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La Basilicata alle prove con la pianificazione paesaggistica in uno scenario di crisi globale. Quale azione paesaggistica e quali scenari di senso · Mariavaleria Mininni, Angela Cicirelli, Miriam Romano, Maddalena Scalera
La Basilicata alle prove con la pianificazione paesaggistica in uno scenario di crisi globale. Quale azione paesaggistica e quali scenari di senso
Maria Valeria Mininni
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Università degli Studi della Basilicata (UniBas) DiCEM - Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo Email: mariavaleria.mininni@unibas.it
Angela Cicirelli
Università degli Studi della Basilicata (UniBas) DiCEM - Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo
Miriam Romano
Università degli Studi della Basilicata (UniBas) DiCEM - Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo
Maddalena Scalera
Università degli Studi della Basilicata (UniBas) DiCEM - Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo
Abstract
Il Mezzogiorno si trova ad affrontare una delle crisi demografiche più profonde e durature tra i paesi del mondo occidentale: nel corso dei prossimi 50 anni il Sud perderà 5 milioni di residenti, di cui 1,2 milioni di giovani gran parte delle sue forze generatrici e produttive. La Basilicata presenta in maniera drammatica il decremento demografico, poiché registra il livello più alto della perdita dei giovani laureati pari al 33,9%. La «nuova migrazione» è figlia dei profondi cambiamenti intervenuti nella società lucana, un’area ove si nasce poco, sta invecchiando e che non è in grado di trattenere la sua componente più giovane. L’obiettivo del lavoro è quello di sondare quanto la dimensione di paesaggio e l’azione paesaggista sono in grado di costruire le conoscenze utili a progettare l’azione territoriale, come attivatore di politiche a supporto dei piani paesaggistici, strumento in grado di interpretare dentro un quadro di regolamentazioni e prescrizioni di tutela, le condizioni di abitabilità a partire da nuovi processi di patrimonializzazione, dentro scenari aperti e plausibili.
Parole chiave: governance, urban policies, fragile territories
1 | Opportunità di azione dentro la nozione paesaggistica
Il Mezzogiorno si trova ad affrontare una delle crisi demografiche più profonde e durature tra i paesi del mondo occidentale: nel corso dei prossimi 50 anni il Sud perderà 5 milioni di residenti, di cui 1,2 milioni di giovani gran parte delle sue forze generatrici e produttive. Oltre al drastico ridimensionamento demografico e all’insostenibile invecchiamento della popolazione, il più alto in Italia e nell’UE, dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti: la metà sono giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati; il 16% circa si sono trasferiti all’estero. Oltre 850 mila di loro non tornano più nel Mezzogiorno (Rapporto SVIMEZ, 2019). La Basilicata presenta in maniera drammatica il decremento demografico, poiché registra il livello più alto della perdita dei giovani laureati pari al 33,9%. La “nuova migrazione” è figlia dei profondi cambiamenti intervenuti nella società lucana, un’area ove si nasce poco, sta invecchiando e che non è in grado di trattenere la sua componente più giovane. Se mettiamo in conto la bassa densità abitativa dentro un’armatura urbana debolissima (80% di comuni montani), un deficit infrastrutturale storico e la fragilità del territorio (sismica, idrogeologica, etc.), l’avvio della istituzione del Piano paesaggistico territoriale della Basilicata (PPR) può diventare un esercizio esplorativo utile per sondare il limite di possibilità di politiche territoriali settoriali rilette dentro l’azione paesaggistica, e degli strumenti di lavoro disponibili. Il tema chiama in causa la tenuta delle politiche per i
territori interni, aggiornandole dentro una politica paesaggistica: quanto gli studi per l’istituzione del PPR Basilicata potrebbero aggiornare le strategie nazionali delle aree interne SNAI, lavorare in sinergia con le attività di programmazione e implementazione delle Politiche di coesione ormai in stato di avanzata progettualità, dove si ritrovano molte delle caratteristiche della Basilicata e obiettivi comuni agli intenti di 1 un’azione paesaggistica. La programmazione dei Recovery Fund allo scopo di affrontare il post Covid. potrebbero aiutare a guardare dentro una visione aggiornata di sviluppo a base locale più consapevole dei propri limiti strutturali (deficit demografico, scarsa capacitazione, ritorno ad una questione meridionale (Viesti, 2019) e congiunturali (persistenza della crisi e nuove crisi in atto), per imboccare un percorso che prima ancora che la proposta di strategie tra tutela e sviluppo delinei un “contesto di senso” capace di rimettere in discussione il ruolo della Basilicata in una visione mediterranea, capace di dare al futuro una versione plausibile e aperta alle possibilità.
L’obiettivo del lavoro è dunque quello di sondare quanto la dimensione di paesaggio e l’azione paesaggista sono in grado di costruire le conoscenze utili a progettare l’azione territoriale (Crosta, 1998), come attivatore di politiche a supporto dei piani paesaggistici, strumento in grado di interpretare dentro un quadro di regolamentazioni e prescrizioni di tutela, le condizioni di abitabilità a partire da nuovi processi di patrimonializzazione, dentro scenari aperti e plausibili. La singolarità del PPR della Basilicata ha richiesto per leggere il territorio non solo criteri geomorfologici, estetici e strutturali ma anche di ricorrere ad un approccio antropologico che implica nuovi criteri e metodologie utili a interpretare forme di rappresentazione di uno specifico paesaggio culturale. Tale procedimento transdisciplinare che investe luoghi e comunità offre, inoltre, come importante novità, la possibilità di fornire alle comunità locali uno strumento che legittimi le loro visioni e percezioni del paesaggio, nonché un espediente di integrazione a livello di governance. La costruzione di una visione patrimoniale per una ricognizione del territorio aggiornata al presente, come richiesto dal processo di costruzione del PPR Basilicata, fuori dalle retoriche e dagli stilemi che hanno nel tempo costruito le rappresentazioni regionali, alimentando valori e disvalori di una presunta “lucanità” (Mirizzi, 2005) miseria e dignità contadina, terremoti e paesaggi dell’anima, remoteness e isolamento, andando anche oltre le semplificazioni di Basilicata come area interna, potrebbe, dunque, aiutare a definire un apparato critico degli strumenti disciplinari messi fino ad ora a disposizione, per sondare nuove modalità di operare della strumentazione paesaggistica, che assume in sé tutte le istanze del sostenibile (Mininni, 2020), ponendosi dentro uno scenario di crisi globale.
2 | Lavorare dentro: strumenti e soggetti istituzionali
Il contesto culturale in cui il PPR interviene è quello delineato ormai a vent’anni dalla entrata in vigore della Legge Urbanistica Regionale (LUR), dalla verifica della sua incapacità a governare i processi di 2 produzione dello spazio affidato tanto alla scala locale quanto a quella territoriale, alle procedure straordinarie e alla variante urbanistica. La Basilicata non ha una visione territoriale regionale e gli strumenti urbanistici locali aggiornati contano un ridotto numero di Comuni, anche per il loro basso dinamismo relegando il piano di fatto alla erogazione dei diritti edificatori. Di contro la Regione è dotata con una legge negli anni ’90 di ben sette Piani paesistici di area vasta (PTPAV), che, riferiti ad aree prevalentemente vincolate, coprono quasi il 40% dell’intero territorio regionale e rappresentano ancora oggi, nonostante l’impianto vincolistico mal supportato da analisi e interpretazioni, gli unici strumenti di pianificazione alla scala regionale. Con la conseguenza che alcuni problemi, che invece, quella visione la richiederebbero come le scelte delle aree produttive, quelle localizzative delle Fonti di Energia Rinnovabile, e la complessa questione dell’estrazione petrolifera, rimangono senza quelle basi necessarie per metterli in discussione. Solo di recente la Basilicata si è dotata di una Carta tecnica regionale ma non ha un sistema informativo territoriale come rete ricognitiva unica per assicurare la circolarità delle informazioni, con inventari spesso duplicati, ridondanza delle raccolte di analisi e al ciclo di valutazione, “con la conseguenza che il processo di valutazione (coerenza e compatibilità dei Piani nonché fattibilità dei progetti) rischia di non essere sempre trasparente ed oggettivo”3 .
La Giunta della Regione Basilicata ha approvato il Piano di attività della Programmazione della Politica di Coesione 2021-2027. 1 Marzo 2020 Piano di attività Programmazione Politica di Coesione 2021-2027 Obiettivi di policy recanti le disposizioni comuni sui fondi sono stati definiti nei 5 Tavoli tematici: un’Europa più intelligente, un’Europa più connessa: un’Europa più sociale, un’Europa più vicina ai cittadini. Legge Regionale 11 agosto 1999 n. 23 “Tutela, governo ed uso del territorio”.2 Documento Programmatico (DP) del PPR approvato con DGR n.1372/2018.3
La Regione, che ha da sempre espresso la volontà di redigere un Piano radicato nell’amministrazione, aveva avviato, con grande impegno da parte degli uffici preposti, un’azione incrementale di analisi e rilevamento delle categorie di beni così come definiti dal Codice Urbani D.Lgs. n.42/2004. Il Protocollo di Intesa con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), insieme al precedente stipulato con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela, sanciscono i termini della collaborazione istituzionale per la definizione delle modalità di una elaborazione congiunta. Essa trova nel Comitato Tecnico Paritetico la composizione interistituzionale (Regione-MiBACT-MATTM), l’organismo che opera in copianificazione, garantendo la concertazione integrata sul PPR, con il compito di provvedere alla definizione dei contenuti del PPR, e soprattutto alla validazione delle fasi conoscitive, interpretative e normative del PPR4 . Un piano sostanzialmente fatto negli uffici regionali preposti, con una forte volontà di rendere il corpo dell’amministrazione coinvolta consapevole del processo, responsabile delle fasi di costruzione delle conoscenze, delle relazioni con la pianificazione pregressa per non rendere traumatica l’adozione di una nuova pianificazione territoriale ma assumendola dentro un processo incrementale di autoapprendimento. L’Accordo di Collaborazione per lo svolgimento di attività di ricerca finalizzate all’elaborazione del Piano Paesaggistico stipulato con l’Università della Basilicata, Dipartimento DiCEM, conferma la volontà di collaborazione e coinvolgimento delle istituzioni locali, prima fra tutte l’università regionale e le sue competenze scientifiche, nella redazione del Piano.
3 | Demografie e armature territoriali 3.1 | I paesaggi insediativi
La morfologia variegata del territorio lucano ha permesso, nel tempo, la costruzione di paesaggi molto diversi fra loro. Le aree montane sono costellate di piccoli abitati arroccati, protetti da fitti boschi e circondati da un frammentato mosaico di campi e frutteti (il massiccio del Pollino, il Parco di GallipoliCognato); gli stessi rilievi montuosi ospitano valli minori nelle quali si sono sviluppati nuovi insediamenti legati alle realtà industriali (Val D’Agri). La pianura costiera metapontina racconta il processo di bonifica e riforma agraria, attraverso un reticolo cartesiano di campi e piccoli nuclei insediativi nelle intersezioni. Gli ambiti territoriali identificati volutamente con un nome che richiama immediatamente alla morfologia, 5 corrispondono alla permanenza di ambienti con spiccata identità fisica e precisa connotazione geografica del territorio. Essi ripropongono in molti aspetti la partizione classica dello spazio regionale, la stessa cui erano giunti, lungo due secoli di ricerca, i grandi esponenti del meridionalismo, da Galanti a Fortunato, da Azimonti e Rossi-Doria. Questa grammatica di rapporti tra città e territorio, costruita su un substrato geolitologico che è unico a livello nazionale, tra i più complessi a scala europea, evidenziano anche tutte le sue criticità e debolezze, giustificandone in parte i processi di territorializzazione, e l’interdipendenza con i fenomeni sociali dello spopolamento e contrazione demografica. Alla lettura genealogica delle armature urbane è stato attribuito il compito di rendere esplicita la relazione che si è instaurata, nel tempo, con il territorio circostante. I processi insediativi strettamente legati alle configurazioni orografiche e al sistema infrastrutturale, oltrepassando un certo determinismo geografico, stanno cercando di sondare relazioni più significative con la specificità dei processi storici (Azimonti, 1996). La lettura dei processi storici prende le mosse dalla geografia politico-amministrativa che delinea la Regione ad opera dei francesi nel primo decennio dell’800, gli itinerari postali e militari che razionalizzano le operazioni di governo del territorio, sono prova del ruolo fondamentale che la Basilicata aveva come “terra di mezzo”: le infrastrutture collegano mar Tirreno a mar Adriatico, Campania, Basilicata e Puglia e, nella direzione Nord-Sud, la Puglia con la Calabria, attraversando la Basilicata che assume una posizione centrica fortissima, secondo direttive precise e riconoscibili. La trasversalità del territorio lucano nelle due
All’interno dell’Accordo sono state fatte convergere molteplici processi formativi come tirocini, tesi di laurea e dottorato, come 4 piena espressione dell’attività accademica di Terza missione. Ambiti: 1. Il complesso vulcanico del Vulture; 2. La montagna interna; 3. La collina e i terrazzi del Bradano; 4. L’altopiano della 5 Murgia Materana; 5. L’ Alta Valle dell’Agri; 6. La collina argillosa; 7. La pianura e i terrazzi costieri; 8. Il massiccio del Pollino.
direzioni non è omogenea ma si muove secondo tracciati che dimostrano una gerarchia territoriale e sociale riconoscibile fino alla contemporaneità6 . «La congenita anomalia dell’eccentricità dei capoluoghi» (Ranieri, 1972), già visibile nell’800, che si accentuerà con l’apertura delle strade di fondovalle dell’epoca moderna, nonché l’assenza, almeno fino agli anni ‘30, di veri e propri centri di importanza economica e politica, hanno notevolmente pesato sull’assetto complessivo sia dell’insediamento che delle infrastrutture. Per quel che riguarda le evoluzioni demografiche, gli anni Cinquanta-Sessanta sono quelli in cui la società lucana paga il più forte tributo all’emigrazione (una media di -4% con punte di -8%) e alla ridistribuzione interna con una consistente pressione demografica sulle coste del materano e del metapontino. Il territorio costiero in passato non ha mai generato quella attrattività che si è manifestata in tante altre aree della nostra penisola. Solo con le politiche di bonifica della pianura metapontina, questa porzione di territorio è diventata fortemente appetibile, basta considerare come Policoro sia passata da 600 abitanti nel 1861 a 17.875 nel 2019. Mentre i capoluoghi di provincia -Potenza e Matera- sono entità territoriali da sempre forti, gli scenari di sviluppo in età contemporanea sono riconoscibili sulla fascia costiera grazie al potenziamento dell’agricoltura e nell’area del Vulture grazie ai nuovi insediamenti industriali, generatori di crescita economico-sociale. L’analisi storica del sistema insediativo evidenzia, dunque, già da solo, processi di crescita o di stasi/ decrescita, che nel confronto tra polarità demografiche e processi territoriali grazie al confronto delle forme degli abitati al 1950 e ad oggi, delineando una complessa geografia critica dell’insediamento. Sicuramente non connotandosi dentro destini prefigurati ma sottoposta alla dinamica delle tensioni del predominio tra uomini, spazio ed economie dove le dominanti ambientali hanno giocato un ruolo più marginale di quello che si vorrebbe attribuire oggi, quasi per aggirare attribuzioni di responsabilità. Oggi più che in passato, i contesti in crescita spesso si collocano su tracciati infrastrutturali fortemente connessi al resto del paese e in contesti morfologicamente favorevoli, come valli e piane. Tutti i centri montani o comunque lontani dalle principali vie di connessione, vivono un forte spopolamento e una conseguente decrescita economica. Una storica instabilità dell’armatura urbana regionale, determinata e determinante la costruzione delle relazioni tra città e campagna, tra centro e feudo, attesta le forme di potere (ecclesiastico, feudale, economico, etc.) che nel tempo ne hanno determinato il rafforzamento o la decadenza. Questa lettura ci aiuta a conferire alla situazione attuale un significato ciclico e modificabile sulla base della capacità strategica del combinato disposto tra capacitazioni locali e poteri esogeni, configurando volta per volta la possibilità di far prevalere le ragioni dell’uno e/o dell’altro.
Nel quadro demografico complessivo, per la maggior parte anziano e debole, gli ambiti di prevalenza insediativa contemporanea 6 risultano essere l’area del Vulture-Melfese e del Metapontino, insieme ai due capoluoghi di provincia Potenza e Matera (fig.1). Visto che dal 1861 al 2019 Potenza è passata dai 16.036 ai 66.769 abitanti e Matera dai 14.343 ai 60.404 abitanti, con un incremento di 96,613 abitanti; che a nord della Regione i comuni di Melfi, Venosa, Lavello insieme registrano un incremento di 20.817 abitanti; che a sud, lungo la fascia costiera ionica, per i Comuni di Bernalda, Pisticci, Montalbano Jonico, Policoro, Nova Siri, il dato complessivo è un incremento di 50.431 abitanti, si comprende che per gli altri 120 Comuni il dato della popolazione presenta un saldo leggermente positivo per pochi casi (19 Comuni) o drammaticamente negativo per i restanti 101 Comuni. Considerando che nel 1851 i comuni di Scanzano Jonico e Policoro erano semplici frazioni di Montalbano Jonico nel circondario di Pisticci, è evidente come le gerarchie urbane si siano modificate nel tempo.
Figura 1 | Comuni con saldo demografico positivo dal 1861 al 2019 Fonte: Elaborazione degli autori per analisi preliminare PPR Basilicata
4 | Processi di patrimonializzazione contemporanei
La natura pluridisciplinare del team di consulenti scientifici, interessato a un’analisi del territorio in grado di perfezionare la redazione del PPR della Basilicata, ha permesso all’antropologia, come studio scientifico dei fatti culturali, di condividere l’esperienza conoscitiva dei luoghi e delle relative comunità geolocalizzando e rappresentando graficamente le diverse espressioni culturali nell’Atlante del Patrimonio Culturale Immateriale regionale. La ricerca antropologica è una novità nel settore della pianificazione paesaggistica a partire dal riconoscimento, da parte delle istituzioni, del significato denso del termine paesaggio e del senso culturale specifico e irripetibile dell’identità dei luoghi. In Italia, infatti, dopo l’adozione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (2004), i beni culturali sono diventati, nel 2007, patrimonio collettivo con la ratifica della Convenzione sulla Salvaguardia del Patrimonio Immateriale che immette tra i beni culturali anche quelli volatili (Cirese, 1988) o intangibili7 come le tradizioni e le espressioni orali, le arti dello spettacolo, le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi, l’artigianato tradizionale e le cognizioni e le prassi relative alla natura dell’universo. Nel 2007, inoltre, si riconosce anche nella nostra nazione la diversità dei valori culturali patrimoniali con l’adozione della Convenzione sulla protezione e promozione delle diversità delle espressioni culturali, riaffermando al contempo e a tutti i livelli il legame tra cultura, sviluppo e dialogo (Tucci, 2013). Il 28 settembre 2020, con la ratifica italiana della Convenzione di Faro (2005), ovvero della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, si riconosce l’interesse pubblico associato agli elementi dell’eredità culturale, in conformità con la loro importanza per la società e si mette in luce il valore dell’eredità culturale attraverso la sua identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione. Un trattato innovativo dal punto di vista patrimoniale alla base del quale vi è la convinzione che “chiunque, da solo o collettivamente, ha diritto a trarre beneficio dall’eredità culturale e a contribuire al suo arricchimento; chiunque, da solo o collettivamente, ha la responsabilità di rispettare parimenti la propria e l’altrui eredità culturale”. Ecco come il patrimonio culturale immateriale e la comunità di appartenenza rappresentino i due volti della stessa medaglia, lungo una linea scalare che va dalla promozione di un caso singolo alla valorizzazione di eventi e di tradizioni aventi potenzialmente significato universale. L’intento della ricerca antropologica e dello strumento “Atlante” sarà quindi quello di contribuire al riconoscimento della densità di senso dei luoghi e delle forme rintracciabili sul territorio come segni antropici storici, singoli o d’insieme, ma anche come percezione di un paesaggio che conserva un ruolo
I beni culturali immateriali sono definiti intangibili nelle versioni italiane delle convenzioni europee dove sono menzionati come 7 intangible heritage.
attivo nella contemporaneità. Pertanto, processi reiterati nel tempo che si sono fatti tradizione e nuovi processi di patrimonializzazione, ovvero tutti quei processi entro cui eventi, oggetti e memorie del passato sono spontaneamente sottoposti, da singoli o da intere comunità, al vaglio dell’interpretazione e reimmessi nei circuiti attuali della cultura, della conoscenza e della comunicazione, dell’educazione al patrimonio e alla eredità culturale (Simonicca, 2020). Tali processi, espressi dalle comunità, siano esse comunità di pratica o di eredità, costituiscono percezioni che il piano paesaggistico includerà per coinvolgere lo scenario dei temi della sostenibilità, del turismo, dello sviluppo, della nuova economia culturale, evitando quelle assunzioni pacificate e scontate dello sviluppo a base locale che preludono unicamente la pianificazione strategica.
5 | Il superamento della “insularità lucana”
Le gerarchie urbane storiche, insieme alle condizioni morfologiche che si configurano come entità a sé soltanto nella parte centrale della Regione (Ranieri, 1972), sono prova ancora oggi della natura ancora eterodiretta del territorio lucano. Il confine tutto amministrativo, e per nulla storico e geografico, ribalta la prospettiva considerando la strategica posizione della Basilicata in tutto il Mezzogiorno aprendola al contesto mediterraneo da cui trae significato di “terra di mezzo tra due affacci” . Il governo delle possibili trasformazioni territoriali deve guardare al territorio lucano come un pieno, e non come un vuoto. La riapertura al reticolo delle relazioni extraregionali va considerato come vision per un paesaggio regionale, che vada oltre la proposta disaggregante della “macroregione”, riaffermando la 8 Basilicata come “terra di mezzo”, scardinando la visione indifferenziata del territorio e ricostituendo ambiti e figure territoriali del PPR in modo strutturale e strategico al tempo stesso. La quasi totale assenza dell’azione antropica, dei problemi di consumo di suolo che affligge le città post-metropolitane, è un valore che va misurato e compreso nelle politiche del territorio di questa regione e inserito in scenari nuovi di mutazione sensibile alla bellezza e potenzialità di questi luoghi. Lo scopo che il contributo per la costruzione di una geografia critica degli studi intrapresi dal gruppo di lavoro avviato all’interno dell’Accordo di Studio avrà il compito di cercare come ridare soggettività al territorio, una componente prioritaria che potrebbe sondare il limite delle possibilità delle strategie di valorizzazione capaci di mettere in evidenza le risorse latenti, immateriali, cercando di capire se la visione paesaggistica potrebbe aiutare a leggere i paesaggi mettendo insieme dimensioni sociali economiche e spaziali, i panorami naturali incontaminati e allo stesso tempo desolati, cercando una nuova direzione del modello di crescita del paesaggio regionale perché si pensi alla Basilicata come scenario profetico di nuove dimensioni dell’abitare il paesaggio (Mininni, 2017), purché tutto questo soddisfi le ipotesi di Life satisfaction approach.
Riferimenti bibliografici
Azimonti E. (1996), Territori e società in Basilicata, Calice, Rionero in Vulture. Cirese A.M. (1988), “Introduzione”, in Grimaldi, R. I beni culturali demo-antropologici. Schedatura e sistema informativo, Torino, Provincia di Torino, Assessorato alla Cultura. Crosta P.L. (1998), Politiche, Franco Angeli, Milano. Mininni M. (2020), “Paesaggio e sostenibilità”, in L’urbanistica italiana di fronte all’agenda 2030. Portare territori e comunità sulla strada della sostenibilità e della resilienza, di N.. Martinelli e M. Mininni , Donzelli, Roma, in press. Mininni M (2017), Matera Lucania 2017. Laboratorio città paesaggio, Quodlibet, Macerata. Mirizzi F. (a cura di, 2010), Da vicino e da lontano. Fotografi e fotografia in Lucania, Franco Angeli, Milano. Simonicca A. (2020), “Patrimonio immateriale, realtà e valori del territorio: un punto di vista antropologico”, in AA.VV., L’Unesco e il Patrimonio Culturale Immateriale: Patrimonializzazione e Salvaguardia,
Ufficio Unesco – Mibact Italia. Ranieri L. (2017), “Basilicata”, in Regioni d’Italia, Volume XV, UTET, Milano. Tucci R. (2013), “Beni culturali immateriali, patrimonio immateriale: qualche riflessione fra dicotomie, prassi, valorizzazione e sviluppo”, in Voci. Annuale di Scienze Umane, X, Gruppo Periodici Pellegrini,
Cosenza. Viesti G. (2019), “La questione meridionale tra demografia e lavoro”, in Aggiornamenti sociali,
Approfondimenti, mese di novembre 2019.
L’ipotesi “Macroregioni” una proposta di legge di Roberto Morassut e Raffaele Ranucci, che prevede uno stivale diviso in 12 8 Regioni.