban fab-

La totale chiusura all’interno della cittadella perdurò

The citadel remained totally closed in on itself until the

te le incursioni ed i conflitti, fu edificato l’insediamento

battles were over, a settlement was founded on the hill of

L’ordinato tessuto urbano che si articolava sui vari gebel

ric which was spread over the gebels while leaving room for

e lasciava spazio ai palmeti in pianura iniziò a sgretolar-

si dal 1926, anno in cui il consiglio revocò il divieto di costruire al di fuori delle mura. Si iniziò lentamente a co-

struire nella pianura dei palmeti, alterando le modalità insediative tradizionali ed utilizzando materiali nuovi come

il cemento armato e il tobe. Lentamente gli insediamenti di Shali e Adrar si espansero formando un unico aggre-

gato urbano e, seguendo le direttrici viarie, intasarono

the palm groves in the plain began to disintegrate. Buildings slowly began to appear in the palm covered plains, traditional settlement patterns were altered and new materials such as reinforced concrete and tobe were introduced. The settlements of Shali and Adrar began slowly but surely to expand, merging into a single urban aggregate and as they extended in the direction of the roads they took over a large

gran parte della pianura.

part of the plain.

iniziale di Siwa, e la profonda fragilità del sistema oasia-

ment of Siwa and the exceptional fragility of the oasis system

provocando così una profonda alterazione degli equilibri

materials which have considerably altered the equilibrium of

Le delicate dinamiche, che avevano dettato lo sviluppo

The delicate dynamics which had led to the initial develop-

no sembrano esser state dimenticate dai nuovi materiali,

seem to have been forgotten as a result of the use of new

ambientali.

the environment.

42


19. Veduta dall’alto della piana dei palmeti, le emergenze architettoniche ed urbane. Top view of the palm covered plains, architectural and urban emergencies.

43


20. Insediamento di Adrar, scheletri di abitazioni tradizionali in karshif. Adrar settlement, traditional karshif houses’ skeletons.

44


III. ARCHITETTURA DI SALE SALT ARCHITECTURE

Clima ed architettura Climate and Architecture “[…] Il clima dell’Egitto è quello tipico delle zone calde e aride, con un’escursione termica molto forte fra il giorno e la notte. Data la quasi totale assenza di nuvole che facciano da schermo, il suolo riceve una forte dose di radiazioni solari durante la giornata e libera buona parte di questo calore durante la notte. Ecco perché qualsiasi superficie direttamente esposta al sole, come il pavimento o le pareti e il tetto di un edificio, si riscalda moltissimo di giorno e deve irradiare calore di notte. Di conseguenza in questa regione le condizioni di vita più o meno gradevoli della gente all’interno degli edifici dipendono in buona parte dalle proprietà termiche dei muri e dei tetti. […]” 14 (Architecture for the poor_Hassan Fathy)

“[…] The climate of Upper Egypt is characteristic of a hot, arid zone, with a very wide difference between day and night temperatures. Because of the almost complete absence of cloud screening, the ground by day receives a great amount of solar radiation, while by night it radiates a great amount of heat out to the sky again. Thus any surface exposed to direct sunshine, such as the ground or the walls and roof of a building, heats up enormously during the day, and has to lose its heat during the night. Therefore the comfort of people inside buildings in this district depends largely upon the thermal properties of the walls and roof. […]” 14 (Architecture for the poor_Hassan Fathy)

Il concetto di sostenibile, apparentemente legato all’architettura del nuovo millennio, costituisce in verità un ritorno alle origini dell’arte del costruire, perché l’architettura nasce sostenibile; scavando nel passato si può scoprire come le abitazioni venissero costruite in funzione delle esigenze degli uomini che dovevano utilizzarle e delle condizioni ambientali e climatiche. In un contesto come quello siwano, l’utilizzo di materiali locali, la scelta dell’esposizione in funzione del riscaldamento e del raffreddamento passivo non si presentavano come scelte ma come l’unica possibilità di dialogare con una natura ostile. È stato infatti emozionante scoprire come le sinuose forme architettoniche di Shali, non abbiano avuto origine dall’estro di un architetto, ma dall’esigenza di un popolo di difendersi ed adattarsi all’orografia del proprio territorio. Il grande fascino delle architetture di terra consiste proprio nel rendere manifesta la propria naturale vocazione alla disgregazione della materia, denunciando lo scorrimento del tempo. Il grande fascino delle architetture di terra si manifesta proprio nella capacità di adattarsi alla naturale vocazione della materia di subire i processi di disgregazione, mostrando le stigmate dello scorrere del tempo.

The concept of sustainability which is apparently linked to the architecture of the new millennium actually constitutes a return to the origins of the art of building, because architecture was originally sustainable. By delving into the past one discovers how buildings were constructed to meet the requirements of the people who had to use them. They also had to be compatible with the environment and the climate. In a context such as that of Siwa, the use of local materials, the way buildings were exposed to provide passive heating or cooling was not a matter of choice but the only way to interact with a hostile nature. It was rather exciting to discover how the sinuous architectural forms of Shali were not the creation of a talented architect but rather the result of the requirements of a people who had to protect itself and adapt to the topography of the land. A fascinating feature of earth architecture is that it clearly shows its ability to adapt to the natural process of the disintegration of its materials and bear the stigmata of the passing of time.

14 Fathy H._Architecture for the poor_Jaka Book_Milano 1985

45


La casa siwana A Siwan house Il difficile accostamento della cultura e dell’etnia di Siwa con le altre oasi del Deserto Occidentale e, più in generale, con il resto dell’Egitto, si riflette nell’organizzazione dell’architettura domestica che presenta delle divergenze sostanziali. Se le antiche case-torre di Shali, purtroppo scomparse, erano assimilabili alle architetture yemenite, la tipologia abitativa siwana si distingue dalla casa araba soprattutto per l’assenza della corte interna come generatrice dell’intero sistema. Come osserva Adelina Picone: “[…] le stanze assumono funzioni differenti al mutare delle stagioni. Oltre al soggiorno degli ospiti, collocato al pianterreno accanto all’ingresso, esiste un secondo soggiorno estivo al primo piano esposto al nord. Lo schema che assegna a ogni piano una specifica funzione è invece molto rigido; infatti anche l’espansione della casa avveniva in verticale, aumentando il numero di piani col crescere delle esigenze di spazi. Gli ambienti di servizio, cucina e bagno, costituiscono un sistema a se stante, generalmente collocato in un patio scoperto addossato ad una parete esterna […] le finestre con funzione di veduta sono collocate in basso, in modo che si possa guardare fuori stando seduti, mentre per la ventilazione sono praticati fori in alto.” 15 L’abitazione tradizionale siwana è molto economica in quanto autocostruita utilizzando materiali provenienti esclusivamente dai giardini e dai laghi salati. Di solito dietro la casa c’è una zona per la cottura del pane, stah, in cui le donne utilizzano forni di argilla, tabunna, alimentati con rami di palma, all’ombra di una copertura anch’essa realizzata con fronde della stessa pianta. La distribuzione interna riflette la rigida distinzione fra i due sessi e mantiene la forte chiusura interna tipica della casa araba, collocando l’unica stanza in cui gli ospiti posso accedere proprio di fianco all’ingresso. 46

The tenuous juxtaposition of the Siwan ethnic group and its culture with the other oases of the Western Desert, and in more general terms, with the rest of Egypt, is reflected in the substantially different organisation of its domestic architecture. Although the ancient house towers of Shali, which have unfortunately disappeared, were akin to Yemenite architecture, the typical Siwan lodging can be distinguished from an Arab house mainly due to the lack of an internal courtyard at the heart of the entire system. As Adelina Picone says: “[…] The rooms take on different functions as seasons change. In addition to the sitting room for guests on the ground floor beside the entrance, there is a second north facing summer sitting room on the first floor. The plan which allocates a specific function to every floor is very rigid; indeed even the extension of a house is vertical, the number of floors is increased as more space becomes necessary. The utility areas such as the kitchen and bathroom are an independent entity, generally in an open patio placed against an external wall […] the windows used for looking out are built low down, so that it is possible to look out when sitting whereas ventilation is provided through holes pierced high up in the walls.” 15 The traditional Siwan home is very economical in that it builds itself with material taken exclusively from the gardens and the salt lakes. There is generally an area behind the house called stah which is used for baking bread, where the women use clay ovens called tabunnas fired by palm branches which are under the shade of a roof made of leafy branches from the same tree. The internal layout reflects the rigid separation of the two sexes and preserves the considerable degree of internal closure typical of the Arab house by placing the only room to which guests have access right beside the entrance. 15 Picone A._La casa araba d’Egitto_Jaca Book_Milano 2009


21. Abitazione ai piedi di Shali.

House at the foot of Shali.

22. Dakrur, la tradizionale struttura del mazallah con i pilastri troncopiramidali.

Dakrur, the traditional mazallah structure characterized by truncated pyramidal pilasters.

I mazallah The mazallahs Il mazallah è un’architettura semplificata, quasi archetipa, che rievoca le costruzioni megalitiche nell’essenzialità degli elementi verticali ed orizzontali. È frutto di una precisa necessità climatica che prevede l’assenza, nel tessuto tradizionale, di vuoti urbani come piazze e slarghi. Consiste in uno spazio coperto con la funzione di strada riparata o di vero e proprio salotto urbano. Una copertura realizzata da semi-tronchi e foglie di palma è sorretta da pilatri in karshif di forma tronco-piramidale ed in alcuni casi comprende delle sedute in muratura per ospitare i viandanti con anfore d’acqua, sabil, per dissetarsi. Storicamente, la funzione di questi luoghi era anche quella di punto di ritrovo del consiglio degli anziani, organo adibito all’amministrazione del bene comune, che in questo caso presentava spesso una forma circolare.

Mazallahs are a simplified quasi-archetypal form of architecture and are reminiscent of the essential vertical and horizontal elements of megalithic constructions. They are the product of a very precise climate requirement which does not allow any empty urban spaces such as squares or openings in the traditional fabric. These spaces have a roof over them providing sheltered roads or proper urban sitting rooms. The roofs are made of semi-logs and palm leaves supported by karshif pillars in the shape of truncated pyramids and in some instances seats in the walls are provided for the travellers with jars of water called sabils ready to quench their thirst. The historic function of these places was to provide a meeting area which was often circular in shape for the council of the elders which was the body in charge of the administration of the common good.

47


I materiali The materials .Il karshif

.Karshif

Nei depositi salini che si estendono attorno ai grandi laghi salati si formano, protetti da una friabile crosta di terriccio salmastro, dei cristalli allungati di colore bianco con notevoli inclusioni di sabbia ed altre impurità. Si tratta del celebre salgemma dell’oasi di Siwa che tanta parte ha avuto nell’antica economia di questo luogo e su cui abbondano i riferimenti letterari. È il materiale principale dell’edilizia tradizionale dell’oasi che si presenta sotto forma di blocchi irregolari estratti dai sedimenti che si formano sulle rive delle sebkha in seguito alla forte evaporazione. Come osserva finemente Struffolino: “[…] conosciuto in Epoca Classica come αλζ αμμωνιαχοζ e sal hammoniacus, ovvero il sale che si trovava nei pressi del tempio di Ammone nell’omonima oasi, questo prodotto non ha nulla a che vedere con il sale ammoniaco: il cloruro d’ammonio (NH4Cl) presente in natura attorno ai crateri vulcanici per la sublimazione dei gas […]. Per cercare di stabilire come e quando il nome del salgemma di Siwa sia passato ad indicare un composto così diverso come il cloruro d’ammonio e perché riecheggi anche nella denominazione ‘ammoniaca’ bisogna indagare nella letteratura scientifica ed erudita d’epoca medievale, dove si scoprirà che ad alcuni termini tecnici della tradizione medica araba furono assegnate delle imprecise corrispondenze negli scritti alchemici latini e romanzi; nella fattispecie la voce di possibile origine battriana nušadir, la cui etimologia sembra potersi ricondurre alla sfera semantica del fuoco e dei vulcani e che ha dato origine in molte lingue semitiche e slave ai termini con cui ancora oggi viene indicato il cloruro d’ammonio, è stata a un certo punto tradotta proprio con sal hammoniacus, denominazione di cui nel frattempo si era persa la consapevolezza del significato originale. […]” 16 Il materiale è stato studiato a fondo da Ugo Tonietti e Lu-

In the salt deposits stretching all around the great salt lakes long white crystals are formed under a protective crumbly crust of salty top soil with visible inclusions of sand and other impurities. This is the famous rock salt of the oasis of Siwa which played such an important role in the ancient economy of this place and for which there are so many literary references. It is the main traditional building material of the oasis and is in the form of irregular blocks hewn from the sediment formed along the banks of the sebkahs following significant evaporation. As Struffolino points out so appropriately: “[…] known in the Classical Period as αλζ αμμωνιαχοζ and sal hammoniacus, or the salt which is near the temple of Amun in the homonymous oasis, this product has nothing to do with ammoniac salt: Ammonium Chloride (NH4Cl) can be found in nature around volcano craters due to the sublimation of gas […] In order to establish how and when the word rock salt of Siwa began to be used for such a different compound as Ammonium Chloride, and why there are echoes of the word in “Ammonia”, one has to consult the scientific and erudite literature of the Middle Ages, where some technical terms of the Arab medical tradition were given vague corresponding words in the Latin and Romance writings on Alchemy. In this instance the term nušadir, possibly of Bactrian origin, the etymology of which seems to be associated with the semantic sphere of fire and volcanoes which gave rise in many Semitic and Slav languages to the words still used today to describe Ammonium Chloride, was translated at one stage as sal hammoniacus, although at that point in time the original meaning of the name was lost. […]” 16 This material was thoroughly studied by Ugo Tonietti

48

16 Struffolino S._L’oasi di Ammone, ruolo politico economico e culturale di Siwa nell’antichità_Aracne_Roma 2012


23. Grande blocco di karshif nei pressi di Aghurmi.

A massive karshif block in Aghurmi.

24. Tronco di ulivo nella parete utilizzato nei punti di debolezza strutturale.

An olive trunk used as structural support of the wall.

25. Shali, architrave in semitronchi di palma.

Shali, architrave made of palm half logs.

isa Rovero dell’Università di Firenze, che hanno scoperto la sua reale composizione: cristalli di cloruro di sodio (NaCl) con impurità di sabbia e argilla originati in seguito all’evaporazione dei sali che, con le frequenti tempeste di sabbia, si mescolano ad altri minerali come il quarzo, feldspato e calcite. .Il tilaght È un impasto di argilla con componente salina utilizzato sia come malta nella costruzione degli apparecchi murari che come intonaco. A seconda del tipo di legante utilizzato, si riconoscono due tipologie diverse di malta che si sono susseguite nella storia costruttiva di Siwa. Il tiin, utilizzato fino alla fine del XIX secolo, veniva estratto dalle colline intorno all’oasi, contiene un’elevata percentuale di argillite dal tipico color bruno verdastro e cristalli di gesso di diverse dimensioni. È proprio la presenza di questi cristalli, riconoscibili nell’antica fortezza di Shali, che permettono di identificare facilmente il materiale. Secondo la tradizione orale, prima di essere utilizzato nella muratura, veniva lasciato a mollo nell’acqua salata per circa dieci giorni riacquistando così la necessaria plasticità. Il tafla, l’attuale sostituto del tiin, è un tipo di argilla con forte componente salina che viene rinvenuto lungo la crosta salata intorno ai laghi. Si dice che fosse lasciato a decantare nell’acqua per l’intero tempo di germogliazione di un seme di dattero. .La palma “[…] L’Africa interna fino ai Garamanti e ai deserti è piena di palme notevoli per la loro imponenza e l’eccellenza dei loro frutti; le più celebri sono quelle nelle vicinanze del tempio di Ammone […]” 17 (Naturalis Historia_Plinius) La palma da dattero (Phoenix Dactylifera) è la più gran17 Plinio il Vecchio_Naturalis historia_a cura di G.B. Conte et Alii_Torino 1982

49


26. Case in karshif ai piedi di Shali.

Karshif houses at the foot of Shali.

27. La moschea è l’unico edificio di Shali non abbandonato.

The mosk is the only building still utilised in Shali.

28. Abitazione siwana, la corte con il forno per cuocere il pane.

A Siwan house, the bread oven in the courtyard.

and Luisa Rovero from the University of Florence, who discovered its real composition: Sodium Chloride crystals (NaCl) with sand and clay impurities produced as a result of the evaporation of salt which, because of the frequent sand storms, have blended with other minerals such as quartz, feldspar and calcite. .Tilaght Tilaght is a clay paste with a salt component used both as mortar for the building of wall structures as for plaster. The type of binder used allows one to distinguish between two different types of mortar used in two consecutive periods in the history of building in Siwa. Tiin was used up to the end of the XIX century and was extracted from the hills around the oasis. It contains a high percentage of mud-stone which is typically of a brown/greenish colour a well as chalk crystals of different sizes. It is precisely the presence of these crystals which can be seen in the ancient fortress of Shali that allows for the immediate identification of the material. According to the oral tradition, before being used for masonry purposes it was soaked in brackish water for about ten days so as to regain its suppleness. Tafla is the current substitute for tiin. It is a type of clay with a substantial salt component which is recovered from the salt crust surrounding the lakes. It is said that it is left to decant in water for as long as it takes a date seed to sprout. .The Palm Tree “[…] Internal Africa as far as the Garamantic mountains and the deserts is full of palms well-known for their majesty and their excellent fruit; the most famous ones are those close to the temple of Amun. […]” 17 (Naturalis Historia_Plinius) 50


de ricchezza dell’oasi ma, nonostante nell’immaginario comune sia associata al deserto del Sahara, è necessario sottolineare che non è una pianta spontanea di quest’area ma il risultato della domesticazione. “[…] Ogni palmeto del deserto è stato piantato e amorosamente curato e irrigato. […] I luoghi e le date di prima domesticazione della palma sono difficili da stabilire. Le origini di questa pianta affondano nei miti dell’isola fortunata, della terra dei beati, dei primi giardini paradisiaci. I sumeri e gli egizi chiamavano Dilmun l’isola edenica dove per la prima volta fu prodotta la palma domestica, fondamento dell’esistenza di ogni oasi. Il luogo mitico è stato identificato con Bahrein, nel Golfo arabico-persico. […] Si confermerebbe così il mito antico dell’origine in un’isola […]”. 18 La struttura del legno di palma, a fasci di fibre parallele, si differenza da quella anulare che caratterizza gli altri alberi, rendendola difficilmente lavorabile e poco resistente a flessione. Il tronco può essere alto fino a trenta metri mentre le foglie sono pennate, rigide, di colore verde scuro, lunghe fino a cinque metri. Nell’architettura siwana è principalmente utilizzata sotto forma di semi-tronchi per travi e solai ma è ingegnoso il modo in cui ogni parte della pianta viene sfruttata per svariati scopi. Con le sue foglie si preparano trecce da cui si formano cesti, stuoie, ventagli e numerosi oggetti di uso quotidiano. Con le fibre alla base delle foglie, si fanno resistenti corde utilizzate in architettura, nei trasporti e nell’artigianato. I rami vengono utilizzati nelle case e nei giardini per creare recinti, pareti, tetti , sedie e tavoli e gabbie per il pollame. Quando il dattero è appena in fiore, i pistilli producono una materia utilizzata nei bagni per detergere il corpo mentre i datteri secchi possono essere ridotti in farina. Facendo fermentare i datteri con acqua si ottiene invece una ricca bevanda alcolica. Le palme che non danno frutti vengono in genere abbattute e dalla sommità del tronco si estrae il cuore di palma di cui i siwani vanno ghiotti.

The date palm tree (Phoenix Dactylifera) is the greatest source of wealth of the oasis. Contrary to the popular belief which associates this tree with the Sahara Desert, it should be pointed out that it does not grow spontaneously in this area and indeed is the result of domestication. “[…] In the desert each palm-grove has been planted and lovingly tended and watered. […] The places and the dates of the early domestication of palm trees are not easy to establish. The origins of this plant date back to the myths of the fortunate island, of the earth of the blessed souls and of the first paradise gardens. The Sumerians and the Egyptians called Dilmun the Edenic island where the first domestic palm tree was produced as the basis of the existence of each oasis. This mythical place has been identified with Bahrein, in the Arabian-Persian Gulf. […] This would confirm the ancient myth of Eden being on an island, […]” 18 The structure of palm wood, in layers of parallel fibres as opposed to the annular shape which characterises other trees, makes it difficult to work with nor does it bend very easily. A trunk can measure up to thirty metres whereas the leaves are like feathers, rigid and dark green and can be up to five metres in length. It is mainly used in Siwan architecture in the form of half logs for beams, rafters and ceilings. What is particularly clever is the way each and every part of the tree is used for a variety of purposes. Its leaves are used to weave baskets, mats, fans and many other items used every day. The fibres at the base of the tree are used to produce sturdy ropes for architecture, transport and the crafts. Its branches are used in houses and gardens to build fences, walls, roofs, chairs, tables, and poultry cages. When the date trees are in bloom, they produce pistils which are used as a body wash in baths whereas dried dates can be ground into flour. A rich alcoholic drink can be obtained by fermenting dates in water. Palm trees which do not bear fruit are generally felled and the heart of the palm, a very popular delicacy with the Siwans. is extracted from the top of the trunk.

18 Laureano P._Atlante d’acqua: conoscenze tradizionali per la lotta alla desertificazione_Bollati Boringhieri_Torino 2001

51


.L’ulivo

.The olive tree

Il legno di ulivo, altra risorsa disponibile in grande quantità, ha una tessitura finissima, è duro e compatto ma presenta una fibratura tormentata ed irregolare che lo rende di difficile utilizzo come materiale da costruzione. Vista l’impossibilità di ricavarne tavole regolari di una certa lunghezza, viene utilizzato occasionalmente in vari elementi architettonici. Nell’edilizia storica compare come elemento di connessione trasversale della muratura oppure come giunzione nei punti di discontinuità geometrica. È evidente il suo utilizzo negli angoli e nei punti in cui le antiche mura di Shali cambiavano curvatura. In piccoli edifici può sostituire la palma nell’orditura principale dei solai e spesso è impiegato nella realizzazione degli impalcati delle scale.

Olive wood is another resource available in vast quantities; it has a very fine texture and although it is hard and compact it has a wild and irregular grain which makes it difficult to use as a building material. Since it is not possible to obtain regular sized planks of a given length, it is only used occasionally in a number of architectural elements. In historical buildings it appears as a horizontal joining element in brickwork or as a joint in gaps in the structure. Its use in corners is visible and in parts of the ancient walls of Shali where there is a change in the curve. It can replace palm wood in small buildings in the main structure of the ceiling and is often used as a support for stairs.

La tradizione costruttiva The building tradition .Le fondazioni

.The foundations

Nell’edilizia storica le abitazioni venivano realizzate sulle alture rocciose, dove il terreno più portante e l’assenza di umidità di risalita permettevano un attacco diretto a terra. In questo caso, la muratura di karshif, che presenta una larghezza maggiore alla base, poggia direttamente su un battuto di terra. Il piano di calpestio è realizzato con strati successivi di sabbia e rifinito con boiacca di cemento. Nelle aree della piana dei palmeti, dove il terreno è inconsistente e molto umido, si è da sempre resa indispensabile la creazione di un cordolo di fondazioni, realizzato con la locale pietra rossa sedimentaria e malta cementizia ed isolato dalla muratura sovrastante attraverso

Historical buildings were constructed on rocky high grounds where the load bearing capacity of the land was greater and there was no humidity rising to the surface thereby enabling direct adhesion to the land. In this case the karshif walls which were wider at the base were placed directly onto trodden earth. The walk-over flooring or walking surface was made with a series of layers of sand finished with cement grout. In the palm grove areas on the plain, where the earth is loose and very damp, the building of foundation curbs has always been essential. These were built with the local red sedimentary stone and cement mortar and insulated

52


uno stuoino o guaina. L’intero scavo viene riempito con sabbia e materiale di risulta e rifinito con terra battuta e boiacca di cemento.

from the wall above by a mat or a sheath. All of the excavated area is filled with sand and demolition material and covered with beaten earth and cement grout.

.La muratura

.The brickwork

La muratura tradizionale, realizzata con blocchi irregolari di karshif e tilaght, richiede il lavoro simultaneo di un maleem (muratore che padroneggia la tecnica) e due manovali. Procede come una danza in cui i due aiutanti porgono alternativamente una pietra ed un po’ di tilaght al maleem che, afferrati con fermezza, li dispone nella muratura. Il ritmo, dettato dal maestro muratore, sembra essere la vera garanzia della corretta esecuzione. L’assoluta particolarità di questo sistema costruttivo, è la formidabile compattezza che la muratura acquista in seguito all’essiccazione, assumendo le proprietà strutturali di un unico conglomerato. Questo avviene per il processo di cristallizzazione del cloruro di sodio che passa dal materiale a concentrazione maggiore, il karshif, a quello a concentrazione minore, il tilaght. Nell’antica muratura di Shali è ormai impossibile distinguere i due materiali. La parete può essere rifinita con uno strato d’intonaco dello stesso tilaght, che viene applicato a mano e necessita di una manutenzione costante per contrastare il deterioramento provocato dal vento e dalla pioggia. Gli studi del professor Tonietti hanno portato all’individuazione, nel tessuto storico di Shali, di tre tipologie diverse di parete, per spessore e composizione interna. I muri più spessi, che possono arrivare fino a due metri di larghezza, presentano una muratura a sacco con un nucleo interno fatto di blocchi di karshif, meno selezionati rispetto all’esterno, e di una minore quantità di malta. È significativo l’utilizzo di tronchi di ulivo come elementi di giunzione trasversale dei vari strati della muratura e nei

In traditional masonry irregular blocks of karshif and tilaght are used and require the services of both a maleem (skilled worker who masters the technique) and two ordinary labourers at the same time. The process can be compared to a dance in which the two assistants hand alternately a stone and some tilaght to the maleem who grasps them firmly and places them on the wall. The rhythm is established by the head mason who appears as the guarantor, there to make sure the job is done properly. The peculiarity of this building method is the extremely compact nature of the brickwork obtained after drying which gives it the same structural characteristics of a single conglomerate. This is the result of the process of crystallisation of the Sodium Chloride which goes from a material in which it has the highest concentration, i.e. karshif, to one where it has the lowest concentration, tilaght. The old masonry of Shali no longer enables one to distinguish between the two materials. The wall may be finished with a layer of plaster made of tilaght which is applied by hand and requires constant maintenance in order to fight off the deterioration caused by the wind and rain. Professor Tonietti’s studies have enabled us to identify in the historical fabric of Shali three distinct types of wall which differ in thickness and internal composition. The thicker walls can reach two metres in width and contain rubble masonry with an internal core consisting of karshif blocks which are less carefully chosen compared to the outside and contain smaller quantities of mortar. Also worthy of note is the use of olive logs as transverse joints in different layers of the brickwork and in the places 53


punti in cui cambia l’orientamento della parete da concava a convessa.

where the direction of the wall changes from concave to convex.

.I solai

.The horizontal structure

L’orditura principale dei solai è costituita da travi realizzate con semi-tronchi di palma disposti con la parte piatta verticale. Ogni impalcato è retto da una coppia di travi affiancate disposte in modo che le parti rotonde si fronteggino. A causa della scarsa resistenza alla flessione del legno di palma la luce fra due muri portanti non supera mai i tre, quattro metri. Nel caso il solaio sia calpestabile, l’orizzontamento è realizzato in semi-tronchi di palma disposti con la parte piatta in basso. Gli interstizi fra i semi-tronchi sono riempiti con calcinacci e cunei di legno, poi è applicata una stuoia di foglie di palma ed infine uno strato di terra riportata. Il solaio non si appoggia quasi mai direttamente al muro ma su una trave affiancata alla parete trasversale. Se il solaio non è praticabile ha una struttura più leggera costituita da un irrigidimento in canne lacustri legate fra loro, coperto da uno strato di foglie di palma sul quale viene stesa la solita finitura in terra riportata. L’appoggio della trave al muro costituisce un punto di notevole debolezza documentato dalla presenza di numerose lesioni del karshif in corrispondenza dei punti di appoggio.

The main ceiling structure consists of palm half logs the flat part of which is positioned vertically. Each deck is supported by a pair of beams placed beside each other with the round parts facing in. Because of the poor bending strength of palm wood the span between the loadbearing walls never exceeds three or four metres. If the surface above the ceiling is to be walked on the floors are made of palm half logs placed with the flat part facing down. The area between the half logs is filled with rubble and wooden wedges. A mat of palm leaves is then applied and in turn covered with a layer of earth. The ceiling is hardly ever placed directly adjoining the wall but on a beam positioned on the side wall. If the upper layer is not a floor the structure is lighter and made with reeds from the lake which are bound together and covered with a layer of palm leaves which are again covered by the same earth finish. The support of the rafters on the wall is an area of considerable weakness as can be seen by the presence of several damaged parts of karshif corresponding to these support points.

.La scala

.The stairs

Nella scala tradizionale, la prima rampa è realizzata con blocchi di karshif di varie dimensioni, accatastati per strati successivi e contenuti da una camicia muraria in karshif e tilaght. Nelle rampe successive travi di ulivo sostengono un impalcato di semi-tronchi di palme coperto da schegge di karshif e finito con uno strato di boiacca di cemento.

The traditional staircase consists of a first flight made with blocks of karshif of different sizes placed on top of each other in a number of layers and contained in a wall of karshif and tilaght. The other flights contain olive beams which support a deck of palm half logs covered with pieces of karshif and finished with a layer of cement grout.

54


29, 30. Nuova abitazione in “stile siwano”, è stata recuperata la tecnica tradizionale del karshif con aggiornamenti costruttivi ed estetici.

A new house in “Siwan style“, the traditional karshif technique has been recovered with building and aesthetic updates.

31. Ecolodge di Adrère Amellal, gli spazi sono scavati sul fianco della collina.

The Ecolodge in Adrère Amellal, the living spaces have been dug out of the hillsides.

55


I nuovi materiali New materials Osservando la piana dei palmeti dall’altura di Shali risulta evidente che qualcosa si è spezzato in quel sottile equilibrio che per secoli ha guidato lo sviluppo dell’oasi. Emergono i nuovi materiali che lentamente rischiano di sostituire il karshif per la loro maggiore economicità e per una dilagante illusione di progresso. Fra tutti domina il così detto tobe consistente in mattoni bianchi ricavati dalla locale pietra calcarea, eventualmente rivestiti con uno strato che simula un finto karshif. La loro facile reperibilità ed il basso costo ne hanno fatto, insieme al cemento armato, il nuovo materiale da costruzione di Siwa. La tradizione del karshif sta comunque riuscendo a sopravvivere soprattutto grazie agli stranieri stabilitisi nell’oasi, anche se non raramente accade che famiglie siwane abbandonino le nuove case in cemento, per tornare nelle vecchie molto più efficienti da un punto di vista climatico.

56

By looking down over the plain of palm groves from the high grounds of Shali it becomes apparent that something in the subtle equilibrium which has guided the development of the oasis for centuries has been shattered. New materials are slowly but surely emerging and could replace karshif because they are cheaper and due to a widespread misconception of progress. The dominant material is what is known as tobe and consists of white bricks hewn from the local limestone and possibly coated with a layer of fake karshif. These are easy to find and economical which is why, along with reinforced concrete, they have become the new building material of Siwa. The karshif tradition is still alive largely thanks to the foreigners who have settled in the oasis although it is not infrequent for Siwan families to abandon their new houses in cement only to go back to their previous residences which are far more efficient from a climate point of view.


32. Ecolodge di Adrère Amellal, un solaio contemporaneo in mattoni di sale e travi ricoperte di corda di palma. The ecolodge in Adrère Amellal, a contemporary ceiling made of salt bricks and beams wrapped in palm ropes.

57


33. Dettaglio costruttivo delle fondazioni, attacco a terra diretto. (da “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) Building detail of the foundations, direct embedded foundation. (from “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) 34. Dettaglio costruttivo delle fondazioni, attacco a terra con cordolo. (da “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) Building detail of the foundations, foundation spandrel beam. (from “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli)

58

1. 2. 3. 4. 5.

Muratura in karshif e tilaght Intonaco di calce e sabbia o tilaght Stesa di boiacca di cemento Battuto di terra riportata e sabbia a strati Terreno coerente

1. 2. 3. 4. 5.

Karshif and tilaght masonry Plaster of lime and sand or tilaght Cement grout spreading Ground and sand screed arranged in layers Cohesive soil

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Muratura in karshif e tilaght Malta di cemento Blocco di pietra rossa sedimentaria Battuto di terra riportata Stesa di boiacca di cemento Sabbia riportata Terreno coerente

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Karshif and tilaght masonry Cement mortar Block of sedimentary stone Ground screed Cement ground spreading Restored sand Cohesive soil


35. Dettagli costruttivi delle murature, murature in karshif. (da “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) Building details of the masonry, karshif masonry. (from “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) 36. Dettagli costruttivi delle murature, terrapieno. (da “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) Building details of the masonry, embankments. (from “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) 1. 2. 3. 4.

Intonaco di calce e sabbia o tilaght Tassello in karshif per l’adesione dell’intonaco Malta di tilaght Blocco di karshif

1. 2. 3. 4.

White coat or lime and sand plaster Karshif plug for the adhesion of the white coat Tilaght mortar Karshif block

1. 2. 3. 4. 5.

Ripianamento interno in tilaght Calpestio in terra riportata e sabbia Malta di tilaght Camicia muraria di contenimento Blocchi di karshif

1. 2. 3. 4. 5.

Internal levelling in tilaght Ground surface made of restored ground and sand Tilaght mortar Containment coating of the embankment Karshif blocks

59


60


37, 38, 39. Dettagli costruttivi dei solai, solaio in semi-tronchi di palma. (da “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) Building detail of floors, floors made of palm half logs. (from “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli)

1. 2. 3. 4.

Orizzontamento in semi-tronchi di palma Travi in semi-tronchi di palma Riempimento in legni, calcinacci o fibre di palma Copertura in strati di terra ed eventualmente una stuoia di foglie di palma 5. Travi in semi-tronchi di palma 6. Cunei in legno di palma 7. Foglie di palma, calcinacci, detriti 8. Muratura in karshif 9. Cunei di legno di palma, calcinacci, detriti 10. Orizzontamento in semi-tronchi di palma 11. Travi in semi-tronchi di palma 1. Ceiling made of palm semi-logs 2. Beams made of palm semi-logs 3. Infilling with wood, rubble or fibres of palm tree 4. Covering of ground layers and a mat made of palm leaves 5. Beams made of palm semi-logs 6. Wedges made of palm tree wood 7. Palm tree leaves, rubble, debris 8. Karshif masonry 9. Wedges made of palm tree wood, rubble debris 10. Ceiling made of palm semi-logs 11. Beams made of palm semi-logs

61


62


40, 41. Dettagli costruttivi dei solai, solaio in tronchi e foglie di palma. (da “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli) Building detail of floors, floors made of palm logs and leaves. (from “Oasi di Siwa azioni per lo sviluppo sostenibile”_Attilio Petruccioli)

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Battuto di terra Irrigidimento in foglie di palma e canne di bambù Travi in semi-tronchi di palma Orizzontamento in foglie di palma Battuto di terra Travi in semi-tronchi di palma Secondo strato di incannucciato

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Ground screed Stiffening made of palm leaves and bamboo canes Beams made of palm semi-logs Ceiling made of palm leaves Ground screed Beams made of palm semi-logs Second layer of a canes support

63


IV. IN UN RECINTO PROTETTO IN A PROTECTED ENCLOSURE

42. Il giardino, vista della sorgente circolare con il profondo canale di drenaggio e i riquadri per le coltivazioni (hattia). The garden, view of the circular spring, the deep dreinage canal, the plots for the cultivations.

“[…] Le leggende collocano il luogo d’origine dell’umanità in un recinto protetto, nel grembo materno che custodisce la vita […]”. 19

“[…] Legends place the origin of mankind in a protected enclosure, in the maternal womb which protects life […]”. 19

È stato scritto che l’uomo nasce in un giardino e tutto sembra indicare che i giardini degni di questo nome abbiano origine ai margini del mondo occidentale sugli altopiani di Persia e di Media. È estremamente suggestiva l’idea di un re achemenide che crea un giardino fertile da terre aride, portando simmetria ed ordine fuori dal chaos. A Pasargadae, nei giardini reali, Ciro il Grande duplica il paradiso divino in terra. La parola avestica pairidaēza, in persiano antico paridaida (giardino fortificato), fu tradotta in greco come paradeisoi ed in latino paradisus, per poi entrare nelle lingue europee come paradis, paradise, paradiso. Le prime testimonianze ci mostrano i giardini più antichi proprio in mezzo al deserto come se gli uomini avessero iniziato ad apprezzare quest’arte soltanto là dove le condizioni ambientali sembravano volerli bandire per sempre, rendendo queste fragili colture asili di fertilità e frescura, grazie a cure sapienti e ad una costante irrigazione. È proprio all’interno di un alto recinto di foglie di palma intrecciate che questo antico ricordo affiora sulla superficie piatta dell’acqua, pronta per riversarsi nei canali ed inondare le colture. È soltanto in virtù di questo potere evocativo che il progetto ha preso le mosse e si è gradualmente definito.

It has been written that man was born in a garden and everything seems to suggest that such gardens are to be found at the edges of the western world on the plateaus of Persia and Media. It is particularly inspiring to think an Achaemenid king created a fertile garden from barren land and produced symmetry and order from chaos. In the royal gardens of Pasargadae Cyrus the Great reproduced paradise on earth. The Avestan word pairidaēza, in ancient Persian paridaida (fortified garden), was translated into Greek as paradeisoi and into Latin as paradisus entering the European languages as paradis, paradise, paradiso. The first available evidence shows us the most ancient gardens in the very heart of the desert as if man had begun to appreciate this art only where environmental conditions seemed to wish to ban him for ever. The fragile arable land was transformed into cool, fertile places of refuge thanks to man’s attentive care and constant irrigation. It is exactly here, inside the high enclosure of woven palm leaves that the memory of these ancient times comes up to the smooth surface of the water, ready to flow into the canals and inundate the crops. It is purely due to the sheer evocative power of this place that this project began to shape up and gradually become more defined.

64

19 Grimal P._L’arte dei giardini: una breve storia_Universale Economica Feltrinelli_Roma 2005


65


Localizzazione Localisation La strada che arriva da Marsa Matruah si insinua tra Birket Siwa e Birket Aghurmi e, giunta vicino a Shali, piega dolcemente verso ovest in direzione dell’isola di Fatnas. Qui si estende un’ampia area coltivata, suddivisa in unità denominate giardini. Questi sono ulteriormente suddivisi in parcelle più piccole chiamate hattia e collegate ai pozzi per l’irrigazione, un tempo naturali, oggi scavati artificialmente. L’acqua utilizzata per l’irrigazione è salmastra e le coltivazioni, con qualche rara eccezione, sono limitate alla palma da datteri e all’ulivo. I giardini comprendono un articolato sistema di drenaggio che, attraverso alcuni canali principali, porta l’acqua fino al lago salato di Birket Siwa, dove si immette attraverso un recente sistema di pompaggio.

The road goes from Marsa Matruah and winds through Birket Siwa and Birket Aghurmi and when it comes close to Shali it bends gently westwards towards the island of Fatnas. There is a large area here which is cultivated and subdivided into units called gardens. These are further subdivided into smaller plots called hattias and irrigated by wells which were once natural and are now dug by man. The water used for irrigation is brackish and apart from some rare exceptions, the only crops are date palms and olive trees. The gardens are equipped with a well distributed drainage system which directs the water through main canals towards the salt lake of Birket Siwa. The water is channelled into the lake by means of a recently installed pumping system.

Il rilievo Measurements Il giardino (75x91m), di forma quasi rettangolare, è circondato sui quattro lati da un recinto di foglie di palma intrecciate che si apre a nord in due punti, per consentire l’accesso dalla strada che giunge da Marsa Matruah; sugli altri tre lati è circondato da giardini della stessa tipologia. È difficile risalire alla sua origine anche se è possibile che abbia assunto la forma attuale intorno agli anni ’50.

The garden is nearly rectangular in shape (75×91m). It is surrounded on its four sides by a fence of woven palm leaves, with two openings on its northern side to allow access to the road from Marsa Matruah. The remaining three sides are surrounded by gardens of the same type. The origin of this garden is difficult to determine although it is possible that it acquired its current shape in the fifties.

.Il sistema d’irrigazione

.The irrigation system

Nel giardino, minuziosamente progettato per consentire lo scorrimento dell’acqua per gravità, sono riconoscibili due indipendenti sistemi d’irrigazione e di drenaggio. Nella sorgente circolare (diametro interno 5.3 m), in parte scavata nella roccia ed in parte in blocchi di cemento,

In the garden, which was meticulously designed to allow water to flow by the force of gravity, two independent irrigation and drainage systems can be recognised. In the circular spring (internal diameter 5.3 m), partly dug into the rock and partly in blocks of cement the water flows from a depth

66


43. Veduta aerea, inquadramento del giardino. La strada che arriva da Marsa Matruah supera le colline di Adrar e Shali (a destra), interseca il grande canale di drenaggio e proseguendo verso Birket Siwa, giunge al giardino (sinistra).

View from above, localisation of the garden. The road from Marsa Matruah to Birket Siwa passes Adrar and Shali hills (right) and crossing the big drainage canal, reaches the garden (left).

67


44. Rilievo, planimetria con il sistema d’irrigazione e gli edifici esistenti. Survey plans, the irrigation system and the existing buildings.

68


45. Rilievo della vegetazione nel giardino. Vegetation survey in the garden.

69


l’acqua sgorga da un livello approssimativo di -3 m sotto il livello 0 della strada ed è regolata da un troppopieno a +0.8 m. La temperatura dell’acqua, misurata il 18 settembre, risulta costante durante tutto il giorno anche se la percezione varia notevolmente in relazione all’escursione termica. Due scalinate scendono in direzione opposta verso il fondo, dove si può scorgere l’acqua sgorgare da una grande roccia. La sorgente è il punto del giardino in cui l’acqua raggiunge l’altezza maggiore proprio per consentire lo scorrimento naturale per gravità nella grande riserva rettangolare (15x13 m). Quest’ultima, costruita con i soliti blocchi di cemento, è profonda 90 cm e l’acqua raggiunge il livello di +0.7 con un troppo pieno a nord che la disperde direttamente nel terreno. Un muro in pietra rossa, dello spessore approssimativo di 60 cm, corre tutt’intorno allo specchio d’acqua con la funzione di contenimento. Tre aperture circolari (diametro circa 20 cm), tamponate con dei panni vengono all’occorrenza aperte per far defluire l’acqua nei tre principali canali d’irrigazione. Un terzo ambiente (4x2.8 m) vicino alla sorgente, racchiuso fra pareti di cemento alte 1.6 m, era probabilmente adibito a bagno delle donne che potevano immergersi nell’acqua al riparo da sguardi indiscreti. Un piccolo canale mette questo ambiente in diretta comunicazione con la sorgente ed un’apertura circolare permette il deflusso dell’acqua nel canale di drenaggio. Una seduta profonda 70 cm, sempre di cemento, costeggia all’interno il muro perimetrale sui quattro lati. Dalla riserva centrale si dipartono tre canali, in direzione nord, sud e ovest, che diramandosi portano l’acqua in tutto il giardino. Il terreno è diviso in lotti più piccoli di dimensioni variabili, hattia, che contengono uno o due ulivi ciascuno e vengono irrigati per allagamento. Le palme, le cui radici affondano in profondità nel terreno, non hanno bisogno di essere irrigate e sono dunque collocate al 70

of about three metres below the level of the road (which is at level zero) and is regulated by an overflow mechanism at +0.8 m. The water temperature was measured on 18 September and remained constant all day although the perceived temperature varied according to the outdoor temperature range. Two sets of stairs go down in opposite directions towards the bottom where the water can be seen springing from a large rock. It is at the spring that the water reaches its highest point in the garden thereby allowing it to flow naturally by gravity into a large rectangular reservoir (15×13 m). The latter is built with the usual blocks of cement and is 90 cm deep. The water reaches a level of +0.7 with an overflow towards the north enabling the water to flow directly into the soil. A wall in red stone about 60 cm thick surrounds the water and contains it. Three round openings (diameter about 20 cm) are filled with cloth and when necessary are opened to allow the water to flow into the three main irrigation canals. A third space (4×2.8 m) close to the spring and closed in between cement walls 1.6 m high was probably the women’s’ bathing area as they could slip into the water away from curious eyes. A small canal connects this area directly to the spring and a round opening directs the water into the drainage canal. A sitting area in cement and 70 cm deep was built into the inner side of the four outer walls. Three canals stem from the central reservoir and branch out north, south and westwards supplying water to the entire garden. The land is divided into small plots which vary in size called hattias. Each one contains one or two olive trees and is irrigated by flooding. The roots of palm trees reach deep down into the earth and therefore do not need watering which is why they are located outside the hattias.


di fuori degli hattia. Quando viene preparato un nuovo hattia, occorre bonificare il terreno rimuovendo un primo strato di terra, della profondità di circa un metro, sostituendolo con una miscela di sabbia del deserto e letame maturo. Prima di procedere alla semina, il nuovo substrato viene più volte allagato con acqua dolce. La capienza della riserva d’acqua è di circa 136.000 l, insufficiente ad irrigare simultaneamente tutti gli hattia che devono dunque essere allagati a settori, grazie ad un sofisticato sistema di chiuse realizzate con pietre rosse locali. Un sistema di canali di drenaggio, più profondi rispetto a quelli d’irrigazione, circonda l’intero perimetro del giardino dividendolo nettamente in due parti in direzione nord-sud; in tali canali confluisce l’acqua che dal troppopieno della riserva defluisce verso Birket Siwa. L’intero sistema d’irrigazione è perfettamente funzionante con l’eccezione del troppo pieno della riserva che disperde direttamente nel terreno.

For the preparation of a new hattia the land is reclaimed by removing the top layer of soil which is about one metre deep and replacing it with a mixture of desert sand and mature manure. Before proceeding with sowing this new layer is flooded several times with fresh water. The capacity of the water reservoir is approximately 136.000 l and is insufficient to irrigate all the hattias at the same time which is why flooding is organised in sectors thanks to a sophisticated system of sluice gates built in the local red stone. A system of drainage canals, which are deeper than the irrigation canals, surrounds the entire perimeter of the garden clearly subdividing it into two parts in a north south direction. The water from the reservoir overflow enters these canals and continues on towards Birket Siwa. The entire irrigation system is in perfect running order except for the reservoir overflow which just allows the water to seep into the ground.

.La vegetazione

.The vegetation

Gli ulivi (zaytūna) che raggiungono un’altezza compresa fra i sei e i sette metri vengono irrigati per allagamento; sono 111 di cui 107 della varietà hamed destinati al consumo di olive e 4 della varietà wateken per la produzione di olio. Originariamente ne erano stati piantati due in ogni hattia ma alcuni sono stati abbattuti. Le palme da dattero (phoenix dactylifera), in arabo nakhla, sono 32: 13 della varietà azzawi (úšik in siwi), 9 saεidi, 5 frehi (alkak in siwi), 2 zaγlul (zuwaγ in siwi) e 3 dakar (il maschio fondamentale per l’impollinazione). Iniziano a fruttificare intorno al decimo anno di vita e la produzione ottimale si estende fino al venticinquesimo anno dopo il quale vengono abbattute. Ogni pianta fornisce mediamente 50 kg di datteri all’anno e la raccol-

The olive trees or zaytūna reach a height of between six and seven metres and are irrigated by flooding. Of the 111 trees, 107 are of the hamed variety and produce table olives. Four of them are of the wateken variety and produce olives used for making oil. Originally two were planted in every hattia however some have been felled. There are 32 date palms (phoenix dactylifera), called nakhla in Arabic; 13 of the azzawi variety (Úšik in Siwi), 9 saεidi, 5 frehi (alkak in Siwi), 2 zaγlul (zuwaγ in Siwi) and 3 dakar (the male tree which is fundamental for pollination). They start to bear fruit when they are about ten years old and optimum production is reached up to the twenty-fifth year after which they are cut down. Each tree produces an average of 50 kg of dates a year which are hand picked. The harvesters 71


ta, manuale, effettuata arrampicandosi sui tronchi delle piante mediante cinture realizzate con fibre di palma si ottiene scuotendo i rami che lasciano cadere i datteri,in seguito selezionati, su teli posti alla base dell’albero. Le palme aggiungono altezze fra gli otto e i dieci metri, ad eccezione dei frehi che possono arrivare anche a tredici. Gli altri alberi presenti nel giardino sono 2 fichi (tin), 1 eucalipto (cafoor), 2 meli (tfaa) e 1 melograno (roman). .Gli edifici esistenti All’interno del recinto ci sono attualmente tre edifici di servizio di recente costruzione ed in parte non terminati. Vicino allo spogliatoio delle donne, adiacente alla recinzione perimetrale, c’è un piccolo volume, alto 2.7 m, con funzione di deposito-cucina. È costituito da una muratura in tobe, impostata su un cordolo di fondazione in pietra sedimentaria rossa. Un’orditura di travi di ulivo, aggettanti dalle pareti, sostengono una copertura di canne e foglie di palma, coperte da uno strato di terra battuta. Recentemente è stata aggiunta una struttura per l’ombra in foglie di palma intrecciate con canne lacustri orizzontali con funzione d’irrigidimento. L’edificio è utilizzato sia come deposito di piccoli utensili che come spazio in cui poter cucinare e mangiare. L’assenza di elettricità all’interno del giardino prevede l’accensione di un focolare nella zona esterna antistante. Sul lato est della grande riserva d’acqua è stata iniziata nel 2011 e mai terminata la costruzione di un mazallah in tobe e mattoni di laterizio. Otto pilastri perimetrali di 50x50 cm ed altri quattro centrali di 40x30 cm, con una luce media di 2.6 m, sostengono un’orditura tradizionale in semi-tronchi di palma. L’idea era quella di creare un luogo ombreggiato da cui godere la vicinanza dello specchio d’acqua con uno spazio centrale per il focolare. 72

strap themselves to the trunks with belts made of palm fibre and climb up the tree in order to shake the branches. The dates fall onto nets placed at the foot of the tree where they are then sorted. These trees reach a height of between eight and ten metres with the exception of the frehis which can grow up to thirteen metres. The other trees in the garden are two fig trees (tin), a eucalyptus (cafoor), two apple trees (tfaa) and a pomegranate (roman). .The existing buildings Within the fenced-in area there are currently three recently

constructed utility buildings which have not been completely

finished. Close to the women’s changing rooms and beside

the outer fence, there is a small space (volume) of 2.7 m in height which is a kitchen cum store room. It is built with tobe

masonry and placed on a foundation girder of red sedimen-

tary stone A series of olive beams jut out from the walls and support a layer of canes and palm leaves which in turn are covered by a layer of trampled earth. A roof creating shade

was recently added and is made of palm leaves plaited with

reeds from the lake to make it stiffer. The building is used as a store room for small utensils as well as an area in which to

cook and eat. Due to the lack of electricity inside the garden an outside fire may be lit in front of it.

On the eastern side of the large water reservoir there is a

mazallah in tobe and bricks which was started in 2011 but never finished. Eight pillars of 50×50 cm on the perimeter and another four central ones measuring 40×30 cm, with an average span of 2.6 m support the traditional frame in palm

semi logs. The idea which was never fully completed was

to create a shaded area in which to enjoy the vicinity of the


46. Rilievo della vegetazione nel giardino. Vegetation survey of the garden.

p.

u.

Phoenix Dactylifera .azzawi

13

.saÎľidi

9

.frehi

5

.zaÎłlul

2

.dakar

3

Olea Europaea .hamed

107

.wateken

4

32

111

m.

Malus Sylvestris

2

f.

Ficus Carica

2

e.

Eucalyptus Camaldulensis

1

me.

Punica Granatum

1

b.

Bambuseae

me

p

f

u

m

e

b

73


74


47. Il giardino, veduta intorno alla grande riserva d’acqua. Sulla destra la sorgente circolare, al centro il “bagno delle donne�, a sinistra la mazallah non terminata in tobe e laterizio. The garden, view around the large water reservoir. The circular spring in the right, the women’s bath in the center, the uncompleted tobe and bricks mazallah in the left.

75


48. Il giardino, l’acqua sgorga abbondante dal fondo della sorgente circolare e scorre nella grande riserva dove attende di irrigare le coltivazioni.

L’attacco a terra dei pilastri presenta dei plinti circolari di cemento. Un ultimo volume con la funzione di bagnodeposito è situato nell’angolo nord-ovest del giardino in prossimità dell’entrata secondaria; come il precedente, presenta una muratura in tobe con un cordolo di fondazione in pietra rossa per bloccare l’umidità di risalita e la tradizionale copertura in tronchi di ulivo e stuoia di canne. Il bagno, a secco, è situato nella parte nord della costruzione ed è rialzato di circa 1 m per permettere la caduta degli escrementi, raccolti nella camera sottostante ispezionabile attraverso la parete accessibile dalla strada. Allo stato di fatto, tutti gli edifici, che mancano del rivestimento finale in karshif, sono di notevole impatto sul contesto a causa della scarsa qualità tecnica di realizzazione e dell’utilizzo di materiali estranei alla tradizione costruttiva dell’oasi. In prossimità dell’angolo sud-ovest della riserva d’acqua è stata costruita una casa sull’albero caratterizzata da una piattaforma collocata a 2.3 m da terra, realizzata con una fitta orditura di tronchi di ulivo coperta da una stuoia di canne, sorretta da tre palme con due tronchi di rinforzo negli angoli. Vi si accede con una scala intagliata in un tronco di palma disposto trasversalmente.

The garden, water gushes abundantly from the bottom of the circular spring and flows into the large reservoir to then irrigate the cultivations.

water with a central area for a fire. The pillars adhere to the ground thanks to circular cement plinths. There is one other space which is used as a bathroom cum storeroom and is situated in the north-western corner of the garden, near the second entrance. As in the previous case the walls are made of tobe with a foundation girder in red stone, to prevent damp from rising, and covered with the traditional layers of olive trunks and reed mats. A dry toilet is located in the northern part of the construction and is raised by about one metre from the ground to allow the excreta to fall into the underlying container which can be inspected through the wall and accessed from the road. Currently all the buildings which lack a final coating of karshif have a considerable impact on the landscape due to the poor technical quality of building and the use of nontraditional construction materials in the oasis. A tree house was built near the south western corner of the water reservoir. It consists of a platform at 2.3 m from the ground and is built on a compact frame of olive logs covered by a reed mat and supported by three palm trees with two reinforcement trunks in the corners. Access is via stairs carved into a palm log placed sideways.

Alla ricerca di una tipologia abitativa In search of a housing model Con l’eccezione di qualche piccola casa nella piana dei palmeti o nella zona di Maraqi, il nucleo insediativo di Siwa è sempre stato piuttosto compatto e per molto tempo racchiuso all’interno delle mura di Shali. I giardini erano spazi in cui la tradizionale distinzione fra luogo di svago e luogo di lavoro veniva meno, senza però svolge76

With the exception of a few small houses in the palm grove plain, or in the Maraqi area, the heart of the Siwa settlement has always been relatively compact and for many years it remained within the confines of the walls surrounding Shali. The gardens were spaces where the traditional distinction between leisure and work did not exist; however they were


77


re mai una funzione abitativa. L’assenza nell’oasi di una tipologia insediativa rurale ha reso necessaria un’indagine approfondita delle tipologie costruttive che avrebbero dovuto ispirare il nuovo disegno del giardino. I riferimenti spaziano dall’architettura vernacolare egiziana e del Mali a forme architettoniche della tradizione siwana e dall’immagine del giardino dell’Eden, come luogo d’origine, alla distribuzione insediativa della villa rustica romana.

never used for residential purposes. The lack of a rural

.Il giardino dell’Eden nei testi sacri

.The Garden of Eden in the sacred texts

La storia culturale del giardino è strettamente correlata alle nostalgie e alle speranze degli esseri umani. In un giardino con alberi, fiori, frutta e acque limpide ebbe inizio la vicenda umana come i miti di molti popoli narrano sin dalla notte dei tempi. Il giardino perfetto è distante ed irraggiungibile, rimane in quella sfera ideale dove trovano rifugio i desideri, le speranze e i bisogni dell’uomo. Il giardino o il paradiso diventa così un tutt’uno con la rappresentazione antica della felicità perduta alla quale gli uomini anelano. Nell’infanzia di ognuno di noi sembra esistere il vago e lontano ricordo di un giardino dal quale non si vorrebbe uscire perché varcare i suoi confini rassicuranti vorrebbe dire “diventare grandi” con tutto ciò che questa condizione comporta, non ultima la sofferenza. La consapevolezza del dolore legata al fuori di un giardino è probabilmente collegata anche all’immagine biblica della cacciata da un giardino-paradiso e alla conseguente necessità di dover affrontare un’esistenza irta di difficoltà e, appunto, di dolore. L’idea di giardino-paradiso nasce nella protostoria, proprio in ambito oasiano, in quelle aree dell’Iran e dello Yemen dove l’ecosistema artificiale dell’oasi si inserisce in deserti non di dune ma

The cultural history of the garden is closely linked to feelings of nostalgia and hope experienced by all human beings. It is in a garden filled with trees, flowers, fruit and crystal clear water that the history of mankind began as we are told by the myths of numerous peoples handed down to us since time immemorial. The perfect garden is distant and unattainable; it is part of that ideal sphere where the wishes, hopes and needs of man seek refuge. The garden and paradise become one and the same in the ancient depiction of happiness sought by man and lost. In the childhood of each one of us there is perhaps a vague and distant recollection of a garden from which we never wish to venture forth because leaving its reassuring confines would mean “growing up” with all that is entailed with this not least the suffering. The awareness of the pain associated with being outside a garden is probably linked to the biblical image of being chased out of the garden-paradise and the subsequent need to grapple with a life sewn with obstacles and that same pain. The idea of a garden-paradise emerged in protohistoric times and in an oasis environment, in the areas of Iran and Yemen where the artificial ecosystem of the oasis is located not in deserts of dunes but stones, in which the

78

settlement archetype led to an in-depth study of building models which were to inspire the new garden design. References range from Egyptian and Malian vernacular architecture to traditional Siwan models and also include images from the Garden of Eden, as a place of origin, as well as the settlement pattern of the Roman villa rustica.


49. Trittico del Giardino delle delizie, Hieronymus Bosch, olio su tavola, Museo del Prado, Madrid, 1480 circa. The Garden of Earthly Delights Triptych, Hieronymus Bosch, oil on wood, Prado Museum, Madrid, circa 1480.

79


di sassi, configurando l’orto-giardino in termini chiusi, attraverso la sua recinzione con un muro. È così che nasce l’idea di configurare in questi termini il luogo sede del premio ultraterreno attribuendogli la denominazione di giardino che permea le antiche religioni mediorientali, politeiste ed anche monoteiste; fra queste l’Islam è l’unica religione monoteista a descrivere esplicitamente il Paradiso dei beati proprio in forma di giardino, allietato dalle caratteristiche botaniche e paesaggistiche e dalle attività di otium già proprie del modello persiano dell’orto-giardino chiuso. “[…] vi saranno fiumi di acqua incorruttibile, e fiumi di latte dal gusto immutabile, e fiumi di vino delizioso a chi beve, e fiumi di miele purissimo. Ed ivi essi godranno di ogni frutto, e del perdono ancora del signore. […]” (Corano_XLVII:15) “[…] e sotto, altri due giardini ancora, verdi, verdi cupissimi con due fontane, fontane sorgive copiosissime, e con frutti e con palme e con melograni, e fanciulle buone, e belle, dagli occhi grandi e neri, nelle loro tende racchiuse, mai prima toccate da uomini; e vi staranno adagiate su verdi cuscini e tappeti splendidi. […]” (Corano_LV:61-77). Ed ancora “[...] Saranno a Dio i più vicini, in deliziosi Giardini […] Su troni ornati d’oro e di gemme e fra loro garzoni di eterna gioventù trascorreranno con coppi e bricchi e calici freschi e limpidissimi da’ quali non avranno emicrania né offuscamento di mente e frutti a piacere e a volontà carni delicate d’uccelli […] S’aggireranno tra piante di loto senza spina, e acacie copiose di rami e ombra ampia e acqua scorrente e frutti molti, mai interrotti e mai proibiti, e alti giacigli […]” (Corano_LVI:10-38). 20 Il Paradiso, così dice il Corano, conta quattro tipi di fiumi (“[…] vi saranno fiumi d’acqua incorruttibile, e fiumi di latte dal gusto immutabile, e fiumi di vino delizioso a 80

garden configuration is closed by means of walls surrounding it. This configuration was then associated with the place of reward in the after-world; it was given the name of garden and is a concept which permeates the ancient Middle-eastern polytheistic and monotheistic religions including Islam which is the only monotheistic religion to explicitly describe the Paradise of the Blessed as a form of garden enhanced by botanical and landscape arrangements and enlivened with otium or leisure activities which were characteristic of the Persian model of the walled garden. “[…] wherein are rivers of water unaltered, rivers of milk the taste of which never changes, rivers of wine delicious to those who drink, and rivers of purified honey, therein for them is every kind of fruit, with pardon from their Lord. […]” (Quran_47:15). “And below them both are two dark green gardens. In both of them are two springs, spouting. In both of them are fruit and palm trees and pomegranates. In them are good and beautiful women, fair ones reserved in pavilions, Untouched before them by man or jinni, reclining on green cushions and beautiful fine carpets. […]” (Quran_55:61-77). “[...] They will be those nearest to Allah in the Gardens of Delight. […] on thrones woven with gold and precious stones. They will be served by immortal boys, with cups and jugs, and a glass from the flowing wine, from which they will have neither any headache, nor any intoxication. They will have fruit from which they may choose, and the flesh of fowls that they desire […] They will be among thorn-less lote-trees among Talh (banana trees) with fruits piled one above another, in long-extended shade, by constantly flowing water, and fruit in plenty, whose season is not limited, and their supply will not be cut off […]” (Quran_56:10-38). 20 The Koran describes Paradise as containing four types of river (“[…] rivers of water unaltered, rivers of milk the taste of

20 Corano, XLVII:15, LV:61-77, LVI:10-38_trad. A. Bausani_Sansoni_Firenze, 1955


chi beve, e fiumi di miele purissimo […]”) confermando un archetipo che ricorre anche nel testo sacro del Cristianesimo. In entrambi i testi sacri, viene infatti evocata l’idea di Paradiso come giardino quadripartito dalla presenza di quattro corsi di abbondante e limpida acqua che donano vita al verde più lussureggiante che possiamo immaginare. Nella Genesi il giardino dell’Eden è descritto come un luogo ricco di vegetazione da cui usciva un fiume che si divideva in quattro rami che irroravano d’acqua i quattro angoli della terra: il Tigri, l’Eufrate, il Pison e il Ghihon. In questo lussureggiante giardino sorgevano due alberi particolari: l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il primo, posto in mezzo al giardino, rappresenta una sorta di centro unificatore e indica la presenza stessa di Dio. Invece il secondo va inteso non nel senso di sapere-conoscere con la mente ma di un saper-conoscere esperienziale, l’albero della scelta fondamentale dell’orientamento della propria vita. Come sottolinea la saggista italiana Loretta Marcon, “[…] L’Eden è un giardino-paradiso diverso dal giardino islamico: in questo l’uomo deve lavorare e diventa collaboratore di Dio. Il lavoro, però, non è opera da schiavi ma è presentato come buono e positivo. Esso fa parte della vocazione dell’uomo perché è previsto nel progetto di Dio come un qualcosa che può realizzare l’uomo stesso. […]”. 21

which never changes, rivers of wine delicious to those who drink, and rivers of purified honey […]”) thereby confirming an archetype which is found in the sacred texts of Christianity. Both sacred texts refer to the idea of Paradise as a garden in four parts with four courses of abundant and clear water giving life to the most lush vegetation imaginable. In Genesis the garden of Eden is described as a place rich with vegetation from which a river springs which divides into four branches and waters the four corners of the earth: the Tigris, the Euphrates, the Pishon and the Gihon. In this luxurious garden were two special trees: the tree of life and the tree of the knowledge of good and evil. The former was located in the middle of the garden and represented a sort of unifying centre indicating the presence of God. The latter should be understood as meaning not the tree of knowledge which is acquired by the mind, rather knowledge acquired on the basis of experience, the tree of the fundamental choice which guides one’s life. As the Italian essayist, Loretta Marcon points out, “[…] Eden is a paradise garden which is different from the Islamic garden: In the latter, man must work and assist God. However work is not slavery but presented as good and positive. It is part of man’s vocation because it is part of God’s design and can help man attain self-fulfilment […]”. 21

.La villa rustica romana

.The Roman Villa Rustica

In epoca romana, la tipologia della villa comprendeva una serie di costruzioni quanto mai diversificate, che spaziavano dalla modesta azienda agricola situata in una decentrata proprietà rurale alla lussuosa residenza alle porte di Roma, fino alle maestose ville imperiali. I con-

In Roman times, the archetypal villa comprised such diverse buildings as simple farms located in remote rural estates, luxurious residences in the vicinity of the gates of Rome and majestic imperial villas. It was already recognised at the time that the term villa was so wide-ranging it was re-

21 Marcon L._ Alle origini del giardino

81


temporanei stessi si erano resi conto che l’accezione del termine villa era tanto vasta da diventare addirittura generica, per cui avevano ritenuto utile specificare, con un attributo, di quale villa si trattasse: rustica, urbana, marittima, suburbana. Con il termine di villa rustica s’intende, secondo la distinzione degli agronomi romani Catone e Varrone, un complesso edilizio annesso ad un fondo agricolo caratterizzato dalla fusione funzionale e strutturale della componente abitativa e di quella produttiva, elemento distintivo rispetto a tutte le altre tipologie di residenza romana. La villa rustica era un vero e proprio microcosmo cittadino di campagna, situato al centro di quelle piantagioni razionalmente distribuite secondo i criteri della centuriazione che fecero dell’Italia il giardino dell’Impero. In particolare, la villa come azienda agricola, fu una forma presente soprattutto in Italia centrale, dalla Campania all’Etruria. Essa è stata considerata da alcuni studiosi come la forma produttiva più originale, efficiente e razionale che l’economia romana abbia prodotto, tanto da sfiorare il modo di produzione propriamente capitalistico. Un’organizzazione così complessa necessitava di solide conoscenze che i romani documentarono in famosi testi di agronomia come il De agri cultura di Catone, il De re rustica di Varrone e il De re rustica di Columella. Come raccomandato da Plinio si rese necessario, per il proprietario dell’azienda agricola, sorvegliare il lavoro servile e l’andamento della produzione allontanandosi periodicamente dalla vita cittadina. In questo modo la villa diviene quindi non soltanto un centro di produzione agricola ma si delinea a poco a poco il piacere della vita in villa, sicuramente influenzato dal concetto di otium della cultura ellenistica. Qui si conduceva un tipo di vita che era esattamente l’opposto di quella cittadina. L’aria pulita, la pace e la tranquillità della campagna consen82

ally a generic term. For full comprehension, further definition

by means of an adjective such as rustica, urbana, marittima

or suburbana was necessary. The villa rustica according to the distinction made by the Roman agronomists, Cato and

Varro, was a building complex annexed to a farm where spaces were used indifferently for animal breeding and

lodging, this being its distinctive feature compared to other types of Roman residences. The villa rustica was a genuine

rural town microcosm, located at the centre of the plantations which were spread over the land according to the centuriation method which made Italy the Garden of the Empire. The Roman villa as a farm was a format mainly found in central

Italy, from Campania to Etruria and it has been described

by some scholars as the most original, efficient and rational

form of production ever to be created by the Roman econo-

my and very close to the capitalistic model. Such a complex

organisation required sound knowledge documented by the Romans in famous texts on agriculture such as De Agri

Cultura by Cato, De Re Rustica by Varro and De Re Rustica by Columella.

As recommended by Pliny, the owners of these farms need-

ed to inspect the work carried out by their slaves and keep an eye on production trends which meant frequent periods of absence from the city. Hence the villa became more than

a centre for agricultural production and slowly but surely the

idea of the pleasure of life in the villa emerged, under the likely influence of the concept of otium taken from Hellenic

culture. The lifestyle here was the exact opposite to life in the

city. The clean air, the peace and quiet of the countryside allowed a less formal dress code and it was possible to live a healthier life in close contact with nature. The cultural scene


tivano di vestirsi in modo informale vivendo in maniera più sana a contatto con la natura. Si svolgeva un’intensa vita culturale, fatta di letture, studi, meditazione e dotta conversazione associando per la prima volta la villa all’attività letteraria. Sia Varrone che Columella tratteggiano la presenza di due parti ben distinte nella struttura dell’intero complesso: la pars dominica, riservata al proprietario e la pars rustica con gli ambienti destinati alla produzione e alle abitazioni dei lavoratori. La parte riservata alla residenza del dominus era concepita prevalentemente in funzione del gusto del proprietario attribuendo importanza ai valori panoramici, tenendo in secondo piano le esigenze pratiche. Il terreno circostante era diviso fra l’hortus rusticus per coltivare gli ortaggi e lo xystus adibito alle passeggiate, spesso caratterizzato dalla presenza di torri con funzione di colombaie, poste lungo il perimetro della villa. La configurazione architettonica, che spesso prevedeva un basamento con criptoportici e cantine, si articolava intorno agli ambienti dell’atrium e del peristilium. La pars rustica vera e propria risentiva invece degli orientamenti funzionali e produttivi dell’azienda agricola. Era divisa in due corti, cortes, una interna ed una esterna ed entrambe con una vasca, piscina, per la raccolta dell’acqua piovana. La vasca della corte interna serviva per abbeverare gli animali, l’altra per alcune operazioni agricole, come macerare cuoio o lupini. Attorno alla prima delle due corti sorgevano costruzioni in muratura che formavano, tutte insieme, la villa rustica nel senso più stretto, cioè la parte della fattoria dove abitavano i servi; il centro era occupato da una grande cucina, culina, con macine, forno e frantoio inclusi, molto più spaziosa di quella di città per evitare gli incendi e per consentire di lavorare agevolmente. Vicino alla cucina vi erano le

was quite intense and interspersed with reading, study, meditation and erudite conversation thereby associating the villa for the first time with literary activities.

Both Varro and Columella outline the presence of two

distinct sections in the structure of the entire complex: the

pars dominica, reserved for the owner and the pars rustica

containing the areas for production and the labourers’ lodg-

ings. The part reserved for the residence of the dominus was mainly designed according to the taste of the owner and

importance was given to factors such as the view, leaving practical requirements slip into second position. The sur-

rounding land was divided into the hortus rusticus for growing vegetables and the xystus for walks, often characterised

by towers which were used as pigeon houses and located

around the perimeter of the villa. This architectural configura-

tion which often included a base with a cryptoporticus and a cellar, were distributed in spaces near the atrium and peristilium. The design of the pars rustica as such was subject

to the functional and production requirements of the holding

and was split into two courts or cortes, one internal and the other external, both equipped with a tank or piscina, for the

collection of rainwater. The tank on the inside court provided drinking water for the animals and the other one was used for certain agricultural processes such as macerating leather or

lupins. It was around the first of these two courts that there were buildings with brick walls which made up the villa rus-

tica strictu sensu, in other words the part of the farm where

the servants lived; in the centre was a large kitchen or culina, with millstones, an oven and a crushing mill, much larger

than its urban counterpart so as to avoid fires and to allow for easier work. The bathrooms for the servants, an infirmary, a 83


stanze da bagno per i servi, le infermerie, la cantina, le stalle dei buoi, bulina, e dei cavalli, equilia, in modo tale da beneficiare del calore proveniente dalla cucina. Se vi era posto, vi si collocava anche il pollaio data la credenza che il fumo fosse salutare per il pollame. Lontani dalla cucina vi erano quegli ambienti che, per la loro destinazione, richiedevano un luogo asciutto, cioè i granai, granaria, i seccatoi, horrea, e le stanze in cui era conservata la frutta, oporothecae. Adiacente alla villa rustica vi era l’aia ed altri ambienti come la rimessa dei carri agricoli, plaustra, ed il nobiliarum, luogo in cui era possibile riporre provvisoriamente il grano in caso di acquazzone. Nella parte destinata all’allevamento domestico, pastio villatica, si trovavano invece gabbie, aviaria, per i volatili come galline, tortore, tordi, oche, anatre e pavoni. La parte rustica veniva infine completata da boschi cintati per gli animali selvatici come lepri, cinghiali, caprioli, daini e cervi e dalle piscine per la fauna acquatica.

cellar, the stables for the cattle called bulinae and the horse stables or equilia were placed near the kitchen so as to avail fully of the heat produced there. If there was room the henhouse was located here too as it was believed at the time that smoke was good for poultry. Certain rooms such as the granaria, or grain barns, the horrea, or drying rooms and the rooms used to preserve fruit called oporothecae had to be dry due to their function and were therefore situated away from the kitchen, The farmyard was beside the villa rustica as well as other spaces such as the plaustra, used for storing farm carts, and the nobiliarum, where wheat could be stored temporarily in case of heavy rain. In the section used for domestic animals, the pastio villatica, cages known as aviaria were to be found and housed birds such as hens, turtle doves, thrushes, geese, ducks and peacocks. The pars rustica was further completed by wooded enclosures for wild animals such as hares, wild boar, roe-deer, fallow deer and pools for aquatic fauna.

.La torre colombaia

.The Dovecotes

La colombaia non è soltanto un segno caratteristico ed onnipresente nel paesaggio egiziano, ma anche un importante simbolo dell’identità nazionale dell’Egitto moderno. Il ritratto di Mubarak, fino a qualche anno fa nel Palazzo ‘Abidin al Cairo, mostrava un presidente contemplativo, circondato dai simboli del paese: l’industria, l’agricoltura, piramidi, moschee, una chiesa copta, la scultura Egypt’s Renaissance di Mahmoud Mokhtar, il Nilo ed un paio di colombaie. Le colombaie, costruite con la terra, si innalzano in vario numero l’una accanto all’atra e più in alto di molti edifici circostanti, caratterizzando il paesaggio urbano di varie città egiziane. Nel delta del

The dovecote is more than a ubiquitous feature of the Egyptian landscape, it is also an important symbol of contemporary Egyptian national identity. The portrait of Mubarak, which up to a few years ago was housed in Abdeen Palace in Cairo, depicted a contemplative president surrounded by the symbols of the country: its industry, agriculture, the pyramids and mosques, a Coptic church and a sculpture called Egypt’s Renaissance by Mahmoud Mokhtar along with the Nile and a couple of dovecotes. These are built of earth and are placed one beside the other in varying numbers; often higher than many of the buildings in the vicinity, they are characteristic of the urban landscape of many an Egyptian

84


50. Veduta aerea della cittĂ di Mit Gahmr sul delta del Nilo. Centinaia di torri colombaie si ergono, lungo le strade affollate, come alti camini marroni. View of the city of Mit Gahmr,on the Delta of the Nile. Hundres of pigeon towers stands like tall brown chimneys along the crowdy city streets.

85


Nilo, a Mit Gahmr, centinaia di queste torri si ergono, lungo le strade affollate, come alti camini marroni, utilizzati per allevare piccioni. Questi uccelli, che in molte città occidentali sono ormai paragonati a dei topi con le ali, vengono ancora considerati molto utili in Egitto ed allevati in grande quantità per il consumo alimentare e la produzione di concime. Queste strutture, anche se raramente menzionate, fanne parte a pieno titolo dell’architettura vernacolare non soltanto egiziana, essendo presenti in abbondanza anche nell’oasi di Siwa. Le loro forme originali, slanciate e spesso a base circolare sono un segno riconoscibile in tutta la piana dei palmeti e nelle aree produttive. Le aperture per consentire l’ingresso degli uccelli sono numerose, circolari, quadrate o triangolari e creano sui prospetti gli stessi ricami cuciti dalle donne sui tessuti o riprodotti nelle geometrie dei gioielli. A livello architettonico la colombaia o piccionaia è l’unica tipologia edilizia riservata ad animali che, al pari della stalla, vanta una notevole dignità storica e costruttiva. Si hanno notizie della colombaia sin dall’epoca romana con Plinio, Columella e Varrone che nei loro trattati sull’agricoltura dedicano numerosi capitoli all’allevamento dei colombi e alle tecniche di costruzione delle torri. La colombaia doveva avere le caratteristiche di un ambiente capace di soddisfare le abitudini dei piccioni offrendo loro un ricovero in una posizione alta, accogliente e abbastanza ampio da poter ospitare un buon numero di colombi. Le colombaie se ben organizzate riuscivano ad ospitare anche cinquemila volatili protetti dai predatori con trappole poste a terra o con altri sistemi semplici ma efficaci. Le prime testimonianze documentate risalgono al Medioevo, nel periodo feudale, durante il quale il privilegio di tener colombi era un diritto riservato a pochi e concesso dal signore ai propri vassalli. Si trattava di un diritto con86

city. In the Nile Delta, at Mit Gahmr, there are hundreds of these towers along the crowded streets which are like tall brown chimneys and used to breed pigeons. Whereas these birds are often compared to rats with wings in many western cities, they are still considered to be very useful in Egypt and bred in large numbers to be eaten or provide manure. These buildings although rarely mentioned are an integral part of the vernacular architecture in Egypt and are also present in large numbers in the Siwa oasis. Their original slender shape and mostly round base are a recognisable feature observed throughout the palm grove plain and in the production areas. The many openings designed to facilitate the entrance of the birds are round, square or triangular; the walls are also adorned with design patterns often the same as the embroidery motifs sewn by the women on fabrics or geometrical shapes found in jewellery. From the architectural point of view, the dovecote or pigeon house tower is not the only type of building used for housing animals which, like a stable, can boast of a considerable historical and construction value. Mention is already made of pigeon houses back in Roman times by Pliny, Columella and Varro who in their treatises on agriculture devote many chapters to the breeding of doves and building techniques for the towers. The dovecote had to provide sufficient space to cater for the pigeons’ habits and offer them a welcoming place to stay and a high position; they also needed to provide enough room in order to host a fair number of doves which needed to feel protected but not captives. These dovecotes were, if well organised, able to accommodate up to five thousand birds which were protected from predators by means of traps located on the ground or by other simple but effective systems. The first documented evidence dates back to the Middle Ages, during the feudal period, when the privilege of keeping doves was a right reserved for an elite and granted by


51. Oasi di Siwa, torri colombaie. Siwa Oasis, dovecotes

87


cesso secondo precise regole che conferiva prestigio, tanto maggiore quanto più numerosi erano i colombi utilizzati per la caccia o come strumento di recapito postale. Tale diritto è ampiamente documentato in regioni italiane quali la Lombardia e l’Emilia e in molte aree della campagna francese. In Italia fra il XIV e il XVIII secolo la colombaia diventò l’edificio prevalente nel paesaggio agrario, di cui sono ancora visibili importanti esempi soprattutto in Umbria e in Puglia; è noto che le famiglie nobili rivaleggiavano nel possedere la palombara più bella come nel caso delle torri di città. In Europa, l’evento determinante che portò al tramonto di tali strutture fu la Rivoluzione Francese; fino al 1789 il diritto di colombaia era stato un privilegio della sola nobiltà, motivo per il quale con l’affermarsi dell’ordine rivoluzionario, le colombaie furono abbattute e vennero promulgate leggi che restringevano l’allevamento dei piccioni torraioli, successivamente introdotte in molti stati europei. La colombaia è una struttura caratterizzata da precisi elementi architettonici pur non rispondendo ad una precisa composizione tipologica. Il posatoio è l’elemento che speso divide la torre in due parti ben distinte in particolare demarcando il piano superiore dal piano inferiore se quest’ultimo è adibito ad abitazione. Piccole aperture nelle pareti perimetrali, chiamate occhi, consentono l’accesso dei colombi all’interno. Le mensole sono semplici lastre di pietra o di mattone oppure dei legni, incastrati nel muro per consentire l’appoggio dei volatili. Nelle colombaie italiane erano spesso presenti uno o più rosoni che oltre ad essere elementi decorativi garantivano il ricambio d’aria. All’esterno, a seconda della combinazione dei vari elementi, si articolano le infinite variabili costruttive e decorative che conferiscono un carattere peculiare a ciascun edificio 88

the lord to his vassals. This right was granted according to certain specific rules. The more doves were used for hunting or for postal deliveries the more prestige was attributed to their owners. This right is abundantly documented in Italian regions such as Lombardy and Emilia and in many parts of the French countryside. In Italy, between the XIV and the XVIII centuries the dovecote became the prevalent building of the rural agrarian landscape and some important examples are still to be seen today especially in Umbria and in Apulia. Noble families competed with each other and all wanted to own the most beautiful dovecote of all, rather like the towers of a city. In Europe, the decisive event which led to the decline of such structures was the French Revolution; up to 1789 only nobles were entitled to own dovecotes, which is why with the affirmation of the revolutionary movement the dovecotes were demolished and laws promulgated restricting the breeding of rock pigeons. Later, these restrictions were to spread to many other European states. Dovecotes were structures characterised by specific architectural elements although they did not contain a specific composition proper to their particular type. The perch is an element which often divides the tower into two separate sections and in particular, it divides the upper floor from the lower one if the latter is used for living in. Small openings in the outside walls, called eyes, allow for access of the doves to the inside. The shelves are simple stone slabs or made of bricks or wood and blocked in the wall to allow the birds to lean on them. In the Italian pigeon houses there was often one or several rose windows which in addition to decorating the building also ensured the air inside could be changed. On the outside, depending on how the various elements are put together, there is an endless number of possible combinations of the various elements as well as countless building and decorative alternatives which confer


rendendolo unico. E’ a causa di questa grande variabilità costruttiva che risulta difficile stabilire uno standard tipologico per questi edifici.

each building with its own characteristics thereby making it unique. This great variety in buildings makes it hard to establish a standard building type.

.La moschea di Djenné in Mali

.The mosque of Djenné in Mali

Djenné è un antico insediamento subsahariano nello Stato del Mali, conosciuto per le sue stupefacenti costruzioni in terra. La moschea, in particolare, è conosciuta come la più grande architettura in adobe di tutto il mondo ed è uno dei monumenti più noti di tutta l’Africa. La sua architettura fatta di terra, acqua e poco altro, stupisce per la sua tecnica innovativa e per il suo aspetto maestoso, per il quale dal 1988 è stata eletta dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Grazie alla sua posizione, la città era un fiorente crocevia di scambi commerciali con i mercanti arabi provenienti dalle regioni orientali che a partire dal XVIII secolo introdussero la religione islamica. La moschea da allora fu demolita e riedificata diverse volte, ma fu completata definitivamente nel 1907 sotto l’amministrazione francese. Appoggiata su una piattaforma rialzata di 5625 mq, l’edificio è sopraelevato per evitare la violenza dirompente delle acque del fiume Bani, affluente del Niger, che una volta all’anno straripa sommergendo gran parte della città. Le mura in adobe, spesse dai 40 ai 60 cm, sono costruite con il sistema djenné-ferey, il metodo di costruzione tradizionale, che consiste in una sovrapposizione di palle di terra cruda ancora bagnata, che ricopre il ruolo sia di mattone che di legante. Questa tecnica si differenzia da quella del toubabou-ferey, introdotta successivamente, che prevede l’utilizzo di mattoni crudi essiccati al sole, tenuti insieme da terra cruda ancora bagnata come legante. L’intonaco esterno è chiamato banco ed è costituto da una miscela composta di

Djenné is an ancient Sub-Saharan settlement in the state of Mali and known for its amazing constructions in earth. The mosque in particular is known as the largest piece of architecture in adobe in the entire world and is one of the most well known monuments in all of Africa. Its architecture consists of earth, water and very little else and is impressive because of its innovative technique and imposing appearance for which in 1988 it was declared a Unesco World heritage site. Due to its location, the city was a flourishing crossroads for trade with Arab merchants from the eastern regions who introduced Islam to the area as of the XVIII century. The mosque of the time was demolished and rebuilt on a number of occasions. However it was finally completed in 1907 under the French administration. It is placed on a raised platform of 5625 sqm. The building is raised to avoid the destructive violence of the waters of the river Bani, which is an affluent of the river Niger and overflows once a year submerging a large part of the city. The walls are in adobe and are 40 to 60 cm thick. They are built according to a traditional construction method called Djenné-ferey which consists in applying balls of crude earth which are still wet and act as brick and binder. This technique is to be distinguished from the Toubabou-ferey system which was introduced later and consists in the use of crude earth bricks dried in the sun held together by crude earth which is still wet when applied and used as a binder. The external plaster called banco consists 89


fango, paglia, burro di karité e sterco impastata con i piedi e successivamente spalmata e levigata su tutta la superficie fino a rendere l’edificio scultoreo e massiccio, con un aspetto sorprendentemente moderno. Dei pluviali in ceramica, inseriti nel muro, allontanano dalle facciate l’acqua che può essere abbondante durante la stagione delle piogge. Tralasciando la disposizione planimetrica dell’edificio, che necessiterebbe uno studio più approfondito, ci soffermiamo sui fasci di rami di palma affondati nella profondità dei muri, che conferiscono alla moschea il caratteristico aspetto ad istrice. Tale tecnologia, anche se con origini ed espressioni diverse, è accostabile in un certo senso all’utilizzo strutturale di tronchi di ulivo nell’oasi di Siwa. A Djenné il loro scopo è quello di assorbire le microfessure derivanti dalle diverse reazioni del materiale ai cambiamenti di temperatura e umidità, oltre a quello funzionale di impalcatura utile durante la fase costruttiva. Questa fitta rete di legni è inoltre indispensabile per la manutenzione annuale che richiede il periodico rifacimento della finitura esterna. Si chiama fête du crepissage (intonacatura), la festa che si svolge in primavera e vede tutti gli abitanti impegnati nel ripristino degli intonaci laddove le intemperie li hanno danneggiati maggiormente. Sotto la direzione dei muratori più esperti, viene preparata una grande quantità di rivestimento che viene poi applicata alle superfici da centinaia di persone che scalano le pareti della moschea. Tutto ciò dimostra come impiegando materiali facilmente reperibili sul luogo si possano costruire edifici a misura d’uomo e a basso impatto ambientale e di come il rito sia ancora ciò che tiene coesa la comunità. 90

of a mixture of mud, straw, Shea butter and excrement. The ingredients are trampled on with the feet until they form a paste which is spread over the surface and then smoothed all over the walls until the building looks like a massive sculpture as well as an amazingly modern construction. Ceramic drain pipes are inserted into the wall and keep the rainwater, which can be very heavy during the rain season, away from the façade. Leaving to one side the lay-out of the building which would require an in-depth study of its own, let us dwell on the bundles of palm branches placed inside the walls which give the mosque its characteristic hedgehog-like appearance. This technology, although its origins and expressions are different, is comparable in a way with the structural use of olive logs in the Siwa oasis. In Djenné they are designed to absorb the small cracks brought about by the different reactions of the material used to changes in temperature and humidity levels in addition to their other function which is to provide handy scaffolding during the construction phase. This tight network of wood is also essential for the annual maintenance work consisting in regular resurfacing of the outer coat. A fête du crépissage or plastering fête is organised in spring involving all of the local population who help refurbish the plaster which has been most exposed and damaged by the elements. Under the guidance of expert brick-layers a large quantity of coating is prepared and then applied by hundreds of people who climb the walls of the mosque. This goes to show that with the use of material which can easily be found locally it is possible to construct buildings on a human scale with a low environmental impact. Moreover, this ritual is still today the cohesive element which keeps the local community together.


52. Grande Moschea di DjennÊ, Mali. I fasci di rami di palma affondati nella muratura in adobe conferiscono all’edificio il caratteristico aspetto ad istrice. The Great Mosque of DjennÊ, Mali. The bundles of palm branches placed inside the walls give the mosque its characteristic hedgehog-like appearance.

91


V. UN GIARDINO FRA UTILITÀ E PIACERE A GARDEN BOTH USEFUL AND PLEASANT

“[…] Era tutta qui la mia ambizione: un pezzo di terra non tanto grande, dove ci fossero un orto e, vicino a casa, una fonte d’acqua perenne con qualche albero che la sovrastasse. Niente di più e di meglio gli dei mi concessero. Questo è il bene. Nient’altro ti chiedo, figlio di Maia, se non che questi doni tu me li assicuri per sempre. […]” 22 (Sermones_Liber II_Orazio)

1. Sorgente 2. Grande riserva d’acqua 3. Bagno caldo 4. Torre “combaia” 5. Mazallah 6. Casa degli ospiti 7. Casa sull’albero 8. Bagno a secco 9. Cucina / deposito 10. Annesso agricolo 11. Recinto degli animali 12. Lago con fauna acquatica 13. Frutteto 14. Oliveto 15. Canneto

92

“[…] This was [ever] among the number of my wishes: a portion of ground not over large, in which was a garden, and a fountain with a continual stream close to my house, and a little Woodland besides. The gods have done more abundantly, and better, for me [than this]. It is well: Oh son of Maia, I ask nothing more save that you would render these donations lasting to me. […]” 22 (Sermones_Liber II_Horace)

1. Spring 2. Large Water Reservoir 3. Calidarium 4. “Dovecote” 5. Mazallah 6. Guest House 7. The house in the tree 8. Dry toilet 9. Kitchen / Storage 10. Farm annex 11. Animal compound 12. Lake for aquatic fauna 13. Orchard 14. Olive grove 15. Rushes

22 Orazio_Satire_a cura di Lorenzo De Vecchi_Carocci editore_Roma 2013_(English translation from the Project Gutenberg)


53. Progetto, planivolumetrico. The project, general plan.

93


Una villa rustica contemporanea a Siwa A contemporary villa rustica in Siwa L’idea alla base del progetto era di integrare la storica funzione produttiva del giardino con una parte abitativa, riflesso e specchio dell’acqua sorgiva e dell’ombra benefica, imprescindibili presenze del luogo. Fin dall’inizio è prevalsa una visione antica ma quanto mai attuale, di un abitare dettato da quei contenuti fondativi ed archetipici all’origine dell’abitare stesso. Il riferimento è quello di “una mitologia appena velata delle origini del costruire, inseguendo l’immagine di una prima casa, giusta perché prima, perduta ma sempre presente in noi”. L’elemento primigenio dell’acqua è simbolo della vita che trasforma l’arida sabbia desertica in alberi e piante che danno i loro frutti; la presenza dell’uomo, che deve pazientemente coltivare e curare, è elemento imprescindibile per la sopravvivenza dell’ecosistema. È cosi che inizia inevitabilmente a definirsi l’ombra di una casa all’interno di questo allegorico giardino. Come sottolinea Joseph Rykwert: “[…] il contorno di una simile casa ha perseguitato molti costruttori ed architetti, più di quanto la pianta del giardino, così energicamente descritto, coi suoi quattro fiumi, abbia ispirato decoratori, tessitori, fabbricanti di tappeti e giardinieri. […]” 23 Il rapporto di necessità fra uomo e natura suggerisce di andare più a fondo, collocando i muri di questa casa là dove era stata originariamente disegnata, in mezzo a quegli alberi che producono sostentamento e allo stesso tempo la più solida promessa di felicità. I materiali stessi provengono dalla terra e dall’acqua e l’illuminazione e la climatizzazione sono affidate al fuoco, al vento e al sole. Si è deciso di iniziare il disegno del giardino dalle tracce delle strutture esistenti, cercando per quanto possibile di evitarne la demolizione. È importante sottolineare come il processo edilizio assuma a Siwa forme vicine a quelle dell’autocostruzione che implicano sforzo e impegno fisico notevoli da parte delle maestranze. Il giardino arabo 94

The basic idea behind this project was to blend the historical productive function of the garden with a residential section similar to the merging of other integral parts of the local landscape such as a pool of spring water protected by the benevolent shade. Right from the outset an ancient and yet very up to date vision prevailed of a place to live in very much influenced by the original significance and archetype of the habitat itself. The reference is to “a barely veiled mythology about building origins, chasing the “primitive hut” image, legitimate because the first, that got lost but it’s still inside us”. The initial creative element is water, as a symbol of life which transforms the arid desert sand in trees and plants bearing fruit; the presence of man who must patiently cultivate and look after the land is an indispensable element for the survival of the ecosystem. This is how the shadow of a house within this allegorical garden inevitably begins to emerge. As Joseph Rykwert highlights: “[…] the shadow or outline of this inferred house has dogged many builders an architects, much as the enigmatically described plan of the garden, with its four rivers, has inspired so many decorators, weavers, makers of carpets, as well as gardeners. […]” That relationship of interdependence between man and Nature is an invitation to delve further and place the walls of this house where they were originally planned to be, in the midst of those trees which provide sustenance and at the same time the more solid promise of happiness. The materials themselves come from the earth and water and lighting and air conditioning rely on fire, wind and sun. It was decided to begin the layout of the garden on the traces of the existing structures avoiding their demolition wherever possible. It is important to stress that the building process in Siwa assumes forms similar to those of self-built housing which requires considerable physical commitment and effort on the part of the workers. The Arab garden because of its strong allegorical component, the villa rustica

23 Rykwert J._On Adam’s House in Paradise: The idea of the Primitive hut in Architectural History_MIT Press_1981 (traduzione italiana a cura di E. Filippini e R. Lucci_1972)


54. Progetto, vista della torre dal bordo della sorgente. Project, view of the tower from the spring.

95


per la sua spiccata componente allegorica e la villa rustica romana per la sua riuscita sintesi fra utilità e piacere hanno dettato, insieme alla tradizione costruttiva dell’oasi, i principi guida per il progetto. È stata riproposta la suddivisione in una pars dominica, prevalentemente abitativa, nella zona intorno alla grande riserva d’acqua ed una rustica, prettamente produttiva, nella metà occidentale del giardino.

romana because of its successful merging of utility and pleasure and the building tradition of the oasis have all heavily influenced the main guidelines laid down for this project. The plan provides for the subdivision of the complex into a pars dominica, or mainly residential section in the area around the large water reservoir and a pars rustica, i.e. a section devoted entirely to farming in the western half of the garden.

Pars dominica Pars dominica La parte abitativa è riconoscibile per l’assenza dei riquadri con le coltivazioni, hattia, e la presenza del terreno sabbioso che è in parte stato rimodellato per soddisfare le nuove esigenze. Il disegno si è articolato nella disposizione dei vari ambienti della residenza intorno alla grande riserva d’acqua che, portatrice di vita, ha generato l’intero impianto. L’approccio al costruito è stato ideato come un percorso che costeggiando il grande canale di drenaggio, si snoda fra i padiglioni intorno alle sponde della riserva, per culminare sulla sommità della torre dove viene ritrovato il rapporto visivo con l’intero giardino. L’ingresso avviene nella zona dei tre bagni, dove sono riproposti gli ambienti termali del calidarium, frigidarium e tepidarium. L’acqua sgorga abbondante dalla riserva e seguendo il suo flusso, giungiamo dinanzi all’alta torre colombaia che ospita la residenza vera e propria e si integra con l’ampia zona ombreggiata del mazallah. Attraversando il canale, a sud, si trova il piccolo volume della casa degli ospiti, sempre rivolto verso la grande piazza d’acqua, che tramite una serie di piattaforme di legno si arrampica dolcemente verso la casa sull’albero. Il terreno raggiunge il livello più alto intorno allo specchio d’acqua centrale, che assume quasi un aspetto for-

The residential area is recognisable because the land is not divided into squares or hattias for cultivation purposes and the presence of the sandy earth was partly re-modelled to meet new requirements. The plan provides for the distribution of various spaces in the house around the large water reserve which is the source of life responsible for the generation of the entire structure. The approach to the construct is conceived as a route which goes along the large drainage canal and spreads out among the pavilions around the banks of the reservoir culminating at the top of the tower where the visual relationship with the garden as a whole is retrieved. The entrance is situated in the area where there are three bathing rooms called calidarium, frigidarium and tepidarium. The water springs in great abundance from the reservoir and if one follows its course we arrive in front of the dovecote which is of course the heart of the residential area and links up with the vast area shaded by the mazallahs. On the other side of the canal, towards the south there is a small guest house which also faces the large “water square” (with the same function as the square of a village) and by means of a series of wooden platforms, one can gradually climb up to the house in the tree. The land reaches its highest level around the central water pool and nearly looks fortified and here one is reminded


55. Planimetria della pars dominica. General plan of the pars dominica.

1. Atrio 2. Sorgente 3. Bagno caldo 4. Grande riserva 5. Mazallah 6. Torre “colombaia” 7. Casa sull’albero 8. Casa degli ospiti 9. Bagno a secco 10. Cucina / deposito 1. Atrium 2. Spring 3. Calidarium 4. Large Reservoir 5. Mazallah 6. “Dovecote“ 7. House in tree 8. Guest house 9. Dry Toilet 10. Kitchen / Storage

97


56. La torre, piante dei piani terra e primo. The tower; ground and first floor plans.

tificato, evocando così, per la sua posizione centrale e rialzata, la tipica struttura romana del Castellum Aquae. La struttura, descritta da Frontino nel suo De Aquae Ductu Urbis Romae, era il serbatoio principale dell’acquedotto in cui l’acqua si raccoglieva per poi defluire fino alle abitazioni della città, che per il principio di gravità si doveva trovare alla quota più elevata. Le ombre proiettate dai volumi e il suono dell’acqua scandiscono il susseguirsi dei vari ambienti che sono visivamente legati fra loro grazie alla quota di calpestio costante e rialzata rispetto al contesto. Tutto è dominato dalla geometria elementare del cerchio e del rettangolo. La circonferenza della sorgente che trova eco nella pianta della torre, si articola e si arricchisce nello sviluppo verticale di quest’ultima. La composizione che ha origine nell’acqua si sviluppa in un crescendo verticale - fatto di karshif, legno e luce - verso la sommità della torre. Qui, recuperato il contatto visivo con l’elemento naturale, l’ampio riflesso della torre si tuffa di nuovo nella grande riserva d’acqua, sancendo la ciclicità dell’intero processo. Il percorso viene amplificato al resto dei sensi dal rumore dell’acqua che scorre e dagli inebrianti profumi delle piante e degli alberi da frutto. Pars dominica e pars rustica, nonostante la loro teorica distinzione, rimangono infatti parte di un unico sistema dualistico internoesterno determinato dal recinto perimetrale.

of a typical Roman Castellum Aquae due to the central and raised position of the construct. This structure is described by Frontinus in De Aquae Ductu Urbis Romae as the main reservoir of the aqueduct in which the water was collected and then channelled on to the houses in the city. The system functioned by virtue of the principle of gravity which is why the reservoir had to be at the highest point. The shadows cast by these volumes and the sound of the water mark the passing from one space to the next. These are linked together visually thanks to the higher pavement which is raised compared to the surroundings. The dominating themes are the elementary geometrical shapes of the circle and the rectangle. The circumference of the spring is echoed in the plan for the tower. These round shapes stretch out and are emphasised even more by the vertical thrust of the dovecote. The composition starts off with water and as one reaches the top of the tower it develops in a vertical crescendo made of karshif, wood and light. Here, visual contact with the elements of Nature is regained and the large reflection of the tower dives into the water reservoir yet again, as if to confirm the cyclical nature of the whole process. This journey is further enhanced by the awakening of the other senses with the gurgling of water as it flows along and the inebriating smells from plants and fruit trees. Pars dominica and pars rustica: despite the theoretical distinction between the two, they are in reality part and parcel of a single dualistic interior-exterior system delineated by the perimeter wall.

.La torre colombaia e il mazallah

.The dovecote and the mazallah

La residenza vera e propria si trova all’interno della torre in karshif, alta 12 m, che domina l’intera composizione. La visione dell’edificio, dall’esterno del giardino, vuole rievocare la visione in lontananza dell’antica cittadella di Shali agli occhi di un viaggiatore che dal deserto giungeva a Siwa. Le forme, le proporzioni e la distribuzione

The residential part proper is located inside the karshif tower which is 12 m tall and dominates the entire complex. The view of the building from outside the garden should vaguely remind one of the ancient citadel of Shali as it must have appeared when seen from a distance by the eyes of the travellers who had arrived from the desert. The shapes, propor-

98


.00

1. 2. 3. 4. 5. 6.

Focolare Cisterna d’acqua Troppopieno Soggiorno Bagno a secco Terrazza

1. 2. 3. 4. 5. 6.

Fireplace Water tank Cistern overflow Living room Dry bathroom Terrace

.01

99


interna sono state ispirate dall’architettura vernacolare della torre colombaia che a tratti caratterizza il paesaggio rurale dell’oasi. La tipologia a torre si è rivelata inoltre la più adatta per proteggersi dalla forte umidità del terreno. La pianta circolare ha lo stesso diametro della sorgente (6.9 m) ed esattamente come essa si innesta alla grande riserva d’acqua. L’abitazione lascia posto al piano terra ad un ampio specchio d’acqua circondato da un deambulatorio. L’acqua dalla riserva defluisce sotto la torre riempiendo la vasca e riversandosi successivamente nel canale di drenaggio, attraverso il nuovo troppopieno posizionato sotto il volume del bagno. L’ampio dislivello della caduta amplifica il rumore dell’acqua che esce dalla torre per defluire in direzione del lago salato. Gli spessi muri, 80 cm alla base e 30 alla sommità, si snelliscono verso l’alto conferendo all’edificio la sua forma rastremata. L’ingresso alla torre avviene attraverso la scala elicoidale all’interno del mazallah e la distribuzione interna si articola su tre piani; prima di accedere all’ambiente introverso e riservato della colombaia, l’ampia copertura del portico offre una vista panoramica del giardino, dando inizio a quell’ascensione verticale che culminerà nel belvedere della torre. Il primo piano, adibito a soggiorno, è progettato per sedersi comodamente a terra intorno al pozzo centrale che, se aperto, partecipa al raffrescamento passivo, se chiuso, diviene un piano d’appoggio. Una porta opposta a quella d’ingresso immette nel volume del bagno, leggermente separato dalla torre e connesso ad essa attraverso un passaggio sospeso coperto da una struttura in foglie di palma intrecciate. Un ampio camino a tre bocche provvede al riscaldamento degli ambienti interni e costituisce l’imposta della scala di legno che sale fino alla sommità della torre. I due piani superiori, adibiti rispettivamente a camera 100

tions and internal distribution of space were inspired by the vernacular architecture of the dovecote so typical of parts of the rural oasis landscape. The tower proved to be the most suitable design to ward off the considerable humidity in the soil. The diameter of the circular plan is the same as that of the spring (6.9 m) and just like the spring it starts at the large water reservoir. The house leaves plenty of space on the ground floor for a large water pond which is surrounded by an ambulatory. The water flows from the reservoir under the tower towards the pool which it fills; it is then channelled into the drainage canal by means of a new overflow located under the bathroom. The water falls down from a height which amplifies the sound it makes as it exits the tower and makes its way towards the salt lake. The thick walls, 80 cm at the base and 30 cm thick at the top, grow thinner as they go higher which gives the building a tapered shape. Entrance to the tower is provided by a spiral staircase inside the mazallah and the interior is distributed over three floors: before entering the most private and intimate part of the dovecote an excellent view of the garden can be enjoyed from the portico which is covered with a roof where the upwards thrust of the building starts, culminating in the tower which also offers a scenic view. The first floor is a sitting room where there is indeed plenty of room to sit comfortably on the ground around the well placed in the centre which if open provides passive cooling and if closed turns into a table. The door opposite the front door leads into the bathroom which is kept slightly separate from the tower and connected to it by means of a suspended passageway covered by a structure in woven palm leaves. A wide chimney with three stacks provides heating to the rooms and a shutter to the wooden staircase which goes up to the top of the tower. The two upper floors are a bedroom and a belvedere study


57. La torre, piante dei piani secondo e terzo. The tower; second and third floor plans.

.02

.03

7. Camera da letto 8. Scrittoio / belvedere 7. Bedroom 8. Scriptorium / overlook

101


da letto e scrittoio-belvedere, presentano una struttura più aerea e leggera, lasciando ampi spazi a tutta altezza, che permettono una percezione unitaria dell’interno. L’illuminazione naturale, più intensa verso l’alto, permea l’intero edificio aumentando il senso e il desiderio di ascensione, enfatizzato dal giro di corde che reggono i gradini della scala. Nell’ampio spessore delle pareti sono ricavate delle nicchie per sopperire alla quasi totale assenza di arredi. Le aperture, studiate accuratamente per favorire la ventilazione ed il raffrescamento, sono di tre tipologie a seconda della funzione: quelle per la vista (50x70 cm), sono collocate in basso adattandosi all’usanza di sedere per terra, mentre quelle per la ventilazione sono collocate più in alto. Alcune bucature più modeste ma con le stesse proporzioni (40x56 cm) sono tamponate da sottili lastre di salgemma che svolgono una funzione di pura illuminazione con un effetto simile a quello dell’alabastro. Nello scrittoio collocato in cima alla torre tre finestre più ampie (50x180 cm) creano dei tagli verticali nella muratura, consentendo di ritrovare il contatto visivo con l’acqua della riserva e il resto del giardino. La fitta trama di bucature, nicchie e piattaforme aeree che a tratti lasciano a vista la travatura, rievoca l’interno di una torre colombaia; l’effetto è amplificato ulteriormente dalla fitta trama di legni di ulivo disposti a coppie che affiorano all’esterno dalla muratura. Questi, in parte già presenti nella tradizione costruttiva di Siwa, sono ispirati alla moschea di Djenné in Mali e assolvono a svariate funzioni: provvedono alla connessione trasversale dei vari strati della muratura, forniscono un’utile impalcatura per la costruzione e facilitano la ciclica manutenzione dell’esterno permettendo ai muratori di arrampicarsi lungo la torre. La tradizionale struttura orizzontale del mazallah, il cui modulo iniziale è stato raddoppiato, s’innesta allo slan102

respectively and have a lighter more spacious structure with plenty of room in terms of height which confers a sense of unity to the interior. The natural lighting is more intense as one goes up and permeates the entire building increasing the feeling of and the wish to go up which is further amplified by the ropes holding the steps of the staircase together. Niches have been created in the thick walls to compensate for the virtual total lack of furnishings. There are three types of openings which were carefully studied for ventilation and cooling purposes, the openings used to see out (50×70 cm), which are lower down and in keeping with the custom of sitting on the ground and those used for ventilation which are higher up. Some more modest holes of the same size however (40×56 cm) are covered over by thin layers of rock salt and are there simply to provide light similarly to what is obtained with the use of alabaster. In the study at the top of the tower, there are three larger windows (50×180 cm) which create vertical openings in the wall which re-establish visual contact with the water of the reservoir and the rest of the garden. The thick pattern of holes, niches and raised platforms which allows the beams to be seen in part is evocative of the interior of a dovecote; this effect is further amplified by the closely knit weave of olive logs in pairs which are visible on the surface of the wall. These olive logs were found already in some of the building tradition of Siwa and inspiration for their use also came from the Mosque of Djenné in Mali. These logs carry out a variety of functions: they provide a transverse connection for various layers of brickwork, useful scaffolding for building and make the regular maintenance work of the façade easier by enabling the bricklayers to climb up the tower. The traditional horizontal structure of the mazallah (the original area for this was actually doubled and is intertwined with


58. La torre, prospetto. The tower, elevation.

103


ciato volume verticale della torre, creando un ambiente ombreggiato al riparo dal cocente sole estivo. Fra i pilastri centrali, più piccoli di quelli perimetrali troncopiramidali, è ricavato uno spazio per il focolare in prossimità del quale il solaio superiore è sfondato per consentire l’uscita del fumo.

the vertical volume and thrust of the tower. This creates a shaded area away from the scorching summer sun. Among the central pillars which are smaller than the truncated pyramid external ones room has been made for a fire and above this area there is an opening in the ceiling to allow the smoke to exit.

.La casa degli ospiti e la casa sull’albero

.The guest house and the house in the tree

Dalla sponda meridionale della grande riserva, grazie ad un attraversamento in semi-tronchi di palma, si raggiunge un’ampia piattaforma di legno sospesa da spessi tronchi sopra i canali di drenaggio; questa si sviluppa intorno ad un’alta palma centrale inserendosi fra il piccolo volume del bagno e quello della casa degli ospiti. Una ripida scala permette di arrampicarsi su un’ulteriore piattaforma incastrata sui tronchi di altre tre palme. Lo spazio così definito, all’ombra delle lunghe fronde degli alberi, costituisce un microcosmo diverso dal resto del giardino che permette di godere la vicinanza dell’acqua e il suo mormorio da una posizione rialzata e a più diretto contatto con il verde, richiamando il sogno infantile di una casa sull’albero. La leggerezza della struttura lignea richiama in scala minore il carattere aereo della torre colombaia, in un articolato dialogo fra i quattro elementi – aria, acqua, fuoco, terra - che pervade l’intero progetto. La casa degli ospiti (20 mq) è costituita da un semplice e tradizionale volume in karshif, rastremato verso l’alto, che si affaccia a nord in direzione dello specchio d’acqua. L’orditura del solaio, in semi-tronchi di palma, affiora dalla muratura perimetrale ed una breve scalinata consente l’accesso diretto alla zona del frutteto. Quattro finestre (50x70 cm) sulla parete esposta a nord consentono l’illuminazione e in combinazione con le piccole aperture a sud (25x35 cm) garantiscono la ventilazione.

From the southern part of the large reservoir, thanks to a passageway of palm semi logs one can reach a large wooden platform suspended by means of thick trunks above the drainage canals. It is located around a tall central palm tree and fits in between the small bathroom area and that of the guest house. A steep staircase allows for climbing up the tree to reach another platform fixed on the trunks of three other palm trees. This delineated space, in the shade of the long branches of the trees, provides a microcosm quite different from the rest of the garden in that one can enjoy the proximity of the water and the noise it makes from a raised position and be in more direct contact with the surrounding greenery, recalling childhood dreams of a treehouse. The light wood structure is evocative to a certain extent of the aerial nature of the dovecote in that there is an articulated dialogue between the four elements: air, water, fire and earth. Which permeates the entire project. The guest house (20 Sqm) is a simple, traditional space built in karshif, tapered towards the top and facing north in the direction of the water pool. The girder of the ceiling in palm semi logs protrudes from the perimeter wall and a short staircase allows for direct access to the orchard area. Four windows (50×70 cm) on the wall exposed to the north provide light and along with the smaller openings facing south (25×35 cm) provide ventilation.

104


59. La torre, sezione. The tower, section.

105


.La cucina Il piccolo volume della cucina-deposito, a fianco del mazallah, è stato in parte modificato ed integrato con piccoli accorgimenti che sopperiscano alla mancanza di energia elettrica all’interno del giardino. La sua posizione ribassata rispetto al resto dell’insediamento e l’accesso di servizio le conferiscono un aspetto subordinato all’interno della composizione. La muratura in tobe viene rivestita con uno strato di finto karshif che uniforma l’edificio alle altre costruzioni, conferendogli quella forma leggermente rastremata verso l’alto. La copertura, seppur riutilizzando le travi di ulivo, necessita di un totale rifacimento mentre l’unica finestra viene totalmente sostituita con un infisso di produzione artigianale (50x70 cm) uguale a quelli utilizzati per la torre. La vera funzione di questo annesso sarà quella di deposito, in quanto per cucinare verrà acceso un fuoco nella zona antistante oppure sarà utilizzato il forno connesso all’ipocausto del bagno caldo. Di fronte alla cucina, in prossimità della grande riserva d’acqua, è prevista una zona con acqua corrente proveniente direttamente dalla sorgente per poter lavare le stoviglie. Sono previsti anche dei piccoli ambienti ipogei scavati nella terra e nelle spesse pareti della torre, per tenere al fresco alimenti e bevande. Il cibo non reperibile nel giardino verrà portato di volta in volta dal vicino centro di Siwa.

.The kitchen The small kitchen cum storeroom space beside the mazallah was partly modified and added to with small devices to overcome the lack of electricity in the garden. Its lower position compared to the rest of the complex and its service door convey its secondary importance in the hierarchy of the complex. The tobe brick walls are coated with a layer of fake karshif which makes the building look like the others giving it a slightly tapered look in its upward section. The roof requires total refurbishment although old olive beams are to be recycled whereas the only window is entirely replaced with a hand-crafted (50×70 cm) frame like the ones used for the tower. The main function of this annex is that of a storeroom in that cooking will be on a fire in the area opposite or in an oven connected to the hypocaust of the calidarium. Opposite the kitchen and near the large water reservoir an area has been planned with running water coming straight from the spring so as to wash the dishes. There are small underground spaces dug into the ground and the thick walls of the tower keep food and drinks cool. The food which does not come from the garden will be brought in as needed from the nearby centre of Siwa.

.I tre bagni

.The three bathing rooms

La zona che comprende la sorgente, la grande riserva d’acqua e il bagno delle donne è stata riadattata per ri-

The area including the spring, the large water reservoir and the women’s bathroom has been converted to reproduce the

106


60. Plastico, argilla e sabbia. Physical model, clay and sand.

107


108


61. Progetto, sezione del giardino. Project, section of the garden.

109


110


62. Progetto, sezione del giardino. Project, section of the garden.

111


produrre i tre tipici ambienti termali del frigidarium, tepi-

three typical thermal baths called frigidarium, tepidarium and

forme diverse e si tinge di tutte le sfumature del verde

and colours. It takes on different shades of green thanks to

darium e calidarium. È un tripudio d’acqua che assume

donate dal riflesso degli alberi; la sorgente, per la sua profondità, mostra i toni più intensi dominati dal verde

smeraldo animato dalle piccole bollicine che emergono dalla superficie piatta.

Tutte le strutture necessitano il ripristino dello strato

d’intonaco di finitura. I troppo-pieni degli invasi sono

calidarium. This is a celebration of water in its different forms the generous reflection of the trees. The spring, because of its depth, is coloured with the most intense hues of emerald green but it is also lively thanks to the minute bubbles which come up to its flat surface. All the buildings are in need of a fresh finishing coat of

stati modificati, permettendo l’innalzamento del livello

plaster. The overflows of the baths have been modified so as

ne; il troppo pieno della riserva è stato collocato sotto il

ting into it more pleasant; The overflow of the reservoir was

dell’acqua di 15 cm per rendere più piacevole l’immersio-

to allow the level of the water to rise by 15 cm to make get-

volume del bagno adiacente alla torre, prevedendone un

inserted under the bathing room beside the tower and a sec-

secondo, ad ovest, per consentire lo svuotamento indipendente della cisterna sotto la colombaia.

Il bagno delle donne è stato spostato di circa un metro

più a nord per permettere il passaggio lungo il bordo del-

la grande riserva; nella parete est del bagno viene aperto

ond one has been planned to the west to allow for separate emptying of the cistern under the dovecote. The women’s bathing room has been moved about one metre north to allow for a pathway along the edge of the res-

un grande forno che oltre ad essere utile per cucinare,

ervoir; in the eastern wall of the bathing room there is to be a

cendo l’ipocausto romano.

nel hot air towards the bath thereby recreating the Roman

convoglia l’aria calda all’interno della seduta, riprodu-

L’acqua proveniente dalla sorgente, prima di riempire il

bagno caldo, viene riscaldata passando attraverso una serpentina a contatto con il forno. Nella sorgente l’acqua

ha una temperatura costante minore rispetto a quella della grande riserva, più tiepida grazie alla limitata profon-

dità e alla maggior estensione della superficie esposta al sole.

Tutti e tre gli ambienti, normalmente connessi fra loro,

possono essere svuotati indipendentemente attraverso delle aperture nei canali di drenaggio. 112

large oven which can be useful for cooking but also to chanhypocaust. The water from the spring before it fills the hot bath is heated by going through a coil which is connected to the oven. The constant temperature of the spring water is lower than that of the reservoir which is warmer because it is less deep and more of its surface is exposed to the sun. All three rooms are generally connected to each other but can be emptied separately thanks to a system of openings in the drainage canal.


Pars rustica Pars rustica Questa è la parte del giardino vero e proprio dove è possibile perdersi fra le alte chiome degli ulivi che quasi si toccano fra loro. La rigorosa geometria non è quella del giardino all’italiana ma quella dei campi coltivati, dai quali svettano alte palme come silenziosi guardiani. La profonda armonia, scandita dal rumore dell’acqua e dai colori inebrianti, nasconde una dura lotta apparentemente vinta contro l’aridità del deserto. La pars rustica comprende tutto il giardino ad eccezione della zona edificata intorno alla grande riserva d’acqua, facilmente individuabile grazie alla suddivisione del terreno in piccoli riquadri, hattia, destinati alle coltivazioni ed irrigati per allagamento con l’acqua proveniente dalla grande cisterna rialzata; alcuni di questi sono stati interrati per far posto al lago e al recinto degli animali, altri ancora modificati per la creazione del frutteto. Vista l’assenza di molti ulivi rispetto alla configurazione originaria del giardino, ne sono stati spostati e trapiantati alcuni dove necessario. Alcuni ulivi sono stati spostati e trapiantati in sostituzione di quelli mancanti per ripristinare la configurazione originaria del giardino. I sistemi d’irrigazione e di drenaggio dovranno essere ripuliti ed in parte modificati per assecondare i cambiamenti apportati alle coltivazioni. È necessario inoltre ripristinare l’intero sistema di chiuse costituito da blocchi di pietra rossa a gruppi di tre. L’entrata secondaria al giardino nella parte occidentale è stata ampliata per consentire un accesso carrabile fino all’annesso agricolo. Camminando fra le coltivazioni si devono percorrere gli appositi “corridoi” di terra rialzati, evitando di calpestarne i bordi, in modo tale da non alterare le pendenze del terreno da cui dipende il corretto funzionamento dell’articolato sistema d’irrigazione.

This is the real garden, where one can wander in among the tall olive trees with branches nearly touching each other. The strict geometry here is not reminiscent of an Italian garden rather of cultivated fields from which tall palm trees rise like silent guardians. The profound harmony marked by the noise of water and the intoxicating colours conceals a fierce battle apparently won against the barrenness of the desert. The pars rustica includes the entire garden with the excep-

tion of the buildings around the water reservoir and is easy to identify thanks to the subdivision of the land in small squares called hattias which are used for crops and irrigated by

flooding with water from a large raised tank. Some of these have been buried to make room for the lake and the animal compound. Others have been restructured to create an or-

chard. Because there are a lot less olive trees compared to the original garden layout, some were moved and replanted when necessary. Some olive trees were moved and replanted to replace missing ones and recover the original layout of the garden. The irrigation and drainage systems will require cleaning and need partial adjustment to cater for changes made to the crops grown. Refurbishment of the entire sluice-gate system consisting of red stone blocks in groups of three will also be necessary. The secondary entrance to the garden in the western part has been expanded so as to allow vehicles to access the farm annex. It should be possible to walk through the cultivated part of the garden on special, raised, earthen

“corridors” so as not to walk on the edge of the field as this could alter the slope of the land which must not change if the articulated irrigation system is to work. 113


.L’annesso agricolo

.The farm annex

Il manufatto, situato a nord-ovest, comprende il piccolo edificio adibito a deposito-bagno con annesso il recinto degli animali. Alla muratura in tobe è stato applicato uno strato di finitura di finto karshif leggermente rastremato verso l’alto, mentre la copertura è stata completamente sostituita nella parte rialzata del bagno e la stanza a sud è stata adibita a deposito per gli utensili da lavoro e per la cura degli animali. Nella zona adiacente sono stati interrati alcuni hattia per far posto ad una struttura (12x5 m) di foglie di palma intrecciate sostenuta da un’orditura in tronchi di ulivo, in modo da formare un recinto chiuso con una tettoia che garantisca ombra e riparo a capre ed asini. L’accesso in prossimità dell’annesso agricolo è stato reso carrabile per facilitare le operazioni di carico-scarico.

This construction is situated towards the north-west and consists of a small building used as a storeroom and bathroom to which the animal shed is annexed. A finishing layer of fake karshif was applied to the tobe wall which tapers as it goes upwards whereas the roof was entirely replaced in the higher section of the bathroom and the southwards facing room used as a storeroom for working tools and objects used to look after the animals. Some hattias in the adjacent area have been buried to make room for a structure (12×5 m) made of woven palm leaves and supported by a frame of olive logs forming a fenced-in area with a roof to provide shade and shelter to the goats and donkeys. The point of access near the farm annex has been converted to cater for farm vehicles and make loading and unloading easier.

.Il lago

.The lake

In prossimità dell’angolo sud-ovest del giardino è stato creato un ampio lago artificiale (15x9 m), alimentato da un canale di drenaggio esterno, con un flusso in entrata e in uscita per garantire il ricambio d’acqua. Il lago potrà ospitare alcune varietà di pesci e le sponde, bordeggiate da un fitto canneto, saranno di richiamo per animali ed uccelli acquatici. Gli ulivi espiantati per far posto al lago verranno trapiantati in altri hattia, mentre la palma che affonda le radici in mezzo allo specchio d’acqua continuerà a fruttificare su una piccola isola; la forma del lago è rettangolare come gli hattia, inserendosi fra questi senza turbare la geometria complessiva e creando una piacevole pausa all’interno della serrata successione di campi ed ulivi.

A large artificial lake was created in the south-west corner of the garden (15×9 m). Its water supply comes from an external drainage canal with a sufficient flow rate upon entering and leaving the lake so as to ensure adequate water exchange. Different fish species will be able to live in the lake and its banks surrounded by a thick reed bed will attract aquatic animals and birds. The olive trees which were dug up to make room for the lake will be replanted in other hattias, whereas the palm tree growing in the middle of the water will continue to bear fruit on a small island; the shape of the lake is rectangular, like the hattias, so it fits in among them without upsetting the overall geometry and creates a pleasant interlude in a tightly knit succession of fields and olive trees.

114


.Il frutteto

.The orchard

Le coltivazioni con gli ulivi sono per lo più rimaste immutate con l’eccezione di tutta l’area sud-est del giardino convertita in frutteto allo scopo di riprodurre l’ampia varietà di frutti ed aromi un tempo caratteristica dell’oasi, come descritto dai numerosi viaggiatori; saranno piantati aranci, mandarini, limoni, pompelmi, fichi, peschi, albicocchi, meli, peri, banani, melograni e pistacchi. Per far in modo che ogni albero da frutto si trovi in un riquadro distinto, gli hattia ed il sistema d’irrigazione sono stati in parte modificati. L’area è vicina alla torre e facilmente accessibile dalla casa degli ospiti.

The areas where olive trees are growing have by and large not changed with the exception of the entire south-west part of the garden which has been converted into an orchard with a view to reproducing a wide variety of fruit and smells which were once so characteristic of the oasis as described by many travellers. Orange, mandarine, lemon, grapefruit, fig, peach, apricot, apple, pear, banana, pomegranate and pistachio trees will be planted. So as to ensure that each fruit tree is in a separate square, the hattias and the irrigation system have been partly modified. This area is close to the tower and easily accessible from the guest house.

Aggiornamento tecnologico Technological update Com’è già stato evidenziato nei capitoli precedenti, il paesaggio urbano dell’oasi di Siwa sta subendo un drammatico mutamento soprattutto per la diffusione di nuove tecnologie costruttive ad elevata aggressività ambientale. Le costruzioni in tobe e quelle in cemento armato e laterizio si stanno velocemente affermando per la loro rapidità di esecuzione ma la loro scarsa inerzia termica impone alti costi in termini di consumo energetico. È successo che una famiglia siwana, dopo aver iniziato ad abitare una nuova casa in cemento armato, torni ad occupare la vecchia abitazione in karshif le cui spesse pareti offrono una migliore climatizzazione. In tale contesto la proposta progettuale è stata dettata dalla scelta di conservare la tradizione costruttiva locale, seppur aggiornandola con accorgimenti tecnici per migliorarne l’efficienza senza stravolgerne la natura.

As mentioned earlier the urban landscape of the Siwa oasis is undergoing dramatic change especially due to the dissemination of new building technologies which have a particularly aggressive impact on the environment. The constructions in tobe and in concrete and bricks are quickly taking over as they allow for quicker building but their poor thermal inertia leads to higher cost in terms of energy consumption. It has happened that Siwan families have moved to a new house in concrete but then moved back to their old home in karshif as its thick walls provide better insulation. In this regard the planned project was determined on the basis of a deliberate decision to preserve the local building tradition albeit updating it with the appropriate technical adjustments so as to improve it without changing it completely. 115


.Le fondazioni

.The foundations

Per l’attacco a terra delle fondazioni è stata scelta la soluzione con cordolo in pietra rossa sedimentaria per proteggere la parete superiore in karshif dall’umidità di risalita. Fra queste due è stata però prevista una guaina impermeabilizzante per contrastare la forte umidità del terreno. La parte di muratura in pietra rossa è più alta del consueto per fronteggiare la vicinanza delle cisterne. Lo scavo non viene infine riempito con i soliti strati di terra e sabbia ma con un vero e proprio vespaio costituito da blocchi di pietra rossa e detriti; questo accorgimento dovrebbe garantire una vita più lunga alle spesse pareti in karshif della torre.

So as to ensure proper adhesion to the foundations a solution with a sedimentary red stone foundation girder was selected to protect the upper wall in karshif from the rising humidity. A waterproof sheath has been planned to be inserted between the two so as to fend off the considerable moisture in the ground. The red stone section of the wall is higher than usual because of the vicinity of the cisterns. The excavated area is not filled with the usual layers of earth and sand but with a proper wasp’s nest-like structure consisting of red stone and rubble; this should guarantee a longer lifespan to the thick walls in karshif of the dovecote.

.La muratura

.The masonry

Le nuove murature che si elevano sopra le fondazioni in pietra rossa sono costruite con la tradizionale tecnica di karshif e tilaght e dovranno essere innalzate durante i mesi più caldi per consentire tempi veloci di essiccamento. L’ipotesi di squadrare i blocchi di karshif, inizialmente presa in considerazione, è stata scartata perché comporterebbe un totale snaturamento del sistema costruttivo, caratterizzato dalla forte coesione che si viene a creare fra i blocchi irregolari di karshif e il tilaght. Nel rivestimento esterno in tilaght è prevista l’aggiunta di alcune componenti, come calce e pietra calcarea, con funzione di isolamento per contrastare il rapido deterioramento causato dagli agenti atmosferici. La fitta maglia di tronchi di ulivi inseriti nelle pareti della torre migliora le prestazioni della muratura, funzionando da collegamento orizzontale dei vari strati; questa tecnologia, già rinvenibile in alcuni edifici dell’oasi, viene estesa nel progetto alla quasi totalità della muratura.

The new walls built on the red stone foundations will be built according to the traditional technique of karshif and tilaght and should be raised during the hottest months of the year to allow for quick drying. The possibility of squaring the blocks of karshif, which was initially considered was eventually rejected as it would have denatured the entire construction system characterised by the strong cohesion between the irregular karshif blocks and the tilaght. For the external coating in tilaght the addition of some components such as lime and limestone designed to insulate and protect against the rapid deterioration caused by the weather conditions. The tight mesh of olive logs inserted into the walls of the tower enhances the performance of the masonry and acts as a horizontal connection between the various layers; this technology is used in some of the buildings of the oasis and is to be extended to virtually all the walls in the project.

116


63. Progetto, dettaglio costruttivo. Project, architectural detail.

1 2 3 4 5

1. Malta a base di calce e pietra calcarea 2. Battuto di sabbia h: 7 cm 3. Membrana isolante in lattice 4. Stuoini di foglie di palma 5. Interstizzi ventilati 6. Tavolato di semi-tronchi di palma rettificati 7. Cordolo di legno di palma 8. Riempimento in tilaght e schegge di karshif 9. Architrave in semi-tronchi di palma 10. Infisso artigianale 80x150 cm 11. Tavolato di assi di castagno 12. Orditura principale in pino rigido 20x20 cm 13. Tronchi di ulivo 14. Blocchi irregolari di karshif 15. Malta di tilaght 16. Rivestimento interno in malta di tilaght 17. Malta di tilaght con calce e pietra calcarea 18. Infisso artigianale 50x70 cm 19. Tassello in Karshif 20. Malta di calce e pietra calcarea 21. Battuto di terra riportata e sabbia 22. Muratura di contenimento in karshif e tilaght 23. Battuto di sabbia 24. Tavolato di semi-tronchi di palma rettificati

6

7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 11

1. Calcareous lime mortar 2. Sand screed h: 7 cm 3. Damp-proofing with latex 4. Small mat made of palm leaves 5. Ventilated interstices 6. Plank made of rectified semi-logs of palm tree 7. Sprandel beam made of palm 8. Tilaght and karshif replenishment 9. Architrave made of semi-logs of palm tree 10. Handmade window fixtures 80x150 cm 11. Chestnut plank 12. Pitch-pine main ceiling structure 20x20 cm 13. Olive branches 14. Irregular karshif blocks 15. Malta di tilaght 16. Inner plaster made of tilaght mortar 17. Calcareous lime mortar 18. Handmade window fixtures 50x70 cm 19. Karshif plug 20. Calcareous lime mortar 21. Soil screed and sand 22. Containment wall made of karshif e tilaght 23. Sand screed 24. Plank made of rectified semi-logs of palm tree

7 17

9 18

19

20 21 22 23 24

117


Per evitare le tipiche crepe in corrispondenza dell’appoggio delle travi e distribuire più uniformemente il carico dei solai, sono stati previsti dei cordoli costituiti da una spezzata di tavole di palma che si assottigliano nei punti di giuntura dove sono inseriti dei perni verticali di ulivo.

To avoid the typical cracks in the areas where the beams are placed and in order to distribute the weight of the ceilings in a more uniform fashion, girders made of sections of palm wood sheets will be used: these will be thinner in the area close to the joints where vertical olive pins will also be placed.

.I solai

.The horizontal strucure

Sono state impiegate due metodologie costruttive diverse per i solai di copertura e quelli interni alla torre. Considerando la luce ragguardevole dell’orditura principale della colombaia sono state utilizzate travi di pino rigido importate dal Cairo invece dei tradizionali semi-tronchi di palma. Le travi, che non affiorano come di consueto dalla muratura, prendono aria attraverso delle piccole aperture nella parete in corrispondenza degli appoggi. Le modifiche apportate al pacchetto di copertura mirano al miglioramento delle prestazioni d’isolamento termico e d’impermeabilizzazione e prevedono la creazione di un sistema di drenaggio per l’acqua piovana. I semi-tronchi che costituiscono il tavolato sono stati rettificati e gli interstizi ventilati sono protetti da uno stuoino in foglie di palma per evitano la formazione di condensa. L’aggiunta di una guaina impermeabilizzante e di una canna vuota come pluviale, permette l’allontanamento dell’acqua dall’edificio in caso di pioggia. La copertura in caso di necessità è raggiungibile tramite i tronchi di ulivo affondati nella parete sud della torre. Per quanto riguarda i solai del secondo e terzo piano si è imposta la necessità sia costruttiva che compositiva di utilizzare una struttura più leggera ed aerea, costituita da un tavolato di assi di castagno sorretto da un’orditura in tronchi di pino. Il progressivo rotamento della direzione dell’orditura ai vari piani, insieme alla forma rastremata delle pareti aumenta la stabilità dell’intera struttura.

Two different building methods were used for the floors and ceilings inside the tower. Considering the considerable span of the main frame in the dovecote, rigid pine beams imported from Cairo were used instead of the traditional palm semi logs. The beams which do not protrude as they usually do from the wall take air from the small openings in the walls where the points of support are located. The alterations made to the roof materials are designed to enhance its thermal insulation and waterproof properties which also require the creation of a drainage system for rain water. The semilogs which form the planking were levelled and the aired cavities were protected with a mat of palm leaves to avoid condensation. The addition of a waterproof sheath as well as the use of a hollow cane as a drainpipe keeps the water away from the building when it rains. If necessary, access to the roof is possible by means of the olive trunks sunk into the southern wall of the tower. As for the ceilings/floors of the second and third floors, it was necessary to select a lighter and airier structure for material and construction reasons: planks of chestnut were used, supported by a frame in pine logs. The gradual rotation in the direction of the structure of the various floors, along with the tapered shape of the walls enhances the stability of the entire structure.

118


.La scala

.The stairs

Tutte le scale del progetto sono state realizzate con la tecnologia tradizionale ad eccezione della scala elicoidale interna alla torre. Per ragioni compositive si è preferito utilizzare una struttura che conferisse leggerezza ed un carattere aereo in sintonia con il resto della colombaia. La scala è costituita da spesse tavole di pino rigido inserite nella muratura in karshif e funzionanti come mensole, nella cui parte aggettante è praticato un foro per l’inserimento di lunghe corde sostenute da tronchi di ulivo incastrati nella parete.

All the stairs in the project were built according to the traditional technology with the exception of the spiral staircase inside the tower. For reasons of design, here preference was given to a lighter, airier structure in keeping with the rest of the dovecote. The stairs are made of thick, rigid pine planks inserted into the karshif wall and used also as shelves. Their protruding part is pierced with a hole through which long ropes are inserted supported by olive logs embedded in the wall.

La climatizzazione naturale Natural air conditioning La ricerca di soluzioni in grado di garantire la climatizzazione naturale è stata uno dei principi cardine dell’intero percorso progettuale. Come spiega il grande maestro egiziano Hassan Fathy in merito al compito dell’architettura nei climi aridi: “[…] L’obiettivo principale che un edificio deve raggiungere è di cambiare il microclima. […] La configurazione degli edifici, il loro orientamento e la loro disposizione nello spazio creano uno specifico microclima per ogni sito. A ciò bisogna aggiungere i materiali da costruzione, le texture, i colori delle superfici e il disegno degli spazi aperti […]. Questi elementi costruiti ad opera dell’uomo interagiscono con il naturale microclima e determinano i fattori che incidono sul comfort dell’ambiente costruito: luce, calore, vento ed umidità. […]” 24 In un contesto in cui la temperatura estiva può sfiorare i 50°, con profonde escursioni termiche fra il giorno e la notte, è di primaria importanza tenere sotto controllo tutti i fattori che influenzano il comfort climatico. L’architettura dell’oasi nasce ecosostenibile fin dalla sua origine

The search for solutions capable of providing natural air conditioning was one of the cardinal principles in the entire project. As the great Egyptian master, Hassan Fathy tells us, referring to the role of architecture in dry climes: “[…] However, the built environment produces changes in the microclimate. […] The configuration of buildings, their orientations, and their arrangement in space create a specific microclimate for each site. To this must be added the building materials, surface textures and colors of exposed surfaces of the buildings, and the design of open spaces […]. These man-made elements interact with the natural microclimate to determine the factors affecting comfort in the built environment: light, heat, wind, and humidity. […]” 24 In an environment in which summer temperatures can rise to close to 50°, with considerable differences in the temperature during the day and night it is of paramount importance to keep a watchful eye on all the factors which may influence climate comfort. The architecture of the oasis has been environmentally sustainable ever since its incep-

24 Fathy H._Natural Energy and Vernacular Architecture_University of Chicago Press_Chicago 1986

119


con accorgimenti nell’orientamento delle aperture, nella distribuzione degli ambienti interni e nello spessore delle murature. La tradizione costruttiva delle zone desertiche mostra come questo tipo di progettazione, oggi chiamata con l’avveniristico appellativo di green architecture, sia all’origine dell’architettura stessa. Il beneficio nell’utilizzo del karshif è la capacità che il muro acquisisce di affrontare le difficili condizioni climatiche esterne, mantenendo bassa la temperatura degli ambienti interni. L’esposizione e la grandezza delle finestre è stata minuziosamente verificata creando aperture su pareti opposte per favorire il ricircolo dell’aria. L’intero volume della torre colombaia può essere considerato come una struttura per il raffrescamento passivo sull’esempio delle antiche torri del vento iraniane o dei malqaf egiziani. L’aria calda entra al piano terra grazie alle ampie aperture e si raffredda al contatto con l’acqua della cisterna. Il pozzo circolare, nel solaio del primo piano, permette all’aria fresca di entrare all’interno dell’edificio per essere risucchiata verso l’alto grazie alle piccole aperture che s’intensificano verso la sommità, sfruttando l’effetto camino. L’aria calda viene così espulsa mentre le ampie finestre disposte nella direzione principale del vento (nord, nord-est) consentono l’ingresso delle correnti d’aria fresca.

120

tion thanks to measures taken regarding the positioning of openings, the lay out of internal spaces and the thickness of walls. The building tradition of desert zones shows how this type of plan which nowadays is given the rather futuristic name of green architecture is in fact what this architecture has been all along. The advantage of using karshif lies in the properties the wall acquires which enable it to resist the harsh weather conditions outside and keep the temperature inside low. Exposure and the size of windows was meticulously checked so as to create openings on opposite sides to help the circulation of air. The entire dovecote can be considered a passive cooling construct like the ancient Iranian wind towers or the Egyptian malqafs. The hot air enters the ground floor by means of wide openings and cools when in contact with the water in the tank. The central well in the floor of the first floor allows cooler air to enter the building which in turn is pushed upwards by virtue of a chimney effect thanks to the small openings which increase in number as one gets closer to the top. The hot air is expelled whereas the large windows facing the main direction of the wind (north, north-east) allow cool currents of air to enter.


64. Il sistema di raffrescamento passivo. Natural air conditioning.

121


122


GLOSSARIO GLOSSARY

Ain. sorgente in lingua araba.

Ain. Arabic word for spring.

Anathyrosis. la parte periferica levigata nelle superfici di contatto dei blocchi di costruzione, la cui parte centrale è leggermente incavata allo scopo di ottenere una migliore connessione con i blocchi contigui.

Anathyrosis. it is a stripe that goes along one or more joining faces of the block, in which the surface is worked accurately, in contrast with the remaining part, lowered in order to facilitate the juxtaposition to the continuous block.

Atrium. cortile centrale d’ingresso della domus romana, normalmente quadrato con un’ampia apertura sul soffitto spiovente verso l’interno detta compluvium; da qui scendeva l’acqua piovana che veniva raccolta in una vasca rettangolare, impluvium, per poi essere convogliata in una cisterna sotterranea. Cortes. le due corti tipiche della villa rustica romana, una interna, l’altra esterna e ciascuna con una vasca (piscina). Culina. la spaziosa cucina della villa rustica, luogo di riunione e di lavoro. Erg. immense dune di sabbia che si estendono a perdita d’occhio in una geometria mutevole, risultato dell’azione eolica. Sono generate ed alimentate dai forti venti che erodono la superficie rocciosa del deserto, modellandone costantemente la forma.

Atrium. the courtyard access to the domus romana, usually squared with a large opening on the pitched roof (compluvium); the rain water used to fall down into a rectangular water basin called impluvium, and then directed into a subterranean tank. Cortes. the two typical courtyards of the villa rustica romana; both the inner and the external one with a water tank in the middle (piscina). Culina. the spacious kitchen of the villa rustica, devoted to work and gathering. Erg. they are huge sand dunes which stretch out as far as the eye can see in ever-changing geometrical patterns produced by the action of the wind. They grow in size as the strong gales erode the rocky surface of the land and their shape constantly changes. Eyes. Small openings in the outside walls of a dovecote.

Gebel. in lingua araba, collina, monte o altopiano; sinonimo in lingua berbera di adrar.

Gebel. hill, mountain, upland in Arabic; synonymous for adrar in Berber.

Hattia. nome arabo per indicare i riquadri delle coltivazioni a terra nei giardini. Sono solitamente collegati ad un sistema di canali per l’irrigazione che avviene per allagamento.

Hattia. Arabic name for the spatial unity of the agricultural land. They are usually connected to a system of canals that provide the right flooding irrigation.

Hortus rusticus. la zona intorno alla villa rustica romana adibita ad orto.

Hortus rusticus. the area around the villa rustica for growing vegetables. 123


Horrea. ambienti della villa rustica adibiti a seccatoi.

Horrea. the drying rooms of the villa rustica.

Ipocausto. sistema di riscaldamento usato nell’antica Roma consistente nella circolazione di aria calda entro cavità poste nel pavimento e nelle pareti del luogo da riscaldare. Era alimentato da un grande forno posto nell’adiacente cucina, il praefurnium, che produceva aria calda ad altissima temperatura; questa veniva fatta defluire in uno spazio vuoto predisposto sotto la pavimentazione, suspensura, che poggiava su pilastrini di mattoni, pilae.

Hypocaust. it was an ancient Roman system of underfloor heating, used to heat houses with hot air. The floor was raised above the ground by pillars, called pilae, with a layer of tiles, then a layer of concrete then another of tiles on top (suspensura); and spaces were left inside the walls so that hot air and smoke from the furnace - praefurnium - would pass through these enclosed areas and out of flues in the roof, thereby heating but not polluting the interior of the room.

Karshif. è il materiale principale dell’edilizia tradizionale dell’oasi di Siwa e si presenta sotto forma di blocchi irregolari estratti dai sedimenti che si formano sulle rive delle sebkha in seguito alla forte evaporazione. È costituito da cristalli di cloruro di sodio (NaCl) con impurità di sabbia e argilla ed altri minerali come quarzo, fedelspato e calcite. Ksar. deriva dalla parola araba qasr (castello, villaggio fortificato) che ha origine dal termine latino castrum. È un villaggio fortificato tipico delle popolazioni berbere, composto da granai e abitazioni collocate su colline o punti sopraelevati a scopo difensivo. Alla base della costruzione dello ksar c’è il modulo abitativo detto ghorfa (camera in arabo), studiato per immagazzinare le derrate alimentari in previsione dei periodi di siccità. Maalem. maestro di grande esperienza nell’arte della costruzione in karshif. Malqaf. torre di captazione dell’aria posta sulla sommità dell’edificio, realizzata con un’apertura rivolta verso i venti dominanti. Questa struttura è rinvenibile con forme analoghe in tutto il Nord Africa, il Medio Oriente, fino alle regioni del Pakistan. 124

Karshif. it is the main traditional building material of the oasis and is in the form of irregular blocks hewn from the sediment formed along the banks of the sebkahs following significant evaporation. It is made of Sodium Chloride crystals (NaCl) with sand and clay impurities and other minerals such as quartz, feldspar and calcite. Ksar. it is the North African Meghrebi Arabic term for “castle”, possibly loaned from Latin castrum. Ksour (plural) in the Maghreb typically consist of attached houses, often having collective granaries and other structures like a mosque, bath, oven, and shops. They are sometimes situated in mountain locations to make defense easier; they often are entirely within a single, continuous wall. The building material of the entire structure is normally adobe, or cut stone and adobe. Maalem. master with great experience in karshif constructions. Malqaf. a windcatcher is a traditional Persian architectural element to create natural ventilation in buildings. They remain present in many countries and can be found in traditional Persian-influenced architecture throughout the Middle East, including in the small Arab states of the Persian Gulf, Pakistan, and Afghanistan.


Mashrabiya. elemento architettonico utilizzato nel mondo arabo come schermo per le aperture. Si tratta di schermi lignei che in molti casi raggiungono un elevato pregio artistico con intrecci anche molto complessi.

Mashrabiya. architectural element used in the Arab world as a screen for the openings. They are wooden products that in many cases have a high artistic value, with intricate weaving.

Mazallah. spazio coperto presente nell’architettura siwana con la funzione di strada riparata o di vero e proprio salotto urbano.

Mazallah. in Siwan architecture it is a covered space with a roof over it providing sheltered roads or proper urban sitting rooms.

Occhi. piccole aperture nelle pareti perimetrali di una torre colombaia. Peristilium. nell’architettura romana era il portico che cingeva il giardino o cortile interno posto al centro della domus, ornato solitamente da alberi da frutto, giochi d’acqua e piccole piscine. Posatoio. elemento che divide la torre colombaia in due parti ben distinte in particolare demarcando il piano superiore dal piano inferiore se quest’ultimo è adibito ad abitazione. Sabil. a Siwa sono anfore con acqua potabile disposte all’interno dei mazallah. Sebkha. ampie zone depressionali costituite da antichi laghi salati il cui fondo, in seguito ai processi di evaporazione, è stato ricoperto da una spessa crosta di sale. Tafla. tipo di argilla con forte componente salina rinvenuto lungo la crosta salata intorno ai laghi della Depressione di Siwa. Tiin. legante utilizzato in passato nell’impasto della malta di tilaght, contenente un’elevata percentuale di argillite dal tipico color bruno verdastro e cristalli di gesso di diverse dimensioni.

Perch. it is an element which often divides the pigeon tower into two separate sections and in particular, it divides the upper floor from the lower one if the latter is used for living in. Peristilium. in Roman architecture it is a columned porch or open colonnade in the domus romana surrounding a court which contains an internal garden with fruit trees, water games and small pools. Sabil. in Siwa they are amphorae filled with some fresh water and located in the mazallah. Sebkha. they are wide depression areas consisting of ancient salt lakes. The beds of these lakes are often covered with a thick crust of salt due to evaporation. Tafla. it is a type of clay with a substantial salt component which is recovered from the salt crust surrounding the lakes. Tiin. it was used up to the end of the XIX century to make tilaght. It contains a high percentage of mud-stone which is typically of a brown/greenish colour a well as chalk crystals of different sizes. 125


Tilaght. impasto di argilla con componente salina utilizzato nell’architettura siwana sia come malta nella costruzione degli apparecchi murari che come intonaco.

Tilaght. it is a clay paste with a salt component used in Siwa both as mortar for the building of wall structures as for plaster.

Xystus. nell’architettura romana consisteva in un complesso di viali e aiuole racchiusi in uno spazio limitato. Il nome significa passaggio coperto poichÊ la condizione principale dello xystus era quella di essere fornito di portici o di viali ombrosi per le passeggiate.

Xystus. it was the Greek architectural term for the covered portico of the gymnasium. The Romans applied the term to the garden walk in front of the porticoes, which was divided into flower beds with borders of box, and to a promenade between rows of large trees.

Wadi. sono lo scheletro di quella che un tempo era l’abbondante rete idrografica del deserto, attualmente sepolta dalle sabbie ma ancora leggibile.

Wadi. the wadis provide the backbone of what used to be the abundant water system of the desert and are currently buried by sand but still identifiable today.

126


127


128


BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAPHY

Abd El-Aziz El-Rahman Aldumairy_Siwa past and present_Alexandria 2005 Barucq A., F. Daumas_Hymnes et prières de l’Egiypte ancienne_Le Cerf_Paris 1980 Battesti V._L’agrobiodiversité du datore dans l’oasis de Siwa: entre ce qui se di, s’écrit et s’oublie_Revue d’Ethnoécologie_Paris, New York, Il Cairo 2013 Bedaux R., Diaby B., Maas P._L’architecture de Djenné (Mali): la pérennité d’un Patrimonie Mondial_Leiden:Rijksmuseum 2003 Beltrami V._Population of Cyrenaica and Eastern Sahara before the Greek period_Oxford 1985 Berti N._Scrittori greci e latini di “Libykà”: la conoscenza dell’Africa settentrionale dal V al I secolo a.C._Milano 1988 Bliss F._Siwa - die Oase des Sonnengottes: Leben in einer agyptischen Oase vom Mittelalter bis in die Gegenwart_Bonn 1998 Blottière A._Siwa: The Oasis_Alexandria 2000 Braccesi L._Alessandro all’oasi di Siwah. Divagazioni in tema d’opinione pubblica_CISA 1978 Caillaud F._Voyage a Meroè e au fleuve Blanche_Paris 1919 Carusi C._Il sale nel mondo greco (VI a,C.-II d.C) Luoghi di produzione, circolazione commerciale, regimi di sfruttamento nel contesto del Mediterraneo antico_Bari 2008 Chinotti S., Ghisolfi A._All’ombra della dea del sicomoro. I giardini nell’Antico Egitto_Torino 2011 Clark E._The Art of the Islamic Garden_The Crowood Press Ltd_Ramsbury 2004 Corano, XLVII:15, LV:61-77, LVI:10-38_trad. A. Bausani_Sansoni_Firenze 1955 Fakhry A._The Oases of Egypt, Volume I_AUC Press_Cairo,1973 Fantoli A._La Libia negli scritti degli antichi (brani geografici e naturalistici)_Ministero delle colonie_1933 Fathy H._Architecture for the poor, An Experiment in Rural Egypt_The University of Chicago Press_Chicago 1985 129


Fathy H._Natural Energy and Vernacular Architecture: Principles and Examples with Reference to Hot Arid Climates_University of Chicago Press_Chicago 1986 Giddy Lisa L._Egyptian Oases. Baharyia, Dakhla, Farafra and Kharga During Pharaonic Times_Warminster 1987 Grimal N._Storia dell’antico Egitto_Editori Laterza_Roma 2008 Grimal P._L’arte dei giardini: una breve storia_Universale Economica Feltrinelli_Roma 2005 Jomard Edme-François_Voyage à l’oasis de Syouah_Paris 1823 Laureano P._Atlante d’acqua: conoscenze tradizionali per la lotta alla desertificazione_Bollati Boringhieri_Torino 2001 Laureano P._La piramide rovesciata: il modello dell’oasi per il pianeta Terra_Bollati Boringhieri_Torino 1995 Laureano P._Sahara: oasi e deserto_Giunti Gruppo Editoriale_Firenze 2001 Leopoldo B._Egypte, Oasis of Amun, Siwa_Geneva 1986 Malim F._Oasis Siwa: From the inside, Traditions, Customs and Magic_Cairo 2001 Marcon L._ Alle origini del giardino_(da: http://www.marcellieditore.com/inktolink/index.php?option=comcontent&view=artic le&id=944:uno-sguardo-sul-giardino&catid=32:pagine-saggistica&Itemid=93) Minutoli J.H._Nachtrage zu meinem werk. Siwa oasis_Berlin 1827 Mollison B., Slay R.M._Introduzione alla permacultura_Terra Nuova Edizioni_Firenze 2007 Mosser M._L’architettura dei giardini d’Occidente_Electa_Milano 2005 Muhammad ‘Ali Fouad_Wāhāt Misr al-shahīrah_Cairo 1921 Müller K._Scriptores Rerum Alexandri Magni_A. F. Didot_Paris 1846 Petruccioli A., Montalbano C. (a cura di)_Oasi di Siwa, azioni per lo sviluppo sostenibile_DICAR_Bari 2011

130


Picone A._La casa araba d’Egitto_Jaca Book_Milano 2009 Picone A._L’architettura dell’oasi di Siwa, tra natura, clima e tradizione_in Area n.58 anno XII_settembre-ottobre 2001 Riva C._Boboli: il giardino alchemico_Biblos s.r.l._Chianciano Terme 2010 Robecchi Bricchetti L._All’oasi di Giove Ammone, viaggio di Luigi Robecchi Bricchetti_Milano 1890 Rossi G._Le colombaie del Salento meridionale: rilievi e documenti_Gangemi Editore_Bari 2012 Rykwert J._On Adam’s House in Paradise: The idea of the Primitive hut in Architectural History_MIT Press_1981 Spataro S. (a cura di)_Needs: architetture nei Paesi in via di sviluppo_Lettera Ventidue_Siracusa 201 Stanley C.V.B._The Oasis of Siwa_Journal of the Royal African Society 1912 Struffolino S._L’oasi di Ammone, ruolo politico economico e culturale di Siwa nell’antichità_Aracne_Roma 2012 Tonietti U._L’arte di Abitare la Terra_L’asino d’oro_Roma 201 Tonietti U., Rovero L._The Shali citadel and building culture in the Siwa oasis in Shali, a matter of Conservation_ a cura di Associazione Giovanni Secco Suardo_Il prato casa editrice_Saonara 2009 Tonietti U., Rovero L., Fratini F., Rescic S._“The Salt Architecture in the Siwa Oasis - Egypt (XII - XX centuries)”, Construction and Building Materials 23 / 7 (2009), doi:10.1016/j.conbuildmat.2009.02.003.

131


BIBLIOGRAFIA DELLE FONTI LETTERARIE GRECO-LATINE GREEK AND LATIN LITERATURE SOURCES

Arriano_Anabasis Alexandri_a cura di D. Ambaglio_Milano 2002 Catone_Liber de Agri cultura_a cura di L. Canali, E. Lelli_Torino 2000 Columella_De re rustica_a cura di B. Tellini Santoni, C. Cerchiai, A. Manodori_Ist. Poligrafico dello Stato 2002 Diodoro Siculo_Bibliotheca historica Vol. I (libri I-III)_a cura di G. Cordiano, M. Zorat_Milano 2004 Erodoto_Le Storie I. La Lidia e la Persia _a cura di D. Asheri, V. Antelami_Milano 1988 Frontino_De aquaeductu urbis Romae_a cura di F. Del Chicca_Roma 2004 Orazio_Satire_a cura di Lorenzo De Vecchi_Carocci editore_Roma 2013 Plinio il Vecchio_Naturalis historia_a cura di G.B. Conte et Alii_Torino 1982 Varrone_De re rustica_a cura di W.D. Hooper_Loeb Collection_Harvard 2003

132


133


134


RINGRAZIAMENTI ACKNOWLEDGMENTS

Desidero ringraziare innanzitutto il mio relatore, professor Roberto Bologna, per il suo prezioso magistero e per il supporto nella difficile ricerca delle soluzioni tecnologiche più efficaci, sempre con attenzione e sensibilità. Grazie anche a Pietro Laureano - massimo esperto di oasi e zone aride - per le ore passate nel suo studio ascoltando ammalianti storie di viaggio e rivoluzionarie teorie sull’origine dell’umanità. Grazie al professor Ugo Tonietti che prima di me è stato contagiato dal mistero di un’architettura di sale e fango studiandone a fondo la natura e le proprietà costruttive. Con Andrea Ghiottonelli - amico e proprietario del giardino - abbiamo scelto, rivisto e direi orchestrato l’intelaiatura del progetto, cercando di dar voce alle numerose sfaccettature di quello che fin dall’inizio si prospettava essere un lavoro poliedrico e non solo architettonico. Un ringraziamento speciale a Maria Fitzgibbon per la pazienza e l’affetto che hanno portato alla stesura del testo in inglese. Grazie a tutte le persone che mi hanno aiutato a reperire materiali o comunque suffragato con i lori consigli; in ordine sparso: Clarice Innocenti, Lanfranco Secco Suardo, Raimondo Gramigni, professor Attilio Petruccioli dell’Università di Bari, Luciano Piazza, Andrea Baldioli, Fabio Montefusco, professor Ulisse Tramonti, Alessandro Masoni, Virginia Ottino, Ester Innocenti, Themistocle Antoniadis. Grazie agli amici egiziani Mona Mahmoud e Abdelmoety Elbahrawy per un incontro fortuito e provvidenziale… Grazie ai giardinieri siwani Abu Backr e Moussa Shoushan per i segreti svelati e la dimestichezza con la rotella metrica. Grazie ai miei genitori per l’incoraggiamento costante che mi hanno dato e per le nostre amorose disquisizioni e beneamate polemiche che hanno arricchito il mio lavoro! Ciascuno restando gloriosamente con i propri gusti.

First I would like to gratefully and sincerely thank my supervisor professor Roberto Bologna for his guidance, understanding, and most importantly, his serious care. His mentorship was paramount in providing the most appropriate technological solutions for the project. I also would like to express my gratitude to the maximum expert in oases and arid regions Pietro Laureano for the several hours spent in his office listening to his fascinating travel stories and revolutionary theories on human origins. I must also acknowledge professor Ugo Tonietti, whose domain expertise led him to know the mystery of the Siwan salt and mud architecture so long before me. Together with Andrea Ghiottonelli - friend and owner of the garden - the project was outlined, arranged and reviewed. We constantly tried to shape the many facets of a work that is not only architectural. A very special thanks goes out to Maria Fitzgibbon without whose patience and fondness the draft of the English version wouldn’t have been possible. I thank all the people who helped me in this research with their suggestions and tips; in random order: Clarice Innocenti, Lanfranco Secco Suardo, Raimondo Gramigni, professor Attilio Petruccioli from Università di Bari, Luciano Piazza, Andrea Baldioli, Fabio Montefusco, professor Ulisse Tramonti, Alessandro Masoni, Virginia Ottino, Ester Innocenti, Themistocle Antoniadis. Many thanks to the Egyptian friends Mona Mahmoud and Abdelmoety Elbahrawy for our fortuitous and providential meeting... I also thank the Siwan gardeners Abu Backr and Moussa Shoushan, keepers of ancient secrets and helpful with the measuring tape. Finally I would like to thank my parents that constantly supported me. Our affectionate disquisitions and beloved debates really enriched my work! Each one standing gloriously behind his own ideas.

A Guido

To Guido 135


REGESTO DELLE TAVOLE DI PROGETTO PROJECT PANELS SUMMARY

136


137



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.