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non di solo pizza

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Dal baccello d’una pianta orientale una bevanda diffusa in Occidente

I frutti e il loro utilizzo

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Il Tamarindo è un imponente albero che vive molti anni, anche 150 e s’innalza verso il cielo fino a 30 metri. Ha foglie lunghe anche 15 cm, composte da numerose foglioline, fiori grandi, di colore giallo o arancione e i suoi frutti sono dei baccelli ricurvi lunghi sui 10 cm, contenenti una polpa acida e collosa di colore marron scuro, entro la quale si trovano dei semi, da un minimo di quattro a un massimo di dodici. Interessante è l’origine del nome Tamarindo. Come è avvenuto per numerose spezie o frutta arrivata da lontano, il nome che noi usiamo è una specie di traduzione del nome che veniva dato a questa spezia – e all’albero da cui si ottiene - dai primi commercianti che erano arabi: “Tamar Indi”, che significa “Palma da datteri dell’India”, poiché quei commercianti arabi pensavano che la polpa interna ai baccelli fosse simile alla polpa dei datteri. Non si conosce l’esatta origine di questa pianta, ma si pensa che possa essere stato il Madagascar. Sembra tuttavia che crescesse anche nelle terre affacciate sul Mediterraneo orientale già nel IV secolo prima di Cristo ma le coltivazioni principali vennero trovate nel subcontinente indiano e poi anche sui pendii che si affacciano sul mare delle montagne di Dhofar nell’Oman, dove l’albero si dimostrò resistente alla siccità e anche ai venti più forti.

Una volta che le antiche popolazioni dei Paesi che abbiamo citato scoprirono il valore dei frutti di questo albero impararono a coltivarlo. La fruttificazione del Tamarindo è molto lenta e, una volta interrati i semi, si deve attendere parecchio tempo (anche 8-12 anni) per vedere spuntare i suoi preziosi baccelli. Quando questi sono completamente maturi ed hanno un colore marrone bruciato, vengono raccolti, la buccia friabile viene eliminata, come pure i semi e si tiene la polpa che viene compattata in una specie di “tortina” ed è lavorata per produrre o una crema o uno sciroppo. Attualmente ci sono moderne attività industriali che trasformano la polpa in prodotti pronti all’uso. Il Tamarindo è una spezia ricca di calcio, contiene molti altri minerali, vitamine e fibre. La sua asprezza dipende dalla regione di origine e, per fare un esempio, il Tamarindo thailandese è meno acido di quello vietnamita.

Uso del Tamarindo

Nel mondo occidentale l’impiego del Tamarindo è avvenuto grazie alle preesistenti tradizioni orientali, frutto di lunghe prove e adattamenti alle diverse situazioni. In India e nel Sud-est asiatico, per fare un esempio, il Tamarindo viene usato come acidificante, come da noi si usa il succo di limone. Ha un sapore agrodolce con un tocco fruttato e non ha odore. Nei Paesi orientali, è alla base di molte ricette delle diverse cucine locali ed è impiegato per preparare salse, zuppe, minestre, carni e verdure. Non così in Occidente, dove già in passato si è preferito farlo uscire dalle cucine per essere impiegato soprattutto per la preparazione di succhi, bibite, sciroppi, bevande rinfrescanti e ghiaccioli: tutti prodotti divenuti di moda già dalla metà del secolo scorso, anche se come bevanda era giù usato da molto tempo. Era poi normale che anche la cosmetica si appropriasse di questa spezia, il cui estratto viene usato per preparare gel e sieri e creme ottime sulla pelle per le sue proprietà idratanti, tonificanti ed antiossidanti.

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