ISSUE #10
DIFFERENT VIEWS AROUND THE WORLD
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Cover by Hara Kaminara
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LAUREN GREENFIELD 2003
07
TOM FLACH 2006
ALEX PRAGER 2009
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MATT HOYLE 2004
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LORETTA LUX 2005
08
NADAV KANDER 2007
09
PAOLO PELLEGRIN 2008
IAN & ERICK REGNARD 2010
THOMAS HOEFFGEN 2011
BECOME IPA’S 10TH PHOTOGRAPHER OF THE YEAR
CALL FOR ENTRIES EXTENDED DEADLINE! JULY 16, 2012 (11:59PM PDT) NEW CATEGORY ADDED: MOVING IMAGES!
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**These photographers were previous category winners, and were not necessarily named Photographer of the Year.
POSI+TIVE MAGAZINE ISSUE 10 MARCH - JUNE 2012 Founder & Editor in Chief Giacomo Cosua Graphic Department Marco Forlin / Venice Livio Chiodega / London Marketing & ADV Department Filippo Erizzo / Berlin Dario Mosconi / Padova Web Department Pietro Gregorini / Milan Social Networks Editor Alan Jones / Berlin Photography Department Editor: Ada Sbriccoli / Barcelona Victor Anton / Milan Tobia Piatto / Venice Filippo dalla Fina / Venice Fashion Department Fashion Editor Coordinator Sara Cimino / Milan Matteo Menotto / Milan Liselotte Fleur / The Netherlands Max Hailwood / UK Angel Leung / UK Alejandro Reyes Fernandez / Madrid
+ DISCLAIMER POSI+TIVE MAGAZINE non è responsabile per i testi, le fotografie e le illustrazioni pubblicate all’interno, poiché di proprietà degli autori. Tutti i diritti sono riservati, la riproduzione è espressamente vietata ai sensi delle norme che regolano i diritti d’autore. Realizzato a Venezia e Londra web www.positive-magazine.com facebook facebook.com/positivemagazine flickr flickr.com/groups/positivemagazine mail info@positive-magazine.com
Culture and Art Department Editors: Valeria Federici / New York Serenella Di Marco / Rome Andrea Santoro / Rome Matilde Casaglia / London Giovanni Paolini / Guest editor / London Jenna Garrett / London Rachel Ridge / London Michela Casavola / Berlin Architecture Department Architecture Editor in Chief Roberto Lucchese / Trieste Eugenia Gotti / London Exhibition Department Marco Zavagno / Milan Translation Department Federica Manzolini / Monza Marco Munoz Lozano / New York Israel Fernández Benito / Madrid Nicola Rossi / Venice
+ Virus Urbis
+ Panna Cotta
+ Squotting
+ A model portait Uno spaccatp esemplare
+ “To be or not be (cool) that’s the question” “Essere o non essere (cool) questo è il problema”
+ Interview with Ivan Muselli
+ New Faces Interview with Paul Kรถhler
+ Anastassija Makarenko
+ Abney Park, London
+ Summer is here
+ The Desert
+ I am Blind
+ After the Earthquake/ Dopo il Terremoto
+ After the Earthquake/ Dopo il Terremoto
+ Save Italian Racing
+ Krisis
+ The Dancers
+ House 11x11
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Virus Urbis + text and photos Gianfranco Toso translation by Israel Fernandez Benitez
The voyage of the urban imagination in the midst of the social, economic and cultural storm of the here and now has reached a new border. To forget great size and to grow seem to be the imperatives related to the utopian projections of the thought on the contemporary city. An utopia of reassessment, redefinition, restoration, redistribution, relocation, reduction, reuse, recycling, rehabilitation, reinvention, slowing down, return, reduction, repurchase, refund, renounce. A non unprecedented utopia if, as his inspired promoter Serge Latouche avowedly wrote, we think of some similar formulations by theorists such as Illich, Gorz, Partant and Castoriadis. What moves now the contemporary thought towards a definitive critique of the consumer society and the uniqueness of its founding paradigms - progress, science and technology - is the renewed fear of a possible sudden crisis of the environment inside and outside the city. The term decrease, however, is in contrast to a logic, the one about growth and development, ontologically inborn in urban culture. The city holds, multiplies and reproduces the cells of its own fabric, even though in most cases this does not depend on a real need, on an actual demand for new buildings. Experiences such as the unsold towers for the Expo 2015 in Milan or the ghost expanses of approved detached houses in the outskirts of Rome are questionable. Still, with a due distance, they tell of an innate optimism inherent in building; they tell of a kind of trust beyond the ways in which it operates and the outcomes it reaches; it embodies, in the broadest sense, the human desire to inhabit the earth. So, how about thinking of curbing this natural pace of the city, this seemingly uncontrollable motion? Is it founded or not the fear of anything new and the devastating effects, that large sections of public opinion dread, may hit the preexisting (scenario/concepts/reality) or what we have for sure? The answer to these questions may not be unique due to the diversity and difference of the cases that should be enunciated and because of the manners of action, which should be addressed. Nevertheless, there would be something remarkable: no control reproduction the virus urbis that seems to afflict the contemporary metropolises and megalopolises- is not a problem in itself. The real evil of the city is the lack of quality, it is a reproduction not adjusted to the real needs, which is autistically set up as a speculative experience, either economical or aesthetically. Because cities and, more generally, architecture are not meaningless expressions and therefore declinable, but forms of the same innate need: the human control over nature. If Edoardo Persico defined architecture as a substance of hoped things, is it fair just giving up a hope in the name of a fear?
Il periplo dell’immaginario urbano nella tempesta sociale economica e culturale di questo presente è giunto ad una nuova frontiera. Dimenticare grande dimensione e crescita sembrano essere ormai gli imperativi cui riferire le proiezioni utopiche del pensiero sulla città contemporanea. Un’utopia del rivalutare, del ridefinire, del ristrutturare, del ridistribuire, del rilocalizzare, del ridurre, del riutilizzare, del riciclare, del riabilitare, del reinventare, del rallentare, del restituire, del ridurre, del riacquistare, del rimborsare, del rinunciare. Un’utopia non inedita se, come dichiaratamente scrive il suo ispirato promotore Serge Latouche, si pensa ad alcune simili formulazioni da parte di teorici come Illich, Gorz, Partant e Castoriadis. Ma ciò che ora muove il pensiero contemporaneo verso una definitiva critica della società del consumo e dell’unicità dei suoi paradigmi fondativi – progresso, scienza e tecnica – è la rinnovata paura per una possibile repentina crisi del sistema ambientale interno ed esterno alle città. Il termine decrescita, tuttavia, si contrappone ad una logica, quella della crescita e dello sviluppo, ontologicamente insita nella cultura urbana. La città accoglie, moltiplica e riproduce le cellule del proprio tessuto, anche se questo nella maggior parte dei casi non dipende da un reale bisogno, da una effettiva domanda di nuove costruzioni. Esperienze quali le torri invendute dell’Expo 2015 milanese o le distese fantasma di villette omologate nella periferia romana sono criticabili. Eppure, con la dovuta distanza, raccontano di un innato ottimismo insito nel costruire, di una fiducia che, al di là delle modalità con cui opera e degli esiti cui perviene, rappresenta in senso più ampio il desiderio umano di abitare la terra. Come pensare allora di contrastare questo naturale incedere della città, questo suo moto apparentemente incontrollabile? È fondata o meno la paura del nuovo e dei devastanti effetti che grande parte dell’opinione comune teme possano abbattersi sul preesistente, su ciò che di sicuro abbiamo? La risposta a questi interrogativi non può essere univoca per molteplicità e differenza dei casi che si dovrebbero enunciare e per le modalità di intervento che andrebbero affrontate. Nonostante ciò, una notazione può essere formulata: la riproduzione senza controllo – il virus urbis che sembra affliggere le metropoli e le megalopoli contemporanee – non costituisce un problema in sé. Il vero male delle città è l’assenza di qualità, è una riproduzione non aderente a delle reali esigenze, che si costituisce autisticamente come esperienza speculativa, sia di tipo economico che estetico. Perché la città e più in generale l’architettura non sono espressioni prive di significato e quindi declinabili come tali, ma forme dello stesso innato bisogno, il controllo dell’uomo sulla natura. Se Edoardo Persico definiva l’architettura sostanza di cose sperate, è giusto privarsi di una speranza in nome di una paura?
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PANNA COTTA + ricetta / recipe by Luca Costa + translation by Nicola Rossi
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Panna cotta (a cream pudding with gelatin) and strawberries Serving for 4 people
Panna cotta alle fragole Per 4 persone
For the Panna Cotta: + 5 dl of fresh cream + Half a glass of milk + 90 gr of sugar + 50 gr of rape strawberries + 8 gr of gelatin in sheets (fish-glue)
Per la panna cotta: + 5 dl di panna fresca + mezzo bicchiere di latte + 90 gr di zucchero + 50 gr di fragole mature + 8 gr di gelatina in fogli (cola di pesce)
For the side sauce: + 400 gr of strawberries + 110 gr of sugar + A few drops of lemon juice + One spoonfull of Cointreau
Per la salsa di accompagnamento: + 400 gr di fragole + 110 gr di zucchero + poche gocce di succo di limone + un cucchiaio di Cointreau
Soften 7 gr of gelatin in cold milk and 1gr in cold water. Pour the cream in a saucepan, mix in 70 gr of sugar, cook it for 15 minutes from boiling point and then pass it thru a strainer.
Ammorbidite 7 gr di gelatina nel latte freddo e uno in acqua fredda. Versate la panna in una casseruola, mescolatevi 70 gr di zucchero, cuocetela per 15 minuti dal momento dell’ebollizione e poi passatela attraverso un colino.
Take the gelatin sheets that were bathing in milk, squeeze them well and mix them to the warm cream until they melt completely, then let it cool down to room temperature. Wash the strawberries and blend them with the remaining sugar (20gr). Drip off the gelatin left bathing in the cool water without squeezing it too much, let it melt it a small pot on a very soft fire, let it get tepid and mix it with the strawberry mush. Pour the cream mix in 4 moulds each of 1 dl and a half of capacity, shading the white once in a while with a bit of strawberry sauce. Put in the fridge for 12 hours. Meanwhile prepare the side sauce. Wash the remaining strawberries with running water, then eliminate the stems. Put them in a low and wide pirex container and sprinkle them with sugar, mix in the lemon juice and the Cointreau. Pass it all in the microwave at the maximum intensity for 2 minutes (alternatively put everything in a small pot and cook it for 6-7 minutes). Let it rest for a minute then blend it. Pass it thru a thin mesh strainer to get the seeds out. When the serving moment comes, immerge the bottom of the moulds in hot water for a moment, mirror pour on the plates the strawberry side sauce and flip the moulds upside down on it, letting the content out. Garnish with strawberries and Mint leaves.
Strizzate bene i fogli di gelatina tenuti a bagno nel latte e mescolateli alla panna calda finché si saranno sciolti completamente, quindi lasciatele raffreddare a temperatura ambiente. Lavate le fragole e frullatele con lo zucchero rimasto (20 gr). Sgocciolate la gelatina tenuta a bagno in acqua fredda senza strizzarla molto, fatela sciogliere in un pentolino su fuoco molto dolce, lasciatela intiepidire e mescolatela al purè di fragole. Versate il composto di panna in 4 stampini della capacità di un dl e mezzo, sfumando ogni tanto il bianco con un filo di salsa alle fragole. Mettete in frigo per 12 ore. Intanto preparate la salsa di accompagnamento. Lavate le fragole rimaste in acqua corrente, poi eliminate il picciolo. Mettetele in un recipiente basso e largo di pirex spolverizzatele con lo zucchero, unite il succo di limone ed il Cointreau. Passate nel microonde alla massima intensità per 2 minuti (oppure mettete il tutto in un pentolino e cuocete per 6-7 minuti). Lasciate riposare per un minuto poi frullate. Passate la salsa da un colino a maglia stretta per togliere i semi. Al momento di servire immergete il fondo degli stampini per un istante in acqua calda, versate sui piatti la salsa di fragole di accompagnamento a specchio e capovolgetevi sopra gli stampini, sformando il contenuto. Guarnite con fragole e foglie di menta.
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Squotting + Text by Edoardo Costa + translation by Nicola Rossi
Squatting (or illegal occupation of private and public buildings by unauthorized people) is associated with many stereotypes, like scenes of heavy raves, drugs, promiscuous sex, rotten buildings and outsiders gathering together to destroy social peace and order.
Squatting got legal basis in the 1971, when the Supreme Court stated that housed cannot be entered without the permission of the current user, corrected in 1994 by a law that made squatting illegal only for building empty for less than 12 months.
The Kingdom of the Netherlands, with its tolerance for soft drugs and legal prostitution, has always been considered the home land of this anarchist activities. At least until October 2010, when squatting has been officially banned.
A lot of squat communities are still living in the country, sharing a peculiar social model, based on collaboration and sharing. Most of squats are also social and art centers, that organize educative sessions, workshops, social dinners and lunches, parties and exhibitions. Visiting a squat is the best way to erase all the wrong ideas associated to them. The most famous ones in Amsterdam are the OT310, where you can book cheap dinner, Joe’s Garage, Amundsenweg, Villa Friekens in the north part, and the amazing squat village of Ruigoord, placed between the harbor and a golf club, with electric wind mills all around. Its parties are legendary, organized in a abandoned church. But as you get out of the bolgia, you can walk around sweet country houses, where parents and children are quietly sleeping. Some histories of the evicted squat community are heroic: the ASCII (Amsterdam Subversive Center for Information Interchange) was born in 1999 to provide free internet area and open source operating system (like Linux) and software (OpenOffice, Mozilla) and where operating computers were rebuilt from trash. In 2005 it was also involved in the project to create a free wifi area to its entire neighborhood.
Fortunately, a lot of squat communities survive all over the country, proving wrong many prejudices, in particular in this period of “troubles and crisis”, when a lot of our believes about capitalist and bourgeois society are in question. The squat practice has its root in a counterculture movement of the middle 60’s, some years before the American ‘67 and the French ‘68, the shook up the Western countries. This movement was founded on the May of 1965, with the name of Provo. The aim of this group was a romantic and almost desperate resistance to the unstoppable “submissive extinction” that was prevailing in the country, in a useless quest for material well being and standardization of culture over the American mass society. Shifting between social resistance and provoking actions against police, the Provos won a seat in the Amsterdam city council and developed the White Plans to address the city social problems. Almost all of them had a great impact on Dutch society, like the White bicycle plan, that proposed a complete ban over private cars, to be substituted by 20.000 free bicycles given by the municipal government. This was the first step towards the national policy that made today the Netherlands “the bike country”. One of the other plans was the “White housing plan” against building speculation and to solve the housing problem, also through the occupation of empty building. Other memorable activities were the threat to dumb LSD in the public water supply, and the diffusion of a fake speech in which Queen Juliana proclaimed herself an anarchist and declared she was going to appoint Provos to the national government Despite its small size, the Provo movement contributed to the specific originality of the Dutch society, built from the 80’s on the concept of tolerance, which has been hardly questioned in the last years, after the assassination of Pim Fortuyn in 2002.
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In these places, you will find normal people, students, workers, pensioners, living and taking care of building like old schools or customs houses, people usually willing to share their experiences and organize moments of dialogue with every other member of the society around them. While the spirit and strength of the Occupy movement is fading with the time, these communities can potentially become social laboratories to discuss the present social model, and perhaps to start building new ones.
Lo Squatting (o l’occupazione illegale di edifici privati e pubblici da persone non autorizzate) è associata a molti stereotipi, come gli scenari di rave, droghe, sesso promiscuo, edifici decadenti ed outsiders che si riuniscono per distruggere la pace e l’ordine sociale.
Nonostante la sua piccola dimensione, il movimento Provo contribuì alla specifica originalità della società Olandese, costruita dagli anni 80 sul concetto di tolleranza, che è stata raramente messa in discussione negli ultimi anni, dopo l’assassinio di Pim Fortuyn nel 2002.
Il Regno dei Paesi Bassi, con la sua tolleranza verso le droghe leggere e la prostituzione, è sempre stata considerata la patria di attività anarchiche. Questo almeno fino all’Ottobre del 2010, quando lo squatting è stato ufficialmente vietato.
Lo Squatting ottenne basi legali nel 1971, quando la Corte Suprema affermò che non è possibile entrare nelle case senza il permesso dell’utilizzatore corrente, affermazione corretta nel 1994 da una legge che rese illegale lo Squatting solo per edifici vuoti da meno di 12 mesi.
Fortunatamente, molte comunità Squat sopravvivono in tutto il territorio, contraddicendo molti pregiudizi, in particolare in questo periodo di “problemi e crisi”, quando molte delle nostre convinzioni sul capitalismo e la società borghese sono messe in dubbio. La pratica dello Squat trova le sue radici nel movimento culturale controcorrente della metà degli anni 60, qualche anno prima che il ‘67 americano e il ‘68 francese scuotessero i paese occidentali. Il movimento nacque nel maggio del 1965, con il nome di Provo. L’obbiettivo del gruppo era una romantica e quasi disperata resistenza all’inarrestabile “estinzione sottomettente” che stava galoppando nel paese, in un’inutile ricerca per il benessere materiale e la standardizzazione della cultura sulla società di massa americana. Spostandosi tra resistenza sociale e azioni provocatorie contro la polizia, i Provos si sono guadagnati una poltrona nel consiglio cittadino di Amsterdam e svilupparono i Piani Bianchi per risolvere i problemi sociali della città. Quasi tutti ebbero un grosso impatto sulla società Olandese, il Piano Bianco ciclistico, che proponeva un’abolizione assoluta delle macchine private, che sarebbero dovute essere sostituite con con 20’000 biciclette gratuite fornite dal governo municipale. Questo era il primo passo verso la politica nazionale che rese ad oggi i Paesi Bassi “Il paese delle bici”. Un’altro dei Piani era il “piano regolatore bianco” che si opponeva alla speculazione edilizia e il problema delle abitazioni, anche attraverso l’occupazione di edifici vuoti. Altre attività memorabili sono state le minacce di scaricare LSD nei condotti dell’acqua pubblica, e la diffusione di un discorso falso nel quale la Regina Juliana si proclama un’anarchica e dichiara che avrebbe messo i Provos al Governo Nazionale.
Molte comunità Squat continuano ad esistere nel paese, condividendo un modello sociale peculiare, basato sulla condivisione e la collaborazione. La maggior parte degli Squat fungono anche da centri sociali e artistici, che organizzano sessioni educative, workshop, pranzi e cene sociali, feste ed esibizioni. Visitare uno Squat è il modo migliore di cancellare tutte le idee sbagliate associate a questi luoghi. I più famosi di Amsterdam sono l’OT310, dove puoi prenotare cene economiche, Joe’s Garage, Amundsenweg, Villa Friekens nella zona nord, e l’incredibile villaggio Squat di Ruigoord, situato tra il golfo e un Golf Club, con mulini elettrici tutt’attorno. Le feste sono leggendarie, organizzate in una chiesa abbandonata. Ma appena usciti dalla bolgia si può camminare tra le deliziose case di campagna, dove genitori e bambini stanno dormendo beatamente Alcune storie delle comunità Squat sfrattate hanno dell’eroico: L’A SCII (Centro sovversivo di Amsterdam per l’interscambio di informazioni) è nato nel 1999 per fornire Internet gratuito e sistemi operativi e programmi open source (es. Linux, Openoffice, Mozilla) e dove computer funzionanti venivano ricostruiti dalla spazzatura. Nel 2005 è stato anche coinvolto nel progetto per creare un wifi gratuito per l’intero quartiere. In questi luoghi, troverete persone normali, studenti, lavoratori, pensionati, che vivono e si prendono cura di vecchi edifici come vecchie scuole o case, persone che di solito sono disposte a condividere le loro esperienze ed organizzare momenti di dialogo con ogni altro membro della società che li circonda. Mentre lo spirito e la forza del movimento Occupy sta svanendo con il tempo, queste comunità possono potenzialmente diventare laboratori sociali in cui discutere il presente modello sociale e magari cominciare a costruirne uno nuovo.
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A model portrait + text by Andrea Santoro + translation by Federica Manzolini
News can’t be exemplary. It doesn’t portray the situation of a country, but only a part, a fraction. It is – by nature – the interpretation of reality limited to a particular event. By means of joining all of these fragments it will be possible to obtain a wider one and maybe – on the inside – you will find space for your own opinion. But being exemplar is different. It’s like a scale: that proportion 1:something indicates that every part of the represented reality is people friendly, in order to help us to understand. As in maps and small-scale models. In my opinion, politics in Italy is motionless, maybe even outdated. It seems like an old man that every morning – standing in front of a mirror – talks with himself, refusing to face the world, until the night falls again. He has vague memories of when he was a trader and a mariner, but he is now tired and he can’t stand to have guests anymore. He is slowly getting older, stimuli aren’t interesting to him anymore, he doesn’t learn and he’s rather forgetting what he had painfully learned. But now he has to care for himself and no one else. “Other” is the principal culture carrier. If there wasn’t an “other” it wouldn’t be even necessary to communicate, since “other” means also different, diverse. Progress is a cultural phase, and one cannot exist without the other. There’s an Italian journalist who has been carefully depicting the political situation with passion and abundance: no wonder he
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loves small-scale models, the same models that he boldly presents during his best in-depth analysis. They did everything they could to take him away from his mission. They even related him with one of the worst enemies of freedom of the press our country has ever seen, but he hasn’t wavered an inch. Every night his parlor is connected to ours by a tv screen, so that we can watch the true exemplar portrait of the Italian political situation, and the actors are part of the model: we can find carefully selected female quotas, a young entrepreneur saying that yes, there’s space for youth, a sixty-years old politician who calls for a generational change because he’s too tired of being a temporary employee. And then there’s the columnist who hits out and makes everybody mad, an hour long head-on collision, screams that make the subject so much more intense, and finally the real surprise: the bell rings and the enemy enters. But then they make it up. The important thing is to put on the act, maybe they will call you back. It’s two hours of political programming and gossip. Everything goes as planned, it’s a winning format. See you tomorrow at the same time on the same channel – and maybe even the day after tomorrow. Actors may change but don’t worry, voices will be the same. Such good models, though.
Uno spaccato esemplare + testo di Andrea Santoro + traduzione di Federica Manzolini
Una notizia non può essere esemplare. Non ritrae la situazione di un paese, ne ritrae uno spaccato, una frazione. È per natura un’interpretazione della realtà circoscritta ad un determinato evento. Unendo tanti di questi frammenti se ne otterrà uno più vasto e all’interno, forse, ci si potrà trovare lo spazio per un’opinione propria, ma essere esemplare è diverso. Esserlo è come un rapporto in scala: quella proporzione 1:qualcosa indica che ogni parte della realtà è lì rappresentata a misura d’uomo, per aiutarci nella comprensione. Come nelle cartine geografiche o nei modellini. La politica, in Italia, a mio avviso è immobile se non involutiva. Sembra un vecchio che ogni mattina, rivolgendosi ad uno specchio, parla solo con sé stesso, escludendo il confronto con l’esterno, e così fino a sera. Ha dei ricordi lontani di quando era commerciante e marinaio, ma ora è stanco e non ha più voglia di avere ospiti. Lentamente invecchia, gli stimoli per lui hanno un valore prossimo allo zero, non vi è alcun tipo di apprendimento ed anzi, sembra stia scordando anche ciò che ha imparato con dolore, ma lui ora deve pensare a sé stesso e nessun altro. ‘Altro’ è il principale vettore di trasmissione della cultura. se non esistesse un ‘altro’ non sarebbe neppure necessario comunicare, perchè ‘altro’ vuol dire anche differente,diverso. Il progresso è una fase culturale e l’uno non può esistere se non all’interno dell’altro.
C’è un giornalista italiano che da anni concentra ogni suo sforzo nel tratteggiare i contorni del quadro politico con passione e dovizia, e non a caso è un vero amante dei modellini, che propone con audacia durante i suoi approfondimenti migliori. Le hanno provate tutte per distoglierlo dalla sua missione di testimonianza, gli hanno persino attribuito parentele con uno dei peggiori nemici della libertà di stampa che il nostro paese abbia visto, ma lui non ha mai perso un colpo. Il suo salotto ogni sera è unito ai nostri tramite uno schermo, e possiamo così seguire il vero spaccato esemplare della situazione politica in Italia, e gli attori sono parte del modellino: ci sono le quote rosa attentamente selezionate, il giovane imprenditore che dice che sì, spazio per i giovani in fondo c’è, un politico sessantenne che invoca il cambio generazionale perchè non ce la fa più ad essere un pecario, l’opinionista che spara a zero e fa arrabbiare un po’ tutti e poi un’ora di scontro frontale, urla (fanno sembrare le cause così sentite!), colpo di scena, suona il campanello ed entra l’acerrimo nemico. Poi però si fa la pace. L’importante è recitare il copione al meglio, si sa mai che ti richiamino. Due ore circa di tribuna politica e gossip. Tutto come da programma, format vincente. Domani alla stessa ora sullo stesso canale, e probabilmente anche dopodomani. Gli attori forse saranno diversi ma tranquilli, le voci rimangono le stesse. Gran bei modellini però.
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“To be or not be (cool) that’s the question” + text by Giovanni Paolini + translation by Nicola Rossi
That’s what a modern Hamlet would say while trying to deal with his style doubts. And in the land of Hamlet’s creator today being cool is what is all about. Yes, even the Bard himself would be probably spend a considerable amount of time trying to put on a very studied outfit with the only aim to look, well, cool.
Albam and Folk are the shops that can help you if you are interested to pursue this style, indeed are a much obliged stop for someone that is visitig Shoreditch and wants to feel part of the community here. Oh and don’t forget you Ray Ban Wayfarer at home.
“Cool”. A sharp and short word, so easy to pronounce as so difficult can be the achievement of it. You have or you don’t. Easy, isn’t it? Along with the question what’s cool comes the question ‘where’ is cool? For the Shoreditch hipsters it seems to be quite a good time, as their style is meeting always more fans and aficionados (but they will never admit it, even less appreciate it). Brick Lane and the surroundings from the Spiatfields market to Hackney are constantly crowded with people sporting skinny fit jeans, chunky jumpers, and tees preferably one size larger. And beanies, no matter what season is. Quite questionable prints are seen all over on skirts, shirts and t-shirts as well, often coming from one of the many vintage shops for which Brick Lane is well knowed. Mixing and possibly not matching looks a funny game where the hipster is good at. On their foot there can be trainers, mainly Nike’s Air Max, Vans or Converse (do they know that that is so mainstream?) or also, for men, something more classic like Chelsea boots, brogues or moccasins. Preferably with an used, pardon, vintage allure.
Speaking about shops, the always more powerful and expanding All Saints plays a main role in the retail business in Shoreditch, as well over all London, consequently influencing style choices. May you like it or not. Smart and draping-like knitwear with the horned animal skull logo, togheter with washed vintage effect denims and draped dresses with often skeleton-animal-plants prints on it match the men t-shirts for a rock yet bold and crafted style. All Saints has definitely developed from the niche label what was at its begin and has nowaday landed in pretty everyone’s wardrobe, doing so good that even an high street king such Topshop keeps producing among its various lines clothes that resemble very much for prints and style the Spitafield’s company.
A new style has also developed from hipsters, a style that looks more grown up and has been adopted from the creatives that works around the Shoreditch and Hoxton area. And not only. A smarter and attention to details style, that starts from and extremely well executed haircut and moustache for the guys, going towards button down cotton shirts, in plain white or light colours or tiny stripes or checks paired with an aran cardigan, handknitted is better, and the last cool denim jeans, casual fit, but not too large. And for the cold season a classic double breasted navy short coat sported with the collar religiously up. As for the ladies the style is a bit less specific and more easy, as they can opt for a femminine dress, often with small prints and a thin belt on the waist and ladylike shoes with large and comfortable cardigan or jumpers. Or play a bit more, choosing two pieces outfit, shirt/blouse and skirt, or dark denim jeans or sometimes high waist trousers. Always playing with the feminine side with small floral prints or tiny geometric patterns. With an helpful lot of accessories like victorian style necklaces, or 50s earings and rings and brooches.
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Amid all these styles there’s even one more that might attract the attention of our modern Hamlet. Boys and girls that like to wear total black, or at least dark shades. They’re not 80’s romantics nor punks, neither 90s darks. Though some influence can come from that far their style is a very calibrated mixture of what’s cool at the right moment, but just turned in black colour. Black jumpers, and black tight jeans, or minis for the girls, black brogues or boots (Clarks are also a valid option) with dark socks and of course a dark coat or jacket. For the winter the coats often are a size larger allowing a cocoon effect that protect against the striking colours and patterns of the others cool fellas. Undoubtedly the east London area is the hub for new tendencies and the “coolness” itself. The artistic vibe thanks to a growing number of galleries and the presence of nice and various coffee shops attract a crowd of loyals, many of them showing up in cool yet very personal outfits. Nothing is said loud (well, sometimes yes, even too loud) but everything is played very well with a blasè attitude, but if you’all ask everyone will be ready to strike a pose for the last, new, nth fashion blog, more than happy to give an unspoken style lesson.
“Essere o non essere (cool) questo è il problema” + testo di Giovanni Paolini + traduzione di Nicola Rossi
Questo è quello che un Amleto moderno direbbe mentre affronta I suoi dubbi di stile. E nella terra del creatore di Amleto oggi essere cool è quello che conta davvero. Si, perfino il bardo in persona probabilmente spenderebbe una considerevole quantità di tempo provando un outfit molto curato con il solo scopo di apparire, beh, cool. “Cool”, una parola sottile e breve, così facile da pronunciare eppure così difficile il suo raggiungimento. Ce l’hai o non ce l’hai. Facile no? Assieme alla domanda cos’è cool viene la domanda “dove” è cool? Per gli hipster di Shoreditch sembra essere un buon periodo, visto che il loro stile sta incontrando sempre più fan e aficionados (ma non lo ammetteranno mai, tantomeno lo apprezzeranno). Brick Lane e dintorni dal mercato di Spiatfields a Hackney sono costantemente affollati di persone in jeans stretti, maglioni larghi e magliette preferibilmente di una taglia più grande. E berretti, non importa la stagione. Fantasie alquanto discutibili si vedono anche su gonne, maglie e t-shirts, che spesso provengono da uno dei numerosi negozi vintage per la quale Brick Lane è ben conosciuta. Mescolare possibilmente senza abbinare sembra un gioco divertente alla quale l’hipster è bravo. Ai piedi possono avere scarpe da ginnastica, principalmente Air Max della Nike, Vans o Converse (non sanno che è tremendamente mainstream?) oppure, per gli uomini, qualcosa di più classico come gli stivaletti Chealsea, brogues o mocassini. Preferibilmente con un’aspetto usato, pardon, vintage. Si è anche sviluppato anche un nuovo stile dagli hipster, uno stile che sembra più maturo e che è stato adottato dai creativi che lavorano attorno l’area di Shoreditch e Hoxton e non solo. Uno stile più intelligente e attento ai dettagli, che parte da un taglio di capelli estremamente curato e baffi per I ragazzi, andando verso camicie di cotone completamente abbottonate bianche, di colori chiari o a righette o scacchi abbinate a cardigan aran, meglio se fatti a mano e l’ultimo paio cool di jeans denim, casual fit, ma non troppo larghi. E per la stagione fredda un classico doppiopetto corto da marinaio, indossato con il colletto rigorosamente alzato. Per le signore lo stile è un pò meno specifico e più tranquillo, dato che possono optare per un vestito femminile, spesso a fantasie piccole, una cintura sottile alla vita e delle scarpe femminili con dei larghi e comodi cardigan o maglioni. O possono giocarci un pò di più, scegliendo degli outfit a due
pezzi, maglietta/camicetta e gonna, o jeans denim scuri o a volte dei pantaloni a vita alta. Sempre giocando sul lato femminile con delle piccole fantasie a fiori o dei motivi geometrici. Con l’aiuto di ampio ventaglio di accessori come collane in stile vittoriano, orecchini anni 50, anelli e spille. Albam e Folk sono I negozi che possono aiutarti a perseguire questo stile, una tappa obbligatoria per qualcuno che sta visitando Shoreditch e vuole sentirsi parte della comunità qui. Oh e non scordatevi I vostri Ray Ban Wayfare a casa. Parlando di negozi, il sempre più potente ed in espansione All Saints gioca un ruolo di spicco nella vendita al dettaglio a Shoreditch, come in tutta Londra, influenzando di conseguenza le scelte di stile. Che ti piaccia o meno. Maglieria larga e drappeggiante con il logo del teschio animale cornuto, insieme a denim slavato effetto vintage e vestiti a drappeggio con spesso stampe di scheletri animali si combinano con le t-shirt da uomo per uno stile rock audace ma sempre artigianale. All Saints è decisamente cresciuto dall’etichetta di nicchia che era ed ad oggi si è insinuata nel guardaroba di più o meno tutti e sta andando così bene che perfino un titano come Topshop continua a produrre tra le sue varie linee, vestiti che ricordano molto, sia per stile che per stampe, la compagnia di Spitafield. In mezzo a tutti questi stili ve n’è un altro che potrebbe attrarre il nostro Amleto moderno. Ragazzi e ragazze che amano vestirsi totalmente di nero, o almeno in toni scuri. Non sono nostalgici degli anni 80, ne punk, ne dark dei ‘90. Anche se un pò d’influenza potrebbe essere arrivata da così lontano il loro stile è un mix molto calibrato di quello che è di tendenza al momento giusto, semplicemente nei toni del nero. Maglioni neri, jeans stretti neri o minigonne nere per le ragazze, brouges o stivaletti neri (le Clark sono anche un’opzione valida) con calzini scuri e ovviamente un cappotto o giacca scuri. Per l’inverno di solito I cappotti sono di una misura più grande permettendo un effetto bozzolo che protegge dai colori e dalle fantasie sgargianti di altri amici cool. Indubbiamente l’area Est di Londra è il fulcro per le nuove tendenze e della “figaggine” stessa. La vibrazione artistica data grazie a un crescente numero di gallerie e la presenza di belle e variegate caffetterie attraggono una folla di fedeli, molti di loro si presentano in outfit cool anche se molto personali. Niente viene detto ad alta voce (beh, a volte si, anche troppo) ma tutto è recitato molto bene con un’atteggiamento blasè, indifferente, ma se chiedi, chiunque sarà prono a mettersi in posa per l’ultimo nuovo fashion blog, più che felici di dare una silenziosa lezione di stile. POSI+TIVE | 17
Interview with Ivan Muselli + http://ivanmuselli.tumblr.com/
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Can you tell us something about you? Let’s see, I was born in 1990 in Milan, a city that I feel deep inside me, beyond the night life and things like that. I’ve been a photographer for 3 years – I guess – but I’m not that good at talking about myself without any question. I can be pretty boring, so I guess I’ll pass to the next one.
Ci puoi parlare un pò di te? Vediamo, sono nato nel 1990 a Milano, città che sento nelle viscere, al di fuori delle vita da locali e cose del genere, sono fotografo da quasi 3 anni, credo e non sono comunque bravo a parlare di me stesso senza domande, anzi sono parecchio noioso, quindi passo a quella dopo.
How did you start taking photos? Usually there’s the story of the boy who finds his grandfather’s old camera… Was it the same for you as well? In a way, yes. I’ve never had the passion for photography: it all started out of bore, in the summer of 2009, when I found two of my grandpa’s cameras and I started to take photos of the Milan spots I cared the most. Just after the holidays I asked my boyfriend – who is a photographer as well – for a camera, and I started to take shoots of the guys, and after a month my first editorial was published.
Come hai iniziato a fotografare, di solito c’è sempre la vecchia storia del ragazzo che trova in soffitta la macchina fotografica del nonno… anche tu su questa linea oppure no? Da un lato si. Non ho mai avuto la passione della fotografia tanto che è iniziata per noia quando, nell’estate del 2009, ho tirato fuori due vecchie macchine analogiche di mio nonno e ho iniziato a fotografare i posti di Milano a cui ero affezionato sin dalla mia infanzia; appena dopo le vacanze ho chiesto al mio fidanzato, anche lui fotografo, una sua macchina e ho cominciato a fare dei test a dei ragazzi, un mese dopo avevo il mio primo editoriale stampato.
Have you decided to follow fashion photography right from the beginning or was it a quest for styles and subjects that brought you to your decision? I’ve always followed fashion in general – and photography in particular – admiring the work of some photographers: thanks to them I understood that my every interest was there enclosed, so I was very sure about my specialization field. In your opinion, what’s important in a photo? I’ve been taking a lot of photos to non-models, I’ve always tried to reach their captivating side, and I think I did it. I’ve learned that what’s important in a photo is the way I perceive the subjects, not the subjects in themselves. What kind of relationship do you have with your subjects? I see my subject as a colleague or a playmate – it’s the fact that I see my work as a game that allows me not to get tired of it. And then I can grow attached to some of them, and in that case I try to give them every role that suits. In your opinion, can fashion photography still be taken on film, or is the digital now the trend? I don’t personally need film, even if sometimes I happen to shoot with a disposable camera. I just think that the vast majority of photographers using film are too much alike: most of them have in common that analogic amateur feel that only wants to imitate certain photographers, thus obtaining the opposite result. On the other hand, I’m well aware that film has a ton of interesting facets – from grain to colors. But is there nowadays among us young someone that knows how to shoot on film like Meisel in the 90s and his precursors? If you had to define today’s fashion, how would you describe it? Once I said that fashion is like the world of “magic”: there are lots of amateurs and then there are a few ones that can truly shine. In this last couple of years there have been lots of emerging photographers, or so it seems. According to your personal experience, what would you suggest to do to emerge from the mass? I don’t really know, I’m not that good at giving advices, even at myself… In my case it was all a casualty, all I can say is to remain humble, because we are always arrogant.
Hai pensato subito di seguire la fotografia di moda oppure c’è stata una ricerca di stili e di argomenti che poi ti ha portato a decidere? Ho sempre seguito la moda in generale, in particolare la fotografia, stimando molto il lavoro di certi fotografi e da questi ho capito subito che mio qualunque interesse avrebbe potuto confluirci, quindi non ho avuto indecisioni riguardo a quale campo specializzarmi. In un ritratto cos’è importante per te? Ho fatto molti ritratti a persone che non fossero modelli, ho sempre cercato di tirar fuori da loro una parte che fosse “ammiccante” per il pubblico e credo di esserci riuscito. Ho capito comunque che in un ritratto la cosa importante non sono i soggetti come sono ma come io li percepisco. Che tipo di relazione instauri con il soggetto che stai fotografando? Lo vedo come un collega di lavoro o un compagno di giochi (dal momento che riesco a non stancarmi del mio lavoro perché lo vedo come un gioco appunto), capita poi che mi affezioni a qualcuno in particolare e cerco di fargli “interpretare” qualsiasi ruolo che trovo calzi al suo aspetto. Secondo te la fotografia di moda si può scattare ancora a pellicola, oppure il digitale oramai è diventato predominante e la tendenza non si invertirà? Personalmente non sento il bisogno della pellicola, tranne qualche cosa che scatto con le usa e getta da tenere per me, credo soltanto che la maggior parte dei fotografi che oggi scattano in pellicola si assomiglino troppo, la maggior parte, ai miei occhi, risultano accomunabili da quel gusto analogico amatoriale che tende troppo a voler imitiare certi fotografi e ottiene il risultato opposto. Da un altro canto so benissimo che la pellicola ha tantissime sfaccettature interessanti, dalla grana ai colori, ma oggi, fra i giovani, c’è ancora qualcuno che riesce a scattare in pellicola come Meisel negli anni ‘90 e i suoi predecessori? Se dovessimo definire la moda oggi, tu come la riassumeresti? Una volta ho detto che la moda è come il mondo della “magia”, ci sono maree di incapaci e poi ci sono quei pochi che si distinguono. In questi ultimi anni ci sono sempre più fotografi emergenti o presunti tali. Secondo te, vista la tua personale esperienza, se dovessi dare un consiglio per emergere dalla massa, a cosa penseresti? Non saprei, non sono molto bravo a dare consigli in generale nemmeno a me stesso… A me è successo tutto “per caso” quindi non credo si essere la persona più adatta, l’unica cosa che potrei dire è di abbassare le creste, dato che per esperienza noi giovani siamo i più sgalettanti.
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New Faces Interview with Paul Kรถhler @ Viva Models Berlin + photos by Giacomo Cosua translation by Rachel Flannery
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How did you get into modelling? I became involved in modelling through a very close friend of mine, who encouraged me to give it a try.
Come hai iniziato a fare il modello? Ho intrapreso questa carriera per via di un caro amico che mi ha incoraggiato a provare.
How did you feel after your first photoshoot? After my first photoshoot I felt a little proud of myself and also slightly surprised of how well I managed the situation. The posing I mean.
Come ti sei sentito dopo il tuo primo servizio fotografico? Dopo il mio primo servizio fotografico mi sono sentito orgolioso di me stesso e mi sono anche sorpreso da quanto bene avessi affrontato la situazione riguardo al posare.
What do you think about Berlin? I am proud to be born in this fantastic city. Berlin is multicultural and therefore very tolerant. Berlin is inspiring. It is one of the most impressive cities I know. The modern network through the internet makes it possible to connect with people you met at a party the night before. What I mean is, Berlin is small but at the same time it gives you a tremendous variety of things to do with friends and family. What is your favourite place in Berlin? My favorite place in Berlin must be a place that makes me feel welcome and home. There are not a lot of them, particularly for me. I will go with the "Olivaerplatz" at Berlin Charlottenburg. It is close by my apartment. It is very busy, loud, fast and lively. When it turns dark, restaurants let their signs shine and the street is filling with youth people in a Happy Drunk condition. I know you have an American passport, what do you think about the USA? Do you feel ready for the American market? I am sure of what I can do and what I can’t. I will not pretend to be a supermodel but I will be ready to work even harder by the time my Agency decides to send me to the USA. What are your goals for this season? There is only one goal that I pursue at the moment... Collect good photos from good photographers, so I can present myself positively. What would be your dream location to shoot in? I don't have a dream location where I would like to shoot in or at. I like water. Therefore I would like to shoot at the beach one of these days. What do you like most about being in fashion shows? I like the feeling of the attention, that moment when all the people's focus is on you. Also the feeling of what was nervousness in the beginning turning into adrenalin makes me want to walk on the runway. What do you get up to in your free time? In my free time I like to run and jog, I keep my body in great shape by doing fitness. I am very disciplined concerning that.
Che cosa pensi di Berlino? Sono fiero di venire da questa meravigliosa città. Berlino è una città cosmopolita e dunque molto tollerante. Berlino è stimolante. È una delle città che ti colpisce di più fra quelle che conosco. Grazie ai social network, si può mettersi in contatto con persone conosciute ad una festa la serata precedente. Quello che voglio dire è che nonostante il fatto che Berlino sia piccola, ci sono tantissime possibilità per cose da fare sia con gli amici che con la famiglia. Qual è il tuo posto preferito a Berlino? Per me un posto preferito dovrebbe essere dove ti senti il benvenuto e a casa e non esistono molti luoghi così. Sceglierei la “Olivaerplatz” a Charlottenburg, Berlino. È vicino al mio apartamento. È molto frequentata, animata, veloce e vivace. Quando fa buio, i ristoranti fanno lampeggiare le loro insegne e la strada si riempie dei giovani brilli e allegri. So che hai il passaporto americano; che cosa pensi degli Stati Uniti? Credi di essere pronto di affrontare il mercato americano? Sono sicuro di quello che sono o non sono capace di fare. Non penso certo di essere top model ma sono disposto a lavorare ancora più duramente quando l’agenzia dovesse decidere di mandarmi negli Stati Uniti. Quali sono i tuoi obiettivi per questa stagione? Adesso perseguò un unico obiettivo...cioè raccogliere delle belle foto di buoni fotografi per presentarmi in modo positivo. Dove sarebbe il tuo sito ideale per fare un servizio fotografico? Non ho un posto ideal. Mi piace l’aqua e quindi mi farebbe piacere un giorno fare un servizio in una spiaggia. Che cos’è che ti piace di più del lavorare come modello nelle sfilate? Mi piace l’attenzione, quel momento quando tutti si concentrano su di te. Inoltre, quella sensazione quando i nervi si transformano in adrenalina mi spinge a camminare sulla passerella. Che cosa fai nel tuo tempo libero? Nel mio tempo libero mi piace correre, mi tengo in buona forma facendo ginnastica. Sono molto disciplinato per quello che riguarda il mio corpo.
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+ Bl端te Indress + Fellweste - Seidenkleid - Kette - BH Simone Ricker
Anastassija Makarenko
+ Photographer Uta Seelos www.seelos-photodesign.de + Assistent Tolgahan Polat + Design Styling Simone Ricker + Make-Up Hairstyling Lars R端ffert + Model Anastassija Makarenko EastWestModels POSI+TIVE | 33
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+ Bl端te Indress + Fellweste - Seidenkleid - Kette - BH Simone Ricker
+ Str端mpfe Prada + Schuhe Marni + Bl端te Indress + Felljacke - Slip - BH Simone Ricker
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+ Str端mpfe Prada + Bl端te Indress + Hut Gaetano Navarro + Kette - Felljacke - Hemd - Slip Simone Ricker
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+ Schuhe Salvatore Ferragamo + Str端mpfe Kunert + Short - BH - Felljacke - Fellkragen - Kette Simone Ricker
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+ Str체mpfe Missoni + Schuhe Marni + Slip - Top - Armb채nder - Halsband - Kette Simone Ricker
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Abney Park, London + photography Giacomo Cosua + styling Sylvester Yiu + model Brice @ Nevs London
+ check 3-psc suit by Homini Emerito + shirt by Paul & Joe 40 | POSI+TIVE
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+ double breasted jacket and trousers by Jeff Banks + shirts by Paul & Joe 42 | POSI+TIVE
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+ double breasted jacket and trousers by Jeff Banks + shirts by Paul & Joe
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+ trench coat by H&M
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+ check 3-psc suit by Homini Emerito + shirt by Paul & Joe POSI+TIVE | 47
Summer is here + photo by Giacomo Cosua + Styling Matteo Greco + Styling Assistant Simona Dell’Unto + Model Elia Cometti @ DMAN
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+ T Shirt Calvin Klein Collection + Shorts Ermanno by Ermanno Scervino + Espadrillas Salvatore Ferragamo + Beret Prada
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+ Beret Prada
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+ T-shirt Ports 1961 + Trousers Calvin Klein Collection
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+ Shirt Iceberg + Trousers Camo + Neckerchief Prada
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+ Trousers Versace
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+ Shirt Versace
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+ Tank Calvin Klein Collection + Trousers Ports 1961 + Belt Iceberg + Sandal Versace + Beret Prada
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+ Tank Iceberg + Shorts Ports 1961 + Sandal Kenzo
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+ shit Coss + bracelet Uterque
The Desert + photography Simone Siel + stylist Davide D’iorio + makeup and hear Joyce De Oliveira
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+ jacket Aggabarti + necklace Hym + swinsuit Coss Men
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+ white dress Isabel Marant + black jacket Escada
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+ swimsuit Vanity Fair bracelet + uterque Necklace Stone
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+ swimsuit Vanity Fair bracelet + uterque Necklace Stone
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+ necklace con cruz Kieselstein-cord + bracelete Yurman
+ ring pantera Hym + ring de piedra Hoorsenbuhs
+ culot faja Donna Karan
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I AM BLIND I AM BLIND + photos by Emanuele Lami www.emanuelelami.com http://emanuele-lami.tumblr.com/ contact.me@emanuelelami.com + translation by Israel Fernandez Benitez
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He knew he was in his own home, he recognised the smell, the atmosphere, the silence, he could make out the items of furniture and objects simply by touching them, lightly running his fingers over them, but at the same time it was as if all of this were already dissolving into a kind of strange dimension, without direction or reference points, with neither north nor south, below nor above. The project is my attempt to go deep into the introspective side of blindness. I tried to describe the inner part of the blind world, focusing on the detachment between a blind person and the surroundings, so to put an accent on the strength, the determination and the lightness of blind people.
Lui sapeva che era a casa sua, riconobbe l’odore, l’atmosfera, il silenzio, riusciva a distinguere i mobili e gli oggetti semplicemente toccandoli, scorrendo leggermente le dita su di loro ma, allo stesso tempo, era come se tutto fosse già dissolvendosi in una sorta di strana dimensione, senza direzione o punti di riferimento, né Nord né Sud, né sotto né sopra. Il progetto è un mio tentativo di andare in profondità nel lato introspettivo della cecità. Ho cercato di descrivere la parte interiore del mondo dei non vedenti, con particolare attenzione al distacco tra una persona cieca e i dintorni, in maniera da mettere l’accento sulla forza, la determinazione e l’agilità dei non vedenti.
He knew he was in his own home, he recognised the smell, the atmosphere, the silence, he could make out the items of furniture and objects simply by touching them, lightly running his fingers over them, but at the same time it was as if all of this were already dissolving into a kind of strange dimension, without direction or reference points, with neither north nor south, below nor above.
Lui sapeva che era a casa sua, riconobbe l’odore, l’atmosfera, il silenzio, riusciva a distinguere i mobili e gli oggetti semplicemente toccandoli, scorrendo leggermente le dita su di loro ma, allo stesso tempo, era come se tutto fosse già dissolvendosi in una sorta di strana dimensione, senza direzione o punti di riferimento, né Nord né Sud, né sotto né sopra.
The project is my attempt to go deep into the introspective side of blindness. I tried to describe the inner part of the blind world, focusing on the detachment between a blind person and the surroundings, so to put an accent on the strength, the determination and the lightness of blind people.
Il progetto è un mio tentativo di andare in profondità nel lato introspettivo della cecità. Ho cercato di descrivere la parte interiore del mondo dei non vedenti, con particolare attenzione al distacco tra una persona cieca e i dintorni, in maniera da mettere l’accento sulla forza, la determinazione e l’agilità dei non vedenti. POSI+TIVE | 67
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After the Earthquake/ Dopo il Terremoto + reportage by Piero Martinello www.pieromartinello.com + Luz Photo Agency + translation by Nicola Rossi
+ On May 29th 2012 the Earth trembled again in Emilia Romagna with a new quake of 5.8 of the Richer scale, after the first earthquake of May 20th. The toll is 23 victims, 350 injured and aproximately 200 thousand are without a hose and 345 bilion euros in damages.
+ Il 29 Maggio 2012 la terra torna a tremare in Emilia Romagna con un nuovo sisma di 5.8 gradi Richter, in seguito al primo sisma del 20 Maggio. Il bilancio è di 23 morti, 350 feriti, circa 200 mila sfollati e 345 miliardi di danni.
+ Italian refugees in the tent camp built by the Trento Protezione Civile in the market square of San Felice sul Panaro.
+ Rifugiati italiani presso la tendopoli allestita dalla Protezione Civile di Trento nella piazza del mercato di San Felice sul Panaro. POSI+TIVE | 79
+ Indian refugees in the tent camp built by the Trento Protezione Civile in the market square of San Felice sul Panaro.
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+ Rifugiati indiani presso la tendopoli allestita dalla Protezione Civile di Trento nella piazza del mercato di San Felice sul Panaro.
+ Indian refugees in the tent camp built by the Trento Protezione Civile in the market square of San Felice sul Panaro.
+ Rifugiati indiani presso la tendopoli allestita dalla Protezione Civile di Trento nella piazza del mercato di San Felice sul Panaro.
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+ African Refugees in the tent camp built by the Trento Protezione Civile in the market square of San Felice sul Panaro.
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+ Rifugiati africani presso la tendopoli allestita dalla Protezione Civile di Trento nella piazza del mercato di San Felice sul Panaro.
+ African Refugees in the tent camp built by the Trento Protezione Civile in the market square of San Felice sul Panaro.
+ Rifugiati africani presso la tendopoli allestita dalla Protezione Civile di Trento nella piazza del mercato di San Felice sul Panaro.
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+ Romano Boccafoli, refugee in the tent camp built by the Trento Protezione Civile in the market square of San Felice sul Panaro.
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+ Romano Boccafoli, rifugiati presso la tendopoli allestita dalla Protezione Civile di Trento nella piazza del mercato di San Felice sul Panaro.
+ Raul Monari, refugee in the tent camp set up by the Friuli Venezia Giulia section of Protezione Civile in the sport area of Mirandola.
+ Raul Monari, rifugiato presso la tendopoli allestita dalla Protezione Civile sez. Friuli Venezia Giulia nell’area sportiva di Mirandola.
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+ Group of Sikh volunteers arrived to give a hand to the refugee camp built in the market square of San Felice sul Panaro.
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+ Gruppo di volontari Sikh arrivati per prestare assistenza ai rifugiati della tendopoli allestita nella piazza del mercato di San Felice sul Panaro.
+ Group of Sikh volunteers arrived to give a hand to the refugee camp built in the market square of San Felice sul Panaro.
+ Gruppo di volontari Sikh arrivati per prestare assistenza ai rifugiati della tendopoli allestita nella piazza del mercato di San Felice sul Panaro.
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After the Earthquake/ Dopo il Terremoto + reportage by Tommaso Protti www.tommasoprotti.com + Luz Photo Agency + translation by Nicola Rossi
+ A woman in front of the crumbled building downtown Cavezzo.
+ Una donna di fronte a un palazzo caduto nel centro di Cavezzo.
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+ Cavezzo Italy June 2nd 2012. On May 29th 2012 the Earth trembled again in Emilia Romagna with a new quake of 5.8 of the Richer scale, after the first earthquake of May 20th. The toll is 23 victims, 350 injured and aproximately 200 thousand are without a hose and 345 bilion euros in damages.
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+ Cavezzo, Italia, 02Giugno2012. Il 29 Maggio 2012 la terra torna a tremare in Emilia Romagna con un nuovo sisma di 5.8 gradi Richter, in seguito al primo sisma del 20 Maggio. Il bilancio è di 23 morti, 350 feriti, circa 200 mila sfollati e 345 miliardi di danni.
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+ Bloobathed clothes in the point where Sergio Cobellini died, victim of the earthquake for a collapsed buuilding.
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+ Panni insanguinati nel punto dove è morto Sergio Cobellini, vittima del terremoto per il crollo di un palazzo.
+ A woman in front of the crumbled building downtown Cavezzo.
+ Una donna di fronte a un palazzo caduto nel centro di Cavezzo.
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+ A fireman downtown Concordia.
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+ Un viglie del fuoco nel centro di Concordia.
+ Cars destroyed downtown Concordia. The center, declared as Red Area, shows massive damage.
+ Macchine distrutte nel centro di Concordia. Il centro, dichiarato zona rossa, presenta gravissimi danni.
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+ The GIAS factory for the production of garlic e anchovies destroyed by the earthquake.
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+ La fabbrica della GIAS per la produzione di aglio e acciughe distrutta in seguito al terremoto.
+ Mirandola’s Duomo.
+ Il Duomo di Mirandola.
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+ Anna Gianfelice in her tent mounted in the summercamp of San Carlo. Her house is uninhabitable and has serious structural damage. The sport center wa organized by the San Carlo citizens themselves, still waiting for help from the authorities.
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+ Anna Gianfelice nella sua tenda montata nei campi del centro sportivo di San Carlo. La sua casa è inagibile e con seri danni strutturali. Il centro sportivo è stato organizzato dagli stessi abitanti di San Carlo, ancora in attesa di aiuti da parte delle autorità .
+ A tent in the Red Cross refugee camp in Concordia
+ Una tenda nel campo per sfollati della Croce Rossa a Concordia.
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+ A crubled building downtown Cavezzo.
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+ Un edificio crollato nel centro di Cavezzo.
+ Church of San Francesco downtown Mirandola. The center of Mirandola has been declared Red Area, and the majority of the buildings shows major damage.
+ Chiesa di San Francesco nel centro di Mirandola. Il centro di Mirandola è stato dichiarato zona rossa e la maggior parte degli edifici presenta seri danni.
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SAVE ITALIAN RACING + photos by Guido Gazzilli www.guidogazzilli.com + Agenzia Luz
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A history that has inspired writers, painters, designers, filmmakers. This sport has been popular in Italy since Roman times and there are more than 40 racecourses in the country, some of which regularly attract runners from across Europe. How we could forget champions as Ribot or Varenne? The first in the 50’s dominated the international scene of galloping, Varenne, however, since the late 90’s has become the greatest trotter and world record holder. There has been no racing of any kind since the turn of the year and the industry is at a standstill, crippled by strike action and protests against drastic funding cuts they claim will send the nation into racing’s lower leagues - if not straight into the abyss. In 2012 racecourses would receive EUR61 million, approximately EUR40m below last year’s figure. This resulted in a forecast 40 per cent reduction to prizemoney, provoking industrial action from all sectors of the racing industry.A general collapse, at least 50 000 people between coaches, drivers, jockeys, breeders, artisans, risk losing their jobs. More than 15.000 horses are going to be slaughtered.
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Una storia che ispirò scrittori, pittori, designers e filmamakers. Questo sport è popolare in italia dai tempi dei Romani e ci sono più di 40 ippodromi sparsi in tutto il paese, alcuni attirano regolarmente corridori persino da tutta l’europa. Come potremmo dimenticare campioni come Ribot o Varenne? Il primo negli anni ‘50 dominò la scena ippica internazionale, Varenne tuttavia, sin dalla fine degli anni ‘90 divenne il più grande campione nonchè detentore di record mondiali. Non vi è stata nessuna gara di alcun tipo dall’inizio dell’anno e l’industria è in stallo, messa in ginocchio da scioperi e proteste contro il taglio drastico dei fondi che manderà la nazione nella lega più bassa delle gare, se non direttamente nell’abisso. Nel 2012 gli ippodromi ricevettero 61 Milioni di Euro, aprossimativamente 40 Milioni in meno all’anno precedente. Questo risultò in un pronostico di riduzioni del 40% nei premi in denaro, provocando reazioni industriali da tutti i settori dell’Industria ippica. Un collasso generale, almeno 50’000 persone tra allenatori, autisti, fantini, allevatori e artigiani rischiano di perdere il loro lavoro. Più di 15’000 cavalli saranno macellati.
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Krisis + Photos by Hara Kaminara xapakp@hotmail.com + translation by Israel Fernandez Benito
Cover Story The Greece issue
Athens, June 2012: Krisis Europe, Democracy and chaos, are all words arising from the Greek language. Krisis, a Greek word both meaning crisis and judgment is a concept or a state that is used increasingly more to characterize both the country’s ongoing dramatic situation, but also the wider state of affairs of the greater European and western political and economical structure. This project concentrates on the tragic Athenian political “fiasco” and the social “counter-performance” that follows it as an anti movement reacting to the ongoing corruption and rotting reality. It is a political and social investigation and a visual experimentation of the public struggles through “fights” that have taken place so many times over the past year in the roads of central Athens. Examining the situation through the frame of ancient Greek tragedy, a term extensively used to characterise the situations of modern Greece by the mainstream global media, a great similarity is evident in the way the story is unfoldind and experienced. The architectural structure on which the European Union has been built and moreover the core ideas behind the monetary union of its member states, increasingly more reveal its weaknesses. Idealized by many, the idea of a united and peaceful Europe with strong individual but united nations has now made the world question its fundamental purpose and reason. Similarly to Pandora’s myth, is seems as if a forbidden box has been opened that was hiding in it all of the system’s dysfunctional hidden reality for both the peripheral “dysfunctional country” but also of the European constitution, which appears to infect countries through a merciless domino effect. The European leaders in power - desperately trying to save and put together what unquestionably before was considered secure and united - are remaking the arena of European politics reinforced by experts, technocrats and extreme ideologies. From a successful political and economical mechanism the EU became overnight a desperate and dramatic theatrical platform, where debates and battles are performed driven by a resolute need for rebirth, change but also stability. During the past year we have been watching and taking part, both metaphorically and realistically, in a Modern Greek play standing between an absolute Tragedy and an ironical black Comedy. The protagonists are seen on one hand in the political leaders, bankers, lenders and all the high players of media and on the other hand through the people, the crowd (δήμος or what used to be called choros, χωρός in the old tragedies). The haunting question remains as to how this modern dramatic play will end, at what cost and with what outcome for its actors/ people? In ancient tragedies the end would come along with an apocalyptic truth accompanied by the deus ex machina providing catharsis. Are we also waiting for our catharsis in the final act of this “real” drama to unfold is such a way, and if so, will there ever be change or will it just be an other transformation of the same ongoing drama?
Atene, Giugno 2012: crisi, Europa, democrazia e caos sono tutte parole derivate dal greco. Crisi, una parola greca che significa sia crisi che giudizio, è un concetto o uno stato che viene utilizzato sempre più per caratterizzare l’attuale situazione drammatica del paese, ma anche lo stato più ampio degli affari delle maggiori strutture politiche ed economiche europee ed occidentali. Questo progetto si concentra sul tragico fiasco politico ateniese e la reazione sociale che lo segue come un anti movimento che reagisce alla corruzione in corso e alla marcia realtà. Si tratta di un indagine politica e sociale e una sperimentazione visiva delle lotte pubbliche attraverso gli “scontri” che hanno avuto luogo tante volte nel corso dell’ultimo anno nelle strade del centro di Atene. Esaminando la situazione attraverso la cornice dell’antica tragedia greca, un termine ampiamente utilizzato dai mass media globali per descrivere le situazioni della Grecia moderna, é evidente una grande somiglianza nel modo in cui la storia si svolga e viene sperimentata. La struttura architettonica su cui l’Unione europea è stata costruita e, inoltre, le idee fondamentali che stanno dietro l’unione monetaria dei suoi Stati membri, rivela in maniera crescente le sue debolezze. Idealizzata da molti, l’idea di un’Europa unita e pacifica con nazioni singole, forti ma anche unite hanno ormai reso la domanda mondiale il suo scopo fondamentale e la ragione. Allo stesso modo del mito di Pandora, è come se una scatola proibita fosse stata aperta quando nascondeva dentro tutta la realtà disfunzionale del sistema, non solo quella del “paese disfunzionale” periferico, ma anche quella della costituzione europea, che sembra infettare paesi attraverso uno spietato effetto domino. I leader europei al potere, disperatamente cercando di salvare e mettere insieme quello che senza dubbio prima era considerato sicuro e unito, stanno rifacendo l’arena della politica europea rinforzandola con esperti, tecnocrati e ideologie estreme. Da un meccanismo di successo politico ed economico l’UE è diventata subitamente un disperato palco drammatico e teatrale, dove i dibattiti e le battaglie si svolgono spinti da un deciso bisogno di rinascita, di cambiamento, ma anche di stabilità. Durante lo scorso anno siamo stati a guardare e partecipare, sia metaforicamente che realisticamente, in una moderna tragedia greca situata tra una tragedia assoluta e una ironica commedia nera. I protagonisti si vedono da un lato nei leader politici, banchieri, finanziatori e tutti i giocatori alti di media e dall’altro attraverso il popolo, la folla (δήμος o il cosiddetto coro, χωρός nelle tragedie antiche). La domanda inquietante che rimane è come finirà quest’opera drammatica moderna, a quali costi e con quali risultati per i suoi attori/persone? Nelle tragedie antiche la fine sarebbe arrivata con una verità apocalittica accompagnata dal deus ex machina che fornisce la catarsi. Stiamo anche noi aspettando la nostra catarsi nell’atto finale di questo dramma “reale” per svolgersi di dispiegarsi è un modo, e se così fosse, ci sarà mai cambiamento o sarà soltanto un’altra trasformazione dello stesso dramma in corso? POSI+TIVE | 125
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The Dancers + www.thedancersmusic.com
You have to know something about this trio from Venice; since is born, is running so fast. In more than a year they played hundred shows all around Italy, last summer they released their debut 7" EP on the historical punk label Green Records. Described as a "Really focused product for a new band", the EP presents a mixture of Garage/punk conceived in a modern way; followed by many gigs allover the country, where the band embrace the old rock and roll school, with crazy live performances and shows. During the last season the trio supported in Italy, tours of artist like Dum Dum Girls,Radio Moscow, Japanther...and others. Time is running, so the 21st of April, the band made another release “On the road” a limited edition Ep, especially for record store day; the record went sold out in less than 48 hours, and received very good press judgments. They Just finished the recordings of their new single and Album, that saw behind the mixing desk Mojomatt Bordin (Mojomatics) in his all analog studio in Treviso. The New Album is made of songs that were written during many lunch breaks in the bakeshop of Matt's workplace; a skateboard shop in Venice; It happened that sometimes the band rehearsed in the shop, without permission of course;actually garage rock is not so quiet and, neighbors pick up the phone soon and called the police, that took our three garagerockers in their offices. After a job loss, and and some law troubles, the band said: "for the music we'll do this and more…and even more." Described by Rockit as the "Evil cousins of the Mojomatics" The Dancers are ready to bring the sound of their new record in Europe for the next season.
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“Turbo trio” veneziano, partito in quarta con una raffica di live in tutto il centro nord, In poco più di un anno ha suonato ovunque, e debuttato con un 7” inciso per la storica etichetta punk Green Records. Descritto come un “Un prodotto molto a fuoco” per una band emergente, l’EP presenta miscele di garage/punk rivisitate in chiave moderna, è stato ben accolto dalla critica musicale italiana ed europea. Viene supportato da decine di live dove The Dancers abbracciano la vecchia scuola del Rock and Roll, riportandoci un po’ indietro nel tempo quando su un palco una garage-band sudava anche l’anima.. Dopo una seconda stagione di live che li ha visti aprire tour di artisti come...Dum Dum Girls,Radio Moscow,Japanther, Smart Cops... E tempo di un’altra uscita in toccata e fuga, pubblicano “On the road” Un EP autoprodotto e registrato interamente in analogico, limitato in sole 100 copie In occasione del Record Store day 2012. Le copie del’ EP vengono esaurite in 48 ore, dando subito in riscontro molto positivo dai vari blog e magazines. Da poco hanno appena ultimato le registrazioni del loro nuovo singolo e dei nuovi pezzi che hanno visto dietro la consolle Mojomatt Bordin (Mojomatics), nel suo studio interamente analogico a Treviso; I nuovi lavori hanno subito un processo di scrittura molto singolare, scritti da Matteo nel retrobottega del negozio di Venezia in cui lavorava, i pezzi hanno preso forma durante delle sessioni di prova svoltesi di sera in negozio, richiamando molto interesse oltre che dal vicinato, da parte delle forze dell’ordine.. Definiti da ROCKIT come “I cugini incazzati dei Mojomatics” THE DANCERS, continuano la loro attività live, mentre si preparano all’uscita del loro prossimo lavoro prevista per metà settembre.
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House 11x11 + Architects Titus Bernhard Architekten + Where Munchen, Germany + Photos Jens Weber + Orla Conolly
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The idea behind House 11x11 was to design an apparently compact house of homogenous materials, with a low external surface but as large a usable area as possible, a house that serves a family as an inhabitable sculpture and shows its exterior as an image of the inner organization. House 11 x 11 is an icon for its users, symbolic and built with a new method of construction: the exterior walls and the wooden roof made of prefabricated elements are covered by a vertical woodlamella faรงade without counter-battens, converging on the ridge of the roof. A pronounced graphic character is the result, reinforced by the variable density and very precise setting of the lamellae, including the integration of the wooden window frames. The inner organization expresses itself in the open-plan floor space of the ground floor, containing a kernel for secondary uses as a space continuum, connecting optically with the upper story by means of airspaces and cleverly designed lighting. 140 | POSI+TIVE
L’idea che sta dietro House 11x11 era di disegnare una casa apparentemente compatta di materiali omogenei con una bassa superfice esterna ma con un’area utilizzabile più ampia possibile, una casa che ospita una famiglia come una scultura abitabile e che mostra la propria esteriorità come riflesso dell’organizzazione interna. House 11x11 è un’icona per I suoi utenti, simbolica ed eretta con un nuovo metodo di costruzione: I muri esterni e il tetto in legno fatto in elementi prefabbricati sono rivestiti da una facciata di lamelle lignee verticali, senza controbattenti, che convergono all’apice del tetto. Un carattere grafico pronunciato è il risultato, rinforzato dalle densità variabili e la posa molto precisa delle lamelle, compresa l’integrazione delle finestre dalla cornice di legno. L’organizzazione degli interni esprime se stessa sul pavimento a piano aperto che contiene un intreccio con utilizzi secondari e utilizza lo spazio come continuum, collegandosi otticamente con il piano superiore via spazi vuoti e illuminazioni sapientemente progettate. POSI+TIVE | 141
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ISSUE #10
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Cover by Giacomo Cosua