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luglio/agosto 2015 - anno 4 n. 4 - distribuzione gratuita

CittadinoNews|LUGLIO/AGOSTO 2015 | anno 4 n. 4 | distribuzione gratuita | portalecittadino.it|Cultura&SocietĂ

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Che Spettacolo...



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L’editoriale di Vladimiro D’Acunto

Anche quest’anno ci siamo. L’estate è giunta in tutto il suo splendore e con tutta la veemenza di Caronte che ci ha traghettato nei giorni scorsi su un mare di caldo rovente. D’altronde la parola “estate” in latino vuol dire proprio “caldo che brucia” e il clima di questi giorni ha onorato pienamente l’etimologia del termine. Il CittadinoNews augura a tutti i suoi lettori e lettrici di trascorrere serene vacanze estive e soprattutto di viaggiare. È questo il periodo in cui è maggiormente possibile mettersi in cammino, godersi la propria quotidianità all’aria aperta, “annusare” la vita esplorando, osservando con quello sguardo vivo e scevro da ogni pensiero, pronto a leggere e capire meglio cosa e chi ci circonda. Viaggiare d’estate significa allenarsi a “leggere” il cielo stellato o assolato al di sopra di noi, dedicarsi a qualcosa che magari abbiamo trascurato nel resto dell’anno, ritrovare se stessi nella lettura di un libro, in una passeggiata nel bosco o in una pedalata in bicicletta. Insomma, se tutto ciò che ci circonda è una sorta di libro da conoscere e capire, solo viaggiando e relazionandosi con esso è possibile sfogliarlo. Buon viaggio a tutti!

sommario sociale

4 > Gli incroci della vita CULTURA

5 > E…state con la lettura 6 > Giffoni Film Festival, elogio della passione 8 > Sufjan Stevens Politica

9 > “Uno spettro si aggira per l’Europa”, lo spettro della Grecia storia

10 > Che cos’è l’Asia sud-orientale? Parte I 11> L’incantevole moschea arcobaleno di Nasir Al-Mulk EU GATE

12 > Erasmus Plus salute

13 > Miracoli d’ingegneria biomedica. Evoluzione dell’esoscheletro enogastronomia

14 > Blue Lagoon

"Il mondo non ci è stato lasciato in eredità dai nostri padri, ma ci è stato dato in prestito dai nostri figli" Cittadino News - anno 4 n. 4 - distribuzione gratuita - Supplemento a: «OZZZIUM - Pillole di buon umore» Reg. Trib. di Salerno - Registro Stampa Periodica al n° 1121/2003 - Editore: SILVER STAR s.a.s. Redazione, Grafica e Stampa: IMAGE SERVICE di Cicatelli A. Direttore Responsabile: De Rosa Giancarlo Vice Direttore: Vladimiro D’Acunto Art Director: Danilo D’Acunto Redazione: Emiliano Abhinav Boccia Orizzonte, Domenico Benvenuto, Michele Carucci, Alfonso Cesarano, Ivan Cibele, Giulio D’Ambrosio, Chiara De Rosa, Rosa Fenza, Lazzaro Immediata, Grazia Imparato, Fausto Mauro, Antonella Viola. Indirizzo: C.so Vittorio Emanuele, 384 - Montecorvino Rovella (SA) tel 338 9092107 - cittadinonews@gmail.com

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GLI INCROCI DELLA VITA sociale

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sociale di Emiliano Abhinav Boccia Orizzonte

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al mio articolo di giugno, in cui ho parlato di più cose, ne traggo solo alcune, così da approfondirle qui, adesso. Il paradosso che tocca vivere ad ogni essere umano è quello che, come disse anche Dante (Nel mezzo del cammin...), ad un certo punto dell'esistenza, iniziamo a farci delle domande importanti sulla nostra vita. Il paradosso consiste nel non possedere risposte a tali domande, aspetto, questo oltremodo inquietante. Certo non è detto che, farsi domande, debba essere un approcci comune a tutti. Molti esseri umani (99% circa) attraversano l'oceano dell'esistenza, dalla nascita alla morte, con la mente rivolta altrove. Riporto una frase di un grande filosofo (non ricordo chi) che diceva: la vita è quella cosa che ci capita mentre siamo impegnati a fare altro. Ecco, molti individui vivono così, distrattamente, immersi nei loro pensieri, che altro non sono che fantasie, speculazioni mentali, costrutti logici. Niente di reale insomma. Tutta roba della mente. Sicuramente a qualcuno verrebbe di fare una domanda del tipo: Ma a cosa si dovrebbe pensare? Cosa è giusto e cosa non lo è? Detto fatto. La questione sta nel livello di soddisfazione, di gioia, di benessere, con cui viviamo i fatti quotidiani di tutti i giorni. Niente di metafisico, ma, semplicemente: la vita che conduco è quella che desideravo? Sono circondato da persone che mi amano? Provo gratitudine per ciò che mi è stato destinato? Quante domande, vero? E sì, in effetti, solo chi è in grado di porsi domande del genere può iniziare ad uscire dall'incessante flusso di pensieri autoreferenziali e dal pensiero “logico”, unica arma (la ben nota e consumata logica) utilizzata per la risoluzione dei problemi. Sono le domande, insieme al coraggio di porsele, che aiutano a entrare in contatto con la Vita, con la v maiuscola. Le domande appaiono, generalmente, agli incroci della vita.

Sono questi quei momenti cruciali, in cui la probabilità di innescare cambiamenti importanti, diviene molto alta. Quando iniziamo a farci delle domande si corre il rischio di trasformare la nostra vita. In meglio chiaramente, ed è un rischio che non tutti sono disposti a correre, la stragrande maggioranza delle persone preferisce farne beatamente a meno di ogni processo o situazione che porti ad incerti e sospettosi cambiamenti. Perché cambiare? Chi me lo fa fare? Della serie “Chi lascia la strada vecchia... In verità, queste domande, sono questi i primi passi per avviarsi verso un cammino di crescita personale che altro non è, in fin dei conti, che una crescita della consapevolezza. Onde evitare di discutere sui massimi sistemi ho piacere a mettere in evidenza un fenomeno che molti di noi ben conoscono, così da riportare su un piano pratico il senso di questa consapevolezza. Mi riferisco a quegli eventi, che in un modo o nell'altro, tendono a ripresentarsi nella nostra vita. In genere si tratta di eventi dolorosi, carichi di sofferenza, purtroppo. E anche qui, una domanda, è il caso che ce la facciamo: Come mai questo evento, questa situazione, questo fatto, continua a ripetersi nella mia vita? Pensavo di averlo risolto. Invece eccomi di nuovo qui a farci i conti. Nel porsi la domanda, in riferimento al ritrovarsi,

in un certo modo, punto e a capo, significa che iniziamo ad essere maggiormente consapevoli su ciò che ci accade. Questo è un buon inizio di un cammino di crescita. Tutto, come sempre, anche gli aspetti più filosofici della vita, si riconducono alla vita reale, quella di tutti i giorni. Quindi, come mai mi ritrovo di nuovo a dover affrontare quel tipo di problema? Cosa debbo ancora fare che ancora non ho fatto? C'è qualcosa di sbagliato nel come re-agisco q questa situazione? Cosa non mi è ancora chiaro? Quale parte di me è implicata responsabilmente in questa situazione? Sono domande che possono guidarci a risposte con un potenziale enorme di benessere, non solo per noi, ma anche per le persone che ci sono vicine e che amiamo. Se solo avessimo il coraggio di farcele, chiaramente. Una caratteristica comune di queste domande che incontriamo agli incroci della vita, è quella di affermare in primis la responsabilità personale dei fatti che viviamo, portando l'attenzione sulle nostre azioni e sui nostri pensieri, escludendo tout-court qualsiasi riferimento a terze persone. Infatti la domanda master è: Cosa desidero, per me, da questa vita? La seconda è: Come posso ottenerlo, adesso?


E…STATE CON LA LETTURA cultura

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cultura di Antonella Viola

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ualche giorno fa, un Sabato, stavo cercando in casa, tra mensole e libreria, un libro "leggero" da portare con me al mare. Cerca e cerca, mi è capitato quello che credo capiti a chiunque abbia in casa dei libri (mi auguro tutti voi): ti soffermi su un volume, apri e cominci a leggere a caso pagine, ritrovi qualche vecchia cartolina (sì io ne ricevo e invio ancora!)..."Oh! Quel segnalibro che avevi preso quella volta in viaggio...Ah! E pure quello che ti ha regalato Anna! Vabbè, quanta polvere prendo un attimo uno straccio. Ok, già che ci sono sistemo meglio questi volumi…In ordine d'autore o di altezza? Questo è il problema! Eh no, questi con le copertine integre meglio che li metto in primo piano, che mi arredano!" ...Ecco. Cercavi un libro e hai perso due ore. Ed è per questo che ho pensato, ispirata da quello che ho ritrovato, di dare qualche consiglio per letture estive! Lungi da me fare réclame promozionali o fare il verso a Billy, l’unica (credo) rubrica sui libri della nostra TV pubblica. Anzi, premetto che non darò titoli completi di casa editrice e anno; di molti non ricordo nemmeno i titoli stessi…Ve li cercate su Google semmai. Vado per generi, autori, argomenti, umori. Per me l'estate è il momento dell'anno in cui come minimo rileggo tre o quattro libri di Camilleri, uno dei pochissimi autori contemporanei (per non dire viventi) che amo. Sarò banale perché in libreria e' un campione di vendite ma vi assicuro che è davvero straordinario. Di "Montalbano", il suo famosissimo commissario di polizia, ho letto tutto. Cosa amo? Le indagini, i temi trattati, i tantissimi riferimenti e rimandi colti ma non "pesanti", l'ironia, l'amore e l'obiettività con cui si descrive la terra siciliana, con le sue meraviglie linguistiche, storiche, naturali, culinarie. Ed è per questo che e' sempre un piacere leggere e rileggere. Molti "gialli" sono per così

dire "one shot": li divori fino a che non si scopre l' assassino e poi li rileggi forse solo a distanza di anni ma, come dire, non c' è più tanto gusto. Forse per chi si avvicina al suo primo incontro con Montalbano all'inizio può trovare difficoltà nel leggere e capire qualche termine...ma garantisco che poi non solo vi innamorerete di quel vocabolario...ma lo farete vostro! Tanto per rimanere in tema giallo, per chi non volesse impegnarsi e affrontare il dialetto siciliano, c'è la sempreverde zia Agata! Girando tra le sagre di paese e feste di piazza, tra una bancarella di cianfrusaglie e un'altra di noccioline, non indugiate e avvicinatevi ai banchetti di libri. Di sicuro troverete qualche Agatha Christie a tre euro. E li vale quasi sempre. I miei preferiti oltre ai classici Assassinio sull'Orient Express, Dieci piccoli indiani sono quelli con la simpatica e al tempo stesso odiosa zitella Miss Marple! Agata è unica e i suoi romanzi sono davvero le pietre miliari del giallo! Qualche titolo: Miss Marple nei Caraibi, C'è un cadavere in biblioteca, Un delitto avrà luogo, Assassinio allo specchio. Passando ad altri generi, le vacanze estive possono essere il momento migliore dell'anno per leggere qualche grande classico di

quelli comprati ma che giacciono intonsi oppure ereditati da madri, padri, fratelli, cugini (“Ulisse di Joyce sto parlando anche con te!”). Approfittate della spensieratezza vacanziera per immergervi in qualche dimensione storica, geografica e umana più sofferta: la Mosca e la San Pietro comprati la metà dell'800 di Dostojevski o Tolstoj, la Primavera di Praga di Kundera, la Macondo con le sette generazioni di Buendia di Marquez, le Cime tempestose della brughiera dello Yorkshire di Emily Bronte. Sempre sulle bancarelle di cui sopra si possono trovare, a volte a 1 euro, libri che dovrebbero essere letti da tutti (veramente), tipo prescritti dal medico di base come i vaccini obbligatori: la nostra grande letteratura. Pavese, Manzoni, Verga, Pirandello, Sciascia, D'Annunzio… Lo so, la scuola ve li ha fatti odiare, ma date loro una seconda chance! Non ve ne pentirete! Poi non dimentichiamoci il teatro: antico, moderno, "classico". Le tragedie tutte si leggono con gli strumenti della storia e della filologia, ma sono prima di tutto grandi storie, miti dal valore universale. Non abbiate paura di Medea e di Amleto! Portateli al mare con voi.


cultura/cinema

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GIFFONI FILM FESTIVAL, ELOGIO DELLA PASSIONE cultura/cinema

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’anno è il 1999, sullo schermo del televisore un suono frusciante carico di rimbombo e immagini sfocate. E’ una cassetta pirata in un videoregistratore, due oggetti che sono ormai scomparsi dal nostro tempo, ma all’epoca per molti di noi erano tutto. Le immagini (sfocate) erano titoli di testa alternati a scene di interni, il suono (frusciante) una sinfonia. Il film, “Eyes wide shut”. Da poco uscito nei cinema, all’epoca era il solo modo che si aveva per recuperare una pellicola a poco prezzo; l’epoca in questione era quella sostanzialmente priva di internet, priva dell’immediatezza dell’informazione, priva della “pappa pronta” a portata di click. Oggetti e concetti te li dovevi procurare in altro modo che non andando su Google a cercarli; io che

sin da piccolo ho amato il cinema, aspettavo le bancarelle estive per recuperare libri sull’argomento, e quando capitava di entrare in una libreria la prima tappa era sempre quell’angolino o scaffale riservato alla settima arte. Per non parlare delle videocassette: centinaia i film registrati dalla tv, altrettante quelle cercate in giro in negozietti e succitate bancarelle. Ricordo ancora la gioia provata quando recuperai titoli come “Metropolis”, “Rope”, “Der Blaue Engel” a due, tremila lire l’una. Gioia che culminò con la visione di “Eyes wide shut”, perché quel film rappresentò l’infrazione di un divieto (il film era interdetto ai minori, e ai tempi io lo ero) e allo stesso tempo l’omaggio migliore che potessi fare al cinema, guardandolo: sin dall’inizio, per me quel film è sempre avuto una forte valenza simbolica, perché la sua

di Danilo D’Acunto

visione non è stata altro che il frutto della paziente coltivazione di un frutto lento a sbocciare e solo dopo tanto lavoro, che si chiama passione. Pensate ora cosa possa significare ritrovarmi in un festival del cinema che ha come colonna sonora esattamente quella musica, quel valzer di Shostakovich che si era scavato un posto nel mio immaginario. Ecco cosa è per me il Giffoni Film Festival, un evento che in maniera buffa considero tutto privato, tutto mio, che parla una lingua che conosco e con il quale dialogo. E seppure in tanti adulti che ne prendono parte di sicuro non c’è la passione di cui parlo, sono stato felice di averla scorta negli occhi di tanti ragazzi, non solo di quelli che si affollavano sulle transenne nell’attesa dell’autografo del loro idolo (è una forma di passione anche questa), ma


cultura/cinema anche in quanti si spostavano da una sala all’altra per visionare i film in concorso, o in quanti hanno posto domande intelligenti ai vari ospiti, mostrando di capirne più di tanti giornalisti presenti lì per puro caso (o puro opportunismo). Viva il Giffoni Film Festival perché è una macchina commerciale che fa vendere cose e prodotti, ma viva anche il Giffoni Film Festival perché mi ha permesso di incontrare Luca De Filippo e fare una domanda a Martin Freeman. Viva il Giffoni che riempie alberghi e stipula contratti, e viva il Giffoni che lascia un qualcosa di più vivo di un semplice ricordo a tante persone che del cinema ne hanno fatto una loro passione (e che di passione vivono). Scusatemi, se questo non è propriamente un articolo sul Festival di quest’anno, ma sull’edizione e i suoi ospiti ho scritto durante il suo svolgimento una serie di pezzi che potete recuperare all’indirizzo portalecittadino.it (nonché sulla relativa pagina facebook), coadiuvato dall’ottimo lavoro della nostra fotografa. In questa pagina ho preferito esaurire un altro aspetto dell’evento, sperando di avergli tributato il giusto merito, nel bene e nel male. Ma se proprio dovessi – in un saluto finale – raccontare il festival, non potrei che farlo in una maniera dal sapore di cinema e dirvi, in tutta sincerità, che ho visto cose che non potete neanche immaginare: ho visto il Giffoni Film Festival. Ho visto Martin Freeman, Mark Ruffalo, Tom Felton e Darren Criss. E Fabio De Luigi, Stefano Fresi, Serena Rossi, Massimiliano Bruno, Fortunato Cerlino. Ho visto la lista degli ospiti e potete vederla anche voi andando sul sito. Ho visto una ragazza svenire e piangere nell’attesa del suo idolo, e pensare che a volte si è veramente

matti, ma che alla fine è pur vero che Beckett ha scritto “si nasce matti, poi qualcuno ci resta”. Ho visto Luca De Filippo e lui è stato il motivo per cui ancora una volta ho pensato che in fondo l’Italia e il suo Sud riescono ancora ad avere tanto da dire non al Nord Italia ma a tutto il resto del mondo. Ho visto palloncini colorati, scritte sulle braccia, migliaia di bottigliette d’acqua, lecca-lecca, giocolieri, poliziotti, donne delle pulizie, sponsor, microfoni e domande, body guards, braccialetti, macchine fotografiche, telecamere, figli sulle spalle dei padri (metafora dei nostri tempi?), pullman presi al volo, autografi, flash mob, sole cocente, pioggia, cappellini, popcorn. Ho visto uno stand “Feltrinelli” spuntare in mezzo a stand di tecnologie, vestiti, dolci. E sono stato felice perché laddove c’è carta stampata respiro sempre aria di casa. Ho visto il cinema. Ho visto bambini e ragazzi entusiasmarsi per un film o un cortometraggio che non abbiamo visto e forse non vedremo mai in televisione. Ho visto adulti ragliare di cinema, letteratura e musica anche se non erano il loro campo (e che il cinema, la letteratura e la musica li perdonino perché non sapevano quello che facevano: facevano schifo). Ho visto Rosa Fenza, la nostra fotografa, sopportare ore di sole per avere lo scatto giusto. E lo ha sempre avuto. Ho visto “Ant-Man”, il film della Marvel. Ho visto Ant-Man, il supereroe della Marvel. Proprio lui in persona. Ho visto anteprime, teaser e trailer. Perché spesso noi della stampa dimentichiamo che dietro le facili luci dei riflettori c’è il buio di sale cinematografiche che trasmettono cento e più film, essendo davvero un festival del cinema.

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cultura/cinema di Danilo D’Acunto

Ho visto una rivista cercare di fare il proprio lavoro nonostante tutto e tutti, e nonostante se stessa. Ho visto un valzer. Non sentito, proprio visto. Ne ho viste di cose, e sono contento di averle vissute. Soprattutto sono contento di averle raccontate, perché al di là del piacere bambino di ritrovarsi in un contesto del genere, e anche al di là della fortuna di avere a che fare con persone dello spettacolo (registi, attori e quant’altro) che sono costantemente presenti nella mia vita privata sotto forma di film e serie tv (essendone io un cultore), il piacere più profondo che ho provato – e che provo – è quello di raccontare. Lo constato quando non avverto stanchezza alle due di notte davanti allo schermo di un computer intento a battere tasti, né l’ho avvertita poggiato sul bordo di una ringhiera, appuntando scrupolosamente frasi e considerazioni con una penna nera su una moleskine di identico colore. E se pure non è stato sempre facile, se pure ho trovato qualche ostacolo di troppo sulla strada, rimane il fatto che – per dirla con le parole di Guccini – “ho tante cose ancora da raccontare / per chi vuole ascoltare / e a culo tutto il resto”. Un grazie al Giffoni Film Festival e a tutti coloro che mi hanno ascoltato.


SUFJAN STEVENS cultura/musica

S

ufjan Stevens è quel cantautore americano da sette album all’attivo e quindici anni di carriera che pochi conoscono. Sufjan Stevens è l’ideatore di quel progetto mastodontico di tanti album quanti sono gli stati dell’Unione. Sufjan Stevens è quel compositore eclettico al servizio della Brooklyn Academy of Music. E poi? E poi ci sono cinque anni di silenzio discografico. Almeno finora. Il ritorno di Sufjan Stevens sulla scena musicale viene annunciato in punta di piedi: pochi annunci promozionali e una traccia solitaria Should Have Known Better - adagiata sofficemente in quel tumulto che è la rete. Carrie & Lowell (così si intitola l’album) è l’ultima, dedicata dedica alla madre portata via da un cancro allo stomaco nel dicembre del 2012. Ma interpretare questo album equivale a parlare della vita stessa di Stevens. All’età di un anno Stevens, ultimo di sei fratelli, viene abbandonato, senza alcuna promessa di ritorno, dalla madre Carrie, una donna depressa, schizofrenica e bipolare, con problemi di tossicodipendenza ed alcolismo. Crebbe con il padre e la matrigna nello stato del Michigan, in una famiglia a forte stampo patriarcale, sentendosi come inquilini - come ammetterà lo stesso Stevens , tra repentini cambi di fede e appartenenze. Ma qualcosa cambiò, Carrie si risposò con Lowell, un vecchio amore di gioventù. Quest’ultimo, determinato a

riallacciare i legami con la famiglia di Carrie, organizzò visite, telefonate e vacanze estive a Eugene nell’Oregon, residenza della madre e del patrigno. Fondamentale, introdusse Stevens alla musica - mondo finora sconosciuto per lui. Divenne talmente importane per Stevens, da legarlo a lui, oltre che nell’affetto, nella guida della sua etichetta discografica, la Asthmatic Kitty, anche dopo il divorzio e la morte della madre. E cosi l’album diviene un songwriter narrativo di una vecchia vita in technicolor: una voce sussurrata è accompagnata da arpeggi di chitarra, con accennati drappi di elettronica, tastiere e cori, cuciti in diverse tracce dell’album. Tema centrale del lirismo è la morte della madre; ma Stevens riesce ad andare oltre le fasi del lutto e la rielaborazione del dolore. In un intreccio di reale e fantastico, fede, mitologia e tradizioni folkloristiche, la rabbia, il dolore e il silenzio si dissolvono. La ricerca di significato, giustizia e riconciliazione riesce quasi tangibile. I versi della title track, Death With Dignity: “Spirit of my silence, I can hear you, But I’m afraid to be near you, And I don’t know where to begin, And I don’t know where to begin” dissolvono, sostituiti da un presente mai vissuto, che parte dalle estati e dai boschi dell’Oregon, da quei pochi incontri che ne evidenziavano le somiglianze e la stessa caparbietà nel perseguire gli obiettivi. Il senso dell’abbandono, la critica a esso, cade inesorabilmente. Giù la maschera, le riserve: interroga la madre dell’amore mai ricevuto "I wonder did you love me

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cultura di Giulio D’Ambrosio

at all?" ma non omette le sue colpe “I should have known better; I should have wrote a letter”. Fourth of July è un racconto in forma di dialogo della dipartita della madre sul letto dell’ospedale. E continua in No Shade in the Shadow of the Cross, ponendo l’attenzione sull’importanza delle origini e del desiderio di un nucleo familiare nella sua vita: “The man who taught me to swim, he couldn’t quite say my first name, Like a father he led community water on my head, And he called me “Subaru”, And now I want to be near you”. Ma se tutto ha una fine, come recita lui stesso: “Don’t back down: nothing can be changed”, un crescente beat sembra simulare il battito di un cuore, un nuovo inizio come recita lui stesso: “My brother had a daughter, The beauty that she brings, illumination”

Ciò che rimane dopo l’ascolto, non è un desiderio di soffermarsi sul passato, ingraziarsi il pubblico con le sue miserie e cercare complici del suo dolore. Emerge una forte capacità di auto-riflessione e un forte desiderio di auto-guarigione attraverso la musica.


politica

“UNO SPETTRO SI AGGIRA PER L’EUROPA”, LO SPETTRO DELLA GRECIA

A

l netto delle simpatie di ognuno per l’uno o per l’altra, per l’oplita ateniese o per la valchiria teutone, al netto dell’ingiusta truffa ellenica negli anni addietro ai danni di tutta Europa e dell’attuale vergognoso ricatto di tutta Europa ai danni della Grecia, un dato rimane evidente, su ogni altra cosa. Il premier greco Alexis Tsipras rappresenta un cittadino - italiano, spagnolo, portoghese, maltese, cipriota e, perché no, francese stanco di essere suddito e volenteroso di essere animale politico per svolgere il proprio ruolo di cittadino, cittadino europeo. Quella di Tsipras, leggasi Grecia, non è una battaglia personale o nazionale contro ottocentesche concezioni politico-economiche (a riguardo vorrei ricordare che il termine “schuld” in lingua tedesca vuol dire “colpa”, “biasimo” e “debito”), ma un orgoglioso sussulto sociale ed economico, seppure dal profilo ancora incerto e a tratti claudicante. Si tratta di una prospettiva politica nuova (e diversa) – prima in assoluta nel panorama europeo –, di una nuova sinistra in grado di diventare anche maggioranza di governo. Alleati dei Greci in questa “battaglia” (che non è ancora guerra), nemmeno uno. Eppure Paesi mediterranei come Italia, Spagna, Malta che faticano a dialogare con Paesi mitteleuropei dovrebbero mostrare solidarietà nei confronti di un Paese dell’Unione che per talune caratteristiche (con dovuti distinguo) è strutturalmente, socialmente e culturalmente molto simile e vicino a loro. Tsipras non è colui che ha abbandonato o tradito Syriza e i suoi compagni; non rappresenta nemmeno l’eroe o il mito che salverà e riscatterà la Grecia o l’Europa. Semplicemente il premier greco, in questo momento storico, rappresenta il politico che combatte un’idea europea eccessivamente neoliberale, di cui sono forieri e messaggeri i politici “alla Schauble”, ovvero coloro che siedono ai posti di potere perché legittimati da una cieca

e dogmatica adesione all’attuale e per l or o i m p r e s ci nd i b i l e s i s t e m a economico. Un modello caratterizzato da obiettivi finanziari sovranazionali, pronti a dettare l’agenda economica agli Stati disuniti d’Europa e rappresentanti meri tornaconti personali (o nazionali) spacciati come valori tradizionali: l’austerity, la responsabilità, il rigore politico-economico, etc. E’ evidente, quindi, che mentre forze come il Pa r t i t o S o c i a l i s t a E u r o p e o , sonnacchiosa “mamma” dei partiti di centro-sinistra d’Europa, si mostrano sempre più schiacciate, obsolete e disorientate in un Vecchio Continente mutato (per un serie infinita di ragioni) dalla decadenza del lavoro operaio e salariato, la nota dissonante, apparentemente “stonata”, è rappresentata da Tsipras, proveniente proprio da uno Stato malandato, sull’orlo del baratro, ma ancora combattivo e caparbiamente orgoglioso. È vero, molti gli errori del leader di Syriza, ma è pur sempre l’ultimo degli arrivati in una Grecia devastata da una profonda crisi economica, politica e soprattutto etica (tassi di corruzione e di truffa altissimi seminati precedentemente dal partito di centro-destra Nea Democratia), ma dov’era, intanto, fino all’arrivo di Tsipras, l’Europa e l’Eurogruppo? Perché la Banca Centrale Europea non ha vigilato come doveva? Quel che irrita e provoca seri fastidi all’intero sistema neoliberale europeo, sistema ormai pienamente accolto e mai contrastato (in alcuni casi benedetto) anche dai partiti di centro-sinistra, è il fatto che Tsipras e qualsiasi altro eventuale compagno di lotta portoghese, spagnolo, francese o italiano diventi(no) serio ostacolo ad una “visione europea” che vede la stragrande maggioranza dei governi agire in base ad una logica a breve termine che produca vantaggi e consenso istantaneamente spendibili sulla scena elettorale. Da diversi economisti è stato più volte ribadito in passato (Nick Kaldor, 1971) che la

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politica di Vladimiro D’Acunto

nascita di un’Unione Europea monetaria prima ancora di un’unione politica non solo avrebbe causato il fallimento della stessa Europa monetaria, ma anche una destrutturazione di un progetto politico di respiro europeo. Questo concetto è stato ribadito nel 1999 dal sociologo tedesco Ralf Dahrendorf (noto sovversivo comunista) che avvertiva come un’unione economica e monetaria avrebbe diviso l’Europa, invece di unificarla. Insomma, in quest’Europa incapace di progredire verso un unico Stato federale è insita non solo una decadenza della moneta unica (se non un fallimento) o una mortificazione politico-economica della Grecia (probabilmente in futuro dell’Italia o del Portogallo), vi è in ballo qualcosa di più. Il crollo dell’Unione Europea come protagonista attivo in un mondo ormai sempre più globale e variegato, connotato da logiche e dinamiche sempre meno interpretabili, dove un fronte EuropaUSA si dimostra comunque insufficiente ad assicurare un ruolo centrale, di orientamento e di indirizzo nel mare di un’economia in equilibrio sempre più precario. Quella di Tsipras, della Grecia, di chi in futuro avrà la forza di resistere e battere i pugni al tavolo dell’Europa non è stata una vittoria, ma nemmeno una sconfitta. Si tratta di un gesto radicale, di reazione fortemente critica nei confronti di un modello, di una concezione dell’economia e della politica che è destinata al fallimento o a fagocitare gradualmente interi pezzi di Stato, contribuendo unicamente alla divisione, allo smembramento socio-politico e, in qualche caso, ad alimentare odio.


storia

CHE COS’È L’ASIA SUD-ORIENTALE? PARTE I

P

iù comunemente conosciuta come “Sud-est Asiatico” (da questo punto in poi abbreviato in SEA), l’Asia Sud-Orientale è quella macroregione geografica che dalla penisola indocinese va sino alla Papua Nuova Guinea. Geograficamente il SEA include undici nazioni, mentre politicamente si aggiungono a queste le Isole Andamane (situate nel Golfo del Bengala e culturalmente indiane), l’Isola di Natale (amministrativamente appartenente all’Australia) e le Isole Cocos (anch’esse amministrativamente parte del territorio australiano). Prima di elencare i paesi facenti parte del SEA, è bene fare una suddivisione ulteriore in Indocina e Insulindia. Fanno parte dell’Indocina (o SEA terrestre): •Birmania (ufficialmente Myanmar, con capitale Naypyidav) •Cambogia (con capitale Phnom Pehn) •Laos (con capitale Vientiane) •Thailandia (con capitale Bangkok) •Vietnam (con capitale Hanoi) •Malesia (con capitale Kuala Lumpur). Mentre si includono nell’insulindia (o SEA marittimo, o ancora Arcipelago Malese): •Sultanato del Brunei (con capitale Bandar Seri Begawan) •Timor Est (con capitale Dili) •Indonesia (con capitale Jakarta) •Filippine (con capitale Manila) •Singapore (con capitale Singapura). Tutti gli undici stati sopra indicati (fatta eccezione per Timor Est, una repubblica indipendente all’interno dello stato indonesiano) fanno parte dell’ASEAN (Association of South-East Asian Nations Associazione delle N a z i oni d e l S ud - e s t a s i a t i co, organizzazione politica, economica e culturale fondata nel '67 e volta all’assistenza reciproca tra gli stati firmatari per il raggiungimento della stabilità Economica. Molti esperti del settore ritengono la dicitura sud-est Asiatico particolarmente fuorviante le critiche maggiormente mosse sono per la mancata unità linguistica, religiosa e di conseguenza culturale tra i vari stati membri. Tale asserzione è molto semplice: se non esiste una cultura del

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storia di Alfonso Cesarano

SEA, il SEA stesso non esiste. La critica è in parte comprovabile, ma parlare di paesi culturalmente non connessi tra loro è sbagliato. Sarà anche vero che una vera e propria macro-cultura viene a mancare, ma un substrato culturale unico particolarmente evidente in tutti i popoli degli stati facenti parte del SEA, in particolare nelle arti sceniche e nel folklore in generale. La visione accademica spesso eurocentrica del passato in particolar modo quella degli orientalisti del periodo coloniale a portato a identificare la cultura di un paese con la sua religione ed ui, probabilmente, che il SEA appare particolarmente frammentato:? In Birmania, Cambogia, Laos, Thailandia, Vietnam e Singapore la religione predominante l Buddhismo ? In Malesia, Sultanato del Brunei e Indonesia la religione predominante slam (sebbene nei primi due sia religione di Stato, mentre in Indonesia olo una delle cinque religioni ufficiali assieme a Cristianesimo, Buddhismo, Induismo e Confucianesimo ed a oggi, il paese musulmano pi rande al mondo) ? Nelle Filippine e Timor Est la religione ufficiale l Cattolicesimo. inguisticamente parlando, la situazione è altrettanto frammentaria, poiché nelle undici nazioni che compongono il SEA si parlano lingue appartenenti a ben cinque famiglie linguistiche differenti, fatto dovuto a una mancata omogeneità etnica all’interno dei confini geopolitici di ogni nazione: ? Lingue austroasiatiche (Birmania, Cambogia, Thailandia, Laos, Vietnam) Lingue austronesiane (Indonesia, Malesia, Singapore, Sultanato del B r u n e i , Fi l i p p i n e , T h a i l a n d i a Meridionale, Timor Est) ? Lingue tai (Birmania, Laos, Thailandia) ? Lingue sinotibetane (Birmania, Thailandia) ? Lingue hmong-mien (Laos, Thailandia, Vietnam). ll ritratto che la regione mostra oggi è figlio di quella storia tribolata fatta di conquiste (militari o culturali) e colonizzazione col passare dei secoli.

Risaputo che la penisola indocinese è famosa anche come Indocina francese essendo stata fino al secolo scorso una grande colonia francese e all’nterno dei cui territori, viene da dire purtroppo, troviamo una stabilità politicoeconomica abbastanza precaria e nel mirino dell’opinione pubblica fatta eccezione per la Thailandia, unica vera nazione ad aver conservato la sua indipendenza nel giro dei secoli. La M a l e s i a , p r e c e d e n t e m e n t e culturalmente colonizzata da indiani e musulmani, ha vissuto un lungo periodo di colonizzazione inglese e gode ancora oggi, nonostante la raggiunta indipendenza, dei benefici del Commonwealth, mentre lndonesia dopo un primo approdo dei portoghesi sulle sponde delle isole più orientali (le famose isole delle Spezie non sono altro che le isole dell’arcipelago delle Molucche, in Indonesia), ha visto lrrivo, nel XVII secolo, dei colonizzatori olandesi da cui ha ricevuto lndipendenza solo nel 1945. Prima dell’arrivo dei coloni, lntero SEA ha vissuto una fase di indianizzazione conquista culturale non militarizzata dai regni dell’India Meridionale le cui tracce sono ancora oggi ben visibili in usi, costumi e reperti archeologici) e una di islamizzazione in particolare Malesia, Brunei e Indonesia). Mentre le Filippine, sotto il governo spagnolo, sono sempre state un grande paese a forte credo cattolico, ma questo sarà argomento del prossimo numero.


storia

L’INCANTEVOLE MOSCHEA ARCOBALENO DI NASIR AL-MULK

O

gni giorno nella città di Shiraz, in Iran, accade qualcosa di magico. Mentre il muezzin intona le sue parole per chiamare i fedeli alla preghiera del mattino, in una moschea del luogo si consuma uno spettacolo fatto di luci e di colori, unione tra natura e ingegno umano. Sto parlando della moschea di Nasir al-Mulk. L’edificio, visto da fuori, potrebbe sembrare una comune moschea e dare un senso di antico. Invece una volta varcata la soglia, si resta meravigliati. Fu costruita tra il 1876 e il 1888 da Nasir al-Mulk, governatore locale dello scià di Persia, Nasser al-Din della dinastia Qajar che regnò dal 1848 al 1896. Il progetto fu affidato agli architetti Muhammad Hasan-eMemar e Muhammad Reza Kashi Paze-Shirazi. Questi furono abili a produrre un intricato sistema di luci e

geometrie. All’interno della sala di preghiera, infatti, i raggi solari vi penetrano attraverso vetri colorati infrangendosi sul tappeto e su un vorticoso insieme di motivi geometrici formato da tessere di mosaico (fig.1). Questo sistema produce un effetto che dà al visitatore l’impressione di trovarsi all’interno di un caleidoscopio. Come è ovvio che sia, la moschea rivela il suo splendore sfavillante soltanto a chi vi si reca in un determinato momento della giornata, ovvero al mattino. Infatti, già a mezzogiorno non è più possibile ammirare tali barbagli. A questa caratteristica, che ne fa uno dei luoghi di culto musulmano più belli al mondo, se ne aggiungono altre, figlie di quel retaggio culturale persiano prima e islamico poi che per millenni ha influenzato l’arte dell’Iran in generale e che ritroviamo perciò anche in altri luoghi.

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storia di Fausto Mauro

Mi riferisco in particolare alle decorazioni delle cupole (fig.2); ai tappeti persiani; ai pilastri tortili, bassi e alquanto tozzi, ereditati dal mondo persiano; al bacino d’acqua al centro della corte, nel quale tutta la struttura si rispecchia creando un rapporto di simmetrie tra ciò che è reale e ciò che si riflette (fig.3); ai portali monumentali e al largo uso dell’arco a sesto acuto. L’edificio doveva quindi essere già nella mente degli architetti e di Nasir al-Mulk un posto incantevole, in grado di attirare fedeli e curiosi da ogni parte del mondo. Oggi la moschea è curata dalla Endowment Foundation of Nasir al Mulk ed è visitata da circa 300mila persone all’anno che vi giungono sia per pregare che per assistere alla magia. Per un viaggio virtuale all’interno della moschea, vi rimando al sito internet della rivista dove troverete una ricca galleria fotografica e collegamenti a video e a foto navigabili a 360°.


Opportunità da non perdere… con

“G.L.O.C.A.L. - Grant for Learning Opportunities in european Countries Aimed at promoting Local development” Apertura Candidatura: 22/09/2015 – 19/10/2015 Partenza: inizi Febbraio 2016 - Rientro: inizi Giugno 2016 Paese di Destinazione: Regno Unito (sede di lavoro Londra) - Borse previste. 20

Il progetto si rivolge a giovani neodiplomati campani entro un anno dall’acquisizione del Diploma Superiore (Istituti TecnicoProfessionali) ed è volto a favorire la realizzazione di tirocini professionalizzanti presso imprese ed enti. Dal punto di vista dei risultati attesi in riferimento allo sviluppo di competenze professionali, il progetto G.L.O.C.A.L., consentirà ai tirocinanti di sperimentare il mercato del lavoro europeo e di realizzare progetti formativi conformi ai fabbisogni del tessuto produttivo, offrendo quindi un importante valore aggiunto a coloro i quali si formano in virtù di tali esigenze. Con riferimento all’accrescimento delle competenze personali e culturali (compresa la preparazione linguistica), la realizzazione di un soggiorno all’estero di ben 120 giorni, consentirà ai tirocinanti di acquisire e sviluppare una conoscenza dello stile di vita del Paese ospitante, e fornirà l’occasione di venire anche a conoscenza delle “microlingue”, ovvero dei linguaggi specifici della gestione e direzione aziendale, nonché di slang locali ed espressioni tipiche. Per ulteriori informazioni sul progetto è possibile scrivere al seguente indirizzo mail: erasmusplus@glocalsrl.com oppure rivolgersi a: Glocal srl – Battipaglia (SA) – Via Serroni 46, - 84091; Tel/Fax: 0828 1994423; e-mail: info@glocalsrl.com; website: http://www.glocalsrl.com Per ulteriori informazioni sul progetto è possibile scrivere al seguente indirizzo mail: erasmusplus@glocalsrl.com oppure rivolgersi a: Glocal srl – Battipaglia (SA) – Via Serroni 46, - 84091; Tel/Fax: 0828 1994423; e-mail: info@glocalsrl.com; website: http://www.glocalsrl.com


MIRACOLI D’INGEGNERIA BIOMEDICA EVOLUZIONE DELL’ESOSCHELETRO

salute

L

’idea dell’esoscheletro non è così vecchia come possiamo immaginare. Nel 1600 Girolamo Fabrici d’Acquapendente (VT) progettò dei tutori ortopedici per tutto il corpo che ne assecondavano i movimenti sostenendolo e chiamò questo esoscheletro "Oplomoclion", in assoluto il primo della storia della medicina. Come tutte le invenzioni al giorno d'oggi l’esoscheletro, progettato per aiutare le persone, fu trasformata in un'arma, infatti il primo vero prototipo moderno è stato cosviluppato da General Electric e l’esercito degli Stati Uniti nel 1960. Il progetto Hardiman consentiva a chi lo avesse indossato di amplificare la propria forza di un fattore 25 e aveva una caratteristica soprannominata “force feedback” che permetteva di manipolare gli oggetti senza romperli ma c'erano due problemi. Prima di tutto ci sono stati alcuni difetti di programmazione nella trasmissione dei comandi dal soldato alla macchina (quando si utilizzava la macchina al massimo della potenza i movimenti diventavano incontrollati e distruttivi) e poi era troppo ingombrante da utilizzare. Tre anni dopo lo sviluppo di Hardiman, Stan Lee ideò il famosissimo personaggio di Iron Man, l’idea nacque dalla curiosità del famosissimo fumettista di capire in che

modo la tecnologia dell’esoscheletro avrebbe potuto influenzare la guerra fredda tra America e Unione Sovietica. Nel 1986, un prototipo di esoscheletro chiamato Lifesuit è stato creato da Monty Reed, un Ranger statunitense che si era rotto la schiena in un incidente col paracadute. Lifesuit era in grado di sostenere la persona durante i movimenti delle gambe. Yoshiyuki Sankai, professore all’Università di Tsukuba trascorse tre anni a mappare i neuroni che governano il movimento delle gambe, ci sono voluti altri quattro anni per sviluppare un hardware che ne interpretasse i segnali. Quando una persona tenta di spostare il corpo i segnali nervosi vengono inviati dal cervello ai muscoli attraverso i neuroni motori, quando questo accade piccoli segnali biologici possono essere rilevati sulla superficie della pelle dalla tuta HAL attraverso dei sensori, in questo modo l’esoscheletro è in grado di capire i movimenti che deve compiere direttamente dai segnali nervosi del nostro cervello. La tuta HAL possiede sia un "sistema di controllo volontario" attivato dalla persona sia di un "sistema di controllo autonomo robotico" per il supporto automatico del movimento. HAL è stato progettato per assistere i disabili e gli anziani nelle loro attività quotidiane e può essere modificato in modo che i pazienti possono

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salute di Domenico Benvenuto

utilizzare per la riabilitazione a lungo termine, ma può anche essere utilizzato per sostenere i lavoratori con lavori fisicamente impegnativi come il soccorso la costruzione. Un altro grande merito di Sankai è di aver rifiutato offerte da parte del Dipartimento della Difesa statunitense e dal governo della Corea del Sud per sviluppare i robot per uso militare. Un'altra importante scoperta è stata fatta da un progetto congiunto Italia-Svizzera, la Life hand 2, ciò che ha reso questo progetto rivoluzionario è protocollo di comunicazione bidirezionale in tempo reale, il che rende la possibilità di inviare i segnali dalla mano bionica al cervello e dal cervello alla mano bionica. Questo sistema innovato permette alla protesi non solo di muoversi leggendo gli stimoli nervosi in tempi molto brevi ma anche di inviare segnali al cervello in modo da fornire la percezione della mano nello spazio, le sensazioni tattili e di regolare la forza e i movimenti molto finemente. Insomma dal 1600 ad oggi abbiamo fatto molti progressi e a giudicare dal ritmo con cui la tecnologia si evolve non è da escludere che tra una decina di anni potremmo vedere migliaia di persone utilizzare l’esoscheletro come Iron Man.


BLUE LAGOON enogastronomia

CittadinoNews|14

enogastronomia

I

n Italia è noto anche come Laguna Blu e come per molti altri cocktail, la sua origine non è ben nota. Leggenda vorrebbe che a crearlo fosse stato addirittura il pittore francese Paul Gauguin. Formatosi all’impressionismo nella seconda metà degli anni ottanta del 1800 passò molto della sua vita tra la Francia e i mari del sud. Tornato in Francia dopo aver passato un paio d’anni a Tahiti iniziò ad accusare dei problemi di salute attribuibili anche all’abuso di alcool. Per migliorare le sue condizioni fisiche, il medico gli proibì di continuare a bere assenzio e gli consigliò di ritornare a Tahiti. Probabilmente ispirato da quegli splendidi scenari marini, e non volendo rinunciare a bere, diede origine al primo Blue Lagoon. Un articolo pubblicato nei primi anni ’80 da un barman e specialista in liquori statunitense fornisce una versione più realistica , attribuendone la paternità a Andy MakElhon, figlio del proprietario del primo cocktail bar d’Europa: l’"Harry's New York Bar" di Parigi. Più facile è pensare che a crearlo sia stato un fan di un film “cult” del 1980 “The Blue Lagoon”. Tratto dal romanzo “La Laguna Azzurra” dello scrittore dei primi del novecento Henry De Vere Stacpoole, il film ha per protagonisti Christopher Atkins e Brooke Shields e narra del naufragio di due bambini su un’isola deserta dell’oceano pacifico, dove per sopravvivere imparano ad affrontare tutti i pericoli e le insidie che la natura gli mette contro. Dopo qualche anno, con l’arrivo dell’età l’adolescenziale scoprono l’attrazione e l’amore

reciproco. Il paradisiaco ambiente naturale dell’isola ( la laguna blu) fa da perfetta cornice alla loro storia d’amore e ora ha forse sposato il suo esotico nome con quello di una delle bevande più richieste nei bar più rinomati.

di Ivan Cibele

Il cocktail è inoltre un ottimo after dinner avendo delle buone proprietà digestive conferitegli dalla generosa dose di succo di limone.

Ma la storia non finisce qui visto che, nel 1982, due bar americani ne rivendicarono la paternità; uno dei due sostenne nientemeno che questo variopinto cocktail risalisse ai primi anni '70 e che il nome non avesse quindi nulla a che vedere neanche con il film proiettato solo nel 1980. Il Blue Lagoon si prepara secondo due diverse metodologie: la prima è realizzata shakerando la vodka con il Blue Cuaracao e il succo di limone e servendo in una coppetta gelata e decorata con una lunga e sottile buccia di limone; la seconda preparazione è fatta versando, in un tumbler alto colmo di ghiaccio, la vodka e il blue curacao e colmando con la limonata, il bicchiere può essere decorato con una fetta d’arancia e una ciliegina al maraschino. Il colore in entrambi i casi ricorda per l’appunto l’azzurro del mare delle lagune interne alla barriera corallina. Il succo limone unito al gusto di arancio amaro del Blue Curacao danno una nota di profumi agrumati molto rinfrescante. Bere questo drink conferisce in effetti un effetto rinfrescante, rigenerante e crea la sensazione di rilassante benessere che si avrebbe stando sdraiati su una spiaggia della costa di un atollo del pacifico, sotto un abbagliante sole estivo.

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