Progettare la città storica: infrastruttura d’urbanità per la città contemporanea G. Bertrando Bonfantini
Che fare della città ‘ereditata’ dal passato? È una delle questioni che il progetto urbanistico non può eludere nei contesti di antica urbanizzazione. Con riferimento al caso italiano – e, più in generale, a quello europeo – questa è la storia di tre principali stagioni dall’800 a oggi, rappresentative di altrettante differenti tematizzazioni del progetto della città storica: riformare la città vecchia, salvaguardare il centro storico, infrastrutturare la città contemporanea.
Una questione per il progetto urbanistico
Che fare della città “ereditata” dal passato e come guardare a questa all’interno della città contemporanea?
Tre stagioni e tre grandi tematizzazioni Riformare la città vecchia (dal primo periodo postunitario alla seconda guerra mondiale)
Salvaguardare il centro storico (dal dopoguerra agli anni ’70)
Infrastrutturare lo spazio abitabile (dagli anni ’80 ad oggi)
Tematizzazioni della ‘città ereditata’ La città ‘ereditata’ dal passato come: - una città vecchia da sostituire; - un’isola pregiata da proteggere; - una risorsa per (infra-strutturare) l’urbanità contemporanea
Il progetto per la ‘città ereditata’ Il progetto urbanistico per la ‘città ereditata’ come: 1. progetto di riforma, per rimuovere ciò che è visto come ostacolo alla modernità; 2. progetto di salvaguardia del ‘monumento unitario’ centro storico; 3. progetto che riconosce alla città ‘città ereditata’ una valenza strutturante nella costruzione dell’urbanità contemporanea: la città storica come ‘infrastruttura’ d’urbanità, che qualifica la città contemporanea e la sua abitabilità
Il primo atteggiamento (che si prolunga fino agli anni ’30 del secolo scorso) vede nella città del passato una città ‘vecchia’ da sostituire: il progetto di riforma intende rimuovere ciò che è descritto come ostacolo al processo di modernizzazione della città. Il secondo, con un cambio di prospettiva radicale, esito di un lungo confronto di posizioni e percorso di revisione, si impone nel dibattito culturale del dopoguerra con la nozione di ‘centro storico’, quale parte urbana riconosciuta costituire un ‘monumento unitario’ da tutelare: il centro storico diventa un’isola pregiata da proteggere. Il terzo atteggiamento prende corpo dagli anni ’80 del secolo scorso, quando cominciano a manifestarsi progetti urbanistici che alla ‘città ereditata’ attribuiscono una valenza strutturante nella costruzione dell’urbanità contemporanea: la città storica diviene ‘infrastruttura’ che attraversa la compagine urbana e ne qualifica l’abitabilità.
una città da sostituire
Parigi 1853
(L. Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Laterza, 1960)
Bari 1926
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
un’isola da proteggere
Bergamo 1934
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo, Prg 1951
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
una risorsa per infrastrutturare la città contemporanea
Roma, Prg 2003
Bologna, Psc 2008
Il progetto di riforma riconduce la città ereditata alle regole di funzionamento della città moderna: adatta e omologa la città vecchia alla città nuova. L’intervento urbanistico opera una ridefinizione ricompositiva delle relazioni tra le parti: conduce una ristrutturazione dell’assetto urbanistico preesistente. Lo spazio aperto – in particolare, lo spazio stradale, con risagomature e nuove aperture – è protagonista del progetto urbanistico e ne costituisce il fulcro. Lo spazio edificato storico è materia malleabile, sacrificabile, disponibile alla trasformazione in funzione del nuovo assetto ‘modernizzatore’.
La città ereditata come ostacolo alla modernizzazione urbana: LA RIFORMA DELLA CITTÀ VECCHIA
Riforma della città vecchia: i caratteri essenziali del progetto La città del passato è vista come ostacolo al processo di modernizzazione. Il problema progettuale consiste nel ricondurre la città del passato alle regole di funzionamento della città moderna per adattamento e omologazione. L’intervento urbanistico opera una ridefinizione (ricompositiva) delle relazioni tra le parti con effetti di ristrutturazione dell’assetto preesistente. Lo spazio aperto – la strada – è centro e motore dell’intervento urbanistico di riforma della città vecchia. Lo spazio edificato storico è materia malleabile, ‘sacrificabile’, disponibile alla trasformazione.
Tecniche di riforma della città vecchia Allargamento e Rettifica Allineamento Sventramento (l’apporto della cultura ingegneristica) Isolamento Diradamento (l’apporto della cultura storico-artistica)
L’allargamento delle sezioni viarie, le operazioni di rettifica stradale e nuovo allineamento dei fronti edilizi, l’apertura di nuovi tracciati e lo sventramento dei tessuti urbani esistenti, gli interventi di isolamento delle emergenze architettoniche e monumentali, e quelli di diradamento edilizio costituiscono l’articolata gamma di procedimenti tecnici che si sedimentano nelle pratiche del progetto urbanistico a cavallo tra ’800 e ’900, secondo modi d’impiego variabili da caso a caso. Sono modi di operare che rivelano le loro diverse matrici, nel confronto – che è anche ‘contesa’ nell’affermazione di competenza sul progetto della città – tra gli apporti provenienti dall’ingegneria idraulica (l’ottimizzazione dei flussi) e sanitaria (la sanificazione, il risanamento) e le sollecitazioni dei cultori dell’arte e dell’architettura (i valori estetici, artistici, storici e documentali).
Parigi 1853: l’uso sistematico dello sventramento
(L. Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Laterza, 1960)
Napoli 1885: sventramento selettivo (L. Spagnoli, Storia dell’urbanistica moderna, vol. 2, Zanichelli, 2012)
Napoli 1885: sventramento selettivo (L. Spagnoli, Storia dell’urbanistica moderna, vol. 2, Zanichelli, 2012)
Bologna 1889 allargamento, rettifica e allineamento dell’asse centrale della città (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bologna 1889 allargamento, rettifica e allineamento dell’asse centrale della città (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo, Piano di risanamento, 1887: un diradamento ante litteram per aprire un nuovo slargo (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Cremona 1910: rettifiche, allineamenti, isolamenti (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Studio di piano regolatore per Bergamo Alta, ing. L. Angelini, 1927: diradamento (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
L’intensità e la pervasività d’impiego delle tecniche di riforma producono effetti di ricomposizione differenziati. Gli interventi più ambiziosi sono appannaggio dei centri maggiori, dove più consistenti sono le risorse mobilitabili e più forti le sollecitazioni trasformative. Secondo il modello della Parigi haussmanniana, il progetto opera, allora, una riscrittura complessiva dell’impianto urbano preesistente, ridefinito entro un sistema nuovo di relazioni. Spesso, però, la ristrutturazione è parziale e selettiva, perché agisce solo su alcuni principali capisaldi e direttrici, e riorganizza la città storica nel rapporto con le nuove espansioni urbane lavorando su riconnessioni, nodi, recapiti e linee salienti di attraversamento. Tuttavia il più delle volte prevale la logica delle modifiche puntuali su una struttura urbana che rimane sostanzialmente invariata, con interventi di miglioramento incrementale dell’assetto esistente.
Ristrutturazione complessiva / adeguamento incrementale 1. Ridefinizione complessiva della struttura della città esistente 2. Ristrutturazione selettiva per capisaldi e direttrici prioritarie 3. Modifiche puntuali e adeguamento incrementale
Parigi 1853
(L. Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Laterza, 1960)
Milano 1885
(M. Boriani, A. Rossari, R. Rozzi, La Milano del piano Beruto, Guerini, 1993)
Bologna 1889
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bologna 1889
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Cremona 1910
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Cremona 1910
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Talvolta il medesimo luogo è interessato, in tempi relativamente ravvicinati, da progetti di riforma che adottano impostazioni e procedimenti tecnici tra loro alternativi. È il caso di Bari Vecchia, oggetto dapprima (1913) di una proposta di ristrutturazione selettiva tramite l’apertura nel corpo edilizio esistente di due tracciati rettilinei attestati sulla Cattedrale e S. Nicola, quindi (1926) di un progetto per una completa sostituzione secondo un impianto a maglia coerente con la città murattiana, infine (1931) di un più conservativo progetto di diradamento, che apre due tracciati stradali con andamento irregolare, attenti ad assecondare nel loro sviluppo la ‘fibra’ del tessuto edilizio storico. A Bergamo, a distanza di trent’anni, si contrappongono la proposta radicale dell’ingegnere Giuseppe Chitò (1904) per l’apertura di una nuova strada attraverso la Città Alta e il piano di risanamento dell’ingegnere Luigi Angelini (1934), che Gustavo Giovannoni giudica una delle migliori applicazioni di quella ‘teoria del diradamento’ da lui stesso formulata a inizio secolo.
Atteggiamenti tecnici a confronto
Due esempi – a Bari e a Bergamo – di progetti alternativi di riforma della città vecchia attraverso l’utilizzo di procedimenti e approcci tecnici differenziati
Bari 1913
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bari 1926
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bari 1931
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1904 proposta per il risanamento di Bergamo Alta ing. G. Chitò (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1904 proposta per il risanamento di Bergamo Alta ing. G. Chitò (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1934 Piano di risanamento ing. L. Angelini (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Nate talora come opzioni antagoniste – come il diradamento in contrapposizione allo sventramento – progressivamente le tecniche urbanistiche di riforma della città vecchia vanno a comporre un repertorio di procedimenti a disposizione del progetto, da utilizzarsi in libera combinazione a seconda delle diverse situazioni ed evenienze. Ne costituiscono un buon esempio le tavole del progetto MoroneNatoli, che nel 1933 partecipa al Concorso per il piano regolatore della città di Como. La proposta promuove il rapporto tra città nuova e città murata attraverso un punto di cerniera su cui si innesta una direttrice prioritaria di interrelazione. Lungo il suo sviluppo entro la città vecchia, questo tracciato stradale principale, che si muove con scarti assecondando le quadre dell’impianto romano, è oggetto di allargamenti e riallineamenti, interventi puntuali di diradamento per creare slarghi, isolamenti per valorizzare monumenti, e veri e propri sventramenti per ridisegnare lo sbocco a lago.
Un repertorio di tecniche I procedimenti tecnici del progetto di riforma della città vecchia come un repertorio di strumenti a disposizione, da utilizzarsi in combinazione variabile e libera secondo evenienza e necessità
Como 1933, Concorso per il piano regolatore: progetto Morone-Natoli (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Como 1933, Concorso per il piano regolatore: progetto Morone-Natoli (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Como 1933, Concorso per il piano regolatore: progetto Morone-Natoli (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Como 1933, Concorso per il piano regolatore: progetto Morone-Natoli (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
All’indomani della seconda guerra mondiale il manuale di urbanistica di Giorgio Rigotti (vol. La composizione, 1952) compie un’ultima attualizzazione delle tecniche di riforma della città vecchia. L’isolamento non è più l’intervento con cui stagliare emergenze architettoniche nel contesto, bensì il procedimento di scala urbana per regolare il rapporto tra città vecchia e città nuova, tramite un elemento separatore dello spazio aperto – un’ampia infrastruttura viaria o una fascia a verde – da realizzarsi tutt’intorno al nucleo antico (come il Ring a Vienna). Dello sventramento si sottolinea il potenziale di completa riorganizzazione dell’impianto urbano originario, là dove venga utilizzato in modo sistematico (come nel caso di Parigi). Del diradamento si opera la distinzione tra ‘diradamenti esterni’, che lavorano sugli affacci stradali, risagomando lo spazio pubblico della città vecchia, e ‘diradamenti interni’, che agiscono dentro gli isolati, per svuotamento di tessuti edilizi troppo densi. Il frazionamento ambisce, infine, a scomporre il nucleo originario – troppo compresso e promiscuo – in porzioni e unità semplici attraverso la creazione di sistemi di aree liberate, tipicamente verdi.
Ridefinizione e riallineamento tecnico Le tecniche compositive per l’adeguamento della città storica nel manuale di Giorgio Rigotti, Urbanistica. La composizione, 1952: - isolamento - sventramento - diradamento (esterno ed interno) - frazionamento
Ankara 1928 Isolamento
(G. Rigotti, Urbanistica. La composizione, UTET, 1952)
Parigi 1853 Sventramento
(G. Rigotti, Urbanistica. La composizione, UTET, 1952)
Kassel 1926 Diradamento interno
(G. Rigotti, Urbanistica. La composizione, UTET, 1952)
Tallin 1913 Frazionamento
(G. Rigotti, Urbanistica. La composizione, UTET, 1952)
Il riutilizzo del sedime dei sistemi difensivi ormai dismessi costituisce un’opportunità eccezionale per ridefinire la relazione tra città murata e città nuova, in un progetto strategico di trasformazione capace di realizzare un nuovo assetto urbano. È il caso di Vienna, dove un anello infrastrutturale complesso – il Ring – si dispone a cintura del nucleo storico sfruttando gli spazi liberati dal sistema murario e dal Glacis (la spianata prospiciente, a corona delle fortificazioni). L’anello protegge il vecchio nucleo: non intende migliorarne l’accessibilità e la permeabilità, bensì dissuaderne l’attraversamento e ridurne il congestionamento. E ridisegna il sistema dei luoghi centrali della città, riorganizzando su di sé il decentramento delle principali funzioni pubbliche, direzionali, amministrative, culturali e ricreative.
Comporre città vecchia e città nuova (1): la soluzione tecnica dell’anello Il riutilizzo del sedime dei sistemi difensivi come opportunità ricompositiva del rapporto tra città murata e città nuova. L’anello di spazi aperti – infrastrutturali e/o verdi – come elemento di separazione e protezione del vecchio nucleo per evitarne il sovraccarico e la congestione. L’anello come ridisegno del sistema dei luoghi centrali della città, con il decentramento e la riorganizzazione delle principali funzioni pubbliche, direzionali, amministrative, culturali e ricreative.
Vienna, prima del Ring
(L. Spagnoli, Storia dell’urbanistica moderna, vol. 2, Zanichelli, 2012)
Vienna, il Ring
(P. Gabellini, Tecniche urbanistiche, Carocci, 2001)
Vienna, il Ring
(L. Spagnoli, Storia dell’urbanistica moderna, vol. 2, Zanichelli, 2012)
Nelle prime pagine del libro Il grande progetto urbano (1991), Cesare Macchi Cassia riconosce tre grandi occasioni di trasformazione dal proprio interno per la città europea lungo gli ultimi due secoli: l’obsolescenza dei sistemi difensivi della città premoderna; le distruzioni belliche della seconda guerra mondiale; la dismissione e delocalizzazione dell’armatura produttiva della città novecentesca, che di quest’ultima aveva segnato l’impianto. Sono occasioni rare, che si sono date con intervalli di circa 50 anni. Saperne cogliere le opportunità costituisce una responsabilità per il progetto urbanistico: “Se queste occasioni vengono perse, ciò lascerà un segno negativo sulla comunità, non solo in quanto il suo ambiente di vita non si sarà adeguato ai diversi compiti e valori, ma anche perché ciò avrà dimostrato la sua incapacità progettuale e gestionale, la sua inadeguatezza generale ai tempi” (Macchi Cassia, 1991: 1516).
Ripensare la città dall’interno Tre grandi occasioni storiche per riprogettare e rinnovare la città esistente dal proprio interno: • l’obsolescenza dei sistemi difensivi della città premoderna; • le distruzioni belliche della seconda guerra mondiale; • la dismissione e delocalizzazione dell’armatura industriale della città novecentesca, che di quest’ultima aveva segnato l’impianto
Il caso del Ring viennese ben esemplifica le potenzialità della dismissione delle cinte murarie per un progetto di ricomposizione tra le diverse parti della città. La mappa delle distruzioni belliche a Milano evidenzia le possibilità di ripensamento e riorganizzazione interna offerte anche da quella drammatica stagione. I piani di ricostruzione – in relazione a centri di diverse dimensioni e a danni portati dalla guerra di diversa entità – mostrano una gamma differenziata di interventi urbanistici di modificazione, integrazione, sostituzione dell’impianto urbano preesistente. Sempre con riferimento al caso milanese, l’obsolescenza delle localizzazioni produttive centrali, che il Prg approvato 1980 tenta ancora di confermare e difendere, apre a un processo di profonda ristrutturazione che si proietta nella dimensione metropolitana.
1. L’obsolescenza dei sistemi difensivi
Vienna, le mura e il Glacis
(L. Spagnoli, Storia dell’urbanistica moderna, vol. 2, Zanichelli, 2012)
2. Le distruzioni della seconda guerra mondiale
Milano, distruzioni belliche entro la cerchia dei bastioni
(G. De Finetti, Milano, costruzione di una città, 1969)
Milano, distruzioni belliche nell’area urbana
(G. De Finetti, Milano, costruzione di una città, 1969)
Cassino 1945
Cassino 1945 Piano di ricostruzione
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Alatri 1946 Piano di ricostruzione (RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Parma 1950 Piano di ricostruzione
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
3. La dismissione industriale
Milano, Documento direttore sulle aree dismesse e sottoutilizzate, 1988 (Urbanistica n. 119, 2002)
Milano, Piano regolatore generale, 1978-80 (Urbanistica n. 68-69, 1978)
Proposta di Piano direttore territoriale dell’area milanese, 1991 (Centro Studi PIM, giugno 1991)
Nel ridefinire la relazione tra città vecchia e città nuova, un’alternativa per il progetto ri-compositivo alla soluzione dell’anello è lo spostamento del centro, ovvero la sua duplicazione. Al vecchio centro urbano se ne affianca uno nuovo destinato ad assorbirne le principali funzioni direzionali. Il trasferimento delle attività direzionali depotenzia le sollecitazioni sul centro antico, rispetto alle quali esso è inadeguato, promuovendone la salvaguardia e la riqualificazione.
Comporre città vecchia e città nuova (2): lo spostamento del centro La duplicazione e spostamento del centro urbano come procedimento compositivo alternativo alla soluzione dell’anello. La creazione di un nuovo centro urbano per delocalizzazione delle principali funzioni direzionali del vecchio centro. Il trasferimento delle attività direzionali come modalità per diminuire la pressione sul sul centro antico e realizzare spazi direzionali adeguati per la città in crescita.
All’inizio del secolo scorso, il caso di Bergamo, con il trasferimento delle funzioni terziarie ‘di rango superiore’ dalla Città Alta al nuovo centro ‘piacentiniano’, costituisce un esempio paradigmatico di duplicazione del centro cittadino. A Pechino, dove una proposta di duplicazione del centro, avanzata nel 1950 dagli urbanisti Liang Sicheng e Chen Zhanxiang non avrà seguito, il ribadito schema monocentrico imperniato sul nucleo originario della città getterà le premesse per il processo di profonda sostituzione del tessuto storico dei primi anni 2000.
Il nuovo centro cittadino di Bergamo
La realizzazione del nuovo centro ‘piacentiniano’: la duplicazione del centro come modalità di salvaguardia del centro storico originario
Bergamo 1892
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1891
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1891
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1900
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1911
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1911
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1917
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo 1917
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Il processo di sostituzione del tessuto edilizio del centro storico di Pechino
Un caso di duplicazione del centro mancata
Pechino: elementi della struttura urbana
(Claudio Greco, Carlo Santoro, Pechino. La Città Nuova, Skira, Milano, 2007)
Liang Sicheng e Chen Zhanxiang, Studio per il nuovo piano di Beijing con la proposta di sdoppiamento del centro (1950)
(Claudio Greco, Carlo Santoro, Pechino. La Città Nuova, Skira, Milano, 2007)
Pechino: una proposta di completa sostituzione del tessuto urbano storico (1958)
(Claudio Greco, Carlo Santoro, Pechino. La Città Nuova, Skira, Milano, 2007)
Duan Ruofei The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period tesi di laurea magistrale, MSc in Urban Planning and Policy Design, Politecnico di Milano, AA 2010-2011
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico (D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico (D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 20102011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
Pechino: uno studio sul processo di sostituzione edilizia nel centro storico
(D. Ruofei, The Evolution of Beijing’s Historical Centre in the Contemporary Period, tesi di laurea magistrale, Politecnico di Milano, a.a. 2010-2011)
L’idea di ritenere i procedimenti tecnici di riforma definitivamente archiviati e inattuali non risponde al vero. Magari non più denominate come ‘sventramenti’ e ‘diradamenti’, operazioni analoghe continuano a trovare applicazione, insieme alle ragioni che ne argomentano talora l’opportunità. Ad esempio, è questo il caso della Rambla del Raval nella città vecchia di Barcellona, esito di un ‘piano speciale di riforma interna’ promosso alla fine del secolo scorso. Più in generale, nella Ciutat Vella di Barcellona per un secolo e mezzo si susseguono interventi realizzati o solo proposti che compongono un’antologia del progetto di riforma della città ereditata, in una tensione di continuo adeguamento del corpo urbano storico.
Interventi contemporanei di riforma sulla città vecchia di Barcellona
L’attualità del progetto di riforma e dei procedimenti tecnici ad esso relativi
Barcellona: il ‘taglio’ della Rambla del Raval nel corpo della città vecchia
(J. Busquets et al., La ciutat vella de Barcelona: un passat amb futur / The old town of Barcelona: a past with a future, Ajuntament de Barcelona, 2004, II ed.)
Barcellona: i Piani speciali di riforma interna di fine ’900 (J. Busquets et al., La ciutat vella de Barcelona: un passat amb futur / The old town of Barcelona: a past with a future, Ajuntament de Barcelona, 2004, II ed.)
Barcellona: gli interventi di riforma del periodo 1893-1930, con l’apertura della via Laietana
(J. Busquets et al., La ciutat vella de Barcelona: un passat amb futur / The old town of Barcelona: a past with a future, Ajuntament de Barcelona, 2004, II ed.)
Barcellona: la ricucitura tra città vecchia e città nuova, come prevista dal Plan Cerdà
(J. Busquets et al., La ciutat vella de Barcelona: un passat amb futur / The old town of Barcelona: a past with a future, Ajuntament de Barcelona, 2004, II ed.)
Barcellona: la ricucitura tra città vecchia e città nuova, come prevista dal Plan Cerdà
(J. Busquets et al., La ciutat vella de Barcelona: un passat amb futur / The old town of Barcelona: a past with a future, Ajuntament de Barcelona, 2004, II ed.)
Barcellona: le principali idee e proposte di riforma interna dal 1859 al 1985
(J. Busquets et al., La ciutat vella de Barcelona: un passat amb futur / The old town of Barcelona: a past with a future, Ajuntament de Barcelona, 2004, II ed.)
La città ereditata come isola pregiata da proteggere: LA SALVAGUARDIA DEL CENTRO STORICO
Un cambiamento di fase del progetto urbanistico per la città ereditata avviene col secondo dopoguerra, quando si impone la nozione di ‘centro storico’, individuato e riconosciuto come ‘monumento unitario’ da preservarsi nella sua integrità. Nei riguardi della città del passato, il progetto urbanistico abbandona allora il precedente consolidato atteggiamento, orientato alla riforma di una ‘città vecchia’ vista come ostacolo al processo di modernizzazione dell’insediamento urbano a fronte delle nuove e progressive esigenze di vita e organizzazione della città industriale, e ne promuove uno differente, di salvaguardia del centro storico, che riconosce a questa parte della città, considerata nella sua interezza, qualità valoriali e differenziali che la vocano alla tutela e conservazione.
Salvaguardia del centro storico: i caratteri essenziali del progetto La città del passato – identificata nel ‘centro storico’ – quale patrimonio da salvaguardare: ‘monumento unitario’ da preservare nella sua integrità. Il problema progettuale: come sottrarre il ‘manufatto’ centro storico all’aggressione che gli è portata dalla città moderna. Il progetto del centro storico come progetto speciale per un oggetto speciale: ‘isola’ con uno statuto tecnico-progettuale particolare. Lo spazio edificato del centro storico non più malleabile né parzialmente sacrificabile, ma ‘resistente’ perché detentore di valore nel suo insieme, nella sua interezza. Al centro del progetto lo spazio edificato e il presidio delle sue qualità differenziali, dei suoi fattori qualitativi.
Bergamo 1934
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Bergamo, Prg 1951
(RAPu – Rete Archivi Piani urbanistici, www.rapu.it)
Il fuoco del progetto urbanistico di salvaguardia del centro storico si sposta dallo spazio aperto alla disciplina delle qualità differenziali dello spazio edificato, nella combinazione di tre diversi dispositivi tecnici. La disciplina degli usi adotta una grana minuta di gran dettaglio, con indicazioni differenziate che si spingono anche all’interno dell’edificio, per le sue diverse parti e livelli. Un secondo azzonamento modula l’intensità degli interventi ammessi nell’azione di conservazione-adeguamento-trasformazione dei singoli edifici. Un terzo dispositivo si preoccupa di disciplinare gli esiti fisici degli interventi con l’obiettivo di preservare e promuovere i fattori qualitativi del tessuto edilizio storico.
Tecniche per la salvaguardia del centro storico Un minuto dispositivo di regolazione articolato su tre livelli: • un dettagliato controllo degli usi appropriati e compatibili • una accurata modulazione circa la natura e l’intensità degli interventi sui singoli manufatti edilizi secondo la gamma conservazione/adeguamento/trasformazione (à legge 457/78) • una specifica disciplina degli esiti fisici degli interventi finalizzata a garantirne la coerenza coi fattori qualitativi di cui il centro storico è riconosciuto depositario
Nei dispositivi di disciplina e controllo della qualità per il progetto di salvaguardia del centro storico si delineano due principali modalità e tradizioni di procedimenti tecnici. L’approccio tipologico – che deve la sua fortuna alla chiarezza, semplicità, replicabilità e facilità nel fondare una normativa – fissa e disciplina i fattori qualitativi del centro storico nei tipi edilizi a matrice dell’edificato. L’approccio morfologico-relazionale – più eterogeneo e variegato, disponibile a molteplici diverse declinazioni contestuali – lavora, piuttosto, sulla possibilità di presidiare i fattori di qualità del centro storico attraverso l’individuazione di unità significanti del paesaggio urbano e il riconoscimento di un vocabolario locale di elementi formali e materiali da salvaguardare.
I dispositivi di controllo degli esiti fisici per il trattamento tecnico della qualità: 1. l’approccio tipologico Il dispositivo tecnico-progettuale a presidio della qualità si esprime per edificio: • la qualità insediativa risiede nelle caratteristiche tipologiche degli edifici che compongono il centro storico: il tessuto urbano come esito, per accostamento, di ‘tessere’ edilizie tipologicamente definite • le caratteristiche tipologiche si riassumono in regole geometrico-distributivo-strutturali desunte dalla classificazione delle singole unità edilizie costituenti il tessuto urbano
I dispositivi di controllo degli esiti fisici per il trattamento tecnico della qualità: 2. l’approccio morfologico-relazionale Il dispositivo tecnico-progettuale a presidio della qualità si esprime per aggregati complessi e per singoli materiali costitutivi – unità di paesaggio urbano e lessico spaziale minuto – per cui: • la qualità insediativa risiede (1) in essenziali fattori di sintassi spaziale, ovvero in caratteristiche regole dispositive che configurano sequenze/aggregati urbani qualificanti • la qualità insediativa risiede (2) nei materiali ed elementi costituenti il vocabolario fisico-formale del centro storico (tetti, finestre, serramenti, intonaci…)
Se la Carta di Gubbio del 1960 costituisce il manifesto del progetto di salvaguardia dei centri storici e dei suoi principi – segnando la distanza dalla stagione della riforma della città vecchia – il piano di Assisi di Giovanni Astengo (1958) ne sancisce un approccio ‘scientifico’, nell’attenta indagine e correlazione tra le condizioni del patrimonio abitativo e quelle della popolazione. Il piano Urbino di Giancarlo De Carlo (1964), nella sua articolata e ingegnosa disciplina per ‘comparti’, può descriversi come fondativo e rappresentativo dei procedimenti morfologico-relazionali per la disciplina del centro storico. Il piano del centro storico di Bologna (1969), di Pier Luigi Cervellati e Roberto Scannavini, assurge, invece, a paradigma del metodo tipologico, destinato a imporsi come riferimento in una pluralità di esperienze, in Italia e nel mondo.
Un cambio di fase: la Carta di Gubbio, 1960_1 La Carta di Gubbio è la dichiarazione finale del ‘Convegno nazionale per la salvaguardia e il risanamento dei centri storici’, tenuto tra il 17 e il 19 settembre 1960. L’anno successivo si costituisce l’ANCSA, Associazione nazionale centri storico-artistici. Nella Carta di Gubbio: vengono definiti inammissibili i diradamenti (con “demolizione di edifici a carattere ambientale anche modesto”), gli isolamenti (“di edifici monumentali attuati con demolizioni nel tessuto edilizio”), ma anche, “in linea di principio”, l’inserimento di nuovi manufatti edilizi “nell’ambiente antico”.
Un cambio di fase: la Carta di Gubbio, 1960_2 I contenuti dell’intervento sul centro storico devono, invece, consistere in operazioni di: a) consolidamento delle strutture essenziali degli edifici; b) eliminazione delle recenti sovrastrutture a carattere utilitario dannose all’ambiente e all’igiene; c) ricomposizione delle unità immobiliari per ottenere abitazioni funzionali ed igieniche, dotate di adeguati impianti e servizi igienici, o altre destinazioni per attività economiche o pubbliche o per attrezzature di modesta entità compatibili con l’ambiente, conservando al tempo stesso vani ed elementi interni ai quali l’indagine storico-critica abbia attribuito un valore; … d) restituzione, ove possibile, degli spazi liberi a giardino ed orto; e) istituzione di vincoli di intangibilità e di non edificazione.
Il Piano di Assisi – 1958 Un fondamento conoscitivo (“scientifico” e “oggettivo”) per il progetto urbanistico L’emergere della dimensione sociale del progetto dei centri storici La correlazione tra condizioni del patrimonio edilizio e condizioni della popolazione insediata à [G. Astengo], “Assisi piano generale e piani particolareggiati di primo intervento”, Urbanistica n. 24-25, 1958.
Assisi 1958
(Urbanistica, n. 24-25)
Assisi 1958
(Urbanistica, n. 24-25)
Assisi 1958. Schede di rilevamento per l’indagine sulle abitazioni e sulle famiglie (Urbanistica, n. 24-25)
Assisi 1958. Schede di rilevamento per l’indagine sulle abitazioni e sulle famiglie
(Urbanistica, n. 24-25)
Assisi 1958 Ricomposizione delle unità immobiliari: stato di fatto (Urbanistica, n. 24-25)
Assisi 1958 Ricomposizione delle unità immobiliari: progetto (Urbanistica, n. 24-25)
Assisi 1958. Ricomposizione delle unità immobiliari: stato di fatto e progetto a confronto (Urbanistica, n. 24-25)
Il Piano di Urbino – 1964
La messa a punto dei dispositivi tecnici del progetto urbanistico per i centri storici
à G. De Carlo (1966), Urbino. La storia di una città e il piano della sua evoluzione urbanistica, Marsilio, Padova.
Urbino 1964. Disciplina degli interventi edilizi, legenda
(G. De Carlo, Urbino. La storia di una città e il piano della sua evoluzione urbanistica, Marsilio, Padova, 1966)
Urbino 1964. Disciplina degli interventi edilizi
(G. De Carlo, Urbino. La storia di una città e il piano della sua evoluzione urbanistica, Marsilio, Padova, 1966)
Urbino 1964. Un azzonamento in comparti, per la disciplina morfologica e funzionale
(G. De Carlo, Urbino. La storia di una città e il piano della sua evoluzione urbanistica, Marsilio, Padova, 1966)
Urbino 1964. Un azzonamento in comparti, per la disciplina morfologica e funzionale
(G. De Carlo, Urbino. La storia di una città e il piano della sua evoluzione urbanistica, Marsilio, Padova, 1966)
Urbino 1964. Norme per la disciplina urbanistica dei comparti (G. De Carlo, Urbino. La storia di una città e il piano della sua evoluzione urbanistica, Marsilio, Padova, 1966)
Piano del centro storico di Bologna – 1969 La codificazione dell’approccio tipologico per il progetto dei centri storici
à Pier Luigi Cervellati, Roberto Scannavini (1973), Interventi nei centri storici: Bologna. Politica e metodologia del restauro, Il Mulino, Bologna. à Pier Luigi Cervellati, Roberto Scannavini, Carlo De Angelis (1977), La nuova cultura delle città: la salvaguardia dei centri storici, la riappropriazione sociale degli organismi urbani e l’analisi dello sviluppo territoriale nell’esperienza di Bologna, Mondadori, Milano.
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, C. De Angelis, La nuova cultura delle città […], Mondadori, Milano, 1977)
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, C. De Angelis, La nuova cultura delle città […], Mondadori, Milano, 1977)
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, C. De Angelis, La nuova cultura delle città […], Mondadori, Milano, 1977)
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, C. De Angelis, La nuova cultura delle città […], Mondadori, Milano, 1977)
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, Interventi nei centri storici: Bologna. Politica e metodologia del restauro, Il Mulino, Bologna, 1973)
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, Interventi nei centri storici: Bologna. Politica e metodologia del restauro, Il Mulino, Bologna, 1973)
Il ‘tipo’ come matrice del progetto urbanistico, anche per l’integrazione delle lacune del tessuto urbano
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, Interventi nei centri storici: Bologna. Politica e metodologia del restauro, Il Mulino, Bologna, 1973)
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, Interventi nei centri storici: Bologna. Politica e metodologia del restauro, Il Mulino, Bologna, 1973)
Bologna 1969
(P.L. Cervellati, R. Scannavini, Interventi nei centri storici: Bologna. Politica e metodologia del restauro, Il Mulino, Bologna, 1973)
La città ereditata come risorsa per l’urbanità contemporanea: INFRASTRUTTURARE LO SPAZIO ABITABILE
La ricerca di dispositivi del progetto per il trattamento tecnico della qualità urbana – che cosa essa sia, come si possa difenderla e promuoverla – costituisce contributo essenziale della stagione della salvaguardia del centro storico. Questi meccanismi, sperimentati nell’isola a statuto urbanistico speciale del centro storico, a partire dagli anni ’80 iniziano a travalicarne i confini: alcuni tipici procedimenti e attenzioni dapprima riservati al solo centro storico cominciano a trovare applicazione al di fuori di esso, in altre parti urbane. Si rafforza inoltre la convinzione che un’efficace disciplina urbanistica per le parti di qualità della città ereditata non possa che adottare forme di coinvolgimento attivo dei destinatari, in un superamento della tutela passiva. Il piano particolareggiato per Nuova Schio (1989) rivela queste caratteristiche evolutive del progetto per la città ereditata. Nel Piano idea di Jesi (2005) si struttura l’ipotesi di una città storica per parti – non riconducibile al solo centro storico medievale e rinascimentale – e se ne promuove il ruolo urbanistico in una visione territoriale allargata.
Oltre il centro storico: Piano particolareggiato per il quartiere Rossi a Schio, 1989 Un esempio di estensione di attribuzione di valore e di attenzione del progetto urbanistico a una parte ‘storica’ dell’insediamento, diversa dal CS 1. oltre il centro storico: un’attenzione ‘da centro storico’ per una parte che ne è esterna 2. oltre la tutela passiva: - una strategia progettuale che conserva attraverso – tramite – la trasformazione (una tutela dinamica) à una strategia di accompagnamento della modificazione - una guida agli interventi (un ‘manuale’) per comunicare e coinvolgere
Piano particolareggiato per il quartiere Rossi a Schio, 1989 Un piano improntato a «un forte realismo delle proposte: l’avvio guidato della ricomposizione distributiva degli alloggi, più che l’astratto ripristino tipologico; la riconversione architettonica delle superfetazioni, più che la loro tronca eliminazione; il suggerimento di una gamma discreta di soluzioni intelligenti e possibili, più che il divieto delle tante banali ma desiderabili» Franco Mancuso, «Introduzione», in Comune di Schio, Un manuale per ‘Nuova Schio’. Piano particolareggiato per la riqualificazione urbanistica ed ambientale del quartiere operaio ‘Alessandro Rossi’, a cura di F. Mancuso, Arsenale, Venezia, 1990)
La critica di Mancuso si rivolge alla «normativa rigida e astratta che caratterizza la gran parte degli strumenti urbanistici correnti».
1889
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
1954
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio , Pp quartiere A. Rossi, 1989 (Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1990
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schede normative per (micro)unità di paesaggio urbano che si esprimono in forma figurata e per rinvio a una guida di soluzioni appropriate per il trattamento degli elementi architettonici (un lessico degli elementi costruttivi)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Schio, Pp quartiere A. Rossi, 1989
(Comune di Schio, Un manuale per Nuova Schio, Arsenale, Venezia, 1990)
Jesi, Piano idea, 2005 Materiali dal Piano Idea
‘Un centro allargato per la Vallesina’ Andrea Di Giovanni, Marina La Palombara (2005), a cura di, “Jesi, un’operazione urbanistica che costruisce politiche”, Urbanistica, n. 128, pp. 3879.
Jesi, Piano idea, 2005
(Urbanistica, n. 128, 2005)
Jesi, Piano idea, 2005
(Urbanistica, n. 128, 2005)
Parti e ruoli della città storica: Materiali dal Piano Idea
- Il ruolo strategico - La dimensione plurale
Jesi, Piano idea, 2005
(Urbanistica, n. 128, 2005)
Parti e ruoli della città storica: Materiali dal Piano Idea
- Il ruolo strategico - La dimensione plurale
Jesi, Piano idea, 2005
(Urbanistica, n. 128, 2005)
Parti e ruoli della città storica: - Il ruolo strategico - La dimensione plurale
Jesi, Piano idea, 2005
(Urbanistica, n. 128, 2005)
Jesi, Piano idea, 2005
(Urbanistica, n. 128, 2005)
Il nuovo piano di Roma, elaborato a partire dagli anni ’90 e definitivamente approvato nel 2008, sancisce il superamento teorico e metodologico della nozione di centro storico a favore del concetto di ‘città storica’ per un’interpretazione evolutiva del senso e del ruolo della città ereditata nel progetto urbanistico. Non più confinata entro un perimetro, non più separata dal resto della città, la città storica ne diviene ‘infrastruttura d’urbanità’, un sistema di elementi dalla geografia e densità spaziale variabile – esito di una selezione critica di ciò che è riconosciuto come detentore di valore e vocato alla permanenza nel palinsesto insediativo territoriale – che al pari di altri sistemi di spazi (analogamente alle infrastrutture ‘grigie’, ‘verdi’ e ‘blu’) si candida a svolgere un ruolo centrale nel progetto di ristrutturazione della città e di qualificazione della sua abitabilità.
La città storica come infrastruttura d’urbanità: i caratteri essenziali del progetto La città ereditata come risorsa per qualificare l’abitabilità della città contemporanea. Come valorizzare le potenzialità e qualità differenziali della città storica nel progetto di ristrutturazione della città e del territorio contemporanei. Da ‘centro storico’ a ‘città storica’ (il superamento del CS): la storicità come selettore – critico – di valori insediativi riconosciuti e condivisi; il centro storico come una delle diverse ‘parti’ della città storica. La connessione tra attribuzione di valore e attribuzione di ruolo. La città storica come materiale del progetto di ri-strutturazione urbana: la città storica materiale di un progetto ri-compositivo, la città storica come materiale strutturale e strutturante.
La forma tecnica del progetto per la ‘città storica’ Una triplice dimensione del progetto della città storica: • ‘molecolare’: definizione degli specifici profili di permanenza e persistenza dei singoli materiali urbani selezionati al vaglio dell’attribuzione di valore storico • ‘per parti’: nel riconoscimento della dimensione plurale e articolata della ‘città storica’, e nel trattamento progettuale differenziato invocato da ciascuna parte (il CS come parte di una più complessa città storica) • ‘strutturale’: nella costruzione di ‘figure’ che reinterpretano la presenza e il ruolo delle componenti insediative storiche nel progetto di ristrutturazione della città contemporanea
Roma, Prg 2003-2008: dal centro storico alla città storica Il nuovo piano di Roma è stato elaborato nella seconda metà degli anni ’90, adottato dal Consiglio comunale nel marzo 2003 e quindi definitivamente approvato nel febbraio 2008. Costituisce il caso emblematico rappresentativo dello stato di relativa convergenza e consolidamento delle forme rinnovate del piano urbanistico comunale in Italia, ad esito di una revisione e di un processo di maturazione durato 20 anni. Tra queste innovazioni si colloca la scelta di basare il progetto per la città ereditata non più sull’idea di ‘centro storico’ bensì sul concetto di ‘città storica’.
La ‘città storica’ come esercizio critico Uno degli elaborati cartografici del nuovo piano di Roma è significativamente intitolato ‘Dal Centro Storico alla Città Storica’. Nella didascalia che accompagna questa tavola si legge: “Il concetto di Città Storica modifica e amplia quello tradizionale del Centro Storico come ancora oggi identificato”. Si tratta di un concetto più complesso e articolato, che seleziona una più ampia varietà d’oggetti riconosciuti meritevoli d’attenzione, perché depositari di qualità nella stratificazione storica del territorio insediato. Questa selezione è l’esito di un esercizio critico che si interroga sul valore, sul senso e sul ruolo delle preesistenze all’interno della città contemporanea.
Parti ed elementi della ‘città storica’: un carattere plurale La Città Storica è fatta di molte parti, componenti, elementi: “All’interno della Città Storica è possibile riconoscere i caratteri storico-formativi, i relativi e differenti valori e i livelli di qualità del palinsesto, distinguendo: la Città Storica entro le Mura, … la Città Storica dell’espansione ‘extra-moenia’, … una rete diffusa di segni, fatta di piccoli nuclei, testimonianze isolate, aree archeologiche e tracciati, ma anche di edifici ed impianti urbani contemporanei di qualità, che costituisce l’armatura più qualificante dell’intera città esistente esterna alla Città Storica più densa e compatta.” (dalla didascalia/legenda della tavola «Dal Centro storico alla Città storica»)
Roma, Prg 2003
(Urbanistica, n. 116)
Roma, Prg 2003
(Urbanistica, n. 116)
Roma, Prg 2003
(Urbanistica, n. 116)
Roma, Prg 2003
(Urbanistica, n. 116)
La città storica come fattore strutturante La Città Storica si configura: • NON come isola, perimetrazione di una parte urbana riconosciuta ‘ontologicamente’ diversa e distinta dal resto dell’insediamento urbano, • MA come il risultato di un’operazione tentativa d’interpretazione progettuale tesa a identificare uno dei principali elementi di strutturazione urbana.
La città storica come fattore strutturante
“Passare dal centro storico alla città storica … ha significato superare un concetto difensivo e cristallizzante, per sviluppare una grande e dovuta attenzione alle potenzialità evolutive di un patrimonio qualitativo che solo ora veniva colto e assunto in una sua essenza sistemica, da riconoscere nella pervasività territoriale, ma anche da individuare selettivamente nelle discontinuità e possibilità d’integrazione.” Mario Manieri Elia, “La Città storica struttura identificante”, Urbanistica, n. 116, 2001, p. 114.
Dispositivi del progetto: regolativi e programmatici Nel piano questo approccio progettuale si riflette in un duplice dispositivo tecnico: • uno di tipo regolativo, “riservato ai tessuti urbani omogenei, dotati di per sé di una consolidata qualificazione storicomorfologica”; • e un secondo di tipo programmatico, volto a individuare e promuovere le “linee strutturanti la città storica, intesa come macrosistema integrato” (Manieri Elia, 2001, cit., p. 116).
I contenuti regolativi per il progetto della Città Storica: 1. La disciplina per tessuti I contenuti regolativi si esprimono attraverso la carta dei Sistemi e regole: attraverso una interpretazione ‘per tessuti’ delle diverse parti della città storica, questa consente di definire per ciascuno di essi le specifiche norme a presidio dei caratteri morfologici riconosciuti qualificanti e portatori di valore insediativo.
I contenuti regolativi per il progetto della Città Storica: 2. La guida per la qualità degli interventi Alle norme per tessuti, in un apposito allegato, si accompagna una Guida per la qualità degli interventi. Si tratta di un testo verbo-visivo che gradua le proprie indicazioni normative secondo una gamma di contenuti con valenza prescrittiva, di indirizzo o di semplice esemplificazione comportamentale, finalizzato “a specificare le norme relative alle singole componenti individuate dalla disciplina, a definire le procedure di conoscenza e del progetto per il recupero, ad individuare le ulteriori regole progettuali in rapporto ai caratteri tipomorfologici degli edifici e a quelli morfologico-ambientali degli spazi aperti e ad indirizzare i singoli progetti per una scelta della più idonea categoria d’intervento tra quelle ammesse per le suddette componenti” (Relazione di piano, p. 94).
I contenuti programmatici per il progetto della Città Storica Circa i contenuti programmatici, questi si esprimono attraverso gli Ambiti di programmazione strategica. Trasversali a tutta la città esistente, assumono particolare rilievo per la città storica, perché fanno quest’ultima oggetto non solo di norme regolamentari (come per lungo tempo è stato usuale nella disciplina urbanistica dei ‘centri storici’), ma anche di una progettualità che ne reinterpreta ‘compositivamente’ il ruolo urbano, secondo rinnovate relazioni.
I contenuti programmatici per il progetto della Città Storica Gli Ambiti di programmazione strategica sono articolazioni spaziali complesse – concatenazioni spaziali – che il piano riconosce come qualificanti e delle quali organizza la valorizzazione, attraverso la messa a sistema – in specifiche figure territoriali del progetto – di una serie di interventi secondo le ipotesi di assetto complessivo perseguite dal Prg. Le denominazioni e l’azzonamento schematico selettivo dei cinque ambiti di programmazione strategica esplicitano la tensione compositiva loro affidata nel progetto di ristrutturazione: il Tevere; il Parco dei Fori e dell’Appia antica; le Mura; il Tracciato Flaminio-Fori-Eur;la Cintura ferroviaria.
Roma, Prg 2003
(Urbanistica, n. 116)
I contenuti programmatici per il progetto della Città Storica Gli Ambiti di programmazione strategica • sono ‘racconti’ entro cui trovano coerenza progetti urbani molteplici, • sono sistemi spaziali che tematizzano e orientano l’interpretazione della città nelle sue forme strutturanti e costitutive, suggerendo connessioni e relazioni di senso tra materiali urbani differenti reciprocamente organizzati.
Roma, Prg 2003 (Urbanistica, n. 116)
Ambiti di programmazione strategica: progetti d’implementazione
(C. Gasparrini, Primevisioni, Clean, Napoli, 2002; C. Gasparrini, «Un cambio di paradigma […]», Urbanistica, n. 154, 2014)
Ambiti di programmazione strategica: progetti d’implementazione
(C. Gasparrini, Primevisioni, Clean, Napoli, 2002; C. Gasparrini, «Un cambio di paradigma […]», Urbanistica, n. 154, 2014)
Analogamente al caso di Roma, il piano di Bologna del primo decennio del 2000 adotta un approccio progettuale alla ‘città ereditata’ fondato sulla nozione di ‘città storica’. Nei dispositivi del progetto urbanistico del piano di Bologna – Piano strutturale comunale 2008 e Regolamento urbanistico edilizio 2009 – si riconoscono emblematicamente le tre dimensioni del progetto della città storica contemporanea: molecolare, per parti, strutturale.
Bologna Psc+Rue (2008-2009): dimensioni e dispositivi del progetto della città storica A Bologna, la pianificazione del centro storico ha una lunga tradizione: quella bolognese, a partire dagli anni ’60-70, è stata per lungo tempo considerata un’esperienza paradigmatica (secondo un’interpretazione tipologica dei valori insediativi del tessuto urbano storico). L’approvazione degli strumenti urbanistici del primo decennio degli anni 2000 – il Piano strutturale comunale (luglio 2008) e il Regolamento urbanistico edilizio (maggio 2009) – hanno tuttavia introdotto un radicale cambiamento nella tematizzazione della città ereditata.
Anche a Bologna, dal ‘centro storico’ alla ‘città storica’
In questi strumenti urbanistici recenti, a Bologna, come nel piano di Roma del 2003-2008, si è deciso di adottare la nozione di ‘città storica’ quale concetto con cui proporre un rinnovato senso e ruolo della città ereditata all’interno dell’organizzazione spaziale della città contemporanea.
Bologna, il centro storico, entro i viali di circonvallazione
Bologna, il cuore del nucleo antico
Bologna, il nucleo di antica formazione
Un confronto con la Ciutat Vella di Barcellona, 200 ha circa
Comune di Bologna (2012), Di nuovo in centro. Programma per la pedonalità a Bologna, Urban center Bologna.
La dimensione molecolare: i materiali della città storica Molecolare è l’immagine della città storica leggibile nella tavola ‘Disciplina dei materiali urbani e classificazione del territorio’ del Regolamento urbanistico edilizio. È l’immagine prodotta: • dai singoli edifici d’interesse storico-architettonico e d’interesse documentale (rappresentati rispettivamente in rosso e in rosa, ed identificati convenzionalmente negli edifici già esistenti al 1949) • cui si aggiungono (in blu e azzurro) gli edifici d’interesse storico-architettonico e documentale del moderno (appartenenti al periodo più recente e individuati sulla base dell’attenzione e del riconoscimento critico loro attribuito dalla letteratura di settore).
La dimensione molecolare della città storica L’effetto complessivo della loro mappatura nelle diverse parti della città è il disegno di una ‘nebulosa’ generata dagli edifici evidenziati, di cui si apprezza la cangiante densità: la presenza rarefatta nei fogli più esterni, gli addensamenti e le concentrazioni, quindi l’infittirsi fino alla saturazione nel cuore del ‘nucleo di antica formazione’. A queste ‘molecole’ che individuano i singoli elementi costitutivi del palinsesto storico il progetto urbanistico associa le regole per gestire il profilo di permanenza e persistenza per essi previste.
Bologna: le parti della città storica Areale, per parti distinte, è invece l’immagine che si configura nella tavola ‘Classificazione del territorio’ del Piano strutturale comunale o nella tavola ‘La città storica. Ambiti e materiali’ del Regolamento urbanistico edilizio.
Bologna: le parti della città storica La città storica vi è individuata e descritta come la composizione di 16 ‘ambiti storici’, costituenti: “l’insieme dei tessuti urbani di antica formazione che hanno mantenuto la riconoscibilità della struttura insediativa e la stratificazione dei processi di loro formazione, sia nella rete stradale e negli spazi inedificati, sia nel patrimonio edilizio e in altri manufatti. In relazione ai diversi principi insediativi propri dei differenti tessuti urbani storici, il Psc distingue e perimetra i seguenti Ambiti: ambito del nucleo di antica formazione; ambiti del quartiere giardino; ambiti dei tessuti compatti; ambiti storici specializzati” (Psc, Quadro normativo, art. 27).
Bologna: le parti della città storica Si tratta di un azzonamento particolare entro il quale l’ambito denominato ‘Nucleo di antica formazione’ costituisce l’approssimazione (per difetto) di quello che viene tradizionalmente considerato il centro storico di Bologna (la porzione urbana delimitata dai viali di circonvallazione). La lettura per parti della città storica prelude al loro differenziato trattamento progettuale, perché questa articolazione parla “di passati, ma soprattutto di presenti e di futuri non omologabili, che chiedono progetti pertinenti” (Gabellini 2008, p. 95), secondo profili normativi specifici e circostanziati per ciascun ambito.
La dimensione strutturale della città storica Strutturale è, l’immagine della città storica prodotta dal suo concorrere alle figure territoriali che restituiscono la proposta ricompositiva avanzata dal Piano strutturale, la sua vision, il suo progetto d’assetto complessivo – le ‘Figure della ristrutturazione’. Più specificamente, è il combinarsi delle figure della Città della via Emilia (di Ponente e di Levante) e della Città della Ferrovia a delineare senso e ruolo della città storica in una prospettiva d’assetto urbano rinnovato.
La dimensione strutturale della città storica
Attraverso la Città della ferrovia, emerge l’immagine di una città storica che si riorganizza sui due lati del tracciato infrastrutturale (il centro storico, la Bolognina) intorno all’elemento di cerniera costituito dalla stazione ferroviaria rinnovata (con l’arrivo dell’alta velocità e il progetto, non realizzato, della nuova piazza-ponte a cavallo dello scalo), in una ridefinizione complessiva e amplificata del sistema urbano delle centralità…
La dimensione strutturale della città storica … con la Città della via Emilia si riconosce e valorizza il ruolo dell’impianto lineare storico impresso dal segno di primo ordinamento territoriale (in contrapposizione all’idea di chiusura ed enucleazione insulare del centro storico):
“La individuazione delle due Città della Via Emilia (ponente e Levante) [sposta] l’attenzione sulla dimensione urbana e potenzialmente metropolitana di una città storica incardinata sulla strada matrice dell’insediamento padano, per affermare che la sua riqualificazione si riverbera su un territorio più ampio che la comprende e la trascende. Questo ricongiungimento strutturale con il resto del territorio è condizione fondamentale di risignificazione, di vitalità, di futuro, avendo sperimentato che l’isolamento è preludio a processi estremi ugualmente negativi: ghettizzazione, abbandono, specializzazione, gentrification” (P. Gabellini in Evangelisti, Orlandi, Piccinini, 2008, p. 95).
Nel progetto per la città storica contemporanea, al piano urbanistico sempre più spesso e in modo complementare ad esso si accompagnano piani e programmi ‘strategici’ di azioni capaci di promuovere e combinare in un processo controllato iniziative molteplici, progetti speciali e politiche settoriali verso obiettivi convergenti di riqualificazione e rigenerazione. In questi programmi strategici il mix di politiche urbane coinvolte varia da caso a caso: lavori pubblici (ed in particolare azioni sullo spazio pubblico, ma anche di re-infrastrutturazione primaria), regolazione di settore (commercio, trasporto pubblico, mobilità/accessibilità/traffico, ricettività e pubblici esercizi, igiene e salute, cultura…), insieme alle opportunità offerte dalla programmazione speciale e cattura di risorse su bando, politiche ‘per eventi’, misure di fiscalità locale…
Di nuovo in centro. Programma per la pedonalità a Bologna, predisposto all’inizio del secondo decennio degli anni 2000, costituisce un esempio di questa modalità d’azione pragmatica. Si tratta di “un programma di coordinamento di politiche integrate” (Di nuovo in centro, p. 21) che è stato capace di un rilevante impatto sui modi di vivere e fruire degli spazi centrali di quella città. L’indice del documento che ne ha raccolto le linee d’azione le dettaglia come segue: accessibilità; trasporto pubblico, car sharing e veicoli elettrici; ciclabilità; sosta; riqualificazione di spazi pubblici; regole per l’uso degli spazi pubblici; valorizzazione; raccolta dei rifiuti. Comune di Bologna (2012), Di nuovo in centro. Programma per la pedonalità a Bologna, Urban center Bologna.
Bologna, ‘Di nuovo in centro’, 2011-2014 L’indice del documento
Bologna, ‘Di nuovo in centro’, 2011-2014
Nuova disciplina d’uso delle strade
Bologna, ‘Di nuovo in centro’, 2011-2014 Nuova disciplina d’uso delle strade
Bologna, ‘Di nuovo in centro’, 2011-2014
Riqualificazione del cortile del pozzo di Palazzo Accursio
Bologna, ‘Di nuovo in centro’, 2011-2014
Riqualificazione di piazza Verdi
Il caso paradigmatico di questo modo d’operare è tuttavia rappresentato dal processo di rigenerazione condotto tra gli anni ’90 e i primi 2000 nel centro storico di Genova, insieme al waterfront del Porto Vecchio. Il suo ‘regista’ attraverso due mandati assessorili, Bruno Gabrielli, ha definito il cosiddetto Piano della Città di Genova come un ‘piano strategico di natura operativa’: una declinazione molto concreta e pragmatica di piano strategico che si orienta più che a una visione futuribile a un programma fattibile di azioni. La tensione alla fattività rappresenta il carattere distintivo dell’operazione: uno strumento tradotto in un centinaio di schede, nelle quali si esplicitano obiettivi degli interventi, risorse e loro provenienza, tempi di realizzazione, soggetti coinvolti. Entro questo quadro il programma per il centro storico costituisce il cuore, raccolto in uno specifico documento, denominato Piano operativo del centro storico (Comune di Genova, aprile 2001).
Genova, aprile 2001: Piano Operativo per il Centro Storico, indice
Genova: il programma di interventi e azioni (Urbanistica, n. 126, 2005)
Genova, Carta dei piani e dei programmi (Pru e Poi) Piano Operativo per il Centro Storico (aprile 2001)
Genova, Carta dello stato di manutenzione delle pavimentazioni stradali Piano Operativo per il Centro Storico (aprile 2001)
Genova: stato di attuazione (2004) del programma di interventi per il centro storico (www.urbancenter.comune.genova.it)
“To preserve effectively, we must know for what the past is being retained and for whom. The management of change and active use of remains for present and future purpose are preferable to an inflexible reverence for a sacrosanct past. The past must be chosen and changed, made in the present. Choosing a past helps us to construct a future.” (p. 64) Kevin Lynch, «The Presence of the Past», in Id., What time is this place?, MIT Press, Cambridge (Mass.) - London, 1972.
Alcuni riferimenti bibliografici Appleyard D. (1979), ed., The Conservation of European Cities, The MIT Press, Cambridge (Mass.) & London. Albrecht B., Magrin A. (2015), a cura di, Esportare il Centro Storico, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro). Bandarin F., Van Oers R. (2012), The Historic Urban Landscape. Managing Heritage in an Urban Century, Wiley-Blackwell, Chichester (UK). - (2014), Il paesaggio urbano storico. La gestione del patrimonio in un secolo urbano, CEDAM, Padova. Bandarin F., Van Oers R. (2015), eds., Reconnecting the City. The Historic Urban Landscape Approach and the Future of Urban Heritage, Wiley-Blackwell, Chichester (UK). Bonfantini B. (2001), “Adeguamento e relazioni tra città vecchia e città nuova”, in P. Gabellini, Tecniche urbanistiche, Carocci, Roma, pp. 179-216. - (2007), Progetto urbanistico e città esistente, Maggioli, Rimini, (I ed. Clup, Milano, 2002). - (2012), “Planning the historic centres in Italy: for a critical outline”, Planum. The Journal of Urbanism, n. 25, vol. 2/2012. - (2013), “Centri storici: infrastrutture per l’urbanità contemporanea”, Territorio, n. 64, pp. 153-161. - (2015), “Historic urbanscapes for tomorrow, two Italian cases: Genoa and Bologna”, European Spatial Research and Policy, vol. 22, no. 2/2015, pp. 57-71. - (2019), “Tra abbandono ed estrazione: sul futuro di centri e territori storici”, Territorio, n. 87, pp. 189-192.
Alcuni riferimenti bibliografici Busquets J. et al. (2004), La ciutat vella de Barcelona: un passat amb futur / The old town of Barcelona: a past with a future, Ajuntament de Barcelona, 2004 (II ed.). Corten J.-P., Geurts E., Meurs P., Vermeulen R. (2014), eds., Heritage as an Asset for Inner-City Development. An Urban Manager’s Guide Book, nai010 publishers, Rotterdam. Evangelisti F., Orlandi P., Piccinini M. (2008), a cura di, La città storica contemporanea, Urban Center Bologna, Edisai, Ferrara. Gabrielli B., Bobbio R. (2005), a cura di, “Genova, un piano strategico di natura operativa e i suoi esiti”, Urbanistica, n. 126, pp. 56-95. Gasparrini C. (1994), “Dal recupero dei Centri Storici alla riqualificazione della città esistente”, in Id., L’attualità dell’urbanistica, parte II, Etas, Milano. - (2001), “Strategie, regole e progetti per la Città storica”, Urbanistica, n. 116, pp. 93-108. Ginocchini G., Manaresi C. (2008), a cura di, “Bologna, un nuovo piano”, Urbanistica, n. 135, pp. 4491. Kupka K. (2012), Redevelopment by Tradition. Urban Renewal in World Heritage cities. The effects of plans and projects in Amsterdam, Florence, Genoa and Venice, Cluva, Venice. Manieri Elia M. (2001), “La Città storica struttura identificante”, Urbanistica, n. 116, pp. 109-116.