L'ultimo capitolo della città pubblica. Valeria Saiu. LISt Lab, 2018 ©

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Negli anni del grande spreco edilizio, con Legge 167 si scrive in Italia l’ultimo grande capitolo della “città pubblica” e si avvia un inedito e complesso intreccio tra intervento pubblico e operazioni immobiliari private. Cagliari, che presenta i tipici tratti della città meridionale, con tutte le similitudini e i suoi elementi peculiari, si offre come un osservatorio sulle contraddizioni e il senso di queste operazioni su cui si fonderà la costruzione del nucleo dell’attuale Città metropolitana. Il libro propone uno sguardo trasversale sulle politiche, gli strumenti e le relazioni tra fenomeni sociali e trasformazioni dello spazio urbano, attraversando quattro dimensioni fondamentali del progetto: territorio-città-quartiere-comunità. È attraverso questa articolata struttura interpretativa che emergono i quartieri 167, non più periferie ma “centralità metropolitane” allo snodo di importanti relazioni territoriali. Nuove polarità da cui partire per il ridisegno dell’assetto strategico del territorio e il progetto dei futuri paesaggi dell’abitare.





A zia Giustina



INDICE 10 13

Ringraziamenti Introduzione

TE

TERRITORIO - CIT TÀ

22

Paesaggi urbani metropolitani

38

Geografie abitative

CIT TÀ- QUARTIERE

Dal Piano INA Casa ai PEEP

78

La Legge 167 a Cagliari

di

QUARTIERE- C OMUNITÀ 126

138 A2. Continuità e sperimentazione nell’architettura residenziale degli anni Settanta di Giorgio Peghin

CIT TÀ- QUARTIERE

60

QU100

APPROFONDIMENTI 98 A1. La Gescal: uno sguardo d’insieme di Sebastiano Bitti

Comitati di quartiere e Cooperative edilizie

SPERIMENTAZIONI 52 S1. Su Zaffaranu 118 S2. Sant’Elia 140 S3. Alfa e Marghine

La costruzione della città normale

resi di

PROSPE T T152 160

PROSPE T TIVE Non chiamatele periferie

QUARTIERI 164 Q1. Mulinu Becciu 166 Q2. Bingia Matta 168 Q3. S’Arrulloni

SE T TE QUARTIERI

170 Q4. Genneruxi 172 Q5. Bingias

178

di Antonello Sanna

Postfazione

di Antonello Sanna

174 Q6. Su Mulinu 176 Q.7. Su Idanu




RINGRAZIAMENTI Questo libro è il risultato dell’attività di ricerca pluriennale che ho condotto all’interno della Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Cagliari. Per questo la mia gratitudine va innanzitutto a tutti i colleghi e amici che in questi anni mi hanno sostenuto, stimolando le mie riflessioni. In particolare sento di dover ringraziare i professori Antonello Sanna, Arnaldo Cecchini, Giorgio Peghin e Ivan Blecic per i preziosi spunti critici che hanno reso possibile la maturazione di questo libro. Sono riconoscente, inoltre, al prof. Umberto Allegretti e a Franco Meloni; il loro impegno diretto nell’attività dei comitati di quartiere cagliaritani ha permesso di ricostruire fedelmente una storia per lungo tempo dimenticata. Di fatto, i piani e i progetti presentati in questo libro sono quasi tutti inediti. Per questo sono particolarmente debitrice nei confronti del personale delle amministrazioni comunali e regionali che hanno autorizzato e facilitato lo svolgimento della ricerca documentaria. Per il Comune di Cagliari l’Ing. Salvatore Farci, Dirigente del Servizio Pianificazione Strategica e Territoriale; l’Ing. Roberta Farris, Funzionario Tecnico del Servizio Patrimonio; l’Ing. Riccardo Castrignano, Dirigente del Servizio Innovazione Tecnologica e Sistemi Informatici; e i Funzionari degli Uffici Tecnici: Piermario Porcu e Carlo Tronci. Per il Comune di Assemini, il Geom. Carlo Barletta, Responsabile del Servizio Urbanistica, la Sig.ra Maria Assunta Scalas, Funzionario del medesimo Servizio e l’Ing. Roberto Spina, Responsabile del Servizio Lavori Pubblici con la cui tesi di laurea è iniziato il nostro studio del progetto Su Zaffaranu. Per l’Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa (AREA), l’Ing. Sebastiano Bitti, già Direttore Generale e Presidente

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L’ultimo capitolo della città pubblica

dell’INU Sardegna, che ringrazio anche per il testo pubblicato in questo volume. Devo ringraziare, inoltre, l’Ing. Paolo Piga, l’Ing. Roberto Bordicchia e l’Arch. Massimo Faiferri dello Studio Professionisti Associati per avermi dato accesso ai loro archivi. Allo stesso modo, sono grata a Ignazio Deligia, dove non altrimenti specificato, tutte le foto storiche appartengono al suo archivio personale. Tutte le foto attuali presenti nel testo sono di Giorgio Marturana a cui va un sincero ringraziamento per essere riuscito a restituire con le immagini i temi di riflessione proposti nel testo.

Introduzione

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RINGRAZIAMENTI Questo libro è il risultato dell’attività di ricerca pluriennale che ho condotto all’interno della Facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di Cagliari. Per questo la mia gratitudine va innanzitutto a tutti i colleghi e amici che in questi anni mi hanno sostenuto, stimolando le mie riflessioni. In particolare sento di dover ringraziare i professori Antonello Sanna, Arnaldo Cecchini, Giorgio Peghin e Ivan Blecic per i preziosi spunti critici che hanno reso possibile la maturazione di questo libro. Sono riconoscente, inoltre, al prof. Umberto Allegretti e a Franco Meloni; il loro impegno diretto nell’attività dei comitati di quartiere cagliaritani ha permesso di ricostruire fedelmente una storia per lungo tempo dimenticata. Di fatto, i piani e i progetti presentati in questo libro sono quasi tutti inediti. Per questo sono particolarmente debitrice nei confronti del personale delle amministrazioni comunali e regionali che hanno autorizzato e facilitato lo svolgimento della ricerca documentaria. Per il Comune di Cagliari l’Ing. Salvatore Farci, Dirigente del Servizio Pianificazione Strategica e Territoriale; l’Ing. Roberta Farris, Funzionario Tecnico del Servizio Patrimonio; l’Ing. Riccardo Castrignano, Dirigente del Servizio Innovazione Tecnologica e Sistemi Informatici; e i Funzionari degli Uffici Tecnici: Piermario Porcu e Carlo Tronci. Per il Comune di Assemini, il Geom. Carlo Barletta, Responsabile del Servizio Urbanistica, la Sig.ra Maria Assunta Scalas, Funzionario del medesimo Servizio e l’Ing. Roberto Spina, Responsabile del Servizio Lavori Pubblici con la cui tesi di laurea è iniziato il nostro studio del progetto Su Zaffaranu. Per l’Azienda Regionale per l’Edilizia Abitativa (AREA), l’Ing. Sebastiano Bitti, già Direttore Generale e Presidente

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L’ultimo capitolo della città pubblica

dell’INU Sardegna, che ringrazio anche per il testo pubblicato in questo volume. Devo ringraziare, inoltre, l’Ing. Paolo Piga, l’Ing. Roberto Bordicchia e l’Arch. Massimo Faiferri dello Studio Professionisti Associati per avermi dato accesso ai loro archivi. Allo stesso modo, sono grata a Ignazio Deligia, dove non altrimenti specificato, tutte le foto storiche appartengono al suo archivio personale. Tutte le foto attuali presenti nel testo sono di Giorgio Marturana a cui va un sincero ringraziamento per essere riuscito a restituire con le immagini i temi di riflessione proposti nel testo.

Introduzione

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INTRODUZIONE Il Novecento è davvero finito (Bianchetti, 2011) e con lui sembra essersi conclusa l’esperienza italiana della città pubblica. L’ultimo capitolo è stato scritto dalla Legge n.167 del 1962 che ha dettato le regole per quello che sarà il più consistente intervento pubblico di edilizia residenziale nella storia del Paese. Se il Piano INA Casa resta infatti il più importante provvedimento statale di edilizia popolare – 355.000 alloggi costruiti in 14 anni, il 10% delle abitazioni totali del decennio 1951-1961 (Beretta Anguissola, 1963) – con i Piani per l’Edilizia Economica e Popolare l’Ente pubblico, e più in particolare le amministrazioni comunali, avranno l’opportunità di dirigere direttamente lo sviluppo di quella che per molti Comuni sarà la percentuale più consistente delle zone di espansione previste dai Piani Regolatori del periodo. Negli anni della grande espansione urbana in cui «la terra non produce più frutti ma cemento» (Bocca, 1963), a Cagliari soltanto con il primo PEEP furono costruiti 22.500 vani in un territorio di 120 ettari, che saliranno a 200 nel giro di pochi anni, quasi il 30% delle zone di espansione previste dal Piano Regolatore Generale. Una percentuale che aumenterà ulteriormente con le disposizioni della Legge n.865 del 1971 con cui sarà vincolato il 20% delle aree non ricomprese dalla 167 e fino a quel momento ancora non edificate. Per dare un senso a questi numeri, occorre contestualizzare tutta l’operazione nel quadro delle trasformazioni produttive e sociali del periodo. Il PEEP di Cagliari, così come in altre città italiane, si colloca in un clima politico-culturale di rinnovata fiducia per il futuro della città e più in generale della Sardegna. Si sviluppa, infatti, quasi contestualmente all’approvazione del Piano Regolatore Generale della “grande Cagliari” e del Piano di Rinascita Economica e Sociale della Sardegna 12

L’ultimo capitolo della città pubblica

Introduzione

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INTRODUZIONE Il Novecento è davvero finito (Bianchetti, 2011) e con lui sembra essersi conclusa l’esperienza italiana della città pubblica. L’ultimo capitolo è stato scritto dalla Legge n.167 del 1962 che ha dettato le regole per quello che sarà il più consistente intervento pubblico di edilizia residenziale nella storia del Paese. Se il Piano INA Casa resta infatti il più importante provvedimento statale di edilizia popolare – 355.000 alloggi costruiti in 14 anni, il 10% delle abitazioni totali del decennio 1951-1961 (Beretta Anguissola, 1963) – con i Piani per l’Edilizia Economica e Popolare l’Ente pubblico, e più in particolare le amministrazioni comunali, avranno l’opportunità di dirigere direttamente lo sviluppo di quella che per molti Comuni sarà la percentuale più consistente delle zone di espansione previste dai Piani Regolatori del periodo. Negli anni della grande espansione urbana in cui «la terra non produce più frutti ma cemento» (Bocca, 1963), a Cagliari soltanto con il primo PEEP furono costruiti 22.500 vani in un territorio di 120 ettari, che saliranno a 200 nel giro di pochi anni, quasi il 30% delle zone di espansione previste dal Piano Regolatore Generale. Una percentuale che aumenterà ulteriormente con le disposizioni della Legge n.865 del 1971 con cui sarà vincolato il 20% delle aree non ricomprese dalla 167 e fino a quel momento ancora non edificate. Per dare un senso a questi numeri, occorre contestualizzare tutta l’operazione nel quadro delle trasformazioni produttive e sociali del periodo. Il PEEP di Cagliari, così come in altre città italiane, si colloca in un clima politico-culturale di rinnovata fiducia per il futuro della città e più in generale della Sardegna. Si sviluppa, infatti, quasi contestualmente all’approvazione del Piano Regolatore Generale della “grande Cagliari” e del Piano di Rinascita Economica e Sociale della Sardegna 12

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Introduzione

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per il quinquennio 1965-1969 (Legge 11-06-1962, n.588) che intendeva promuovere il processo di modernizzazione dell’isola attraverso consistenti investimenti infrastrutturali tesi al rilancio dell’industria turistica e petrolchimica. Rispetto alle politiche frammentarie e settoriali degli anni Cinquanta, che in Sardegna come nel resto d’Italia avevano visto operare indipendentemente una moltitudine di soggetti pubblici e privati, le politiche degli anni Sessanta e Settanta sono accomunate dalla costante ricerca di un coordinamento tra gli strumenti di programmazione e attuazione, finalizzata alla costruzione di un progetto integrale del territorio e delle città. Dal punto di vista più strettamente urbanistico, il divario creatosi tra pianificazione comunale e progettazione urbana rappresenta in questo periodo il centro della discussione politica e accademica, che trova in questa criticità le cause del disordine urbanistico che sta trasformando le città in agglomerati informi. Ma negli anni del grande boom economico ed edilizio che travolge le città italiane ad essere messa sotto accusa è soprattutto la spinta speculativa che nei fatti dirige lo sviluppo urbano e la mancanza di “coscienza urbanistica” di cui è espressione. Le città metropolitane che cominciano a prendere forma in questo delicato momento storico, infatti, si configurano come territori a geometria variabile definiti e costantemente ri-definiti da processi di addizione e sovrapposizione di “oggetti qualunque e di singolarità senza individualità” (Bianchetti, 2003); «un territorio libero dove si sommano un gran numero di iniziative indipendenti: quartieri di lusso, quartieri poveri, industrie, depositi, impianti tecnici» (Benevolo, 1984) assemblati secondo combinazioni sempre differenti. In questo complesso 14

L’ultimo capitolo della città pubblica

sistema insediativo poroso e discontinuo (Secchi e Viganò, 2011; Lanzani, 2003), l’isolato chiuso tradizionale che aveva rivestito un ruolo fondamentale nel progetto compositivo della città pre-industriale, si dissolve progressivamente (Panerai et al., 1981). Il consistente numero di lottizzazioni con cui si disegnano e costruiscono le città, dentro e fuori le zone residenziali definite dalle grandi campiture dei Piani, mettono in scena le forme di una città individualista, fatta di parti formalmente autonome e fisicamente separate, rappresentative degli interessi di specifiche porzioni della popolazione cittadina. Ed è proprio all’interno di questo puzzle imperfetto che emergono i quartieri di edilizia residenziale pubblica e, in maniera ancora più evidente sul piano morfologico, i quartieri 167 che, pur con tutti i limiti che mostreranno nel tempo, rappresenteranno una risposta concreta, coraggiosa e lungimirante, allo “spreco edilizio”. In questi piani il disegno della città futura incarna gli ideali di una società composita dove emerge la classe media in ascesa che ha bisogno di nuovi spazi di vita e di rappresentazione. La “casa per tutti” diventa lo slogan delle battaglie di questo periodo, portate avanti da circoli cittadini, associazioni, centri culturali, comitati di quartiere e altre molteplici tipologie di formazioni sociali a cui si affianca l’azione delle cooperative edilizie che con questi ricercano un coordinamento. Sul piano progettuale, le più interessanti sperimentazioni del periodo sono il risultato di una ricerca che coinvolge politici, amministratori, tecnici locali, cooperative e imprese edili. È nelle idee di città veicolate da alcuni di questi progetti che l’architettura ritrova centralità nel pensiero urbanistico. Introduzione

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per il quinquennio 1965-1969 (Legge 11-06-1962, n.588) che intendeva promuovere il processo di modernizzazione dell’isola attraverso consistenti investimenti infrastrutturali tesi al rilancio dell’industria turistica e petrolchimica. Rispetto alle politiche frammentarie e settoriali degli anni Cinquanta, che in Sardegna come nel resto d’Italia avevano visto operare indipendentemente una moltitudine di soggetti pubblici e privati, le politiche degli anni Sessanta e Settanta sono accomunate dalla costante ricerca di un coordinamento tra gli strumenti di programmazione e attuazione, finalizzata alla costruzione di un progetto integrale del territorio e delle città. Dal punto di vista più strettamente urbanistico, il divario creatosi tra pianificazione comunale e progettazione urbana rappresenta in questo periodo il centro della discussione politica e accademica, che trova in questa criticità le cause del disordine urbanistico che sta trasformando le città in agglomerati informi. Ma negli anni del grande boom economico ed edilizio che travolge le città italiane ad essere messa sotto accusa è soprattutto la spinta speculativa che nei fatti dirige lo sviluppo urbano e la mancanza di “coscienza urbanistica” di cui è espressione. Le città metropolitane che cominciano a prendere forma in questo delicato momento storico, infatti, si configurano come territori a geometria variabile definiti e costantemente ri-definiti da processi di addizione e sovrapposizione di “oggetti qualunque e di singolarità senza individualità” (Bianchetti, 2003); «un territorio libero dove si sommano un gran numero di iniziative indipendenti: quartieri di lusso, quartieri poveri, industrie, depositi, impianti tecnici» (Benevolo, 1984) assemblati secondo combinazioni sempre differenti. In questo complesso 14

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sistema insediativo poroso e discontinuo (Secchi e Viganò, 2011; Lanzani, 2003), l’isolato chiuso tradizionale che aveva rivestito un ruolo fondamentale nel progetto compositivo della città pre-industriale, si dissolve progressivamente (Panerai et al., 1981). Il consistente numero di lottizzazioni con cui si disegnano e costruiscono le città, dentro e fuori le zone residenziali definite dalle grandi campiture dei Piani, mettono in scena le forme di una città individualista, fatta di parti formalmente autonome e fisicamente separate, rappresentative degli interessi di specifiche porzioni della popolazione cittadina. Ed è proprio all’interno di questo puzzle imperfetto che emergono i quartieri di edilizia residenziale pubblica e, in maniera ancora più evidente sul piano morfologico, i quartieri 167 che, pur con tutti i limiti che mostreranno nel tempo, rappresenteranno una risposta concreta, coraggiosa e lungimirante, allo “spreco edilizio”. In questi piani il disegno della città futura incarna gli ideali di una società composita dove emerge la classe media in ascesa che ha bisogno di nuovi spazi di vita e di rappresentazione. La “casa per tutti” diventa lo slogan delle battaglie di questo periodo, portate avanti da circoli cittadini, associazioni, centri culturali, comitati di quartiere e altre molteplici tipologie di formazioni sociali a cui si affianca l’azione delle cooperative edilizie che con questi ricercano un coordinamento. Sul piano progettuale, le più interessanti sperimentazioni del periodo sono il risultato di una ricerca che coinvolge politici, amministratori, tecnici locali, cooperative e imprese edili. È nelle idee di città veicolate da alcuni di questi progetti che l’architettura ritrova centralità nel pensiero urbanistico. Introduzione

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I Quartieri 167 presentati in questo volume, sono progetti di cui gli urbanisti e gli architetti, prevalentemente focalizzati su aree-problema o all’opposto su progetti di particolare valore storico-culturale, poco o nulla hanno scritto. In generale, l’attenzione è stata sporadica e prevalentemente rivolta a casi studio eccezionali per cui, dopo oltre mezzo secolo, questa storia resta ancora in gran parte sconosciuta e oggi ci troviamo a chiederci cosa ne resta (Marchigiani, 2011). L’eterogeneità sul piano edilizio, urbanistico e sociale delle singole esperienze (Erba, 1970; Di Biagi, 1983; Luigi Sturzo, 2000), ha reso difficile elaborare sintesi storiografiche complessive (De Pieri, 2013), come è stato fatto per il Piano INA Casa (Beretta Anguissola, 1963; Di Biagi, 2001; Di Biagi, 2003; Capomolla e Vittorini, 2003). Anche a Cagliari, infatti, le ricerche sull’edilizia residenziale pubblica si fermano a questa esperienza (Casu et al. 2001), lasciando sullo sfondo la storia più recente, e forse per questo meno facilmente interpretabile, della “città normale” (Ripamonti in Direzione Generale Urbanistica, 1967) che non porta la firma di grandi autori, dove oggi vive una consistente parte della popolazione cittadina. In particolare, quello che finora è mancato è uno sguardo trasversale sulle politiche, sugli strumenti, sulle relazioni tra fenomeni sociali e trasformazioni dello spazio urbano, sulle reazioni di causa-effetto che si sono generate tra intervento pubblico e privato. Come evidenziano le ricerche più recenti, la rilettura critica di questi luoghi offre un punto di osservazione privilegiato sulla contemporaneità che permette di scoprire potenzialità progettuali oltre il quartiere (Di Biagi, 2008; LaboratorioCittàPubblica, 2009; Bonomo et al., 2013; De Pieri, 2013; Caramellino et al. 2015). In questa chiave di lettura, la mostra “Alla ri16

L’ultimo capitolo della città pubblica

cerca di una città normale. Il ruolo dei quartieri di iniziativa pubblica nell’espansione urbana degli ultimi 50 anni in Italia” – promossa dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (15-04/15-06 2016) – ha operato una prima ricognizione di questo patrimonio, al fine di ri-conoscerne problematiche e valori potenziali da cui partire per l’elaborazione di azioni chiave con cui “prendersi cura” della città pubblica. Il libro ricostruisce un capitolo inedito della storia della città, proponendo una visione d’insieme che attraversa quattro dimensioni fondamentali del progetto: territorio-città-quartiere-comunità che assumono significato soltanto nelle loro reciproche relazioni. Le coppie proposte nelle tre parti di questo volume segnano gli snodi essenziali di queste articolazioni, ne ricostruiscono la storia al fine di riconoscerne il significato attuale. L’analisi critica proposta in chiusura, riporta al centro dell’interesse questi quartieri che si offrono oggi come solidi riferimenti nel territorio, “frammenti di qualità architettonica” (Belfiore, 2006) che in un’ottica territoriale permettono di promuovere politiche integrate per lo sviluppo di estese aree urbane (De Luca e Da Milano, 2006; Belli, 2006; Di Biagi, 2008). Non più periferie quindi ma “centralità metropolitane” al centro di importanti relazioni territoriali; nuove polarità da cui partire per il ridisegno dell’assetto strategico del territorio e il progetto dei futuri paesaggi dell’abitare.

Introduzione

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I Quartieri 167 presentati in questo volume, sono progetti di cui gli urbanisti e gli architetti, prevalentemente focalizzati su aree-problema o all’opposto su progetti di particolare valore storico-culturale, poco o nulla hanno scritto. In generale, l’attenzione è stata sporadica e prevalentemente rivolta a casi studio eccezionali per cui, dopo oltre mezzo secolo, questa storia resta ancora in gran parte sconosciuta e oggi ci troviamo a chiederci cosa ne resta (Marchigiani, 2011). L’eterogeneità sul piano edilizio, urbanistico e sociale delle singole esperienze (Erba, 1970; Di Biagi, 1983; Luigi Sturzo, 2000), ha reso difficile elaborare sintesi storiografiche complessive (De Pieri, 2013), come è stato fatto per il Piano INA Casa (Beretta Anguissola, 1963; Di Biagi, 2001; Di Biagi, 2003; Capomolla e Vittorini, 2003). Anche a Cagliari, infatti, le ricerche sull’edilizia residenziale pubblica si fermano a questa esperienza (Casu et al. 2001), lasciando sullo sfondo la storia più recente, e forse per questo meno facilmente interpretabile, della “città normale” (Ripamonti in Direzione Generale Urbanistica, 1967) che non porta la firma di grandi autori, dove oggi vive una consistente parte della popolazione cittadina. In particolare, quello che finora è mancato è uno sguardo trasversale sulle politiche, sugli strumenti, sulle relazioni tra fenomeni sociali e trasformazioni dello spazio urbano, sulle reazioni di causa-effetto che si sono generate tra intervento pubblico e privato. Come evidenziano le ricerche più recenti, la rilettura critica di questi luoghi offre un punto di osservazione privilegiato sulla contemporaneità che permette di scoprire potenzialità progettuali oltre il quartiere (Di Biagi, 2008; LaboratorioCittàPubblica, 2009; Bonomo et al., 2013; De Pieri, 2013; Caramellino et al. 2015). In questa chiave di lettura, la mostra “Alla ri16

L’ultimo capitolo della città pubblica

cerca di una città normale. Il ruolo dei quartieri di iniziativa pubblica nell’espansione urbana degli ultimi 50 anni in Italia” – promossa dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (15-04/15-06 2016) – ha operato una prima ricognizione di questo patrimonio, al fine di ri-conoscerne problematiche e valori potenziali da cui partire per l’elaborazione di azioni chiave con cui “prendersi cura” della città pubblica. Il libro ricostruisce un capitolo inedito della storia della città, proponendo una visione d’insieme che attraversa quattro dimensioni fondamentali del progetto: territorio-città-quartiere-comunità che assumono significato soltanto nelle loro reciproche relazioni. Le coppie proposte nelle tre parti di questo volume segnano gli snodi essenziali di queste articolazioni, ne ricostruiscono la storia al fine di riconoscerne il significato attuale. L’analisi critica proposta in chiusura, riporta al centro dell’interesse questi quartieri che si offrono oggi come solidi riferimenti nel territorio, “frammenti di qualità architettonica” (Belfiore, 2006) che in un’ottica territoriale permettono di promuovere politiche integrate per lo sviluppo di estese aree urbane (De Luca e Da Milano, 2006; Belli, 2006; Di Biagi, 2008). Non più periferie quindi ma “centralità metropolitane” al centro di importanti relazioni territoriali; nuove polarità da cui partire per il ridisegno dell’assetto strategico del territorio e il progetto dei futuri paesaggi dell’abitare.

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Pubblicato da LISt Lab info@listlab.eu listlab.eu

Direttore Editoriale Alessandro Franceschini Autore Valeria Saiu Art Director, Graphic Design & Produzione Blacklist Creative, BCN blacklist-creative.com

ISBN 9788899854720 Stampato e rilegato in Unione Europea, 2018 Tutti i diritti riservati © dell’edizione LISt Lab © dei testi gli autori © delle immagini gli autori Promozione e distribuzione in Italia Messaggerie Libri, Spa, Milano, Numero verde 800.804.900 assistenza.ordini@meli.it; Promozione e distribuzione internazionale ACC Book Distribution Ltd Woodbridge, Suffolk, IP12 4SD, UK sales@antique-acc.com

Comitato Scientifico delle edizioni List Eve Blau (Harvard GSD), Maurizio Carta (Università di Palermo), Alfredo Ramirez (Architectural Association London) Alberto Clementi (Università di Chieti), Alberto Cecchetto (Università di Venezia), Stefano De Martino (Università di Innsbruck), Corrado Diamantini (Università di Trento), Antonio De Rossi (Università di Torino), Franco Farinelli (Università di Bologna), Carlo Gasparrini (Università di Napoli), Manuel Gausa (Università di Genova), Giovanni Maciocco (Università di Sassari/Alghero), Antonio Paris (Università di Roma), Mosè Ricci (Università di Trento), Roger Riewe (Università di Graz), Pino Scaglione (Università di Trento). LISt Lab è un Laboratorio editoriale, con sedi in Europa, che lavora intorno ai temi della contemporaneità. LISt Lab ricerca, propone, elabora, promuove, produce, LISt Lab mette in rete e non solo pubblica. LISt Lab editoriale è una società sensibile ai temi del rispetto ambientale-ecologico. Le carte, gli inchiostri, le colle, le lavorazioni in genere, sono il più possibile derivanti da filiere corte e attente al contenimento dell’inquinamento. Le tirature dei libri e riviste sono costruite sul giusto consumo di mercato, senza sprechi ed esuberi da macero. LISt Lab tende in tal senso alla responsabilizzazione di autori e mercato e ad una nuova cultura editoriale costruita sulla gestione intelligente delle risorse.

Collana Babel


Negli anni del grande spreco edilizio, con Legge 167 si scrive in Italia l’ultimo grande capitolo della “città pubblica” e si avvia un inedito e complesso intreccio tra intervento pubblico e operazioni immobiliari private. Cagliari, che presenta i tipici tratti della città meridionale, con tutte le similitudini e i suoi elementi peculiari, si offre come un osservatorio sulle contraddizioni e il senso di queste operazioni su cui si fonderà la costruzione del nucleo dell’attuale Città metropolitana. Il libro propone uno sguardo trasversale sulle politiche, gli strumenti e le relazioni tra fenomeni sociali e trasformazioni dello spazio urbano, attraversando quattro dimensioni fondamentali del progetto: territorio-città-quartiere-comunità. È attraverso questa articolata struttura interpretativa che emergono i quartieri 167, non più periferie ma “centralità metropolitane” allo snodo di importanti relazioni territoriali. Nuove polarità da cui partire per il ridisegno dell’assetto strategico del territorio e il progetto dei futuri paesaggi dell’abitare.


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