18 minute read
Le sfide di una super-ageing society come motori dell’innovazione: riflessioni ed esperienze giapponesi Luna Kappler
Le sfide di una super-ageing society come motori dell’innovazione: riflessioni ed esperienze giapponesi
Luna Kappler
Advertisement
Università “Sapienza” di Roma DICEA – Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale Email: luna.kappler@uniroma1.it
Abstract
La questione demografica e l’invecchiamento della popolazione sono al centro delle politiche odierne giapponesi, sia a livello nazionale che di prefettura. La rapidità e la consistenza del fenomeno sono ben sintetizzati dal concetto di super-ageing society. Il miglioramento della qualità e delle aspettative di vita trainano il processo con implicazioni rilevanti: difficoltà sociali connesse all’esclusione delle categorie più deboli, pressioni sul sistema sanitario, implicazioni spaziali legate alla gestione dello squilibrio tra città ed aree rurali, delle abitazioni sfitte e degli edifici in abbandono. Allo stesso tempo la situazione acuisce e si somma alla crisi delle due comunità che hanno animato l’economia del Giappone, da un lato quella locale depauperata dallo spopolamento, dall’altro quella delle potenti compagnie private, solleticate dall’instabilità indotta dalla competizione globale. La tecnologia interviene allora come strumento, braccio operativo di visioni e strategie innovative volte a ricercare nuovi equilibri sociali e spaziali. Le pratiche di smart city divengono 2.0 per rafforzare il ruolo delle comunità attraverso uno sguardo human-oriented. Non sono più tese alla sola infrastrutturazione tecnologica, bensì sono volte a rispondere alle sfide sociali nell’ottica di una "Società 5.0". Il contributo, approfondito tale contesto, intende riflettere su cosa significhi innovare in Giappone oggi, presentare una selezione rappresentativa delle variegate risposte che provengono da città, aree rurali e compagnie, chiarendo il ruolo del pubblico e del privato e fornire una prospettiva sulle nascenti visioni per orientare le scelte localizzative dei residenti nel prossimo futuro.
Parole chiave: innovation, demography, urban policies
Super-ageing society: la questione demografica nel Sol Levante L'invecchiamento della popolazione in Giappone supera il resto del mondo sia in termini numerici che per la rapidità del fenomeno, tanto da consentire di parlare di una super-ageing society. L'aspettativa di vita più lunga dovuta al benessere generalizzato e ai progressi nell’assistenza sanitaria sta accompagnando il processo, insieme a una significativa riduzione delle nascite (Muramatsu e Akiyama 2011). Ad oggi circa il 27% degli adulti ha più di 65 anni e le proiezioni sono destinate a toccare il 33% entro il 2035 (Statistics Japan 2016). La popolazione giapponese ha raggiunto il picco di 128 milioni nel 2018 e si prevede che scenderà a circa 100 milioni entro il 2050. L'invecchiamento della popolazione è prevalentemente inquadrato nel discorso nazionale come un problema economico. Oltre a determinare carenza di lavoratori per le società, il fenomeno genera minori entrate fiscali e produzione, mettendo così alla prova la resistenza del paradigma di crescita sul quale si sono basate negli anni le politiche. Le proiezioni circa la città di Tokyo riportate nel The Grand Design for Urban Development, nuovo piano del 2017, confermano la tendenza nazionale; dopo un picco di 14 milioni nel 2025 ci si aspetta entro il 2040 una diminuzione di circa 500 000 persone. All’invecchiamento ed al calo demografico si aggiunge inoltre la profonda crisi delle due comunità che storicamente hanno animato l’economia del Sol Levante; quella locale, collassata per lo spostamento delle opportunità di lavoro nelle città e quella delle potenti compagnie private, che non può più contare sulla rassicurante promessa del lifetime employment, ossia sulla garanzia di un impiego a vita. Nelle aree rurali le implicazioni sociali da affrontare sono rilevanti, in particolare per quanto riguarda l'isolamento e l’inequità. Il 71,5% della popolazione totale dell’area metropolitana di Tokyo, ad esempio, vivrà nei 23 distretti della città al 2060, contro il 28,5% nella zona di Tama e nelle isole.
Figura 1 | Previsioni circa la popolazione. Fonte: City View Tokyo, marzo 2016
Gli impatti sulle comunità sono distribuiti in modo non uniforme, con la maggior parte delle conseguenze negative che colpiscono le aree rurali in quanto le generazioni più giovani gravitano facilmente verso città più grandi ed economicamente più prospere (Kudo 2015) o favorevoli. I soggetti rimasti nelle comunità rurali sono a rischio di isolamento sociale e solitudine perché l’offerta di servizi di trasporto pubblico è limitata, mentre le attività e i servizi diminuiscono o si allontanano in risposta al declino della popolazione. La riduzione delle opportunità di socializzazione e di spostamento può accelerare il deterioramento della salute fisica e mentale, gravando ulteriormente sui servizi sanitari locali e nazionali. Allo spopolamento delle aree rurali consegue inoltre la crisi delle economie tradizionali che le caratterizzavano (es. agricoltura, artigianato, turismo culturale). L’urbanizzazione oltre a poter essere ritenuta una causa rilevante della crisi delle comunità locali, ha avuto un impatto non trascurabile anche sul cambiamento delle condizioni di lavoro nelle città che sta portando al collasso la cosiddetta comunità delle compagnie, storicamente ritenuta solida e vincente. La nozione di impiegato con irremovibile lealtà verso la sua azienda che fornisce sicurezza occupazionale a vita e benefici, assieme alla possibilità di assumere i figli, si è consolidata con l'impressionante crescita economica postbellica del Giappone durante l'era Showa (regno dell'Imperatore Hirohito dal 1926 al 1989). Questa narrativa, però ha iniziato a cambiare durante il periodo Heisei (1989-2019) minacciato dalla deflazione, quando i costi di mantenimento di stipendi consolidati hanno iniziato a superare i benefici di possedere una forza lavoro stabile e prevedibile. Gli ultimi sondaggi dell'OCSE confermano che l'occupazione a vita sta svanendo di fronte alla crescita lenta e all'intensificazione delle pressioni concorrenziali. Tra i lavoratori per 30 e 40 anni nelle grandi aziende, la quota che è rimasta con lo stesso datore di lavoro da quando ha lasciato l'istruzione era rispettivamente di 15,0 e 9,4 punti percentuali, inferiore nel 2016 rispetto al 2006. I lavoratori part-time ed a contratto rappresentano ad oggi circa il 40 percento del totale e sono raddoppiati nel corso dell'era Heisei. Il mercato competitivo alimenta l’instabilità occupazionale con impatti psicologici determinanti, nutriti dalla paura degli impiegati di essere licenziati e conseguentemente di doversi reinventare in un contesto che ha lasciato poco spazio alle opportunità individuali o creative. Altri fattori che rendono ad oggi il sistema del lifetime employment non più sostenibile sono la riduzione della capacità di assunzione delle compagnie dopo la crisi petrolifera (comportando la stessa stabilizzazione del numero di persone che si trasferisce nel big core di Tokyo) e l’incremento dei laureati che satura l’offerta di lavoro disponibile nelle ambite grandi compagnie. I giovani meno brillanti o meno fortunati devono guardare alle compagnie minori o a lavori meno remunerativi in città e non trovano possibilità di crescita nelle aree rurali perché impoverite. Rientrano nei cosiddetti working poor, dipendenti per lo più precari o
irregolari che non hanno modo di intraprendere un’attività indipendente per mancanza di risorse e di credibilità nei confronti di banche e di eventuali investitori per accedere a prestiti e finanziamenti. Tale situazione, che non mostra segni di una possibile inversione di tendenza, ma al più di stabilizzazione, pone per il Giappone la necessità di nuovi approcci volti a combinare l'innovazione e la collaborazione sociale e tecnologica tra la sfera pubblica, privata e accademica al fine di soddisfare le esigenze della popolazione (Muramatsu e Akiyama 2011) sempre più anziana o che si trova a confrontarsi con l’incertezza e con una nuova indipendenza da dover gestire. Per far fronte a un'economia stagnante e alla domanda debole, molte aziende hanno apportato modifiche alle loro pratiche di gestione delle risorse umane. Allo stesso tempo, sta emergendo una nuova attenzione al contesto, fatto di spazi urbani e di vita ed alla partecipazione dei cittadini alle scelte delle amministrazioni. Questa nuova sensibilità, accompagnata dal crescente interesse dei giovani verso l’Occidente ed in particolare verso il mito statunitense del self-made man, alimenta negli abitanti la volontà di far parte di una terza comunità aperta e flessibile, altra rispetto a quella rurale e delle compagnie e che può essere definita una comunità dell’innovazione nella quale reinventarsi e confrontarsi.
Smart City 2.0 human-centred Le richieste di una "Smart City 2.0", che ponga al primo posto le esigenze dei residenti, promuovendo la partecipazione e la responsabilità dei singoli e che si serva della tecnologia come strumento al servizio dei cittadini, sono un tentativo di affrontare questo ampio spettro di problematiche attraverso il rafforzamento del ruolo delle comunità. L’esigenza di rispondere a variegate questioni sociali tra le quali salute, invecchiamento, criminalità, istruzione, coesione sociale, riduzione della povertà, potrebbe essere mirata all'innovazione del concetto di smart city (Goodspeed 2015, Colding e Barthel 2017), promuovendo la partecipazione e l'emancipazione dei cittadini, considerando la tecnologia come strumento da utilizzare prevalentemente al servizio della comunità (Crowley 2016). Accanto alle ambizioni di crescita economica, sempre guidata dal digitale, il concetto di "Società 5.0", presentato nel "5° Piano Scientifico e Tecnologico" del governo nazionale nel 2016, testimonia la volontà concreta di inquadrare le sfide sociali come motori dell’innovazione nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e nei big data, passando dalla concentrazione sui prodotti, all’attenzione per i processi inclusivi. A tal fine è necessario soffermarsi dalla scala della città a quella umana (Gardner e Hespanhol 2018) con l’obiettivo specifico di incoraggiare il benessere degli abitanti (Colding e Barthel 2017). Ne emerge una società che cambia e che si trova dunque a considerare aspetti che aveva trascurato o che non aveva previsto anche modificando il suo approccio a favore di uno sguardo fine, solidale, antropico e comprensivo, centrato sulla comunità. Le politiche nelle città e nelle aree metropolitane giapponesi sono volte a definire strategie e sperimentare pratiche innovative che ribadiscano il ruolo della prossimità, del policentrismo e dell’accesso al digitale nell’elevare la vivibilità dei luoghi nel prossimo futuro. Tecnologia, idee e capitali entrano a far parte di un flusso che connette gli innovatori, dando vita a reti di imprenditori, ricercatori, investitori e cittadini, quale la Venture Café Foundation di Tokyo, operante dal marzo 2018 come prima sede asiatica del più noto acceleratore di Cambridge (USA). Gli esperti del settore hanno sottolineato la necessità (Kijou e Rure 2014) di progetti di smart city incentrati sui bisogni dei residenti e di una società che invecchia e stanno spingendo per un'agenda nazionale che allinei gli sviluppi delle città intelligenti con le ambizioni della Società 5.0 (Nomura 2017) oltre alla semplice attenzione a prerequisiti di base quali l’infrastrutturazione tecnologica e l’accesso al digitale. L'ottimizzazione dell'equilibrio tra gli approcci top down e bottom up insieme alla trasformazione digitale people-centred rimangono sfide chiave che vedono possibili soluzioni nella condivisione di consapevolezza ed intenti oltre che nella raccolta di dati ed informazioni tra amministrazioni, aziende e cittadini, parte di un unico ecosistema. Se i drivers delle trasformazioni in atto in Giappone sono l’invecchiamento ed il calo demografico, l’eccessiva concentrazione di popolazione nell’area di Tokyo e la necessità di rivitalizzazione dell’ambito rurale, gli ostacoli al cambiamento sono la scarsa fiducia dei cittadini nella tecnologia, la mancanza di capacità di digitalizzazione e le norme complesse.
Politiche del Tokyo Metropolitan Government
Le politiche nazionali sono confermate dalle strategie del Tokyo Metropolitan Government sintetizzate dagli indirizzi del Grand Design for Urban Development e da City View Tokyo. Gli obiettivi sottesi agli indirizzi sono l’intensificazione della concorrenza interurbana, la risposta alle problematiche ambientali, la prevenzione
dei disastri naturali, l’incremento della sensibilità verso il verde ed il paesaggio intesi come elementi-chiave per la vivibilità e per l’adattamento e la risposta alle sfide imposte da una super-ageing society (Grand Design). Il ruolo di Tokyo come capitale e città globale è allora quello di immaginare uno sviluppo urbano che tenga conto di ambiente, società e governance, rispettivamente riducendo gli impatti per azzerare le emissioni, migliorando la qualità della vita, realizzando un contesto sicuro e protetto in cui ognuno possa avere un ruolo attivo e perseguendo iniziative urbane condivise basate sul ciclo ricerca-pianificazioneprogettazione-sviluppo-gestione-utilizzo-rinnovo. Le strategie di Tokyo sono allora volte a rendere la città sicura, diversificata ed intelligente. Il contributo pubblico è nel dotare le aree dell’infrastruttura atta a consentire a “creatori” privati di intervenire e costruire sinergie, interpretare i bisogni individuali per costruire un quadro unitario e catalizzare risorse e sforzi per la comunità. Un simile atteggiamento ha risvolti sulla città e ispira le altre prefetture, in particolare per quanto riguarda la volontà di popolare gli ambiti rurali, come l’area di Tama, rendendoli appetibili per i giovani ed inclusivi delle categorie più deboli che non li hanno lasciati. Le grandi compagnie sono parte di questo processo nella misura in cui si occupano della definizione di prodotti innovativi volti al miglioramento delle condizioni di vita, oppure laddove sono loro stessi proprietari di interi brani di città (es. a Tokyo).
Figura 2 | La collaborazione. Fonte: rielaborazione da City View Tokyo, marzo 2016
Esperienze paradigmatiche
L’ampliamento delle ambizioni delle smart city, dalla diffusione delle tecnologie sostenibili alle agende dell'innovazione che combinano approcci tecnici e sociali per affrontare l'invecchiamento della popolazione, la salute e il benessere dei residenti, è particolarmente evidente a SOHO city Mitaka, ad Aizuwakamatsu e nell’esperienza dell’acceleratore Game Changer Catapult di Panasonic.
La città di Mitaka (16,5 kmq) confinante con i 23 distretti speciali di Tokyo (a circa 18 km dal centro di Tokyo) è considerata un luogo ottimale per la vita per la sua posizione, la dotazione di verde e i punti di attrattività, come il museo Ghibli di fama internazionale. È ad oggi riconosciuta come uno dei contesti locali più avanzati in Giappone in termini di integrazione tra le politiche dell’amministrazione e la partecipazione dei cittadini, grazie ad un metodo di governance fondato sull’imprenditorialità civica consolidato negli anni a partire dal dopoguerra. Tale approccio ha comportato dagli anni ’70 l'istituzione di un consiglio dei residenti per la pianificazione e la gestione di centri della comunità. Tra le sperimentazioni più note di Mitaka e prese a modello nel resto del Paese vi è l’implementazione del programma di rigenerazione urbana “SOHO City”, avviato già nel 1996 dal consiglio comunale e legittimato nei piani Local Informationization Plan, Mitaka Industrial Development Plan e Mitaka City Centre Revitalization Plan (1996, 1998). L’iniziativa fa seguito all’operazione di infrastrutturazione tecnologica Information Network System di Nippon Telegraph e Telephone Corporation (1984) che ha portato alla realizzazione di una rete di comunicazione digitale estesa alla città.
Il concetto di SOHO, "Small Office e Home Office", introdotto nella Silicon Valley (metà anni ’80), descrive uno stile di lavoro in un'area urbana inclusivo di attività autonome e piccole e medie imprese che applicano le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per la definizione di un piacevole ambiente residenziale. Il termine "creatività" nel caso di Mitaka non è usato come uno slogan, bensì come l’azione sinergica su più livelli della comunità locale e delle organizzazioni dei settori pubblici e privati per lo sviluppo di idee innovative. In particolare, il programma è stato volto a incoraggiare l’identità degli abitanti, la sensibilità alla tematica ambientale, la coesione della comunità ed un movimento cittadino di machizukuri. Un forte contributo alla stabilità delle finanze pubbliche è derivato dal rapporto con le compagnie industriali (es. Dentsu, IBM Japan, SECOM) e le nuove attività locali. “SOHO City” dapprima ha portato alla realizzazione di un piano (248 mq) di nove uffici tra i 5 ed i 12 mq per piccole imprese e di un edificio da affittare con servizi di base quali l’accesso a Internet, fotocopiatrice, sala riunioni e reception. Vista l’elevata richiesta sono stati istituiti altre sei strutture SOHO fino al 2003. I bassi prezzi di locazione e le dotazioni hanno favorito le attività di pensionati e le relazioni tra singoli.
L’attenzione alle necessità degli anziani è ancor più evidente nelle recenti politiche di smart city di iniziativa privata (di Accenture) nella città storica di Aizuwakamatsu, a circa 250 km a nord di Tokyo nella Prefettura di Fukushima. La visione, la pianificazione e l’implementazione hanno coinvolto l’amministrazione, l’università locale, diverse compagnie private e gruppi di cittadini che hanno progettato e realizzato un dinamico ecosistema di iniziative bottom-up ed ibridi. Gli obiettivi circa l’integrazione delle tecnologie ICT ed i big data hanno riguardano settori quali energia, agricoltura, benessere, turismo e educazione con lo scopo di incorporare la smartness nello sviluppo della comunità. L’invecchiamento della popolazione nella città è pronunciato; il 30% dei residenti ha più di 65 anni e nell’area montuosa ed isolata di Minato-machi il 40%. La situazione ha spinto nel 2017 alla definizione del progetto collaborativo di fornitura di servizi pubblici per il sostegno alla vita rurale denominato “Rural Living Support System" (Trencher 2018). Il programma, supportato da finanziamenti nazionali, si è concentrato su Minato-machi, prevedendo l'installazione gratuita di un modem Internet e del cablaggio ADSL per rendere i televisori dei residenti dispositivi intelligenti, consentendo loro di accedere ad un menù personalizzato chiamato “Minato Channel”. L’interfaccia offre la possibilità di prenotare autobus a chiamata, ottenere informazioni sulla comunità e le attività locali, monitorare la salute. La decisione di fornire servizi tramite strumenti familiari quali i televisori è stata guidata dalla consapevolezza che molti residenti anziani non usano smartphone, tablet o computer. L'iniziativa enfatizza la mitigazione degli inconvenienti della vita rurale tramite le tecnologie digitali e la governance collaborativa grazie alla quale i programmi sono definiti e guidati dai residenti nell’ottica di una strategia di rafforzamento delle comunità in crisi, tramite reti sociali e virtuali e l’assunzione di responsabilità sulle loro condizioni collettive (de Lange e de Waal, 2013).
Il tema del ruolo e delle possibilità individuali nella crisi della comunità delle compagnie è affrontato tramite una crescente attenzione ai processi innovativi, piuttosto che ai prodotti. Panasonic, ad esempio, consapevole dell’impossibilità di poter garantire una stabilità a vita ai suoi dipendenti ha quindi introdotto forti cambiamenti relativi alla cultura lavorativa e sintetizzati dal rivoluzionario acceleratore d’innovazione in house “Game Changer Catapult”, introdotto come sfida dal Dir. Masa Fukata nel 2016. L’iniziativa 1 nasce dalla necessità di stimolare la creatività e l’indipendenza dei dipendenti, fattori-chiave per consentire a Panasonic di rimanere competitiva nel mercato globale della open innovation, ma soprattutto per abituare i lavoratori a generare contenuti (scalable learning) e ad interagire liberamente con i colleghi (co-creation) nell’azienda per orientarne le scelte. Si riconosce che cambiare le modalità di confronto interne, consente agli impiegati di acquisire la capacità di reinventarsi e realizzare le proprie aspirazioni anche a seguito di eventuali licenziamenti. “Game Changer Catapult” è orientato al kaden, ossia allo sviluppo di servizi per il futuro. Le proposte di prodotti innovativi riguardano le esperienze di vita e l’inclusività per la risoluzione di problemi sociali nel settore domestici, per la cura e educazione dei bambini, i media e l’intrattenimento, il cibo ed il benessere. I dipendenti hanno l’opportunità di interagire direttamente con potenziali utenti nelle fasi di analisi, previsione e test anche fuori dal Giappone grazie alla partecipazione, ad esempio, al noto South by Southwest (SXSW, Austin, Texas), mentre Panasonic introduce nella compagnia i venture capitalist per la valutazione delle idee progettuali. Una simile strategia sta richiedendo una grande flessibilità da parte dei soggetti coinvolti e dell’azienda, sintetizzata dal motto Unlearn & Hack, disimparare e violare per creare nuove regole. Per far fronte a un'economia stagnante e alla domanda debole Panasonic attraverso la catena bisogni sociali-coinvolgimento-fiducia rende i suoi processi di produzione aperti ed
Intervistato a Tokyo il 28 novembre 2019.1
empatici, accelerando l’innovazione e indirizzando le stesse strategie nazionali ed internazionali per uno stile di lavoro e di vita adattivo.
Innovare in Giappone oggi
La digitalizzazione in Giappone nel prossimo futuro non si limita all’infrastrutturazione tecnologica, bensì ad un modello di sviluppo urbano orientato alla risoluzione di sfide comuni economiche e sociali, con il beneficio di generosi finanziamenti pubblici. Le città intelligenti sono quindi sempre più chiamate a dimostrare come la tecnologia e l'analisi dei dati possano soddisfare le esigenze di una popolazione che invecchia. A questo si aggiunge la consapevolezza che l’innovazione tecnologica nel campo del digitale cambierà la geografia del lavoro non solo in Giappone, ma a livello globale, con un forte impatto sulla distribuzione della popolazione e sul rapporto tra spazi urbani e rurali e tra ambiente virtuale e fisico. Rianimare le aree rurali, mantenendone i caratteri intrinseci e supportandole con una necessaria dotazione tecnologica potrebbe allora portare a lungo termine a valutare l’inversione strategica nella localizzazione della popolazione. Gli anziani ed i più deboli si distribuirebbero nelle città dove ci sono i servizi di trasporto, le attrezzature, le connessioni infrastrutturali e le opportunità di spesa, mentre i giovani nelle aree rurali per rilanciarne le economie e beneficiando della possibilità di lavorare in qualsiasi luogo grazie al digitale. La chiave per un successo duraturo delle iniziative presentate è nell’assunzione nel tempo da parte dei cittadini della gestione dei servizi e delle strutture precedentemente finanziati dalle autorità pubbliche. A tal fine, le comunità devono agire in modo collaborativo, ma soprattutto strutturato per accogliere un trasferimento di responsabilità con l’obiettivo comune di consegnare beni e servizi specifici a costi inferiori, di qualità più elevata e in modo più rispettoso dell'ambiente rispetto ai normali fornitori statali o di mercato. La responsabilizzazione riguarda anche i nuovi self-made man nella flessibilità che devono mostrare per animare un Paese in cambiamento che vedrà i processi innovativi come prospettiva.
Riferimenti bibliografici
Colding, J., Barthel, S. (2017), “An urban ecology critique on the ‘smart city’ model”, Journal of Cleaner
Production, n. 164C, pp. 95-101. Crowley, M. (2016), Smart Cities for Sustainability: A Sector-By-Sector Tech Review, US Urban Solutions,
Washington. de Lange, M., de Waal, M. (2013), “Owning the city: new media and citizen engagement in urban design”,
First Monday, n. 18. Gardner, N., Hespanhol, L. (2018), “SMLXL: scaling the smart city, from metropolis to individual”, City,
Culture and Society, n. 12, pp. 54-61. Goodsped, R. (2015), “Smart cities: moving beyond urban cybernetics to tackle wicked problems”,
Cambridge Journal of Regions, Economy and Society, n. 8, pp. 79-92. Kijou, N., Rure, K. (2014), Smart Cities: Observations on Issues Regarding Commercialisation of Demonstration
Projects, EY Institute, Tokyo. Kudo, S. (2015), “Population aging: an emerging research agenda for sustainable development”, Social
Sciences, n. 4, pp. 940-966. Muramatsu, N., Akiyama, H. (2011), “Japan: super-ageing society preparing for the future”, Gerontologist, n. 51, pp. 425-432. Nomura, A. (2017), “Towards smart town planning through user driven innovation”, JRI Review, n. 8, pp. 101-139. Saito, H. (2017), The Significance of Creativity in Urban Governance and Regeneration Practice through the Lens of an
Institutional Capacity Framework, Newcastle University. Trencher, G. (2018), “Towards the smart city 2.0: Empirical evidence of using smartness as a tool for tackling social challenges”, Technological Forecasting and Social Change.
Sitografia
Statistics Japan. (2016), Proiezioni sulla popolazione http://www.stat.go.jp/english/index.html, ultimo accesso luglio 2020