Pride Rivista mensile – Autorizzazione del tribunale di Milano n. 351 del 7/5/1999 – Direttore responsabile: Stefano Bolognini. Distribuzione gratuita in tutti i locali (in edicola o libreria 2,5 euro). Trasporto esonerato da DDT ai sensi del DPR n. 472 del 14/8/1996
173 • FEBBRAIO 2014 (2,5 € in edicola e libreria) www.prideonline.it
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GENITORI RAINBOW LEO GULLOTTA PIAZZE VUOTE
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Lasciate che i bimbi
Massimo Basili
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Genitori arcobaleno
Carmine Urciuoli
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Sconsolati
Simone Alliva
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Vecchia destra
Alessandro Condina
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Diritti fragili
Dario Accolla
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Visibilità in musica
Roberto Cangioli
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Il coraggio di Leo
Mario Cervio Gualersi
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Dei di Brescia
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Porno d’essai
Mauro Giori
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Pusher contro l’Aids
Vincenzo Patanè
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Omorama
Maurizio Cecconi
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Metropoli
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Dove e cosa
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Foto in copertina: Frame|Project & Francesco Elia DIRETTORE RESPONSABILE Stefano Bolognini E-mail: direttore@prideonline.it AMMINISTRATORE UNICO Frank Semenzi ART DIRECTOR Paolo Colonna SEGRETERIA DI REDAZIONE Marco Albertini E-mail: segreteria@prideonline.it Edito da: Associazione Culturale GLBT Stampato da: Starcom Events s.r.l. di Turate (CO) REDAZIONE via Antonio da Recanate 7 20124 Milano Tel. (+39) 342 0526979
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Apertura: 14:30–19:30 da lun. a ven. o su appuntamento PUBBLICITÀ PRIDE Frank Semenzi: (+39) 335 6133417 E-mail: pubblicita@prideonline.it Abbonamento annuale: 50 € Abbonamento semestrale: 30 € (assegno intestato ad “Associazione GLBT” o bonifico bancario)
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FEBBRAIO
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La prenotazione di spazi pubblicitari deve avvenire entro il giorno 5 del mese precedente la pubblicazione (es. il 5 gennaio per il numero di febbraio). I comunicati stampa (anche per l’aggiornamento della guida ai locali gay d’Italia e per l’agenda) e i file grafici relativi alla pubblicità devono pervenire in redazione entro il giorno 10 del mese precedente la pubblicazione (es. il 10 gennaio per il numero di febbraio). Non si garantisce la pubblicazione di quanto prenotato o pervenuto oltre tali date.
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ATTUALITÀ + CULTURA
LASCIATE CHE I BIMBI Quando e in che modo si può parlare ai bambini di omosessualità? Abbiamo chiesto un parere a un gruppo di papà e di mamme. TESTO + ILLUSTRAZIONE — MASSIMO BASILI · maxbasili@yahoo.it
L’IDEA PER UN ARTICOLO sul mondo gay visto dalla parte dei bambini mi frullava per la testa già da parecchi mesi, finché un pomeriggio, mentre giocavo con Cristiano - 4 anni non ancora compiuti – il pargolo mi ha chiesto a bruciapelo: “Ma è vero che tu baci tutti gli uomini?”. “Non tutti, ma ci sto provando”, avrei voluto rispondere all’adorabile impertinente, e invece me la sono cavata balbettando qualcosa di più evasivo. Poi, qualche settimana più tardi, è circolato in rete un bel video realizzato dai fratelli produttori e registi statunitensi TheFineBros, nel quale vengono filmate le reazioni di un gruppo di giovanissimi californiani dai 5 ai 13 anni durante la visione di due proposte di
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matrimonio particolarmente coreografiche e divertenti, una gay e una lesbica. Dopo un’iniziale perplessità da parte dei bimbi più piccoli, le risposte alle varie domande sulle nozze tra persone dello stesso sesso hanno svelato dei cittadini in erba molto saggi e rispettosi, addirittura indignati nell’apprendere che non ovunque negli Usa (e nel mondo) le persone possono sposare chi vogliono. Da qui alla possibilità di interpellare sul tema anche qualche bambino italiano il passo è stato breve. Dopo aver scomodato un gruppo di genitori quarantenni scelti tra amici e colleghi, conoscenti e parenti, ho incontrato la loro perplessità nell’affrontare l’argomento con i loro figli, tutti di un’età che va dai 4 ai 13 anni.
Titubanze che in seguito, dopo un tentativo di intervista a un paio di bambini andato a vuoto per mancanza di reazioni di rilievo, ho ritenuto più che fondate. A quel punto ho cambiato approccio e sono stati i genitori stessi a rispondere a proposito delle modalità con le quali hanno affrontato o affronteranno in futuro l’argomento omosessualità coi loro bambini. “Quando andava all’asilo, un paio di anni fa, mio figlio Riccardo per la prima volta ha chiesto come mai lo zio non fosse fidanzato con una ragazza”, ci spiega Sabrina, 42 anni, mamma di Carlotta, Riccardo e Cristiano (9, 8 e 4 anni). “Io gli ho risposto che in realtà lo zio, ovvero mio fratello, è fidanzato e vive con un uomo che lui conosce benissimo, dato che ci vediamo spesso nei pranzi di famiglia e questo ragazzo ha disegnato con lui molte volte. A quel punto mio figlio ha ribattuto che anche lui, da grande, vuole andare a vivere col suo migliore amico Gioele”. Valeria M. (42 anni) è madre di Maddalena e Sebastiano (12 e 8 anni) e ammette che alcune domande sull’omosessualità sono arrivate, “ma io le ho sempre prevenute, spiegando la realtà nel modo più chiaro possibile. Un paio d’anni fa siamo andati in vacanza con una nostra amica lesbica, la sua compagna e il loro bambino, e in quell’occasione ho spiegato ai miei figli che le due signore stanno insieme, si sono innamorate e che quindi il piccolo Romeo ha due mamme; già era capitato altre volte che facessero domande su un’altra coppia di amici e colleghi gay che frequentiamo. Confesso che non mi hanno colta alla sprovvista proprio grazie alle nostre amicizie. Forse, se fossi rimasta a vivere a La Spezia, dove sono nata e cresciuta, non avrei avuto la fortuna di entrare in contatto con amici omosessuali, e la domanda mi avrebbe spiazzata”.
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CULTURA + ATTUALITÀ
Alessandra, 38 anni, racconta invece di un episodio accaduto un paio di anni fa, durante la visione assieme alla figlia Valentina, che adesso ha 6 anni, di un programma televisivo dove due donne si baciavano: “Mia figlia s’è messa a ridere, ha chiesto come mai si stessero baciando e le ho risposto che anche due maschi o due femmine si possono fidanzare tra loro”. Valeria V., 48 anni, mamma di Viola (9 anni), ricorda la volta in cui la figlia “ha chiesto chiarimenti sul perché lo zio, ovvero mio cognato, avesse un fidanzato invece che una fidanzata, oppure come mai una nostra amica lesbica stesse in coppia con un’altra donna. Le ho spiegato che l’importante è l’amore e che ciascuno si innamora di chi vuole”. Cristina, 40 anni, spiega come il figlio più grande Pablo (13 anni) sia troppo introverso per chiedere lumi sulla questione gay, e che sia stata invece la più piccola e spregiudicata Caterina, di 9 anni, a sollevare la “questione” gay in famiglia: “Ha raccontato più volte di un suo compagno di classe che, parole sue, crede di essere una femmina, sta sempre con le bambine e gioca con loro. Io e mio marito pensiamo comunque che non sia il caso di fare dell’omosessualità un tema, preferiamo far passare il messaggio che non c’è nulla di male a essere gay, senza soffermarcisi troppo. La cosa migliore è stata comunque l’esperienza di qualche tempo fa, quando abbiamo fatto una vacanza con una coppia gay che ha molto socializzato coi miei figli. In quel caso siamo stati noi a spiegare che questi due signori, compagni da una vita, vivono insieme e sono una famiglia anche se non hanno figli”. Che siano in età da scuola elementare, oppure un po’ più cresciuti, tra i bambini c’è un compagno di giochi che qualcuno invita sempre, ed è il bullismo omofobo; a volte declinato in forma di gioco ignaro, a volte più penosamente consapevole: “Mia figlia ha chiesto tempo fa di ripetere con lei un gioco che aveva fatto coi compagni del campo estivo, spesso più grandicelli”, rammenta Alessandra. “Nel gioco si contava così: «Un gay, due gay, tre gay...» fino a «sei gay!», e anche in quel caso Valentina s’è messa a ridere. Quando le ho chiesto cosa fosse un gay, ha ammesso che non lo sapeva. A quel punto le ho spiegato che non è giusto prendere in giro le persone per le loro condizioni personali; lei era d’accordo con me di non farlo più”. Anche Valeria M. s’è accorta di qualche passatempo “a tema gay” nella scuola del figlio più piccolo: “Ho sentito che
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i bambini usano il termine «gay» come vero e proprio insulto, senza sapere esattamente cosa significhi; spesso lo fanno nei confronti di ragazzini più timidi e remissivi che probabilmente gay lo sono davvero”. Cristina conferma: “Nella classe di mia figlia dire «tu sei gay» è fare un’offesa. Non so se vogliano colpire il ragazzino che forse è gay sul serio. Di certo c’è il bulletto della classe che usa molto questo termine in modo dispregiativo, e ha contagiato anche mia figlia. Quando le ho chiesto spiegazioni lei ha risposto che lo fanno tutti. Ho sentito girare anche la filastrocca «un, due, tre, quattro, cinque, sei; io son figo e tu sei gay!». Abbiamo sgridato Caterina per questo, anche se capiamo che chi l’ha inventata la dice senza sapere veramente cosa significhi”. A detta di alcuni degli intervistati, non va meglio tra genitori e insegnanti, i quali quando parlano di omosessualità si rivelano più infantili dei loro figli: “Un giorno la mamma di un compagno di scuola di Cristiano lo ha apostrofato quando gli ha visto addosso il berretto rosa di Peppa Pig, che per lei sarebbe «da femmine»”, ci spiega Sabrina. “Io ho rassicurato mio figlio davanti a lei: può indossare quel che vuole se questo lo fa felice”. Alessandra, che ha iscritto il figlio Diego al corso di danza, ci racconta invece che “durante il saggio di fine anno la mamma di un compagno d’asilo di Diego, ben sapendo che la stessi ascoltando, ha deprecato l’esibizione dei maschietti sul palco dicendo che «io a mio figlio la calzamaglia la metto solo se deve sciare!»”. Valeria M. ha avuto qualche problema con l’insegnante di religione della scuola di suo figlio, anche se è esentato dalla materia: “A proposito di gay se ne è uscita dicendo «io su certe cose non ce la posso proprio fare», Sento anche discorsi del tipo «non c’è nulla di male, ma lo facessero a casa loro», oppure «lasciassero in pace i bambini». Sia genitori che insegnanti pensano che anche il solo parlarne faccia male, che influenzi i bambini tanto da farli diventare «così»”. Per concludere, non ho potuto esimermi dal chiedere a questi genitori come si comporterebbero se, una volta cresciuti, uno dei loro figli dovesse scoprire di essere gay o lesbica. Sabrina è convinta che “non avrei problemi, sappiano fin da subito che avranno la mamma dalla loro parte, anzi: spero che loro non avranno paura a parlarmene. Temo invece che ci saranno problemi col papà: mio marito farebbe molta fatica ad accettarlo, sarebbe una vera e propria tragedia. Il figlio di alcuni amici già a 6 anni dava segnali chiari di essere
gay, la famiglia ha ignorato del tutto questo aspetto e so che il padre, se potesse, cancellerebbe questo suo bambino così ‘diverso’, che per fortuna ha trovato nella nonna un’alleata che lo sostiene. Ecco, io vorrei che i miei figli non si dovessero trovare in questa situazione, vorrei essere loro d’aiuto in ogni frangente”. Chiara, 42 anni, dice che avrebbe a cuore solo la felicità dei suoi bambini di 6 e 4 anni, che fossero gay oppure no, anche se le dispiacerebbe non diventare nonna “per l’esperienza che egoisticamente mi perderei io. Lo so che altrove, nei paesi civili, è normale per gli omosessuali adottare o fare dei figli, ma credo che in Italia sarà ancora difficile, a meno che le cose non cambino profondamente”. Il marito di Valeria M., Cristiano, 48 anni, ci assicura che “non avrei problemi. È capitato di parlare coi miei figli immaginando dei futuri fidanzati, e in quei casi siamo stati attenti a dire «il fidanzato o la fidanzata». Mi viene naturale contemplare questa possibilità, anzi, avendo amici gay e lesbiche abbiamo gli strumenti per spiegare loro che non ci sarebbe nulla di male se scoprissero di esserlo. Certo, sarebbe auspicabile che la società che avranno intorno fosse più accogliente di come è adesso”. Cristina ammette che non sa come reagirebbe: “Non credo che mi sconvolgerebbe, ma non ne so molto, è una realtà che conosco solo superficialmente. Quando leggo sui giornali dei ragazzini che si tolgono la vita pur di non dirlo a mamma e papà, sto male per loro e per i genitori. Se mi dovessi trovare in questa situazione credo che supererei il giudizio ostile delle altre persone”. Valeria V. sarebbe dispiaciuta solo perché la figlia “avrebbe più difficoltà rispetto ad altri ragazzi, dato che la nostra società non è così aperta. L’importante comunque è che sia contenta lei. Pensando al suo futuro la immagino con dei bambini e io con dei nipotini: se fosse lesbica forse questo non sarebbe possibile, almeno nel nostro paese. Mi auguro che per quell’epoca la situazione sia un po’ migliorata”. Il marito Maurizio, 50 anni, osserva allora con rammarico il fatto che “nelle scuole italiane non si parla di educazione sessuale, per cui i genitori si trovano impreparati ad affrontare l’omosessualità dei figli. So di genitori che si oppongono con forza a che si parli in classe non dico di omosessualità, ma nemmeno di sessualità in generale. Ne sono letteralmente terrorizzati, tanto che minacciano persino di togliere i figli dalla scuola se solo si osasse sfiorare l’argomento coi loro pargoli”.
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ATTUALITÀ + CULTURA
GENITORI ARCOBALENO Mamme e papà possono scoprirsi omosessuali. E non sapere come raccontarsi ai figli. Che fare? Ce lo spiega Fabrizio Paoletti copresidente della Rete dei Genitori Rainbow. TESTO — CARMINE URCIUOLI
LA GENITORIALITÀ GAY è un fenomeno emerso con forza negli ultimi anni. Molte coppie omosessuali decidono di avere dei figli per coronare la loro vita di relazione ma molti si scoprono omosessuali dopo aver vissuto in una coppia eterosessuale e avere avuto dei figli. Per questo esiste la Rete dei Genitori Rainbow, una associazione di persone glbt con figli avuti da precedenti relazioni eterosessuali, con un sito curatissimo (www.genitorirainbow.it) e una linea di ascolto (06 991 96 976 ogni lunedì dalle 21:30 alle 23:30). La Rete promuove la Giornata Internazionale per l’Eguaglianza delle Famiglie a maggio oltre che momenti ricreativi e di socializzazione e a gennaio è stata a Roma con un convegno alla Settimana Rainbow. Fabrizio, come si diventa Genitori Rainbow? Si ha la certezza di sé dopo il contatto con il mondo omosessuale. Questo può portare alla decisione di separarsi per vivere la propria vita, ma bisogna spesso fare i conti con l’omofobia interiorizzata. Molti non si riconoscono come omosessuali, alcuni scindono vita sessuale e vita affettiva. Chi ne è consapevole può scegliere di non separarsi mettendo a rischio il benessere dei figli. Si pensa che con un po’ di apparente cinismo uno può vivere nascosto dietro un matrimonio di facciata, ma in realtà quando scoppia qualcosa con qualcuno è impossibile mantenere una relazione di facciata. Non tutti ce la fanno a dichiararsi per problemi di accettazione pur presentando la necessità di separazione. Con quali conseguenze? In giurisprudenza è consolidato un atteggiamento per cui non si può
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discriminare un genitore per la sua omosessualità (non è lo stesso purtroppo per le persone transessuali). In realtà ci sono dei ricatti, attraverso lo stigma che può arrivare a minacciare i figli. Queste cose possono portare a separazioni “finte consensuali” in cui si estorce un consenso dietro la minaccia dell’outing. Se poi, come capita spesso (quasi sempre per le donne), si dipende economicamente dai genitori, per la casa, per la gestione dei figli, sotto ricatto si possono firmare “consensuali” anche molto pesanti. Altra cosa poi è il senso di colpa per l’essersi scoperti gay: molti firmano come per ripagare il torto fatto all’altro genitore. Come ci si dichiara ai propri figli? Io ho fatto il coming out quando mia figlia aveva dieci anni. Alcuni compagni mi invitavano a dirglielo quando sarebbe diventata grande, io non avevo altri genitori con cui confrontarmi, mi sentivo bloccato. Non ho mai nascosto davanti a lei l’affettività che c’era con il mio compagno e lei aveva capito; un giorno disse alla mamma: “Papà fa il gay con Luca”. Sapeva cosa significava essere gay perché tra bambini, a scuola, se ne parla, ma io non ero pronto a dirglielo. La svolta è arrivata con Famiglie Arcobaleno. Vedendo altri genitori omosessuali che avevano dei figli che vivevano in maniera naturale, mi sono accorto che non c’è nulla di sbagliato ad avere esperienze di un certo tipo. Esiste già una associazione di genitori glbt come Famiglie Arcobaleno, perché avete avuto l’esigenza di creare un’altra associazione? Nel contesto di Famiglie Arcobaleno le persone con figli da precedenti relazioni eterosessuali sono residuali. La visibilità è la loro arma principale, ma le persone che hanno molta omofobia dentro hanno più difficoltà a venire fuori, hanno bisogno di aiuto in maniera discreta. Così abbiamo deciso di iniziare a dare il nostro aiuto in maniera anonima, senza condizioni, fornendo servizi gratuiti senza la necessità di tesserarsi e abbiamo progettato questa rete di servizi. Noi non obblighiamo a fare coming out, ma siamo convinti che per un rapporto di qualità sia necessaria la trasparenza nelle relazioni familiari. Quante persone sono in contatto con la Rete? Quali sono le loro storie? Abbiamo una novantina di soci e oltre 450 persone ci hanno contattato dal 2011. Non solo genitori glbt ma anche eterosessuali lasciati o partner omosessuali di genitori ancora in relazione. Ci sono storie belle, in cui la coppia rimane unita dopo che il maschio compie la transizione e la famiglia genitoriale sopravvive. I figli osservano questa cosa, se sono piccoli non ci sono problemi. Il problema nasce quando sono più grandicelli, e hanno assorbito modelli da “famiglia del Mulino Bianco”. In realtà la vita può essere fonte di grande soddisfazione e avere dei figli può dare grande gioia. Noi cresciamo insieme ai nostri figli da cui impariamo tanto, e impariamo come conciliare la genitorialità con il fatto di essere omosessuali.
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ATTUALITÀ + CULTURA
SCONSOLATI Abbiamo contattato numerosi consolati di paesi stranieri che hanno approvato il matrimonio gay per coronare il nostro sogno d’amore. Ma è tutto inutile. Ecco perché. TESTO — SIMONE ALLIVA · simonepalliva@gmail.com | FOTOGRAFIA — Myrabella-Wikicommons
MENTRE IL GOVERNO italiano scandisce il tempo con un calendario fatto di fogli bianchi tra unioni civili e pacs, la comunità glbt italiana che può permetterselo emigra, o meglio si sposa all’estero per coronare il suo sogno d’amore. Organizzare un matrimonio in terra straniera è però costoso tra biglietti, albergo, invitati e festeggiamenti. Che fare? Una soluzione potrebbe essere quella di sposarsi nel consolato in Italia di un paese che ha approvato il matrimonio gay. Chiaramente con un fidanzato di quel paese. I matrimoni consolari del resto sono da sempre la soluzione per le coppie miste (cioè formate da un partner italiano e da uno straniero). Ci abbiamo provato, io e miei cinque fidanzati stranieri immaginari. Insieme abbiamo telefonato ai consolati per coronare il nostro sogno d’amore. Con risultati controversi. Abbiamo cominciato dalla Spagna, uno dei paesi gay friendly più amati in Europa. Chiamiamo il consolato e, senza troppe presentazioni, chiediamo di sposarci. “Si, certamente è possibile” ci viene risposto da una voce gentile in perfetto italiano. Vorremo farlo però in Italia spieghiamo, abbiamo entrambi 25 anni e non abbiamo grandi disponibilità economiche per un viaggio in Spagna. “Non può mi spiace. Deve recarsi in Spagna perché lo stato italiano non consente questi matrimoni e noi non possiamo contravvenire”. Ma guardi che il mio compagno è spagnolo, di Barcellona per l’esattezza, insisto. L’operatrice incrina dolcemente la voce ma la sua risposta non regala spiragli di possibilità: “Ci piacerebbe se potessimo, lo faremmo volentieri ma purtroppo non è possibile per i matrimoni omosessuali. Noi possiamo aiutarla con le pratiche ma deve andare in Spagna: a Madrid, a Barcellona. Mi spiace”. Dalla Spagna provo a spostarmi a nord-est, in Francia. Con un fidanzato
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parigino, potrei avere più fortuna. Chiamo il consolato spiegando che sono un ragazzo italiano, residente a Roma e che da anni convivo con il mio compagno francese. Vorremmo sposarci ma è possibile farlo in ambasciata? La risposta dell’operatore è secca: “Dovete essere entrambi francesi.” Insisto, il mio fidanzato è francese, perchè non possiamo? L’operatore è incapace di dare una risposta, inoltra la chiamata all’ufficio matrimoni che mi spiega: “Questa è una prerogativa: dovete essere entrambi francesi. Certamente, possiamo registrare matrimoni anche di persone che hanno cittadinanza diversa e si sono sposati in Francia, ma possiamo celebrare il matrimonio solo se due persone hanno cittadinanza francese”. La rinuncia alla cittadinanza italiana e l’acquisizione della cittadinanza francese dunque potrebbe aprirmi le porte a un mariage. E se decidessi di sposare il mio fidanzato del nord Europa? Il consolato della Danimarca è possibilista: “Beh, lei può sposarsi dove vuole ma serve un nulla osta dalla Danimarca”. Che sollievo, confesso all’operatrice: pensavo infatti di essere costretto a sposarmi a Copenhagen. Dopo un lungo silenzio la donna ribatte: “Pronto?” “Ah, scusi, non avevo capito. Ho capito male. Sì, mi spiace deve recarsi a Copenaghen e sul sito del comune di Copenaghen trova tutto per sposarsi. Arrivederci”. Ancora niente matrimonio. Proviamo allora con l’Argentina. Chiamo l’ambasciata. Risponde una donna in spagnolo e non c’è verso di capirci. Forse non parla italiano, ma comprendo però che mi sta spiegando che il nostro matrimonio è impossibile. Torno allora in Europa per un ultimo tentativo. Se non è matrimonio sarà una civil partnership, con il mio compagno londinese. L’ufficiale consolare è molto chiaro: “Non facciamo civil partnership, se volete farlo dovete farlo in Inghilterra... neanche se lei fosse inglese come il suo compagno”. Matteo Winkler, docente di diritto internazionale all’Università Bocconi e da tempo impegnato in questioni glbt, spiega così questo deludente risultato: “In realtà la posizione dei consolati interpellati è del tutto comprensibile. Essi seguono le leggi in materia di matrimonio tra persone dello stesso sesso del relativo Paese, le quali prevedono dei requisiti quali la residenza o la cittadinanza. Ciò serve a evitare un’invasione di coppie omosessuali, che dall’estero entrino nel Paese per potersi sposare”. Insomma cittadinanza e residenza rappresentano un escamotage per impedire il matrimonio. “Sarei uno sprovveduto - continua Winkler - se non facessi notare che quella del “turismo matrimoniale” è una questione che i legislatori stranieri hanno voluto regolare, e in qualche modo evitare. La finalità ultima è scongiurare scontri diplomatici con i Paesi vicini, sulla pelle delle persone glbt”. (S)consolato resto, con i miei fidanzati immaginari, in Italia, paese dove nessun matrimonio è possibile.
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ATTUALITÀ + CULTURA
VECCHIA DESTRA Il fronte del centro destra italiano si è diviso in Forza Italia e Nuovo Centro Destra. Che cosa c’è di realmente “nuovo” nel partito guidato da Alfano? TESTO — ALESSANDRO CONDINA · condina@gmail.com
“C’È QUALCOSA DI NUOVO oggi nel sole, anzi d’antico”... Giovanni Pascoli non avrebbe mai sospettato con quanta precisione i suoi versi riescano a sintetizzare la natura più profonda del centrodestra italiano, specie quello guidato dal giovane Angelino Alfano, quando si parla di diritti civili e di libertà individuali. Un Nuovo Centro Destra che, di fronte a una proposta moderata e ai limiti dell’inaccettabile come quella sulle unioni civili di Matteo Renzi, alza le barricate e minaccia di far cadere il debolissimo governo Letta; e che nel 2014 insiste ad associare i gay ai pedofili. “Con tutti i problemi che abbiamo in Italia – ha detto Alfano dal salotto tv di Fabio Fazio – noi dobbiamo andare a parlare di frontiere libere e matrimoni gay? La cosa che mi fa sospettare è che sotto il nome ‘unioni civili’ si possa aprire il varco per i matrimoni gay”. Per chi non fosse ancora convinto è arrivato poi un tweet dal profilo ufficiale del vicepresidente del Consiglio: “L’Italia non diventerà né una grande sala parto per immigrati né un grande locale arcigay” (minuscola in originale, ndr). Amen. Nel corso degli anni il movimento glbt si è rivolto con più fiducia a partiti o a movimenti di sinistra, o presunta tale, con la legittima aspettativa che da lì potesse arrivare il cambiamento. E a destra? In Occidente si sono fatti strada movimenti e leader conservatori capaci di raccogliere la sfida della modernità e schierarsi “dalla parte giusta della storia”, come dice Hillary Clinton: se l’inglese David Cameron, realizzando la piena uguaglianza tra etero e gay con l’accesso al matrimonio vero e proprio per tutti, ne ha dato un esempio clamoroso, anche altrove si fa strada un approccio pragmatico e meno ideologico, come in Germania o in Spagna dove le destre al potere non hanno osato mettere in discussione le conquiste già raggiunte.
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In Italia, invece, all’incapacità della sinistra si contrappone, quando va bene, il disinteresse o, peggio, l’aperta ostilità della destra, sia quando è al governo sia dai banchi dell’opposizione. “Uno schifo totale, con la rarissima eccezione di Galan”, si sfoga Daniele Priori, segretario politico di Gaylib, che da decenni prova – con risultato ahinoi scarsi se non nulli – a mantenere un canale di discussione aperto con l’ala destra del Parlamento. E non è questione di Berlusconi o di berlusconismo! Anzi in questo momento Forza Italia, depurata delle componenti cattolico-reazionarie
passate con Alfano in Ncd, appare un partito molto più laico e aperto alla discussione. Ncd ha raccolto “il peggio del peggio – dice Priori: Roccella, Giovanardi, Formigoni”. Che infatti, dopo gli annunci pubblici di Renzi a favore di una legge sulle unioni civili, si sono affrettati a piantare paletti contro qualsiasi forma di riconoscimento delle famiglie gay. Sacconi ha chiesto addirittura una “moratoria” su questi temi, come si chiedeva qualche anno fa sulla pena di morte. L’ex ministro Giovanardi, per distinguersi nel suo zelo antigay, si è spinto oltre, e come
primo firmatario insieme ai colleghi D’Ascola, Torrisi, Bianconi e Chiavaroli (tutti Ncd) ha presentato al progetto di legge Scalfarotto sull’omofobia un emendamento che include anche “orientamenti pedofili”: una chiara provocazione che sfocia nell’insulto pubblico, associando un orientamento sessuale a una parafilia. Dopo la scissione, invece, “in Forza Italia – dice Priori – sono rimasti personaggi come Biondi, Prestigiacomo, Brunetta che non sono pregiudizialmente contrari all’estensione dei diritti e c’è un canale aperto con esponenti come Galan e la Carfagna, mentre da Ncd non ci hanno più risposto, anche se il presidente di Gaylib, Sandro Mangano era nella corrente di Alfano”. D’altronde, “nei partiti di Berlusconi non c’è mai stata una linea dura e ferma sul sì o sul no” e adesso sembra che le due anime della destra italiana abbiano linee diverse sui diritti delle persone glbt. Ma questo può portare risultati concreti? “In teoria in Parlamento su questi temi una maggioranza è possibile, nelle due Camere, con il Pd, Forza Italia e il Movimento 5 Stelle e Sel. Non a caso dall’inizio dell’anno Giancarlo Galan si è speso personalmente con interviste all’Espresso, a Il Manifesto, all’Huffington Post dichiarando la disponibilità sua e di FI a votare la proposta di Renzi, giudicata anzi “poco coraggiosa”. Priori, però, non è molto fiducioso: “Al momento non so, ma se si vuole far cadere il governo qualcuno potrebbe usare le unioni gay per arrivare alla rottura tra il Pd e Alfano. Noi gay veniamo trattati come lo spauracchio e i nostri diritti diventano il tema indicibile che spacca le alleanze, come fu per Prodi nel 2007”. Come sono lontani gli anni Settanta, quando la Dc stava al governo con il Psi, ma in Parlamento i socialisti votavano insieme al Pci e ai laici le leggi sul divorzio e sull’aborto, senza subire veti da Palazzo Chigi...
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ATTUALITÀ + CULTURA
DIRITTI FRAGILI In numerosi paesi d’Oltralpe la conquista di diritti civili per gli omosessuali ha subito, negli ultimi mesi, un netto regresso. Un fenomeno che non può essere sottovalutato. TESTO — DARIO ACCOLLA · dario.accolla@libero.it | FOTOGRAFIA — www.kremlin.ru - wikicommons
IL 2013 È STATO un anno particolarmente complesso e denso di novità per i diritti civili. Se da una parte, infatti, si registra l’approvazione del matrimonio egualitario in molti paesi, dall’altra si riscontrano diverse forme di regresso sociale, proprio nell’ambito della questione omosessuale. Anzi, si può proprio dire che l’anno passato si sia aperto e chiuso con eventi decisamente discutibili, inframmezzati da fatti più positivi. Nel gennaio dello scorso anno in Russia la Duma approvava la cosiddetta “legge antigay”, che sancisce il divieto di propaganda omosessuale. Di fatto questo provvedimento non solo vieta manifestazioni come i pride, ma impedisce a chiunque sia non eterosessuale di dichiarare il proprio orientamento. Il mese successivo, tuttavia, in Francia si apriva il dibattito sull’estensione del matrimonio anche alle coppie omosessuali. Un percorso, quello francese, non del tutto in discesa. Le associazioni cattoliche integraliste, riunitesi sotto la sigla Manif pour tous, hanno scatenato una vera e propria battaglia mediatica, poi culminata dopo l’approvazione della legge, con il suicidio del saggista Dominique Venner, vicino all’estrema destra d’oltralpe. Al di là del Pacifico e dell’Atlantico, poi, la Nuova Zelanda approvava il matrimonio ugualitario e la Corte Suprema degli USA dichiarava incostituzionale il Defence of Marriage Act (Doma), voluto ai tempi dell’amministrazione Clinton – a quanto pare anche i democratici americani hanno dato grandi gioie ai loro elettori glbt – per blindare il matrimonio come istituzione specificamente eterosessuale. Dopo la sua abrogazione, tra maggio e novembre diversi stati – Rhode Island, Delaware, Minnesota, New Jersey, Hawaii e Illinois – hanno aperto alle nozze tra persone dello stesso sesso. Sempre oltre oceano, anche nei paesi latino-americani le corti di giustizia e i governi si sono mossi a favore dei diritti civili. A maggio, in Brasile
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il Consiglio Nazionale di Giustizia (CNJ) ha stabilito che gli uffici pubblici non avrebbero più potuto rifiutare le richieste per i matrimoni tra persone dello stesso sesso. E mentre il più grande paese sudamericano attende che si legiferi in materia, l’Uruguay ha già approvato una sua legge in questa direzione. Nel luglio del 2013 il matrimonio egualitario diventa anche legge nel Regno Unito, esteso alle regioni dell’Inghilterra e del
Galles. La Scozia, dal canto suo, sta avviando la discussione nelle sedi legislative. Le prime cerimonie si celebreranno il prossimo marzo. Eppure, quelle che si configurano come vere e proprie vittorie nella storia della democrazia sembrano offuscate da segnali preoccupanti. In Croazia, a novembre, un referendum (nel quale si è espresso solo un terzo della popolazione) ha sancito con una vittoria comunque schiacciante il no al matrimonio
gay. In Australia si sono approvate le nozze per il solo territorio federale di Canberra, subito invalidate dalla Corte Costituzionale australiana. Infine, in India, la Corte Suprema ha riconfermato un provvedimento penale, precedentemente abolito, che punisce i rapporti tra persone dello stesso sesso. Questi fatti vanno letti nella loro globalità e ci devono aiutare a capire le nuove sfide dell’immediato futuro: la legge, si sa, produce cultura. E questa è fondamentale per la costruzione della civiltà di un popolo. Non è per caso che nella Russia di Putin si registri un aumento di violenze contro la popolazione glbt e non è una coincidenza che personaggi pubblici si lascino andare in discorsi di odio omofobo. Spesso poi, attaccare i diritti si rivela un ottimo cavallo di Troia per intervenire in altri ambiti. In Russia la politica omofobica nata dall’alleanza tra potere politico e chiesa ortodossa è solo una delle tante facce della violazione dei diritti umani in quel paese. E segnali preoccupanti arrivano dalla Spagna, dove il governo Rajoy, per compiacere le frange religiose più estreme, sta cambiando in modo restrittivo la legge sull’interruzione di gravidanza. Ricordiamo per altro che il Partito Popolare spagnolo si era proprio pronunciato, negli anni passati, contro il matrimonio egualitario. Non dobbiamo dimenticare infine che la storia dei diritti è fatta di poderosi passi in avanti e di brusche frenate. La vicenda della California è paradigmatica: così come in Australia, un referendum abrogò le nozze dopo la loro approvazione. Poi, a giugno del 2013, dopo diverse battaglie legali, la Corte d’appello si è espressa nuovamente a favore. È compito delle associazioni di settore e di quelle che si occupano per la difesa dei diritti umani – in una sinergia tra esse, istituzioni e libera società civile – fare in modo che il mondo assomigli sempre più a San Francisco e sempre meno a Mosca.
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ATTUALITÀ + CULTURA
VISIBILITÀ IN MUSICA Dieci anni fa, dopo un lavoro certosino, pubblicavamo il primo censimento sull’omosessualità nei videoclip musicali. Ci immergiamo tra i titoli più significativi. TESTO — ROBERTO CANGIOLI · roberto.cangioli@gmail.com
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SE GLI ANNI ’80 aprivano la strada ai videclip con Video Killed The Radio Stars, oggi i Limousines replicano con Internet Killed The Video Star. Negli ultimi anni sempre più artisti internazionali si sono fatti conoscere sul web, affiancando i colleghi che invece sono stati catapultati nell’empireo stellare tramite i talent show televisivi. Basti citare Mika, che poco più di 7 anni fa ha raccolto intorno a sé migliaia di fan attraverso il suo profilo MySpace. L’esplosione di YouTube, e più in generale della rete, ha permesso anche la divulgazione di tematiche fino a pochi anni fa (e in qualche modo ancora oggi) ritenute “scomode” o quantomeno discutibili per la Tv. Argomenti che sul piccolo schermo risultano ancora oggi in parte tabù, sono di fatto alla portata di tutti tramite i milioni di video caricati in rete, dove ai clip amatoriali di altrettanti autori poco o completamente sconosciuti, si affiancano le sempre minori produzioni patinate proposte dalle major. Anche la comunità gay ha tratto vantaggio da questo mutamento tecnologico: dai primi video (come i militanti Smalltown Boy e Why?
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dei Bronski Beat o il trasgressivo Relax dei Frankie Goes To Hollywood) del 1983 in cui il tema dell’omosessualità entrava di soppiatto nelle case attraverso i primi canali televisivi musicali, stiamo assistendo a una lenta ma inesorabile emancipazione virtuale. Assistiamo insomma a un cambio socio-culturale attraverso la rete e gli artisti (prerogativa salvo rari casi quasi esclusivamente straniera), che tramite i loro videoclip, si fanno portavoce di denuncia nei confronti dell’omofobia o chiedono dignità e pari diritti della minoranza glbt rispetto alla maggioranza etero. Ci eravamo congedati agli inizi del 2004 con il video degli islandesi Sigur Rós Vi rar vel til loftárása, in cui per la prima volta veniva trattata l’omosessualità tra adolescenti. Nonostante in alcuni paesi europei questo tema sia stato proposto in passato anche in Tv (ricordiamo ad esempio la serie televisiva spagnola Física o Química), abbiamo dovuto attendere dieci anni prima che i francesi Indochine caricassero in rete un clip come College Boy, probabilmente a oggi il video più
crudo mai prodotto sul bullismo e l’omofobia all’interno delle scuole e diretto dal regista canadese Xavier Dolan. Il clip mostra un giovane studente alle prese con le molestie e i pestaggi subiti dai suoi compagni di scuola, gli stessi che alla fine del filmato lo crocifiggeranno. Evidentemente molte critiche si sono riversate sul video tra favorevoli e contrari alla sua trasmissione perché ritenuto troppo violento. Sempre sul tema alla lotta contro l’omofobia, in risposta alle recenti leggi russe che vietano la propaganda gay e il conseguente aumento di fenomeni di intolleranza e soprusi occorsi ultimamente in quel paese ai danni delle persone glbt, l’irlandese Hozier (Andrew Hozier Byrne all’anagrafe) ha caricato in rete Take Me To The Church, altro video “forte” che mostra la violenza antigay di una cittadina di provincia accanirsi contro una coppia, avvertita come potenzialmente pericolosa per la stabilità di leggi “naturali universalmente e religiosamente” riconosciute dalla maggioranza della comunità locale. Fa piacere che la lotta e la sensibilizzazione contro la violenza omofoba abbia raggiunto anche la musica e non sia rimasta nell’ambito (sterile almeno in Italia) del dibattito politico. Questi video clip, peraltro molto cliccati, offrono alla dignità e ai diritti delle persone omosessuali quella visibilità che meritano A sorpresa poi, paradossalmente, talvolta sono proprio gli autori etero a farsi promotori, per primi, di un messaggio di uguaglianza e dell’ emancipazione sociale delle persone glbt. Uno tra i video più “impegnati” in questo senso è opera della coppia Macklemore & Ryan Lewis, due rapper americani che stanno cercando di sdoganare il concetto per cui la scena rap debba essere solamente contraddistinta da argomenti quali sesso, droga e armi. Nel 2012 hanno prodotto Same love, un clip realizzato durante la campagna
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CULTURA + ATTUALITÀ
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per legalizzare i matrimoni egualitari nello stato di Washington, in cui è narrata la storia di un ragazzo gay dal momento del concepimento fino al letto di morte, passando attraverso la presa di coscienza personale, il coming out adolescenziale, l’innamoramento per una ragazzo, il matrimonio e la vecchiaia passata insieme all’uomo della sua vita. Per questo brano Macklemore ha preso spunto dal vissuto di suo zio John Haggerty, ritratto assieme al compagno Sean sulla copertina del singolo, nonché dalla frustrazione circa le posizioni dell’hip-hop nei confronti dell’omosessualità. Non c’è da stupirsi a tal proposito se il The Guardian ha definito Same Love come la canzone più profonda che l’hip-hop abbia mai prodotto. Sicuramente il più bel testo a favore dei matrimoni gay che sia mai stato pubblicato ad oggi. Ma la visibilità glbt passa anche tramite un semplice bacio e, più in generale, con la dimostrazione che l’amore è un concetto universale che abbraccia e attraversa ogni genere. A tal proposito, restando negli Stati Uniti, qualche anno addietro, uno dei primi pionieri del bacio gay all’interno di un videoclip è stato Ari Gold, che nel 2007 per il suo Where The Music Takes You, ha inserito per la prima volta la tematica gay in un cartone animato, opera di Joe Phillips. Più recentemente Matt Zarley ha prodotto una serie di video clip in cui da una parte mette in scena l’amore omosessuale all’interno di famiglie allargate con tanto di zii gay e zie lesbiche (Perfect); dall’altra denuncia l’ipocrisia di taluni politici nel nascondere i propri gusti sessuali con campagne elettorali e proclami, che invece tendono a restituire al pubblico una loro immagine più consona alla morale perbenista (Trust Me). Più goderecci e a primo acchito disimpegnati, ma non per questo meno degni di nota, i video di Jonny McGovern (alias Gay Pimp). Dopo il primo Soccer pratice del 2003, il cantante ha prodotto una serie di video (tra gli ultimi titoli Sexy Nerd e Dickmatized) in cui prende di mira gli stereotipi legati all’universo gay, come nell’ironico Don’t Fall In Love With A Homo. John Grant invece, che lo scorso anno ha bissato il successo del primo Queen Of Denmark con l’elettronico Pale Green Ghosts, ha salutato l’anno nuovo proponendo un video alquanto “militante”: attraverso filmati catturati su YouTube e immagini online, il clip è un pastiche che ricostruisce la storia dei diritti gay e della cultura glbt, accompagnato dalle note struggenti di Glacier, uno dei brani
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emotivamente più profondi che siano mai stati scritti sul tema dell’omofobia. Glacier descrive come il dolore per l’omofobia subita sulla propria pelle, distorca le emozioni regalate da quanto di più bello possiamo provare nella nostra vita. Toccante. Torniamo al di qua dell’Oceano in nord Europa. Una, cento, mille famiglie: questa la morale espressa due anni fa dagli svedesi Straight Up! che con la loro Family incitano le persone a un coming out terapeutico a livello nazionale e si fanno portavoce delle nuove famiglie formate da coppie gay, che nel loro paese sono legittimate, grazie al matrimonio, dal 2008. Poco più in là, in Inghilterra, in occasione di San Valentino dello scorso anno, in rete è apparso Two Men In Love, un collage di baci attraverso i quali Jamie McDermott con i suoi Irrepressibles afferma l’imperturbabilità di un amore universale. Due anni prima è il regista israeliano Roy Raz ad utilizzare una canzone della band (l’accoratissima dichiarazione d’amore gay In This Shirt) come base per creare un filmato onirico e surreale, avente per fulcro l’amore omosessuale. Israeliano è anche Ivri Lider, che nel suo paese è sicuramente uno dei maggiori artisti pop/rock di successo nonché portabandiera dei diritti della comunità gay. È suo il video Jesse, del 2007, in cui due ragazzi che partecipano a una festa, si scambiano tenerezze in piscina al riparo da sguardi indiscreti. Più recentemente con il progetto The Young Professionals, assieme all’amico Johnny Glodstein, Ivri ha prodotto una serie di video quanto meno divertenti e irriverenti, in cui appare anche Arisa, forse la drag queen o comunque il personaggio gay attualmente più famoso in quel paese. E in Italia? Se si eccettua il delicato video a opera di Enrico Ruggeri, Trans (a dir poco precursore dei tempi, visto che stiamo parlando del 1991), dovremmo attendere il 2007 prima che un altro cantautore, Daniele Silvestri, si occupasse di visibilità glbt con il suo video Gino e l’Alfetta. Qui, due attori professionisti, Valerio Mastrandrea e Daniele Liotti, per una volta dismettono il ruolo dei latin lover e si calano nella parte di due amanti alle prese con un ladro (Silvestri) che gli ruba l’auto durante una sosta in autostrada. La rocambolesca fuga di Silvestri finirà al gay pride romano, dove i tre si ritroveranno confondendosi tra la folla variopinta presente all’evento. Finalmente un bell’esempio di impegno concreto e disinteressato. Tre anni dopo sono gli Africa Unite a
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prendere una posizione forte nei confronti dell’omofobia. Lo fanno con l’ironico Così sia, in cui viene rappresentato un mondo “al contrario”, popolato da coppie gay/lesbo, in cui l’etero è il diverso che viene allontanato o visto come “strano”. Loro stessi diranno che “La peculiarità dell’individuo risiede nella diversità e unicità della persona, che deve essere apprezzata e rispettata, qualunque essa sia”. Anche i milanesi Egokid, da sempre calati nella realtà gay nazionale, hanno prodotto tre anni fa Come un eroe della Marvel, dove due ragazzi si lanciano in appassionate e profuse effusioni; un intenso video che mette in primo piano l’amore gettandosi dietro le spalle le preoccupazioni del mondo circostante. Prima di loro il cantautore ladino Chris Costa che nel 2009, attraverso i baci a catena in Love Is All Around, ha lanciato un messaggio di libertà: il diritto di essere semplicemente sé stessi, ma anche il dovere di essere trasparenti nei confronti della persona amata e in generale della gente che ci circonda. Allo stesso modo anche i romani Io non sono Bogte, hanno espresso il loro disappunto nei confronti dell’omofobia di cui è ancora intrisa la cultura italiana, con il video Papillon, le cui immagini restituiscono coppie gay e lesbiche mentre si lasciano andare a dimostrazioni di affetto in maniera assolutamente “naturale”. Infine Osvaldo Supino, che all’inizio del nuovo anno ha caricato online Goodbye; finalmente un video senza fronzoli per una delicata canzone d’amore, in cui per la prima volta vediamo il cantante alle prese con una relazione sentimentale verosimilmente vicina alla realtà comune delle cose. Nonostante questi ultimi episodi il percorso è tuttora lungo e faticoso come lo era 10 anni fa e l’Italia, anche in questo caso, si dimostra fanalino di coda di altri paesi che solo pochi anni fa erano addirittura più conservatori rispetto al nostro paese, sul tema dei diritti glbt. La speranza è che anche questi piccoli segnali possano contribuire a un – seppur lento – cambiamento e portare la maggioranza etero a un diverso atteggiamento nei confronti delle persone omosex.
01 Matt Zarley – Trust Me 02 Osvaldo Supino – Goodbye 03 The Irrepressibles – Two Men In Love
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CULTURA + ATTUALITÀ
IL CORAGGIO DI LEO L’ultima sfida di Leo Gullotta è quella di riportare in scena un pregevole testo di Giuseppe Patroni Griffi. Lo incontriamo. TESTO — MARIO CERVIO GUALERSI · cerviogualersi@alice.it | FOTOGRAFIE — TOMMASO LE PERA
DOPO LO STRUGGENTE cammeo in L’enigma dell’amore al festival Illecite Visioni, ritroviamo Leo Gullotta protagonista di Prima del silenzio, la pièce di Peppino Patroni Griffi diretta da Fabio Grossi, che da qualche mese sta portando in tournée. Catanese, ha cominciato giovanissimo a calcare le scene, diretto da maestri come Franco Enriquez e Giancarlo Cobelli con Leonardo Sciascia per mentore. In 53 anni di carriera ha spaziato dal cinema (un lungo sodalizio artistico con Giuseppe Tornatore, poi Carlo Vanzina, Maurizio Zaccaro e Renzo Martinelli con i quali si è assicurato una messe di premi) al teatro e alla televisione che gli ha dato, prima col Bagaglino poi con le fiction, grande popolarità: “Non rinnego e non devo prendere le distanze da niente: col Bagaglino abbiamo portato il cabaret in Tv. È stata una stagione di successi che ricordo come una splendida avventura”, spiega. È del 1995 il suo coming out che gli procurerà, come omosessuale e comunista, non poche difficoltà nel mondo dello spettacolo, sino
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all’ostracismo di un dirigente televisivo che un paio d’anni fa gli è costato il ruolo di Don Puglisi nell’omonima fiction. Dal 2008 lavora con il regista Fabio Grossi con il quale ha approfondito Pirandello (L’uomo, la bestia e la virtù e Il piacere dell’onestà) e Shakespeare (Le allegri comari di Windsor e Sogno di una notte di mezza estate) con ottimo esito di pubblico e critica. Non va taciuto che, in modo riservato, Leo supporta giovani artisti e cineasti, anche offrendo la propria collaborazione gratuitamente. Lo raggiungiamo a Verona dove sta recitando in Prima del silenzio e gli chiediamo di parlarci di questa nuova sfida e della sua visione sulla realtà che ci circonda. Hai tenuto conto del rischio che il testo oggi potesse risultare datato? Ha 33 anni fa ma sembra scritto… domani. Patroni Griffi, romanziere, drammaturgo (basta solo ricordare Anima nera o Metti una sera a cena), regista teatrale e cinematografico, era un uomo brillante, gioioso, amico di artisti, scrittori e politici, una presenza importante ma che dava fastidio, perché non
era allineato a quella classe pseudo intellettuale e finta denunciante. Peppino è morto da circa 8 anni e, nonostante il suo valore, oggi viene dimenticato, in un paese che la memoria non la vuole. È tuttora scomodo perché ciò che scriveva era la qualità della denuncia, era un uomo libero che aveva il piacere di stimolare attraverso i suoi testi, come avviene con Prima del silenzio che, in questa Italia ancora più malata, dove si fa finta di non sapere, continua a dar fastidio. Con Fabio siamo arrivati alla conclusione che il pubblico vuole riflettere e non solo sorridere: la gente desidera impossessarsi della parola dopo essere stata rincitrullita dai media e finalmente comincia a accorgersi, ad esempio, di una situazione politica così assurda. Per mettere in scena questo spettacolo c’è voluto del coraggio, ma la risposta è rincuorante: i teatri sono pieni e gli spettatori ci seguono in religioso silenzio. È un testo preveggente sul valore e sulla morte della parola che attraversa il buio che abbiamo intorno, sul fallimento del matrimonio, la crisi generazionale, insomma fa aprire i cassettini dell’anima che cerchiamo di tenere chiusi. Nonostante ciò, ci sono ancora delle puzze sotto il naso da parte di alcuni critici e giornalisti. Forse perché non condividono le scelte di vita di Patroni Griffi, forse perché non apparteniamo a gruppi, tribù o massonerie? Ancora oggi “Mi manda Picone”, come insegna il Cavaliere truffaldino, viene usato come una bandiera: il risultato è lo schiaffo nei confronti dei giovani, della scuola e dell’università. Cerchiamo di approfondire il tuo personaggio. Non ha nome: è chiamato Lui. Lo stesso è per il Ragazzo con il quale ha uno scontro generazionale. La sua figura appare controversa: è un uomo che ha deciso di mettersi da parte oppure di vivere senza vincoli o autocensure? È un ricordo emozionale? Un morto che si racconta in flash back? Il luogo dove si svolge oggi l’azione è un buio sociale che abbiamo attorno o quello di una bara? È sicuramente la zona dove vivono i ricordi e le emozioni, la
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ATTUALITÀ + CULTURA
POETA IN ESILIO
riflessione sui fallimenti della famiglia, della società e della politica. Si trova a confrontarsi con un giovane che è l’emblema del nuovo, dei bisogni completamente differenti dalle sue necessità e dai suoi pensieri. Due mondi che s’incontrano e si scontrano, simili a quelli che osserviamo in ogni casa e in molti rapporti affettivi con le relative delusioni. Tutto questo all’insegna della morte della parola: non ci parliamo più, comunichiamo tramite sms in codice, si è perso il piacere della lettura e della scrittura. Nell’interazione tra i due personaggi persiste un margine di ambiguità che potrebbe indurre a ritenerla una relazione omosessuale… Sicuramente si può pensare: è una scelta diversa di un uomo che ripudiato il contesto familiare e il concetto di casta. Può essere un aspetto dichiarato e visibile ma non è il più importante rispetto al valore della parola, a quello dell’affettività, il punto di riferimento da cui prendere spunto per la propria vita. Noi non l’abbiamo sottolineato con la matita rossa, va da sé.
Foto di Giampaolo Demma
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Perché in un momento di crisi esistenziale, l’uomo maturo si sceglie il ragazzo come interlocutore? Egli incarna la vita, la gioventù: è un rapporto nato da stima, profondità e fascinazione. Non basta una vita a conoscere la vita, quindi dobbiamo esser pronti a farci affascinare, incuriosire, a lasciarci travolgere dalle passioni, a uscire dai binari. Non ci si deve chiudere in riserve indiane. Al ragazzo l’uomo dà all’inizio una modalità per giocare e ascoltare, poi alla fine spunta il conflitto: lui usa la parola che l’altro invece non sopporta più. Il suo è infatti un linguaggio di un’altra epoca: sono due mondi generazionali che si scontrano, come può avvenire tra padre e figlio. Nell’Enigma dell’amore, la pièce sulla vita di Karl Henrich Ulrichs, ci hai regalato un cammeo in cui interpreti il barone Persichetti che nell’800 all’Aquila ospitò il giurista caduto in disgrazia dopo aver dichiarato pubblicamente di essere omosessuale. Sono fiero di aver contribuito a far conoscere una figura storica. I giovani non sanno che Ulrichs è il nonno del movimento glbt. Non è solo il ripercorrere l’omosessualità del personaggio, ma è far notare da dove nascono le cose, oltre alla necessità di amare e il riflettere sulla vita. Al di là del loro rapporto privato, Persichetti apprezzò la cultura di Ulrichs, la sua capacità di mettersi in gioco. Sei stato uno dei pochissimi uomini di spettacolo che ha fatto coming out: come vedi oggi lo stato dell’omosessualità nel nostro paese, anche alle luce delle recenti delusioni in materia di leggi contro l’omofobia? Mantenere la poltrona per i politici significa anche scendere a compromessi, anche se non tutti sono uguali: ci sono parlamentari gay che ci hanno messo la faccia e hanno agito bene. Non dimentichiamo che l’Italia è il paese dove la Chiesa da millenni ha la merda nella testa: per loro il sesso è solo sporcizia e ben venga papa Bergoglio che vuole aprire. Ammettiamo che però negli ultimi 15 anni si sono fatti importanti passi avanti: si discute, si usano le parole che si devono dire, ma ci sono ancora molte battaglie e leggi da fare. Lasciamo infine da parte la diversità: ognuno di noi è ciò che desidera essere.
Ci sono spettacoli che entrano a far parte della mitologia del teatro e Prima del silenzio è uno di questi. Scritto da Patroni Griffi nel 1979 per Romolo Valli, l’anno seguente fu da lui portato al successo, insieme a Fabrizio Bentivoglio, al teatro Eliseo di Roma con la regia di Giorgio De Lullo. Dopo l’ultima replica, tornando a casa di notte, Valli ebbe un incidente d’auto e perse la vita. Oggi è lo stesso teatro che coproduce la pièce, affidandola alla regia di Fabio Grossi e all’interpretazione di Leo Gullotta. La vicenda racconta di un poeta che ha scelto di rinunciare agli onori del mondo letterario e agli agi di un’esistenza dorata per ritirarsi in un modesto alloggio dove innumerevoli libri sono l’arredo più importante. Non sappiamo il suo nome ma avvertiamo la sua crisi esistenziale: forse un disagio sociale legato alla comunicazione – in particolare la scrittura poetica - che trova ormai impoverita e degradata, tanto che si risolve a chiudersi nella sfera della parola di cui rivendica il potere assoluto. A condividere questo suo esilio c’è un misterioso e aitante giovanotto ventenne (Eugenio Franceschini), giramondo e senza legami, fautore di una “zingaresca libertà”, in nome della quale ammette senza imbarazzi la sua bisessualità e mostra senza veli il suo splendido corpo uscendo dalla doccia. L’equazione uomo maturo-ragazzo disinibito indurrebbe a pensare a una relazione omosessuale che però nel testo – e nello spettacolo – non viene mai esplicitata, semmai sottintesa o data per scontata. All’estremo, il giovane compagno potrebbe essere solo una proiezione del desiderio dell’uomo o puro frutto di fantasia. Dopo l’iniziale intesa spirituale, si palesano le prime nubi con delle visite inattese. Dovrà il poeta sopportare anche l’abbandono del ragazzo? La regia di Grossi sceglie la fedeltà al testo. Gullotta, in una delle sue prove più intense, conferisce al personaggio accenti di totale verità; accanto a lui Franceschini mette la prorompente fisicità a servizio di misura e verosimiglianza. Infiniti applausi misti a commozione al teatro Nuovo di Verona. Sino al 2 febbraio al Franco Parenti di Milano, dal 4 al 9/2 al Carignano di Torino e dal 13 al 16/2 al Diego Fabbri di Forlì. www.teatroeliseo.it
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PORTFOLIO
DEI DI BRESCIA Se la Francia ha i Dieux du Stade, il famosissimo calendario dei rugbisti, quest’anno anche la Lombardia non è da meno grazie all’iniziativa di raccolta fondi organizzata dai giocatori del rugby club bresciano. In un periodo di crisi come questo, che porta tante difficoltà nella ricerca di sponsor che possano sostenere un’intera stagione del campionato di serie A1, ma anche un po’ per divertimento, i ragazzi hanno deciso di autoprodurre il calendario Palle ovali. Ed essendo atleti gay friendly lo hanno già presentato al bar Living Room nella loro città (dove lo potete acquistare), e sabato 8 febbraio saranno ospiti di Madame Sisì all’Art Club di Desenzano del Garda. Per chi vive lontano la nostra copertina e una selezione di scatti per andare a meta! Foto di: Frame|Project & Francesco Elias
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PORTFOLIO
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ATTUALITÀ + CULTURA
PORNO D’ESSAI Nel cinema il confine tra porno e non porno è infranto e il sesso esplicito, anche gay è ormai ampiamente sdoganato. È liberazione sessuale o no? TESTO — MAURO GIORI · mauro.giori@gmail.com
Triple Crossed
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LO CHIAMAVANO PORNO chic: all’inizio degli anni ’70, dopo decenni di clandestinità, il cinema votato alla rappresentazione degli atti sessuali era uscito allo scoperto e si sentiva proprio bene, persino un po’ arrogante, tanto da prendere in giro il suo fratello maggiore. Per il cinema gay questo senso di liberazione era doppio, perché doppio era l’interdetto infranto: del porno rispetto al cinema mainstream, dell’omosessualità rispetto a pratiche erotiche più normative. A rompere gli argini fu The Boys in the Sand: novanta minuti di Casey Donovan che fa il bagno e si rotola sulla spiaggia come l’ha fatto la mamma. Una noia mortale, ma una noia polemica: Wakefield Poole non scelse a caso il titolo del suo film, che si burlava di The Boys in the Band (da noi Festa per il compleanno del caro amico Harold) per dire che i gay possono anche essere felici e non devono per forza inacidire con l’età. Sempre che riescano a stare svegli fino ai titoli di coda. Benché qualcuno se ne dispiaccia o sia restio a riconoscerlo, il porno gay ha spesso svolto anche un ruolo militante. Non fosse altro che per la sua natura: mostrare quello che non si poteva mostrare, dire quello che si doveva tacere. Cadinot sosteneva che i suoi erano film militanti che fingevano di essere porno. In realtà erano veri porno, ma non per questo fingevano soltanto di essere militanti. Il porno chic durò poco: poi rimontò la censura, nuove tasse erosero gli incassi e le videocassette tarparono le ali all’anatroccolo che non divenne mai cigno. Il cinema regolare rinnegò il fratello porcello, smettendo di invitarlo alle feste. Ancora oggi la principale kermesse del porno si svolge in parallelo al Festival di Cannes: due pesi e due misure. Però il fratello maggiore ha continuato a sbirciare dal buco della serratura e una certa invidia gli è rimasta: non è facile nemmeno la parte di chi deve sempre mostrarsi beneducato, rispettoso delle convenzioni, ligio al dovere. Misurare quotidianamente i centimetri di pelle esposti sottopone a stress postraumatico più che pilotare bombardieri. E poi le voci circolano comunque: ma facevano davvero finta sul set del tale e talaltro film? Non si diceva che persino Stanley Kubrick volesse girare un porno? E così di tanto in tanto qualche timida erezione, più o meno interattiva, ha talora fatto capolino sullo schermo, ma l’armistizio è stato siglato solo con Idioti (1998) di Lars von Trier e quando Catherine Breillat ha offerto nientemeno che a Rocco Siffredi un ruolo in Romance (1999). Un po’ come se fosse stato Gregorio VII a invitare Enrico IV a Canossa, senza fargli fare anticamera: qui si riscrive la storia, si fa un nuovo cinema o si muore. Nei quindici anni successivi il confine tra porno e non porno, che sembrava ovvio e intangibile, è così tornato ad assottigliarsi e a farsi confuso su iniziativa dell’opposta parte in causa. Questa volta è stato infatti il cinema con la maiuscola a inseguire quello pornografico (il quale, con l’avvento del video e poi di internet, ha invece perlopiù rinunciato a raccontare storie per andare subito al sodo), appropriandosi
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CULTURA + ATTUALITÀ
della sua caratteristica fondamentale: l’accoppiamento dal vero. Il cinema gay, che per ovvie ragioni di sesso ha sempre parlato, non ha tardato ad approfittarne. A differenza di quanto accadde con l’underground negli anni ’60, non è stato lui a promuovere la rivoluzione ma poco importa, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che la battaglia per la libertà sessuale non è solo di gay e lesbiche, è una battaglia di tutti. Già nel 2000 un esordiente portoghese, João Pedro Rodrigues, provò a fare scandalo con O fantasma. Non si vedeva uno spazzino gay così provocante e disinibito da quando Joe Dallesandro si portava a letto un’androgina Jane Birkin in Je t’aime moi non plus (1975), fingendo che fosse un ragazzo. Il suo collega portoghese è invece un voyeurista e un feticista del latex, che parla pochissimo ma si concede molto. Spesso però chi tira il sasso nasconde la mano. È il caso persino di Bruce La Bruce, già enfant terrible del cinema gay underground, accademico mancato e regista di grandi velleità, il quale ha usato non solo l’eros (si fa forse underground senza?) ma il porno vero e proprio per rendere più trasgressivi i suoi racconti. Tuttavia Skin Gang (1999), The Raspberry Reich (2004) e L.A. Zombie (2010) sono stati tutti distribuiti in doppie versioni. Così i loro skinhead, punk e zombie sono più o meno sudicioni a seconda della copia in cui ci si imbatte. Il risultato è però quello di confessare la gratuità dell’operazione: se il sesso performato dal vero si può togliere con l’autorizzazione dell’autore, significa che non è davvero necessario al senso del suo lavoro. Lo stesso si può dire per il chiacchierato Chroniques sexuelles d’une famille d’aujourd’hui (2012), il cui contenuto è tutto nel titolo: padre, madre, tre figli e persino il nonno non fanno altro che scopare, parlarne o desiderarlo, dalla prima all’ultima inquadratura. Ma se si voleva dimostrare che il sesso è la cosa più naturale del mondo e che non ha senso non parlarne e non mostrarlo, perché distribuire in sala solo una versione nella quale il sesso esplicito è stato rimosso? Non si voleva ricadere nel linguaggio pornografico
PRIDE · febbraio 2014
L’homme au bain
con i suoi dettagli chirurgici, dicono gli autori. Ma c’è tutto un ventaglio di scelte possibili tra il dettaglio clinico e un’autocensura così tradizionale. Nascondere fingendo di mostrare significa negare nei fatti ciò che si afferma a parole, per ricadere in condizionamenti culturali che hanno una lunga storia. Soprattutto se lo si fa solo con il corpo maschile e non con quello femminile, con l’omosessualità e non con l’eterosessualità (il figlio Pierre sarà infatti anche bisessuale, e alla fine ci dicono che si accasa con un fiorista, ma lo vediamo all’opera solo con una ragazza). E soprattutto se lo si fa solo con la copia da sala e non con quella in dvd. Un rischio che certo aveva evitato il film di maggior successo di tutta questa schiera, Shortbus (2006), con le sue tre coppie (di cui una gay) che si ritrovano nel locale orgiastico del titolo. Ai personaggi manca qualcosa, soprattutto in termini di profondità e di motivazione, sicché le loro crisi appaiono piuttosto disperse e immotivate, anche se collocate sullo sfondo dell’11 settembre dovrebbe acquisire senso la loro mancanza di senso. Ma il film funziona come celebrazione di ogni forma di sessualità disincrostata dalla colpa e il regista ha il coraggio di non rinnegare le sue scelte sventando ogni moralismo anche nel finale. Non si può dire lo stesso di Q (2011), dove per tutto il film tutti fanno tutto con tutti, ma quando si tirano le somme si danno solo due alternative, l’erotomania che genera turbe e la salutare vita di coppia. Il punto ovviamente non è se si condivida una simile concezione, ma il moralismo con cui è inoculata allo spettatore da un racconto che finge eversione. Pur con tre coppie, una manciata di erezioni e tante, tante, tante vagine a disposizione, Laurent Bouhnik si dimostra incapace di proporre alternative. Un amalgama convincente come quello di Shortbus è in effetti cosa rara. Lo sconosciuto del lago (2013) ne ha appena offerto un esempio, usando con intelligenza il sesso dal vero per costruire un discorso sulla comunità gay e sull’omosessualità, ma allo stesso tempo un film che ha anche altro da dire e da mostrare, sicché solo chi si è perso il cambiamento di cui stiamo discorrendo poteva ancora gridare allo scandalo. Viceversa, I Want Your Love (2012), che pure si ispira dichiaratamente a Shortbus, può
essere preso per “l’incontro del porno gay con il cinema indipendente” annunciato dalla locandina solo se per cinema indipendente si intendono due attori in una stanza squallida, fotografati in economia, mentre sproloquiano su esistenze senza importanza ma come se l’avessero, facendo lunghe pause. Quando insomma il racconto diventa un pretesto per inserire scene di sesso, accumulando personaggi solo perché si creino le premesse per un certo numero di accoppiamenti, si ricade nel porno fatto e finito, solo con una storia pretenziosa in aggiunta. E non c’è nulla di peggio di un porno che non osa dire il suo nome. È il caso di The Band (2009), girato da una femminista australiana con intenzioni militanti. La “storia” si riduce a poca cosa: Jimmy tradisce Caty, che si “converte” al lesbismo. Niente che possa interessare stare a sentire e, come nei porno, le parti più espressive di questi attori sono quelle che faticano a stare nei pantaloni. Per il resto, è una sofferenza vedere la protagonista che si sforza di simulare tristezza, come un bimbo che strizzi inutilmente gli occhi sul vasino, mentre la componente femminista è alquanto dubbia. Soprattutto laddove dovrebbe culminare, e cioè quando il ragazzo che ha la passione della sodomia (etero) alla fine viene sodomizzato da una fanciulla imbragata. D’accordo, la donna che prende il controllo della situazione: ma che il fanciullo sia consenziente e l’unico a godere, come in un qualsiasi porno (etero), non conta nulla? Il porno rimane dunque un terreno scivoloso e le reazioni non sono sempre quelle previste. Intanto, paradossalmente, le pornostar gay cercano di promuoversi come attori seri evitando di recitare con gli strumenti del mestiere. È il caso di Brad Benton, Colton Ford e altri nella fallimentare serie vampiresca The Lair (2007), di François Sagat in L’homme au bain (2010) e di Brent Corrigan in Triple Crossed (2013). Ma un attore porno capace di recitare è più raro persino di un tenore espressivo e di questo passo non vedo una gran luce in fondo al tunnel. Speriamo solo che la liberazione sessuale del cinema porti a una mediazione capace di smitizzare davvero il sesso anziché a uno semplice scambio di ruoli: non vorrei dover passare il resto dei miei giorni a vedere film narrativi pieni di superdotati afasici e porno intellettualoidi che non ecciterebbero nemmeno una patata.
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ATTUALITÀ + CULTURA
PUSHER CONTRO L’AIDS In uscita in questi giorni nelle sale, Dallas Buyers Club ha già fatto parlare molto di sé, sin da quando è stato presentato al Festival di Toronto e a quello di Roma, tra applausi e commozione. TESTO — VINCENZO PATANÈ · vincepatan@gmail.com
È DIFFICILE RIMANERE impassibili di fronte al film del canadese JeanMarc Vallée, il regista dell’ottimo C.R.A.Z.Y., che sa catturare le corde giuste dell’emozione, merito sì della storia ma anche dei bravissimi protagonisti Matthew McConaughey e Jared Leto (che per l’interpretazione hanno dovuto perdere molti chili, il primo addirittura 23). Infatti ha già vinto molti premi e conquistato un Golden Globe come migliore attore non protagonista (ma tra un po’ ci saranno gli Oscar e tanti giurano che è impossibile che McConaughey non lo vinca…). Siamo in Texas, nel 1985. L’elettricista Ron Woodroof (McConaughey) è un etero rozzo e prepotente, razzista e fortemente omofobo. È il tipico bifolco texano macho che vive, credendosi al di sopra di ogni cosa, tra cavalcate su tori e trasgressioni di ogni tipo: alcool, cocaina, scommesse e donne a volontà. Un giorno però apprende stupefatto di avere contratto l’Aids, trasmessogli da una prostituta, e quindi di avere solo 30 giorni di vita. Convinto che la malattia colpisse solo gli omosessuali, i primi giorni ignora la cosa ma poi si rende conto della sua gravità e da allora fa tutto quello che può per allungare quanto più possibile la sua vita. Mosso da una fortissima voglia di vivere, rifiuta dunque le cure ufficiali, poco efficaci, e va in Messico; lì apprende da un ex medico dell’esistenza di cure alternative nonché a base naturale, senza i tremendi effetti collaterali di quelle, come l’AZT, proposte dalla Food and Drug Administration. Poi decide di importare clandestinamente quei medicinali negli Usa, vendendoli a malati di Aids. Assieme a Rayon (Leto), una transessuale anch’essa malata, con la quale stabilisce un profondo rapporto
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nonostante la forte diffidenza iniziale, Ron crea così il Dallas Buyers Club che, dietro il pagamento di una quota mensile, fornisce farmaci che rallentano la malattia. Inizia perciò a frequentare luoghi gay per portare al club chi ne ha bisogno. Tutto ciò nonostante la FDA, che non vuole che si contrabbandino medicinali e che supporta sfacciatamente le lobby farmaceutiche, lo costringa continuamente a sequestri, denunce e processi. Un braccio di ferro quasi epico che dura fino alla morte di Ron, nel 1992 (ossia più di 2500 giorni oltre quelli diagnosticati). Il film di Vallée, girato con piglio un po’ documentaristico e con una fotografia volutamente sporca, ricostruisce efficacemente il contesto storico degli anni, segnati dalla paura e dall’ignoranza, della comparsa dell’Aids, quando gli omosessuali diventarono il capro espiatorio della malattia. La storia è vera, anche se un po’ romanzata (Ron è l’unico personaggio reale), e fu resa nota la prima volta dal giornalista Bill Minutaglio. Poi lo sceneggiatore Craig Borten intervistò lo stesso Woodroof, ma ci sono voluti vent’anni prima che il film vedesse la luce. Dallas Buyers Club mette a fuoco soprattutto due temi. Il primo è quello di un’America che, convinta che la malattia fosse legata solo all’omosessualità, prima l’ha volutamente ignorata e poi l’ha sfruttata cinicamente per interessi commerciali. Il secondo è la redenzione di un uomo (l’incarnazione di un’America arcaica e violenta, che poi si sgretola di fronte a realtà nuove) che, lottando disperatamente per la sua sopravvivenza, è protagonista di un’eccezionale trasformazione interiore. Appena si sa che è malato di Aids, Ron viene infatti subito identificato come faggot (checca) e quindi brutalmente emarginato. Sono due temi di sicura presa sul pubblico ma, per la verità, visti già tante volte: l’impari lotta contro i potenti, di Davide contro Golia (si pensi a Guerra al virus) e l’ignorante che, grazie a un incontro con il diverso, si converte (Philadelphia). Da questo punto di vista, il film può dunque apparire furbo e ruffiano; inoltre non è esente da qualche difetto: è un po’ lungo, talora lento, i buoni e i cattivi sono troppo esasperati, e gioca troppo sul protagonista, tralasciando personaggi interessanti come Rayon o anche la dottoressa Eve Sack (Jennifer Garner), che avrebbero sicuramente meritato più spazio. Ma tutto ciò non toglie niente al film, che è importante nonostante, o forse proprio per quello, il fastidio che a volte procura nello spettatore. Un fastidio che si riscontra innanzitutto nel protagonista (un grandioso McConaughey, scheletrico e scavato nell’anima, capace di esprimere compiutamente dolore e disprezzo): un personaggio non certo simpatico, anzi irascibile e zeppo di difetti, ma sempre fedele a se stesso e per questo umano e generoso (inizia la sua crociata per far soldi ma poi aiuta chi ne ha bisogno).
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RUBRICHE
Omorama
di Maurizio Cecconi mauriziocecconi@gmail.com
LE PIAZZE VUOTE DEL MOVIMENTO MOLTI SONO RIMASTI delusi dalla manifestazione contro l’omofobia dello scorso dicembre a Roma, organizzata dalle principali associazioni glbt: poche persone, questo il rimprovero più diffuso. Dalle foto che ho potuto vedere, di gente non ce n’era molta in effetti e naturalmente, quando si organizza una manifestazione, la quantità di partecipanti è il termometro del successo o del fallimento. Al ritorno nelle rispettive città di provenienza, diversi attivisti hanno cominciato a chiedersi sui social network il perché di tale insuccesso e ognuno ha la sua risposta, che contiene almeno una parte di verità. Il contributo che posso fornire a questa riflessione è spiegare in parole semplici perché non ho partecipato 01
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01 Love is right 2013 (foto di Lorenzo Benedetti 02 Kiss 2 pacs 2004
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alla manifestazione, perché ho scelto così, consapevolmente. Di più non m’azzardo a compiere, data la pretestuosa e mai doma litigiosità del movimento. Oramai ho una certa età e preferisco zone più amorevoli e ponderate dell’esistenza. Ho visto una Camera dei Deputati approvare, in prima lettura, una legge che, da contro, è diventata su e persino per l’omofobia. Che cosa dispone il testo attualmente in discussione al Senato? Prevede che “ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente”, “ovvero assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica,
sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei princìpi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni”. Tradotto: avevamo chiesto una norma contro le discriminazioni, ne otteniamo una che quelle discriminazioni – nelle scuole, nei luoghi dell’agire sociale e anche negli ospedali – le autorizza per legge. Questo il frutto della volontà politica di accontentare i clericali del Partito Democratico e dell’Unione di Centro del simpatico duo Casini/Buttiglione. Ho visto parlamentari gay mancare al loro compito di rappresentare le istanze di uguaglianza e di parità dei diritti, attenti principalmente, quando non esclusivamente, alle ragioni di partito e di Governo. Esemplare, a questo proposito, il comportamento del primo firmatario della proposta di legge. Ho visto il disarmo delle associazioni glbt, coscienti che quanto si stava compiendo era (ed è) contro i loro associati e impotenti a rispondere, perché imprigionate nello schema “conquistiamo i partiti dall’interno”, schema che da trenta anni forma, deforma e sconfigge le possibilità di vittoria. Ho visto perdere l’occasione fornita dalla rabbia di quei giorni estivi, sprecare la possibilità di convocare subito una manifestazione, che avesse un’unica parola chiara: no all’ipocrisia di chi scopre “la libertà di pensiero” esclusivamente in relazione al preteso diritto di insultare le persone glbt e i loro progetti di vita e far loro violenza, no ai compromessi con gli integralisti religiosi di destra e di sinistra – avete mai visto una buona legge nascere da un compresso coi fanatici? Io no. Soprattutto che affermasse decisamente: no alla legge Scalfarotto. Ho visto scegliere un’altra strada, più conciliante e, a mio modesto parere, inutile: una manifestazione lontana nel tempo, una piattaforma politica che chiede tutto e, dunque, non chiede nulla. Giacché in politica il momento e la concretezza sono fondamentali, s’è scelto di dilatare i tempi, stemperare l’indignazione, annegare la rivendicazione di una giusta legge contro l’omofobia dentro un calderone dal moderno slogan “Love is right”. Per questi motivi non ho partecipato. Non me ne pento e non so se altri e altre hanno ragionato come me, perché sono un singolo e per di più orfano d’un movimento capace di perseguire a testa alta i propri obiettivi. Non smetto però di augurarmi e di augurarci che, come l’araba fenice, un nuovo movimento, più forte e consapevole, nasca dalla presa d’atto della sua attuale, storica sconfitta.
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PIEMONTE TORINO 011 SAUNA CLUB In pieno centro storico, il circolo privato 011 Sauna club offre tutti i giorni 800 metri quadri di locale pulito e discreto con sauna finlandese, bagno turco, labirinto malizioso, dark cabins, glory holes, sling rooms, cruising zone, maxi sala cinema. Il club è anche cruising bar che nella serata del mercoledì propone un evento mix di naked, underwear e jockstrap party con inizio alle 20. Venerdì dalle 20 serata “naked mask” con maschere fornite dal club. Sabato notte l’oramai famoso naked party dalle 22. In tutte e tre queste serate la sauna 011 apre le porte al cruising alle 22.30 mercoledì e venerdì e il sabato a mezzanotte, lasciando a disposizione per tutti i soci i locali doccia. Info: 011 284263 www.011saunaclub.it GARAGE CLUB SPAZIO UOMO A sette anni dall’apertura, Garage Club si conferma come locale di tendenza dell’ambiente gay e gay friendly piemontese. Ubicato nella zona più bella di Torino, è aperto a tutti senza distinzioni di sorta e supera gli schemi consueti delle saune tradizionali favorendo la relazione tra i soci. Sviluppato su due livelli, calorosa accoglienza e accurata pulizia sono i suoi tratti più salienti. Il circolo mette a disposizione sauna finlandese, bagno turco, idromassaggio, lounge bar, video corner, glory wall, ambienti relax, area fumatori e una nuova sala video. Lunedì e mercoledì alle 22 “Naked party”; martedì alle 21.30 “Young party”; venerdì alle 22 “Fluo naked”; sabato dalle 21.30 “Ibiza night”, beachwear e sorteggio consumazioni omaggio per Queeever; giovedì e domenica serata normale. Info 346 3006612 www.garageclub.it
conduttore dei giochi. Qui le tue fantasie possono prendere vita e trasformare una serata qualunque in un party dove tu sarai l’ospite d’onore, il tutto con rispetto ed educazione nei confronti di tutti i soci. Il programma del mese lo puoi vedere nella nostra pubblicità all’interno di questa rivista. Chiedi di essere membro del club su Gayromeo e riceverai le newsletter delle nostre serate con relativo dress code, o collegati alla nostra pagina Facebook. Info: 02 33220193, 389 2071335 www.bangalov.com DEPOT Tutti i lunedì il club è aperto anche a coppie, bisex, persone trans per il “Bisex party”, la serata più “aperta” di Milano. Tutti i martedì sera e sabato 1 appuntamento con il “No id party”, la festa nudi e con il viso coperto da passamontagna per non farsi riconoscere. Mercoledì dalle 22 e domenica pomeriggio dalle 15 il famosissimo naked party, lanciato da Depot e copiato da tutti. Venerdì 7 tutti al buio per il “Blackout party” dalle 22. Si ripete per la seconda volta sabato 8, il primo e unico (per ora) “Fog party”, dove siete tutti immersi nella nebbia e bisogna usare solo i propri sensi. Venerdì 21 “Al primo colpo”, la serata con i bracciali che identificano il ruolo sessuale. Sabato 15 doppio appuntamento “No id + al primo colpo” dalle 22. Chiude il mese l’appuntamento “Fist & Fuck” sabato 22. L’ingresso è riservato ai soci KeyWe. www.depotmilano.com ILLUMINED All’Illumined l’entrata vale per 24 ore, ovvero si può rientrare gratis e il guardaroba è sempre compreso nel prezzo di ingresso di 10 euro. Inoltre da lunedì a mercoledì il locale vi offre anche il primo drink! Tre piani di superdivertimento vi aspettano all’Illumined. Al piano superiore ogni sera dalle 22 e la domenica dalle 20 apre la “sala Fire”, la naked area del locale dove a date prefissate si tengono gli appuntamenti speciali. Il bar è aperto 24 ore su 24 e nel piano seminterrato la zona relax è sempre pronta, pulita e attrezzata con numerose e
LOMBARDIA MILANO BANGALOV Anche questo mese Bangalov ti aspetta per offrirti serate ed eventi intriganti. Il cruising è disposto su due livelli e ha un’ampia zona bar, divani, zone relax e dark dove trascorrere tutta la tua notte. Lo hanno definito spregiudicato, trascinante, esclusivo, travolgente ed eccitante ma se non lo conosci ancora è ora di andare a visitarlo, e deciderai tu se essere spettatore o
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accoglienti cabine. Gli appuntamenti nella “sala Fire” del mese di febbraio sono: “Fire Off” (Fire Zone spegne le luci) ogni lunedì, “Fist” venerdì 7, “Masked” venerdì 14, “Dildos” venerdì 21, “Masked” venerdì 28, domenica 16 “Fist” dalle ore 15, “Naked” tutti i sabati. L’ingresso è riservato esclusivamente ai soci muniti di tessera e di un documento di identità. Cruising Illumined è in via Napo Torriani 12 (vicino alla Stazione Centrale). www.prideonline.it Info: 02 66985060
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LITTLE ITALY RISTORANTI Terza apertura per Little Italy che partendo da via Tadino in zona piazza Lima, si è duplicato in via Borsieri nel quartiere Isola e adesso è partito alla conquista della zona di corso XXII marzo con Littly Italy Poma, al numero civico 9 dell’omonima via. In ogni locale vi aspetta a pranzo o cena un’ottima pizza al trancio e una cucina tradizionale con un ottimo rapporto qualità prezzo, con un menù casalingo con antipasti, primi e secondi di carne e pesce e una piccola selezione di vini. Da provare! Info: 02 29522734 (Tadino), 02 69016034 (Borsieri), 02 83417131 (Poma) METRÒ CENTRALE SAUNA La sauna milanese più amata, come sempre, ti propone il meglio per il tuo divertimento e il tuo benessere. Questo mese i free buffet salati con aperitivo sono domenica 9 e domenica 23 dalle 17.30, con promo cocktail a 4 euro. Domenica 16 evento particolare per tutti i soci: live jazz set di Simone Canclini, con un buffet di chiacchiere. La sauna è aperta tutti i giorni dalle 12, il servizio massaggi è sempre disponibile anche su prenotazione, e il servizio bar offre spuntini veloci, primi piatti, ottimi drink e cocktails. Sui tre piani della struttura troverete la zona acqua con la piscina idromassaggio e le saune umide e secche e le zone cruising con camerini, spazi dark e glory hole. Cercaci su Facebook Metroclubmilano. Info: 02 66719089 www.metroclubmilano.it STUDIO KNOW HOW Proprio accanto alla stazione Centrale lo Studio Know How è il più grande sex shop gay only in Italia, che soddisfa ogni vostra esigenza grazie al suo assortimento di dvd per ogni gusto, accessori fetish, leather, bdsm dei migliori produttori mondiali, t-shirt e intimo uomo, gadget per un regalo divertente o per sentirsi più orgogliosi. Veniteci a trovare o chiamateci, con la cortesia, la discrezione e il supporto di sempre vi aiuteremo a scegliere e acquistare i prodotti che state cercando. Possiamo spedire in tutta Italia in pacchi anonimi. Info: 02 67391224
BRESCIA NEW TRAP GENERATION Sabato 1 “Kilt party” con Graziano dj e Mr Mads dj, e se indossi il kilt avrai una sorpresa. Al Primopiano gallery si balla hip hop, trash, R&B e molto di più. Sabato 8 seratissima “Cowboy” con Luca Carrara dj e Mr Mads dj, quindi si raccomanda di portare il lazo per prendere al
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volo vitelli, manzi e vacche. Sabato 15 l’immancabile e attesissimo appuntamento del mese con il gruppo Extralarge con Fake Plastic dj; Renato dj e Graziano dj sono al piano terra con la commercial music. Sabato 22 grande serata con Ruggero dj e saranno estratti ingressi omaggio per la sauna Splash di Desenzano. Da ricordare assolutamente l’appuntamento di sabato 1 marzo con il grande party di Carnevale! Eccezionalmente insieme al gruppo Extralarge con Fake Plastic dj, con la sfilata delle maschere e il concorso con ricchi premi per quelle più belle. Tutti insieme, infine, aspettiamo sabato 15 marzo per l’appuntamento clou dell’anno con la festa di compleanno del Trap. Franco e i Trapboys presenteranno la nuova starlette delle serate al Trap: Miss Sebille Garcia! Info e liste 340 3872576 www.trapmad.it
VENETO VENEZIA CARNEVALE A VENEZIA Un evento differente, rivolto a quelle persone che amano godere la vera atmosfera di un ballo in maschera veneziano. Per chi è alla ricerca di qualcosa di veramente non ordinario, l’evento “L’altro lato della maschera” si svolgerà sabato 1 marzo in un teatro privato nei pressi di San Marco. Un evento in costume molto esclusivo, con una vera atmosfera di festa dove le persone potranno in libertà apprezzare la serata, lasciarsi andare e godere di molto divertimento. Il prezzo del biglietto è di 180 euro, a copertura della cena di gala e delle animazioni. Tutto il guadagno ottenuto dopo la copertura dei costi sarà destinato a un ente di beneficenza. Per informazioni scrivere a eventvenice@gmail.com www.micheledoardo.com/party
VENEZIA MESTRE
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JUICE BERRY Questo mese gli Hard Juice Boys vi aspettano venerdì 7 con Riley Tess from London; venerdì 14 con Turbo Leòn from Madrid; venerdì 21 Paco e venerdì 28 Ale Tedesco. Ogni venerdì e sabato dj-sets con la migliore musica dance! Sabato 22 torna in consolle Paolo Baga che ci farà ballare per tutta la notte. Sabato 1 marzo e martedì 4 marzo speciale “Carnival party” con buffet di crostoli e frittelle per tutti. Tutte le domeniche dalle 18 mega happy hour con buffet e show hard con nuovi go-go boys che surriscaldano l’aperitivo. Le serate “Orgia party”, le più frequentate del Triveneto, sono lunedì 10 e lunedì 24 dalle 20 con dress code mutande, jockstrap o naked, e ricchissimo buffet per lo spuntino notturno. Altri appuntamenti fissi al club: lunedì “total naked”; mercoledì novità con il “Blackout naked mask” party; martedì e giovedì naked e underwear; il weekend è “mixed” ed entri come vuoi. Visitate il sito per conoscere gli appuntamenti in dettaglio, e siamo anche su Facebook. Info 041 8778042, 392 2954966 www.juiceberry.it
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NAPOLI
DEPOT Tutti i martedì l’ingresso è gratuito se hai meno di 25 anni. Mercoledì il famoso naked party per chi non ha vergogna a girare nudo. Giovedì entrate in due ma pagate solo un ingresso. Tutti i venerdì potete partecipare senza preoccuparvi di dover avere un dress code particolare. Sabato 8 tutti al buio nella serata blackout, l’evento più hot del club! Domenica 9 e 23 rimanete in mutande nell’underwear party. Sabato 22 evento “al primo colpo”, per identificare subito chi fa al caso vostro grazie ai bracciali di riconoscimento sessuale. Domenica 2 e 16 è “Hot Sunday” con doppio appuntamento: masked dalle 17 alle 21 e underwear dalle 21. Ingresso riservato ai soci KeyWe. www.depotnapoli.com
BLUE ANGELS SAUNA Godetevi l’inverno nella moderna e super attrezzata Blu Angels, che offre servizi di sauna
THE BASEMENT L’accogliente cruising bar nel centro storico di Napoli segnala domenica 16 l’evento speciale
SEX SHOP Nuova sede per l’ex Studio Know How in via Stradivari 23, zona ponte Testaccio, con apertura dalle 11 alle 14 e dalle 15.30 alle 20 (giorni di chiusura domenica e lunedì). Dvd per ogni gusto, accessori fetish, leather, bdsm, gadgets per un regalo divertente. Info: 333 6459047
CAMPANIA
“La monta delle vacche” alle 16 e “sex cruising” dalle 20. Il locale è aperto dal giovedì al lunedì dalle 22, ed è munito di ampio bar, zona fumatori e zona relax con cabine confortevoli. Giovedì “double drink night”; venerdì serata “più ti spogli e meno paghi”; sabato serata “open cruising”; la prima e terza domenica del mese apertura alle 20.30 mentre la seconda e quarta domenica apertura alle 16; lunedì “free entry” dalle 22. Per il programma del mese ed eventi speciali consultare il sito. Info: 081 19252174, 348 0977856 www.thebasement.it
SVIZZERA LUGANO GOTHIC SAUNA A “due passi” da Milano, facilmente raggiungibile anche in treno, troverai l’atmosfera di una vera sauna nordica. La lunga seduta a quasi 100 gradi, profumata con essenze suggestive e accompagnata da una musica rilassante, si conclude con docce e bagni freddi. Non mancano le possibilità di riscaldarsi cominciando dalla vasca idromassaggio con più postazioni. Aperta ogni giorno a partire dalle 14, Gothic attrae quotidianamente una clientela internazionale davvero unica! www.gothicsauna.ch
Extrastrong La nuova ala dello Hot Dog a Padova si chiama Extrastrong ed è una nuova zona riservata solo ed esclusivamente ai party organizzati dai club di Gayromeo.com. I nuovi spazi mettono a disposizione dei soci uno spogliatoio, bagno attrezzato, cabine, un grande open space attrezzato con sling, croce di sant’Andrea, megalettone, gabbie, il tutto inserito in un’atmosfera militare dark. I primi club a organizzare eventi sono stati La monta delle vacche, Il mercato degli schiavi, 23cm Club, Bear party, VenetOrge, The Hole Club, Culetto d’oro e i nuovi Belli&Muscolosi e Scambiocoppiegay. I locali sono disponibili anche per feste private su richiesta. Chi non è iscritto a uno di questi club può sempre entrare allo Hot Dog, perché a un certo punto le due zone si uniscono per uno scambio di situazioni che rende l’atmosfera ancora più rovente! www.gayromeo.com/extrastrongclub
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Hotel
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Locali e discoteche Bart via Polese 47/a tel. 051 243998 www.bartclub.net Red Club via del Tipografo 2 dalle 23:00 venerdì e sabato tel. 051 6011241 www.discoredclub.com The Block via Maserati 9 one night sabato 23:00-04:00 www.block.it Saune Black Sauna via del Tipografo 2 chiuso martedì tel. 051 6011241 www.blacksauna.com Cosmos Sauna via Boldrini 22 Steam via Ferrarese 22/i dalle 14:00 tel. 051 363953 www.steamsauna.it Shop
Man2Man, agenzia di incontri via Masone 5 tel. 366 7861960 www.man2manitalia.it
Igor Libreria via S. Petronio Vecchio 3 tel. 051 229466 www.facebook.com/igor.libreria La Boutique dell’Eros via Polese 32 tel. 051 4070551 www.laboutiquedelleros.it
BOLOGNA
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Associazioni
Hotel
Altro
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Locali e discoteche
Locali e discoteche
Chiringuito Lounge Bar Via Lungomare Poetto di Quartu Quartu Sant’Elena (CA) tel. 345 5966710 Go Fish via G.B. Venturi 12/14 giovedì e sabato www.go-fish.it
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Associazioni KALON associazione culturale glbte Tel. 393 6711629 www.kalonglbte.it Locali e discoteche Codice Rosso cruising bar via Conte Ruggero 48 mar.–gio. e dom. 22:00–02:00, ven.– sab. 22:00–04:00 www.codice-rosso.it Le Capannine viale Kennedy 93, Lidi Playa, stradella Capannine one night venerdì Pegaso’s Circus viale Kennedy 80, Lidi Playa one night sabato e prefestivi tel. 095 7357268, 348 3534116 www.pegasos.it Saune Terme di Achille via Tezzano 13 tutti i giorni 15:00–24:00 www.termediachille.com Sauna Mykonos via Platamone 20 da mar. a dom. 16:00–23:00 www.saunamykonos.it CREMONA Associazioni Comitato provinciale Arcigay La Rocca
FIRENZE Hotel
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Saune Splash Club via Faustinella 1, Desenzano del Garda (BS) lun.–ven. 15:00–01:00, sab. 15:00– 02:00, dom. 14:00–24:00 tel. 030 9142299 www.splashclub.it Shop Sexy Shop C’est La Vie viale Marconi 130, Desenzano del Garda (BS) aperto tutti i giorni tel. 030 9911784 BRINDISI Hotel Pietrefitte Associazione culturale e Casa vacanze tel. 348 0446507, 393 1890726 www.pietrefitte.com CAGLIARI Hotel Il Pittoresco, bed&breakfast via Francesco Chironi 12
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DOVE & COSA
via Bezzecca 3 lun.–ven. 15:00–20:00 tel. 02 54122225 Telefono amico gay: 20:00–23:00 lun.–ven. 02 541222227 www.arcigaymilano.org AGEDO nazionale Associazione Genitori Di Omosessuali via Bezzecca 4 giov 14:00–17:30 tel. 02 54122211 www.agedo.org ASA Associazione Solidarietà Aids via Arena 25 tel. 02 58107084 www.asamilano.org Gruppo del Guado, cristiani omosessuali via Soperga 36 tel. 347 7345323 www.gaycristiani.it VARCO - Rete Evangelica Fede e Omosessualità Gruppo GLBT valdese c/o chiesa Valdese di Milano G-Live via della Signora 6 via Casola, Marina di Massa (LU) http://gruppovarco.altervista.org 12/12/13 16.42 tel. 392 9618819 Gruppi Sportivi www.glive.eu
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DOVE & COSA
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