pro.di.gio. BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP
NUMERO I - FEBBRAIO 2021 - ANNO XXI - 124° NUMERO PUBBLICATO
Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R.
PROGETTO DI GIORNALE
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LavForLife: La pet-therapy nel cuore di Trento pag. 3 Giacomo Albertini, il fotografo sordo che racconta come sentono i disabili pag. 4 Disuguaglianza di genere e Covid-19 Come il Covid-19 ha contribuito a peggiorare il divario salariale tra uomini e donne pag. 9 Incredibile impresa a Hong Kong Si issa in sedia a rotelle per 250 metri su un grattacielo pag. 11
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IN EVIDENZA
RIPARTENZE
Capo Redattore Lorenzo Pupi
Ricette preziose per rialzarci in piedi Care lettrici e cari lettori, ben ritrovate e ritrovati in questo nuovo anno carico di speranze ed aspettative. Abbiamo dedicato questo numero al tema delle ripartenze, alle buone idee e in generale alla capacità che da sempre contraddistingue il settore sociale nel saper cogliere i bisogni emergenti e fornire soluzioni concrete per i problemi strutturali. Questa, secondo me, è una capacità essenziale del sociale, e lo diventa ancor più se riesce ad essere un elemento contaminante e trainante per tutta la società civile. Sempre più imprese profit ed amministrazioni pubbliche oggi si fregiano di certificazioni etiche, di processi virtuosi che traggono ispirazione proprio dai quei valori della condivisione, inclusione e sensibilità che nascono nelle piccole esperienze associative, cooperative
o di comunità. Esse con il tempo, l’impegno e la professionalità di tante persone si trasformano in modelli replicabili, che creano seconde possibilità, occupazione, e in generale welfare. L’universo del sociale ha un’occasione enorme in questo periodo di crisi, e cioè quella di dimostrare che può essere non un mero “terzo settore”, ma elevarsi ad esempio del “fare” bene in ogni settore pubblico o privato che sia. Per questo la Riforma del Terzo Settore ha una grande responsabilità nel segnare un percorso definito che permetta alle organizzazioni di esprimersi nel loro valore tangibile attraverso strumenti trasparenti come i bilanci sociali o le valutazioni d’impatto sociale. Deve essere l’occasione affinché questi utili elementi di
monitoraggio e promozione diventino non l’ennesimo adempimento burocratico, ma megafoni dell’agire bene, esempi di come si può plasmare un presente attraverso un lavoro di qualità e partecipazione per rispondere ai bisogni contingenti costruendo solide basi future. In questo numero cerchiamo di raccontare esempi positivi ed esperienze concrete che tracciano la rotta in un mare pur sempre ricco di insidie, dove sono proprio le difficoltà ad innescare soluzioni ai cambiamenti e a generare idee innovative. Ci auguriamo quindi che leggendo le nostre pagine possiate incuriosirvi, farvi ispirare, e - chissà - creare qualcosa che abbia un impatto positivo sull’ecosistema in cui tutti noi viviamo.
QR-CODE INPS, IL SERVIZIO PER LE PERSONE CON DISABILITÀ Il QR-Code dell’invalidità civile è un nuovo servizio dell’INPS che permette di attestare lo status di invalido direttamente dallo smartphone o dal tablet, senza bisogno del verbale sanitario. Grazie a questo strumento innovativo, le persone con disabilità possono accedere alle agevolazioni e ai benefici in modo più semplice e veloce. Il QR-Code è un particolare codice a matrice in grado di memorizzare informazioni leggibili e interpretabili da dispositivi mobili. Garantisce informazioni sempre attendibili in quanto è associato all’interessato, e non a uno specifico verbale, ed è sempre aggiornato a seguito di verbali definitivi di prima istanza, aggravamento, revisione, verifica straordinaria e autotutela. Per ottenere il codice basta collegarsi al servizio online “Generazione QR-Code invalidi civili per attestazione status”, sul portale dell’Istituto, accedendo con le proprie credenziali. Il servizio genera automaticamente e in tempo reale il QR-Code, direttamente in formato pdf. Il codice può essere stampato, inviato, salvato sul computer o dispositivo mobile ed esibito quando è necessario per accedere alle agevolazioni. I gestori dei servizi, per controllare lo stato di invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità o handicap, possono leggere il codice tramite un qualsiasi lettore di QR-Code.
PREMIO MELCHIONNA VA EDIZIONE Inquadra il QrCode e accedi al servizio
Hai una bella storia di amicizia da raccontare attraverso un testo in prosa, poesia o una fotografia? Se sì, candidati entro il 7 marzo 2021 alla quinta edizione del Premio Melchionna. In palio, buoni acquisto libri, pubblicazione su un’antologia cartacea delle opere finaliste e questa bellissima stampa dell’artista Maurizio Menestrina. Info e iscrizioni: tinyurl.com/PremioMelchionna5
Ti piace scrivere?
Abbonamento annuale (6 numeri) Proprietà: Associazione Prodigio Odv Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Sito Internet: www.prodigio.it E-mail: associazione@prodigio.it Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana). Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Redazione: Luciana Bertoldi, Giulio Thiella, Lorenzo Pupi, Martina Dei Cas, Ivan Ferigo, Elisa Giarolli, Noemi Manfrini. Hanno collaborato: Aroldo Linardi, Maria Devigili, Ugo Bossetti In stampa: 05 febbraio 2021
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INNOVAZIONE SOCIALE
LAVFORLIFE: LA PET THERAPY NEL CUORE DI TRENTO
Intervista a Aroldo Linardi
Febbraio 2021 - n.1 a cura di Noemi Manfrini
avvalete solo del supporto canino o anche di altri animali domestici? E come funzionano in pratica questi interventi? Ci avvaliamo della collaborazione di diverse specie, cani, gatti ed asini. Tutto si basa sulla costruzione di una corretta relazione tra uomo e animali, che per le loro caratteristiche specifiche riescono a diventare fulcro di motivazione regalando amore incondizionato.
Buongiorno Aroldo. La maggioranza del nostro pubblico lettore non la conosce, vuole presentarsi brevemente? Sono Aroldo Linari, Presidente della Cooperativa Sociale LavForLife, responsabile tecnico del Gruppo Cinofilo “Cani da Vita” di San Patrignano, educatore di Comunità e formatore nei corsi professionalizzanti in Interventi Assistiti con gli Animali (IAA). “LavForLife”, un nome curioso
per una cooperativa sociale che si occupa di pet therapy. Da dove è nato e chi lo ha coniato? LavForLife è il diminutivo di “Lavoro Formazione e Vita” ed è stato coniato da un nostro amico, grande professionista in Pet Therapy, dott. Oscar Zuccatti, che nel momento della nascita della nostra Cooperativa ebbe l’idea...
Sappiamo che prima di diventare presidente della cooperativa, era educatore presso la comunità di San Patrignano qui a Trento. Di cosa si occupava nello specifico? È stata utile come esperienza per la fondazione successiva di LavForLife? Dal 2003 ero Educatore presso la sede di San Patrignano di Pergine Valsugana. Ed ero proprio responsabile del settore Canile della Comunità e mi occupavo, oltre che del recupero dei ragazzi a me affidati, anche della loro formazione professionale in pet therapy. Grazie al lavoro di tante persone la nostra storia aveva accumulato tanti successi e collaborazioni, e dal momento della chiusura della sede di San Patrignano di Pergine, avvenuta nel 2014, pensai di creare una Coop Sociale che potesse proseguirne la grande avventura, dando opportunità di reinserimento a tutti quei ragazzi che avevano risolto il problema con la tossicodipendenza e che lo avevano fatto anche diventando professionisti in Interventi Assistiti con gli Animali.
In questa nuova realtà vi occupate prevalentemente di interventi assistiti con gli animali, la cosiddetta “pet therapy”. Vi
Collaborate anche con altre associazioni, enti e/o cooperative del territorio? Collaboriamo con ANFFAS Trentino Onlus, il centro Levico Curae, APSP Civica di Trento, APSP Santa Croce di Bleggio, la Cooperativa Sociale Kaleidoscopio di Povo e diverse Scuole di vario ordine e grado.
È risaputo che alcuni cani vengono addestrati per riconoscere, grazie al loro olfatto superiore, diverse patologie, come il tumore alla prostata che viene identificato attraverso l’urina del malato. Recentemente alcuni studi in Francia hanno dimostrato che è possibile farlo anche per il riconoscimento del Covid-19. Attuate anche voi questo tipo di addestramento specifico per i vostri animali? Come funziona? Sì, è vero: le capacità olfattive del cane, unite alla preparazione specifica, mettono questo animale nella condizione di poter individuare diverse problematiche, ma questo esula dal tipo di formazione specifica della quale ci occupiamo.
“Formazione, corsi e workshop”: così si legge sul vostro sito internet. Offrite quindi anche possibilità di crescita personale ed eventuali opportunità di lavoro? Può accedervi chiunque? Ci occupiamo della realizzazione di corsi professionalizzanti in questo ambito dal 1999 con San Patrignano e dal 2016 con la nostra Coop LavForLife. Organizziamo corsi professionalizzanti in Pet Therapy, secondo le Linee Guida Nazionali per gli Interventi Assistiti con gli Animali, corsi professionalizzanti per educatori ed istruttori cinofili, ma anche seminari, convegni e workshop con luminari di fama internazionale. Prima della pandemia, nel 2019, l’ultimo nostro ospite è stato il dott. Shaun Ellis, più comunemente conosciuto come uomo Lupo, uno dei più grandi esperti di lupi e cani al mondo.
LavForLife è proprietaria anche dei due negozi “Nuovi di Zecca”, uno situato a Povo e uno a Trento,
Lo staff di LavForLife
e di “Tiergarten”, il primo asilo per animali della città. Quali sono i servizi che offrono? Nei negozi “Nuovi di Zecca” 1 e 2 ci occupiamo di toelettatura e cura di cani e gatti, offrendo ai vari avventori anche alimenti di qualità ed attrezzature professionali per la cura e la formazione dei cani. Presso il “Tiergarten” offriamo il servizio di asilo per cani e dog e cat sitting, offrendo ai clienti anche l’opportunità di intraprendere percorsi educativi per migliorare la gestione e iI rapporto con i loro animali, oltre ad una vasta gamma di prodotti relativi alla alimentazione naturale e BARF per cani e gatti.
Qual è il messaggio che volete trasmettere alla cittadinanza? La nostra mission è quella di aiutare persone svantaggiate ed in difficoltà al recupero della loro vita, al miglioramento della qualità della stessa, tramite i benefici derivanti da una corretta relazione con gli animali, educare le nuove generazioni al rispetto della vita e dell’ambiente che ci ospita, sensibilizzando tutti ad una corretta educazione civica per migliorare la convivenza tra territorio, città, persone ed animali, tutto tramite il rispetto e la cura degli stessi.
SERVIZI DI EDUCAZIONE CINOFILA LEZIONI DI GRUPPO
LEZIONI INDIVIDUALI
Puppy Class
Grazie alla decennale esperienza di Cani da Vita potete rivolgervi ai nostri seri educatori per l’educazione dei vostri cani (educazione cinofila). Le lezioni saranno preferibilmente individuali e si struttureranno in comodi pacchetti di 5 lezioni. Il primo incontro è sempre gratuito e serve a valutare il cane e a studiare al meglio, assieme al proprietario, il percorso più adatto da seguire. Offriamo lezioni per l’educazione cinofila di base e avanzata e per la preparazione di cani sociali.
Se avete appena preso un cucciolo potrebbe aiutarvi seguire un breve percorso di Puppy Class, aperto a piccoli gruppi di cuccioli, di età compresa tra i 2 e i 5 mesi con lo scopo di mettere le basi per uno sviluppo equilibrato del cucciolo e per la felice convivenza con tutta la famiglia, offrendo gli strumenti necessari alla gestione del nuovo arrivato, alla risoluzione di piccoli problemi in casa, in passeggiata e nei diversi contesti sociali.
Junior Class Per seguirlo al meglio nella crescita il corso prosegue, sempre in piccoli gruppi, con la Junior Class, che copre il periodo adolescenziale del cane e aiuta la famiglia ad affrontare al meglio, in questa delicata fase di crescita, le difficoltà gestionali che possono presentarsi.
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Lavforlife www.lavforlife.it/
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PREMIO MELCHIONNA
GIACOMO ALBERTINI, IL FOTOGRAFO SORDO CHE RACCONTA COME SENTONO I DISABILI «Fotografare persone disabili o affette da malattie rare mi offre la possibilità di dare loro la dignità che meritano: la mia diretta esperienza mi aiuta a colmare le distanze tra l’ignoranza e la consapevolezza. Ho imparato che nella vita tutto è possibile e che si possono superare i problemi generati dai pregiudizi». È questa la filosofia di Giacomo Albertini, architetto veronese, nato senza udito a causa della rosolia presa dalla mamma alla sedicesima settimana di gravidanza, e oggi impegnato a spiegare attraverso la fotografia come sentono i sordi. Giacomo, conservi dei ricordi d’infanzia sulla tua disabilità? Sì. Molti sono legati alla forza di volontà dei miei genitori, che per quasi sette anni mi hanno accompagnato avanti e indietro da Milano in treno per permettermi di seguire un innovativo percorso di rieducazione in un centro specializzato. E poi, non potrò mai dimenticare la prima volta che misi le protesi acustiche e, all’uscita del negozio, riuscii a sentire il fruscio delle foglie e il rumore delle macchine. A essere sinceri, da bambino, un po’ mi vergognavo a indossarle. E alle superiori ero quasi escluso dai compagni. All’università a Ferrara, ho invece
Le foto più emozionanti di Giacomo. Quelle che raccontano la vita indipendente di Gessica e Nadia, due ragazze con la sindrome di Down e di West.
trovato la mia dimensione, grazie a un gruppo di amici che finalmente mi capivano. E oggi come la vivi? La vivo bene anche se ho ancora qualche difficoltà. Lavoro al servizio di ingegneria clinica dell’ospedale, dove mi occupo di progettazione di spazi per i macchinari sanitari, sono sposato e ho due figli, uno di sei anni e una di due. Sono molto sensibili e hanno capito subito il mio problema. Ogni mattina la piccola mi aiuta a mettere le pile nelle protesi e il grande ripete ciò che dicono le persone se non capisco. Quanto incide la tecnologia sull’inclusione? Tantissimo. Nel 1992, andai negli Stati Uniti a trovare un’amica sorda e scoprii che avevano inventato telefonini capaci di mandare messaggi scritti. Quindi posso dire che l’invenzione degli smartphone, qualche anno dopo, mi ha letteralmente cambiato la vita. E adesso non vedo l’ora che arrivino i sottotitoli nelle videochiamate per completare l’opera. Alla televisione, poi, è una cosa positiva che ci siano i sottotitoli, ma sono troppo lenti, a volte saltano e sul digitale non sono previsti. Altre rivoluzioni, invece, purtroppo sono ancora lontane, come quella prospettata negli anni Novanta con lo studio delle cellule staminali. Mi dispiace che poi non se ne sia più fatto niente, perché avrei voluto recuperare l’udito per sentire come sono le voci della mia famiglia. Com’è nata la tua passione per la fotografia? A undici anni, seguendo le orme di mio papà, anche lui appassionato. Poi ho fatto il liceo artistico e lì ho sviluppato la mia creativi-
a cura di Martina Dei Cas
tà, seguendo corsi di specializzazione e workshop. All’inizio mi dedicavo soprattutto alla street photography, finché un giorno un conoscente mi fece una domanda un po’ indiscreta, ma sicuramente magica. Voleva sapere come sentiamo noi sordi. Fu così che mi recai all’Ente nazionale sordi (ENS) di Verona e chiesi il permesso di fotografare i tanti amici che vi si ritrovavano ogni settimana. Per capire come sente un sordo, bisogna immaginare una persona che guida in mezzo alla nebbia. Vede le macchine intorno, ma non bene. Di qui la scelta di fare foto sfocate, in bianco e nero, da guardare mettendosi le cuffie antirumore. Come funziona la lingua italiana dei segni, in sigla “LIS”? Io purtroppo non l’ho mai imparata, ma grazie a questo progetto fotografico ho scoperto che la LIS non si parla solo con le mani, bensì anche con i movimenti della faccia. Da qui è nato un nuovo lavoro, interessante e divertente, poi presentato al festival della fotografia di Reggio Emilia. Si chiama «faccia da sordi» ed è composto da una serie di ritratti. Sono tutti primi piani di sordi, ma tra le foto c’è una persona udente. Volevo far capire la differente mimica facciale tra chi sente e chi no. Mi fece molto riflettere il fatto che gli unici in grado di individuare la persona udente furono coloro che avevano genitori o pazienti sordi. Perché hai scelto di concentrarti soprattutto sui ritratti? E in che modo il mondo della disabilità incontra il tuo progetto di fotografia sociale? Perché fotografare le persone è bello e affascinante. Dietro ogni scatto c’è una storia. Il mio scopo
Giacomo Albertini è far conoscere il mondo della disabilità e delle malattie rare a chi non ne ha esperienza diretta. Mi concentro sul vissuto delle singole persone, perché penso che nella vita tutto sia possibile e qualsiasi situazione difficile possa essere affrontata e superata. Chi meglio di un disabile lo può testimoniare? Da questa riflessione è nato un altro lavoro, dedicato ai mestieri delle persone sorde, purtroppo ancora vittime di mobbing e discriminazione. Siccome non possono usare il telefono, si pensa che non siano capaci di fare niente. Qual è l’emozione più grande che hai provato grazie alla fotografia? Quattro anni fa, realizzai un reportage su due ragazze disabili che erano andate a vivere da sole, senza l’aiuto degli assistenti. Una aveva la sindrome di Down, l’altra quella di West. Perciò dovevano completarsi a vicenda. La prima gestiva la casa, mentre l’altra non poteva muoversi perché era in carrozzina. L’anno scorso ho scritto all’associazione che aveva dato vita al progetto per sapere come stava andando. E quando mi risposero che le ragazze se la stavano cavando alla grande quasi piansi per l’emozione, perché ancora una volta mi rendevo conto che nella vita, se ci si impegna e ci si crede, tutto è possibile. Che cos’è la fotografia per te in una parola? Amore.
A pro.di.gio. abbiamo conosciuto Giacomo Albertini tramite il Premio Melchionna. Con la sua serie “LIS” si è infatti classificato tra i vincitori della prima edizione. Tutti i suoi lavori sono disponibili sul sito: www.giacomoalbertini.com
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Quali progetti ci sono nel tuo futuro? Vorrei realizzare un libro per dare più informazioni a chi non conosce il mondo della disabilità e delle malattie rare. E poi andare nelle scuole, per insegnare fin da piccoli come aiutare i disabili senza aver paura o difficoltà nel confrontarsi con la loro condizione.
SALUTE
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ICUB, IL ROBOT CHE AIUTA I BAMBINI AUTISTICI Per la prima volta al mondo all’interno di una struttura riabilitativa Il robot umanoide iCub, realizzato all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Morego sarà protagonista – per la prima volta al mondo – di un trattamento sperimentale nell’ambito di una ricerca sui disturbi dell’autismo all’interno di una struttura riabilitativa. Nei prossimi mesi il team Social Cognition in Human-robot Interaction di IIT guidato dalla ricercatrice Agnieszka Wykowska lavorerà insieme all’equipe riabilitativa del Centro Boggiano Pico di Genova, polo specializzato nel trattamento dei disturbi del neurosviluppo dell’Opera Don Orione, per testare l’efficacia dell’utilizzo del robot nel trattamento di bambini affetti da disturbo dello spettro autistico direttamente in un contesto ambulatoriale. Il progetto nasce dall’idea di mettere concretamente la ricerca e la tecnologia più avanzata al servizio della società in un contesto puramente di cura. Nell’am-
bito di un intervento multidisciplinare e personalizzato, la sperimentazione prevede l’interazione tra il robot iCub e un gruppo di bambini già inseriti nel percorso terapeutico del Centro Boggiano Pico, allo scopo di sviluppare le loro capacità di comprendere il punto di vista altrui. La fase iniziale della sperimentazione si rivolge a circa 50 bambini e si concluderà a giugno 2021. L’obiettivo, nei prossimi anni, è sviluppare ulteriori e diversi training che possano aiutare bambini con spettro autistico a implementare e accrescere specifiche competenze. La dott.ssa Tiziana Priolo e la dott. ssa Federica Floris, neuropsichiatra infantile la prima e psicologa la seconda presso il Centro Boggiano Pico, coordinano la sperimentazione per l’Opera Don Orione. “L’obiettivo è quello di verificare l’efficacia di nuovi protocolli di trattamento, integrando i modelli di riabilitazione raccomandati attualmente per il disturbo dello spettro autistico
con interventi più specifici per le abilità sociali”, spiega la dott.ssa Priolo. “A lungo termine, la prospettiva è quella di ottenere nuovi strumenti che supportino l’équipe nella presa in carico dei bambini e degli adolescenti. La domanda alla quale vogliamo dare una risposta è: il robot e l’intelligenza artificiale possono diventare strumenti aggiuntivi con i quali acquisire nuove capacità?” Il robot umanoide iCub (i come in “iRobot” e Cub come cucciolo d’uomo (man-cub) del Libro della Giungla di Kipling) è stato progettato specificatamente per supportare la ricerca nel campo dell’intelligenza artificiale. iCub è alto 104 cm, circa quanto un bimbo di 5 anni, ed è in grado di gattonare, camminare e sedersi per manipolare oggetti. Le sue mani sono state progettate per effettuare anche complesse azioni di manipolazione. iCub viene distribuito sotto licenza Open Source (GPL/ LGPL) e vanta una comunità attiva di sviluppatori in tutto il mondo. Da
a cura di Elisa Giarolli
Il robot iCub dell’IIT quando è nato il progetto sono oltre 30 i robot costruiti e a disposizione di laboratori europei, statunitensi, coreani e giapponesi. Si tratta di una delle poche piattaforme al mondo con pelle sensibile su tutto il corpo in grado di interagire con l’ambiente.
DEPRESSIONE, ANSIA E RABBIA: LE CICATRICI PSICOLOGICHE DEL COVID-19
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a cura di Noemi Manfrini
Un paziente su tre manifesta disturbi da stress post traumatico in forma grave. Questo il dato che emerge dalla “Fondazione Soleterre” di Milano, che sta seguendo 91 persone, beneficiarie del Fondo Nazionale per il supporto psicologico Covid-19: ex pazienti, operatori sanitari impegnati nella prima linea, persone che hanno perso un familiare, il lavoro o la casa a causa della pandemia, donne che durante il lockdown hanno visto esplodere episodi di violenza domestica. Tra i sintomi trasversali più comuni emersi ci sono: ansia (60%); depressione (50%); rabbia (45%); alterazioni del sonno (39%) e uso di sostanze (37%). Tali dati evidenziano come questo virus, purtroppo, lasci segni anche psicologici. Sono oltre 20 i terapeuti di “Fondazione Soleterre” attivi oggi a livello territoriale, coadiuvati da psicomotricisti, insegnanti, educatori e altre figure professionali che si occupano di benessere psico-sociale, per offrire sostegno psicologico alla popolazione delle province più colpite dalla pandemia (Bergamo, Milano, Pavia, Lodi). Una decisione presa dopo un periodo iniziale, svolto egregiamente con una squadra di 14 psicologi, nei reparti di ‘Oncologia’, ‘Rianimazione’, ‘Pronto Soccorso’ e ‘Malattie Infettive’ del Policlinico San Matteo di Pavia, da marzo a maggio 2020 (il periodo più critico della pandemia). L’intervento del team, che ha svolto oltre 250 colloqui per quasi 500 tra operatori sanitari, pazienti e familiari e un monte di quasi 2.000 ore di lavoro, ha sicuramente comportato
minori livelli di stress nel personale sanitario. “L’emergenza di sanità pubblica internazionale che stiamo vivendo può avere effetti duraturi sulla mente delle persone. In questa pandemia la situazione psicologica è fortemente determinata dall’impatto del cambiamento del mondo esterno: perdita del lavoro, peggioramento delle condizioni di vita, lutti da elaborare per la perdita delle persone care e relazioni in grande trasformazione”, avverte Damiano Rizzi, presidente della fondazione e psicologo nei reparti covid. “Stiamo ipotizzando una sindrome da stress Covid-19, caratterizzata da effetti duraturi del trauma relazionale, che si riattiva ad ogni ondata in cui il virus riprende forza e trasforma radicalmente il mondo in cui tutti noi viviamo. Dai primi dati emersi, un terzo dei pazienti vive con ricorrenti e involontari ricordi spiacevoli legati ad un evento traumatico subito. Spesso non dormono la notte e agiscono come se il trauma si stesse ripresentando. Tali sintomi minacciano la concentrazione e attivano sensi di colpa che si dirigono su sé o sugli altri. Il tutto permeato da un persistente stato emotivo negativo”. Per chiunque avesse bisogno di sostegno, nell’affrontare le conseguenze psicologiche della pandemia, è possibile fissare un colloquio al telefono, o in presenza, con uno psicologo della “Fondazione Soleterre” al numero +39 335 77 11 805.
MARKETING SAIT
Il virus attacca anche il nostro benessere mentale…
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PAGINA DI PUBBLICA UTILITÀ
Ristrutturi casa? Approfitta del bando per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio PUOI CHIEDERE CONTRIBUTI a copertura degli interessi del mutuo e/o in conto capitale (a fondo perduto)
NUOVA PROROGA:
DOMANDE ONLINE:
30 giugno 2021
servizionline.provincia.tn.it
PER INFORMAZIONI:
Tel. 0461 492713
lun/ven 9-12.30 | lun/gio 14-16
servizionline.provincia.tn.it 6
PAGINA DI PUBBLICA UTILITÀ
CONTRIBUTO PER INTERVENTI DI RECUPERO E RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO - BANDO 2020 Il termine per la presentazione delle domande è stato prorogato al 30 giugno 2021, fino all’esaurimento delle risorse finanziarie disponibili. Hanno diritto ai contributi tutti i residenti in Trentino che sono proprietari, comproprietari, nudi proprietari o titolari di un diritto di usufrutto o di abitazione, anche per quote, dell’unità immobiliare destinataria dell’intervento di ristrutturazione o riqualificazione energetica che beneficia delle detrazioni d’imposta.
La domanda può essere presentata: 1. congiuntamente al coniuge convivente, convivente di fatto e familiare convivente (parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado); 2. da parte del singolo richiedente con riferimento alle spese sostenute pro quota per interventi sulle parti comuni, ferma restando la possibilità, in alternativa, di richiedere il contributo congiuntamente agli altri proprietari interessati dei lavori comuni sull’edificio.
Il contributo può essere richiesto, sia alternativamente che cumulativamente: • “contributo a copertura degli interessi” pari all’importo degli interessi relativi ad un mutuo/ prestito stipulato per anticipare le detrazioni d’imposta previste dalle disposizioni statali. Il mutuo/prestito va stipulato con una delle Banche convenzionate e il contributo provinciale è erogato in dieci rate annuali; • “contributo in conto capitale ” (a fondo perduto) del 30% su un importo pari alla differenza tra la spesa sostenuta, per ciascuna unità immobiliare e tipologia di intervento, e un importo fino a 50.000 euro (limite massimo di spesa detraibile). Il contributo è erogato in un’unica soluzione.
La concessione del contributo è disposta entro 90 giorni dalla presentazione della domanda. Entro 9 mesi dalla data del provvedimento di concessione, salvo proroga per giustificati motivi, dovrà essere presentata la rendicontazione delle spese sostenute. A seguito della presentazione della documentazione sopra indicata, il contributo potrà essere rideterminato.
Per le modalità di compilazione della domanda, e per ogni informazione relativa al contributo, è possibile: a. contattare il numero 0461 492713 dal lunedì al venerdì dalle 09:00 alle 12:30 e dal lunedì al giovedì dalle 14.00 alle 16.00; b. fissare un appuntamento chiamando il numero 0461 492710, dal lunedì al venerdì dalle 09:00 alle 12:30, per accedere allo sportello del Servizio politiche della casa, presso la sede di Palazzo Europa a Trento, in via Romagnosi n. 9, 1° piano; c. contattare gli sportelli di assistenza e d’informazione al pubblico della Provincia autonoma di Trento negli orari dagli stessi indicati. 7
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ACCESSIBILITÀ
NEVE A BIZZEFFE E RUOTE Le nevicate stentarelle degli ultimi anni, pronte a sparire al primo raggio di sole, rischiavano quasi di farci dimenticare il colore della neve: qualcuno ricorda quella dell’anno scorso? e dell’anno prima? e prima ancora? Alla memoria, qualche centimetro soltanto nonché temperature da gennaio ormai tardo autunnale! Da fine anno invece, neve a quintali, a tonnellate addirittura: a detta dei giornali 50 centimetri e temperature adeguate a tenerla incollata al suolo! La voglia di far qualcosa di ‘normale’, dopo 10 mesi di quasi clausura, era diventata così fortissima sicché, obnubilato da un delirio totalizzante, ho azzardato: ”Sabato (l’8 gennaio) facciamo un giretto in centro città… un posto per sostare e un marciapiedi libero da neve lo troveremo!” Detto tra noi, se andar in giro era difficile per i comuni cittadini (quelli a due scarpe), figuriamoci per noi, quelli in carrozzina o con girello, col bastone, a braccetto... Istigato da un noto proverbio “Chi non risica, non rosica”, decido di rosicare! Diciamolo subito e mettendo da parte il sottile piacere che dà il criticare l’autorità costituita (il sindaco): l’accessibilità in città, non male già per i bipedi, non lo era nemmeno per me in carrozzina e tutti gli altri con qualche difficoltà a spostarsi in proprio! Sale a bizzeffe e spalatori ‘a spiazi’ hanno reso percorribilissimi marciapiedi e strade, via Manci, piazza Battisti e tutto il centro. La neve accumulata ai lati lasciando ben liberi i varchi, accesso ad ogni vetrina e negozio, quasi un invito ad affollare il centro e i relativi... spazi commerciali! Oddio, qualche passaggio era un po’ difficoltoso, tratti innevati e ghiaccio a gobbe tipo “Lapponia Babbo Natale Tour”, ma già uscire di casa
con la neve è un rischio per tutti, figuriamoci per un disabile: costui, cadendo, non rischierebbe di ammaccarsi solo il sedere (come mi ha garantito un tale, quasi un invito a provare…), ma ben peggio, di scivolare giù da un marciapiedi, finire in qualche fosso a bordo strada, schiantarsi contro un mucchio di ghiaccio, di quelli belli zozzi! Magari lo scioccone di turno, quello che d’estate vi chiede dei moscerini negli occhi, vorrà sapere se a bordo avete le catene invernali... Il fondo strada, comunque, era ben abbordabile e sicuro. E poi, detto tra noi, quattro ruote sono più sicure di due scarpe: al massimo finisci in terra (i bipedi invece rischiano di atterrare sui denti....). In giro un sacco di gente e luci, specie in piazza Duomo, attorno al Nettuno, sotto il tiglio e lì all’albero di Natale. Fiera e piazza Italia l’unica delusione: niente mercatini né strutture né altro… solo buio! Meglio tornare in piazza Duomo piena di gente (piazza piena), luminarie e luci ! Di questo tour, l’aspetto più sorprendente è stato l’abnorme numero di carrozzine incrociate per città: invece dell’unica abituale, al massimo due, ne circolavano parecchie, forse una decina!!! Ce n’erano in piazza Duomo, in via Oriola, via Manci, in piazza Dante, al supermercato... Se, in verità, qualche disabile era lì solo per fornir la scusa a qualcun altro (!) di parcheggiare nei posti riservati (diffusissimo), qualcun altro era venuto di proposito per curiosare nei negozi, bersi un bicchierino di vin brulé, veder le luci, farsi un regalo o semplicemente cazzeggiare. Non era raro scorgerne qualcuno in carrozzina dietro le vetrine di bar e negozi o in fila alle code...
Anziani a braccetto o col bastone ma anche giovani o presunti tali: con le mascherine non erano facili da identificare! I saluti non sono comunque mai mancati: qualcuno con un breve cenno della testa, altri si fermavano per gli auguri, altri ancora i ‘tacava boton’ occupando mezzo marciapiedi. Tra i passanti qualche sguardo sorpreso, fronti aggrottate, espressioni preoccupate ma anche compiaciute: tutti ti fanno passare, ti danno la precedenza e si mostrano ben disposti ad aiutarti. File davanti ai negozi o alla cassa? No problem: bastava l’apparire di una ruota e l’invito a passare davanti era automatico! Un’osservazione quasi d’obbligo sugli stalli (posti) riservati ai disabili: gran parte erano occupati da auto con tanto di tesserino o dalla neve ammucchiata (Via Cavour) ma, data la gran quantità caduta, ci poteva proprio stare! In via Marchetti una scena quasi divertente all’arrivo di un’anziana, molto anziana, con una Panda verdastra: prima ha sporto le gambe, poi messo fuori il bastone per palpeggiare la sdrucciolosità della strada e ridendo si è tirata in piedi: ce la faceva a star su! Giuliva, ha quindi preso il largo... Il freddo dell’imbrunire, anche -4, la chiusura del ‘bacuchel’ di caldarroste e bevande calde in via Oss Mazzurana e le ombre lunghe della sera ci consigliano di fare come i migratori: cercare il caldo! Così, ruote in strada (quelle della macchina, intendo…) verso casa! Che dire dell’esperienza? Non male... non male: trattato come uno qualsiasi! Segno che la disabilità motoria, così come ogni altra, è sempre più un fenomeno ‘normale’, l’esempio di una vita che non è andata
WEGLAD, QUANDO L’ACCESSIBILITÀ DIVENTA DIGITALE
a cura di Ugo Bosetti come voleva il titolare della stessa, un segno dell’accettazione della disabilità come destino possibile per ciascuno, per nascita o per sorte... Resta un però… Ministero della Sanità, Istat e Inps indicano in 65–75 le persone con paralisi da frattura vertebrale, ossia un traumatizzato ogni 1.000 abitanti. Numeri che diventano ben più grandi considerando altre cause invalidanti: emorragie ed infezioni midollari, lesioni vascolari, malattie degenerative, sclerosi amiotrofica, mieliti, neoplasie cerebrali, neuropatie, miopatie, morbo di Friedreich ecc.. ecc.. A Trento, come nel resto del Paese, circa l’1% della popolazione, ossia 1100 (su 110 mila abitanti). Sottraendo a questo numero la decina incontrata, ne mancano all’appello circa 1.090: dove erano costoro? Tutti in casa bloccati da neve e freddo in attesa dei termosifoni per strada promessi dal Municipio? Aspettavano il ritorno delle rondini? Cari “mancanti”… l’occasione era ottima per un giretto ‘full immersion’ tra la gente in alternativa a salotto, videogioco, tv e chiacchiere di parenti in doverosa visita di cortesia… Meditate per l’anno prossimo gente, meditate! Per concludere, un plauso al municipio che, pur avendo tra i suoi compiti il rendere la città praticabile a tutti, ha adempiuto al compito con cura proprio per tutti! Ci aspettiamo lo stesso trattamento anche per le feste di fine 2021 con tanta neve e senza Covid-19... sennò che Natale sarebbe quello del 2021?
a cura di Noemi Manfrini
Arriva l’app che mappa gradini, buche e locali
“Benvenuti gladiatori” è la traduzione di WeGlad (Welcome Gladiators), il nome dell’app nata per mappare locali, strade, buche e gradini delle città di tutto il mondo, favorendo la circolazione delle persone in carrozzina. «Volevamo un nome che facesse capire a tutti quanto le persone con difficoltà motorie, compiano un’impresa eroica ogni volta che escono di casa», raccontano i fondatori, Paolo Bottiglieri e Petru Capatina, ragazzi di 28 e 24 anni che hanno stravolto le loro vite per dare alla luce questo progetto.
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Petru è stato spesso in trasferta, viaggiando in tutta Europa come fotografo, già ai tempi delle superiori, prima dell’università e delle esperienze in azienda come giovane consulente e ambasciatore su temi di innovazione e tecnologie esponenziali. Paolo, invece, si è laureato in Economia lo scorso ottobre, e fino al 2018 ha lavorato in aeroporto come assistente speciale, accogliendo persone con ridotta mobilità: «È lì che ho incontrato per la seconda volta il problema, dopo essermi preso cura di mio nonno nei suoi ultimi anni in
carrozzina. Parlando con persone da tutto il mondo, ho riscontrato nuove problematiche: da lì, la raccolta di tutti gli spunti in un’unica app». E, in due anni, l’app è diventata realtà. Un lavoro portato avanti giorno e notte nel cuore di Torino, culla di tante startup: «La nostra seconda casa per mesi. Fino a quando siamo usciti in strada per mappare la città, poi ostacolati dall’emergenza sanitaria». Finché non sono scesi in campo i veri gladiatori: 30 donne e uomini, di tutte le età, in carrozzina, che ogni giorno scansionano strade e locali prima del lancio definitivo dell’app: “Ci commuove vedere dei ragazzi che lavorano così tanto per migliorare la nostra vita”, racconta Patrizia Saccà, da 50 anni in sedia a rotelle, consigliere del Comitato Italiano Paralimpico. “Mappo la città ogni volta che sono in giro, perché cittadini e turisti possano scegliere
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dove andare, senza incontrare sorprese. Senza WeGlad siamo costretti ad andare dove siamo già stati, o chiamare amici per sapere se almeno ci sia un’entrata accessibile. Questo progetto ci rende davvero liberi di vivere la città”. I dati sono oggettivi, basandosi tutto su fotografie d’ingresso, interni e bagni. Le recensioni riguardano l’igiene e soprattutto l’accoglienza. Presto arriverà anche una funzione ludica di mappatura: «Un ponte per le nuove generazioni verso una vera inclusione. Mentre si sta giocando, è bello pensare di fare qualcosa di utile, perché il mondo con cui interagirà il gioco dell’app parla di problemi reali, non virtuali». Un metodo innovativo per sensibilizzare su temi che finora lasciano indifferenti la maggior parte delle persone, sperando di poter creare un futuro migliore.
SOCIETÀ
Febbraio 2021 - n.1
DISUGUAGLIANZA DI GENERE E COVID-19 Come il Covid-19 ha contribuito a peggiorare il divario salariale tra uomini e donne Sappiamo tutti che, nonostante il progresso e la civiltà, la povertà è ancora molto diffusa sul nostro Pianeta. Eppure, e senza destare particolare clamore, negli ultimi 22 anni la povertà estrema nel mondo era in diminuzione. Questa tendenza è stata però ribaltata con l’arrivo del Covid-19, che ha portato con sé un’enorme perdita di posti di lavoro, in particolare per le donne. A parlare di questa inversione di rotta è Ginette Azcona, relatrice del recente report internazionale di UnWoman (ente delle Nazioni Unite) sull’impatto del Covid-19 sulle donne nel mondo. “L’indebolimento dei sistemi di protezione sociale” sostiene la ricercatrice, ha lasciato molti dei più poveri della società senza protezione, senza garanzie per resistere alla tempesta”. Lo studio, intitolato “Dalla Comprensione all’Azione: Uguaglianza di Genere in seguito al COVID-19”, evidenzia il rischio che con l’aumento della povertà portata dalla pandemia ci possa essere un aumento del divario della “povertà di genere”. Questo significa che sempre più donne rispetto agli uomini saranno spinte nella povertà estrema. Antra Bhatt, specialista in statistica, afferma che “ le donne, in genere, guadagnano meno e svolgono lavori meno sicuri rispetto agli uomini. Con il crollo dell’attività economica, le donne sono particolarmente vulnerabili ai licenziamenti e alla perdita dei mezzi di sussistenza”. Una categoria particolarmente colpita è stata quella dei lavoratori domestici retribuiti, composti per
l’80% da donne. Quasi 3/4 di tutti i lavoratori domestici nel mondo hanno perso il lavoro senza godere di protezioni di base come ferie retribuite, periodo di preavviso o indennità di licenziamento. Molte donne sostenevano la propria famiglia come domestiche, come nel caso di Ana Paula Soares che vive a Timor Est, nel Sud Est asiatico. Con l’arrivo del Covid-19 ha perso il lavoro e con esso l’unico mezzo di sussistenza per lei e per la sua famiglia. La sua storia è la stessa di milioni di donne lavoratrici nell’“economia informale”. “È difficile fare soldi in questo momento, dice Ana Paula, “le persone che lavorano in ufficio continuano a lavorare da casa e a ricevere lo stipendio, ma i lavoratori domestici no”. A questo bisogna aggiungere che la chiusura di scuole e asili nido, insieme alla poca disponibilità di aiuti esterni, hanno portato a mesi di lavoro aggiuntivo per le donne (cura dei figli, dei familiari malati e anziani e altri lavori domestici non retribuiti). Anche prima del Covid-19, le donne trascorrevano in media 4,1 ore al giorno in queste attività “non retribuite”, mentre gli uomini 1,7 ore. Queste donne rimangono nascoste dietro ai grandi titoli dei giornali. Eppure sono proprio le persone più colpite dalla crisi economica derivata dalla pandemia. Se non verranno adottate politiche e misure di soccorso economico mirato, il divario economico tra uomini e donne non potrà che peggiorare.
“ABBATTI TABÙ”: IL FORUM IN CUI SI PARLA DI SESSO AMORE E DISABILITÀ «Secondo voi, il sesso a pagamento è più giustificabile e socialmente accettabile se la persona con disabilità è un uomo, o ha la stessa valenza?»: questo il quesito che anima, dando spunto a molteplici riflessioni, il forum “Abbatti tabù – sesso amore e disabilità”, un progetto curato dall’Ufficio Integrazione dell’Università del Salento e dal Servizio di Consulenza sessuologica alle persone con disabilità dell’Asl di Lecce. Il forum è organizzato in tre aree: sessualità, affettività e disabilità, servizi del territorio e proposte. Ogni settimana, quindi, vengono pubblicati sulla pagina Facebook e sul forum di “Abbatti tabù” nuovi post, che hanno l’obiettivo di confrontarsi, scambiarsi opinioni e idee sui sopracitati temi. Un luogo virtuale dove regna la libertà d’espressione e dove è possibile, appunto, rompere tabù, stereotipi, curiosità ed emozioni che riguardano il mondo della disabilità.
a cura di Maria Devigili
Il forum è moderato da un gruppo di esperti composto da Sara De Lorenzis (psicologa), Serena Grasso (peer educator), Paola Martino (disability manager), Giulia Piraino (psicoterapeuta) e Massimo Vergari (consulente sessuologo). Ogni messaggio, infatti, è un invito a confrontarsi, a dibattere, a riflettere su tematiche che, purtroppo, troppo spesso non vengono ritenute appartenenti al mondo delle persone con diversità fisiche, sensoriali o psichiche. Un errore madornale, perché sentimenti ed emozioni sono vibrazioni che appartengono alla vita di ciascun essere umano. Lo ricorda in un recente post anche Sofia Righetti, campionessa di sci/ alpino paralimpico, evidenziando la necessità di riscattare il corpo disabile e invitando a riflettere sulla «body positivity, un movimento sociale radicato nella credenza che tutti gli esseri umani devono avere un’im-
magine del proprio corpo positiva, sfidando le diverse modalità in cui la società rappresenta la fisicità. Centro focale di questo movimento è l’accettazione di tutti i corpi, a prescindere dalla forma e dall’apparenza». Per Sofia, dunque, non ci sono dubbi: «Nonostante le continue discriminazioni cui è sottoposto dalla moda e dalla società, negli ultimi decenni il corpo disabile ha avuto un grande riscatto grazie alle Paralimpiadi. Si sceglie ancora di mostrare un corpo incasellabile negli stereotipi di bellezza (magro, atletico, sano). La body positivity per essere veramente completa deve includere i corpi delle persone con disabilità, riscattando quell’essere carnali e sessuali che è stato sempre negato a chi usciva da determinati canoni precostituiti. Riscattate il vostro corpo, amatelo, pretendete il vostro essere sexy, uscite allo scoperto, fatevi vedere. Siate orgogliosi di
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a cura di Noemi Manfrini
essere ciò che siete». Interessante e coinvolgente anche il post di Giulia Piraino che affronta il tema delle prime esperienze sessuali, facendo riferimento ad una recente ricerca scientifica. La domanda centra subito il tema: «Prima o dopo i 18 anni? Con persone del vostro stesso sesso o opposto? Com’è stato? Tuttavia la presenza di alcuni stereotipi nella nostra cultura ci porta a pensare che ci sia una differenza tra le prime volte delle persone con disabilità e quelle delle persone normodotate. Se vi dicessimo che questa differenza non è poi così reale?» A tali discussioni partecipano in tanti, persone con disabilità e non, genitori, amici, professionisti, favorendo uno scambio continuo di considerazioni e contribuendo fortemente ad aprire una finestra d’ascolto su queste tematiche.
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Febbraio 2021 - n.1
CULTURA
DI-SEGNI LIS: UN TESTO BASE PER LA LINGUA DEI SEGNI
a cura di Noemi Manfrini
Un nuovo modo di leggere e imparare
Piacevole lettura all’aperto Foto di: Michele Peroni «Un progetto editoriale di sensibilizzazione sulla sordità e sull’abbattimento delle barriere alla comunicazione quotidiane. Un libro che nelle vite delle persone prova a portare ispirazione, aiuto e supporto. Voglio aiutare tutti quei bimbi che stanno approfondendo il loro lessico dei segni vedendo il segno disegnato e il disegno», ha spiegato Samuele Maranelli, durante la presentazione
del suo libro Di-segni Lis: nuove parole in Lis su tecnologia, natura, scuola, quotidianità. Si tratta di un Abecedario della lingua dei segni italiana, pubblicato dalla casa editrice trentina Edizioni31 e patrocinato dall’ENS (Ente Nazionale Sordi). È paragonabile ad un dizionario a tre dimensioni, tre profili di un concetto: disegno, segno, parola scritta. Con questa modalità si vanno a coprire due fasi dell’apprendimento: quando il bambino sordo impara il segno, guardando il disegno, e quando, conoscendo il segno, impara a scrivere la parola. La scelta delle parole a media/bassa frequenza dona originalità ed unicità a questo progetto, nato tre anni fa dall’esigenza di avere uno strumento che potesse coprire appieno tutte le fasi dell’apprendimento. Le pubblicazioni sul mondo della sordità non sono ancora tantissime: questo volume finirà nelle biblioteche e librerie di tutta Italia, andando ad ampliare l’accessibilità della cultura per tutti. Il libro è stato interamente disegnato da Samuele Maranelli e contiene altresì molte curiosità sulla Cultura dei Sordi, in modo da immergersi
totalmente in questo mondo. Lavorando con un docente LIS qualificato e con il prezioso contributo di Iris Piva, si è sviluppato uno strumento di supporto per gli operatori del settore (Assistenti alla comunicazione, Educatori, Docenti, Corsisti, Interpreti) e che può essere usato anche dai genitori a casa e dai sordi stranieri che si approcciano alla LIS. «Speriamo che le persone udenti, a cui il mondo dei sordi è sconosciuto, si incuriosiscano, così da renderli consapevoli e sensibilizzare su una disabilità invisibile, purtroppo molto poco conosciuta», ha affermato un portavoce di ENS. «La curiosità è forse la dote che più “muove” il nostro pianeta, fa scoprire nuovi orizzonti, indirizza le vite delle persone e cambia, con le scoperte, le abitudini della gente. È il motore che ci fa avanzare nel futuro! Questo testo è per tutte le persone che vogliono procedere, a piccoli o grandi passi, verso un mondo dove siamo tutti diversi, ma abbiamo tutti le stesse possibilità di imparare, comunicare ed esprimerci. Ne può trarre vantaggio chiunque si lasci coinvolgere da tale sentimento senza pregiudizi. Non è stato facile arrivare ad una pubblicazione così settoria-
PERCORSI INCLUSIVI AL MUSEO L’esperienza di servizio civile di Eleonora e Sofia Il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige, che sorge nella suggestiva cornice di un antico monastero agostiniano, è un ricco museo etnografico, depositario delle radici e della memoria di una comunità. È anche un ente accreditato per il servizio civile: qui, fino allo scorso 31 agosto, hanno operato Eleonora Odorizzi e Sofia Agostini. Nell’arco di un anno, le due volontarie sono state coinvolte anche nella preparazione di percorsi guidati rivolti a persone con disabilità o altri bisogni speciali. Questo è il racconto della loro esperienza. Uno di questi progetti inclusivi – geniale il titolo, “T-essere memoria. Saperi e mestieri del passato” – intendeva offrire una visita il più possibile immediata e concreta ad un gruppo di persone anziane con Alzheimer o altre patologie cognitive e neurodegenerative. Nello specifico, gli ospiti dell’APSP “Abelardo Collini” di Pinzolo. Per rivolgersi a questo pubblico, è stato adottato un approccio sensoriale; durante il percorso, gli utenti hanno potuto osservare e manipolare oggetti e modellini (la falce, i filatoi, il macinino...), venendo stimolati a rievocare ricordi di un passato lontano: canzoni, detti popolari, racconti, testimonianze a prima voce della vita di una volta, emozioni. In particolare, Eleonora e Sofia conservano nella loro
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memoria «il volto sorridente della nostra amica carbonaia che ha cantato davanti a tutti “La canzone del Carboner”, gustando ogni singola parola che pronunciava». Un altro banco di prova si è presentato con un gruppo di non vedenti. In questa occasione, le civiliste hanno potuto mettere in pratica quanto appreso nella formazione specifica sulle disabilità visive in contesto museale svolta con AbC Irifor (per le quelle uditive, invece, il Museo è in contatto con ENS). La sfida stavolta era non solo trasmettere i contenuti, ma soprattutto descrivere in modo puntuale oggetti, materiali e spazi, utilizzando un adeguato tono di voce. Considerati i tempi e l’utenza, al fine di predisporre un percorso agevole e coinvolgente, integrando la spiegazione orale con aspetti tattili e sensoriali, è stata compiuta una scelta delle sale da visitare e di alcuni oggetti emblematici e di piacevole manipolazione. Da questa esperienza, Eleonora e Sofia hanno portato a casa anche un consiglio pratico: «Anche quando avete a che fare con non vedenti, non abbiate paura di dire ‘vedete’, ‘osservate’, ‘guardate’». Un suggerimento utile a entrare nel pensiero di un non vedente, superando un limite mentale autoimposto che nasce dalla volontà di non urtarne la sensibilità. Per entrambe rimane comunque fondamentale,
le e ricercata, ma quando si arriva in cima alla montagna si dimentica la fatica della salita per lasciare spazio solo alla soddisfazione e al panorama mozzafiato. E adesso siamo qui a condividere questa esperienza», ha commentato Maranelli. L’ambizioso intento di tale progetto è quello di rivoluzionare “la lettura” in “un’esperienza di lettura” tra disegni, storie, parole, segni, lettere e pensieri, tutti con lo scopo di abbattere le barriere alla comunicazione. «Per ENS Trento è importante la presenza di una cultura della sordità e che sia possibile lavorare sia con alunni sordi nelle scuole che con adulti sordi nell’ambito sociale, per migliorare la loro integrazione. Per questo abbiamo sostenuto questa pubblicazione che per noi è motivo di grande orgoglio», ha affermato la presidente Brunella Grigolli. Nel caso si vogliano maggiori informazioni sulla pubblicazione, sull’ordinazione del libro o per organizzare un’intervista con l’autore Samuele Maranelli, basta contattarlo al seguente numero: 3409665987.
a cura di Ivan Ferigo
Sala della Stua: Eleonora presenta una maschera di carnevale per garantire una visita inclusiva il più possibile piacevole, comunicare prima della stessa con il capogruppo, così da capire in che modo porsi. L’anno di servizio civile è stato un tempo ben investito per le due ragazze, e ha dato loro importanti indicazioni per il futuro. «Avevo già in mente di insegnare», dichiara Eleonora; «sono partita con l’intento di trovare nuovi strumenti e metodologie per trasmettere conoscenza. Che sia in un museo o in una scuola poco cambia. Penso che le esigenze delle persone siano simili in tutti i luoghi della cultura». Sofia invece vorrebbe rimanere in ambito museale. «Al museo ho appreso qualcosa che ho portato nella vita di tutti i giorni»,
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dice raccontando di come coinvolge la nonna. «E poi», conclude, «vengo da una formazione scolastica dove il tema della disabilità è sempre stato affrontato. Il servizio civile non ha fatto altro che darmi altri strumenti e indicazioni per poter realizzare, un giorno, dei percorsi ad hoc per persone con disabilità visive e uditive, ma anche difficoltà di altro tipo».
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SPORT
CHRIS NIKIC, QUANDO LA VOLONTÀ SUPERA LA DISABILITÀ!
Febbraio 2021 - n.1 a cura di Noemi Manfrini
Il primo uomo con la sindrome di Down a diventare un Ironman «Chris Nikic, tu sei un Ironman!» è l’urlo che si è sentito, mentre il giovane tagliava il traguardo, dopo 16 ore, 46 minuti e 9 secondi, passate a nuotare, pedalare e correre. Un ragazzo stanchissimo, ma felice e orgoglioso di aver portato a termine questa impresa. A 21 anni, Nikic è entrato con onore nella storia dello sport, diventando il primo atleta con la sindrome di Down a concludere un “Ironman”, la gara dei pazzi che ci credono. Come Alex Zanardi, recordman mondiale tra i paralimpici, o come Rudy Garcia Tolson, il primo a concluderne uno fra coloro che sono amputati completi di gambe, o come anche Alberto Ceriani, altro italiano, primo al mondo a riuscirci fra i ciechi, guidato da Carlo Pellegri. Insomma, Chris ora sta lì fra i grandissimi. L’Ironman è la prova più dura di una delle discipline più dure dello sport, il triathlon. Si nuota in mare aperto per 3,8 chilometri, poi si inforca una bicicletta e si pedala per 180 chilometri, quindi si corre una maratona. Chris ci è riuscito dopo poco più di un anno di allenamenti, insieme a tanti amici e un coach diventato amico e maestro. Una sfida ritenuta impossibile per chi è nato con sindrome di Down. Ci credevano in pochi, anche fra quelli che lo conoscono e gli sono vicini.
«Obiettivo raggiunto. Ora uno nuovo e più grande per il 2021. Qualunque sia, la strategia è la stessa: 1% migliore ogni giorno. Sì, ci sono riuscito, grazie a consapevolezza e inclusione. Consapevolezza per la sindrome di Down e Special Olympics. Inclusione per tutti noi con tutti voi»: lo ha scritto Nikic, in un lungo post sul suo profilo Instagram pensando al futuro. Quel traguardo non è una vittoria solo per lui, e ce lo spiega suo papà: «Serve per affermare che si può vivere una vita di inclusione e normalità, oltre a essere un esempio per altri, piccoli e grandi, con le loro famiglie che affrontano tante difficoltà, dimostrando come nessun obiettivo sia troppo lontano». Per capire meglio quello che ha fatto questo giovane, occorre fare un passo indietro, molto prima di quella gara a Panama City Beach, in Florida. Bisogna tornare alla sua infanzia. Perché il suo percorso per diventare un Ironman passa da lì, dalle difficoltà che ha trovato e come ha saputo superarle già dalle settimane seguenti la sua nascita. A 5 mesi ha subito un intervento chirurgico a cuore aperto. Cominciò a camminare da solo dopo aver compiuto 4 anni. Aveva difficoltà a deglutire e a mangiare. Papà Nik e mamma Patty hanno dovuto farlo andare in sette diverse scuole elementari, cercando
Chris NIkic raggiunge il traguardo quella giusta. Ogni volta, sentivano parlare di lui puntando l’attenzione sui limiti anziché sulle possibilità. Lo sport lo ha aiutato ad uscire dal tunnel di tristezza e solitudine in cui pensava fosse la sua vita. Cominciò a correre. E poi a nuotare e giocare a pallacanestro. Tutto grazie a Special Olympics (SO), enorme organizzazione che si occupa di gioco e sport per chi ha disabilità intellettiva e/o relazionale, presente in tutto il mondo, anche in Italia. Fu qui che Chris si appassionò moltissimo allo sport. In particolare gli piaceva il
INCREDIBILE IMPRESA A HONG KONG Si issa in sedia a rotelle per 250 metri su un grattacielo Lai Chi-wai, 37 anni, ha effettuato l’impresa per beneficenza, riuscendo a raccogliere un congruo gruzzoletto da donare a favore dei pazienti paraplegici. L’alpinista, paraplegico dalla vita in giù da circa una decina d’anni a causa di un incidente in auto, non è riuscito a raggiungere la vetta dei 300 metri, ma è stato protagonista di una scalata a dir poco strepitosa. Imbracato alla sedia a rotelle, l’ex arrampicatore di Hong Kong Lai Chi-wai si è issato a braccia per 250 metri, penzolando nel vuoto attaccato a una corda con un sistema a carrucola, sulla Nina Tower, un grattacielo della Kowloon Peninsula. È il primo paraplegico a riuscire in un’impresa simile, portata a termine in poco più di 10 ore. Nel 2011 il 37enne rimase vittima di un incidente stradale che lo costrinse sulla sedia a rotelle. Dopo l’accaduto, però, Lai Chi-wai ha ripreso il suo sport, il climbing, sviluppando un sistema di corde specifico per la scalata in carrozzina. “Ero un po’ spaventato, questa non è una montagna dove aggrapparsi
alle corde, ma un palazzo di vetri“, ha dichiarato l’atleta. “Ho dimenticato di essere disabile, ho preferito pensare di poter continuare a sognare e fare ciò che mi appassiona“. Sebbene non sia riuscito ad arrivare in cima al grattacielo, solamente per problemi di sicurezza, l’obiettivo di inviare un messaggio è stato raggiunto. “Alcune persone non capiscono le difficoltà delle persone disabili, alcune persone pensano che siamo deboli, abbiamo bisogno di aiuto, di assistenza, della pietà delle persone”, ha riferito Lai. “Ma, voglio dire a tutti, non deve essere così. Se una persona disabile può brillare, può allo stesso tempo portare opportunità, speranza, portare luce, non deve essere vista come debole“. L’evento ha raccolto 670 mila dollari in donazioni per persone con lesioni al midollo spinale. Prima del 2011, anno in cui si è verificato il suo incidente, è stato per ben quattro volte campione asiatico di arrampicata su roccia, nell’Asian Rock Climbing Championship e una volta si è classificato all’ottavo posto a livello mondiale.
Cinque anni fa Lai aveva compiuto la sua prima impresa, scalando in sedia a rotelle la parete verticale del Lion Rock, un torrione roccioso di 495 metri che sovrasta Hong Kong, sempre issandosi sulla sedia a rotelle con la forza delle braccia.
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triathlon, perché metteva insieme ciò che più amava: corsa, ciclismo e nuoto. Qualche volta non poteva partecipare a gare o allenamenti, come quando dovette subire un’operazione all’orecchio, ma questo lo faceva tornare più determinato di prima. Aveva un obiettivo: «Ci devo riuscire, voglio diventare un Ironman». Ne era sicuro, se ce l’avesse fatta voleva dire che poteva raggiungere qualsiasi obiettivo. E così è stato! @chrisnikic
a cura di Elisa Giarolli
Oltre ogni limite (foto: canale YouTube South China Morning Post)
@chiwaicia
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Dicembre 2020 - n.6
TITOLO SEZIONE
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