MBOKA BILANGA modello di gestione e sviluppo delle enclave rurali di Kinshasa, RDCongo. il caso della valle di Selembao
studenti: Giuseppe Macaluso, Pietro Manaresi. relatore: Luca Emanueli correlatori: Serena Conti, Gianni Lobosco, Marco Stefani Tesi di Laurea in Architettura, UniversitĂ degli studi di Ferrara, Dipartimento di Architettura, aa 2015-2016
MBOKA BILANGA Modello di gestione e sviluppo delle enclave rurali di Kinshasa, RDCongo. Il caso della valle di Selembao.
studenti: Giuseppe Macaluso, Pietro Manaresi. relatore: Luca Emanueli correlatori: Serena Conti, Gianni Lobosco, Marco Stefani Con la collaborazione di: Pax SIBONGWERE Lwatumba, Institut SupĂŠrieur de Architecture et Urbanisme Tesi di Laurea in Architettura, UniversitĂ degli studi di Ferrara, Dipartimento di Architettura, aa 2015-2016
Nota al titolo Mboka Bilanga in lingala, la lingua più diffusa a Kinshasa, suona come un buffo accostamento tra due termini apparentemente antitetici: città (mboka) e terreno coltivato (bilanga). Il termine, preso in prestito dal prof. Gery Leloutre, nasce all’interno di un laboratorio di progettazione dell’Université Libre de Bruxelles, scintilla che ha dato inizio a questa tesi. *
* ”Le droit à (un projet pour) la ville. Mboka bilanga ou l’urbanisation périurbaine extensive comme levier de développement pour Kinshasa”, G. Leloutre, N. Vigneron « (…)l’hypothèse de la Mboka Bilanga, qui désigne l’intrication forte entre ville et production agricole. Cette hypothèse permet d’entrevoir un projet de ville qui articule les enjeux d’échelle métropolitaine aux dynamiques locales en s’appuyant sur les pratiques existantes. »
MBOKA BILANGA 0
6
1000
2000
3000 m
Mboka Bilanga
Abstract MBOKA BILANGA è un progetto che risponde alla necessità di consolidamento di un paesaggio urbano-rurale nelle valli periferiche di Kinshasa (RDCongo) che, a causa di un processo di appropriazione sregolato e di una morfologia fragile del territorio, presenta gravi sconnessioni, rischi idrogeologici e cattiva gestione del potenziale agricolo. Kinshasa presenta delle particolarità che ne hanno condizionato la crescita e che ne fanno un caso peculiare all’interno del tema dell’esplosione demografica delle città africane, questione sempre più importante a livello mondiale. Dall’indipendenza del 1960 ad oggi la popolazione urbana si è moltiplicata da 450mila a circa 12 milioni perpetuando un’urbanizzazione scarsamente densa, anarchica e senza limiti che si appoggia tuttora alle insufficienti infrastrutture coloniali. Alla spasmodica ricerca di un pezzo di terra disponibile -economico e vicino agli assi di collegamento con i poli attrattivi della città- la popolazione in fuga dalla povertà della vita rurale si è insediata prima densificando la precedente struttura urbana e in seguito abitando le valli che circondano la pianura su cui sorgeva il primo insediamento. Il terreno sul quale i nuovi cittadini hanno portato con sé tradizioni, superstizioni e dinamiche di appropriazione del suolo tipiche del milieu rurale di provenienza, è però fragile: un terreno a forte pendenza composto di sabbie argillose facilmente erodibili. Il progetto della valle di Selembao, caso esemplare per peso demografico e posizione geografica, può essere affrontato come una parte ripetibile di un sistema: le valli che circondano la città costituiscono un elemento di forte impatto paesaggistico a scala urbana.
Prodotto di scarto di un rapporto conflittuale tra insediamento umano forzato e territorio fisico inospitale, le valli kinois restano ai margini delle riflessioni più recenti sullo sviluppo della città. La nostra ricerca mira a sovvertire questa logica riconoscendo in esse da un lato un punto nevralgico delle problematiche che affliggono la capitale congolese, dall’altro un’opportunità di sviluppo di una città che a piccola scala presenta enormi capacità di resilienza mentre a scala urbana se ne dimostra priva.
7 Abstract
La suddivisione della valle in unità territoriali minori permette di affrontare con un maggiore livello di dettaglio le tre linee strategiche perseguite: difendere il territorio dai rischi di erosione e inondazione che si ripercuotono con gravi conseguenze nella piana densamente abitata; coltivare il fondovalle all’interno di una rete di gestione e distribuzione dei prodotti che riesca a sfruttare al meglio il potenziale di una pratica già ampiamente consolidata; connettere trasversalmente il fondovalle ai crinali e longitudinalmente la valle a tutte le sue parti garantendo la possibilità di circolazione di merci e persone durante tutto l’anno nonostante le avversità climatiche.
Indice 1. Premessa
9
Inquadramento 2. Motivi dell’isolamento di una capitale
11
La città africana contemporanea Uno stato frammentato Una capitale isolata
3. Da Leopoldville a Kinshasa
19
Geomorfologia e città precoloniali Leopoldville 1891 La capitale coloniale 1923 Segregazione ed esclusione 1960 Kin la belle 1960 e seg. Kin la (pou)belle 2013 Kinshasa 2030 Analisi 4. La forma della città: fratture e contrasti
39
La ville et les cites Insediamento urbano e ambiente naturale Agricoltura urbana, una prassi marginale Paesaggio urbano 5. La città (i)n(f)ormale Città di importazione e consumo Percezione della povertà e strategie di sopravvivenza Economia informale
61
6. Città delle estensioni e diritto alla città
75
Una territorialità plurale Territorialità urbana ibrida 7. Limite verticale
83
La valle di Selembao (In)accessibilità e percorsi Abitare la pendenza Il fondovalle Progetto 8. Strategie progettuali
115
Fondamenta per un pensiero progettuale Risolvere i problemi a monte L’agricoltura urbana come strumento progettuale Per una città delle reti 9. Il progetto della valle
125
Nuove unità territoriali: i consorzi Mitigare i rischi Coltivare per garantire un futuro Connessioni stabili: la teleferica e la strada pedonale 10.Approfondimento progettuale
143
Punti di contatto: le stazioni della teleferica Distribuire i servizi in valle: il ponte scuola 11. MBOKA BILANGA
151
12. Bibliografia
155
13. Allegati
163
10 Mboka Bilanga 10 mln 7 mln 5 mln 3 mln 1 mln
CittĂ africane con piĂš di 1 milione di abitanti divise per macro aree geografiche
Premessa All’interno di un continente stravolto da mutazioni di carattere diverso -sociale, politico, economico- la città in Africa assume un ruolo di sempre maggiore importanza. Le proiezioni, fornite dal Department of Economic and Social Affairs, Population Division (UN), descrivono la città come il palcoscenico delle trasformazioni che in pochi decenni cambieranno il volto dell’intero continente. In un quadro mondiale che mostra un continuo processo di urbanizzazione, particolare impatto avrà questo fenomeno, assieme al fenomeno della rapida crescita urbana, nei paesi attualmente meno urbanizzati (Asia e Africa). Analizzando le tendenze della transizione urbana mondiale si vede che l’Africa ha il tasso di crescita urbana più elevato, dovuto in gran parte al maggiore tasso di crescita di popolazione, mentre l’Asia detiene il tasso di urbanizzazione maggiore. A livello mondiale il tasso di urbanizzazione e il tasso di crescita urbana sono in calo da qualche decennio, nonostante ciò il numero assoluto di persone che si aggiunge alla popolazione urbana è annualmente cresciuto: questo è dovuto in gran parte alla crescita demografica di Africa e Asia. Stando ai dati riguardanti i numeri assoluti l’aumento di popolazione urbana mondiale attualmente dipende in gran parte dall’aumento di popolazione nelle città asiatiche (circa 50 milioni/anno) mentre minore è l’incidenza della popolazione urbana in aumento in Africa (15 milioni/anno). Se però la quota dell’Asia è proiettata verso un calo, quella dell’Africa è in continuo aumento, prospettando per il 2050 un aumento annuo di circa 30 milioni di persone alla popolazione urbana, pari alla metà del tasso di crescita mondiale.
Crescita in milioni della popolazione urbana per macro regioni 90 80 70 60 50 40 30 20
Africa
Asia
Fonte: UNPD (2014)
Crescita in milioni della popolazione urbana nel mondo
Altro
2045-50
2040-45
2030-35
2035-40
2025-30
2020-25
2010-15
America Latina
2015-20
2005-10
2000-05
1995-00
1990-95
1985-90
1980-85
1975-80
1970-75
1965-70
1960-65
1950-55
0
19555-60
10
11 Premessa
La transizione urbana e la crescita delle città che il continente africano continuerà a fronteggiare nei prossimi decenni sono due tra gli aspetti più importanti della trasformazione della società africana contemporanea, che costringono a porsi delle domande sulla progettazione di un futuro urbano sostenibile.
2. MOTIVI DELL’ISOLAMENTO DI UNA CAPITALE
rete ferroviaria (in uso) rete ferroviaria (in disuso) 100
rete fluviale (navigabile) rete fluviale (non navigabile)
km
SU
ANA
DS
FRIC
RA ENT
.C REP
rete stradale (asfaltata) rete stradale (non asfaltata)
Binga
14
UD
AN
Lisaia Bumba
CONGO
UGANDA
Mbandaka Goma
RWANDA KINSHASA
Congo
Mboka Bilanga Inquadramento
Kisangani GABON
Bukavu
Kindu
BURUNDI
Bandundu Ilebo
BAS-CONGO
Kikwit
Matadi
Kananga
Mbuji-Mayi
Kamina
ANGOLA
Kolwesi
Likasi
Lubumbashi
ZAMBIA
Le reti di trasporto della RDCongo
La città africana contemporanea
Città postcoloniali Far coincidere la nascita della città in Africa con il recente arrivo dei coloni europei sarebbe una semplificazione errata che non terrebbe conto dei significati che la città africana ha assunto evolvendosi nel tempo precedente il Colonialismo. Tuttavia questo periodo, che noi identifichiamo tra gli ultimi due decenni dell’Ottocento e i primi sei del Novecento, ha segnato uno spartiacque in termini socio-politici nella storia del continente: un periodo che nei fatti ha coinciso con una fase urbana decisiva per la creazione della città africana contemporanea. Nonostante le differenze che sono intercorse fra i vari colonialismi europei, bisogna riconoscere un investimento urbanistico mai registrato nella regione e con una portata senza precedenti. Il risultato è quello che la storica Catherine Coquery-Vidrovitch ha chiamato shared historical rithm: un
La prima eredità di questo shared rithm è la localizzazione dei maggiori centri urbani africani lungo le coste o vicino a giacimenti estrattivi: città-deposito e capitali burocratiche invece di agglomerati cresciuti su di un parallelo sviluppo industriale. Ancora adesso i porti e le capitali coloniali sono le realtà urbane più rilevanti all’interno di un panorama che solo negli ultimi anni, e a causa della esplosione demografica, ha visto sorgere città secondarie di un certo rilievo. Queste realtà urbane restano isolate all’interno di territori nazionali nei quali le infrastrutture di comunicazione scarseggiano nonostante le dimensioni degli agglomerati potrebbero far pensare ad una situazione diversa, per non parlare delle connessioni tra città di paesi diversi. Altre eredità del periodo coloniale riguardano la forma interna e la struttura spaziale delle agglomerazioni urbane. La prima è la segregazione e conseguente segmentazione del paesaggio urbano, la seconda è la disuguaglianza tra le parti della città. L’organizzazione spaziale delle città coloniali ha risentito molto delle politiche razziste segregazioniste dei coloni. Spesso le scelte urbanistiche di divisione della città in zone -europea e indigena- sono state giustificate con motivazioni legate alla salute pubblica. Intorno ad un centro amministrativo, casa della popolazione europea, sono sorte le aree per le popolazioni africane, dando vita ad un’urbanistica della segregazione e dell’ordine; ancora adesso gli effetti della frammentazione sono percepibili in molte città africane. Città povere e fratture urbane I processi migratori che hanno caratterizzato il periodo coloniale sono, in molti casi, proseguiti a ritmo accelerato dopo la conquista dell’indipendenza.
15 Motivi dell’isolamento di una capitale
La cornice all’interno della quale si articola la nascita della Kinshasa odierna è rappresentata dalla transizione urbana che il continente africano sta affrontando da ormai un secolo. Se è evidente che la società africana si stia urbanizzando rapidamente come già accaduto in altre civiltà nel corso della storia anche recente, è evidente anche che le dinamiche che regolano e indirizzano questo processo siano per lo più non catalogabili all’interno di studi urbanistici basati sullo stesso fenomeno avvenuto ad altre latitudini. È in altre parole sbagliato cercare di descrivere e catalogare in modelli e teorie urbanistiche la trasformazione che sta avvenendo nelle città africane. Tuttavia l’interesse per questo argomento ha spinto diversi studiosi a indagare le caratteristiche che accomunano le diverse realtà urbane del continente africano (Myers G,2010; Simone, 2006; D’ascenzo 2009), caratteristiche dalle quali è necessario partire per definire l’ambito caratterizzante un progetto sulla città di Kinshasa.
periodo che per stravolgimenti sociali economici e politici oltre che urbanistici ha accumunato l’intero continente definendo delle caratteristiche comuni alle sue città, delle pesanti eredità difficili da superare.
L’impreparazione della nuova classe politica africana, la totale mancanza di politiche di urbanizzazione, l’incapacità di gestione di una nuova e differente società urbana –alla quale la popolazione africana non era abituata- hanno portato ad un’implosione del sistema-città gestito fino a quel momento dai coloni. L’eredità formale della città segregazionista coloniale si riflette nella divisione sociale che caratterizza ancora oggi le città: l’attività economica è generalmente sotto il controllo di una piccola élite politica o amministrativa mentre il resto della popolazione fatica a sopravvivere.
16 Mboka Bilanga Inquadramento
Fisicamente la frattura è visibile nei quartieri periferici di autocostruzione e nelle bidonville che attorniano i piccoli centri coloniali: la mancanza di infrastrutture e di servizi adeguati rendono la vita una lotta per la sopravvivenza per milioni di africani che vivono in città. Gli abitanti delle campagne in fuga dalla povertà della vita rurale non hanno trovato altro che la povertà della vita urbana. Città informali Per far fronte ai problemi dovuti alla povertà della vita urbana i nuovi abitanti delle città hanno reagito stravolgendo le dinamiche di un organismo che non è stato pronto ad accoglierli. La mancanza di servizi e infrastrutture che caratterizza una vasta superficie delle grandi città africane in rapida espansione fornisce la possibilità di prosperare ad un settore informale che si è sviluppato autonomamente. Nelle carenze della rete di distribuzione servizi formale, coniugando necessità lavorativa e bisogni sociali, si innesta una rete di distribuzione servizi informale: nel trasporto pubblico, nella vendita di beni di prima necessità, nella distribuzione dell’elettricità ma anche nella preparazione e vendita del cibo. Il settore informale, strettamente legato ai bisogni primari, conosce nel dettaglio condizioni e esigenze della domanda e, grazie ai bassi costi di investimento,
alla scarsa necessità organizzativa e alla possibilità di impiegare manodopera non specializzata, è diventato rapidamente il settore che conta più impiegati tra i nuovi attori urbani in cerca di un immediato guadagno. Nonostante il carattere “illegale” che caratterizza l’informale, tutto ciò che appartiene a questa sfera è ormai considerato non solo normale ma addirittura una caratteristica intrinseca alla città africana contemporanea. Tuttavia numerosi sono i limiti di un tale fenomeno: a partire dal fatto che appartiene in maniera assoluta alla sfera della sussistenza, non permette alcun tipo di accumulo di capitale e non si presta ad una possibile progettualità di guadagno, non genera posti di lavoro ma anzi contribuisce ad una frammentazione dei guadagni, inoltre è facilmente soggetto a sfruttamenti da parte del settore formale.
Un paese frammentato Le dinamiche fin qui descritte declinate alla scala delle maggiori città congolesi ne indirizzano la natura dei rapporti che tra esse intercorrono all’interno dello sconfinato territorio della Repubblica Democratica del Congo. Il terzo paese africano per estensione -2.345.000 kmqdeve la strutturazione del proprio territorio ad una recente fase di urbanizzazione di stampo coloniale. La situazione attuale di questa nazione dipende in larga misura da un’organizzazione mirata al saccheggio e all’esportazione di materie prime dal cuore del continente verso l’esterno.
La macchina coloniale prevedeva spostamenti ingenti di capitale umano verso i centri posti su assi fluviali, ferroviari, stradali, alimentando in questo modo un’organizzazione urbana che contrapponeva ad un sovraffollamento di pochi centri periferici uno svuotamento di intere aree rurali centrali: la situazione attuale del paese è un riflesso della politica di sfruttamento a cui è stato sottoposto. Ad enormi aree disabitate e semi abbandonate, interne al territorio congolese, si contrappongono straripanti centri urbani che non sono in grado
Se si cerca di analizzare le relazioni tra i maggiori centri urbani figli dell’epoca coloniale è difficile riconoscere una rete di rapporti: il territorio è organizzato in poli strutturanti, influenzati da rapporti con l’esterno piuttosto che con le altre realtà urbane del paese. Il polo costituito dall’asse Kinshasa - Matadi, proiettato sull’Oceano Atlantico ed i porti europei, risente fortemente delle influenze del mondo Occidentale. Le città dell’Est che danno vita ad un polo di attività estrattive legate alla presenza di rame nel territorio –Lubumbashi, Likasi, Kolwesisono indirizzate economicamente verso l’area geografica dell’Oceano Indiano. Le provincie centrali del Kasai, punto di riferimento per l’attività estrattiva diamantifera intrattengono invece rapporti privilegiati con l’Africa Australe. Non soltanto quindi una localizzazione periferica caratterizza lo stato dell’urbanizzazione congolese, ma anche una spiccata tendenza centrifuga che proietta verso l’esterno piuttosto che verso l’interno le rotte commerciali del paese: questa è la pesante eredità della colonizzazione belga in Congo.
17 Motivi dell’isolamento di una capitale
La realizzazione di questo sistema ha portato alla creazione di centri urbani in corrispondenza di luoghi significativi per gli scambi commerciali o per le attività estrattivo-minerarie: luoghi per loro caratteristiche intrinseche strategici per la comunicazione ed i trasporti. La stessa Kinshasa, capitale del paese, sorge in un punto cardine delle vie di comunicazione fluviali: la rete d’acqua di circa 15.000 km -che dall’interno dell’enorme paese si dirige verso un minuscolo sbocco sull’oceano- si interrompe in corrispondenza della capitale a causa delle rapide di Kinsuka. Kinshasa non rappresenta solo un luogo di passaggio obbligato per le rotte commerciali in entrata e in uscita dal paese ma anche un punto di scambio intermodale tra i suoi due sistemi viari principali, il fiume e la ferrovia.
di sostenere la pressione demografica a cui sono sottoposti, non avendo a disposizione né una struttura industriale capace di sopravvivere alla decadenza delle attività commerciali coloniali, né una rete infrastrutturale e di servizi capace di soddisfare i bisogni primari della nuova popolazione urbana.
Una capitale isolata Per comprendere la natura dei rapporti che –per limitati che siano- intercorrono tra le città della RDC, e in particolare i rapporti tra la capitale e le altre realtà urbane, è necessario uno sguardo d’insieme sui sistemi di comunicazione interni al paese.
18 Mboka Bilanga Inquadramento
Il fiume Congo, con i suoi 15.000 km navigabili, costituisce il corridoio di scambio più economico permettendo la circolazione di grandi quantità di materiali anche ad elevate distanze a prezzi ridotti rispetto ad altre vie di comunicazione. Tuttavia i collegamenti via fiume presentano diversi limiti di ordine geografico, politico, amministrativo e sociale: le rapide a valle della capitale rendono impercorribili gli ultimi 400 km di fiume mentre a monte il fiume è bloccato oltre Kisangani dalle cascate Wagenia, la rete capillare degli affluenti attraversa solo in parte lo sterminato territorio congolese senza raggiungere diverse importanti provincie nel cuore del paese e l’attività di brigantaggio è un fenomeno in costante aumento su diversi tratti del fiume lontani da centri abitati che faticano ad esercitare il controllo delle acque. Inoltre la mancata manutenzione delle vie fluviali e di una regolare attività di dragaggio del fondo del fiume hanno reso gran parte dei tratti fluviali non navigabili. L’assenza di manutenzione che è seguita al periodo di attività belga è tratto comune anche delle altre due vie di comunicazione nazionali: la ferrovia e la strada. Abbiamo detto dei limiti geografici della via d’acqua nel mettere in contatto le diverse provincie interne al paese: proprio per superare questo limite lo stato coloniale ha messo in pratica un sistema di trasporto combinato che permettesse l’aggiramento degli ostacoli geografici. Della rete ferroviaria di 5.000 km che costituiva la controparte di un sistema intermodale completo ed efficiente di evacuazione di materie prime, solamente i 366 km che collegano Kinshasa con Matadi sono ancora quasi regolarmente in funzione. Mentre la
rete stradale che copre circa 145.000 km di collegamenti interurbani e rurali è costituita per la stragrande maggioranza da strade non asfaltate costituendo un legame fragile, inconsistente all’interno di uno stato delle dimensioni della RDC. Lo stato delle vie di comunicazione pone il sigillo sull’ingovernabilità e l’impossibilità di gestione di un paese troppo grande per i deboli apparati che lo sostengono, un paese in cui la mancanza di relazioni tra città è affiancata, a causa di flebili vie di comunicazione, da un rapporto tra città e campagna molto debole che costringe entrambe ad affrontare i rispettivi problemi in autonomia, senza il supporto l’una dell’altra. All’interno di questo quadro, eredità della politica coloniale di drenaggio delle risorse interne al paese, non causano stupore le scarse relazioni commerciali intrattenute da Kinshasa con il resto del paese. È la necessità di nutrire una metropoli affamata che costringe la capitale a intrattenere degli scambi che nemmeno si possono dire equilibrati: a fronte di grandi quantità di cibo che entrano nel territorio, non corrisponde un’equivalenza -economicamente parlando- di merci in uscita. La città coloniale, nata e realizzata per essere un nodo di interscambio e transito merci di portata internazionale, non ha mai sviluppato un apparato produttivo capace di sostenerla: è evidente che in una situazione stagnante- e impoverita dalla mancanza di vie di comunicazionecome quella attuale vengano a mancare i presupposti per lo sviluppo della città stessa. Le relazioni flebili –economiche ma spesso anche amministrative- che Kinshasa intrattiene con le altre città congolesi ci raccontano di una capitale incapace di porsi come punto di riferimento all’interno di un frammentato quadro nazionale: è una città chiusa in sé stessa, costretta a fronteggiare una continua crescita urbana senza il sufficiente appoggio delle campagne rurali con le quali intrattiene rapporti forzati dalla necessità di nutrire una metropoli che produce poco e mangia troppo.
19
Motivi dell’isolamento di una capitale
3. DA LEOPOLDVILLE A KINSHASA
22 Mboka Bilanga Inquadramento Foto satellitare e carta storica del sito
Geomorfologia e città precoloniali Per comprendere e contestualizzare le fasi cronologiche di sviluppo che hanno portato un piccolo avamposto coloniale a diventare la terza città più popolosa dell’Africa nel giro di poco più di un secolo, bisogna considerare le caratteristiche del luogo che ha permesso un così rapido sviluppo. Dalle componenti geomorfologiche e idrografiche del luogo derivano infatti sia i limiti che le potenzialità che hanno indirizzato e contribuito a plasmare l’attuale città. La storia della forma urbana kinoise è di fatto indissolubilmente legata alla storia narrata dalla geomorfologia del luogo su cui è sorta.
Al XVI e XVII secolo risalgono le prime fonti scritte che attestano la presenza in quest’area di popolazioni indigene. Si trattava di centri abitati, alcuni anche da 5.000 persone circa, che occupavano la pianura -chiamata dalle popolazioni africane Mpumbu- e la cui attività principale era di carattere commerciale. Non bisogna cadere perciò nell’errore di far coincidere la nascita della Kinshasa odierna con i primi insediamenti coloniali. Anzi bisogna considerare che è proprio grazie alle fiorenti attività antropiche sviluppatesi su questo terreno fertile fin dalla preistoria che è stato possibile per l’estraneo colonizzatore riconoscere in Mpumbu un luogo idoneo alla prosperazione di una città.
23 Da Leopoldville a Kinshasa
L’elemento caratterizzante principale è il Pool Malebo: un allargamento del letto fluviale del Congo che in questo punto raggiunge anche i 25 km di larghezza. La pianura su cui la città attuale si è espansa è affiorata in ere geologiche più recenti ma era parte anch’essa di un pool più largo e geologicamente anteriore. Il Pool Malebo configura il limite Nord della pianura: si estende dalle rapide di Kinsuka a ovest -termine ultimo del tratto navigabile del Congo per gli spostamenti verso l’oceanofino al centro urbano di Maluku a Est per circa 50 km, dopo di che la sezione del fiume si restringe riprendendo un andamento regolare. A Sud invece la pianura è limitata da un sistema di colline che danno forma ad un anfiteatro naturale. Le colline a loro volta sono solcate da numerosi affluenti
del fiume Congo che danno luogo al terzo elemento caratterizzante la morfologia del sito. La presenza capillare di questi corsi d’acqua ha plasmato delle valli fluviali tra le sabbiose colline che costituiscono una risorsa importante per la pratica dell’agricoltura.
Leopoldville Ovest
Leopoldville Est
Lemba
24
Kimbangu
Mboka Bilanga Inquadramento
strade carovaniere
strade principali
Leopoldville Est/Ovest
ferrovia Kinshasa-Matadi
stazioni ferrovia
villaggi
Primi insediamenti legati aille linee commerciali
[…-1882]
Leopoldville
Henry Morton Stanley, esploratore inglese e Leopoldo II, sovrano belga alla fine del XIX secolo, sono le due personalità di maggior rilievo nella storia della fondazione della capitale congolese e dello stato stesso. La brama di potere e ricchezze del già ricco sovrano e l’intrepida audacia dell’esploratore inglese hanno infatti come punto di contatto la creazione del primo insediamento coloniale nel Pool Malebo: Leopoldville.
La capitale coloniale [1908-1929] Nel 1885 nasce in seguito alla Conferenza di Berlino lo Stato Indipendente del Congo, sotto il dominio di Leopoldo II. Già nel 1908 tuttavia lo stato personale del re belga diviene ufficialmente una colonia dello stato Belga. Anche grazie al completamento della ferrovia che collega Boma a Leopoldville l’insediamento europeo in breve tempo si espande fino ai villaggi della pianura a Est di Kintambo. In pochi anni il potenziamento delle attività commerciali -favorito dall’introduzione del battello a vapore- stravolge il territorio occupato dai villaggi indigeni. La necessità di creare nuovi porti commerciali -più sicuri della baia di Kintambo, troppo vicina alle rapide- da il via alla costruzione di un’area portuale sul sito precedentemente occupato da Kinshasa, un villaggio indigeno preesistente. Si inizia a configurare nei successivi vent’anni la struttura della nuova città all’interno dei due poli principali: Leopoldville-Est, la prima stazione di Stanley, mantiene il ruolo amministrativo della città; invece a Leopoldville-Ovest si concentrano i nuovi poli commerciali principali. Le popolazioni indigene alle quali viene sottratto il possedimento del suolo su cui sorgevano i loro villaggi sono allontanate, i villaggi limitrofi invece vengono sfruttati per la manodopera che -per il ritmo forsennato dello sviluppo degli insediamenti europei- continua ad essere sempre più necessaria. Nel 1929 Leopldville viene nominata capitale dello stato Congolese a discapito di Boma –importante porto fluviale per la vicinanza con l’Oceano Atlanticosuggellando il suo primato all’interno delle relazioni commerciali tra la sterminata colonia e la madrepatria.
25 Da Leopoldville a Kinshasa
Durante gli ultimi due decenni del 1800, la febbre dell’esplorazione e della creazione di colonie in terra africana -che contagiava l’Europa intera- non risparmiò Leopoldo II che arruolò uno dei più esperti esploratori della pressoché sconosciuta regione centrale dell’Africa Subsahariana per fondare il suo personale avamposto in terra africana. Stanley, grazie a due spedizioni precedenti, già nel 1879 era un esperto conoscitore delle realtà urbane e dei rapporti commerciali che costeggiavano il corso del terzo fiume più grande del mondo, del quale aveva mappato i tratti navigabili e non. La missione affidatagli dal sovrano belga era quella di costruire una ferrovia che fiancheggiasse l’ultimo tratto non navigabile del fiume Congo fino al Pool Malebo: l’obiettivo era quello di detenere il controllo dei rapporti tra l’interno e l’esterno di un territorio smisurato, vera e propria porta per il commercio nell’Africa Nera. Il luogo scelto da Stanley per costruire la prima stazione sul Pool -Stanley Pool stationè nella baia di Kintambo, sulle alture di Mont Ngaliema: posizionato a 30 m sul livello del fiume, in un luogo ben ventilato e quindi salubre, facile da difendere e strategico per la gestione del commercio verso l’interno del territorio. Il luogo non era tuttavia estraneo all’insediamento antropico e l’azione di colonizzazione di Stanley non è potuta prescindere dalla (mala)gestione dei rapporti con i capi delle popolazioni Bateke che sulle rive del Pool e sulla pianura avevano fatto sorgere i loro villaggi in epoche più remote. La Stanley
Pool station fondata nel 1881 viene ribattezzata nel 1882 Leopoldville.
26
Mboka Bilanga Inquadramento
strade principali
strade secondarie
ferrovia
stazioni ferroviarie
quartieri europei
quartieri pianificati
anciennes citès
nouvelles citès
CitĂŠs indigenes e quartieri di espansione pianificati
Segregazione ed esclusione: la ville e le cités [1929-1960] Da questo momento inizia a delinearsi una politica urbanista separatrice e segregazionista -che indirizzerà i rapporti tra i nuovi insediamenti europei e quelli indigeni preesistenti- i cui effetti si protraggono fino ai giorni nostri nella quotidianità kinoise.
La crescita economica e industriale che si verifica in seguito alla seconda guerra mondiale porta alla creazione delle novelles cités indigènes che si distinguono dalle precedenti per le costruzioni prevalentemente in muratura e per la dimensione delle parcelles molto maggiore, che donava alle nuove cités un aspetto moderno. Questi quartieri vengono utilizzati per decongestionare le aree sovraffollate delle anciennes cités e per rialloggiare gli abitanti dei villaggi espropriati che occupavano la zona del nuovo centro industriale nascente sulle rive del fiume a sud-est delle espansioni più recenti: Limete.
Nel 1960 Leopoldville aveva l’aspetto di una moderna capitale coloniale votata al commercio: la sua forma e la sua organizzazione spaziale interna erano il riflesso di un progetto utilitaristico che aveva come obiettivi il funzionamento della macchina coloniale e il controllo della crescente pressione demografica.
27 Da Leopoldville a Kinshasa
Dopo un periodo di crisi economica mondiale e contrazione demografica che ha occupato i primi anni del terzo decennio del XX secolo, inizia un periodo di crescita per l’intero paese; la capitale, con un costante aumento di richiesta di manodopera inizia ad allargarsi. La logica dello zonage detta le scelte urbanistiche che prevedono la divisione del crescente tessuto urbano in due: la ville europeenne e le cites indigennes- queste ultime sorte al posto degli antichi villaggi che dominavano il territorio di Mpumbu e dei quali non resta che il nome ripreso per nominare alcuni comuni della nuova città. La conformazione spaziale delle anciennes cités indigènes è quella del campo di lavoro: griglie ortogonali che suddividono il teritorio in parcelle tutte uguali, sulle quali sorgono abitazioni tutte uguali, in materiale leggero, che conferiscono al piano urbanistico un aspetto segregante.
Del più recente Plain de Developpement Urbain -1949- fanno parte i progetti delle cités planifiées indigènes, i quartieri satellite sorti a est della piana ormai completamente urbanizzata costruiti per aumentare il numero di alloggi e servizi alle popolazioni africane in arrivo. La lettura del piano permette di intuire che lo sviluppo coloniale prevedeva un’espansione sulla piana a Est, oltre il corso del grande fiume Ndjili che costituiva una zona di approvvigionamento agricolo, mentre le colline a Sud erano destinate alle grandi strutture quali l’Università di Kinshasa, l’Institut Pedagogique National, il Centre méteo e il sanatorio di Makala: la natura del suolo collinare ed il conseguente alto rischio di erosione dettarono queste scelte.
28
strade principali
strade secondarie
ferrovia
stazioni ferroviarie
cittĂ fino al 1960
linee di espansione (comuni autocostruzione)
Mboka Bilanga Inquadramento
Le linee di espansione della città in seguito all’indipendenza
Kin la belle [1960-1980] « Le 30 juin 1960, Léopoldville, expression exclusive du pouvoir belge, n’a plus de raison d’être. Mais elle continue d’exister… Cette ambiguïté révèle tout le problème de cette capitale » (de Maximy, 1984, p. 125) Dopo l’indipendenza emerge prepotente la volontà da parte di un’intera popolazione di cancellare una logica urbana sconosciuta attraverso lo scardinamento delle barriere segregazioniste: il centre ville viene occupato e le porte della città vengono aperte alla popolazione rurale tenuta fuori dalla città europea.
In una prima fase per accogliere il flusso di questa migrazione urbana vengono saturate le parcelle della pianura urbanizzata raggiungendo livelli di densità che si quintuplicano rispetto a pochi anni prima; quando poi la pressione diviene insostenibile e il processo di densificazione giunge a saturazione, l’espansione della città avviene a macchia d’olio attraverso un aumento della superficie abitata al quale non viene affiancato un necessario sviluppo delle infrastrutture urbane. Accanto alle spinte urbanistiche spontanee che indirizzano e condannano il futuro di una città, in questo ventennio che segue l’indipendenza –periodo della Zairizzazione voluto dal presidente Mobutu- viene riconosciuta in Kinshasa
Alla logica europea di gestione del territorio si sovrappone quindi una nuova logica, spontanea, secondo la quale il diritto alla città spetta a tutti, senza esclusione alcuna: “La nuova fase di produzione del territorio urbano, .., non è interessata alla messa in funzione ma all’occupazione tout court” (D’Ascenzo 2009), da questo stravolgimento nasce Kinshasa, città che per molti aspetti funziona male agli occhi di una teoria urbanistica di stampo europeo, ma che in questo periodo viene chiamata Kin la belle: una città culturalmente frizzante, capitale della mondanità, culla della rumba congolese e ricca di opportunità per sfuggire alla povertà della vita rurale.
29 Da Leopoldville a Kinshasa
Ha inizio da metà degli anni ’60 la creazione di nuovi piani urbanistici nel tentativo di dare un indirizzo all’espansione urbana incombente che tuttavia non sono mai riusciti a tenere il passo di un’urbanizzazione sregolata: guidata da logiche sociali mosse da esigenze di tutt’altra natura rispetto al sapere degli esperti e gestita da autorità ereditate dal passato rurale come gli chefs de terre piuttosto che da strumenti urbanistici efficaci.
la capitale del nuovo stato dello Zaire, lo specchio dello splendore della nazione: è il periodo dei grandi lavori pubblici, la creazione di grandi nodi stradali, di monumenti, l’ampliamento dei due viali principali e la creazione dello Stade de Martyr –divenuto celebre per aver ospitato lo storico incontro tra Foreman e Muhammad Alì nel 1965. Si tratta però di lavori di facciata senza alcun peso urbanistico in un processo di produzione del territorio senza controllo.
30 Mboka Bilanga Inquadramento Foto storiche di Kin-La-Belle. fonte Wikinshasa.org
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Da Leopoldville a Kinshasa
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Mboka Bilanga Inquadramento
strade principali
strade secondarie
ferrovia
stazioni ferroviarie
estensione della cittĂ oggi
aereoporto internazionale
Lo stato dell’insediamento urbano al 2014
Kin la poubelle [1980-oggi] Negli anni che hanno seguito la prima migrazione rurale la pressione demografica non è però diminuita, nuovi piani urbanistici non sono stati attuati e le infrastrutture non sono aumentate anzi, in mancanza di un’adeguata manutenzione le vecchie arterie europee vessano in uno stato di disfacimento continuo. La colonizzazione delle colline ha causato l’erosione dei fianchi delle colline che a sua volta è causa di drammatici fenomeni di inondazione nella piana sovraffollata.
Kin-la-belle non è che un lontano ricordo, Kinshasa ha ormai del tutto perso i tratti che l’hanno legata a questo appellativo fino a meno di sessant’anni fa. Per comprendere il processo che ha trasformato la pulita e ordinata Léopoldville in quella che oggi, con un gioco di parole, viene chiamata Kinla-poubelle bisogna considerare insieme tre componenti che hanno caratterizzato la società kinoise durante lo sviluppo che l’ha portata allo stato attuale: la mala gestione urbana e ambientale, la povertà ed il contesto culturale da cui provengono i nuovi cittadini. (Lelo Nzusi, 2008) Una gestione urbana affetta da corruzione a qualsiasi livello e da una buona dose di lassismo ha permesso che si arrivasse ad una situazione di sviluppo anarchico del tessuto urbano e alla conseguente difficoltà nell’affrontare le questioni ambientali.
33 Da Leopoldville a Kinshasa
Il periodo di guerre che ha segnato la storia dello Zaire -anticipando la caduta di Mobutu e la nascita della Repubblica Democratica del Congo- ha lasciato evidenti cicatrici sulla città. I pillage del 1992 e del 1993 –saccheggi diffusi della città istigati dai militari, colpo di coda del Generale Mobutu prossimo alla deposizione- hanno segnato la fine della maggior parte delle attività industriali di Kinshasa e la caduta in povertà della maggior parte della popolazione kinois: un colpo dal quale la città non si è ancora rialzata.
Oltre alle complicazioni di natura fisica, venutesi a creare a causa della quasi totale assenza di piani di gestione del territorio, troviamo un quadro giuridico che non facilita la collaborazione tra i diversi attori, specialmente tra il settore pubblico e i privati. A meno di analizzare progetti gestiti in collaborazione con enti di rilevanza mondiale come l’UE, l’ONU o il FMI - anche questi comunque lontani dall’essere perfetti - è molto difficile trovare delle azioni che abbiano un impatto significativo a livello urbano.
34 Mboka Bilanga Inquadramento Strade in terra battuta dopo le forti pioggie
35 Da Leopoldville a Kinshasa
Linea ferrata urbana abbandonata
36 Mboka Bilanga Inquadramento Figure ground di Kinshasa
Kinshasa 2030 Recentemente una apparente presa di coscienza da parte delle autorità ha permesso la realizzazione di un piano strategico per la città di Kinshasa: il SOSAK (Schema d’Orientation Strategique de l’Aglomeration Kinois) è stato affidato a due studi europei -Artere, belga e Group 8, francese- che in seguito ad un’analisi dell’agglomerato urbano hanno definito delle linee strategiche di intervento: 1.permettere l’uscita dell’isolamento della città e dei suoi quartieri estendendo la rete viaria principale 2.sviluppare il trasporto pubblico attraverso un sistema di articolazione multimodale dei mezzi 3.sbloccare la città proponendo nuovi poli di attività e commercio oltre al centre ville 4.anticipare l’estensione della città riprendendo il controllo del processo di urbanizzazione
6.progettare le infrastrutture e i servizi alla scala metropolitana 7.riconciliare la città con il suo ambiente naturale: il fiume, i corsi d’acqua e le colline 8.promuovere la vocazione di Kinshasa di città d’arte e cultura a scala urbana e internazionale
Tuttavia in seguito alla definizione del quadro strategico, l’attenzione si sposta sul centre-ville per il quale è redatto un PPA (Plan Particulere d’Amenagement) sviluppando i temi generali alla scala dei quartieri del centre-ville che comprendono i quartieri europei e le anciennes cites indigènes. All’interno di questo schema strategico si può inserire il nostro progetto che, concentrando le attenzioni sui quartieri di espansione a sud del centreville, propone un ribaltamento delle gerarchie ormai storiche e consolidate di Kinshasa che vedono contrapposte la ville e le cités. 37
5.riconnettere alle infrastrutture di servizio urbano i quartieri isolati e sottosviluppati
SVILUPPARE I TRASPORTI IN COMUNE E LA MULTIMODALITA
ANTICIPER LES FUTURES EXTENSIONS URBAINES
DEVELOPPER LES INFRASTRUCTURES ET EQUIPEMENTS
Linee strategiche del SOSAK
INCENTIVARE LA CREAZIONE DI POLI D’ATTIVITA FUORI DAL CENTRO
METTRE A NIVEAU LES QUARTIERS SOUS-EQUIPES
RECONCILIER LA VILLE AVEC SON ENVIRONNEMENT NATUREL
PROMOUVOIR LA VILLE D’ART ET DE CULTURE
Da Leopoldville a Kinshasa
ESTENDERE LA MAGLIA VIARIA
Cadre du projet | SOSAK
1
38 Mboka Bilanga Inquadramento Kin-la-poubelle, quello che resta dello splendore coloniale del centro cittĂ
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Da Leopoldville a Kinshasa
4. LA FORMA DELLA CITTÀ
42 Mboka Bilanga Analisi Rete stradale e mercati
La ville et les cités Alla base di innumerevoli dinamiche che caratterizzano la capitale della RDCongo sta la divisione della città dovuta alle pratiche di segregazione dell’era coloniale, una pesante eredità che Kinshasa si trascina evidentemente ancora oggi, anzi si aggrava sempre più. L’urbanizzazione centrifuga ma monocentrica, che ha raggiunto le colline che i belgi a loro tempo avevano evitato, a causa delle avverse condizioni idrogeologiche, esercita da sola una forte segregazione. L’insufficienza di reti infrastrutturali di distribuzione (elettricità e acqua) e viarie allontanano sempre di più gli abitanti delle cités dall’unico vero polo di servizi e commercio, la ville.
Gli ingressi principali a Kinshasa avvengono da sud-ovest e da est sulla stessa strada, la N1 che collega la città a Matadi a ovest e al Bandundu a est. Arrivando da ovest questa strada si biforca: da un lato prosegue verso est riallacciandosi agli assi viari orientali presso il quartiere industriale di Limete, dall’altro punta verso nord, attraversa Ngaliema, raggiunge Gombe e si trasforma in Boulevard 30 Juin, l’asse viario più importante del paese che attraversa tutto il comune terminando su Place de la Gare.
Dal Boulevard 30 Juin parte Avenue Mulele, più conosciuta come XXIV Novembre, l’asse principale che collega la ville alle cités. È un asse longitudinale nord-sud che passa per i comuni di Lingwala, Kasa-Vubu, Bandalungwa, Ngiri-Ngiri, Bumbu e Selembao ricollegandosi all’altezza della Université Pedagogique Nationale (UPN) alla strada nazionale N1. Per lo più parallele ad Avenue Mulele corrono l’Avenue des Huileries, l’Avenue Kasa-vubu e l’Avenue de l’Université, gli altri assi che collegano il centro direzionale al resto della città dimostrando la polarità totalizzante del comune della Gombe. Ne risulta una rete
43 La forma della città
Il modo migliore per conoscere Kinshasa è percorrere, anche idealmente, le sue strade e capire come cambiano rispetto all’anima del quartiere che attraversano, come dalle loro differenze emerga una gerarchizzazione tra le parti della città, come si tessano delle relazioni diverse all’incrocio di queste in base al grado di connettività, e quindi di scambio, che presentano. A Kinshasa la strada non è quello strumento che permette di arrivare da un luogo ad un altro, ma è di per sé il luogo dove svolgere le proprie attività, dove commerciare, incontrarsi, fermarsi a bere una birra, riparare auto, costruire mobili e recinzioni, tagliare i capelli, lustrare scarpe, vendere ricariche telefoniche, scambiare valute, cucinare, lavare i piatti, …
Questo viale a sei corsie è il biglietto da visita che presenta lo stato economico e politico del paese, è qui che si svolgono la quasi totalità delle attività terziarie della città: banche, poste, ambasciate, sedi di ONG internazionali, ristoranti, e negozi che vendono prodotti provenienti da ogni parte del mondo. Le altre strade che formano il tessuto di Gombe, sebbene meno trafficate e vistose, riflettono il carattere internazionale del “comune di rappresentanza” della capitale. È qui che trova impiego più di un terzo della popolazione che lavora nel settore formale, motivo per il quale tutti i giorni migliaia di pendolari affollano su qualsiasi mezzo le strade di questo comune formando i famosi embouteillage che paralizzano l’intero apparato viario della città. Il comune si può idealmente dividere in tre zone: quella nord, area portuale dove trovano collocazione i servizi e gli uffici dedicati all’import-export; quella sud, caratterizzata da uno spazio costruito continuo, una maglia viaria regolare a forte stampo commerciale che culmina con il Grand Marché, punto di contatto tra la ville e le cités; la parte ovest centro amministrativo e del governo. Al calare della sera però le strade piene di uomini in giacca e cravatta, di SUV scintillanti, di facce di ogni etnia si svuotano, il cuore pulsante di Kinshasa si sposta nelle cités dove si trova la vita animata dei bar e delle terrasse.
di mobilità fortemente radiale in cui tutti i trasporti si muovono verso << il centreville alla cui centralità funzionale non ne risponde una spaziale che permetterebbe, quantomeno, una distribuzione più equa delle distanze verso il resto della città.>> (D’Ascenzo, 2009)
44 Mboka Bilanga Analisi
All’interno dei comuni delle cités indigènes dell’epoca coloniale queste arterie sono collegate tra loro da alcune direttrici secondarie, a loro volta attraversate da strade più piccole, a formare una maglia ortogonale che invece sparisce quasi del tutto nei comuni delle espansioni più recenti arrampicate sulle colline. Questi ultimi sono praticamente condannati all’isolamento dalla mancanza tanto di strade di penetrazione longitudinali quanto di collegamenti est-ovest. Se la ville può contare su un sistema di strade asfaltate, per quanto in uno stato manutentivo più che insufficiente, le cités sono strutturate su una trama di strade sabbiose sulle quali si susseguono le parcelle abitate. È lungo queste strade, in cui le condizioni igieniche e lo stato delle reti di urbanizzazione primaria sono gravi, che si esprime a meglio la leggendaria debrouillardise kinois, quello spirito di adattamento che li aiuta a sopravvivere contro ogni ostacolo, quella inventiva che supera qualsiasi difficoltà in maniera talvolta buffa, ma in ogni caso geniale, una sorta di resilienza sociale che permette a questa città di andare avanti nonostante le difficoltà economiche e i pericoli legati alla natura del suolo. È il caso dei lavoratori informali che dal nulla si inventano un modo di portare qualcosa da mangiare a casa la sera, degli ingénieurs aux mains nues, i giovani che con tecniche semplici ma efficaci arginano i problemi idrogeologici, dei meccanici e dei fabbri che in mancanza dei pezzi che servono trovano soluzioni riciclando qualsiasi scarto. Ma sono anche le strade dove dalle prime luci dell’alba si svolgono gli affollatissimi mercati, dove avviene ogni tipo di scambio, di merci e di informazioni: relativamente
facile immaginarsi un mercato, meno immaginarsi con che velocità le notizie di cronaca e politica si diffondano grazie a radio trottoire, un interminabile “telefono senza fili” che diffonde le news del giorno, ovviamente con non poche imprecisioni. Sono le strade che tutte le notti si riempiono di musica e gente seduta ai bar dove ci si incontra tra amici, si discute di affari, si balla e ci si diverte. Malgrado tutti i problemi ne risulta uno spazio sociale affascinante, vivace, una città-spettacolo dove si sposano edonismo, narcisismo celebrazione e costruzione di miti, una capitale con nuovi schemi di stabilità e di organizzazione che si fanno e disfano continuamente, un luogo di contrasti, di contraddizioni, di paradossi.
45 La forma della cittĂ
Boulevard 30 Juin, cuore della Gombe
46
Mboka Bilanga Analisi
Avenue 24 Novembre
47 La forma della cittĂ
Avenue 24 Novembre
48 Mboka Bilanga Analisi Mercati delle citĂŠs dâ&#x20AC;&#x2122;expansion
49 La forma della cittĂ
La saturazione della trama urbana preesistente
50 Mboka Bilanga Analisi Zone affette da erosioni e a rischio inondazioni
Insediamento urbano e ambiente naturale Le dinamiche politiche hanno svolto sicuramente un ruolo chiave nello sviluppo della città, ma è fondamentale analizzare anche come l’interazione tra le pratiche tradizionali che i nuovi cittadini portano con sé e la morfologia del sito in costante via di urbanizzazione stia strutturando un territorio di per sé debole.
Le tradizioni e le credenze popolari che i neocittadini portano in città fanno spesso perdere di vista alcune semplici relazioni causa-effetto conducendo la popolazione a rivolgersi alla stregoneria o alla religione piuttosto che a una gestione responsabile del territorio. I grandi alberi infruttiferi ad esempio non sono per niente visti di buon occhio, sono considerati come le piste di atterraggio di spiriti demoniaci : per non rischiare di essere accusati di stregoneria bisogna tagliare quelli presenti sulla propria parcella, anche se sono necessari per garantire una buona tenuta del terreno. In più esiste un certo immaginario che fa sì che si faccia dell’assenza di vegetazione un simbolo di modernità, di civiltà contrapposta alla realtà rurale del villaggio. Chi acquista una parcella taglierà gli alberi e sradicherà l’erba per marcare la sua presenza, la sua occupazione; così facendo
Forse come eco delle tradizioni villageoises, secondo le quali il ragazzo che diventa uomo lascia la casa dei genitori per costruirne una sua, la condizione di proprietario immobiliare è la più grande dimostrazione di riuscita sociale. Passata una certa età possedere la propria casa è una necessità che deriva dalla paura di non riuscire più a guadagnare abbastanza per pagare il canone, ma in generale il locatario è visto alla stregua di un senza tetto, qualcuno che non possiede nulla. Questo spiega in gran parte la crescita spaziale sfrenata di Kinshasa dove tutti gli abitanti aspirano a diventare proprietari di una parcella, non importa né dove né come. Il risultato è una distesa di costruzioni a perdita d’occhio, avvenuta dopo aver disboscato anche in zone non aedificandi, potenzialmente erodibili, inondabili o inquinate. Le dinamiche finora introdotte sono fondamentali per comprendere come i problemi idrogeologici del sito su cui sorge la capitale siano stati nel tempo accentuati fino ad essere oggi una continua minaccia per la popolazione. Il terreno sul quale è costruita Kinshasa è di per sé molto fragile: è costituito da un composto sabbioso argilloso molto fine che presenta una scarsa resistenza al ruscellamento già a pendenze dell’8%. (Lelo Nzusi, 2008) Il valore sul mercato del legno e le credenze popolari descritte hanno fatto sì che stia sparendo una cospicua parte della copertura vegetale che aiuta a trattenere il terreno con le radici e che intercetta le gocce d’acqua che danno inizio al fenomeno erosivo. Kinshasa conta più di 400 teste di erosione che affliggono per lo più i comuni di Ngaliema, Selembao, Mont-Ngafula e Kisenso, quelli di espansione sud costruiti sulle colline a forte pendenza. Alcune di queste come quella di Mataba a Ngaliema continuano ad assumere delle proporzioni sempre più allarmanti raggiungendo più di 300 metri di larghezza e decine di metri di profondità. Da un lato la genesi di tali
51 La forma della città
All’interno della questione ambientale i singoli cittadini giocano un ruolo chiave: dovendo affrontare ogni giorno la povertà che affligge la maggior parte della popolazione raramente un kinois sceglie la salvaguardia dell’ambiente di fronte ad un guadagno, per piccolo che sia. La tradizione culinaria e spesso la mancanza di alternative fanno sì che il principale combustibile per la cucina sia il carbone vegetale. L’albero acquista così un valore commerciale da sfruttare che deve essere sicuramente annoverato tra le cause che hanno determinato e che, nonostante le disastrose conseguenze, continuano a perpetrare il forte disboscamento delle foreste che circondano Kinshasa.
dimostrerà ai vicini il suo status, non solo di cittadino, ma di proprietario.
fenomeni, causa di importanti perdite materiali (case, strade, edifici pubblici, …) e umane, si trova, oltre che nell’incuria da parte dei cittadini, nell’assenza di infrastrutture di canalizzazione ed evacuazione dell’acqua pluviale. Dall’altro proprio la presenza di tali infrastrutture malamente messe in rete tra loro e scarsamente manutenute è all’origine dei più gravi tra gli eventi erosivi. L’erosione Kitokimosi a Selembao, che ha parzialmente isolato l’ospedale di Makala per anni, si è generata dopo la collisione di un camion in panne con un canale di scolo, quella della Drève de Selembao (1300 metri di lunghezza e 120m di profondità) è invece dovuta alla rottura di un’opera di drenaggio riparata soltanto 10 anni dopo il danno, altre minori sono provocate dall’intasamento dei canali di raccolta delle acque piovane usati come discariche di rifiuti solidi dalla popolazione. 52 Mboka Bilanga Analisi
La pratica di gettare rifiuti nei canali artificiali e nei corsi d’acqua è diffusa in tutta la città in mancanza di programmi di gestione dei rifiuti urbani. Tra le conseguenze disastrose che questo comporta c’è l’inasprimento dei fenomeni di inondazione dei bacini dei fiumi che scorrono da sud a nord e della piana che attraversano prima di gettarsi sul grande fiume Congo. Successivamente alle forti piogge che si susseguono per intervalli brevi ma molto intensi durante i nove mesi di stagione umida, i rifiuti, insieme ai detriti portati a valle dalle erosioni, incontrano ostacoli naturali o artificiali (anse, restringimenti dell’alveo, ponti, …) e formano delle barriere allo scorrimento delle acque. Le abbondanti piogge, elemento alla base dell’incredibile fertilità del terreno, sono fonte di preoccupazioni continue da parte degli abitanti che, per paura di perdere i raccolti o di vedere la propria casa allagata o distrutta dalle esondazioni dei corsi d’acqua, spesso passano la notte a sorvegliare il livello dell’acqua o a costruire semplici barriere di sacchi sabbia per proteggersi. Questo genere di comportamenti è entrato completamente nei ritmi di vita di chi
abita le zone colpite da tali fenomeni, considerandoli come normali processi naturali, se non addirittura sovrannaturali, dimostrando di non conoscerne le reali cause o quanto meno facendo emergere l’effettiva difficoltà di intervento in aree che hanno anche altri pesanti problemi sociali e infrastrutturali. Il quadro descritto è quello di un territorio molto fragile per la commistione di questioni geologiche e climatiche che a causa di politiche, pratiche sociali e credenze tradizionali sta andando in completa rovina sotto il peso di un’urbanizzazione anarchica, poco responsabile e decisamente non sostenibile.
terreno incoerente
ruscellamento
allagamenti
inaccessibilitĂ
inondazioni in fondovalle
danneggiamento agricoltura
cesura
allagamenti urbani
spreco risorse
ripercussioni in cittĂ
effetti in valle
La forma della cittĂ
rischi idrogeologici
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Relazioni di dipendenza tra i problemi del sistema di valli e i problemi della piana
54 Mboka Bilanga Analisi DIscariche spontanee nate tra le abitazioni delle periferie
55 La forma della cittĂ
La situazione delle stazioni di scarico rifiuti intermedie
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Mboka Bilanga Analisi
Erosioni
57 La forma della cittĂ
Allagamenti in cittĂ
58
Mboka Bilanga Analisi
Agricoltura urbana
Agricoltura urbana, una prassi marginale Tra le pratiche che stanno strutturando questo territorio è impossibile non annoverare l’agricoltura urbana, richiamo delle radici contadine di gran parte della popolazione e specchio delle difficoltà nel nutrire la città. Il BEAU (Bureau d’Etudes d’Amenagement et d’Urbanisme) ha condotto numerose ricerche sulla provenienza dei prodotti alimentari che nutrono la capitale. Ne risulta che la maggior parte del cibo che si trova sui banchi dei mercati di Kinshasa provenga dall’estero attraverso il porto di Matadi. La rimessa in funzione della ferrovia e la messa in sicurezza della strada che collega le due città ha sicuramente favorito questa tendenza, ma i prezzi dei prodotti risultano ancora molto alti rispetto alla disponibilità economica della popolazione kinois. (Flouriot, 2005)
È interessante notare come la presenza dei campi coltivati faccia talvolta da barriera all’avanzamento incessante dell’urbanizzazione lasciando delle aree di respiro verdeggianti in mezzo allo stravagante caos e allo smog di Kinshasa.
59 La forma della città
Il fattore economico unito alle prassi rurali che i nuovi cittadini portano con sé fa sì che in città il più piccolo spazio lasciato libero da costruzioni viene occupato da campi agricoli che aiutano il sostentamento di un grande numero famiglie e che in parte riempiono i mercati locali. Gli abitanti sfruttano qualsiasi spazio disponibile, compresi spazi pubblici, bordi delle strade, rotonde, ex campi militari, ex cimiteri, linee ferroviarie dismesse, … Ma mentre nella città più densa l’agricoltura riempie gli spazi residui o se ne crea, nelle più recenti espansioni l’agricoltura, in tutta risposta alla disponibilità di spazio, all’insicurezza alimentare e alla difficoltà di spostamento, si sta imponendo e ne sta strutturando fortemente il paesaggio. I fondivalle tra le colline dei comuni a Sud e ad Est sono quasi del tutto sgombre da costruzioni, in parte per il grave rischio di inondazioni che li minaccia, in parte per la disponibilità di acqua che viene facilmente usata per irrigare i campi che li occupano. Sui pendii invece i terrazzamenti, disposti per rendere abitabili le pendenze, consentono alle
singole famiglie di avere un piccolo orto nel giardino. I prodotti coltivati sono per lo più colture a ciclo vegetativo breve, come il matembele, la foglia della patata dolce, che viene raccolta ogni tre settimana. Sono per lo più prodotti difficili da commerciare sulle lunghe distanze per problemi di conservazione soprattutto alla luce dello stato della rete viaria del paese.
Paesaggio urbano L’insieme delle dinamiche finora descritte danno come risultato un territorio complesso, inospitale, decisamente mal gestito, ma al contempo vibrante e sorprendente: un terreno di prova senz’altro interessante per gli sviluppi delle megalopoli africane.
60 Mboka Bilanga Analisi
L’allargamento incontrollato della maglia urbana non è in nessun modo accompagnato da un allargamento delle reti infrastrutturali e non rispetta le più semplici precauzioni di occupazione del suolo. Finché si è trattato di densificare l’esistente e spingersi fino ai limiti della pianura, dove il sistema di drenaggio naturale e la presenza di una rete viaria si sono dimostrati sufficienti, non si sono creati problemi consistenti. Al contrario gli effetti dell’urbanizzazione dello spazio collinare sono spesso catastrofici: il risultato è un habitat fragile in cui il terreno è costantemente minacciato dalle erosioni, le colture e le abitazioni sono in pericolo durante tutta la stagione delle piogge a causa delle esondazioni dei fiumi, la mancanza di strade di collegamento lascia interi quartieri isolati dal resto della città e il sovraffollamento delle strade principali, unito alla forza delle erosioni e alla scarsa manutenzione, rende difficoltoso il movimento di persone e merci. Tuttavia la popolazione risponde con una forza sorprendente per farsi spazio tra le difficoltà: ordine e disordine, funzione e disfunzione si coniugano fino a confondersi, si inventano nuove forme di organizzazione sociale, si mischiano gli approcci locali e quelli globali, i sistemi e le pratiche culturali di tipo tradizionale e le innovazioni generate dalla modernità. Ma se questi tesori d’ingegnosità facilitano in maniera relativamente efficace le necessità elementari degli individui e delle unità familiari, non sono però annoverabili tra gli strumenti di sviluppo, tantomeno di sviluppo sostenibile
61 La forma della cittĂ
Lavoratori informali
5. LA CITTÃ&#x20AC; (I)N(F)ORMALE
64 Mboka Bilanga Analisi La rete viaria di Kinshasa
Con un indicatore di sviluppo umani tra i più bassi al mondo (0,286 nel 2014, State of African Cities 2014, UNHABITAT) e un PIL pro capite di 271 $ nel 2012 (SOSAK) la RDCongo vive una situazione economica critica che si riflette sulla sua capitale. La situazione attuale affonda le proprie radici nella traiettoria storica della grandezza e del declino di Kinshasa, città dei contrasti sospesa tra ricchezza e povertà, volontà di modernità e attaccamento alle tradizioni, globalizzazione e costumi locali.
Le infrastrutture di trasporto, scarsamente manutenute o ormai semplicemente insufficienti a servire la gigantesca popolazione della città, rendono problematico l’approvvigionamento alimentare di Kinshasa da un lato e dall’altro limita il trasferimento dei beni trasformati dalla capitale verso le province, eliminando così un potenziale mercato molto importante.
L’attività economica di Kinshasa, come gran parte di altri suoi aspetti, è difficile da inquadrare in un’analisi formale e in una serie di statistiche. Le radici della città sono quelle di un polo industriale e di commercio grazie anche alla propria posizione geografica che ne fa un importante porto fluviale e alla situazione geomorfologica accidentata di Matadi e del suo porto che ne determina l’incapacità di stoccaggio merci. Ma lo splendore economico della città si è pian piano affievolito a causa di vari fattori nel corso del tempo: la crisi petrolifera del 197475, che ha avuto una grande influenza a causa della forte dipendenza energetica del paese; il processo di zairizzazione a partire dal 1973, una serie di misure messe in atto dal presidente Mobutu per nazionalizzare i beni commerciali e terrieri in mano agli stranieri e che hanno contribuito in realtà alla creazione di una élite di uomini dì affari e politici la cui mancanza di esperienza in materia di gestione non ha fatto altro che rinforzare la dilapidazione dei beni in questione; i cosiddetti pillage del 1991 e del 1993, saccheggiamenti da parte dell’esercito istigati dal dittatore ormai uscente Mobutu che hanno rinforzato la spirale di discesa verso la povertà. Nonostante un glorioso passato industriale, quanto meno a scala nazionale, l’economia della città è adesso dominata dal settore dei servizi che rappresenta più del 70% del PIL, raggruppando una gamma di attività che comprendono il commercio, la distribuzione, l’import-export, le agenzie immobiliari, così come i servizi di consulenza professionale, i servizi di sanità, ospedali, farmacie o ancora gli hotel, i media la stampa e le istituzioni di formazione e di educazione superiore. L’industria copre adesso poco più del 17% con attività legate per lo più alla produzione di materiale da costruzione, elettrico e metallurgico. Mentre il settore primario arriva al 10%, percentuale debole,
65 La città (i)n(f)ormale
Nel 1990 il commercio, i trasporti e i servizi in generale rappresentavano più dei due terzi degli introiti della città, i restanti venivano dall’industria e dalla costruzione, mentre l’agricoltura copriva solo l’1,5%. Questa ripartizione è tipica dell’economia di una capitale e traduce bene il ruolo di Kinshasa nell’economia nazionale. La sua posizione geografica l’ha resa un polo di commerci, sia verso l’estero grazie alla ferrovia che la collega al porto di Matadi, sia verso il resto del Congo grazie al fiume che lambisce la sua costa e che risale verso il centro del paese, ruolo che tuttavia potrebbe essere molto più importante se la degradazione della rete stradale non rallentasse gli scambi nazionali.
Città di importazione e consumo
ma non insignificante considerando che tiene conto solo delle attività che ricadono nel settore formale. In assenza di un’industria di trasformazione locale capace di soddisfare i bisogni della città e di un settore agricolo forte, Kinshasa genera poca ricchezza, ma esporta le ricchezze prodotte nel resto del paese, grazie alle quali si può permettere di importare la quasi totalità di quello che consuma. Si è trasformata nel tempo da un polo caratterizzato da un’industria dinamica che aveva forti effetti sull’economia nazionale a una megalopoli che vive sulle rendite, sul consumo ostentato di una piccola minoranza e su un’economia informale e di sopravvivenza per una larga maggioranza in continua e rapida espansione.
66 Mboka Bilanga Analisi
Popolazione con meno di 1.25$ al giorno %
Indicatori di sviluppo scelti, Africa Centrale
Paese
Generalmente per definire la povertà la si contrappone alla ricchezza, ma le definizioni dell’una e dell’altra possono cambiare enormemente secondo il paese o il contesto di riferimento. Se l’opposizione tra la povertà e la ricchezza resta una costante, può comunque assumere delle sfumature differenti che il solo fattore denaro non è sufficiente a descrivere.
spese di sanità pubblica nel PIL %
Wresinski (1987) definisce la povertà distinguendola dalla precarietà. Per lui la povertà è l’assenza di una o più sicurezza, prima tra tutte quella dell’impiego che permette alla persona di assicurare i propri obblighi familiari e sociali. Vanderschueren et al. (1996) definiscono la povertà come l’incapacità per un individuo una famiglia o una comunità di soddisfare certi bisogni minimi. Camara (2001) invece come un certo livello di mancanza o di insufficienza nell’esistenza o nel benessere dell’uomo. Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD) distingue tre tipi di povertà: monetaria, alimentare e umana. Monetaria quando i guadagni di un cittadino sono insufficienti a soddisfare i suoi bisogni di sussistenza; alimentare secondo i metodi dell’equilibrio caloricoproteico della FAO o antropometrico dell’OMS; umana come mancanza di capacità umane essenziali, tocca gli aspetti economici attraverso le condizioni di vita misurabili come l’accesso all’acqua, all’alloggio, alle cure, all’educazione, la speranza di vita, …
Indice di sviluppo umano
Secondo queste definizioni la fetta di popolazione che rientra sotto la soglia di povertà è grandissima, ma a Kinshasa la povertà ricopre ancora un altro significato. È considerato povero chi si ritrova per terra e senza capacità né speranza di rialzarsi, chi vive abbandonato a sé stesso e non ha un grande spazio di manovra per uscire da una situazione di difficoltà. Per quanto viva una situazione economica difficile, non abbia accesso ai molti servizi, faccia fatica a trovare un impiego, un kinois non
67 La città (i)n(f)ormale
Iscrizione a scuola 2 sessi %
Fonte : UNDP (2011). Human Development Report: sustainability and Equity. A Better Future for All. New York
Indicatori di sviluppo, gli stati dell’Africa centrale
Percezione della povertà e strategie di sopravvivenza
accetta di definire la propria condizione povertà, ma piuttosto precarietà. A torto o a ragione lo stato di precarietà viene considerato temporaneo, il kinois sa che potrebbe uscirne da un momento all’altro ed è grazie a questa consapevolezza che anche nelle situazioni più difficili continua a lottare, a cercare qualche astuce per portare a casa un pasto al giorno, senza abbattersi mai. Ad aiutare in questo spirito positivo è un’altra eredità della vita del villaggio: la solidarietà, l’ospitalità, la vita comunitaria del villaggio non lasciano mai un componente in uno stato di mancanza totale, qualsiasi attività e bene quotidiano viene condiviso, non esistono né ricchi né poveri. Allo stesso modo a Kinshasa ci sarà sempre un posto per un parente o un amico in difficoltà, allargando le possibilità di uscire dalla condizione di precarietà.
68 Mboka Bilanga Analisi Povertà e accesso ai servizi di base
Economia informale Article 15: Débrouillez-vous Il quindicesimo articolo della costituzione della provincia del Sud Kasai del 1960 invita la popolazione a rimboccarsi le maniche, a lavorare d’astuzia e, senza usare mezzi termini, a sbrigarsela con ciò che si ha. Questo concetto è entrato a pieno titolo tra le strategie di lotta alla povertà, oltre che essere un simpatico e diffuso modo di dire nel linguaggio di strada della capitale, sa ngolo zaku. Così, accanto alle scarse opportunità fornite dal mercato formale, i kinois hanno messo in piedi una fittissima rete di piccoli scambi commerciali, di servizi e di strategie di sopravvivenza che creano il vasto e fondamentale mondo dell’economia informale.
Tanti invece si riversano per le strade trasportando la merce che riescono a portare con sé e rivendendola per le strade. La modalità di vendita varia a seconda del tipo di prodotti. Chi vende pane, frutta, carne e pesce già cotti, paté di arachidi fresco ha solitamente un posto fisso lungo la strada o ad un incrocio nel quale aspetta seduto, senza fare nessun tipo di
Un’altra infinità di prodotti viene invece portata in giro dalle forti braccia di ragazzi che percorrono in lungo e in largo i comuni dove vivono, fermandosi ad offrire ai passanti o alla gente seduta nei bar merce del tutto inaspettata (capi d’abbigliamento, scarpe, profumi, …) o “generi di conforto” per chi si gode una pausa (arachidi cotte in ogni modo, cavallette arrosto, uova sode, panini, …). Altri invece, in questo universo decisamente creativo, hanno inventato un codice di suoni e gesti, un esempio di comunicazione informale a supporto dell’universo informale che domina l’economia della città. Camminano senza fermarsi, utilizzando questo linguaggio per farsi notare dai potenziali acquirenti solamente attraverso rumori o vistosi gesti, diversi per ogni tipologia di merce o servizio offerto. È il caso di un particolare tipo di venditore che porta sulla testa una piccola costruzione di cartone riempita di merce svariata (sigarette, gomme da masticare, radici, fiammiferi, …) e che fa un rumore continuo con gli elastici che tengono insieme la sua “boutique”, o dei lustra scarpe che sbattono incessantemente lo spazzolino contro il pezzo di legno sul quale fanno appoggiare il piede al cliente, o ancora di chi fa la manicure che gira facendo risuonare le boccette di vetro piene dei prodotti che utilizza o dei conducenti dei taxi condivisi che, se hanno del posto libero, percorrono il loro tragitto con un braccio fuori dal finestrino compiendo dei gesti codificati per indicare la direzione che seguiranno o la destinazione. Oltre al commercio, il settore informale copre quasi la totalità della rete di trasporto. Il servizio formale, dotato di pochi mezzi, copre insufficientemente i percorsi principali con tempi, sia di attesa sia di percorrenza, e costi inaffrontabili per la maggior parte della popolazione. La rete informale offre invece una cospicua varietà
69 La città (i)n(f)ormale
Tutto si svolge lungo le strade, specialmente quelle principali della prima e seconda espansione della città, sin dallo spazio subito al di fuori delle parcelle, ambito decisamente semi-privato: alcuni lo utilizzano semplicemente come un’estensione della propria abitazione per svolgere attività come cucinare, lavare i piatti o addirittura lavarsi. Molti per lo usano come boutique per vendere beni semplici, spesso non esattamente di prima necessità (caramelle, ricariche telefoniche, sigarette sfuse, …) che la sfrenata concorrenza tiene a prezzi talmente bassi che il margine di guadagno è quasi impercettibile. Altri vendono da mangiare sia frutta e verdura acquistata ai grandi mercati, sia prodotti confezionati, sia piatti cucinati in casa: per il corrispettivo di meno di un euro si può gustare un ricco e nutriente pasto caldo, per molti l’unico della giornata.
pubblicità, senza paura della concorrenza che i numerosi clienti arrivino da loro ad acquistare la merce a prezzi stabiliti dall’abbondanza di tali prodotti.
di alternative rispetto al tipo di tragitto da percorrere.
70 Mboka Bilanga Analisi
In aggiunta ai già citati i taxi che si muovono avanti e indietro tra punti notevoli come mercati o rotonde allo snodo di importanti assi viari, i mezzi più diffusi sono dei furgoncini di seconda mano importati per lo più dall’Europa. Con qualche modifica, come l’apertura di finestrini aggiuntivi e l’installazione di file di panche di legno, riescono a trasportare decine di passeggeri lungo percorsi che toccano vari nodi vitali della città. Le tariffe variano rispetto alla lunghezza del tragitto percorso, ma l’organizzazione è sempre la stessa: a bordo, oltre al conducente, è presente un accompagnatore che, in piedi sul bordo del furgone con il portellone aperto, si occupa di urlare la destinazione in prossimità delle fermate e di riscuotere la cifra dovuta da ogni singolo cliente per la tratta effettuata prima che questo scenda. Questi mezzi sono paragonabili a delle trappole mortali, non solo da un occhio occidentale, tanto da essersi guadagnati il soprannome di esprit de mort: la manutenzione è ovviamente tenuta al minimo indispensabile perché si possa continuare a fornire il servizio, anche se soventi sono le occasioni in cui li si vede fermi sul ciglio della strada in panne, la quantità di passeggeri che trasporta è decisamente superiore a quella con la quale si possa mai immaginare di condividere uno spazio così ristretto – fino a 30 persone nelle ore di punta, di più se si considerano i bambini e le merci comprate in città che la gente trasporta a bordo fino in periferia. In maniera ancora più capillare negli ultimi anni si sono aggiunti i moto-taxi: un quasi infinito parco moto guidato da spericolati giovani che per il corrispettivo di 50 centesimi di euro ti portano ovunque, senza limiti, senza regole. Con questi e altri numerosissimi stratagemmi, non ultima l’agricoltura urbana già descritta nel capitolo 4, a Kinshasa si lotta la povertà più estrema, si fa fronte alla mancanza di una minima assistenza sociale, si riempiono i buchi
lasciati dalle istituzioni e si sopravvive con una speranza di cambiamento, una fede ed una forza stravolgenti. Il settore informale scappa quasi totalmente dalle statistiche, ma è evidente che tiene in piedi una città il cui tasso di disoccupazione formale è così alto che da solo la lascerebbe morire. Se definiamo macro-resilienza la capacità di rispondere attraverso strategie urbane istituzionali alle problematiche che affliggono la città, notiamo che Kinshasa ne è completamente sprovvista. Al contempo la popolazione autonomamente, forte della sua débrouillardise, mette in campo una straordinaria, per quanto non sostenibile a lungo termine, micro-resilienza che le permette di rispondere alle difficoltà, alla povertà e alle mancanze quotidiane.
71
La cittĂ (i)n(f)ormale
72 Mboka Bilanga Analisi
Venditori informali
Pousse-poussiere
Il mercato informale
Pousse-poussiere
La città (i)n(f)ormale
“Ristoranti” informali
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74 Mboka Bilanga Analisi
Moto-Taxi
Esprit de mort
Il mercato informale 75
Gli effetti della mancanza di capolinea organizzati
La cittĂ (i)n(f)ormale
Trasporti alternativi
6. CITTÀ DELLE ESTENSIONI E DIRITTO ALLA CITTÀ
78 Mboka Bilanga Analisi Divisione della cittĂ in territorialitĂ
Questi ultimi comuni rappresentano più della metà del territorio urbano e possono essere classificati secondo le caratteristiche morfologiche del territorio in: comuni di estensione Est -che occupano la pianura oltre il fiume N’Djili- e comuni di estensione Sud -che si arrampicano sulle colline che coronano la piana. È evidente allora che il carattere informale e spontaneo che investe questi quartieri non possa essere considerato come un fenomeno isolato ma abbia bisogno di essere studiato come un carattere sedimentato all’interno della città.
79 Città delle estensioni e diritto alla città
La crescita urbana incontenibile che ha investito la città in seguito all’Indipendenza è il fenomeno sociale che ha contribuito maggiormente a plasmare il volto della Kinshasa odierna. L’alto tasso di crescita della popolazione urbana in questo periodo è dovuto ad una crescita naturale certamente, ma soprattutto al fenomeno dell’esodo rurale che vede contrapposte la città in espansione ai villaggi rurali in rapido decadimento per le sempre peggiori condizioni di vita. Se all’interno della pianura le logiche di densificazione indotte dai massicci flussi migratori sono state gestite da attori municipali, nei quartieri delle estensioni la crescita urbana è stata invece indirizzata, in mancanza di attori municipali forti, da autorità locali (chef de terre) verso uno sviluppo privo di pianificazione: senza prevedere alcun tipo di realizzazione di servizi urbani accanto alla lottizzazione del territorio periferico. Se quindi nei comuni centrali la densificazione si poteva ancora aggrappare ad una rete di servizi di origine coloniale, invece nei comuni delle estensioni l’insediamento e la spartizione dei terreni avvengono senza una crescita parallela di infrastrutture e servizi.
Una territorialità plurale
di strade ortogonali tra loro.
L’importante richiesta sociale di un’abitazione è stata, a Kinshasa, motore dell’incontro-scontro tra insediamento umano e fragilità del territorio -come descritto nel cap. 4. Riprendiamo ora il significato che riveste l’abitazione all’interno del panorama urbano kinoise per parlare delle modalità di appropriazione del territorio che dagli anni ‘60 ad oggi hanno plasmato il volto della capitale.
Kinshasa è dunque il risultato di un processo di occupazione dello spazio urbano e periurbano da parte di una cultura africana che vede la città europea come oggetto estraneo: il rapporto tra ciò che dava forma a Leopoldville ed i nuovi insediamenti africani può essere un buono spunto per descrivere la città attraverso le azioni di appropriazione dello spazio, variabili a seconda del territorio sul quale si innestano. Queste azioni danno vita a differenti territorialità coesistenti sul territorio della capitale congolese delle quali daremo una descrizione generale per delinearne le caratteristiche che risultano fondamentali per collocare il nostro sistema di valli all’interno di un quadro storico, spaziale, funzionale e sociale. La divisione in territorialità qui descritta si rifà alla ricerca di F. D’Ascenzo che in “La territorialità urbana a Kinshasa” traccia un quadro degli attuali assetti territoriali della città che tiene conto degli aspetti storici, spaziali, funzionali e sociali che finora sono stati descritti
« Quand tu as une parcelle, tu es libre de tout. Tu peux même ne pas travailler, tu te débrouilles de gauche à droite pour vivre. Tu es chez toi » (Marc Pain p143 di “La ville et la cite”)
80 Mboka Bilanga Analisi
La spasmodica ricerca di uno spazio in cui vivere ha accompagnato la migrazione rurale verso la capitale: in fuga da una condizione di estrema povertà come quella rurale, il villagoise cerca nella città nuove possibilità di guadagno e migliori condizioni di vita ma al contempo la nuova condizione non può prescindere dal soddisfacimento della necessità di sentirsi a casa. È con queste premesse che viene occupato e viene dato un nuovo significato ad un territorio urbano che fino all’indipendenza la popolazione africana aveva guardato come “altro da sé”, come estraneo e incomprensibile. Le popolazioni che si ritrovano ad abitare la città e che si riversano all’interno di essa dall’Indipendenza in poi non potranno portare avanti un’idea di città che era cara ai belgi, ma saranno guidate da quella necessità di “sentirsi a casa”, da quella volontà di dare un significato comprensibile ad un altrimenti insignificante scacchiera
Territorialità a matrice globale
«Ogni nuovo territorio implica l’esistenza di una territorialità e di possibili trasgressioni, perché l’esistenza di un territorio e di una territorialità è legata a una cultura e a un atteggiamento e dunque a un insieme di relazioni che costituiscono una territorialità. Ciò significa che un territorio è di solito imperfetto: è una concretizzazione non compiuta per l’effetto delle scale di spazio e di tempo che fanno sì che la territorialità si sviluppi a un ritmo differente da quello del territorio. Dunque c’è una discordanza tra il territorio che conserva delle rimanenze e la territorialità la cui evoluzione è più rapida. Una cosa importante da dire è che
Territorialità funzionale ibrida
il territorio non è mai contemporaneo della territorialità che ivi si svolge. In modo continuo, il territorio è ristrutturato per permettere lo sviluppo delle nuove forme di territorialità» (Raffestin, 2007, p. 22).
La territorialità bipolare fa riferimento alla distinzione tra ville e cites, eredità del passato coloniale della città ne permea l’intero agglomerato urbano. Basata sull’esclusione e sulla segregazione questa territorialità distingue la città “del lavoro” da quella vissuta. È una distinzione assunta come dato di fatto in maniera passiva dagli attori urbani.
La territorialità funzionale ibrida è la prima delle territorialità attive, nelle quali cioè la soggettività dell’abitante si innesta su di un palinsesto preesistente
Territorialità urbana ibrida
Nelle cités delle estensioni notiamo invece un fenomeno definito di ruralizzazione: la migrazione che la città ha dovuto affrontare negli anni 60-80 ha portato alla creazione di queste estensioni urbane prive di servizi e infrastrutture all’interno delle quali l’approvvigionamento e l’accesso ai servizi urbani è lasciato in mano ai nuovi attori che inevitabilmente portano con sé uno stile di vita di tipo rurale. Si tratta di una territorialità urbana ibrida all’interno della quale l’elemento rurale continua ad essere protagonista dell’organizzazione sociale: la condivisione del raccolto della propria parcelle con i vicini, la vendita di prodotti dall’interno della propria parcelle per ricavarne un piccolo guadagno, la lontananza dal centre ville che costringe a lunghi spostamenti giornalieri sono tra le caratteristiche che rendono questa territorialità urbana ibrida. Appartiene al discorso sulle territorialità kinoise un’ulteriore territorialità localizzata in quei villaggi limitrofi alla capitale che
Territorialità rurale ibrida
81 Città delle estensioni e diritto alla città
La territorialità a matrice globale è invece limitata ad una determinata area urbana, il comune di Gombe: l’antico polo degli scambi della capitale belga ha mantenuto un carattere di estraneazione rispetto al resto della città. Le relazioni che la capitale intrattiene con gli attori stranieri e internazionali hanno in quest’area l’unica ripercussione a livello territoriale. Uffici di compagnie aeree, banche, assicurazioni, grandi magazzini, ambasciate e sedi rappresentative di organizzazioni internazionali si concentrano nel comune di Gombe. Questo tipo di territorialità, di carattere più localizzato rispetto alla prima descritta, ne mantiene il carattere negativo di passività: ha infatti l’effetto di attrarre una moltitudine di attori urbani che popolano durante il giorno le vie del centre ville per abbandonarle la notte.
modificandolo e adattandolo alle proprie esigenze. Localizzata nelle zone occupate in passato dalle cités vecchie, nuove e pianificate è rappresentativa della volontà di risignificare uno spazio ereditato. Formalmente riscontriamo il carattere principale di questa territorialità nella costituzione di grandi nodi funzionali che si innestano su incroci tra assi viari importanti, su punti di rottura periferici, sui grandi mercati urbani: cioè su di un residuo territoriale coloniale del quale si sfrutta la localizzazione e la conformazione spaziale per innestare una territorialità propria.
beneficiano dei rapporti commerciali che si sviluppano lungo gli assi viari di collegamento con le aree periferiche della regione. Nati dalla necessità di soste e rifornimenti dei camion di passaggio in entrata e uscita dalla capitale si sono sviluppati dei centri di rifornimento che hanno assunto una funzione di snodo, sviluppandosi nel tempo e dando vita ad una territorialità rurale ibrida in cui la componente urbana si innesta su di una componente rurale.
82 Mboka Bilanga Analisi
Idealmente all’altro capo della territorialità bipolare la territorialità spontanea diffusa rappresenta il carattere informale che investe tutto il territorio del conglomerato urbano. Rappresenta la debrouillardise, l’inventiva e la spontaneità degli attori urbani che fanno dell’informalità e delle relazioni sociali una ragione di sopravvivenza. Territorialità per questo motivo “attiva”: che descrive le pratiche di riappropriazione territoriale e le strategie d’uso degli spazi che permeano ogni area di Kinshasa, collocandosi trasversalmente a tutte le altre territorialità fin qui descritte.
Territorialità a matrice globale
Territorialità urbana ibrida La nostra ricerca si concentra ora sull’approfondimento delle estensioni a Sud della capitale, all’interno del territorio collinare, dove le caratteristiche geomorfologiche del sito che avevano frenato l’avanzamento della città belga non hanno potuto frenare l’espansione della città africana. Qui la territorialità urbana ibrida -di cui abbiamo descritto le caratteristiche generali- si articola presentando ulteriori peculiarità che nelle estensioni della pianura ad Est non ritroviamo. È ancora una volta la morfologia del terreno con le sue caratteristiche fisiche a rappresentare la variabile di maggior impatto: se nella piana le nuove vie di accesso e la creazione di nuovi insediamenti è stata relativamente semplice, sulle colline l’accessibilità ai nuovi insediamenti risulta ancora una problematica irrisolta. Dall’indipendenza ad oggi la fisionomia delle valli a sud della piana è mutata radicalmente, ad una velocità sorprendente. Dalle strade di crinale che garantivano l’accesso da Sud alla città coloniale si è iniziato a scendere nelle valli adiacenti attraverso una lottizzazione a scacchiera adottata dal sistema belga che per nulla teneva conto della conformazione del terreno. Nel giro di un ventennio l’aspetto delle valli è completamente mutato: da rigogliose vallate solcate dagli affluenti del Congo sono diventate brulle distese inclinate in cui le case hanno preso il posto degli alberi, minando la tenuta del terreno. Questo territorio ha però
Territorialità funzionale ibrida
continuato ad evolversi e si presenta adesso come un sistema a sé stante: abitato sui ripidi versanti e coltivato nell’instabile fondovalle. L’inaccessibilità all’interno della valle di strade e servizi urbani ci porta a definire la valle kinois come un limite verticale: un’enclave all’interno della quale la città fatica ad entrare ma nonostante ciò un elemento di forte impatto sul panorama urbano. La rottura delle relazioni trasversali nella periferia Sud, i fenomeni di erosione che causano esondazioni disastrose nella pianura abitata e riducono le possibilità di coltivare sistematicamente un suolo fertile: le valli, ai margini delle recenti riflessioni sulla città, rappresentano un nodo centrale e fondamentale per lo sviluppo di un sistema urbano capace di presentare capacità di resilienza a grande scala.
«il diritto alla città si presenta come forma superiore dei diritti, come diritto alla libertà, all’individualizzazione nella socializzazione, all’habitat e all’abitare. Il diritto all’opera (all’attività partecipante) e il diritto alla fruizione (ben diverso dal diritto alla proprietà) sono impliciti nel diritto alla città.» (Lefebvre, 2009, p.130)
Territorialità urbana ibrida
Le riflessioni del filosofo francese si pongono all’interno del nostro progetto come presupposto per una riflessione sul ruolo del progetto urbano nella definizione e nell’incoraggiamento delle relazioni che si instaurano tra gli abitanti di una città e che ne costituiscono l’anima. Come il progetto della città può indirizzare nuove pratiche relazionali e sociali senza perdere di vista il carattere tecnico-scientifico che un progetto architettonico comporta? Come un progetto architettonico di grande scala può rispondere a necessità contingenti senza stravolgere le usanze quotidiane di una popolazione ed anzi incoraggiandone lo sviluppo? Fin qui abbiamo cercato di descrivere le logiche attraverso cui la Kinshasa odierna ha preso forma e che ci hanno permesso di individuare l’area sulla quale sviluppare il nostro progetto, con l’intento di cercare di dare una risposta alle domande che hanno mosso la nostra ricerca.
Territorialità rurale ibrida
83 Città delle estensioni e diritto alla città
All’interno delle pratiche di sopravvivenza quotidiana e di sviluppo della capitale congolese emerge forte la necessità di affrontare il superamento di questo limite attraverso la riconnessione del frammentato tessuto urbano. Per meglio inquadrare la problematica possiamo riferirci alla definizione che Lefebvre fornisce per “diritto alla città”:
L’accesso ai servizi e all’infrastruttura urbana assume qui un ruolo secondario: non è il soddisfacimento di necessità puntuali l’obiettivo che imposta Lefebvre. Il diritto alla città è inteso come «garanzia di accesso a tutto ciò che la città può offrire globalmente, a ciò che la città è per come si presenta», per garantire la nascita di una nuova società urbana. La città non viene più intesa come mero prodotto (del dominio scientifico e tecnico sulla natura materiale), ma necessita del senso dell’opera che permette «l’appropriazione del tempo, dello spazio, del corpo, del desiderio».
7. LIMITE VERTICALE
86 Mboka Bilanga Analisi La valle di Selembao
Il sistema di valli della periferia kinois può essere identificato come una serie di fratture nelle reti urbane, tanto quelle viarie e di trasporto quanto quelle di distribuzione dei servizi. Si può immaginare la città, che si estende come un continuo quasi indifferenziato, su un altro piano rispetto a queste aree, separate dal resto dell’agglomerato non solo fisicamente ma anche concettualmente, come dei limiti verticali all’interno di una città che si sviluppa orizzontalmente. Tra questi limiti si è scelto di studiarne uno, particolarmente significativo per posizione, complessità e stratificazione all’interno delle dinamiche urbane: la valle del comune di Selembao.
La valle di Selembao
Lungo queste strade troviamo numerosi punti di interesse che tengono viva la connotazione urbana di questo comune. Arrivando da nord su Avenue Libération ci si scontra con il mercato Bumbu, uno
Continuando verso sud si trova il sanatorio di Makala, una delle poche costruzioni che si ergevano su questa collina prima dell’indipendenza ed eccezionale esempio di architettura tropicale, l’Université Pédagogique Nationale (UPN), importante polo d’istruzione superiore che attira ogni giorno studenti da tutta la città. Quest’ultima si trova su un lato della rotonda dalla quale la N1 si divide da Avenue Libération, diventato un importante snodo di trasporti e il centro di una relativamente vasta area commerciale che sfrutta appieno le potenzialità della propria posizione: uno dei primi punti di sosta provenendo da sud prima di entrare effettivamente nel traffico cittadino. Infine si giunge alla Cité Verte, uno dei quartieri pianificati costruiti per cercare di garantire condizioni di vita di un certo livello ai propri abitanti, un’operazione immobiliare mirata alla soddisfazione della sola classe media e frutto di iniziative private più che di una politica statale. Risalendo su ByPass si incontrano una serie di mercati minori ma settorializzati come quello degli arredi o del legno da costruzione. Questa strada ha un minore carattere commerciale un po’ per il suo carattere tangenziale, un po’ per le sue condizioni decisamente più precarie, ma soprattutto perché è di recente costruzione e quindi meno stratificata all’interno delle dinamiche urbane rispetto
87 Limite verticale
Il comune di Selembao si trova immediatamente a sud del limite che la città, fino all’indipendenza, aveva rispettato nella sua espansione: parte dai primi pendii sulle colline a est di Ngaliema e si arrampica lungo la valle scavata dal fiume Bumbu - che in questo comune prende però il nome di Kalamu – fino alla sua fonte, poco a nord del complesso residenziale Cité Verte. I suoi confini sono rappresentati da due importanti arterie viarie della città che corrono sui crinali della vallata: Avenue Libération a ovest, meglio conosciuta come Avenue 24 Novembre, uno snodo della Route National N1 che attraversa tutta la città fino ad incrociare Boulevard 30 Juin; la Route ByPass a est, una strada che collega la parte sud a quella est della N1 evitando di passare per il centro città, una sorta di tangenziale che unisce la strada per Matadi a quella per il Bandundu pensata per i trasporti pesanti ma che adesso passa per zone densamente abitate.
dei pochi e importantissimi mercati che servono le estensioni della città. Per quanto fondamentale nella vita del comune, questo punto rappresenta un primo grado di separazione dal centre ville: la completa mancanza di organizzazione spaziale fa sì che il mercato invada la strada; i trasporti pubblici, che usano il mercato come capolinea, non hanno modo di fare manovre che non blocchino il flusso viario; i camion stracolmi, che arrivano a qualsiasi ora del giorno e della notte, peggiorano ancora di più questa situazione accostandosi per scaricare le merci. La situazione del traffico, tanto in entrata quanto in uscita, rende lentissimi gli spostamenti che moltissimi lavoratori devono effettuare ogni giorno per raggiungere la ville.
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alla sua parallela, da sempre una delle porte della città.
alle vacillanti sicurezze del mercato informale.
Lungo gli alti marciapiedi che corrono per le strade principali si susseguono un’infinità di edifici a un piano adibiti a piccoli depositi, boutique, alimentari e bar. Nello spazio antistante commercianti informali rivendono con un impercettibile margine di guadagno la merce comprata al mercato di Bumbu o a quello dell’UPN o altri prodotti che si possono altrimenti trovare solo in città o recuperare direttamente dai camion durante una loro sosta prima di giungere nei principali mercati.
La posizione rispetto agli assi viari principali e rispetto alla ville e la presenza di punti di interesse importanti al momento difficili da raggiungere sono stati fattori che hanno fortemente influenzato la scelta del caso studio.
All’interno del perimetro segnato da queste due importanti strade carrabili e asfaltate la mobilità motorizzata si ferma completamente: le strade di penetrazione sono in terra battuta come in tutto il resto dell’area delle cités, ma affette da gravi erosioni e caratterizzate dalla forte pendenza del terreno che dai crinali arriva al fondovalle.
Mboka Bilanga Analisi
Descrivendo il territorio e i metodi di insediamento, Selembao potrà apparire come una zona scarsamente abitata e poco densa, ma questo comune conta 359’239 abitanti al 2015, con una densità di 29’936 abitanti per chilometro quadrato e ha visto negli ultimi 5 anni una crescita della popolazione di del 30%. L’area di 12 chilometri quadrati è divisa in 28’374 parcelles per una media di 12.8 abitanti per ognuna, 1,5 famiglie per parcelle. Se durante il giorno è facile incontrare le donne del quartiere intente nei lavori casalinghi, molto più rari sono gli uomini. Secondo il rapport annuel de la commune de Selembao questi trovano impiego per lo più al di fuori dei limiti del comune, dovendosi spostare in città con i mezzi più disparati in dipendenza della propria disponibilità economica. Dallo stesso documento risulta però evidente un altro dato importante: soltanto il 20% degli abitanti in età da lavoro di questa municipalità trovano impiego all’interno del settore formale, gli altri si aggrappano
Punti di interesse a Selembao
Avenue ByPass
Limite verticale
Avenue 24 Novembre
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90 Mboka Bilanga Analisi
MarchĂŠ Bumbu
Rond-point U.P.N.
Punti di interesse a Selembao 91
Quartiere pianificato CitĂŠ Verte
Limite verticale
Sanatorio di Makala
92 Mboka Bilanga Analisi Strada asfaltata Strada di penetrazione sicure Strada di penetrazione danneggiate Strada a fianco dei canali Percorso fondovalle Ponte
Rete di percorsi in valle
(in)Accessibilità e percorsi
Perpendicolarmente ai sentieri che scendono in valle si sono create delle strade di collegamento in quota più stabili e facilmente percorribili lungo le quali spesso si trovano dei mercati lineari nei quali si vendono i prodotti agricoli
93 Limite verticale
Nella zona più prossima alle strade principali il tessuto è disegnato da una scacchiera di percorsi ortogonali, tra loro che non tengono minimamente conto della pendenza, figli della lottizzazione effettuata dagli chefs de terre che hanno diviso e venduto queste terre senza alcuna logica se non quella del guadagno. Inoltrandosi tra le case che scendono a valle la morfologia del terreno si fa sempre più aspra: la pendenza aumenta e la debole composizione del terreno fa sì che si generino fenomeni erosivi più o meno forti che rendono difficile, oltre che pericolosa, la circolazione. La popolazione, con un leggero aiuto da parte delle istituzioni comunali, cerca di ovviare a questi fenomeni con semplici sistemi come l’installazione nel terreno di sacchi di sabbia o pneumatici usati che aiutino a trattenere la sabbia dalla forza di dilavamento delle forti piogge e dal continuo passaggio di persone. Quando non si agisce in tempo, la pendenza è troppo forte perché questi metodi possano essere efficaci o ancora quando altri fattori influiscono nei fenomeni erosivi (come la rottura o l’errata progettazione di un canale di scolo) si creano molto velocemente delle gole che fratturano il tessuto. In questi casi per rallentare l’avanzamento dell’erosione la popolazione comincia a gettare rifiuti, per lo più plastici, per terra così da diminuire l’effetto splash delle gocce di pioggia che causano il distaccamento delle particelle, ottenendo però scarsi risultati e un ambiente malsano. È facile immaginare come le aree separate da questi eventi rimangano per un periodo fortemente dipendenti l’una dall’altra costringendo la popolazione a compiere lunghissimi tragitti per accedere a beni e servizi di base come l’acqua.
della valle e alcuni articoli lavorati o d’importazione come farine di vario tipo, latte in polvere, scatolette di conserve, dadi da brodo, carne e pesce essiccati e affumicati, … Ma più si scende in valle, più aumenta la pendenza, più rari sono questi percorsi di collegamento che renderebbero più semplice la mobilità e più stabile il terreno.
94 Mboka Bilanga Analisi
Percorsi lungo i canali di scolo
Percorsi paralleli alla pendenza
Strade di penetrazione e attraversamenti
Percorsi in quota
Limite verticale
Percorsi lungo le teste di erosione
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96 Mboka Bilanga Analisi
Attraversamenti con materiali di recupero
Pontei costruiti dalle autoritò
Strade di penetrazione e attraversamenti 97
AttivitĂ commerciali che si sviluppano intorno agli attraversamenti
Limite verticale
Attraversamenti di auto-costruzione
98 Mboka Bilanga Analisi Canale di scolo Zona erosa Zona inondabile Fiume
Rischi idrogeologici: zone erose e a rischio esondazione
Abitare la pendenza Parallelamente al sistema delle strade che va degradandosi via via che si scende in valle, lo stesso succede alle abitazioni: se vicino alle strade principali si trovano costruzioni in blocchi di cemento, solide per quanto minacciate dalla scarsa tenuta del terreno, sui pendii queste vengono sostituite da case parzialmente o totalmente costruite in lamiera. Sicuramente la difficoltà di trasporto dei materiali da costruzione sulle strade accidentate è una delle cause di questa precarietà crescente, ma non la sola: il processo insediativo che porta i nuovi kinois a prendere possesso di queste terre ne è una spiegazione più completa.
Le case sono solitamente molto piccole considerata la media di componenti delle famiglie che le occupano (12.8 abitanti per parcelle, rapport annuel de la commune de Selembao, 2015) e presentano poche
Come è facile immaginare la maggior parte di queste abitazioni è scollegata dalle reti di distribuzione di elettricità e acqua. Le spese di collegamento sono completamente a carico degli utenti che, a causa di condizioni economiche precarie, non riescono a formare dei gruppi di acquisto per abbattere i costi ufficiali. Così, per quanto riguarda l’elettricità, chi può permetterselo inventa metodi ingegnosi per potersi collegare abusivamente alla rete. Nella nostra esperienza ci è capitato di incontrare in una sola occasione qualcuno che aveva installato un semplice pannello solare, utilizzato per lo più per diffondere dell’allegra rumba che attira i clienti del suo bar che per pochi franchi hanno anche la possibilità di caricare il proprio cellulare. Per la rete idrica invece, chi ha avuto la possibilità di investire nel collegamento si vede ripagato poiché può rivendere al vicinato bidoni d’acqua rappresentando un importante punto di riferimento e di incontro all’interno del quartiere. Gli altri devono quotidianamente recuperare l’acqua direttamente da pozzi o fonti in fondovalle, percorrendo lunghi e faticosi chilometri per garantirsi dell’acqua comunque tutt’altro che potabile.
99 Limite verticale
Alla ricerca di un pezzo di terra sul quale costruire la propria casa i nuovi cittadini trovano in questi quartieri una soluzione intermedia tra la vicinanza alla città e un ottimo prezzo di mercato, ma, complice la morfologia del terreno, le spese da affrontare sono spesso molto più alte di quelle del solo acquisto e della costruzione. Per potere costruire sui pendii bisogna prima di tutto abbattere gli alberi e pulire dall’erba il terreno, anche per dare una prima impressione del possesso dell’area scelta al vicinato. In seguito, se la pendenza non permette di costruire, bisogna terrazzare il lotto, senza mezzi meccanici che non riescono ad inoltrarsi in queste trame viarie. In più una scarsa cultura progettuale fa sì che il più delle volte non si accumuli tutto il denaro necessario a completare i lavori prima di acquistare la terra, così la costruzione di queste case può durare molti anni: si comincia col posizionare una piccola baracca di lamiera sperando di riuscire a trovare i mezzi per poterla sostituire con qualcosa di più stabile, anche fabbricando personalmente i mattoni necessari.
aperture, se non solamente una porta d’accesso. La casa in sé e per sé serve solo a ripararsi dalle forti piogge e a dormire al sicuro dagli insetti che minacciano la salute, tutte le altre attività si svolgono sull’ampio spazio lasciato libero all’esterno: camminando tra le parcelle per ogni giardino si incontrano almeno due donne, dalle più giovani alle più anziane, intente in uno dei faticosi lavori domestici, tritare la manioca per farne farina, accendere le braci per cucinare, lavare i panni in secchi di plastica, …
100 Mboka Bilanga Analisi
Abitazioni in muratura
Abitazioni a rischio
Insediamenti 101
Abitazioni costruite con materiali di recupero
Limite verticale
Terrazzamenti scavati per gli insediamenti
102 Mboka Bilanga Analisi
Effetti delle esondazioni
Costruzioni abbandonate a causa delle esondazioni
Esondazioni 103
Tecniche di difesa dalle esondazioni
Limite verticale
Tecniche informali di protezione spondale
104 Mboka Bilanga Analisi
Erosioni e abitazioni a rischio
Percorsi alternativi creati lungo le teste di erosione
Erosioni 105
Tecniche di protezione dagli effetti dell erosioni
Limite verticale
Tecniche di protezione dalle erosioni dei versanti
106 Mboka Bilanga Analisi
Ritrovi sociali intorno ai punti di distribuzione di elettricitĂ
Ritrovi sociali intorno ai punti di distribuzione dâ&#x20AC;&#x2122;acqua
luoghi di socialitĂ
Bar e terrasse
Limite verticale
Campi da gioco
107
108 Mboka Bilanga Analisi Campo agricolo
Agricoltura in fondovalle
Il fondovalle Giunti con non poche difficoltà in fondovalle il territorio cambia nettamente, non solo per questioni morfologiche, ma anche di insediamento umano. Complice sicuramente la poca affidabilità degli argini del fiume Kalamu che scorre ai piedi di queste colline, la lottizzazione da parte degli chefs de terre non è arrivata fin qui: si può distinguere una linea, più o meno netta, lungo la quale le case dei nuovi kinois lasciano spazio a una fertile distesa agricola.
I prodotti coltivati sono per lo più quelli di grandissimo consumo nella cucina tradizionale, gustosa ma poco varia: manioca, patate dolci, fagioli, pomodori, melanzane, zucchine, carote, arachidi, amaranto, peperoni, peperoncino, cavolo. Gli alberi da frutto sono molto presenti, anche se per lo più si trovano sui versanti e non nelle aree coltivate, sono visti come bene comune e ne usufruiscono
La densità dei campi, le varietà coltivate e le tecniche utilizzate cambiano lungo la valle in dipendenza del grado di rischio di inondazioni: le zone a più alto rischio sono caratterizzate da coltivazioni a breve ciclo vegetativo e da tecniche molto semplici poiché minacciate per l’intera durata della stagione delle piogge di essere sommerse e distrutte dalla forza del fiume, quelle più al sicuro, al contrario, presentano coltivazioni più lente nella crescita e tecniche più avanzate come piccole serre costruite con le foglie di palma o rialzamenti e bordature dei campi così da permettere la creazione di un sistema di irrigazione. Come risulta evidente la vita del fondovalle dipende fortemente dal Kalamu, nel bene e nel male: fondamentale per irrigare i campi, ma pericolosissimo durante la stagione delle piogge per gli effetti devastanti delle sue esondazioni. Le piogge tropicali sono frequenti, brevi ma molto intense, così anche le esondazioni: il fiume, che si ingrossa dopo le precipitazioni, non sta più negli argini e, trovando un terreno molto pianeggiante, non scorre, ma rimane stagnante annegando le coltivazioni e impedendo la circolazione. Fortunatamente il terreno è molto permeabile e nel giro di poche ore assorbe l’acqua lasciando evidenti però i segni della distruzione appena avvenuta. All’interno di un territorio come quello descritto risultano fondamentali i punti di attraversamento: durante tutto l’anno i ponti rivestono un ruolo importante tanto nella mobilità quanto nella socialità. È evidente come collegare i due lati del fondovalle divisi dal fiume sia una necessità, il fatto unire due percorsi da un lato e segnare con il loro punto di arrivo una zona sicuramente salva dalle inondazioni dall’altro aggiunge un grande valore ai ponti che diventano un punto di incontro, socialità e scambio. Negli immediati dintorni vi si trovano, piccoli mercati, bar, scuole, e altri vari servizi. Una puntualizzazione da fare è sulla natura
109 Limite verticale
L’impatto visivo è notevole, considerata anche la vicinanza con le parti di città a carattere fortemente urbano, ma risulta subito evidente un’organizzazione poco strutturata nella divisione dei campi e una forte dipendenza dal fiume per l’irrigazione. La proprietà o l’usufrutto dei campi non è in nessun modo regolata, il terreno appartiene totalmente allo stato e gli agricoltori si assicurano il diritto all’esclusività di utilizzo di un certo appezzamento di terra semplicemente occupandolo, il che lascia nascere facilmente faide tra vicini anche per pochi metri di campo. Inoltre questo metodo di appropriazione disincentiva la nascita di organizzazioni di coltivatori che possano razionalizzare e aumentare le varietà dei raccolti, oltre ad abbassare i costi di gestione. Riuscire a creare organizzazioni del genere potrebbe anche risolvere i problemi logistici che nascono dalla morfologia del territorio, come la questione dell’irrigazione, al momento affidata alla sola forza degli agricoltori, o la difficoltà nel procurarsi dei concimi.
tutti. Troviamo mango, papaya, avocado, banani.
di questi ponti: soltanto due di quelli che si incontrano percorrendo l’intero fondovalle sono veri e propri ponti, solidi e stabili. In mancanza di attraversamenti “formali” anche in questo caso la popolazione si è organizzata in maniera “informale” trasformando travi di ferro, tronchi di palma, piccole costruzioni in bambù nei necessari ponti. Risulta evidente come la valle di Selembao rappresenti un caso molto interessante all’interno delle dinamiche di sviluppo di una megalopoli, sia dal punto di vista morfologico sia da quello sociale: una città che sta crescendo in maniera sproporzionata su un terreno inadatto ad ospitare queste pressioni demografiche, in mano ad attori che portano con sé un fortissimo bagaglio di tradizioni, relazioni e risorse. È necessario cercare di conoscere al meglio ed immergersi in questa cultura 110 Mboka Bilanga Analisi I campi in fondovalle
per poter sviluppare un progetto che prenda le mosse dalle enormi potenzialità che questo territorio presenta.
coltivare il fondovalle 111 Limite verticale
112 Mboka Bilanga Analisi
Campi di arachidi
Maman maraichere
coltivare il fondovalle 113
Protezione dei campi
Limite verticale
Canali di irrigazione
114 Mboka Bilanga Analisi Uno scorcio della valle dallâ&#x20AC;&#x2122;U.P.N.
115 Limite verticale
8. STRATEGIE PROGETTUALI
118
Mboka Bilanga Progetto
Fondamenta per un pensiero progettuale La premessa fondamentale per affrontare un progetto a Kinshasa riguarda il concetto di progettualità a cui solitamente facciamo riferimento, concetto che si rifà ad una cultura, a delle consuetudini, a dei tempi, a dei metodi e a delle strategie estranee al contesto in cui questa tesi nasce e si sviluppa. Nel periodo trascorso nella capitale congolese, a contatto con gli abitanti kinois e confrontandoci con le loro abitudini, abbiamo percepito una differenza sostanziale nell’approccio al fare. La condizione di precarietà dalla quale la città non riesce ad uscire rappresenta un ostacolo per qualsiasi forma progettuale a lungo e medio termine che non tenga conto delle necessità contingenti dei suoi abitanti. Per la maggior parte dei kinois la possibilità di pensare ad un futuro più remoto dell’oggi o del domani è inibita dalle richieste che la sopravvivenza quotidiana sottopone loro.
La riprova di ciò è verificabile per le vie di Kinshasa dove gli unici attori capaci di produrre progetti lungimiranti e durevoli, con ripercussioni positive sul bene comune sul lungo periodo, risultano essere organizzazioni esterne: ONG di diverso tipo, organizzazioni governative come Unione Europea e Nazioni Unite, o il Fondo Monetario Internazionale.
La nostra proposta progettuale, tenendo conto di queste difficoltà, segue il solco tracciato da due progetti conclusisi negli ultimi anni che hanno prodotto risultati evidenti e positivi all’interno della realtà congolese: Growing Greener Cities – progetto sull’agricoltura urbana promosso dalla FAO- e PARAU –progetto finanziato e gestito dall’Unione Europea che ha migliorato e promosso la gestione delle acque di scolo in pianura e la gestione dei rifiuti urbani. La riuscita dei progetti sopra citati deriva dalla capacità dei progetti stessi di adattarsi alle abitudini e pratiche congolesi, modificandosi in corso d’opera alla ricerca di un dialogo tra un progetto esterno ed una realtà precaria ma consolidata da inamovibili abitudini. È da queste premesse che prende piede il nostro progetto che cerca di inserirsi all’interno del discorso di una città molto abitudinaria e ripetitiva, incapace di progettarsi per proporre un nuovo futuro per i suoi abitanti in continuo aumento.
119 Strategie progettuali
Come un’eredità culturale della quale è difficile disfarsi, la medesima incapacità progettuale si riflette sugli organi amministrativi in maniera amplificata tanto che ad un progetto durevole nel tempo come una strada ben fatta talvolta si preferisce una strada mal costruita. L’idea che sta alla base di questo ragionamento paradossale è semplice e contorta allo stesso tempo: una strada che cade in rovina velocemente rappresenta un’opportunità per essere rimessa in sesto e garantire così un temporaneo consenso ad una autorità pubblica che sembra incapace di realizzare progetti a lunga scadenza. * [* conversazioni con Maurizio Filippi, incaricato UE per il progetto PARAU]
Attraverso il finanziamento e la gestione di progetti su piccola o vasta scala sono in realtà numerosi gli attori esterni che si devono scontrare con una amministrazione locale molto poco lungimirante.
MITIGARE I RISCHI
diminuire il rischio di erosione lungo i versanti
gestione del fondovalle mirata alla riduzione dei problemi causati dalle esondazioni frequenti del fiume Kalamu
diminuire i rischi dovuti a scarsa considerazione dei problemi idrogeologici
120 Mboka Bilanga Progetto
opere di bioingegneria
installazione di briglie selettive
rimoione delle abitazioni a rischio
creazione di un sistema di drenaggio
risezionamento dellâ&#x20AC;&#x2122;alveo del fiume
ricollocazione nelle aree rese sicure
silvicoltura
sostenimento spondale
Risolvere i problemi a monte Si è visto nei capitoli precedenti come l’individuazione del luogo di progetto all’interno del sistema collinare ci consenta di agire alla radice di molti dei problemi idrogeologici che affliggono la città. Diversi progetti infatti si sono occupati della gestione delle problematiche di allagamento e di circolazione concentrando gli interventi sulla pianura piuttosto che sulle colline, rimandando una riflessione inevitabile imposta dalla gestione dei rischi idrogeologici a monte. Le cause di queste scelte progettuali non possono essere però imputate a scarsa competenza dei tecnici, evidenziano invece una caratteristica della nostra area progettuale: la sua riconoscibilità come limite interno (limite verticale), un sistema in cui la città fatica a penetrare e in cui risulta difficile intervenire in maniera sistematica con un progetto di riqualificazione urbana.
“Difendere il territorio dai rischi di erosione e inondazione che si ripercuotono con gravi conseguenze nella piana densamente abitata.” Ricadono sotto questa linea strategica interventi come la realizzazione di terrazzamenti e canali di scolo in corrispondenza delle erosioni più pericolose e il risezionamento dell’alveo del fiume Kalamu per l’intera lunghezza.
121 Strategie progettuali
Piuttosto che proporre un intervento traumatico e massiccio -forse necessarioma che sembra di impossibile realizzazione, la nostra ricerca propone un intervento sistemico basato sulla realizzazione di interventi su scala diversa, differenti tra loro ma che perseguono una strategia comune. L’obiettivo principale è il riconoscimento di ciascuna valle come un sistema sul quale intervenire coniugando le pratiche spontanee di lotta per la sopravvivenza kinois con interventi mirati per dare stabilità e possibilità di sviluppo alla valle. La prima linea strategica individuata è imprescindibile per poter sviluppare un nuovo progetto a lungo termine:
Pensati come completamento delle iniziative autonome degli abitanti della valle, gli interventi mirano a risolvere i problemi che affliggono l’intero sistema piuttosto che il singolo cittadino e fanno appello principalmente ad un sapere ingegneristico specializzato proprio per la natura specifica del rischio idrogeologico. Per il grado di interessamento del singolo abitante, che viene interessato in maniera secondaria da questo tipo di interventi che riguardano la risoluzione di problemi che minano un sistema che attualmente non viene riconosciuto, la linea strategica della mitigazione dei rischi si presenta come una strategia “passiva” ma necessaria: subita cioè passivamente in virtù della natura specialistica delle opere che la compongono eppure fondamenta indispensabile per il riconoscimento dell’intero sistema.
COLTIVARE IL FONDOVALLE
promuovere l’agricoltura del fondovalle, rendendola una risorsa importante a scala urbana
promuovere l’agricoltura del fondovalle, rendendola una risorsa importante a scala urbana
122 Mboka Bilanga Progetto
Gesione stagionale delle colture
Agricoltura sui terrazzamenti
Creazione di pozzi per l’irrigazione
Creazione di un impianto di irrigazione
Formazione agricola
L’agricoltura urbana come strumento progettuale La seconda linea strategica, a differenza della precedente che si basava su di una problematica del sistema di valli ponendone le basi per il superamento, ha come obiettivo il potenziamento di opportunità che la valle propone ma che al momento restano delle risorse in potenza nelle mani degli abitanti. La fertilità del fondovalle, dimostrata dal diffuso sfruttamento agricolo che lo caratterizza, è certamente riconosciuta ma male sfruttata a causa delle frequenti esondazioni del fiume Kalamu durante la stagione delle piogge.
All’interno del nostro discorso emerge adesso chiaramente la dipendenza nei confronti del difendere da parte del coltivare, strategia in cui risiede il motore dell’intervento proprio perché basata su delle pratiche di occupazione dello spazio già attive sul territorio.
“Coltivare il fondovalle all’interno di una rete di gestione e distribuzione dei prodotti che riesca a sfruttare al meglio il potenziale di una pratica già ampiamente consolidata.” 123 Strategie progettuali
L’agricoltura urbana in città riveste attualmente un ruolo di primaria importanza attraverso la sua caratteristica di sussistenza, collocandosi all’interno delle strategie informali di sopravvivenza. Il nostro progetto affida un ruolo di primaria importanza a questa pratica consolidata: grazie al suo carattere sociale e alle caratteristiche della valle che ne consentono uno sviluppo significativo l’agricoltura assume il ruolo di collante sociale. Il carattere “attivo” di questa strategia risiede nel coinvolgimento degli abitanti della valle che sono chiamati a fare per garantire lo sviluppo e della diffusione dell’agricoltura all’interno del nuovo sistema. La capacità di creare nuova occupazione -in un contesto in cui la disoccupazione è combattuta quotidianamente attraverso pratiche informali di guadagno- sommata alla possibilità di aumentare la sicurezza alimentare delle famiglie risiedenti nelle valli periurbane sono motivazioni sufficienti per prevedere una risposta positiva e partecipativa da parte della popolazione.
ACCESSO ALLA RETE URBANA
aumentare il grado di attraversabilità e percorribilità della valle
fornire un nuovo collegamento con la città che sfrutti metodi di spostamento lenti
creare nuovi collegamenti rapidi e diretti tra crinale e fondovalle
124 Mboka Bilanga Progetto
Teleferica per il trasporto merci
creazione di un percorso in fondovalle per la mobilità pedonale
potenziamento del sistema di ponti
Strade carrabili
creazione di un percorso in fondovalle per il trasporto merci
completamento del sistema di percorsi sui versanti
Creazione di punti di contatto tra la valle e la città
Per una città delle reti Fornita una base per l’auto-riconoscimento del nuovo sistema attraverso una base solida e la possibilità di sfruttare al meglio i suoi propri strumenti, la terza strategia ha come obiettivo la riconnessione delle valli con la città. Se le prime strategie rivelavano la loro compiutezza all’interno dei sottoinsiemi rappresentati dalle valli, la terza strategia rivela il carattere urbanopaesaggistico del progetto attraverso l’apertura del sistema. “Connettere trasversalmente il fondovalle ai crinali e longitudinalmente la valle a tutte le sue parti garantendo la possibilità di circolazione di merci e persone durante tutto l’anno nonostante le avversità climatiche.”
La proposta di connessione, fondata sulla risposta alla necessità primaria dei cittadini di accesso alla città e alle sue reti, dimostra il suo fondamento strategico se osservata in relazione alla strategia del coltivare: oltre a rispondere a bisogni primari e pratici di collegamento fisico, le nuove connessioni hanno l’obiettivo di ampliare la portata della pratica agricola che grazie all’apertura del sistema-valle può assumere e farsi incarico di quel valore sociale (incentivando il senso di appartenenza al più grande insieme-città) che è fondamento del concetto di diritto alla città.
125 Strategie progettuali
Parzialmente affrontato nelle strategie precedenti, il tema dell’accessibilità –inteso come accesso e circolazione all’interno della valle di persone, merci e servizi- necessita di un palinsesto di interventi a sé stante.
9. IL PROGETTO DELLA VALLE
area agricola attuale 16,8 ha
area agricola attuale 17,9 ha
bacino utenti 72’752
area agricola post intervento 26,8 ha
bacino utenti 29’394
area agricola post intervento 25,3 ha
128 Mboka Bilanga Progetto bacino utenti 34’602
numero di unità agricole 174
numero di unità agricole 126
area agricola attuale 27,2 ha
area agricola attuale 34 ha
area agricola post intervento 26,8 ha
numero di unità agricole 204
La divisione territoriale in consorzi
bacino utenti 42’878
area agricola post intervento 65,1 ha
numero di unità agricole 352
Per presentare con il maggior grado di approfondimento possibile il progetto di un’unità territoriale -la valleancora sproporzionata per le capacità amministrative dei potenziali attori urbani, si è deciso di organizzare la realizzazione del progetto in unità territoriali più piccole -i consorzi- consentendo di proporre soluzioni progettuali ad una scala adeguata che ripongono ancora una volta la loro forza nella capacità di ripetersi su di un territorio più vasto.
Nuove unità territoriali Il legame che intercorre tra le tre strategie è stato finora descritto seguendo un senso logico che vede le tre azioni di difendere, coltivare e connettere dipendenti in maniera lineare l’una all’altra: le nuove connessioni permettono di distribuire i prodotti di una produzione agricola adesso più efficace, resa a sua volta possibile dalla mitigazione dei rischi idrogeologici. Le neonate unità territoriali consentono di individuare chiaramente una struttura di gestione integrata dei rischi e delle opportunità, creando un sistema invece circolare capace di crescere e si svilupparsi sempre più autonomamente.
La relazione circolare che lega le dinamiche di protezione dai rischi a quelle di coltivazione del fondovalle e di connessione alle reti urbane è la chiave di volta per il superamento del limite verticale portando le valli allo stesso livello della città. Inoltre la nuova posizione della valle le dà la possibilità di porsi come connessione piuttosto che come punto di rottura della trama urbana.
129 Il progetto della valle
Il consorzio presuppone la partecipazione di una comunità che si riconosce nella condivisione di necessità e problemi. Alla nuova suddivisione amministrativa sono inoltre affidati i necessari compiti di carattere gestionale: portare a compimento i lavori di messa in sicurezza e connessione del territorio, razionalizzare la filiera agricola -dalla produzione alla distribuzione- e reinvestire i proventi di quest’ultima per assicurare un costante miglioramento nelle condizioni di vita, lavoro e produzione della valle. L’aiuto da parte dello stato e di organizzazioni internazionali quali la FAO e l’UE è sicuramente fondamentale per finanziare l’investimento iniziale.
area agricola attuale 11,3 ha
area agricola post intervento 68 ha
130 Mboka Bilanga Progetto Il consorzio detlâ&#x20AC;&#x2122;U.P.N.
numero di unitĂ agricole 340
bacino utenti 33â&#x20AC;&#x2122;727
I consorzi Il territorio, rimanendo proprietà dello stato, viene equamente suddiviso in unità agricole da 2000 mq. Queste sono affidate ai singoli cittadini che possono autonomamente scegliere come organizzare il lavoro, ma devono rispettare i criteri di assegnazione delle colture per garantire una maggiore varietà e sicurezza del raccolto. Gli agricoltori cedono una percentuale prestabilita del loro raccolto che il consorzio si occupa di distribuire ai mercati cittadini così da poter utilizzare i proventi per portare avanti il progetto di gestione e investire sempre più nell’agricoltura. Grazie ai nuovi collegamenti il consorzio può più semplicemente distribuire i prodotti e portare in valle concime di qualità e strumenti agricoli più efficaci, non ultimo un sistema di irrigazione basato sulla disponibilità di acqua della falda acquifera.
Gli elementi di rischio e le opportunità si mescolano in quest’area in maniera esemplare. I gravi fenomeni erosivi che mettono a rischio tanto gli insediamenti abitativi quanto l’attività agricola rendono necessari importanti lavori di messa in sicurezza dei versanti. L’altissimo potenziale agricolo, rappresentato qui da
Le dinamiche qui individuate sono esemplificative dell’intera valle oltre che di questo consorzio in particolare. Riconoscere le nuove unità di progetto permette di costruire un’immagine del modello di gestione e sviluppo della valle, pensato per ripetersi e adattarsi in tutta la corona collinare che circonda la città, adesso frattura nella trama urbane, ma possibile bacino produttivo della megalopoli kinois.
131 Il progetto della valle
La valle di Selembao è stata divisa a tali scopi in 5 unità, ognuna facente riferimento a una sede amministrativa e a un punto di scambio che mettono in relazione il fondovalle e la città. Per illustrare al meglio il progetto si è scelto di approfondire l’organizzazione di uno di questi consorzi, quello individuato all’interno dell’area che si apre al di sotto dell’UPN. Questa zona ha il vantaggio di scostarsi dalla linea continua della valle disegnata dal fiume Kalamu ed è quindi più adatta ad essere analizzata singolarmente. La vicinanza con la zona commerciale dell’UPN permette di sfruttare i flussi di trasporto in entrata e in uscita dalla città consentendo la messa in valore dei prodotti agricoli e l’approvvigionamento della valle.
una delle più vaste aree coltivabili della valle, è scarsamente sfruttato proprio a causa di tali rischi oltre che dalla continua minaccia di inondazione. Durante le forti piogge infatti l’acqua di scolo dei versanti arriva nel piccolo affluente del Kalamu che attraversa quest’area sovraccaricando l’alveo. Questo, restringendosi prima di unirsi al fiume principale, non riesce a trattenere l’intero flusso e inonda spesso l’area disincentivando così l’attività agricola e rendendo difficili i movimenti di persone e merci.
132
Mboka Bilanga Progetto
Mitigare i rischi Per combattere gli effetti di erosioni e inondazioni, grandi problemi della popolazione della valle, ma anche fonti di molti dei problemi della città, la strategia di protezione e gestione dei rischi idrogeologici si applica in questo consorzio con tre interventi principali.
sponda di sicurezza
Un secondo intervento è rappresentato da un nuovo sistema per il controllo delle acque di ruscellamento tramite nuovi canali di raccolta e convoglio delle acque pluviali. La composizione del terreno e la sua tendenza al distaccamento rende necessario un controllo maggiore dei detriti trascinati verso valle dalle piogge torrenziali. Attraverso una successione di briglie selettive viene permesso
doppia palificata spondale
1,5 m 1,5 m
sezione eccezionalmente inondabile 100 mq sezione inondabile alveo
sezione scala 1:200
Risezionamento dell’alveo del fiume Kalamu
133 Il progetto della valle
L’area è soggetta all’effetto di tre gravi erosioni che ogni anno, dopo la lunga stagione delle piogge, si allargano sempre più minacciandone l’intero habitat e lasciando arrivare i detriti fino in città attraverso il fiume. Il progetto prevede la messa in sicurezza dei versanti attraverso il ridisegno della sezione collinare con la realizzazione di terrazzamenti di due tipi: quelli più semplici tenuti da pali di legno e quelli realizzati con dei muri cellulari in calcestruzzo. I primi ricoprono la maggior parte dell’area e vengono piantumati ad alberi da frutto per garantire una maggiore tenuta del terreno e un’ulteriore fonte di sostentamento e guadagno, gli
altri combinano la tenuta del muro di tamponamento a quella garantita dalle radici delle specie vegetali accolte dalla struttura artificiale, necessari per i punti più delicati. Questi ultimi infatti sono i terrazzamenti sui quali si è previsto di fare passare i percorsi che collegano i sentieri già presenti sui versanti, attualmente interrotti dalla presenza delle teste di erosione, e che quindi hanno bisogno di una maggiore stabilità. È facile immaginare come lungo questi percorsi si svilupperanno delle attività di scambio informale simili ai mercati lineari che già popolano le strade in quota già descritte.
4m
muro cellulare in cls rinverdito
palificata viva semplice
2,5 m
scolo acqua piovana
134
sezione scala 1:200
Mboka Bilanga Progetto 2,5 m
cani ceme veaux in nto a rmat o
sezione scala 1:200
Terrazzamenti e sistemi di scolo delle acque pluviali
briglia selettiva in cls
l’accumulo e la raccolta dei detriti in punti appositamente progettati per una facile ispezione e pulizia. Perpendicolarmente è previsto un sistema di raccolta che convoglia le acque pluviali agli scoli principali: lungo i terrazzamenti delle canalette minori intercettano la discesa dell’acqua rallentandone così la velocità ed evitando il dilavamento del terreno. La morfologia del territorio rende indispensabili questo tipo di intervento per poter pensare di continuare a urbanizzare queste parti di città in maniera sostenibile.
1.
l’alveo e un’area inondabile intorno con una sezione costantemente pari a 100 mq all’interno della quale è possibile contenere i flussi del fiume calcolati grazie ai dati ottenuti dallo studio IGIP
2.
un’area che può essere eccezionalmente inondata, rialzata di due metri rispetto al livello del normale scorrimento del fiume, necessaria per assicurare che anche in eventi straordinari, non si rischino i gravi danni causati dalle esondazioni
3.
una zona completamente salva dai rischi di esondazione sulla quale è possibile muoversi e coltivare durante tutto l’anno.
135 Il progetto della valle
Il sistema di scolo delle acque viene infine collegato direttamente al fiume che subisce un risezionamento, necessario per il controllo delle esondazioni. Al momento non esistono degli argini del fiume definiti rendendo possibile al flusso d’acqua di esondare facilmente, quasi dopo ogni precipitazione. L’intervento risolve il problema in maniera graduale e con un impatto paesaggistico che aumenta notevolmente la resilienza dell’intero sistema. Si distingue ill fondovalle in aree a diverso grado di allagabilità:
136
Mboka Bilanga Progetto
Coltivare per garantire un futuro Abbiamo visto come l’agricoltura sia già una pratica ampiamente sviluppata come aiuto alla sussistenza della popolazione, ma la scarsa gestione del territorio e una mancata visione di insieme fanno sì che il grande potenziale di queste aree, lingue verdi all’interno della trama urbana, non venga sfruttato al meglio. La suddivisione del fondovalle suggerisce una nuova gestione dell’agricoltura regolata dall’amministrazione consorziale: gestire l’intera unità territoriale vuol dire avere l’opportunità di programmare le aree coltivabili secondo criteri di resistenza alle inondazioni e di lunghezza del ciclo vegetativo delle piante. La zona precedentemente definita come eccezionalmente inondabile è dedicata alle colture che resistono maggiormente agli allagamenti e a quelle a più veloce ciclo vegetativo che possono in caso essere velocemente sostituite senza perdere un’intera stagione di raccolto. Allontanandosi verso le zone sicuramente asciutte si trovano invece le piante più sensibili o con un ciclo vegetativo più lungo.
137 Il progetto della valle
Non è previsto un aumento delle varietà di prodotti coltivati rispetto a quelli che sono già presenti sul territorio (manioca, patate dolci, fagioli, pomodori, melanzane, zucchine, carote, arachidi, amaranto, peperoni, peperoncino, cavolo) e che hanno un posto sicuro all’interno dei mercati cittadini. Si punta piuttosto ad assicurare che l’intera gamma dei prodotti arrivi senza problemi a maturazione contenendo i rischi stagionali, Per agevolare l’irrigazione dei campi affidata fino ad oggi ad un incessante andirivieni dal campo al fiume con secchi pieni d’acqua, vengono scavati dei nuovi pozzi che si vanno ad aggiungere ai pochi già presenti. Si prevede che, con gli introiti provenienti dalle vendite dei prodotti agricoli, il consorzio Pianta tipo delle coltivazioni in fondovalle
138 Mboka Bilanga Progetto superficie di irrigazione pozzo
Pozzi per lâ&#x20AC;&#x2122;irrigazione dei campi
*con impianto gioccia a goccia
possa implementare questo servizio motorizzandoli così da riuscire ad ottenere un impianto di irrigazione goccia a goccia che migliorerebbe le prestazioni agricole dell’area. Se adesso i confini dell’area coltivata sono definiti anche dalla distanza da percorrere per raggiungere una fonte, con i soli pozzi si potrebbe sfruttare l’intera area pianeggiante, mentre con l’installazione delle pompe è ipotizzabile una messa a regime anche dei pendii, scenario auspicabile per un territorio sempre più sicuro e produttivo.
139 Il progetto della valle
140
Mboka Bilanga Progetto
Connessioni stabili: la teleferica e la strada pedonale La situazione della mobilità è una delle principali cause della creazione del limite che separa la valle dalla città. La morfologia del territorio e i forti dislivelli hanno lasciato l’insediamento in valle completamente privo di accessi carrabili, le inondazioni del fiume e le erosioni rompono costantemente la continuità dei percorsi, rendendo difficili sia i movimenti all’interno della valle sia gli scambi con la città. Si propongono qui due interventi principali progettati per garantire l’abbattimento fisico del limite.
Ad aumentare il grado di connessione interna della valle, perpendicolarmente al percorso, vengono costruiti due ponti, uno minore e uno principale, che garantiscono la continuità tra i due lembi dell’area separati dal fiume. In occasione della costruzione di questi ponti si crea l’opportunità di dare vita a dei punti di distribuzione servizi: gli attraversamenti sono progettati così da avere una larghezza tale da potersi configurare come dei ponti abitati, fornendo dei servizi al riparo dai rischi idrogeologici, valore aggiunto a un’infrastruttura altrimenti necessaria
manioca patata dolce pomodori carote arachidi amaranto peperoncino rifiuti
141 Il progetto della valle
Come già detto nel paragrafo sulla gestione dei rischi, i percorsi sui versanti che allo stato attuale sono interrotti dalla presenza delle teste di erosione vengono completati lungo i terrazzamenti. Ma questi hanno inoltre bisogno di essere messi in rete tra loro e con gli altri sentieri esistenti. Risulta necessaria la creazione di un percorso di fondovalle che permetta di muoversi nel territorio in maniera continua mettendo in relazione le parti di una mobilità sconnessa e di garantire un collegamento longitudinale con le zone più centrali della città. Caratteristica principale di questo nuovo percorso è di trovarsi completamente al riparo dai rischi di esondazione e garantire così la possibilità di movimento di persone e merci anche durante la stagione delle piogge.
farine latte prodotti industriali materiali da costruzione concimi sementi attrezzi agricoli
Schema degli scambi tra valle e città
soltanto durante la stagione delle piogge. In particolare il ponte principale che viene costruito in questo consorzio è adibito a scuola.
142 Mboka Bilanga Progetto
La forte pendenza e l’instabilità del terreno dei versanti sono le caratteristiche che maggiormente pregiudicano la connessione diretta con la città. In particolare la pendenza che divide questa parte di fondovalle con l’U.P.N. sul crinale è talmente forte che rende molto difficile e costosa la progettazione di una strada come è invece possibile in altri consorzi, il che ci ha portati a risolvere la sconnessione con la città tramite la costruzione di una teleferica per il trasporto merci. Questa serve a trasportare i prodotti agricoli della valle per poterli distribuire in città, ma al contempo per potere rifornire la valle di quello che necessita: prodotti a servizio dell’agricoltura come attrezzi e concimi, ma anche merce comprata in città e che i cittadini potranno rivendere in valle o i rifiuti che vanno trasportati alle discariche delle più lontane periferie. Le due stazioni rappresentano dei punti di contatto fisici tra la valle e la città:
una può sfruttare il contatto diretto con la zona commerciale dell’UPN, l’altra la forza di avere un collegamento stabile costantemente accessibile dal fondovalle. La teleferica può trasportare fino a 500 kg alla volta su un cassone di 3 metri per 2,5 metri coprendo il dislivello di 140 metri in poco meno di 5 minuti aprendo un mondo di nuove opportunità, sicuramente in campo economico, ma anche ecologico. La possibilità di poter raccogliere i rifiuti e trasportarli agevolmente, prima lungo il percorso e poi fino in città per poter essere smaltiti, è una opportunità da sfruttare al massimo per mantenere sano questo sistema fragile. Il sistema di percorsi creato e il punto di contatto con la città rappresentato dalla teleferica sono due elementi molto diversi tra loro ma accumunati da necessità fondamentali: è essenziale mantenere il carattere rurale della valle, la sua chiusura al caos carrabile di Kinshasa, il suo ritmo più lento, ma al contempo non si può più precludere l’accesso ai ritmi della città, alle possibilità per le quali la popolazione è venuta ad abitarla, al diritto alla città.
La valle di Selembao, nuove connessioni e lavoro più sicuro
143 Il progetto della valle
10. APPROFONDIMENTI PROGETTUALI
146 Mboka Bilanga Progetto La stazione a monte della teleferica
Le dinamiche che regolano la vita del consorzio ruotano attorno a tre luoghi fisici che incorporano le aspirazioni del progetto e ai quali perciò è affidato il ruolo di “luoghi per la comunità”. Una stazione inserita in uno dei punti cardine del traffico merci interno alla città, il primo punto di contatto con la valle. L’arrivo in valle della teleferica, luogo cardine attraverso il quale la città è chiamata ad interagire con la valle all’interno di un mercato in cui trovano spazio sia un’organizzazione formale sia dinamiche informali di scambio. Il ponte, infrastruttura indispensabile durante la stagione delle piogge, utilizzato come tramite per una distribuzione puntuale di servizi stabili all’interno della valle.
Punto di arrivo per camion e mezzi pesanti: la stazione teleferica a monte rappresenta il primo punto di contatto con la città. La posizione strategica permette l’organizzazione di un luogo di scambio flessibile che garantisca un rapido e funzionale carico/scarico merci, capace di venire inghiottito e sfruttato dai flussi che si intrecciano al rond point dell’UPN. La natura flessibile e poco strutturata degli scambi commerciali kinois ha portato all’ideazione di una banchina di carico/ scarico merci leggera e adattabile a diversi mezzi di trasporto: unica struttura di un progetto che dalle opportunità prodotte dalla realizzazione della teleferica trae il suo senso. Il programma della stazione a monte si presenta semplice e mirato a configurare un nodo di un sistema intermodale di trasporto merci: una banchina opportunamente dimensionata, una passerella di partenza per la teleferica, un parcheggio per camion, un deposito per l’immondizia in risalita dalla valle e in attesa di essere prelevata dai camion del PARAU.
147 Approfondimenti progettuali
Questi tre progetti, che riflettono la volontà di nuove relazioni con la città di contatto, scambio e accesso, gettano le fondamenta di una nuova partecipazione alla vita urbana.
Punto di contatto: la stazione a monte della teleferica
148 Mboka Bilanga Progetto La stazione a valle della teleferica
Luogo di scambio: la stazione a valle della teleferica
La posizione vantaggiosa e le condizioni al contorno favorite da una nuova rete di percorsi più efficienti durante tutto l’anno rafforzano la scelta di configurare questo luogo di scambio come un vero e proprio mercato. Dotato di una parte coperta e protetta il cui utilizzo è gestito dal consorzio che ne prevede l’accesso e con esso l’utilizzo della teleferica, sarà il punto di riferimento per un numero imprecisato di piccole attività di scambio informali che spontaneamente prenderanno possesso degli spazi adiacenti all’area di mercato proponendone una espansione informale che deve essere considerata come elemento programmatico del nostro progetto.
149 Approfondimenti progettuali
La stazione a valle si configura come il luogo ideale per la prosperazione di un mercato di quartiere, al servizio degli abitanti del consorzio. Le nuove connessioni garantite dalla teleferica permettono la strutturazione di un luogo di scambio tra valle e città, raggiungibile dalla rete di scambi urbana e accessibile agli abitanti del consorzio. Il programma prevede la realizzazione di un deposito per l’accumulo delle merci e dei rifiuti che dovranno risalire a monte per essere digeriti dalla città. Accanto al deposito viene realizzata una sala consiliare per le assemblee del consorzio, sede vera e propria dell’amministrazione consorziale, luogo di incontro e riunione dell’intera comunità. La presenza di un collegamento diretto alla città sarà garante dell’allacciamento stabile alla corrente elettrica che permetterà una fruizione del complesso per tutta la durata del giorno e della notte: un punto di riferimento molto importante all’interno di una valle che al calare del sole si spegne completamente affidandosi alle flebili connessioni elettriche improvvisate quando possibile.
150
Mboka Bilanga Progetto
Il ponte-scuola
Distribuire servizi in valle: il ponte-scuola
Il progetto del ponte del consorzio oggetto di studio prevede la realizzazione di una scuola di agricoltura che risulta complementare alla prosperazione e allo sviluppo della pratica agricola attraverso l’utilizzo di nuove tecniche e accorgimenti che dovranno garantirne un incremento produttivo. Le adiacenze al ponte e i dislivelli dovuti al risezionamento dell’alveo del fiume sono i luoghi che ospiteranno gli spazi della comunità. La scuola si organizza sulla sezione longitudinale del ponte e si attesta sul lato Ovest della pedana di transito: di una larghezza complessiva di undici metri il piccolo complesso scolastico ne occupa sette, due dei quali occupati da un ballatoio di distribuzione delle aule che si affaccia sulla sponda Ovest del ponte. L’edificio scandisce la sezione longitudinale del ponte in una sequenza di sei aule (da una ventina
Le capacità di appropriazione dello spazio da parte degli abitanti di Kinshasa -che abbiamo osservato come spontanee e imprescindibili- negli spazi adiacenti agli assi di passaggio sul ponte trovano un luogo per insediarsi e prosperare. La sponda Sud del fiume ospita gli spazi dedicati alla comunità: una piazzetta coperta ed un luogo di ristoro che potrà usufruire di una connessione elettrica stabile grazie alla adiacenza alla scuola sono il fulcro per il fiorire di nuovi spazi informali di interazione e scambio. 151 Approfondimenti progettuali
Il ponte, riconosciuto il suo valore sociale all’interno delle dinamiche della valle, viene utilizzato come elemento puntuale nella distribuzione dei servizi. Nato come progetto di una infrastruttura indispensabile nel periodo più piovoso dell’anno -ma non strettamente necessaria durante la stagione secca grazie al dislivello non eccessivo della sezione del fiume- gli viene conferito un valore continuativo durante tutto l’anno attraverso la realizzazione su di esso di strutture al servizio dei cittadini. Le funzioni che all’interno della valle non trovavano spazio per prosperare, trovano ora nel ponte un’opportunità di raggiungimento del fondovalle. Alla scala adeguata verranno distribuite lungo la valle strutture di servizio come piccole cliniche ospedaliere, scuole dell’infanzia, stazioni di polizia, chiese, farmacie e luoghi di ritrovo. Le nuove funzioni e la funzione di transito si spartiscono l’area utile della pedana consentendo la fruibilità ai servizi innestati e la possibilità di passaggio a merci e persone per tutta la durata dell’anno.
di alunni) che culminano sulla sponda Nord del fiume con gli spazi dedicati all’amministrazione scolastica e ad un’aula ricreativa coperta. L’area allagabile della risezione del fiume adiacente agli spazi scolastici viene ulteriormente risezionata ampliando la varietà di spazi a diverso grado di allagabilità, fornendo uno spazio di gioco alla scuola protetto e mutevole.
11. MBOKA BILANGA
MBOKA BILANGA 0
1000
2000
3000 m
Marché Central
Marché Rail
Marché Zigida
Kintambo Magazin
Marché Gambela
Marché Lumumba
154 Marché Kale Banzazi
Mboka Bilanga Progetto
Marché Nouveau Marché de Yolo
Marché Bumbu
Marché de Lemba
Il sitema di valli coltivate messo in rete con la città
Mboka Bilanga Mboka Bilanga è il progetto di un paesaggio ibrido capace di sfruttare le potenzialità del carattere urbano del territorio senza privarsi dei vantaggi che il rurale comporta: il limite verticale rappresentato dalle valli urbane pone dei vincoli allo sviluppo orizzontale della città, limita e preserva. In una città onnivora -mai sazia di terreno utile, nuovi abitanti e risorse alimentari- le fenditure delle valli rappresentano delle necessarie pause alla crescita incontrollata dell’agglomerato urbano preservando preziosi luoghi di produzione dall’avanzata della città. Riconoscendo il potenziale di un tale sistema, nato da un travagliato rapporto tra morfologia del territorio e principi insediativi, il progetto affonda le radici nella realtà attuale dell’insediamento, cercando di modificare, migliorandolo, il rapporto tra uomo e territorio che lo ospita. Il territorio all’interno del quale si inserisce Mboka Bilanga è fragile come il sabbioso terreno delle colline con le quali i suoi progetti devono confrontarsi e costringe ad una riflessione sulla sua realizzabilità: la vastità del progetto fa emergere la mancanza di un’autorità municipale capace di gestirne le linee strategiche a scala urbana e ha indirizzato una suddivisione del sistema di valli in più sistemi-valle affiancati, prospettando un intervento progettuale di tipo rizomatico in cui il progetto di una valle possa assumere il ruolo di progetto-pilota per l’intera città. La descrizione del sistema attraverso l’approfondimento di un’unità consorziale non deve far perdere di vista la portata del progetto: gli obiettivi perseguiti alla scala del consorzio riproducono quelli della valle nella sua totalità che a sua volta è riproducibile in un intero sistema urbano riconoscibile.
Mboka Bilanga
Il significato di Mboka Bilanga risiede nella cooperazione di più elementi che presi singolarmente risultano utili ma sterili, inghiottiti da una città violenta e ingestibile, mentre in una visione di insieme acquistano un senso per il ruolo che all’interno del sistema di intervento sono chiamati a svolgere. La necessità, in un contesto del genere, di collaborare per far fronte a difficoltà comuni è l’esigenza che emerge con forza dalla nostra esperienza di tesi e della quale il progetto ribadisce l’importanza in ogni suo elemento.
155
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Interviste
13. ALLEGATI
166
Tavola 0
168
Tavola 1
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Tavola 2
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Tavola 3
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Tavola 4
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Tavola 5
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Tavola 6
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Tavola 7
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Tavola 8
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Tavola 9
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Tavola 10