Vivere la Terra #1

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ivere

la

terra

ZUPPE DI STAGIONE Minestre invernali, dalle antiche ricette di famiglia

STORIE & PASSIONI Un’americana in Toscana e le sue capre di razza

► R ISCOPR IR E LE TR A DIZIONI R EGIONALI ITALI ANE ◄

ABRUZZO

Il borgo rinato FRANCIACORTA

NUO

N°1

VO

La Strada dei Vini OASI VERDI

Su un’isola e in città

Bimestrale N. 1 Febbraio/ Marzo 2015 IT € 3,90

Il bello e il buono della vita

LU €6,90 - PT (Cont) €6,90 - BE €7,00 - ES €7,00 - FR/MC € 8,50 - AT € 8,90 - DE € 8,90 - Ch Fr.9,50 - Ch Ticino Fr.8,90

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Vla ivere terra

EDITORIALE ◄

Ec c e l l e nz e i ta l i a n e Ci vuole coraggio, un pizzico di follia e grande passione per tuffarsi in una nuova avventura editoriale, in questo momento tanto incerto quanto stimolante. A noi piacciono le sfide e per questo abbiamo disegnato un nuovo giornale che parla di tradizioni antiche, legate al nostro magnifico Paese. Vogliamo riscoprire territori dimenticati, rendere omaggio agli artigiani e valorizzare tutto “il bello e il buono della vita”. Che è in piccole cose, come il piacere di cucinare per famiglia e amici, magari spulciando tra le ricette della nonna per riprodurre autentici sapori regionali. E personalizzare la nostra tavola con oggetti e decori semplici e raffinati, fatti a mano. Ma soprattutto valorizzare il legame forte con la terra; senza bandiere green ma con la giusta consapevolezza. Nelle nostre pagine ci saranno belle storie, sempre ispirate alla natura: giardini di città, boschi che forniscono erbe e fiori da trasformare in cibo; animali da coccolare e racconti speciali di padri e figli (e donne, e bambini…) che insieme condividono l’amore per la loro terra. L’Italia delle eccellenze sarà la voce narrante di questo viaggio suddiviso in sezioni a tema. Un viaggio emozionante che sarà anche il pretesto per parlare di buon cibo, grandi vini e ristorazione d’autore. Ma anche di territori da scoprire o rivalutare, come insegnano a fare gli Alberghi Diffusi, borghi antichi riportati a nuova vita, dove il soggiorno ha un sapore schietto e autentico. Squisitamente italiano.

Antonella Euli

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Sommario

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Febbraio - Marzo 2015

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Vita & Natura

Storie & Passioni

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TERRAZZI & GIARDINI Com’è verde la città Metamorfosi di una fabbrica: giardini anzichè cemento

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SIGNORE DI CAMPAGNA Chianti cashmere Un’americana in Toscana e le sue capre di razza

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FIORI D’INVERNO La poesia abita a Ischia Visita a La Mortella, per scoprire inaspettate fioriture

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SAPORI & NATURA Il bosco a tavola Cucinare con erbe e fiori selvatici

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VEGETARIAN FOOD Crazy for green La cucina vegetariana ispira anche chef stellati

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ARTIGIANI Cuore di pietra Il muratore artista del marmo

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LA MIA TERRA Il bambino che sussurra ai rapaci Gregorio, il più giovane falconiere d’Italia, e la sua passione

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RISTORANTI DELLA TRADIZIONE Signori, la carne... I Motta: una dinastia di allevatori, macellai e ristoratori

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Regioni & Tradizioni 18 CUCINA DI STAGIONE Minestre e zuppe invernali, secondo tradizione, per scaldare le sere d’inverno

Rubriche

56 OSPITALITÀ Il borgo rinato Santo Stefano di Sessanio diventa Albergo Diffuso

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FOCUS Appuntamenti, news, libri, eventi e curiosità di stagione

60 ITINERARI Franciacorta: la route du champagne d’Italie Un weekend di vini, sapori e territori da scoprire

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MISE EN PLACE Fiori e cavoli a merenda Allestire la tavola con prodotti di stagione

74 USI & COSTUMI Friuli, Collio mon amour Josko e Tanja Sirk, vini e aceto di padre in figlia

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FATTO A MANO Abat-jour senza fili Taglia, incolla, decora e ammira...

79 BENESSERE Anima&terra In Umbria, all’Eremito, per ritrovare le priorità della vita

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NATURAL BEAUTY Creme fai da te La natura ti fa bella: l’antirughe step by step 5


FOCUS ►

Giardini Pensili Che cos’è il verde pensile e come prendercene cura? Le risposte sono in questo volume che spiega le funzioni dei giardini verticali, con un occhio di riguardo al risparmio energetico e agli effetti positivi nei confronti dell’inquinamento.

Arte e agricoltura a Pollinaria

In Carnia, sciare nella natura

Pollinaria è un piccolo ma bellissimo borgo abruzzese ai margini del Parco del Gran Sasso convertito all’agricoltura sostenibile dove arrivano da tutto il mondo per costruire progetti a metà tra arte e natura. I turisti trovano ospitalità negli antichi ambienti delle masserie restaurate. pollinaria.org

La Carnia d’inverno: ambiente incontaminato, divertenti caroselli sciistici nei comprensori dello Zoncolan e di Forni di Sopra, lunghe piste da fondo, facili itinerari da affrontare con le racchette da neve in paesaggi da fiaba ammantati di bianco, straordinari percorsi di sci alpinismo. Molte le proposte per settimane bianche e week-end sulla neve. I prezzi variano a seconda del periodo e prevedono sconti, in particolare per le famiglie. www.carnia.it

Una valanga di sapori Un libro fotografico nato grazie al Gruppo Cuochi Pasticceri Livigno per salvaguardare e tramandare le tradizioni enogastronomiche del proprio territorio, che rischiavano di andare perdute. 20 fotografie, 100 ricette tradizionali e 37 rivisitate, tutte cucinate dagli chef dell’Associazione. Bilingue (italiano/inglese), il libro ha l’ambizione di far conoscere in tutta Europa una cucina originale. 6


La Val di Non diventa autosufficiente Un progetto pilota in Trentino: 10 comuni uniti in nome dell’ambiente. Succede in Val di Non, dove è nato un esperimento unico per rendere l’intera valle, famosa per la produzione di mele, autosufficiente energicamente. www.ambientetrentino.it

Arredare con il bianco Avorio, puro, crema o panna: il bianco ha diverse sfumature, tutte da scoprire. Mescolando antico e moderno, l’autrice ti accompagna nel mondo romantico dello stile provenzale e rapisce con le fotografie contenute in questo imperdibile volume.

Olio Officina Food Festival Con il sottotitolo “Condimenti per il palato & per la mente” torna, al Palazzo delle Stelline di Milano, la quarta edizione di Olio Officina Food Festival, un evento ideato dal giornalista e “oleologo” Luigi Caricato e dedicato a uno dei simboli dell’enogastronomia made in Italy, l’olio d’oliva. Tre intense giornate con un ricco programma fatto di show cooking, tavole rotonde, dialoghi, interviste, scuole di cucina, buffet a tema, degustazioni guidate, sedute di assaggio, brevi corsi di degustazione per neofiti, mostre, proiezioni video e, la sera, un salotto culturale, letterario, musicale e artistico, con performance teatrali, concerti e incontri culturali. www.olioofficina.com

Progetto frantoio

È nato un progetto che seleziona i migliori frantoi italiani, ne traccia l’intera filiera e porta in tavola un olio extravergine squisito, ma soprattutto storie, culture e tradizioni. Si chiama 916 l’Extravergine perché 916 è il peso specifico dell’olio. www.extravergine916.com

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Chianti Cashmere

Un’americana in Italia, arrivata quarant’anni fa con un diploma d’arte e poi convertita alla terra. Complice le dolci colline toscane e un amore incondizionato per gli animali

di Daniela Canè

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SIGNORE DI CAMPAGNA ►

E’

una bella storia da raccontare, tanto bella da sfiorare la fiaba. Eppure, se di fiabesco c’è tutto il contesto, quel che sta dietro alla storia è fatto di concretezza. Nora Kravis è una donna affascinante che si è ritagliata un mestiere che non c’era, almeno in Italia. Arrivata dagli States una quarantina d’anni fa con la laurea in Belle Arti e nel cuore una passione enorme per i quadrupedi, ha abbandonato tele e pennelli per andare ad addestrare cavalli in Toscana. E qui si innamora, di un italiano, degli animali e della Toscana, e di questo amore, si sa, non si guarisce. Perché questa terra magica si insinua, giorno dopo giorno, fino a scorrerti nelle vene. Proprio durante una

Il mondo di Nora Kravis è tutto qui, nelle colline incantate del Chianti, in compagnia dei suoi adorati animali

passeggiata a cavallo, in una tersa giornata d’autunno, ha “incontrato” per caso quella che sarebbe diventata la sua casa. Il colpo di fulmine è arrivato così, di fronte a un piccolo e isolato casale in pietra nella vallata della Volpaia, circondato da colline sassose, ripide e tappezzate di rovi, erbacce e fiori spontanei. Era tempo di mettere radici e Nora acquistò poco più di un precario mucchio di sassi in una zona rurale della Toscana per lei e il suo cavallo. E mentre studiava da veterinaria a Pisa, nei ritagli di tempo, si dedicava al restauro della vecchia casa colonica e faceva pratica curando polli, pecore e cani dei vicini. «La prima volta che sono arrivata a cavallo e mi sono fermata a godermi il panorama, sono 9


SIGNORE DI CAMPAGNA ►

rimasta senza fiato» - racconta Nora. Infatti chi avrebbe mai potuto immaginare che il mucchio di pietre vecchie potesse rinascere come l’Araba Fenice per diventare un’azienda modello, oggi punto di riferimento per progetti sull’allevamento di capre da lavoro e capre da cashmere? E soprattutto in Italia, dove il clima non è proprio simile a quello del Kashmir, chi avrebbe scommesso sull’allevamento di quelle capre dal manto così pregiato da realizzare un cashmere di altissima qualità? Passione e sacrificio hanno mosso questa incredibile donna che si è costruita casa e professione giorno dopo giorno, in compagnia dei suoi adorati cavalli e cani e capre (quelle da cashmere, e le sue sono state le prime in Italia), fedeli compagni di questo lungo viaggio. Il piccolo casolare di pietra è ancora al suo posto sulla collina, ricostruito pezzo per pezzo poco alla volta, e le prime capre legate a un albero oggi fanno parte di un gregge geneticamente superiore con sofisticate linee sanguigne dai nomi esotici, che forniscono materia prima per produrre un limitato numero di capi tessuti a mano, e di filato pregiato per la guglieria. L’attività iniziale di Nora si è evoluta anche a livello internazionale: ora collabora con diversi gruppi pubblici e privati che si occupano di allevamento e di lavoro artigianale e sta creando greggi di capre in Italia e all’estero con l’obiettivo di valorizzare il lavoro agricolo e l’artigianato in Paesi sottosviluppati. Fornisce inoltre consulenze per progetti che impiegano le capre da cashmere per il riutilizzo e miglioramento di zone abbandonate e marginali. «Nel 1995, quando mia figlia mi disse che avrei scritto la storia perché avevo creato il primo allevamento di capre cashmere in Italia, ho capito che ero sulla strada giusta e che avrei potuto esportare il mio progetto anche oltre confine. Questo mondo affascina molte persone, ma non è facile cambiare vita e imparare ad allevare capre. Due volte al mese 10 10


Dal mal di Toscana non si guarisce. PerchĂŠ queSTA terra magica si insinua dentro, giorno dopo giorno, fino a scorrerti nelle vene. E ci resta per sempre. Proprio come per sempre vive in noi il grande amore per la natura e gli animali

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SIGNORE DI CAMPAGNA ◄

Nell’azienda agricola di Nora vivono intere famiglie di capre e pastori abruzzesi con i lori tenerissimi cuccioli

teniamo corsi dove spiego tutto ciò che può servire al neo allevatore che voglia intraprendere questo difficile percorso. Sono felice infatti se scoraggio chi non è abbastanza motivato, in caso contrario do a chi lo è, tutto il mio appoggio per costruire il loro allevamento». Oggi Nora è veterinaria e “mamma” di circa ottanta capre bianche come la neve, color crema, nocciola, grigie o scure come il carbone. La sua vena artistica attualmente si esprime attraverso il manto delle sue caprette quando sceglie, ogni giorno, di non stravolgere le sfumatue naturali dei suoi animali, confezionando esclusivamente capi che rientrino nella loro gamma cromatica con una produzione qualificata di Cashmere Italiano tracciabile e sostenibile di alta qualità, proveniente da un gregge indenne da malattie infettive. Lo fa attraverso la sua Chianti Cashmere Company sede dell’azienda agricola La Penisola, che per le capre di Nora è più che altro un albergo a 5 stelle dove essere coccolate e protette. E, a salvaguardarle dai lupi, ci pensano i pastori abruzzesi sempre allevati e addestrati da Nora. 3

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Il prezioso filato che si ottiene dal manto delle capre cashmere ha colori caldi e naturali e si usa per confezionare capi con la qualifica di Cashmere Italiano tracciabile e sostenibile di alta qualitĂ , proveniente da greggi indenni da malattie infettive

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Fiori e

cavoli a merenda testo e foto di Cristina Mercaldo

Le verdure invernali sono le protagoniste di questa tavola originale che suggerisce nuovi accostamenti e insoliti usi

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MISE EN PLACE ►

R

icevere non significa solo cucinare ma anche accogliere gli ospiti in un ambiente curato che trasmetta la sensazione di essere stato creato appositamente per l’occasione. La preparazione della tavola è un’equilibrata scelta di dettagli armoniosamente accostati fra loro e rappresenta un momento molto importante dell’arte del ricevere. Non serve, però, riempirsi la casa di tovaglie, vasi e nastri, basta dare libero sfogo alla fantasia e lasciarsi ispirare dai colori della natura, dai decori dei piatti che abbiamo scelto e, anche, dalle pietanze che abbiamo deciso di cucinare. Così il cavolo nero, la zucca e i cavoletti di Bruxelles che abbiamo comprato per la preparazione della zuppa, possono essere usati anche per creare sorprendenti centrotavola. C’è di più: la latta dei pelati può trasformarsi in un vaso in perfetto stile veggie e uno scampolo di tessuto diventa un tovagliolo a tema. Insomma, oggi cucinare fa rima con decorare. 3

Il vaso 1

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Partiamo dal centrotavola riciclato. Conservate il barattolo dei pelati, lavatelo e staccate la carta che lo avvolge. Dopo averlo ben asciugato, foderate l’esterno con dello scotch biadesivo e, iniziando dal basso, avvolgetelo con della corda del diametro che preferite. Continuate fino a ricoprirlo completamente. Tagliate la corda e fissate le due estremità con un punto di colla a caldo, in alternativa si può utilizzare del vinavil 15


MISE EN PLACE â—„

Il tovagliolo Ritagliate da uno scampolo di tessuto, meglio se di lino leggero, un bel quadrato. Sfrangiate i lati togliendo, uno per volta, i fili prima della trama e poi dell’ordito. Scegliete i timbri e i tamponi che meglio si abbinano alla vostra mise en place. Prima di procedere con la stampa, fate una prova su un pezzo di carta delle dimensioni del tovagliolo piegato in modo da poter valutare bene le proporzioni. Procedete tamponando delicatamente il timbro sul tessuto

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Minestre e zuppe invernali, tipiche della tradizione culinaria italiana, per riscaldare le tavole di tutti i giorni 18


CUCINA DI STAGIONE ►

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Profumi d’inverno

l profumo inconfondibile di zuppe e minestre evoca grandi cucine, aria di casa, nostalgie d’infanzia. Arrivano sulle tavole in autunno, quando cadono le prime foglie, e scaldano le fredde serate invernali; come il pane, loro compagno fedele, hanno un fascino antico e rimandano a un mondo contadino fatto di paioli di rame appesi alla catena sul fuoco del camino, dove bollivano a lungo emanando aromi familiari. E proprio quel cuocere lento riusciva a esaltare sapori e profumi anche agli ingredienti più poveri, che venivano versati in un’ampia scodella, assieme a tocchi di pane raffermo o abbrustolito. Zuppe e minestre sono piatti diffusi in molti Paesi, ma soprattutto in quelli mediterranei sono stati per decenni il principale, e a volte unico cibo, delle classi più umili. Inizialmente si buttavano in pentola verdure dell’orto di casa, legumi essiccati, frattaglie e pesci poveri, che servivano a preparare il brodo per cuocere la pasta. Con il passare degli anni e il migliorare delle condizioni di vita, la gamma degli ingredienti si è ampliata permettendo di creare, in ogni regione, ricette deliziose legate al territorio. Se un tempo fare una zuppa significava mettere in una pentola quello che c’era in dispensa, oggi diventa un gioco di fantasia, un esercizio di arte culinaria: non esistono più limiti di stagionalità e provenienza degli alimenti e il mercato offre tutti i giorni un assortimento infinito di ingredienti per creare nuove combinazioni. 3

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CUCINA DI STAGIONE ►

UMBRIA

Zuppa di cereali Cereali e legumi sono presenti in grande quantità in questa autentica ricetta umbra. Un piatto povero ma meraviglioso e ricco di gusto, proprio come il verde cuore dell’Italia 20 20


LOMBARDIA

Minestra di zucca Un “primoâ€? tipico del milanese, di grande delizatezza, preparato con pochi e semplici ingredienti che però riveleranno un piatto per niente rustico, completato da una noce di burro, spolverizzato con del grana padano grattugiato e accompagnato da crostini tostati

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CUCINA DI STAGIONE ►

CALABRIA

Zuppa di cipolle La licurdia è una zuppa tradizionale calabrese a base di cipolle. Il sapore è rustico e deciso, ma questo piatto offre la possibilità di gustare qualcosa di autentico e semplice. Inoltre è semplicissima da preparare e molto economica

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PIEMONTE

Minestra di Pollone Un piatto tipico della cucina piemontese. La denominazione di questa ricetta deriva dal nome di un piccolo comune della provincia di Biella: “Pollone”. Il piatto è composto da una crema di patate ed uova innaffiate da un brodo di carne

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CUCINA DI STAGIONE â–ş

MOLISE

Zuppa di cavolfiore Un piatto povero ma gustoso, per i giorni di festa. Protagonista il cavolfiore, delicatissimo e insaporito con pancetta rosolata. Si accompagna a crostoni di pane rustico profumato d’aglio

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VENETO

Menestra de fasoi Tipica, golosa, quasi un piatto unico. La pasta e fagioli in Veneto si chiama menestra de fasoi e ama una cottura lenta per dare il meglio di sè

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VENETO PIEMONTE

Minestra di Pollone Ingredienti per 4 persone 6 patate medie 3 tuorli d’uova 1/2 litro di latte 50 gr di burro Parmigiano Reggiano grattugiato 1 litro di brodo sale q. b. PREPARAZIONE Pelate le patate, tagliatele a fette non troppo sottili e cuocetele in poca acqua salata. Quando saranno ben cotte, passatele al mixer o con un passaverdura. Posizionatele in un tegame e aggiungete il latte. Cuocete dall’ebollizione per circa 10 minuti. Sbattete i tuorli assieme al burro fuso, uniteli al passato di patate e aggiungete il tutto al brodo caldo. Bollite per circa 2 minuti e servite con il parmigiano.

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Menestra de fasoi Ingredienti per 4 persone 200 gr di fagioli di Lamon secchi (varietà Spagnolet), 1 cipolla, 1 carota, 1 costa di sedano, 1 rametto di rosmarino, 50 gr di lardo, 60 ml di olio, 1 patata, 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro, 100 gr di ditaloni, sale e pepe q.b. PREPARAZIONE Mettete a bagno i fagioli in una ciotola con abbondante acqua fredda per 8-12 ore; pulite cipolla, carota e sedano e tagliateli a piccoli pezzi. Tritate il lardo e fatelo rosolare con l’olio in una casseruola, quindi unite verdure e fagioli. Coprite con 2,5 litri di acqua e portate a ebollizione. Quando la zuppa inizia a bollire, unite la patata e il concentrato di pomodoro. Fate riprendere l’ebollizione e lasciate cuocere a fuoco lento per circa 2 ore. Prelevate 1/3 dei fagioli con un po’ di liquido. Passate al passaverdura il resto della zuppa e poi reinserite i fagioli tolti. Fate cuocere ancora per 15-20 minuti; salate, pepate. Aggiungete quindi la pasta e portate a cottura. Si condisce con pepe macinato e un filo d’olio.

CALABRIA

Zuppa di cipolle Ingredienti per 4 persone 800 gr di cipolle novelle 400 gr di pane raffermo, possibilmente di grano duro e cotto nel forno a legna, 20 gr di strutto o burro, 1 peperoncino piccante 100 gr di ricotta salata sale q.b. PREPARAZIONE Scaldare circa 2 litri di acqua; pulite le cipolle, tagliatele a pezzi e versatele nella pentola, con lo strutto e una presa di sale. Fate cuocere a fuoco moderato per circa 1 ora. Tagliate il pane a fette e fatele tostare. Strofinate le fette con il peperoncino piccante e sistematele in quattro piatti fondi, o ciotole. Versate il brodo di cipolle sopra il pane e spolverate con la ricotta grattugiata. Servite subito.


MOLISE

Zuppa di cavolfiori Ingredienti per 4 persone 300 gr di cavolfiore, 1 limone, 30 gr di cipolla, 30 gr di pancetta, olio extravergine di oliva, prezzemolo, sale e pepe, 2 fettine di pane abbrustolito, 1 spicchio di aglio PREPARAZIONE Pulite i cardi conservando solo le coste più tenere. Mettete a bagno in acqua acidulata con succo di limone perché non anneriscano. Tagliate a pezzetti e lessare in abbondante acqua salata quindi scolare. Pulite e tritate la cipolla, tagliate a dadini la pancetta e metterla in un’ampia pentola di coccio con olio. Fate rosolare qualche minuto e aggiungete i cardi. Poi coprite con 250 gr di acqua bollente e cuocere. A fine cottura correggete di sale e pepe e unite il prezzemolo tritato. Strofinate l’aglio sul pane e servirlo con la zuppa.

UMBRIA

Zuppa di cereali Ingredienti per 4 persone 70 gr di farro, 70 gr di orzo perlato 50 gr di mais in chicchi lessato 50 gr di fagioli borlotti lessi 50 gr di ceci lessi, 50 gr di fave lesse 50 gr di lenticchie lesse 100 gr di lardo, 1 cipolla 200 gr di passata di pomodoro 3 cucchiai di olio extravergine di oliva maggiorana fresca, 2 l di brodo PREPARAZIONE Iniziate con l’immergere l’orzo e il farro in un litro di brodo e fate cuocere a fuoco basso per circa un’ora unendo di tanto in tanto altro brodo. Poi unite mais e legumi. Intanto in una padella fate soffriggere a fuoco basso la cipolla con il lardo. Quando il soffritto sarà dorato aggiungete la passata di pomodoro e fate cuocere per 15 minuti. Unite il sughetto alla minestra e proseguite la cottura per circa 10 minuti. Regolate di sale e servite con un filo di olio e una spolverata di maggiorana.

LOMBARDIA

Minestra di zucca Ingredienti per 4 persone 1 kg di zucca, 2 patate, 2 porri, 50 gr di parmigiano, 1 cipolla, noce moscata q.b. olio extravergine di oliva, sale e pepe q.b. PREPARAZIONE Pelate la zucca, togliete i semi e tagliate a cubetti la polpa. Sbucciate le patate e tagliate anche queste a cubetti. Pulite i porri e affettateli. Sbucciate e affettate la cipolla. Mettete le verdure in una pentola con dell’acqua e fate cuocere per 40 minuti. Frullate la minestra dopo averla tolta dal fuoco. Aggiungete il parmigiano grattugiato e la noce moscata. Salate e pepate. Versate un filo di olio extravergine di oliva a crudo prima di servire e accompagnate con crostini di pane tostati nel burro.

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FATTO A MANO ◄

Abat-jour

senza fili

Un semplice portacandele si trasforma e decorato secondo i vostri gusti è l’ideale per illuminare d’atmosfera il tè delle sei

testo e foto di Cristina Mercaldo

Cosa serve

b b b b

S

cegliete una carta da regalo pesante con un decoro che sia facilmente ritagliabile. Farfalle, fiori, funghi o mongolfiere, come nel nostro caso, si prestano al tipo di lavoro che dobbiamo fare. Ritagliate con una piccola forbice una decina di sagome del decoro che avete scelto. Procuratevi, o scegliete fra quelli che avete, un portacandele che

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abbia la parte superiore larga abbastanza per poter appoggiare il cerchio di metallo del paralume che generalmente accoglie il portalampadina. Prima di iniziare a incollare, valutate la composizione delle sagome attaccandole sul vostro paralume con dello scotch di carta. Una volta decise le posizioni, incollate i decori di carta con del vinavil diluito con poca acqua.

Carta da decoro (a scelta)

Paralume e portacandele Forbici, scotch di carta, vinavil Candela (a scelta)

Procedete staccando e rincollando una sagoma per volta in modo da non perdere mai di vista l’effetto finale nel suo insieme. Non esagerate con la colla per evitare che la carta si inumidisca troppo e crei delle onde. Dopo aver lasciato asciugare il vostro lavoro per almeno un paio d’ore, posizionate il paralume decorato ssul candelabro scelto e appoggiate la candela che con il suo peso lo terrà fermo. 3


...et voilĂ

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Un giardino sorto dal nulla, nato su un piazzale sterrato di Milano. Là dove si costruivano turbine, oggi c’è un’oasi verde di creatività

di Antonella Euli

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Com’ è verde la città

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TERRAZZI&GIARDINI ►

U

n vecchio magazzino, parte dell’area un tempo occupata da una grande impresa metalmeccanica, trasformato in un giardino delle delizie... Siamo a Milano, in zona Tortona, un’area urbana una volta semi industriale, ora diventata distretto del design e della moda. L’edificio è stato modificato, rinnovato completamente nell’immagine e caratterizzato dalla presenza del verde, prima del tutto assente. Partendo dalla facciata, totalmente ricoperta di vite del Canada, rose, glicini viola e bianchi. La base dello stabile, che al piano superiore è sede dello studio che ha realizzato il progetto (AG&P Architettura dei Giardini e del Paesaggio di Emanuele Bortolotti), prima ospitava una showroom di arredi da giardino. Al piano terra, dov’era il piazzale della fabbrica, è stato realizzato un giardino con larghe siepi di bosso che disegnano una piazzetta centrale a forma di ruota dentata meccanica, in ricordo dell’attività

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precedente. Il centro del giardino crea una simmetria nella disposizione delle piante, mentre il resto della vegetazione è più naturale e ammorbidisce quell’accenno di formalismo con macchie “disordinate” di ortensie e bordure miste. I glicini rampicanti invece “colonizzano” il pergolato in ferro sostenuto da vecchie colonnine ferroviarie di recupero, e insiste sullo spazio centrale come fosse un chiostro appena accennato. Si è voluto creare un rapporto di grande continuità tra interno ed esterno dove il pergolato/loggiato svolge il ruolo di elemento di mediazione tra dentro e fuori. Quest’ultimo viene successivamente ricoperto con un tetto vetrato a mò di serra ma con una particolarità: le piante di glicine che abbracciano le colonne in ghisa si insinuano anche all’interno, sotto la copertura vetrata. Il risultato è un ambiente molto singolare dove lo spazio interno ha grandi vetrate che guardano sul giardino, e il soffitto è un tappeto verde che più

PRIMA FASE Recuperare. Cosa? Un vecchio magazzino inserito in un’area industriale in passato sede di un’azienda metalmeccanica.

SECONDA FASE Trasformare. Come? Il grigio diventa verde, la facciata una parete di rampicanti e il piazzale di cemento un giardino in fiore.

TERZA FASE Rinnovare. Quando? Da un paio d’anni il giardino degli architetti ospita anche un ristorante dall’anima verde per gourmet.


dove prima c’era il piazzale di una industria meccanica oggi c’è un’officina creativa. Fiori e giardini e il ristorante al fresco, un luogo d’incontri con cucina

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TERRAZZI&GIARDINI ◄

...Quando un giardino diventa un “luogo d’incontro con cucina” le delizie sono a tutto tondo

IN CITTA’: DA FABBRICA A RISTORANTE, COMPLICE IL VERDE

Progetto di Emanuele Bortolotti Studio AG&P (Architettura dei Giardini e del Paesaggio), Milano 34

volte, durante l’anno, si riempie delle infiorescenze profumate del glicine. Negli anni quest’oasi rigogliosa viene utilizzata prima per eventi legati al Salone del Mobile, poi per installazioni e performance soprattutto di moda e design. Un paio d’anni fa subisce un’ulteriore evoluzione, quando al progettista originario viene l’idea di creare un luogo unico a Milano e installa un ristorante di concezione internazionale che però non si allontana dalla tradizione regionale italiana. Il loggiato diventa una veranda con vista sul verde; il giardino nel frattempo si trasforma e, pur mantenendo la sua impronta primaria, si arricchisce di arbusti spontanei, fiori e piante aromatiche (in speciali contenitori mobili) per interpretare più efficacemente l’idea del nuovo concept. Il ristorante Al Fresco, luogo d’incontro con cucina, è infatti basato su benessere, ricerca e buon cibo (complice il verde) firmato da Kokichi Takahashi, chef che ha lavorato con gli illustri Carlo Cracco e Andrea Berton. 3


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Creme fai da te

di Clarissa Galbiati

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on stiamo parlando di crema pasticcera o di altri peccati di gola dai quali fuggire (quasi sempre!) a gambe levate per non ritrovarsi con l’umore a terra quando si scoprono rotolini di adipe quà e là come ricordo del peccato... Stiamo parlando invece di quelle creme di cui si può (anzi si deve) fare una scorpacciata e quelle per cui, se si sbaglia nel dosare gli ingredienti, mal che vada possono rendere la pelle più lucente e le occhiaie meno marcate. Pare poco? La natura ti fa bella... e le creme fatte in casa sono un mondo tutto da esplorare, che regala bellezza a chi le utilizza e benessere al pianeta. Ma perché darsi tanto daffare, quando è così semplice buttare nel carrello della spesa 36 36

OCCHIO ALL’ETICHETTA

il primo prodotto che promette miracoli? Per vari motivi ma essenzialmente per non perdere l’occasione di ristabilire un contatto con se stessi. Il prodotto lo studiate e preparate voi, e voi decidete come, quando e quanto applicarne, perchè nessuno conosce il vostro corpo meglio di voi. Se le vostre occhiaie sono marcate, se i segni intorno alla bocca vi danno pensieri, se c’è una cicatrice su cui sarebbe meglio restare delicatamente, se c’è un punto particolarmente colpito dalla cellulite. E anche perchè le creme fai da te sono un’occasione per mettere la creatività al servizio della bellezza. Quindi: tritate, frullate, e mescolate per ottenere un impasto perfetto: sarete bellissime con pochi centesimi! 3

Ingredienti dannosi alla salute, sono contenuti in molti prodotti di bellezza. - PETROLATI: paraffina, paraffinum liquidum, mineral oil petrolatum. - ADDITIVI, EMULSIONANTI: Polyethyleneglycole (PEG), Propylen glycol, Butylen glycol, Polypropylene glycol, Ethylene glycol - CONSERVANTI: Kathon, Quaternium 15, Imidazolidinyl urea, Diazolidinyl urea, Methyl paraben, Propyl paraben, Butyl paraben, Ethyl paraben. •TENSIOATTIVI: MEA/TEA/DEA (amine e amino derivati) Sono sostanze che contengono Monoethanolamine (MEA), Triethanolamine (TEA), Diethanolamine (DEA). Sono irritanti e disidratanti.


FATTO A MANO ◄

Antirughe al karitè 3 Burro di karitè 3 Gel di aloe vera 3 Burro di cocco 3 Miele 3 Vitamina E 3 Olio Essenziale di lavanda PREPARAZIONE

Gli ingredienti principali sono il burro di karitè e il gel di aloe. Gli altri ingredienti sono facoltativi, giusto per arricchire la nostra crema. Far ammorbidire per qualche istante 3 cucchiai di burro di karitè a bagnomaria, senza scioglierlo. Montarlo molto velocemente con una frusta, fino ad ottenere una sostanza spumosa. Aggiungere poco alla volta il gel d’aloe, continuando a mescolare. Arricchire la crema con una goccia di miele di tocoferolo (vitamina E). Per profumare, aggiungere l’olio di cocco e altri oli essenziali a piacere. A questo punto basta solo metterla in un contenitore o in un barattolo sterile.

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Il bosco a tavola

Oggi ne parlano come novitĂ in cucina, ma il foraging esiste da sempre. Riporta in essere la raccolta di ingredienti in montagna, nei boschi, sulle spiagge. Valeria Mosca lo pratica e lo racconta di Sara Magro

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SAPORI & NATURA ►

V

tutte le estati in Val Malenco. I miei genitori mi portavano sempre a fare trekking mentre con mia nonna raccoglievamo malva, dente di leone e altre erbe selvatiche per la cucina. Io ho seguito le sue orme. Così, mettendo insieme famiglia, amore per la natura, passione per la cucina, e aggiungendo gli studi di antropologia (Valeria ha una laurea in conservazione dei beni culturali, con indirizzo in antropologia, ndr), ecco fatto il foraging. Una definizione di foraging... La raccolta di cibo selvatico esiste da sempre. Fino all’industrializzazione era un metodo di sostentamento. Lo è ancora oggi, soprattutto in alcune zone di montagna. In Val Malenco, conosco una signora che fa i pizzoccheri con erbe selvatiche e un rifugio che fa degli gnocchi squisiti con il “buon Enrico”, ovvero lo spinacio selvatico. Qual è il periodo di raccolta? Ogni stagione ha i suoi frutti. In autunno

aleria Mosca non ha inventato nulla: raccoglie e cucina frutti, fiori, foglie, muschi, licheni, cortecce, come si faceva una volta nel mondo rurale, e come qualcuno fa ancora. Oggi lo chiamano “foraging”, ma altro non è che raccogliere ingredienti nei boschi, sulle spiagge, in montagna, lungo i fiumi. Solo che per Valeria ormai è un lavoro: ha lasciato l’alta ristorazione per dedicarsi al suo progetto Wooding (www.wood-ing.org), un laboratorio di studio e ricerca sulla raccolta, la conservazione e l’utilizzo del cibo selvatico. Quando hai iniziato a fare foraging? In modo professionale, cinque anni fa. Come passione è nata molto prima, quando ero bambina. Sono cresciuta in Brianza, circondata dalla natura, e ho passato quasi

In alto e qui sopra, fiori di camomilla e noci selvatiche. A destra, si raccoglie anche la parte interna della corteccia degli alberi che, un volta essiccata, diventa farina per impastare pane e biscotti. «Quando apri il forno ti sembra di respirare il bosco», dice Valeria Mosca. Nella pagina accanto, Valeria Mosca con un mazzo di fiori di sambuco appena colti 39 39


SAPORI & NATURA ►

Sopra, ogni stagione ha i suoi frutti e i suoi luoghi di raccolta. In inverno si sta in pianura mentre in estate, si sale in quota, fino a 2000 metri. Sotto, fiori di papavero, acetosella e bacche di biancospino, che si usano per completare secondi e preparare dolci

si raccolgono radici, foglie di sempreverdi, conifere, tarassaco, erba noce, piantaggine, rametti di abete, con i quali faccio brodi, infusi per i dolci. La zuppa di abete con gli aghetti è buonissima, così come la pasta con radici di tarassaco e uova di salmerino essiccate. Dove si va a raccogliere? In montagna, sulle spiagge, vicino ai fiumi, dipende dalla stagione. In inverno e primavera si sta nelle zone pianeggianti, poi con il disgelo si sale in quota fino a 2000 metri, per trovare timo selvatico, mirtilli, e il larice, un ingrediente che adoro, con cui 40

preparo il risotto con le uova di salmerino. Ha un sapore agrumato e leggermente balsamico, e in mantecatura rilascia un po’ di resina. Cosa si raccoglie? Di tutto. Parliamo di 1000 ingredienti, forse di più. Sono davvero infinite le possibilità del cibo selvatico. Facciamo ricerca sui metodi di conservazione, dall’essiccatura alla fermentazione, e recuperiamo cibi dimenticati. Ci fai un esempio? Il rumex alpinus, una pianta che si trova in estate. Antropologicamente, culturalmente e storicamente parlando, fino all’800, era uno

dei principali cibi di sussistenza dell’uomo. Oggi invece non lo danno nemmeno agli animali. Eppure è un alimento molto nutriente, che si conserva bene. Personalmente uso la fermentazione acidolattica, un metodo che facilita la digestione. Lo raccolgo, lo lavo e lo metto a fermentare col sale in un contenitore di ceramica con un peso sopra per far espellere l’acqua in cui però resta immerso. Come si usa il rumex alpinus in cucina? Non è un aroma, è un ingrediente portante: se lo cucino con il salmerino, il pesce fa da accompagnamento al rumex, e non


Sopra, il foraging ha le sue regole. Per esempio: si raccolgono piante che crescono in abbondanza in terreni incontaminati, senza sradicare la pianta. Sotto, abete, acacia e sambuco pronti per preparare gli sciroppi

viceversa. Il lavoro più grande è proprio far capire come usare sia il rumex che gli altri ingredienti, con tecniche contemporanee, recuperando però l’uso che se ne faceva in passato. Il cibo è un importante strumento di identità culturale. Come si fa a sapere cosa raccogliere e cosa no? Un po’ si studia sui testi, ma l’esperienza sul campo è l’aspetto importante, e va fatta con gente che conosce bene non solo le piante, ma anche i tipi, le stagionalità. Tornando al rumex alpinus, non si può immaginare quanto varino le foglie a seconda del

terreno, del mese, e questi sono aspetti che si imparano con l’esperienza e un buon maestro. Il foraging è una pratica che si trasmette oralmente. Le ricette esistono già o le inventi? A Wooding le creiamo da zero, con un lungo lavoro di ricerca. A volte ci vogliono settimane per mettere a punto un piatto. Prima di tutto bisogna essere certi della commestibilità degli ingredienti. Se non si è sicuri, vanno fatti analizzare in laboratorio. La sperimentazione in cucina comincia solo quando non ci sono dubbi sulla tossicità. Dove hai imparato a cucinare?

Ho avuto la fortuna di lavorare anche in un ristorante stellato. È stata un’esperienza istruttiva, ma io volevo fare altro. Con dispiacere ho constato che abbiamo perso di vista il significato del rapporto tra uomo e cibo. Ho cercato di capire perché, e cosa potevo fare per rimettere al centro questo legame complesso ed esistenziale. Ormai siamo abituati a procurarci il cibo dagli scaffali, dalla dispensa, dai menu senza farci domande sulla sua provenienza, senza fare alcuna fatica per procacciarlo. Si può preparare un pasto completo con la raccolta? 41 41


SAPORI & NATURA ◄

ANDAR PER BOSCHI WOODING è un laboratorio con sede a Desio (Milano), fondato da Valeria Mosca nel 2011 per divulgare la pratica e la cultura del foraging. Oltre alle attività di ricerca, studio e sprimentazione, da Wooding si organizzano pranzi di degustazione con menu fino a otto portate e workshop per approfondire la pratica. Il corso per principianti dura tre giorni: uno per imparare le regole base e linee guida del foraging; uno per la raccolta nei boschi o sui monti della zona; il terzo giorno si cucina con gli ingredienti raccolti. Da 220 €; www.wood-ing.org

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Assolutamente sì, dall’antipasto al dolce come testimoniano i menu di otto portate che si degustano da Wooding, la nostra associazione. Si risparmia con il foraging? Si risparmiano soldi, ma certo non tempo; è una cucina molto slow, tra raccolta conservazione e preparazione. Fare una dieta al 100% foraging oggi è praticamente impossibile, va integrata. E poi bisogna essere realisti, non è tempo né luogo di vivere in modo selvaggio, quindi nemmeno di mangiare così. Il foraging fa bene alla salute, anche per il tempo che si passa all’aperto, ed è importante per ristabilire un rapporto di consapevolezza con il cibo. Ma poi bisogna vivere nel presente. 3 In queste pagine, qualche bell’esempio dei piatti preparati con il foraging. Da sinistra in senso orario: acetosella, fiori, legumi selvatici e non; castagna al biancospino; pasta con erbe di campo, uovo e uova di trota; germogli fertili di equiseto. Qui a destra e sotto, tortino di radici e ortica; dessert preparato con 15 erbe selvatiche, linfa di frassino e olio

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ARTIGIANI ► “Sulla scia degli scultori avanguardisti del XX secolo, Rubini elabora le sue forme riportandole ad una dimensione onirica ove tutto si configura e si condensa in strutture rigorosamente meditate” Toe Mercurio (scrittore, critico letterario)

Cuore di pietra Q

Un amore totale lega Emanuele Rubini, ex muratore con l’animo d’artista, al marmo. Che scolpisce, plasma e leviga con infinita passione

di Daniela Canè

uando cala la notte e i rumori sono silenzio, inizia il canto d’amore tra un uomo e... il marmo. Siamo nel tacco d’Italia, la magnifica Puglia, e nella bottega-atelier di Emanuele Rubini ogni notte si compie lo stesso rito: l’uomo che accarezza la pietra, ne cattura l’anima e, pian piano, la fa emergere. Alle prime luci dell’alba, felice di averla plasmata, scolpita e levigatoa, rientra dalla bottega e, soddisfatto, si gode il meritato riposo, nell’attesa della nuova notte per ricongiungersi alla sua opera in divenire. Rubini non nasce scultore ma probabilmente, nel suo dna, era già scritto. Un dato è certo, da bravo figliolo, seguendo le tracce del padre muratore, ha vissuto fin dall’infanzia in costante simbiosi con terra e pietre. Ma impastare calce e cemento non era proprio ciò che lui sognava e crescendo la sua vena artistica latente, è venuta allo scoperto. I suoi primi lavori, tavoli con base di marmo, destano subito l’interesse dei vari architetti che frequentavano la

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gioiello, il Black Heart, un ciondolo in marmo nero del Belgio dedicato a Amy Winehouse ispirato dall’album Black to Black. Il critico d’arte Lello Spinelli dice di lui, “Capace di lasciar uscire allo scoperto allusività di linguaggi, forme, pregnante vitalità, incapsulate nel marmo nel quale con gli occhi dell’anima, in una cosmica drammaticità e sensualità tattile, sa di poter penetrare per lasciare uscir fuori corpi e forme che vivono autonomamente liberandosi dal peso del masso, respirando a pieni polmoni l’ebbrezza mediterranea, in un silenzio metafisico, quasi enigmatico, nel quale staticità e movimento si confrontano, si compenetrano, si depurano di ogni possibile scoria, per entrare in un mondo che apparterrà in eterno”. 3

La pietra prende forma, diventa lieve, lucida e leggera. Opera mastodontica o miniatura, entrambe con la stessa anima vibrante, che sprigiona forza e, allo stesso tempo, leggerezza

Un blocco di marmo grezzo prende vita sotto lo scalpello di Rubini che, notte dopo notte, lo forgia fino a trasformarlo in una creatura vitale

bottega paterna. Questo gli dà forza, la sua passione cresce e così si fa sempre più concreta l’idea di voler realizzare la sua prima vera scultura in marmo. Dopo aver messo da parte qualche soldo, il ragazzo che ha ormai trent’anni, ordina un blocco di marmo bianco di Carrara, dal quale ricava la sua “opera prima” una soffice dormeuse che chiama Cleopatra. Nel 2012 Emanuele Rubini ha l’idea di realizzare piccoli accessori di marmo da indossare e crea il primo

ll tocco finale e più intimo: levigare la pietra sino a renderla opalescente. Alla fine, la “statura” dell’uomo scompare di fronte all’opera finita: ora c’è spazio solo per un movimento sinuoso, lieve ed eterno

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Signori, la carne

Divagazioni sul tema Motta, allevatori, macellai e ristoratori. Una passione di famiglia che diventa cucina da gourmet di Antonella Euli

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RISTORANTI ►

Sopra, la bottega dei Motta. Pagina accanto, da sinistra: carpaccio di fegato, rape rosse, giardiniera e salsa cren; risotto viola con tartare di manzo, granella di nocciola, aneto e salsa al lardo; crema di asparagi con animelle croccanti, piccoli canederli e bottarga di gallina; prosciutto di manzo con mozzarella di bufala, maionese di pomodoro e salsa al tonno

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he cosa hanno in comune un “ragazzo di campagna” di professione macellaio e un milanese innamorato della montagna ? Apparentemente nulla, ma in realtà quando il primo evolve l’azienda di famiglia in un ristorante da gourmet e l’altro, Andrea Alfieri, diventa uno chef affermato, scocca la scintilla. Sergio Motta, patron del ristorante Macelleria Motta di Bellinzago Lombardo, near Gessate, è figlio d’arte e deve la passione per la carne al padre Giuseppe, che su bestiame, allevamenti e qualità ha molto da dire, e da insegnare. In mezzo secolo, o poco più, ha costruito un’impresa florida che oggi fornisce carni a chef stellati e clienti blasonati. In macelleria, a Inzago, ci starebbe bene un gran libro firme, come quello che staziona in hotel e ristoranti.

Giusto per decantare le lodi di carni e macellaio. A sentir parlare Giuseppe della sua gavetta a Milano, “che negli anni 60 era il tempio della buona carne, tagli speciali che non si trovavano nemmeno a Parigi nei giorni di festa”, scatta la nostalgia per quegli anni floridi che oggi purtroppo sono solo cartoline ingiallite. L’esperienza è messa a frutto a metà degli anni Sessanta, quando da garzone Giuseppe diventa padrone e apre a Inzago la sua macelleria con macello annesso. Pronti, partenza, via: da allora, era il 1963, quando si parla di carne eccellente si parla “dei Motta”. Del factotum Giuseppe che si occupa dell’intero processo: dalla scelta dei capi, alla macellazione, al taglio e alla vendita della carne; dei figli Dino, veterinario, e di Sergio, braccio destro del padre e cresciuto con il “pallino della carne”.

Dai Motta sono passate razze diverse, dalla Bruna alpina delle cascine dell’est milanese e della bassa bergamasca, ai capi provenienti dalle province di Asti e Cuneo. E proprio queste pregiate piemontesi hanno dato fama alla macelleria, insieme a fiere e mostre di bestiame, dove i capi dei Motta hanno collezionato premi e medaglie che oggi decorano le pareti della macelleria. Per continuare la tradizione familiare nel segno della svolta, Sergio, tre anni fa, si inventa il ristorante Macelleria Motta, e lo piazza in una casa d’epoca, parte di un palazzo nobiliare del ‘500, con tanto di corte e dehors. Tripudio di colori e di sapori, off-limits per vegetariani e vegani, con una cella frigorifera trasparente in bella vista dove decantano enormi mezzene di manzi piemontesi, lasciate frollare a lungo per guadagnare in gusto e morbidezza e 47


RISTORANTI ◄

BISTECCONE, FEGATO DI VITELLO, ESSENZA ALLA SALVIA E FONDO AL MARSALA CON PATATE AL LATTE Ingredienti per 4 persone 600 gr di bisteccone, 250 gr di fegato di vitello, 80 gr di burro 250 gr di brodo di manzo 5 foglie di salvia, 15 gr di lecitina di soia, 400 gr di marsala, 200 gr di fondo bruno, olio evo, sale e pepe, 4 patate,150 gr di latte PREPARAZIONE Fare bollire le patate poi pelarle schiacciarle e condirle con latte, sale e pepe e tenere in caldo. Rosolare il bisteccone in una padella con burro e olio, per 4 mn a lato, sgrassare, sfumare con il marsala, aggiungere il fondo bruno e ridurre. Cuocere velocemente in una padella con del burro il fegato, scaldare il brodo con dentro la salvia tritata, passarlo al colino ed emulsionarlo con la lecitina con un minipimer fino a formare una spuma vaporosa. Mettere in un tegame 4 cucchiai di olio e le acciughe spezzettate, unite i broccoli e lasciateli insaporire per 2-3 minuti a fuoco molto dolce sempre mescolando. COMPOSIZIONE DEL PIATTO Formare una virgola con le patate al latte, aggiungere un trancio di bisteccone, salsarlo con il fondo al marsala e adagiarvi sopra la scaloppa di fegato quindi coprire con la schiuma di salvia e servire

un camino-spiedo dove rollano per ore grossi tagli di carne che incantano occhi e palato. Sergio è l’anima del locale e passa dal camino ai tavoli per raccontare agli ospiti quel che hanno nel piatto. Con amore e un pizzico di malcelato orgoglio, introduce gli insaccati “fatti in casa” come la bresaola in due diverse stagionature, il grande crudo stagionato oltre 36 mesi, il prosciutto cotto al forno (salato in vena). Tutto gira intorno alla carne ovviamente e si va dalla cruda alle cotture minime: c’è la piramide tris di tartare, ci sono i filetti, le tagliate, o grandi pezzi alla griglia. E c’è anche 48

Andrea Alfieri a Taste of Milano 2014 presenta il piatto “Dal crudo allo stracotto” il quinto quarto, quello che in macelleria non sempre viene capito, e che qui è lavorato ad arte. Ecco entrare in gioco la maestria dello chef, il famoso milanese innamorato della montagna. Andrea viene da una famiglia di professori universitari e ha una grande passione per i viaggi e i monti innevati e un amore ancora più grande per la cucina. La palestra è stata in ristoranti famosi, da quelli montani di Cortina, Gressoney e Madonna di Campiglio ai milanesi Savini, Biffi e Yar, dove diventa Executive Chef conquistando due forchette del Gambero Rosso. Poi le consulenze, i

corsi, gli show coking e tanta tv, che è noto, trasforma i cuochi in star. La famosa scintilla Motta-Alfieri è fatto assai recente ma ha già dato risultati che fanno pensare alla stella. Basta dare un’occhiata ai divertissement dello chef per restare incantati: una serie di piatti studiati per esaltare le qualità della carne, dove la creatività cede il passo alla tradizione e viceversa, con una attenzione particolare alla stagionalità. Un percorso che parte dalle ricercate frattaglie per arrivare ai tagli più pregiati, rigorosamente di razza piemontese e di prolungata frollatura. 3


Per far sorridere un bimbo in ospedale

il numero fallo tu: 45505 Un bambino sereno ha piÚ forza per affrontare la sua malattia e anche la sua guarigione. I nostri Dottor Sogni sono artisti qualificati per portare un sostegno personalizzato ai bambini in ospedale e alle loro famiglie. Oggi ti chiediamo di sostenere l’attività dei Dottor Sogni nei reparti di oncologia e neurologia. Oggi un tuo SMS o una tua chiamata da rete fissa valgono il sorriso di un bambino malato: fallo subito. Dona 2 o 5A dall’11 gennaio al 2 febbraio. Per maggiori informazioni visita il sito: www.theodora.it

2Asms da cellulare personale

2Achiamata da rete fissa

2 o 5Achiamata da rete fissa

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La poesia abita a Ischia

Visita a La Mortella, per scoprire le inaspettate fioriture invernali del giardino creato da Lady Susana Walton

di Marina Moioli

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FIORI D’INVERNO ►

In apertura, la serra Victoria House, dove si coltiva la Victoria amazonica, regina indiscussa del regno delle ninfee. Sopra, la Fontana principale vista da Tetrapanax Papyriferus. Nella pagina accanto, una profusione di colori e profumi abita il giardino d’inverno più incantevole del Mediterraneo

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uello dei Giardini La Mortella di Ischia è un paesaggio invernale carico di suggestioni inaspettate e poetiche. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, nei mesi freddi questo meraviglioso Eden non va in stasi e non si spoglia; anzi è verdissimo e rigoglioso e, grazie al clima mediterraneo dell’isola, pieno di fiori esotici e di allegri frutti colorati. Si può ammirare la sontuosa fioritura delle camelie, a partire dalle eleganti Camellia sasanqua, seguite dalle Williamsi, le Japonica, le Reticulata. Per non parlare della smagliante fioritura della Bauhinia blakeana, l’albero “delle orchidee” di Hong Kong, aspirando il profumo degli agrumi maturi che si mescola con le fragranze delle più rare

e delicate acacie australi. Ma ci sono anche le magnolie orientali che dipingono nel giardino a valle immagini fiabesche. La pergola della tea house è punteggiata da migliaia di grandi fiori a tromba della Solandra, detta “Copa de oro”, un mare dorato sullo sfondo verdissimo delle foglie lucide. E come non apprezzare il tempietto votivo che segna l’ingresso al giardino orientale, immerso e sognante tra aceri giapponesi e hedychium (zenzero ornamentale)? La salita al giardino superiore, che permette di scoprire panorami sempre più spettacolari sul mare e la baia di Forio che fa capolino all’orizzonte, è accompagnata dai fiori blu dei rosmarini che sottolineano, con cascate di rami profumati, le scalette e i muretti a secco,

e culmina con le entusiasmanti fioriture della collezione di Aloe, che in inverno si illuminano di rosso, di giallo e di arancione. Fino all’anno scorso questo era uno spettacolo riservato a studiosi e pochi altri fortunati. Ora invece nei mesi invernali le visite sono condotte da esperte guide naturalistiche, che non solo aiutano l’ospite nella conoscenza delle specie botaniche, ma raccontano la storia di questo splendido parco creato a partire dal 1956 da Susana Walton sul promontorio di Zaro a Forio, quando chiamò il famoso architetto paesaggista Russell Page perché disegnasse l’impianto originario del giardino, integrandolo fra le pittoresche formazioni rocciose di origine vulcanica. 53


FIORI D’INVERNO ◄

Tutto il giardino è disegnato con gusto e abilità, sfruttando al meglio il suggestivo ambiente roccioso e i panorami sul Mediterraneo

La Mortella è divisa in due parti: un giardino più basso, nella Valle, e un giardino superiore sulla Collina, terrazzato con muri a secco; si estende per un’area di circa due ettari e ospita una vastissima raccolta di piante esotiche e rare, che viene arricchita di anno in anno. Per varietà e ricchezza delle collezioni, La Mortella può essere considerata un vero e proprio orto botanico. Tutto il giardino è disegnato con gusto e abilità, sfruttando al meglio il suggestivo ambiente roccioso e i panorami sul Mediterraneo, ed è arricchito da fontane, piscine e corsi d’acqua che permettono la coltivazione di una superba collezione di piante acquatiche come papiro, fior di loto e ninfee tropicali. Le varie zone sono connesse con viali, sentieri, muri a secco, rampe e scalette, che permettono ai visitatori di raggiungere la zona più alta dove si godono splendide vedute sulla baia di Forio. Nel giardino ci sono tre serre tropicali: la ‘Victoria House’, dove viene coltivata la Victoria amazonica, la Serra delle Orchidee ed il Tempio del Sole. Altri punti di interesse sono la Sala Thai, un luogo quieto dedicato alla meditazione, immerso in un’atmosfera orientale, circondato da fiori di loto, peonie, bambù e aceri giapponesi; la Cascata del Coccodrillo, sempre nel giardino superiore, il cui corso d’acqua si snoda fra ulivi e agapanthus, il Ninfeo e la Roccia di William, dove sono custodite le ceneri del compositore inglese Sir William Walton. 3 info: www.lamortella.org

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FIORITURE INVERNALI

Sopra, la Fontana principale del giardino basso. Sotto, la cartina dei Giardini traccia un itinerario fantastico tra le più spettacolari fioriture del mondo. Nella pagina accanto, piante di mille colori nel giardino a Valle

GENNAIO Chi pensa che in inverno non sia possibile ammirare le fioriture se non in serra deve ricredersi: la Forsizia bianca e la Bergenia crassifolia fioriscono nel mese più freddo dell’anno. Forsizia bianca (Abeliophyllum distichum). Originaria della Corea, appartiene alla famiglia delle Oleacee. Può raggiungere i due metri di altezza. Le foglie sono di colore verde, bluastro o porpora, mentre i fiori sono bianchi, a forma di stella e riempiono il giardino di profumo. Bergenia crassifolia Appartiene alla famiglia delle Saxifragaceae e viene dalla Siberia. Fiorisce da gennaio. FEBBRAIO Anche se in giardino può esserci la neve, non è difficile scorgere l’improvvisa macchia rosa della Bergenia o sassifraga, il lillà dei primi crochi o il giallo vivo delle forsizie, del calicanto, della amamelide o del gelsomino nudiflorum. Forsythia Fiorisce fino ad aprile, secondo la specie e il clima, coprendosi di una profusione di corolle giallo-oro. Calychantus fragrans o praecox (Calicanto invernale). Originario della Cina e può raggiungere anche i tre metri di altezza; verso la fine dell’inverno produce fiori molto profumati di colore giallo e presenta foglie di forma lanceolata, lunghe fino a 20 centimetri e ruvide al tatto. Crocus (Crocus aurens, Crocus bifloreus, Crocus angustifolius). Sbocciano già a fine febbraio, mentre per il Crocus Sativus da cui si ricava lo zafferano, bisognerà aspettare.

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Il borgo rinato

Con l’apertura dell’albergo diffuso Sextantio, il paesino di Santo Stefano di Sessanio, in Abruzzo, è tornato a vivere come luogo di villeggiatura

di Sara Magro

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OSPITALITà ►

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una storia a lieto fine, quella di Santo Stefano di Sessanio. Per tanti motivi. L’ultimo dei quali risale alla fine degli anni Novanta, quando Daniele Kihlgren, un milanese in viaggio nel centro Italia, arriva casualmente in un borgo medievale dell’Appennino. Lo vede e se ne innamora, al punto che decide di acquistarne una parte, ristrutturarla e farne un hotel rispettoso del luogo, della cultura, degli usi e dei costumi locali. Ma la fortuna del villaggio era cominciata prima, grazie a una serie di fatti che ne hanno tutelato l’autenticità. Diversamente da altri borghi simili e vicini, è sempre rimasto com’era. Forse perché non aveva risorse speciali per attrarre speculatori. Forse perché non faceva parte delle mete classiche di viaggio. O forse perché quando 150 anni fa la gente è emigrata in Canada, non è tornata indietro piena di soldi per costruirsi villette e condomini di cemento. Fatto è che Santo Stefano ha conservato intatto (e un po’ diroccato) il suo centro e splendido il paesaggio intorno. Quando Kihlgren acquista un rudere nella zona delle case murate, il paese era in stato di abbandono per il 75% e vi abitavano 70 persone. Un albergo c’era già, a dire il vero. Ma era una pensione con i bagni in comune, improponibile oggi. Per svoltare le sorti di Santo Stefano ci volevano coraggio e un progetto visionario. Due cose che a Kihlgren non mancano. Ma chi avrebbe voluto passare le vacanze in un posto sperduto dell’Abruzzo? Intanto i lavori per l’hotel avanzano, con un’idea molto precisa: mantenere e recuperare

Sopra: Santo Stefano di Sessanio è un villaggio medievale fortificato a 1250 metri tra le montagne d’Abruzzo, nel Parco nazionale del Gran Sasso. A lato: Rocca Calascio, nel borgo 57


OSPITALITà ◄ l’identità, ma anche il gusto, gli oggetti, i cultivar e le granaglie dell’epoca. Partendo dal nome, Sextantio (www.sextantio.it), quello originale romano del borgo. Per l’allestimento è stato consultato l’archivio del Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara; sono stati coinvolti mastri e artigiani del posto che hanno usato solo materiali di riciclo; e sono stati intervistati gli anziani della zona per capire come si viveva, come si faceva casa, come si mangiava. La scelta filologica non era vincolante come avrebbe potuto essere per un monumento storico, eppure la struttura molto semplice in apparenza è estrema negli intenti, fino quasi all’esasperazione, lasciando i muri sporchi di fumo e i bagni senza porte. Lontano dal ruralismo retorico di certe ristrutturazioni, Sextantio invita a una nuova esperienza di turismo, che porta in luoghi dimenticati e ameni, capaci meglio di un museo di far vivere come si viveva una volta, usando utensili del passato, dormendo in letti di ferro battuto con le coperte di lana fatte a mano, mangiando piatti sconosciuti. Ed eccoli arrivare i turisti, curiosi di questo viaggio nel tempo. Ci vengono volentieri, e prenotano le 29 camere di Sextantio per un matrimonio, una ricorrenza, o una settimana di riposo. Ma sono molti di più ora. Cosicché dal 2000 a oggi, a Santo Stefano di Sessanio, di strutture per gli ospiti ce ne sono addirittura 20 e la gente del posto si adopera per offrire loro un’ospitalità rurale, garbata, sincera. 3

STILE TUTTO ITALIANO Sextantio fa parte degli “alberghi diffusi”, strutture nate quasi sempre dal recupero di case preesistenti e borghi semi abbandonati, e con essi tradizioni, cultura e paesaggi. Il primo è stato aperto negli anni Ottanta in Carnia, ma il primo riconoscimento ufficiale è arrivato dalla Regione Sardegna nel 1998. Oggi ce ne sono una cinquantina in tutta Italia ed esiste un’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi (www.alberghidiffusi.it).

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L’albergo Sextantio nasce da un restauro filologico di un gruppo di case diroccate. Per ricostruire fedelmente gli ambienti abruzzesi di montagna sono stati consultati archivi iconografici, artigiani e anziani del posto. Il proprietario Daniel Kihlgren (in basso a sinistra) voleva tutelare l’identità del borgo preservando sì l’architettura, ma anche mantenendo lo stile originale degli arredi, usando materiali di riciclo, offrendo cibo tradizionale, a volte sconosciuto

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Franciacorta

la route du champagne d’Italie

Il cielo terso, l’aria frizzante, la voglia di scappare dal grigiore di una città che ti soffoca. Senza pianificare nulla, e in valigia solo poche cose insieme a una ventata di libertà. Meta: le generose colline della Franciacorta

di Antonella Euli

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ITINERARI ►

a Milano sono solo un’ottantina di chilometri e, traffico permettendo, ci si arriva in un’ora circa. L’idea non è quella di visitare - e raccontare - cantine blasonate, ma piuttosto andare a caccia di piccole realtà dal profumo di nuovo e costruire un itinerario scandito da luoghi da scoprire o riscoprire, insieme ai sapori del territorio. Mi guida l’istinto e qualche dritta suggerita da chi conosce bene l’ambiente, quindi partenza nel tardo pomeriggio, meta Corte Franca, proprio nel cuore della Strada dei Vini. Mi hanno consigliato una locanda dove alloggiare, ma quel che vedo supera le aspettative. Le Quattro Terre è un cascinale in pietra del ‘700, immerso nel verde delle colline e circondato dai vigneti, che al tramonto si tinge d’oro. Molto accogliente, luci soffuse, una suite so romantic e, una volta

sistemati i bagagli, c’è giusto il tempo di una doccia e poi subito a cena, prima tappa del nostro itinerario del gusto. È un’altra piacevole sorpresa, anzi uno spettacolo da incanto. Siamo al Convento dei Cappuccini di Cologne, un edificio francescano del ‘500 un tempo ostello cappuccino, costruito sulle pendici del

Sopra, la mappa del “tesoro di Franciacorta”. Sotto, tavola stile “Le Déjeuner sur l’herbe” alla Locanda Le Quattro Terre: un cascinale perfettamente restaurato circondato dai vigneti con ottimi ristorante e vini. Accanto, tutta la magia del lago d’Iseo, punteggiato da paesi gioiello

monte Orfano e oggi trasformato in hotel de charme. E che charme… Un parco secolare con frutteto, orto, vigne e un variopinto roseto; solo 14 stanze; centro benessere con piscina idroterapica e, motivo del nostro essere qui, il ristorante Cucina San Francesco. Affacciato sul chiostro, accogliente e intimo, con grandi

camini, candide fiandre, lumi antichi e una cucina griffata Fabrizio Albini, da stellare subito. Pane fatto in casa (c’è anche una pizza al vapore come appetizer) e ricette regionali arricchite dalle erbe dell’orto: i sapori sono netti, sinceri, senza mistificazione. La terra e il territorio sono parte della 61


Atmosfere d’antan al Convento dei Cappuccini di Cologne, un edificio francescano del ‘500 un tempo ostello cappuccino e oggi un resort di charme, con ristorante da stellare. Anima e patron del luogo, Rosalba Tonelli, schietta e ospitale come la sua terra

creatività dello chef e, una portata dopo l’altra, sono emozioni indelebili. Si torna in Locanda, felici e appagati. Il mattino seguente, dopo la colazione con torte della casa appena sfornate, ci spostiamo a Passirano per far visita alla Romantica: dieci ettari di vigneto coltivati a Chardonnay e Pinot Nero, agriturismo con ristorante, una cantina tirata a specchio e una limited edition, per scelta, di bottiglie Franciacorta Brut e Saten. Questo bendidio è di proprietà della famiglia Avanzi che, ci racconta orgoglioso Nicola, ha una tradizione ottuagenaria in fatto di vini. Romantica è l’ultima cantina nata, mentre le altre ben avviate, sono sulle rive del Garda. Chiaretto e Lugana sono i loro gioielli, insieme a grappe purissime e un eccellente olio di oliva extravergine. Durante il racconto, degustiamo senza fretta i nettari biondi, voto: 10 con lode. 62 62


ITINERARI ►

Si va a pranzo a Colombaro di Corte Franca, all’azienda agricola Barboglio De Gaioncelli. Non lasciatevi ingannare, di agricolo c’è solo il panorama di dolci colline e la cantina annessa (di ottimi vini maison), mentre il ristorante in un’ampia corte, è raffinatissimo: in pietra e legno, con immensa vetrata che incornicia vigne e cantina. La cucina è complemento dei vini e ogni piatto, tradizionale quel tanto che basta con una ventata di frizzante creatività, rimanda al territorio e sposa alla perfezione i vini Barboglio in preziosi bicchieri di cristallo. Il pomeriggio è breve, troppo breve, e da vedere c’è ancora molto. Lesti a Erbusco, la cantina Solive ci attende. Tra i due colossi Bellavista e Cà del Bosco, c’è questa perla immersa tra vigneti collinari (poco lontano il loro agriturismo e l’allevamento di bestiame) che produce vini di nicchia con i raccolti 63


ITINERARI ◄

SOTTO UNA BUONA STELLA Stefano Cerveni, chef stellato delle Due Colombe si presenta: “Fare cucina significa per me “ascoltare” ogni ingrediente e trattarlo con rispetto usando tecnica e passione, con l’obbiettivo creare piatti semplici, buoni, sani. Le materie prime devono essere in assoluto le migliori che le stagioni ed il mercato mi possono offrire, il mio compito è assemblarle, partendo da un’idea dettata da un’ ispirazione, da un’ intuizione e non dalla necessità di voler stupire. È un cammino che ho iniziato da adolescente, e che intendo proseguire. Credo fermamente che una creazione gastronomica per quanto innovativa debba essere in primis, anche leggibile e comprensibile a tutti.”

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dai vigneti in proprietà, dislocati nelle tenute in Torbiato, Adro e Corte Franca. Bella la cantina e belle anche le bottiglie di design, originalissime e immediatamente connotabili. Dal Brut Millesimato al Satèn, dal Pas Dosé al Rosé insieme a vini rossi e bianchi e olio extravergine. Il tramonto incombe, un’altra cena ci attende e anche qui magnificent. Location da sogno per il Due Colombe sito nel Borgo Antico San Vitale di Borgonato, con distilleria annessa, e recentemente ristrutturato. Elegante e informale con la cucina firmata da Stefano Cerveni, 1 stella Michelin, che esprime il suo talento “ascoltando ogni ingrediente e trattandolo con rispetto usando tecnica e passione, con l’obbiettivo creare piatti semplici, buoni, sani, perché credo che una creazione gastronomica per quanto innovativa debba essere in primis, anche leggibile e comprensibile”. Dopo una cena sontuosa si torna alla base e l’indomani, finito il tracciato dei vini, si visita il territorio. Partendo dal

Monastero di San Pietro in Lamosa a Provaglio d’Iseo, che domina le Torbiere del Sebino. Il primo un gioiello architettonico appartenuto ai monaci dell’Abbazia di Cluny, l’altro una riserva naturale che ospita una varietà di habitat e di specie acquaticopalustri rare o a rischio di estinzione. Una puntatina a Iseo è d’obbligo e il suo centro storico lindo e curatissimo è un tableau vivant inaspettato. Si pranza alla Dispensa Pani e Vini di Torbiato, una sorta di Eataly in formato mignon, dove di acquistano vini e prodotti gourmand e si guarda lo chef Vittorio Fusari, di grande mano, preparare i suoi piatti “di passione per il territorio e per tutti i prodotti dell’eccellenza italiana”. Pausa… Relax al Quattro Terre, dove ceneremo. Fatevi bendare gli occhi e affidatevi al maitre-sommelier e allo chef e lasciate che siano i piatti a raccontare la storia di questo territorio benedetto. Infine, ebbri di tante prelibate bellezze, siamo pronti a tornare al grigiore milanese. 3

Sopra, un’immagine-cartolina del piccolo centro lacustre di Peschiera Maraglio, a Montisola, proprio di fronte a Iseo. Sotto, un pescatore mette in mostra, ordinatamente, i “frutti” del lago. Pagina accanto Borgo Antico San Vitale di Borgonato, che ospita la distilleria e il ristorante Due Colombe

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L'Arcimboldo era vegetariano? Forse, ma un dato è certo: le sue "Teste Composte" continuano a ispirare creativi66di ogni dove. E anche famosi chef de cuisine

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Crazy or e e gr

di Antonella Euli

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VEGETARIAN FOOD ►

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uinoa, miglio decorticato, segale, azuki verdi e rossi, anacardi, semi di sesamo, curcuma, semi di coriandolo, malto di riso. Benvenuti nel meraviglioso mondo verde, dove questi elementi, insieme a pasta, riso, pane, lenticchie, fagioli, cavolfiori, broccoli, carote, spinaci, lattuga, zucchine, pomodori e frutta fresca sono il "pane" quotidiano. Quattro grandi maestri di cucina ci raccontano le loro divagazioni sul tema vegetarian. Perché? Per diversi motivi, tutti validissimi. L’amore incondizionato per gli animali, la certezza che dalla natura verde arrivi tutto ciò che serve per vivere e la consapevolezza di “fare qualcosa” di concreto per la salvaguardia dell’ambiente. Il vegetariano si è trasformato sempre più in way of life per circa un miliardo di persone al mondo. Chi fosse tentato da questa filosofia che ormai trascende il solo cibo, sappia che i vantaggi della conversione sono molteplici e di tutta salute. 3

Claudio Sadler: ravioli di parmigiana di melanzane con salsa di pomodoro e aria di Grana Padano 27 mesi Riserva Ricetta per 10 persone ➻ Per la pasta • 850 g farina 00 • 100 g cacao amaro in polvere • 200 g semola rimacinata • 30 tuorli • 3 uova intere • Sale 30 g • Olio 70 g ➻ Per il ripieno • 4 melanzane • 2 mozzarelle di Bufala • 1 mazzetto di basilico • 2 pomodori • Grana Padano 80 g • Pan grattato q.b • Sale e pepe q.b • Olio q.b ➻ Per la salsa di pomodoro • 1 kg di pomodori datterini • 1 scalogno • sale q.b • basilico q.b ➻ Per l’aria di Grana Padano • 300 ml di acqua • 2 cucchiai di Grana Padano grattugiato • 1 cucchiaio di lecitina di soia ➻ Decorazione • Germogli di shiso • Petali di pomodoro essiccato

Preparazione Mescolare tutti gli ingredienti per la pasta fino a ottenere un composto omogeneo. Lasciare riposare in frigorifero per un'ora. Tagliare le melanzane a fette di circa mezzo centimetro di spessore, cuocerle in padella antiaderente con un filo d’olio, poi tritarle grossolanamente. Farle raffreddare.Tagliare la mozzarella a piccoli cubetti e unirli alle melanzane, aggiungere pomodori concassè (conservare la buccia del pomodoro e farla essiccare. Servirà per decorazione). Aggiungere pan grattato, sale, pepe e parte del basilico tritato, insaporire con il grana e amalgamare il tutto. Riempire una sac à poche con il ripieno alla parmigiana. Tirare la pasta e formare due sfoglie per i ravioli, tagliare con un coppapasta i ravioli di 4 cm. di diametro. Con la sac à poche riempire i ravioli, chiudereli a mezzaluna e unire le estremità laterali. Conservare in frigorifero. Preparare un soffritto di olio e scalogno tritato. Tagliare a metà i pomodori datterini, aggiungerli al soffritto con due bicchieri di acqua. Lasciare bollire per almeno 20 minuti. Passare al passaverdure i pomodorini e filtrarli per eliminare i semini. Aggiustare di sale, aggiungere il basilico e cuocere per mezzora circa. In un pentolino versare 300 ml di acqua aggiungere il Grana Padano, frullare con un mini pimer e aggiungere la lecitina di soia continuando a frullare. amalgamare bene il tutto e portare a 60°C. Togliere dal fuoco e riporre in un contenitore. Lasciar riposare in frigo per almeno 2 ore. Cuocere i ravioli in abbondante acqua salata per 4 min. circa. Scolarli. Qualche minuto prima del servizio, scaldare la salsa e montare nuovamente l’aria di grana. Finitura: Su un piatto fondo, versare la salsa di pomodoro, disporre sei ravioli, aggiungere un filo d’olio a crudo, l’aria di grana su ogni raviolo. Decorare con germogli di shiso e petali di pomodori essiccati. 67


VEGETARIAN FOOD ◄ Fabrizio Albini: funghi, liquirizia, orzo e melissa Ricetta per 4 persone ➻ Per il Terriccio d’orzo Primo giorno • 180 g farina 00 • 80 g orzo tostato bio Caprafico • 50 g farina di nocciole • 10 g zucchero • 80 g birra Secondo giorno • 30 g liquirizia in polvere • 20 g orzo tostato bio in polvere • 50 g farina di nocciole • 5 g di sale • 50 g burro fuso ➻ Per i funghi • 4 funghi porcini interi chiusi • 4 mazzetti funghi chiodini • 4 cardoncelli • 8 foglie di melissa • Sale integrale q.b • Burro salato 50 g

Preparazione Primo giorno Preriscaldare il forno a 90° C. Mescolare gli ingredienti secchi in un contenitore e versarli successivamente in un frullatore. Frullare brevemente bagnando con la birra. Versare il composto su di una teglia con carta da forno e far seccare in forno per 2 ore. Passare al setaccio. Secondo giorno Stessa procedura del primo giorno, aggiungendo il burro e amalgamando in modo omogeneo i due composti. Cuocere in pentola con la noce di burro, le tre tipologie di funghi tenendo attaccatele le famigliole di chiodini con le loro radici. Per servire Posare un cucchiaio di terriccio d'orzo al centro del piatto, adagiarvi i funghi cotti e un pizzico di sale integrale. Ultimare con le foglie di melissa.

Igles Corelli: crema di riso al latte di cocco con cipolla e mele Ricetta per 4 persone

➻ Per la crema • 150 g di riso originario • 1,5 l di brodo vegetale • 1 dl di latte di cocco • 80 g di cipolla rossa, tagliata a dadini • 150 g di mele golden, tagliate a dadini • 50 g di burro • 1 scalogno, sbucciato e tritato • 1 cucchiaino di zucchero di canna • 1 pizzico di cannella in polvere • olio extravergine di oliva • sale e pepe bianco Preparazione Per la crema di riso Stufate lo scalogno a fuoco basso in un cucchiaio d’olio. Aggiungete un litro di brodo, portate a ebollizione, aggiungete

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il riso e cuocete per 15-20 minuti. Unite il latte di cocco, abbassate la fiamma e continuate la cottura per altri 5 minuti. Fuori dal fuoco, frullate, passate al setaccio fine, regolate di sale e pepe e conservate coperto al caldo. Per le cipolle Stufate la cipolla in metà burro a fuoco basso, dopo circa 5 minuti aggiungete un poco di brodo e continuate a cuocere finché tutto il brodo sarà evaporato. Regolate di sale e pepe e conservate al caldo. Per le mele Stufate le mele nel rimanente burro per circa 3 minuti, aggiungete lo zucchero e la cannella, continuate a cuocere per un altro minuto. Allestimento dei piatti Scaldate crema, cipolle e mele. Versate la crema nelle fondine, decorante con cipolla e mele, terminate con un filo d’olio. Servite immediatamente.


Giancarlo Morelli: tuorlo d’uovo leggeremente affumicato

(croccante di cereali scalogni al sale e crema alle bacche balsamiche) Ricetta per 10 persone • 10 uova intere • 300 g scalogno • 50 g miglio integrale • 100 g riso nero • 50 g amaranto • 50 g quinoa • 5 dl panna fresca • 3 g resina di pino • sale e pepe q.b. • macinati al momento

Preparazione Affumicare le uova intere per 6 ore con corteccia di ciliegio. Cuocere tutti i cereali separatamente in acqua bollente, scolarli e farli seccare in forno a 80 gradi per 4 ore, poi soffiarli in olio di semi e miscelarli. Cuocere gli scalogni al sale in forno a 160 gradi per 40 minuti. In una casseruola brasare lo scalogno, aggiungere la panna e ridurre del 50%. Frullare e aggiustare di sapore, prima di servire aggiungere la resina. Passare l’uovo prima di servirlo in acqua a 63 gradi per 15 minuti, utilizzare solo il tuorlo.

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LA MIA TERRA ►

L

a fattoria Cabanon è in cima a una collina di vigneti pettinati con cura, dove lo sguardo spazia tra vigne e rose sentinella e campi di lavanda così estesi da far pensare alla Provenza. Qui incontriamo Gregorio, poco più che un bambino, innamorato della sua terra e dei suoi rapaci. È il più giovane falconiere d’Italia e si racconta così: «La natura è meravigliosa e io la amo da quando ero molto piccolo. Mi chiamo Gregorio Tinteri Mercandelli, da poco ho compiuto dodici anni e vivo in campagna, in una fattoria circondata da vigneti, boschi e campi di lavanda. Mamma e papà producono vino e quindi sono cresciuto circondato da un sacco di bottiglie, anche se la nostra è una vera e propria fattoria piena di animali che noi tutti amiamo molto. Io però non mi limito ad amarli, ma vivo in simbiosi con loro che ricambiano le mie attenzioni con immenso affetto. Gli animali sono istintivi e sinceri e non tradiscono mai le loro emozioni; sono semplici e veri e da loro ho imparato molte cose anche sui ritmi della natura. La mia passione sono i rapaci ed è un sentimento che condivido con Giovanni (cioè, papà) perché anche a lui piacciono moltissimo; sarà perché da bambino ha vissuto in Canada vicino a una Riserva Indiana e ha osservato il rapporto che lega gli Indiani d’America alla natura, e il loro rispetto nei confronti di tutti gli animali, soprattutto verso le Aquile d’alto volo. Io e Giovanni abbiamo cinque rapaci, ognuno con un carattere tutto particolare. Per me la più simpatica e affettuosa è Nimue, una Poiana americana (detta Falco di Harrys, che è una località dell’Arizona), molto simile a un’aquila sia nei colori che nell’aspetto, e che per questo viene chiamata “la piccola aquila”. Nimue è una giocherellona, quando è felice mi dà piccoli baci con il suo enorme becco e mi mordicchia i bottoni e il collo della camicia mentre gorgheggia per farmi capire che è felice. Abbiamo anche un Falco Lanario, uno degli uccelli più veloci al mondo, di nome Isabeau, con un bel piumaggio grigio e marrone e potentissimo nell’alto volo. Arturo invece è un Gheppio asiatico, uno dei falchi più piccoli, e vive in casa con noi: è furbissimo e spesso capita che spicchi il volo sfiorando teste e lampadari; è anche molto coraggioso e l’ho visto attaccare falchi più grossi per difendere noi e il suo

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Un disegno di Gregorio che ritrae se stesso in compagnia dei suoi inseparabili amici


Il bambino che sussurra ai rapaci L’incontro magico con Gregorio, il più giovane falconiere d’Italia. Accade in Oltrepò e il protagonista sembra uscito dalla penna di un autore romantico di fine Ottocento

di Antonella Euli, foto di Davide Biagi

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LA MIA TERRA ◄

“Gli animali sono istintivi e sinceri e non tradiscono mai le loro emozioni; sono semplici e veri e da loro ho imparato molto, anche sui ritmi della natura” territorio. L’ultimo arrivato è Paco, un velocissimo Falco pellegrino asiatico, con uno splendido piumaggio rosa e nocciola. Per il momento però, Paco si rapporta solo con papà perché è un falco “problematico” con una brutta storia alle spalle e spesso lo vedo tremare e guardarsi intorno sospettoso e intimorito. Ma penso che, grazie alle nostre cure, un giorno Paco perderà le sue paure e potrà volare alto e veloce. Infine c’è il piccolo Merlino, un gufo Assiolo (in realtà è una femmina, ma quando ce ne siamo accorti era già battezzato Merlino) che abbiamo accolto quando era poco più di un pulcino. Sembra un “barattolino” ed è dolcissimo. Penso che gli uccelli rapaci abbiano la capacità di rapportarsi molto bene con le persone. Un falco merita molta cura e bisogna rispettarne abitudini e esigenze per ottenere in cambio un immenso affetto. E’ bellissimo guardarli in volo ad ali spiegate, quando esprimono il massimo della loro potenza, e osservare tutti i loro atteggiamenti: controllo, attacco, godimento e gioco. Una cosa che mi piace tantissimo, e quasi quanto i miei animali, è il disegno. Quando non sono con i falchi sono con le matite in mano a creare storie e fumetti. Peccato dover abbandonare sogni e fantasia per tornare nel mondo reale e tentare di stare con i piedi ben a terra. Ma poi, mi basta guardare i miei falchi volare alti ad ali spiegate, che anch’io mi sento autorizzato a riprendere il volo!» 3 72


Aquile e falchi, gufi e civette sono i migliori amici di Gregorio, il piÚ giovane falconiere d’Italia che condivide la vita con i suoi rapaci

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USI & COSTUMI ►

Collio Mon Amour L’amabile ospitalità della famiglia Sirk in terra friulana, tra cottage nel bosco circondati da botti in rovere dove invecchia l’aceto buono

di Marina Tagliaferri

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Sopra, calde atmosfere di campagna che rivivono nel rito della polenta celebrato da Josko, vicino al camino scoppiettante. Sotto, l’insegna della Subida. Nella pagina accanto, i Sirk in bianco e nero e un cottage nel bosco, dove la natura è protagonista anche negli arredi

T

rentasei anni, una laurea in giurisprudenza, 4 lingue parlate correntemente e lunghi soggiorni negli States, non hanno fatto di Tanja Sirk un avvocato di successo ma piuttosto un’amabile ospite in terra friulana. Il suo mondo è tra le dolci colline del Collio, poco fuori Cormòns, a La Subida, il resort di campagna di proprietà della sua famiglia, fatto di casette in pietra e legno circondato dai vigneti. Qui ha deciso di vivere, innamorarsi (di Alessandro Gavagna, chef del ristorante con 1 stella Michelin), diventare mamma di Matija e Marta e affiancare il padre Josko nella produzione di un aceto da gourmet. “Quando ero all’università pensavo che da grande avrei fatto l’avvocato e avrei viaggiato molto racconta - ma invece ha vinto il richiamo della campagna e di una vita a contatto con la natura che entra prepotentemente anche nella nostra casa, un rifugio in legno e pietra naturale che abbiamo voluto sul fianco della collina. 75


USI & COSTUMI â—„

Sopra, a sinistra un piatto della tradizione, semplice e schietto. A destra, il ristorante. Sotto, una delle camere nel bosco

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Dalle vetrate che sostituiscono alcune pareti, quasi si toccano gli alberi ed è come guardare un film meraviglioso e sempre diverso. I viaggi, ancora oggi, sono la mia grande passione e me li concedo con Alessandro, spesso per andare a trovare i nostri amici chef in giro per il mondo, per stare con loro, scambiarci esperienze e conoscenze”. Ma una volta a casa la coppia rientra nel suo ruolo: lei signora di campagna, lui chef. Erbe spontanee, fiori, prodotti dell’orto, carni e formaggi di piccoli artigiani locali sono le materie prime d’elezione nella cucina di Alessandro, che interpreta le tradizioni di questa terra di confine e accosta sapori friulanoveneti, sloveni e austriaci rielaborandoli con raro equilibrio. Mentre Tanja organizza corsi di cucina impostati sui prodotti di stagione, la Rosa di Gorizia, ad esempio, pregiato radicchio purpureo invernale, o le erbe spontanee che, prima di lei la nonna e la madre raccoglievano nei prati in primavera. Con

Sopra, Josko e il suo “cesto della spesa”, proveniente dai boschi che circondano La Subida. Sotto, cottage by night

volto sorridente e gentile presenta i piatti quasi fossero golosi racconti, e accompagna i suoi ospiti alle casette nel bosco. Lungo il percorso, indica alberi, erbe e fiori, suggerisce passeggiate, addita l’Acetaia dove suo padre produce in modo naturale aceto finissimo dalle migliori uve del Collio, racconta della sua terra che si inanella alla Brda, i colli della Slovenia appena al di là dal confine. Ai bimbi invece raccomanda di non temere la volpe della Subida che vive nel sottobosco e di osservarla in silenzio, agli adulti insegna dove imboccare il sentiero per la Casa del benessere in legno naturale che si affaccia sulla foresta, con sauna, vasca di acqua cristallina e chaises longues, e vivere momenti di relax in piena sintonia con la natura. Tanja diventa anche guida di passeggiate lungo i sentieri nascosti del Collio, e voce della memoria quando invita a scoprire le tradizioni della sua terra, legate al passare delle stagioni e scandite da riti e ricorrenze ancestrali come il gioco del truc con le uova pasquali (che prima dipinge con colori naturali) o la raccolta del mazzo di San Giovanni nella notte magica del solstizio d’estate. 3 www.lasubida.it 77


Terra

& anima

Un Eco Resort in Umbria è il luogo ideale per una “remise en forme” spirituale, tra meditazione, cucina vegana e silenzio... di Antonella Euli

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BENESSERE ►

C’

è un luogo, proprio nel cuore dell’Italia, dove si respira un’aria mistica e questa terra “benedetta” si chiama Umbria, patria di poeti, santi e monasteri. E proprio in quello che un tempo era un sito di preghiera, oggi si danno appuntamento viaggiatori eccellenti. Quelli che non amano la troppa confusione e che rifuggono dalla pazza folla, in cerca, anche solo per un giorno, di pace e serenità. L’Eremito Hotelito del Alma (www.eremito.com), tra le colline della Valle Terina, è un monastero laico inserito nelle ondulate colline umbre che misura il tempo con la clessidra della spiritualità. Quel che si trascorre tra le secolari mura è un tempo scandito da ritmi lenti, in simbiosi con la natura: inizio all’alba e fine al tramonto. Senza intrusioni e interruzioni, lontano dai rumori della quotidianità, in un maestoso isolamento. L’atmosfera che si respira è quella caratteristica dei monasteri dell’Umbria, dove

Alla fine della strada asfaltata, in mezzo al bosco, si tagliano i ponti con il mondo e non resta che abbandonarsi alla contemplazione della natura, alla lettura, al silenzio e alle attività dei workshop: “Yoga e meditazione”, “Digiuno e colon detox”, “Cucina vegana e crudismo”, dall’alba al tramonto

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BENESSERE ◄

Oggi, come nei secoli passati, l’Eremito mantiene intatta l’austera essenzialità degli antichi monasteri, laddove il tempo sembra essersi fermato. E diventa un posto perfetto per chi vede nell’essenzialità, nella calma e nella quiete, la chiave per ritrovare la pace interiore

la comunione tra terra, pace e silenzio favorisce il contatto con l’anima e con l’io più profondo. L’eremo Eco Luxury è frutto di un restauro dell’originaria struttura dei primi del ‘300 secondo i canoni della bioarchitettura e della bioedilizia. Si dorme nelle celluzze, stanze che ricalcano il modello delle antiche celle utilizzate dai padri eremiti, spazi dedicati alla riflessione e alla preghiera: 14 camere singole con letto alla francese, con un piccolo bagno con doccia e biancheria in filato di canapa antica, realizzata e ricamata a mano. Il superfluo è abolito: niente telefono (il cellulare non prende), televisione o connessione wifi e nemmeno aria condizionata (sostituita da un sistema di coibentazione modernissimo). E al loro posto, uno scrittoio in pietra e una comoda seduta. D’inverno si mangia in Refettorio, davanti al grande camino e in religioso silenzio, mentre nella

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bella stagione ci si sposta sotto il pergolato, nel giardino che si affaccia sulla riserva naturale. Lo stile e la sobrietà della dimora si rispecchiano anche a tavola: una cucina vegetariana e vegana a menù fisso con piatti semplici, provenienti dalle migliori ricette della tradizione monastica mediterranea. Verdure freschissime di stagione raccolte nell’orto per riassaporare il gusto della campagna, pane e pasta fatti in casa, come le marmellate e i dolci. Nell’Area Relax adiacente alla Sala Yoga e interamente scavata nella roccia, accompagnati da un sottofondo di antichi canti gregoriani, si rigenerano corpo e mente con bagni di vapore e vasca riscaldata con cromoterapia e idromassaggio. E tra meditazione e relax c’è anche il tempo per partecipare a workshop (Yoga e meditazione, Digiuno e colon detox, Cucina vegana e crudismo), e fare lunghe passeggiate a cavallo alla scoperta del territorio. 3


7 CUCCIOLI DA SALVARE Questi splendidi cucciolotti, sani, dolci e affettuosi, cercano urgentemente adozione

NORY (FEMMINA)

LUKY (MASCHIO)

GINNY (MASCHIO)

Sono stati raccolti per strada e sistemati in un rifugio di fortuna che dovranno lasciare entro la fine di marzo. Sono in Sicilia ma per una buona adozione li portiamo in tutta Italia. ADOZIONE CON FIRMA DI MODULI E CONTROLLI PRE E POST AFFIDO

Info: 7cucciolidasalvare@gmail.com

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ivere V la terra 2015 · anno I · numero 1 bimestrale – Febbraio/Marzo 2015 Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 358 del 19/11/13 Direttore Responsabile: Roberto Ferri Progetto grafico: Platinum Media Lab srl via Passione, 3 – 20122 Milano tel. 02–36683420 r.a. e-mail: viverelaterra@platinummedialab.com Direttore Editoriale: Barbara Del Duca Consulente Editoriale: Antonella Euli Art Director: Laura Larese Hanno collaborato a questo numero: Daniela Canè, Clarissa Galbiati, Sara Magro, Marina Moioli, Cristina Mercaldo, Marina Tagliaferri Foto: Davide Biagi, Viviana Lupi, Fotolia I documenti ricevuti e non richiesti (testi, foto, disegni), in copia o in originale, non saranno restituiti. Pubblicità: Platinum Media Lab srl e-mail: adv.viverelaterra@platinummedialab.com tel. 02–36683420 r.a. www.platinummedialab.com Arretrati: CIGRA 2003 srl – Roberto Pugni tel. 02 – 43995439 fax 02 29061863 info@cigra.it Editore: CIGRA 2003 srl Via R. Franchetti, 2 – 20123 Milano tel. 02 – 43995439 fax 02 – 29061863 e-mail: info@cigra.it – www.cigra.it Tipografia: Roto 3 – Castano Primo Distributore: SO.DI.P. Spa Via Bettola, 18 – 20092 Cinisello Balsamo tel. 02 660301 Fax 02 – 66030320 82


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