Strumenti e metodi per la sostenibilita

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STRUMENTI E METODI PER LA SOSTENIBILITÀ


A cura di: Maria Litido, Gaia Righini, Francesca Cappellaro, Rovena Preka, Mario Tarantini, Arianna Dominici, ENEA Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, Bologna, Italia (Giugno 2011) Coordinamento esecutivo: Aster Maggio 2013 Pubblicazione realizzata nell’ambito del progetto PLASTiCE - www.plastice.org, programma CENTRAL-EUROPE cofinanziato dal FESR


Il percorso dello Sviluppo Sostenibile negli ultimi venti anni ha visto nascere e maturare strumenti tecnologici e metodologici che, messi a punto dalla ricerca, sono diventati indispensabile “cassetta degli attrezzi” non solo per il mondo produttivo ma anche per la Pubblica Amministrazione (locale e Centrale), gestore e motore della sostenibilità territoriale. La recessione economica 2008-2009, da un lato, e i cambiamenti climatici sempre più evidenti, dall’altro, stanno, inoltre, modificando in modo sempre più apprezzabile la percezione della popolazione, dei policy maker e del settore ricerca sulle reali possibilità, sulla disponibilità e sull’efficacia di strumenti di intervento, in grado di “aggiustare il tiro”, coniugando l’economia con l’ambiente e gli aspetti sociali. In questo senso, tali strumenti, in quanto utili a realizzare il processo di costruzione dello Sviluppo Sostenibile e, a maggior ragione, a definire che cosa si debba intendere per Green Economy (ref. A), costituiscono un settore di ricerca trasversale, di più, di inquadramento dell’intera Area Tematica. Vengono qui presentati tutti gli strumenti (metodologici oltre che tecnologici) che in ogni settore produttivo, ma anche nella gestione del territorio, sono di supporto a decisioni, strategiche o operative, per realizzare un “prodotto” finale (nel senso più ampio del termine, inteso come attività, prodotto o servizio, privato o pubblico) realmente sostenibile. Misurare l’impatto è strategico, perché significa disporre di dati reali sui quali fondare le scelte ad ogni livello, dalle Politiche Ambientali alle scelte dei singoli consumatori. Pertanto, sono compresi anche gli strumenti che valutano la sostenibilità di sistemi, prodotti e servizi, misurandone l’impatto sull’ambiente, sull’economia e sulla società. L’obiettivo comunitario fondamentale di costruire un’economia di “Consumo e Produzione Sostenibile” vede inoltre come stakeholder della ricerca, da un lato, la Pubblica Amministrazione, nel ruolo di responsabile della governance di un territorio e del suo sviluppo sostenibile, anche nei confronti dei cittadini e, di conseguenza, anche della cultura che diffonde; dall’altro, di tutti i settori industriali e produttivi, come principali target dell’obiettivo di miglioramento delle prestazioni ambientali in un’ottica di vantaggi non solo ambientali, ma anche di competitività e di apertura di nuovi mercati. Nel suo complesso, la Green Economy è considerata come il prodotto dell’attuale contesto di duplice crisi ambientale ed economica, all’interno del quale si configura come il tentativo di trovare risposte concrete e operative allo stato di crisi, di portata epocale, la cui risoluzione può nascere solo da precise “inversioni di rotta” su una serie di fronti.


Dal World Summit di Johannesburg del 2002 la comunità internazionale si è posta dunque l’obiettivo di cambiare i modelli di consumo ed i sistemi di produzione nella direzione della sostenibilità ambientale, attraverso un programma di attività e progetti volti a promuovere iniziative regionali e nazionali, a sostegno di modelli di produzione e consumo sostenibili. In questo ambito la task force dell’UNEP indirizza l’attenzione soprattutto sui settori dell’edilizia, degli acquisti pubblici, dei prodotti sostenibili, della cooperazione e del turismo promuovendo anche l’educazione al consumo con specifici stili di vita; nel report del 20111 vengono definiti gli approcci principali di intervento globali per la transizione verso un’Economia ‘Green’. L’Unione Europea identifica la produzione ed il consumo sostenibile come una sfida cruciale e prioritaria di questo decennio. L’obiettivo è quello di migliorare le prestazioni ambientali dei prodotti e di accrescere la domanda di prodotti e tecnologie a ridotto impatto ambientale creando sinergie tra i vari strumenti politici attraverso un approccio integrato tra progettazione ecocompatibile, etichettatura dei prodotti, incentivi, appalti pubblici e consumi più intelligenti. I singoli Stati Membri promuovono varie forme di strategie attraverso programmi quadro e piani d’azione nazionali prevedendo interventi su cluster e filiere indirizzati ad evidenziare le eccellenze regionali e a migliorarne le prestazioni ambientali: si punta su azioni che analizzino la catena di fornitura dei prodotti ed azioni dirette alla visibilità di mercato con progetti su strumenti volontari e per il miglioramento della Governance regionale. In analogia agli indirizzi del Consiglio e della Commissione Europea, come risulta dai documenti più recenti2, rafforzare la ricerca di settore e il rapporto tra Scienza e Policy costituiscono l’obiettivo strategico da perseguire per costruire una reale Green Economy basata su: Green Management: i sistemi di governance richiedono politiche, regole e controllo incisivi; il peso delle politiche pubbliche di incentivazione e disincentivazione, delle normative e degli standard sarà determinante nei prossimi anni per il cambiamento necessario; gli strumenti, cogenti o volontari, saranno di grande supporto in questo cambiamento e si renderà necessario anche investire in formazione “dei decisori e dei tecnici” perché il mainstreaming ambientale nel governo del territorio non resti azione puntuale e “di nicchia”, ma ne venga riconosciuta la trasversalità a tutti i settori di intervento.



Green Production: abbiamo sempre più bisogno di imprese che producano beni e servizi ad alta valenza ecologica, condotte e gestite con criteri di sostenibilità ecologica; questo si ottiene migliorando il rapporto tra ricerca e aziende, favorendo la messa a punto di strumenti efficaci, adeguati e di uso semplice per gli operatori. Inoltre, la diffusione dei risultati, la comunicazione ambientale, una corretta e sempre più capillare informazione al cittadino saranno estremamente importanti al fine di evitare il rischio di green washing. Green Lifestyle: il “consumo sostenibile” perseguito nelle attuali politiche comunitarie richiede la costruzione di una nuova tipologia di consumatore, un cambio culturale, che, forse, sarà il target più difficile da raggiungere nei prossimi anni, e che occorrerà conciliare con i bisogni di un’economia, finora, basata sul consumo, che anch’essa dovrà cercare una nuova modalità di funzionare. Green Technology: è determinante il contributo dell’innovazione tecnologica e, quindi, degli strumenti di ricerca che consentono di “progettare” tecnologie innovative e più rispettose dell’ambiente, con le quali sia possibile produrre meglio, con minore consumo di risorse naturali e minore inquinamento. I key tool identificati possono essere raggruppati in quattro categorie principali: Strumenti per una Governance sostenibile, Metodi e strumenti per la valutazione ambientale, economica e sociale, Strumenti per la gestione ambientale e certificazioni, Strumenti per la progettazione sostenibile.


1.

GLI STRUMENTI PER UNA GOVERNANCE SOSTENIBILE Il percorso dello Sviluppo Sostenibile, è stato caratterizzato, a livello politico comunitario e internazionale, da un lato, da una progressiva evoluzione del diritto internazionale in materia ambientale, preponderante in una prima fase storica (approccio cosiddetto del command and control); dall’altro, dalla nascita degli strumenti “volontari”, che le organizzazioni possono applicare per migliorare le proprie performance ambientali con continuità. Tra gli strumenti cogenti, i più importanti sono la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Già dall’iniziale definizione, la VIA, strumento di politica volto a valutare nuovi progetti, che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sono soggetti ad autorizzazione da parte delle competenti autorità, è diventata uno degli strumenti cardine della politica comunitaria in materia ambientale. La VAS nasce per valutare gli effetti di piani e programmi sull’ambiente naturale, integrando così la dimensione ambientale nei processi decisionali strategici. Le maggiori carenze che permangono negli studi di VIA riguardano la difficoltà di affrontare gli impatti connessi con tutte le componenti ambientali, senza escluderne nessuna, adottando un approccio olistico indispensabile per definire adeguatamente il quadro degli impatti prodotti da un progetto. Per quello che riguarda il trend attuale di VIA e VAS, occorre tener presente che le modifiche normative sia a livello comunitario sia a livello nazionale e locale continuano a richiedere affinamenti che, spesso, causano problemi e competenze scientifiche a volte non reperibili presso le Autorità Competenti. Quantità e qualità di prodotti e servizi sono all’origine di gran parte dei consumi di risorse e di energia e degli altri impatti ambientali, la cui corretta valutazione richiede di considerare l’intero ciclo di vita (estrazione delle materie prime, produzione, distribuzione, uso, fine vita). Interventi tecnologici ed organizzativi appropriati su ciascuna delle fasi del ciclo di vita possono consentire notevoli miglioramenti ambientali. La Commissione Europea ormai da diversi anni promuove un approccio integrato alle politiche ambientali, diretto a favorire un’ottica preventiva e di miglioramento degli impatti ambientali mediante il coordinamento di strumenti esistenti (obblighi normativi, tasse, incentivi economici-fiscali-assicurativi, strumenti volontari) e la loro implementazione in processi e servizi. Tale approccio è stato confermato dal “Piano d’Azione per la Produzione e Consumo Sostenibile (PCS) e


per le politiche industriali di sostenibilità” (2009) il cui obiettivo principale è creare un circolo virtuoso per migliorare le performance ambientali dei prodotti lungo tutto il loro ciclo di vita, promuovendo e stimolando la domanda di prodotti e tecnologie di produzione migliori e aiutando i consumatori nella scelta. Il Green Public Procurement (GPP) (ref. B, C) è uno degli strumenti cardine della politica ambientale comunitaria su Produzione e Consumo Sostenibile, riconosciuto quale strumento fondamentale per incentivare la sostenibilità dei modelli di produzione e consumi, in grado cioè di stimolare il mercato e favorire l’innovazione tecnologica, incoraggiando lo sviluppo di prodotti ad alta efficienza ambientale lungo l’intero ciclo di vita. In merito, l’UE non solo ha definito a livello comunitario specifici criteri ambientali per alcune categorie di prodotti (ref. D), ma ha anche incoraggiato gli Stati membri ad adottare specifici Piani d’Azione Nazionali (PAN) per la definizione di criteri nazionali, che recepiscano i criteri europei, e per definirne di nuovi sulla base delle indicazioni comunitarie, evitando così distorsioni del mercato. Il PAN italiano è stato approvato dal MATTM nel 2008 (ref. E) con l’obiettivo di identificare alcune categorie merceologiche prioritarie d’intervento per l’elaborazione di Criteri Ambientali Minimi (CAM) (ref. F). L’attività di ricerca in questo campo riguarda la messa a punto dei BREF (Bat References), dei CAM su un numero sempre più vasto di categorie di prodotto e alla diffusione delle BAT nel settore produttivo.



2.

METODI E STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE, ECONOMICA E SOCIALE Tra le metodologie per le valutazioni quella più affermata e diffusa è la valutazione del ciclo di vita, o LCA, Life Cycle Assessment, assunta a standard nelle norme della serie ISO 140403, che consente di effettuare uno studio completo sugli impatti ambientali di un prodotto “dalla culla alla tomba”, comprendendo quindi l’estrazione e la lavorazione delle materie prime, la fase di fabbricazione del prodotto, il trasporto e la distribuzione, l’utilizzo e l’eventuale riutilizzo del prodotto o delle sue parti, la raccolta, lo stoccaggio, il recupero e lo smaltimento finale dei relativi rifiuti. A livello internazionale organismi come la UNEP4 e la SETAC5 stanno portando avanti iniziative la cui mission è diffondere l’approccio di ciclo di vita nel mondo (Life Cycle Initiative) (ref. G). In questo contesto si è anche costituita la European Platform on Life Cycle Assessment (EPLCA) (ref. H) promossa dalla Comunità Europea, che ha permesso lo sviluppo di strumenti utili quali il manuale per l’LCA (ILCD Handbook) e il database europeo per l’LCA (ELCD database). L’approccio Life Cycle Thinking promette di essere nel futuro quello vincente da applicare, a 360°, ad attività, prodotti e servizi per abbattere al massimo l’inquinamento e il consumo di risorse. Al fine di perseguire uno Sviluppo Sostenibile, la modellistica ambientale assume un ruolo fondamentale nell’analisi del territorio, nella definizione degli indirizzi di policy e nel supporto alle attività tecnologiche. In particolare i sistemi integrati di modellistica atmosferica forniscono gli elementi di base per contabilizzare le pressioni ambientali generate dalle attività produttive e di consumo, quali emissioni di anidride carbonica CO2, protossido di azoto N2O, metano CH4, ossidi di azoto NOx, ossidi di zolfo SOx, ammoniaca NH3, monossido di carbonio CO, particolato, piombo Pb. È possibile la valutazione dell’impatto di tali emissioni sulla salute e sulla vegetazione contribuendo alla determinazione degli indici aggregati di “effetto serra”, “acidificazione” e “ozono troposferico”. In Italia il recente Decreto Legislativo 155/2010 recepisce la direttiva europea 2008/50/CE per la qualità dell’aria ambiente ai fini della tutela della salute umana e dell’ambiente. Le emissioni in atmosfera costituiscono uno dei parametri principali dei conti ambientali (EA Environmental Accounts) nella matrice RAMEA (Regional Accounting Matrix including EA) di contabilità ambientale adottata dalla Regione Emilia-Romagna (ref. I). Essa è un sistema contabile che permette di effettuare letture integrate di dati economici e ambientali e di essere utilizzata a sostegno delle politiche di sostenibilità ambientale regionale inserite nel tessuto produttivo


del territorio. La valutazione dell’inquinamento atmosferico avviene con la caratterizzazione degli inquinanti e la simulazione del loro comportamento in atmosfera. Il sistema modellistico integrato MINNI6 (ref. J, K), sviluppato da ENEA per conto del Ministero dell’Ambiente, è stato applicato a scala nazionale per la simulazione della dispersione dei principali inquinanti atmosferici, per la valutazione dei costi e dell’efficacia di scenari emissivi alternativi. L’utilizzo di sistemi modellistici di valutazione integrata a supporto delle politiche di riduzione delle emissioni è diffuso a livello internazionale in sede UNECE7 per la revisione del protocollo di Göteborg e nei programmi8della Commissione Europea. Il trend individuato riguarda dunque l’implementazione dei modelli per la traduzione degli scenari energetici e delle attività produttive in scenari emissivi e di impatto dei gas serra e degli inquinanti tradizionali, allo scopo di definire strategie di riduzione dell’inquinamento atmosferico. Nell’ottica di un approccio ecosistemico che favorisca l’inserimento degli obiettivi ambientali nelle politiche e nei piani di sviluppo socio-economici a livello regionale e settoriale, è di interesse strategico lo sviluppo di strumenti per l’integrazione di modelli di trasporto di inquinanti in atmosfera con modelli di valutazione di impatto e dei costi delle politiche per la riduzione dell’inquinamento. Costituisce inoltre una priorità l’applicazione delle metodologie di analisi integrata delle varie componenti ambientali basata sui multimedia models per lo studio delle concentrazioni e trasporto degli inquinanti in aria, acqua e suolo. La Contabilità Ambientale, forse lo strumento più diffuso di Governance sostenibile, è nata dalla necessità di riformare i sistemi di definizione e controllo delle strategie pubbliche con procedimenti adeguati a misurare la sostenibilità dello sviluppo del territorio, ossia capaci di internalizzare la variabile ambientale nelle decisioni politiche: è infatti lo strumento sviluppato per rileggere ed interpretare le attività ambientali e migliorare le politiche in direzione della sostenibilità. Lo stato attuale della diffusione – a livello mondiale – delle pratiche di Contabilità Ambientale mostra tuttora un’evidente debolezza derivante dalla mancanza di un consenso internazionale sulla metodologia. Inoltre, la costruzione dei conti è un processo lento, dato l’impiego di serie storiche di dati: quindi, la loro costruzione richiede impegno istituzionale e finanziario di durata abbastanza lunga da assicurare che l’investimento produca i suoi effetti (impegno difficile per molti paesi). L’esperienza ha dimostrato che c’è ancora un forte “distanza”


tra: la domanda di Indicatori ambientali, il lavoro concettuale correlato e la reale capacità di “catturare” e convalidare i dati necessari. Nonostante i progressi, le differenze tra i vari paesi possono essere considerevoli e ottenere la comparabilità dei dati richiede un continuo monitoraggio, analisi, trattamento e feed-back (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/environmental_accounts/ introduction). Uno degli strumenti sui quali la ricerca scientifica e l’azione politica si incontrano è costituito dagli Indicatori di Sostenibilità, necessari per saldare la conoscenza con la scelta politica, tramite la valutazione delle prestazioni, in termini di sostenibilità, dei sistemi che vanno governati e delle azioni di governo. Pertanto, la messa a punto di insiemi di indicatori di sostenibilità fondati su buone teorie, efficaci nell’orientare i processi decisionali, efficienti nei monitoraggi, è diventato uno dei compiti primari della ricerca in tema di sostenibilità, poiché dalla loro messa a punto dipende la definizione operativa del concetto stesso di sostenibilità. L’argomento è molto studiato e, attualmente, oltre a cercare di individuare Indicatori sempre più adeguati a rappresentare in maniera efficace una situazione, il problema è ottenere e usare Indicatori standard perché le misure delle prestazioni abbiano “oggettività” e confrontabilità nello spazio e nel tempo. Una tipologia di Indicatori sui quali c’è molta attenzione scientifica è quella delle “Impronte”, riguardanti il consumo di una specifica risorsa o il contributo ad un impatto globale. La Carbon Footprint esprime in tonnellate di CO2 equivalente (CO2eq), il contributo all’effetto serra dato da un prodotto, un servizio o un’organizzazione. Questo indicatore consente di definire una strategia per la riduzione delle emissioni e, inoltre, di monitorare l’efficacia e l’efficienza delle politiche di gestione seguite da un’impresa per il raggiungimento ad esempio dell’obiettivo di riduzione dei gas serra, proposto dall’Unione Europea nella Strategia integrata in materia di energia e cambiamenti climatici del 2008 (ref. L). Per il calcolo della Carbon Footprint relativo ad un prodotto si può ad esempio adottare l’approccio LCA limitato alla valutazione del solo effetto serra. La Water Footprint misura l’utilizzo d’acqua in termini di volume (espresso in m3) di acqua consumata (evaporata) e/o inquinata per unità di tempo, impiegata per la realizzazione di cibo, vestiti e prodotti che ciascun individuo consuma (ref. M). È un Indicatore alla stregua dell´Impronta Ecologica, la Ecological



Footprint che misura la superficie (in termini sia di terra sia di acqua) necessaria a rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbire i rifiuti prodotti. Questo settore di ricerca, che ha acquisito notevole visibilità, anche a livello di comunicazione ambientale risolta al consumatore, presenta apprezzabili potenzialità di sviluppo (l’ultima “sfida” lanciata riguarda la Chemical Footprint) circa la possibilità di misurare correttamente ed esaustivamente l’impatto ambientale prodotto, evitandolo.


3.

STRUMENTI PER LA GESTIONE AMBIENTALE E CERTIFICAZIONI I Sistemi di Gestione (Ambientale, per l’Energia, ecc.) rappresentano lo strumento volontario di maggiore successo nel percorso dello Sviluppo Sostenibile, più diffuso e stabile, la cui implementazione, nel settore Ambiente, non ha subito flessioni neppure nel corso delle recente crisi economica mondiale (ref. N). La loro fortuna dipende, da un lato, dall’essersi dimostrati uno strumento efficace per migliorare con continuità le prestazioni ambientali di un’organizzazione e, dall’altro, dalla visibilità che deriva dalla loro certificazione di parte terza (ISO 14001, EMAS (ref. O)). La Regione Emilia-Romagna si conferma ai primi posti in classifica sulle certificazioni ambientali con un trend positivo nonostante la recente recessione economica. L’interesse scientifico sugli strumenti di certificazione è altissimo, data la possibilità di estensione ancora notevole sul mercato e l’integrazione con i recentissimi Sistemi di Gestione dell’Energia, molto “spinti” a livello di Politiche Ambientali, anche dal punto di vista dei finanziamenti. L’LCA è anche alla base di sistemi e strumenti a supporto della gestione ambientale quali, ad esempio, etichette e dichiarazioni ambientali di prodotto oggetto delle norme ISO 14020 (Ecolabel (ref. P), autodichiarazioni, EPD (ref. Q), Carbon e Water Footprint). Negli ultimi anni è stato registrato un grande interesse a livello europeo sui marchi di prodotto, con lo scopo principale di fornire informazioni ai consumatori. Dal 1998 al 2009 vi è stato un trend positivo di crescita sia del numero totale di licenze rilasciate, sia del numero di prodotti e servizi etichettati Ecolabel, il marchio europeo di qualità ecologica per eccellenza. Anche l’EPD (Environmental Product Declaration, o DAP, Dichiarazione Ambientale di Prodotto) è un marchio riconosciuto a livello internazionale LCA-based che permette di qualificare e quantificare la prestazione ambientale complessiva di un prodotto/servizio, attraverso la comunicazione di informazioni oggettive, confrontabili e credibili. L´Emilia-Romagna è tra le prime Regioni in Italia ad aver colto le opportunità offerte dall’EPD attraverso il progetto “Valorizzazione dei prodotti dell´Emilia-Romagna tramite la certificazione EPD” (ref. R). I settori produttivi che finora hanno mostrato maggiore interesse sono: il metalmeccanico (con 15 linee di prodotti registrati) e i non metalli (con 10 linee di prodotti etichettati). Tra i marchi di prodotto in crescita si evidenziano quelli relativi alla Certificazione della gestione forestale che prevede il rilascio di un certificato attestante che le forme di gestione boschiva rispondono a determinati requisiti di sostenibilità (PEFC, Programme for Endorsement of Forest Certification schemes, (ref. S) e FSC, Forest Stewardship Council, (ref. T)).


Il concetto di Area Industriale Sostenibile dotata di requisiti tecnici ed organizzativi finalizzati a minimizzare e a gestire in modo integrato le pressioni sull’ambiente, nasce con l’obiettivo di organizzare un sito produttivo in modo da agevolare, sia economicamente che tecnicamente, le singole imprese insediate a realizzare i loro obiettivi ambientali, siano essi prescrittivi o volontari. Ci sono molti esempi di Aree Industriali Sostenibili ma non esiste una definizione condivisa, infatti la nomenclatura è vasta: Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate (APEA), Aree Produttive Ecologicamente e Socialmente Attrezzate (APSEA), Aree Ecologicamente Attrezzate (AEA), Aree Industriali Sostenibili (AIS), Eco-Industrial Park (EIP) ecc. Ogni realtà di Area applica una o più strategie per ridurre i propri impatti ambientali (sostenibilità degli edifici, impiantistica reti comune per trattamento reflui, gestione dei rifiuti, gestione ambientale e monitoraggio delle performance, certificazioni ambientali di sistema, servizi alle aziende delle aree, ecc.) Oggi le AIS costituiscono un modello di organizzazione industriale di grande interesse dal punto di vista economico e ambientale, oggetto di sperimentazione e finanziamenti a livello internazionale e nazionale. A livello italiano, la normativa vigente (D. Lgs. 112/98, art. 26) indica nelle APEA il possibile strumento per conciliare lo sviluppo economico con il rispetto e la tutela dell’ambiente e la crescita sociale del territorio. L’Emilia-Romagna ha stabilito una specifica normativa, emesso specifiche Linee Guida e finanziamenti ad hoc per favorirne la diffusione. Le attuali sperimentazioni in corso – progetti con finanziamenti di programmi comunitari o regionali – riguardano vari aspetti tra i quali l’innovazione di tecnologie e di servizi e una migliore definizione del ruolo e delle responsabilità del Soggetto Gestore, possibilmente senza crescita dei costi. Oggetto di attività di ricerca è, inoltre, la possibilità di definire un modello unico e condiviso per la gestione delle Aree Industriali Sostenibili a livello europeo, con modalità flessibili ma confrontabili.


4.

STRUMENTI PER LA PROGETTAZIONE SOSTENIBILE All’interno delle politiche di PCS si sono sviluppate tecniche di Ecodesign (ref. U) che introduce un’ottica preventiva nella produzione. Le decisioni prese durante la progettazione di prodotti e servizi determinano largamente il loro impatto potenziale sull’ambiente: materiali, forma, peso, processi di produzione, durata sono aspetti cruciali che devono essere considerati in dettaglio per prevenire o minimizzare gli impatti dei prodotti e servizi finiti (si veda lo standard ISO 14062). I vantaggi provenienti dall’applicazione di questo approccio sono ambientali, economici, commerciali, in quanto attraverso l’individuazione delle problematiche ambientali all’interno di processi produttivi è possibile intervenire a livello industriale per lo sviluppo e il miglioramento della qualità del prodotto mediante anche un confronto con scenari alternativi.


BIBLIOGRAFIA, SITOGRAFIA E LINK A DOCUMENTI A. Il mondo produttivo e la Green Economy. Green Economy in Emilia-Romagna, ERVET, 2010. B. Commissione Europea, Comunicazione COM(2008) 400 definitivo, Appalti pubblici per un ambiente migliore, 16 luglio 2008. C. Comm. UE, Ambiente, GPP: http://ec.europa.eu/environment/gpp/index_en.htm. D. C. UE, Ambiente, i Criteri Europei: http://ec.europa.eu/environment/gpp/gpp_criteria_en.htm. E. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Decreto Interministeriale n. 135, Approvazione del Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, 11 aprile 2008. F. MATTM, i Criteri Italiani: http://www.dsa.minambiente.it/gpp/page.asp?id=79. G. UNEP-SETAC Life Cycle Initiative LCI. http://www.unep.fr/scp/lcinitiative/. H. Joint Research Centre European Platform on LCA. http://lct.jrc.ec.europa.eu/. I. Bonazzi E., Sansoni M., (2010) “Fare i conti con l’ambiente, le matrici NAMEA E RAMEA” ecoscienza Numero 2. J. Zanini G., Mircea M., Briganti G., Cappelletti A., Pederzoli A., Vitali L., Pace G., Marri P., Silibello C., Finardi S., Calori G., (2010) “Modeling Air Quality over Italy with MINNI Atmospheric Modeling System: from Regional to Local Scale” (2010) Proceedings of 31st NATO/SPS International Technical Meeting on Air Pollution Modelling and its Application held 27 September - 1 October, 2010 in Torino, Italy. K. D’Elia, I., Bencardino, M., Ciancarella, L., Contaldi, M., Vialetto, G. (2009) “Technical and Non-Technical Measures for air pollution emission reduction: The integrated assessment of the regional Air Quality Management Plans through the Italian national model” Atmospheric Environment 43 (39), pp. 6182-6189. L. Commissione Europea Strategia integrata in materia di energia e cambiamenti climatici http://ec.europa.eu/climateaction/eu_action/index_it.htm. M. Hoekstra, A.Y., Chapagain, A.K., Aldaya, M.M., Mekonnen, M.M., 2009. Water Footprint Manual: State of the Art 2009. Water Footprint Network, Enschede, The Netherlands. 2009. N. La diffusione degli strumenti volontari per la gestione della sostenibilità in EmiliaRomagna, ERVET, edizione 2010. O. EMAS, http://ec.europa.eu/environment/emas/about/summary_en.htm. P. E.C. – DG Environment http://ec.europa.eu/environment/ecolabel/index_en.htm. Q. EPD, www.environdec.com. R. Global Environmental Declarations Network, www.GEDnet.org S. PEFC, http://www.pefc.it. T. FSC, http://info.fsc.org/. U. Brezet, H. and van Hemel, C., Editors, 1997. ECODESIGN – a promising approach to sustainable production and consumption, United Nations Publication, UNEP, Paris, France.



Note

1. UNEP (2011) Towards a Green Economy: Pathways to sustainable Development and Poverty Eradication-A synthesis for Policy Makers. www.unep.org/greeneconomy 2. Council of the European Union, Improving environmental policy instruments. Council conclusions, Brussels, 21 december 2010. 3. Commissione delle Comunità Europee, Integrare lo sviluppo sostenibile nelle politiche dell’UE: riesame 2009 della strategia dell’Unione Europea per lo sviluppo sostenibile, COM(2009) 400 definitivo. 4. EU Research for the Environment, 2010 Revision, European Commission, Research Area, 2010. 5. Il mondo produttivo & la Green Economy, ERVET, aprile 2010. 6. Gli strumenti per lo sviluppo della Green Economy, E. Ronchi, Alfabeta, 2011. 7. Sito: http://ec.europa.eu/environment/integration/research/research_alert_ en.htm (Environment and Research) 8. Per tutte le Norme ISO citate nel capitolo si faccia riferimento ai siti dell’ISO (www. iso.org) o dell’UNI (Ente Nazionale Italiano di UNIficazione, www.uni.com). 9. United Nations Environment Programme 10. Society of Environmental Toxicology and Chemistry 11. http:// www.minni.org 12. United Nation Economic Commission for Europe 13. http://www.airclim.org/policy/sub6_10.php




progetto grafico e stampa www.musicanti.eu



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