Bimestrale di informazione dell’associazione prodigio onlus sul mondo del disagio e dell’handicap
Numero ii - aprile
2019 - anno Xx - 113° numero pubblicato
progetto di giornale
Pasqua 2019
Buona Pasqua da Prodigio pagina 2
WWW.PRODIGIO.IT
Intervista a Matteo Mondini
CoRehab
Realtà innovativa del nostro territorio pagina 3
“Quella contro gli infortuni è una partita da non perdere” pagina
5
“Ces’t moi! ”
Maschere per ritrovare se stessi pagina 11
Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R.
Tra uomo
e macchina
IN EVIDENZA
EDITORIALE
Buona Pasqua!
“Un robot non può recare danno agli esseri Umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri Umani ricevano danno.” Questa è una delle tre leggi della robotica ripresa da Io Robot, una raccolta di racconti di fantascienza di Isaac Asimov del 1950, che ha per protagonisti dei robot positronici e le leggi che li governano, con le loro contraddizioni e le loro apparenti falle. Oggi sempre più spesso stiamo delegando molte delle nostre funzioni e informazioni personali ad una tecnologia sempre più “intelligente”, sensibile e in alcuni casi in grado di predire fatti e circostanze. Questo rappresenta, nel dibattito internazionale, una fonte di preoccupazione per un sempre maggior controllo da parte di chi detiene tali tecnologie e brevetti. Il tema del trattamento dei dati personali e dei dati biometrici ne è un esempio calzante poiché implica la gestione della nostra nuova identità, quella digitale, e di tutte le informazioni in essa contenute. Ma le tecnologie, non dimentichiamolo, sono strumenti al servizio dell’umanità, dell’ambiente e in generale di molti aspetti della nostra vita. Dal settore medico, a quello della mobilità fino ad arrivare all’ambito relazionale e assistenziale, la tecnologia è ormai al servizio dell’uomo e non ne possiamo più fare a meno. Ma la macchina, senza un uomo in grado di programmarla, gestirla e adattarla ai mutamenti dell’ambiente circostante, non è altro che un insieme di algoritmi, batterie, cavi e schermi interattivi. In questo numero faremo un viaggio attraverso le buone prassi tecnologiche al servizio della persona. Esperienze di coloro che hanno unito passione e competenza per realizzare sistemi all’avanguardia che possono davvero fare la differenza. Sono la parte consapevole della nostra società, che conosce bene la tecnica e la propone per sostenere diritti civili, come il diritto alla salute, all’istruzione, alla partecipazione, alla mobilità, in nome della dignità e del miglioramento di un sistema di welfare che al giorno d’oggi non può prescindere dalla sana collaborazione tra uomo e macchina. Grazie e buona lettura Lorenzo Pupi Caporedattore
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Proprietà: Associazione Prodigio Onlus Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Sito Internet: www.prodigio.it E-mail: associazione@prodigio.it Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).
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Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Redazione: Luciana Bertoldi, Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Martina
Dei Cas,Carolina Espinoza Lagunas, Daniel Guida. Hanno collaborato: Chiara Mela, Chiara Soma, Cristian Bua, Fabio Pipinato, Matteo Mondini, Maurizio Menestrina, Samuele Maranelli, ASTRID, CoRehab. In stampa: 01 aprile 2019.
Abbonamento annuale (6 numeri) Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT 67G 08304 01846 000046362000 intestato a “Associazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Trento indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”
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INNOVAZIONE SOCIALE
CoRehab a cura di Carolina Espinoza Lagunas
Intervista al CIO e Presidente David Tacconi
nostro specialista di fiducia e per rinnovare gli esercizi. Adesso cammina, anche se con l’aiuto di stampelle, e ci sentiamo parte di questo recupero quasi prodigioso. È importante ricordare sempre che Riablo rimane comunque solo un mezzo e senza la volontà del paziente e l’esperienza di fisioterapisti e medici niente sarebbe possibile.
Ci sono state difficoltà nel far accettare “Riablo”? Se sì, come le avete superate?
Dietro CoRehab, il team al completo
Com’è nata CoRehab e chi ne fa parte?
E’ un’azienda con sede a Trento che ha avviato le sue attività nel 2013 con l’obiettivo di realizzare un innovativo prodotto per la riabilitazione ortopedica, neurologica e sportiva. L’originalità risiede nell’uso di sensori inerziali wireless e di semplici videogiochi terapeutici per far svolgere precisi esercizi motori ai pazienti, e fornendo allo stesso tempo dati accurati ai professionisti medici, per il monitoraggio dei progressi. Abbiamo iniziato le attività come team composto da quattro tecnici e due investitori trentini, oggi in azienda lavorano dieci persone e abbiamo creato una rete di partner tecnico- scientifici che hanno sostenuto la crescita aziendale e lo sviluppo dei prodotti. Collaboriamo con le eccellenze della riabilitazione italiana ed europea, da Villa Beretta alla Fondazione Santa Lucia, punti di riferimento per la riabilitazione neurologica, al Fifa Medical Center austriaco, con cui abbiamo ideato un prodotto per valutare la possibilità del ritorno al praticare sport anche dopo la ricostruzione del legamento crociato anteriore.
“L’esercizio fisico è la miglior medicina per alleviare i disturbi muscolo-scheletrici, grazie a tecnologia e innovazione promuoviamo movimento, sport e uno stile di vita sano” Com’è nato il metodo “Riablo” e per chi? Il metodo Riablo nasce dall’idea di “reinventare” il modo di eseguire gli esercizi riabilitativi. Grazie a sensori inerziali indossabili, una pedana di pressione e un software appositamente creato, Riablo consente al paziente di ricevere un feedback visivo-uditivo del proprio movimento. Ciò
gli consente di autocorreggersi e di imparare ad eseguire correttamente ogni movimento, rendendo la riabilitazione meno ripetitiva e più stimolante, ed evitando le compensazioni. Viene utilizzato con successo da pazienti ortopedici (protesi di anca, protesi di ginocchio, traumi agli arti inferiori e agli arti superiori), neurologici (Parkinson, ictus e altre malattie neurodegenerative) e da sportivi di ogni età. Gli esercizi e tutti i parametri sono personalizzabili dal professionista medico di riferimento, sulla base delle caratteristiche uniche di ogni paziente.
Come tutte le innovazioni, Riablo ha incontrato molte volte resistenze da parte degli operatori del settore. Da un lato i pazienti vorrebbero sempre usare Riablo per i loro esercizi, dall’altro i fisioterapisti più tradizionali tendono a difendere l’uso della loro manualità e a contrastare le tecnologie riabilitative. Da quando abbiamo iniziato però, abbiamo visto cambiare lentamente la mentalità del mondo della riabilitazione e dei professionisti, i quali accettano sempre di più strumenti come Riablo. La riabilitazione a domicilio è sempre più importante nella nostra società e Riablo rappresenta quel collegamento tra fisioterapisti e pazienti a domicilio che fino ad oggi è mancato.
Che progetti avete per il futuro?
Nel 2019 lanceremo un nuovo modulo di analisi e allenamento della camminata basato sui sensori inerziali di Riablo. Sarà molto importante fare in modo che assicuQualche paziente è stato particolare razioni e aziende sanitarie riconoscano il valore del metodo Riablo, soprattutto nelfonte di ispirazione e motivazione? Ci sarebbero moltissime storie da rac- la fase a domicilio, rimborsando i paziencontare. Un esempio su tutti è quello di ti che decidono di completare il percorso un ragazzo rimasto semi-paralizzato agli riabilitativo nella comodità del loro salotarti inferiori dopo un incidente e dato per to, senza impegnare risorse pubbliche e “spacciato” da molti medici, non si è perso lasciando spazio a pazienti più gravi. Stiad’animo visto che ancora sentiva qualcosa mo inoltre partecipando a due studi clinisulle gambe. Ci ha contattati ed ha inizia- ci molto importanti, utilizzando sempre il to a usare il metodo Riablo a casa sua per metodo che coniuga sensori indossabili, oltre 30 minuti al giorno, venendo perio- misura dei movimenti, controllo da remodicamente da noi per una verifica con un to e divertimento. Il primo è a livello internazionale, tra Irlanda del Nord e Italia, e si concentra su pazienti post-ictus, l’altro invece si svolge in Trentino, con focus su pazienti che hanno subito un intervento di protesi all’anca o al ginocchio. Tra il 2019 e il 2020 lanceremo quindi altri prodotti che completeranno l’offerta di CoRehab, sempre rivolti a permettere al paziente Riablo: svolgere esercizi di di esercitarsi da casa. riabilitazione allo stesso tempo divertendosi? E’ possibile!
In bocca al lupo
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tERRITORIO
Diversamente Altri
Anffas Open Day
Riconoscersi risorsa nel mondo
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gnuno è unico ma siamo tutti collegati, un delicato equilibrio che è stato uno dei temi di fondo del seminario “Diversamente Altri” tenutosi a Trento il 26 marzo. Organizzato dal Centro per la Cooperazione Internazionale, esso ha voluto promuovere una riflessione sui concetti di indipendenza e dipendenza, autonomia e vulnerabilità e sulle condizioni di vita delle persone con disabilità in Trentino, in Italia e nel mondo. Dopo una rapida introduzione ai lavori da parte dei coordinatori, la parola è stata lasciata ai relatori, ovvero Giampiero Griffo, membro del Consiglio mondiale di Disabled People’s International Autonomia, e Maria Giulia Bernardini, docente dell’Università di Ferrara. I loro interventi hanno offerto una panoramica sullo stato di attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, in particolare la complessa relazione che collega vulnerabilità e disabilità. Centrale è stata la definizione di persone vulnerate, ovvero “rese incapaci di” non da una condizione propria ma a causa della società, che le limita, riconoscendone come unico diritto quello all’istituzionalizzazione.
Piccoli passi verso una società inclusiva
Tutt’ora le persone con disabilità sono spesso penalizzate ed isolate, gli approcci sia politici che culturali sono ancora inadatti e poco rispettosi. Troppo spesso non li si reputa cittadini attivi a tutti gli effetti e si fa l’errore di decidere per loro anziché con loro. La società tende a considerarli soggetti dipendenti, in senso negativo, e quindi subordinati, finendo per privarli del diritto di scegliere per se stessi. Bisognerebbe ripensare l’umanità per rendere compatibili vulnerabilità ed autonomia. Un primo passo in questa direzione è stato suggerito dalla Convenzione sotto forma dell’autonomia supportata, ovvero sviluppata tramite il supporto di una persona fidata che ha il compito di formare una capacità decisionale consapevole. In seguito sono stati formati due gruppi di condivisione e confronto, uno sul tema dell’approccio comunitario e l’altro su quello dell’autodeterminazione. A partire dalla narrazione di alcune esperienze personali entrambi i gruppi hanno cercato di individuare i temi cardine degli argomenti trattati, riflettendo e scambiando idee ed opinioni, poi confluite nell’esposizione finale. Le persone sono uguali nei diritti ma non nelle capacità e nelle performance, ognuno di noi è una variante, somma di tutte le sue caratteristiche e della sua capacità di adattamento, reazione e resilienza. In conclusione, siamo tutti diversamente altri.
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ono ben 61 anni che Anffas svolge le sue attività a sostegno delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Il 28 marzo le strutture di tutta Italia hanno organizzato un Open Day ricco di iniziative, convegni, spettacoli e incontri per contrastare pregiudizi e discriminazioni. Qui a Trento l’Anffas di Corso Buonarroti ha colto l’occasione per presentare ufficialmente il suo progetto di riqualificazione urbana, in realtà già funzionante con successo da alcuni mesi, ovvero la prima aiuola-toilette per cani della città, prova del fatto che a partire da una necessità o da un’idea, magari piccole ma geniali, può generarsi un cambiamento positivo notevole. L’aiuola di fronte al centro Anffas, come anche le altre lungo la via, era ridotta a vera e propria discarica, un triste segno della scarsa cura degli spazi comuni. Ma proprio questo ha ispirato a Maurizio Menestrina l’idea della rinnovazione, e portato alla creazione di un nuovo senso di comunità. Realtà che prima erano separate, cioè i ragazzi del centro, i commercianti e gli abitanti della zona, si sono unite per riqualificare questa piccola area verde. L’aiuola è stata recintata e fornita di un bidone e distributore di sacchetti, una formula che ha funzionato tanto bene da essere replicata, per volere del Comune, altre due volte lungo il Corso, ora molto più pulito e piacevole da frequentare. Hanno collaborato al progetto i vicini
Chiara Mela I realtori Griffo e Benardini
Più spazio al lavoro
Il nuovo laboratorio occupazionale di Apas
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iù di 500 metri quadri di spazio per offrire maggiori opportunità formative e di reinserimento lavorativo. Il nuovo laboratorio, inaugurato il 15 febbraio da Apas (Associazione Provinciale di Aiuto Sociale), è il risultato di più di 30 anni di attività a favore dei detenuti ed ex detenuti del territorio trentino. Uno spazio che consentirà ad ancora più persone di svolgere un’attività formativa, passo fondamentale per la progressiva riacquisizione di competenze spendibili nel mondo del lavoro e, di conseguenza, della propria autonomia, spesso venuta meno a seguito di una carcerazione. Alla presentazione del nuovo spazio a Spini di Gardolo, in zona industriale, erano presenti in molti: istituzioni, volontari, operatori sociali e rappresentanti della Casa Circondariale poco distante. L’impegno di Apas nasce nel 1985, quando il bisogno di assistenza da parte di persone che affrontano problemi con la Giustizia porta alla costituzione dell’associazione, divenuta da subito punto di riferimento sul territorio della Provincia di Trento. La promozione di progetti di reinserimento sociale e lavorativo, in favore sia di detenuti che di ex detenuti, e l’opera di sensibilizza-
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zione della cittadinanza hanno spinto l’associazione ad investire in formazione e accompagnamento al lavoro, prodigandosi nel difficile compito consistente nella effettiva reintroduzione della persona nel tessuto sociale, dal quale era stato rimosso. Lo stigma che ancora oggi accompagna l’esperienza carceraria rende ancora più difficile per queste persone rialzarsi con le proprie forze. Da ciò deriva l’importanza di tutte quelle attività di accompagnamento finalizzate alla presa di coscienza e al supporto nel processo di riconquista della propria autonomia e indipendenza. La valorizzazione delle capacità di chi ha perso tutto consente alla comunità di accogliere nuovamente membri precedentemente esclusi, dando loro un’altra importante possibilità di reinserimento sociale e lavorativo, andando quindi ad abbattere l’alto tasso di recidiva che colpisce chi, una volta terminata una pena detentiva, viene abbandonato a se stesso, senza alternative o possibilità. Giulio Thiella
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La prima aiuola toilette
bar Magnani, Salone Dario ed Angolo del Pane, oltre alla cooperativa La Sfera, ai Beni Comuni Piano Verde e a Dolomiti Ambiente, per la costruzione del recinto, e fondamentale è stata la consulenza dell’associazione cinofila Al Campo, per rendere il tutto davvero a misura di cane! Al taglio del nastro erano presenti rappresentanti di tutte queste realtà, tra cui i cani stessi, chiamati a inaugurare la loro nuova toilette, alcuni ragazzi dell’istituto Manzoni, coinvolti nel progetto, e ovviamente Menestrina e i ragazzi del centro. In rappresentanza delle autorità hanno presenziato Chiara Maule e Luca Zeni. Quest’esperienza dimostra che semplici gesti di cittadinanza attiva, come prendersi cura della strada in cui viviamo o lavoriamo, possano portare a valorizzare quei rapporti umani e di buon vicinato che rendono migliore la vita dell’intera comunità. La Redazione
SPORT
Matteo Mondini e la sicurezza sul lavoro “Quella contro gli infortuni è una partita da non perdere”
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omenica 28 aprile sarà la “Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro” e noi di Prodigio abbiamo deciso di celebrarla con Matteo Mondini, fondatore e capitano della Nazionale italiana sicurezza sul lavoro. Matteo, raccontaci di te… La mia è una storia come tante. Sono cresciuto nel Brianzolo e dopo aver finito gli studi sono entrato in società nell’azienda di famiglia, che produce e posa serramenti e porte blindate. Fino al 22 ottobre 2010, quando tutto è cambiato. Esatto, avevo ventotto anni ed ero andato a convivere da poco con la mia fidanzata, Alice. Mi sentivo felice e come tutte le mattine ero andato in cantiere. Purtroppo, però, in quel negozio in fase di ristrutturazione non erano state rispettate le norme per la sicurezza sul lavoro. Nello specifico, mancava il salvavita e così sono rimasto folgorato. Questo è stato l’inizio per te di un vero e proprio calvario, conclusosi nel 2017 dopo trentaquattro interventi chirurgici, l’amputazione del braccio destro e l’innesto di un pacemaker cardiaco. Qual è stato il sentimento che più ti ha accompagnato in questo percorso? Ero arrabbiato, stressato per il dolore, per la trafila giudiziaria e per non aver potuto realizzare il mio
Matteo con la Nazionale Italiana Sicurezza sul Lavoro
Matteo e la moglie Alice
Segui Matteo per saperne di più @matteomondini_official @mondinimatteo82
sogno, ovvero portare avanti l’azienda di famiglia. Poi però, grazie soprattutto alla mia fidanzata – che nel frattempo è diventata mia moglie e la mamma dei miei due bambini – ho capito che dovevo trasformare la frustrazione in qualcosa di propositivo per gli altri. E così ti sei iscritto a facebook… Sì, e ho raccontato la mia esperienza in un video che ha avuto più di centomila visualizzazioni. Posso dire che, grazie ai social, ho iniziato a farmi conoscere e a portare la mia testimonianza nelle aziende e soprattutto nelle scuole, per arrivare ai giovani che si accingono a entrare nel mondo del lavoro.
Un progetto di sensibilizzazione che ora si compone anche di una webserie, prodotta in collaborazione con il tecnico per la prevenzione della sicurezza sul lavoro Giancarlo Restivo, e persino di una nazionale calcistica unica al mondo nel suo genere. Ci spieghi di che cosa si tratta? Si tratta di Safety Players, la Nazionale Italiana Sicurezza sul Lavoro. Nel nostro Paese poche cose uniscono le persone come il calcio, perciò abbiamo pensato di sfruttare la forza aggregante di questo sport per fare prevenzione sui temi della sicurezza del lavoro. Il 24 febbraio a Milano avete fatto le selezioni per entrare in squadra. Come è andata? Mi sono commosso nel vedere chi, per partecipare, aveva addirittura preso un aereo dalla Sicilia o da Taranto.
Quanti siete ora? Una cinquantina. Scenderemo in campo per la prima volta domenica 28 aprile, a Monza, in un quadrangolare con la Nazionale Italiana Vigili del Fuoco, la squadra dei Medici di Monte Brianza e quella del comune di Monza. Il nostro obiettivo è fare squadra con le istituzioni, perché quella contro gli infortuni sul lavoro è una partita che assolutamente non possiamo perdere. Quando verrete a giocare in Trentino? A breve. Infatti, ci stiamo mettendo d’accordo con la squadra dell’Ordine degli Ingegneri per organizzare una partita!
Martina Dei Cas
Handbike Tre (ruote), due (braccia), uno (passione) ...VIA!!
T
re Ruote. Due Braccia. Una Passione. Questi gli ingredienti indispensabili per viaggiare in Handbike. Da quest’anno una piccola rivoluzione nel mondo dell’agonismo della pedalata “a braccia” italiana: l’apertura del Campionato alle categorie OPEN per i normodotati. Sono quindi entrato nel vivo delle gare, degli allenamenti e delle maratone. Un modo stimolante per partecipare attivamente a questo movimento sportivo in forte crescita. Questo è uno sport per tutti, o meglio per tutte le persone che vogliono faticare, perché percorrere 30 - 40 - 50 km non è paragonabile alla stessa distanza utilizzando gli arti inferiori. Sicuramente uno sport che ha avuto molta visibilità grazie ai grandi della disciplina: Francesca Porcellato, Luca Mazzone, Vittorio Podestà, Paolo Cecchetto, Alex Zanardi. L’Handbike è uno stile di viaggiare, più panoramico e impegnativo. Durante le uscite non competitive, dove quindi non si “viaggia forte”, noto sempre dei dettagli che mi sfuggirebbero con la bici tradizionale. Una cicogna nel campo di mais arso dal sole, un pesce nello stagno verde oliva o una serie di nuvole cumulonembi all’orizzonte che si dissolvono con il vento. E’ abbastanza consueto vedere le persone che
“Si parte!” Samuele e l’amico
Qualcosa su Samuele... Samuele Maranelli, 33 anni, vive a Rovereto. Dopo l’incidente di un amico, nel 2011 si avvicina al mondo della disabilità e conosce nuovi sport, Handbike e Wheelchair Curling, inizialmente come accompagnatore, poi come atleta. Nel 2013 inizia a studiare la LIS (Lingua Italiana dei Segni), superando tutti gli esami e diventando Facilitatore alla Comunicazione, suo attuale lavoro, infine nel 2018, con la creazione della categoria Open, inizia a competere nelle gare di Handbike a livello nazionale, con lo Sport Team Vallagarina (STV).
provano per la prima volta l’handbike in atteggiamento da turista con naso sbandierante di qua e di là. Mi raccomando sempre attenti alla strada e a chi incroci. Già nelle poche gare a cui ho preso parte ho visto alcuni incidenti tra atleti, sicuramente perchè le velocità sono elevate ed arrivano a sfiorare i 50 km/h. Anche con qualche auto perchè l’handbike rasenta il terreno e non viene vista, quindi negli allenamenti sono obbligatori il casco, la bandierina e i fanalini.
Ho iniziato seguendo un mio amico. Conosciuto e apprezzato ancora in piedi e ora ritrovato seduto. Penso che per lui l’Handbike sia stata una piccola rinascita. Un mezzo che gli ha ridato il movimento che non c’è più da altre parti. Penso che la sua scelta di iniziare non sia stata data dal voler fuggire dalla situazione, ma dal desiderio di inseguire sfide che lo mettano alla prova e lo facciano sentire vivo. Diversamente Vivo. Dove Diversamente è solo un modo per dire con un po’ più di fatica, determinazione e anche con un pelo di coraggio in più. Coraggio di vivere la disabilità come una possibilità e non solo come un limite. Ho conosciuto tutto il team inizialmente come accompagnatore nelle varie
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gare. Ognuno con la sua storia, la sua voglia di mettersi in gioco, di rimanere in silenzio o di raccontarsi. Lanciarsi nelle discese delle gare e poi sudarsi le salite. Alcuni senza sudare una goccia! Tutti comunque pronti a darmi dei consigli su come migliorare in questo sport nel quale loro sono degli esperti. Una Passione per la velocità. Qui si pedala, non ci si riposa se non dopo aver “Spinto a Tutta”, il sinonimo di disabilità in questo campo non è barriere, immobilità e limiti ma movimento, dinamismo e grinta sull’asfalto. Adesso si parte e ci vediamo alla prossima gara. Samuele Maranelli
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PAGINA Di PUBBLICA UTILITà DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
La Provincia informa I
microrganismi attivi nell’acqua termale di fanno bene alla salute
Comano
Ad attestarlo una ricerca realizzata dal Centro di Biologia Integrata dell’Università di Trento Una ricerca, promossa e finanziata dall’Istituto G.B. Mattei, Centro di ricerca delle Terme di Comano, e realizzata dal Centro di Biologia Integrata dell’Università degli Studi di Trento – in sigla CIBIO – ha permesso di individuare le comunità di microrganismi, molti dei quali sconosciuti alla scienza, che popolano l’acqua termale di Comano e che potrebbero giocare un ruolo importante dal punto di vista terapeutico. La ricerca, pubblicata su “Microbiome” – rivista internazionale di riferimento scientifico nella biologia, rappresenta un’anteprima mondiale che colloca le Terme di Comano al vertice delle stazioni termali dedicate alla cura delle malattie della pelle. Ma quella fra le Terme di Comano e il CIBIO è una collaborazione destinata proseguire: i due enti stanno lavorando insieme per lo sviluppo di una linea cosmetica di nuova generazione basata sull’utilizzo dei microrganismi con maggiore attività anti infiammatoria come additivo nella formulazione. crobioma caratteristico delle varie acque termali. Per La ricerca questo è stato avviato nel 2017 uno studio affidato allo Sono numerose le ricerche che hanno documenstesso gruppo di ricerca del CIBIO, in collaborazione tato, nel tempo, gli effetti benefici dell’acqua tercon l’Azienda provinciale per i servizi sanitaria e Appa male di Comano per la cura delle diverse patolo- Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente. gie trattate. Sono state quindi dimostrate le proQuesta ricerca ha come obiettivo la caratterizzazione prietà antinfiammatorie ed immunomodulanti del microbioma di quaranta sorgenti termali e delle dell’acqua termale, attraverso ricerche cliniche acque da tavola trentine (Surgiva, Pejo, Levico), anche osservazionali, epidemiologiche ed indagini di sotto il profilo temporale. laboratorio. Non era però ancora stato chiarito il reale meccanismo d’azione dell’acqua termale. Il finanziamento La ricerca ha permesso di individuare una ricca Le Terme di Comano, da sempre, ritengono l’investicomunità microbica composta da centinaia di mento in ricerca scientifica un asse strategico per il specie batteriche, in gran parte ignote al mondo proprio sviluppo, chiave di un solido successo e gascientifico, che presentano diversi tipi di bioattiranzia di prospettive di crescita e di potenziamento vità: sono stati isolati più di cento ceppi batterici, della propria credibilità nel mondo scientifico. Obietche hanno dimostrato proprietà immunomodutivo è proporre una medicina termale che, forte di lanti ma anche antibatteriche o in grado di degraun’impostazione medico-scientifica rigorosa, coniudare materiali recalcitranti come la cheratina. Lo ghi un approccio globale alla persona con una offerstudio è stato condotto presso il Dipartimento di ta all’avanguardia basata su un approccio culturale e Cellular, Computational and Integrative Biology - CIBIO dell’Uni- scientifico di eccellenza. versità di Trento, dal gruppo di ricerca diretto dal professor Olivier Si spiegano così, da un lato l’aver creato nel 2014 l’Istituto G.B. MatJousson. Si tratta del primo studio al mondo che analizza con tec- tei per la ricerca in idrologia medica e medicina termale, presieduto nologie ad alta risoluzione il microbioma presente in un’acqua mi- dal dottor Mario Cristofolini, con l’obiettivo della ricerca scientifica nerale con proprietà terapeutiche. Dati i preziosi risultati raggiun- e medica e dello sviluppo di nuove applicazioni terapeutiche per le ti, l’attività di ricerca in questo campo sta continuando con studi Terme di Comano. Dall’altro lato l’importante impegno economico complementari per definire ulteriormente i meccanismi di azione in ricerca, che negli ultimi anni ha superato 600 mila euro di investidell’acqua e di interazione con il microbiota umano. Questi studi mento anche grazie al contributo di importanti partner territoriali potrebbero avere un radicale impatto anche sulle metodologie di quali la Provincia autonoma di Trento, i Comuni delle Giudicarie classificazione delle acque termali. Attualmente esse vengono cata- Esteriori, il Consorzio Elettrico di Stenico e il BIM del Sarca. logate in base alle loro sole caratteristiche chimico-fisiche (compo- La nuova stagione termale – che è partita il 5 aprile – si arricchirà sizione, temperatura, residuo fisso), secondo un sistema risalente al di nuovi presupposti per accompagnare i clienti in percorsi di cura, 1933. Con le nuove scoperte, infatti, emerge la possibilità di elabo- salute e benessere. rare una classificazione che includa anche la composizione del mi-
Le Terme di Comano L’Azienda Consorziale Terme di Comano, di proprietà dei comuni di Bleggio Superiore, Comano Terme, Fiavè, Dorsino San Lorenzo e Stenico, nasce da un lascito testamentario di Giovanni Battista Mattei che donava ai poveri della valle, la fonte ed i territori circostanti. L’azienda opera in tre settori. Il settore principale è quello termale grazie alle proprietà terapeutiche dell’acqua termale di Comano e, nel corso degli anni, sono diventate centro di riferimento italiano per la cura delle patologie della pelle, avvalorato dal consistente numero di ricerche scientifiche che l’azienda continua a produrre. Un altro importante filone aziendale è rappresentato dal settore ricettivo: inaugurato nel 2003 il Grand Hotel Terme di Comano, struttura 4 stelle Superior, offre servizi di cura e benessere rivolgendosi ad un target più ampio. La cosmesi termale è il settore giovane dell’azienda: dal 1994 le Terme di Comano sono sul mercato con una linea di prodotti a base di acqua termale sia curativi che di bellezza.
Per ulteriori informazioni sulle Terme di Comano visita www.termecomano.it
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PAGINA DI PUBBLICA UTILITà DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
La Provincia informa Che cos’è il microbiota? E come incide sul corpo umano? Sempre più frequentemente si sente parlare di alimenti probiotici, integratori prebiotici, microbioti e dell’importanza della flora intestinale sullo stato di benessere dell’individuo umano. Il termine “microbiota” indica l’insieme dei microrganismi che vive in simbiosi con l’uomo, sulla nostra pelle, nelle nostre mucose, nel nostro intestino e ci protegge da numerose malattie. Il microbiota è un mondo vasto e complesso. È costituito da batteri, funghi, virus, protozoi. Rob Knight, professore presso University of Colorado, da anni impegnato a studiare questo incredibile universo, sostenitore del progetto sul microbioma umano, afferma che i microbi nostri ospiti sono almeno dieci volte le nostre cellule. Grazie a questo progetto, avviato nel 2008 negli Stati Uniti e approdato recentemente in Italia, è stato possibile isolare più di 1.300 specie batteriche. Si è così scoperto che i microbi che noi ospitiamo sono molti di più di quelli che siamo in grado di coltivare in laboratorio: un grammo di contenuto intestinale contiene circa 1 miliardo di batteri! Gli studi scientifici dell’ultimo decennio stanno dimostrando che la maggior parte dei batteri non provoca malattie, anzi! La ricerca sta cercando di spiegarci proprio come e perché i batteri che ci colonizzano sono essenziali per il nostro benessere.
Distribuzione delle specie microbiche note nei diversi distretti del corpo umano Ogni persona ha una composizione distinta e altamente variabile di microrganismi intestinali, sebbene vi sia un nucleo fisso di microrganismi comune a tutti gli individui. La composizione dei microrganismi viene chiamata microbiota, mentre la totalità dei geni del microbiota è chiamata microbioma. I geni del microbioma intestinale superano di circa 150 volte il numero dei geni del corpo umano. Questo superorganismo, che pesa circa un chilo e mezzo, svolge funzioni essenziali per l’uomo, per esempio rende disponibili alcuni elementi nutritivi; sintetizza alcune vitamine; contribuisce nella regolazione della peristalsi.
L’importanza di un’alimentazione sana ed equilibrata Al momento della nascita, il nostro microbiota si forma, per poi modificarsi in relazione alla nostra alimentazione, al nostro stile di vita, all’ambiente in cui viviamo e dove lavoriamo, in base anche alle malattie che ci colpiscono e alle terapie farmacologiche che assumiamo. Nel nostro intestino ci sono batteri “buoni” e “cattivi”. Se questi ultimi per vari motivi prendono il sopravvento, si possono sviluppare malattie intestinali acute, come diarrea, dissenteria, ma anche malattie croniche, con infiammazioni che durano nel tempo. L’alimentazione è un fattore incidente sulla composizione del microbiota intestinale. Il tipo di dieta in termini di percentuale di proteine, carboidrati e grassi, sembra avere un ruolo nella composizione del microbiota intestinale e qualsiasi cambiamento nella dieta può modificarlo. La ricerca sta ancora valutando come la dieta interagisca con il microbiota. Però è risaputo che per esempio le fibre alimentari sono degradate durante la fermentazione batterica e utilizzate come combustibile per ricavare energia.
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S al u te
Distubi Specifici dell’Apprendimento a scuola
Conoscerli e riconoscerli
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ra i banchi di scuola ci sono sempre stati lo studente modello e lo studente carente di “vocazione per la scuola”, a cui spesso purtroppo viene affibbiata l’etichetta del “pigro”, “asino” o “ignorante”, con gravi conseguenze per la sua autostima, che viene sotterrata. Ciò accade a volte senza neanche pensare che lo studente in questione possa avere qualche DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento). Si tratta di studenti “speciali”, che hanno bisogno di più tempo per imparare, ma allo stesso tempo sviluppano capacità particolari, uniche di chi soffre questo tipo di disturbi. I DSA si possono identificare a seconda della difficoltà specifica che si presenta. Le categorie sono: • Dislessia, disturbo legato alla lettura; • Disortografia, disturbo legato alla scrittura; • Disgrafia, disturbo legato alla grafia; • Discalculia, disturbo legato ai numeri e ai calcoli I segnali che aiutano ad individuare questi disturbi sono: • Difficoltà nella letto-scrittura e/o nei numeri e nel calcolo; • Difficoltà fonologica (ordine, posizione e articola-
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zione del suono di una parola); Lentezza all’automatizzazione di diverse abilità; Difficoltà di coordinazione, di motricità oppure di organizzazione e di acquisizione delle sequenze temporali (ore, giorni, stagioni, ecc.)
Questi disturbi si possono manifestare insieme a dei fattori emotivi e comportamentali che se trascurati possono creare rischi per il benessere psicologico dell’individuo. Quindi la pronta individuazione del deficit è un buon punto di partenza, ancora meglio se avviene nei primi anni di scuola, perché consentirà di creare tempestivamente un metodo di studio specifico ed efficace così da garantire una corretta istruzione. Il quadro delineato dagli esperti durante il convegno “Strategie educative per i Diversi stili di Apprendimento”, tenutosi a Milano, rivela che nelle aule italiane ben 350 mila alunni -cioè oltre il 3% della popolazione scolastica- hanno un Disturbo Specifico dell’Apprendimento. In Trentino si conoscono circa 1700 casi di studenti che soffrono di questi disturbi. Carolina Espinoza Lagunas
Difficoltà tra i banchi
TECNOLOGIA E SOCIETA’
Akili Interactive
Videogiochi come medicine
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el ventunesimo secolo la contaminazione tra tecnologia e medicina è ormai consolidata, ma potranno le app sostituirsi ad alcuni farmaci? I creatori e promotori delle terapie digitali ne sono assolutamente convinti, vedono delinearsi quella che chiamano “terza fase della medicina”, in cui sarà naturale utilizzare soluzioni tecnologiche clinicamente validate per integrare o sostituire alcune terapie tradizionali. È importante capire che non tutte le health app, moltiplicatesi negli ultimi anni, hanno valore terapeutico. Le vere terapie digitali devono fondarsi su evidenze cliniche e studi approfonditi, e rispettare standard di sicurezza, efficacia e valore. Il ruolo delle autorità di regolamentazione è dunque fondamentale per dare certezze ai consumatori. Visto il rapido sviluppo del settore l’FDA (ente governativo statunitense che si occupa di controllo e approvazione di prodotti alimentari e farmaceutici) sta pensando di creare un’unità specifica per la sanità digitale. Pioniera di queste terapie è la società americana Akili Interactive, che si sta impegnando a creare una nuova categoria di medicine digitali, non solo efficaci ma anche avvincenti e divertenti. I loro prodotti
Terapia e divertimento
di punta, al momento in attesa della validazione da parte dell’FDA, sono due videogiochi pensati appositamente per la cura dell’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) e per aiutare i bambini autistici a sviluppare o rinforzare alcune abilità. La società collabora con neuroscienziati di livello internazionale e svolge studi clinici estesi e rigorosi per garantire che i suoi prodotti siano sicuri ed efficaci. AKL-T01 è destinato ai bambini con deficit d’attenzione. Riesce a coinvolgere i pazienti in un’esperienza immersiva personalizzata che coinvolge abilità sensoriali e motorie. Uno studio pilota, il primo di que-
sto genere, è da poco stato concluso con ottimi risultati: la stimolazione della corteccia prefrontale aiuta a sviluppare le capacità cognitive e allo stesso tempo i bambini non solo non si distraggono, ma si divertono! Sugli stessi principi si basa AKL-T02, pensato per i bambini affetti da autismo. Sviluppato con la collaborazione di esperti e della stessa comunità ASD, si concentra sul rinforzare attenzione e concentrazione, con conseguente miglioramento anche delle capacità esecutive. Da problema i videogiochi diventano così un inatteso rimedio, si evolvono da distrazione a strumento di cura. Perché queste nuove terapie digitali possano davvero diffondersi però, è fondamentale una solida collaborazione con le aziende farmaceutiche, le quali dispongono delle risorse per investire nelle startup che, utilizzando tecnologie di ultima generazione, stanno esplorando questo nuovo settore. Si creerebbe così un’unione virtuosa tra tradizione e innovazione.
Chiara Mela
Tra futurismo e concrete realtà
L’intelligenza artificiale in campo medico
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Intelligenze in sinergia
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eazioni avverse ai farmaci, insufficienza cardiaca, diabete, diagnosi di tumori, grazie agli avanzamenti nell’intelligenza artificiale sono sempre di più i settori medici in cui i “big” della tecnologia stanno scommettendo. DeepMind Health, di Google, è in grado di processare milioni di informazioni in pochi minuti, velocizzando i protocolli sanitari come la diagnostica e l’archiviazione delle cartelle cliniche. Inoltre, i ricercatori di DeepMind stanno studiando soluzioni per dei modelli che possano emulare la capacità di prevedere le conseguenze di un’azione prima di metterla in pratica. Per questo progetto i ricercatori usano anche tecnologie innovative per il controllo dei parametri dei pazienti, come le “lenti a contatto intelligenti” che possono misurare il livello di zucchero presente nel sangue. L’intelligenza artificiale può anche essere sfruttata per prevedere eventuali effetti indesiderati di un farmaco. Ciò è oggetto di uno studio della Stanford Uni-
versity, in cui viene usato un algoritmo per formulare ipotesi sulla “tossicità potenziale” e sull’instabilità delle molecole, così da accelerare notevolmente i tempi di sintetizzazione dei farmaci. Cercare di trarre il massimo vantaggio dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale non deve però farci dimenticare che l’uomo non può essere sostituito. Un computer è di enorme aiuto nell’analisi di una quantità di dati troppo grande per il cervello umano, ma è sempre quest’ultimo a dargli un senso. Sta ai singoli esseri umani scegliere come usare l’intelligenza artificiale, considerando sia il fattore scientifico sia quello morale, senza dimenticare l’etica del rapporto con il paziente.
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Cristian Bua
TECNOLOGIA E SOCIETA’
Happysalus Un medico a portata di smartphone
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mmaginate di poter tenere sotto controllo la salute del vostro corpo con un click? Ebbene tramite un’app italiana, sviluppata da Healthia, si può. Si chiama Happysalus ed è stata presentata in occasione di “Exposalus and Nutrition” a Roma Fiera. Promette una vita longeva, riducendo, grazie ai suoi suggerimenti, il rischio di contrarre gravi patologie come quelle cardiovascolari. Happysalus è composta da un kit assai particolare: una bilancia impedenziometrica (che misura non solo il peso ma anche la massa grassa, magra, muscolare ed i liquidi) e uno smartwatch (che tramite dei sensori a contatto con la pelle, potrà misurare i passi, il battito cardiaco, l’ossigenazione del sangue, la frequenza respiratoria, la qualità del sonno e le calorie consumate), in pratica si avrà un dottore al polso. Sarà disponibile, entro fine mese, su Google Play e Apple Store, ma ora vediamo come funziona veramente questa meraviglia della tecnologia. L’app gestisce, monitora e incrocia i dati della tua salute e tramite dei suggerimenti o allarmi, vi dirà cosa
non va nel vostro corpo. Ad esempio se viene rilevato sonno disturbato, l’app suggerirà di dormire di più; se ci si muoverà poco, il suggerimento sarà di fare attività fisica, e molto altro. Il discorso su battito cardiaco e pressione però è diverso, se l’app vedrà dei picchi in salita o discesa, partirà un allarme con l’invito di recarsi dal medico. “Le informazioni vengono codificate e incrociate ed è il cross di dati che fa scattare gli allarmi. Però i sensori devono “imparare” anche a conoscere il soggetto: capiranno quando una persona pratica sport oppure sta seduto alla scrivania. Ci vorrà qualche giorno per tarare tutti i dati, ma poi il programma entrerà a regime” spiega Bernardo Puccetti, uno dei fondatori di Healthia. Anche la bilancia impedenziometrica invierà consigli e allarmi in caso di problemi, come un’eccessiva quantità di acqua nell’organismo o un’insolita pressione alta dopo aver bevuto troppo, il che può causare un aumento del volume di sangue con conseguente incremento della pressione arteriosa.
Salute “Smart” a portata di mano
Per ora i clienti di Happysalus sono le assicurazioni, le casse mutue, le medie e grandi aziende e le banche in ottica preventiva, ma presto l’app sarà disponibile per tutti a un costo di 150 euro (per kit e monitoraggio) e 50 euro annuali per il monitoraggio e la conservazione dei dati. Daniel Guida
Stereolitografia e salute Salvare vite grazie ad una stampante
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hi avrebbe mai pensato che una tecnologia innovativa, nata già nel lontano 1986, avrebbe fatto dei passi da gigante tali da arrivare addirittura a salvare delle vite? Come prima cosa dobbiamo conoscere la protagonista di questa storia, vale a dire la “Stereolitografia”, meglio conosciuta come “stampante 3D”, creata da Charles W. Hull. Essa, mediante il trasferimento di dati ad un computer rende possibile realizzare degli oggetti tridimensionali in diversi materiali come resina, pasta oppure pelle sintetica. Questa tecnologia
Stampante 3D in azione
viene usata per realizzare diversi prodotti, dall’oggettistica all’arredamento, ma in quest’ultimo periodo ha trovato applicazione anche nel settore sanitario, nello specifico per creare organi e protesi. All’Università di San Diego, in California, usando questa speciale stampante i ricercatori sono riusciti a riprodurre il primo midollo spinale artificiale, supportato da cellule staminali. La sperimentazione su alcune cavie da laboratorio con lesioni spinali ha portato ottimi risultati: il trapianto si è concluso a un risanamento completo. La speranza è che in un prossimo futuro si possa tentare di applicare la stessa cura anche agli esseri umani, infatti se i risultati fossero altrettanto positivi questa tecnologia consentirebbe a coloro che hanno subito lesioni simili di tornare a camminare. Sfruttando sempre questa tecnologia da diversi anni si cerca di riprodurre degli organi compatibili col corpo umano, come polmoni e reni. Sarebbe una conquista importante, soprattutto perché potrebbe risolvere il problema della disparità tra quanti avrebbero bisogno di un trapianto e il numero relativamente ridotto di organi disponibili a tale scopo. Purtroppo ciò non è ancora possibile a causa di vari fattori, come le ripercussioni che un organo artificiale potrebbe avere sul resto del corpo, dato che ancora non sono stati sviluppati materiali perfettamente compatibili con i tessuti organici. Nonostante i progressi nel campo di questa rivolu-
zionaria applicazione della tecnologia della Stereolitografia alla creazione di organi siano apparentemente lenti, rimane la speranza che il futuro in cui tale scoperta possa aiutare molte persone non sia lontano. Nell’ambito della creazione di protesi, spicca un caso trentino: proprio a Pergine, infatti, ha sede Eurocoating, una delle aziende leader di questo settore in Europa e nel mondo. L’azienda fu fondata in provincia di Parma da Nelso Antolotti alla fine degli anni ottanta ed inizialmente si occupava di produzione dei rivestimenti in plasma-spray per pezzi meccanici. Un’intuizione però lo portò ad interessarsi al settore biomedicale e così nel 1999 venne aperta a Pergine una divisione dell’azienda incentrata sulla creazione dei rivestimenti per protesi e, in seguito, delle protesi stesse. Si tratta di protesi ortopediche come ginocchia, bacini e dischi vertebrali realizzate proprio tramite il 3D printing. Eurocoating è una delle prime aziende in europa ad utilizzare questa rivoluzionaria tecnologia che permette di creare da zero protesi personalizzabili al millimetro, nella stessa lega di titanio usata per gli aerei. Ad oggi sono state prodotte più di 400 mila protesi che dal Trentino arrivano in mezzo mondo per rimettere in piedi pazienti infortunati. Daniel Guida
Dialogo con i robot
Amici umani, amici animali, perché non anche amici robot?
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Rovereto un gruppo di studenti del liceo Steam ha avviato un progetto di interazione tra i ragazzi della cooperativa sociale Iter e due robot, Pepper e Nao. Questi robot dalle fattezze umanoidi sono stati programmati in modo da poter interagire con le persone, porre loro domande e tener loro compagnia. Sono delle dimensioni di un bambino, ma differenti tra loro. Nao ha braccia e gambe, quindi cammina, parla 19 lingue, ed è pensato per l’insegnamento. Pepper invece si sposta su ruote, è dotato di uno schermo, così da arricchire la conversazione con video e foto, e riesce perfino a capire le emozioni umane e a simularle, tramite espressioni e gestualità. Ascoltano e parlano, e grazie ad un software di intelligenza artificiale possono anche pensare, ragionare e imparare dalle persone con cui interagiscono, in modo da comportarsi con ognuna in modo diverso, informandosi sulla loro vita e hobby. Raccontano barzellette, coinvolgono e divertono tutte le persone con cui entrano in contatto, ed oltre ad aiutare possono addirittura improvvisarsi personal
trainer e maestri di cucina! Durante il progetto infatti Nao ha intrattenuto gli ospiti ballando a ritmo di musica e lui e Pepper hanno tenuto una breve lezione di ginnastica, mostrando agli ospiti della struttura che movimenti fare e invitandoli a imitarli. Pepper conosce già molto bene i ragazzi della cooperativa, che insieme a lui hanno girato ben tre video per promuovere i loro prodotti. Stavolta anziché attore si è improvvisato chef, e tramite istruzioni e video illustrativi ha guidato passo per passo Enzo, Paolo e Domenico nel fare il pane! Non mancano, in tutto ciò, il sostegno ed il rinforzo positivo, dato che al termine di ogni attività i robot si complimentano con i loro studenti umani. Due mondi molto diversi e apparentemente lontanissimi si trovano così in contatto, imparando l’uno dall’altro, e guardando ad un futuro in cui la persona resta protagonista ma la tecnologia la affianca. Chiara Mela
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“Piacere, siamo Pepper e Nao!”
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A ccessi b ilita
AsTRID Onlus Associazione Trentina per la Ricerca Integrata e la Disabilità con l’intervento della Presidente Maria Carla Bonetta
Intervista al Socio fondatore Andrea Facchinelli
a cura di Chiara Soma
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’Associazione AsTRID Onlus è una delle realtà attualmente attive sul territorio per quanto concerne la sensibilizzazione riguardo la tutela dei diritti delle persone con disabilità. Si è costituita il 17 gennaio 2013 con l’intento di essere accanto alle persone con dis-Abilità, ai loro familiari e a tutte le persone che lavorano in questo ambito, oltre che per sensibilizzare la popolazione sull’abolizione delle diverse barriere fisiche, mentali e sociali che tutt’ora esistono intorno a tale tema. In altre parole, l’Associazione intende migliorare il benessere psico-fisico e sociale delle persone con disabilità e/o con handicap fisici o psico–fisici di differente gravità, favorendo un loro adeguato inserimento nel contesto familiare, sociale e lavorativo.
“Le avversità, possono essere delle formidabili occasioni” Thomas Mann
Maria Carla Bonetta, Presidente dell’associazione, parla dei loro obiettivi presenti e futuri:
“Per AsTRID, il 2019 sarà un momento di ri-
flessione perché stiamo cercando persone disponibili ad entrare nel direttivo al fine di aiutaci ad implementare nuovi progetti e contestualmente apportare nuova linfa per crescere ed essere sempre più vicini alle persone con disabilità. È nostro desiderio continuare a far conoscere la disabilità in tutte le sue sfaccettature ma, soprattutto, ricordare che esiste una disabilità invisibile causata da patologie e/o da incidenti che colpisce una percentuale altissima di persone. È invisibile perché quando la racconti sembra impossibile da credere, invisibile perché ti isola, ti giudica, ti fa vivere nell’indifferenza, ti fa subire mobbing sul lavoro, ti porta a vivere una vita di sofferenza causata dall’indifferenza e quindi non si è solo vittime della patologia, ma anche del giudizio altrui. Credo sia importante non dimenticare che: la disabilità non è una diversità ma una condizione di vita data da una malattia”.
Andrea Facchinelli, Socio Fondatore dell’associazione, espone alcune delle iniziative in corso: Di quali progetti si sta occupando al momento l’associazione? Attualmente ci stiamo occupando di organizzare e partecipare a diversi incontri di sensibilizzazione nelle scuole e a conferenze dove racconto la mia storia di vita (prima e dopo l’incidente) e come una persona disabile può ancora vivere il quotidiano. Con il progetto: ”Paesi senza Barriere” invece ci occupiamo della mappatura delle barriere architettoniche in vari comuni del Trentino,
Alla scoperta di nuovi sentieri
con successiva pianificazione degli interventi necessari assieme agli enti locali. Oltre a ciò partecipiamo alla formazione presso Istituti superiori (geometri Primiero), Università (Ingegneria Tn), Alta formazione. Infine c’è il progetto “viviAMO lo Sport” all’interno del quale vengono organizzati incontri ed eventi collegati allo sport e alla disabilità. All’interno del progetto “viviAMO lo Sport”, è molto interessante l’opera di monitoraggio dei sentieri sull’Altopiano della Vigolana. Di cosa si tratta? Conosco molto bene l’Altopiano della Vigolana, in quanto percorrevo i suoi sentieri quando mi allenavo per la corsa in montagna. Questa passione personale è confluita nel progetto “viviAMO lo Sport”, così oggi ripercorro molte strade sterrate e più di 100 chilometri dei suoi sentieri, in gran parte accessibili anche alle handMTB, per farle conoscere anche ad altri. Effettuo numerose uscite anche in solitudine e sono sempre alla ricerca di nuovi itinerari accessibili ma, quando voglio testare un nuovo tracciato, il sostegno e il supporto degli amici è fondamentale, in quanto mi aiutano nei punti critici. Inoltre, sono facilmente accessibili i laghi di Caldonazzo e Levico, oppure vi è la possibilità di cimentarsi in percorsi più impegnativi per raggiungere gli altipiani Cimbri (100 km dei Forti - Lago di Lavarone). È possibile vedere alcuni tragitti su YouTube cercando “60 km Vigolana”. Vorremmo avviare delle collaborazioni per rendere questo sport a contatto con la natura fruibile a coloro che sono in carrozzina. Quali sono le particolarità di questi percorsi montani? Venendo dal mondo della corsa in montagna (nel 1990 sono stato maglia azzurra ai mondiali di corsa in montagna a Telfes in Austria), stare su una normale handbike e percorrere strade asfaltate mi stava un po’ stretto. Amo la montagna e non volevo rinunciarci, quindi inizialmente alla mia normale handbike da strada è stato installato un motore elettrico che mi aiutasse nelle salite più impegnative.
Successivamente, nel 2015, la svolta! Un gior-
no, parlando con altre persone in carrozzina mi si è aperto un mondo: esistevano le handbike da sterrato. Con l’aiuto di alcuni amici la mia handbike e diventata una handMTB: motore adeguato a salite più impegnative, ruote artigliate, freni a disco anteriore e posteriori per migliorare la frenata in discesa. Da quel momento tutto è cambiato, perché, stare in mezzo alla natura può essere un’ottima auto-fisioterapia. Quando correvo a piedi controllavo il tempo impiegato a fare i vari tragitti, ora, le uscite con la handMTB sono in primis del tempo libera-mente. Quando si sale sulla handMTB gli arti inferiori sono molto contratti mentre a fine giro sono rilassati; si possono allenare efficacemente gli arti superiori, senza mai esagerare con lo sforzo, in quanto le braccia sono gli unici arti rimastici e dobbiamo trattarli con cura; andare in handMTB rimette in movimento tutto il sistema cardio-circolatorio, fondamentale per chi è in carrozzina. Sono stati necessari degli interventi di riqualificazione in alcuni punti? L’amministrazione comunale, molto attenta al tema dell’accessibilità e all’eliminazione delle barriere architettoniche, su mia richiesta ha provveduto alla sistemazione di molti tratti di strade sterrate. Inoltre, è stato istituito un tavolo di lavoro con varie associazioni (corsa, mtb, handMTB, cavallo, trekking, famiglie con passeggini) al fine di poter apportare delle migliorie alla rete viaria e alla segnaletica presente sull’Altopiano della Vigolana. L’Altopiano della Vigolana è percorribile solo con l’handbike da sterrato o anche con altri mezzi (esempio Triride, carrozzine elettriche, ecc…)? L’Altopiano della Vigolana offre molti percorsi accessibili anche con Triride o con le carrozzine elettriche, ad esempio il percorso Malga Doss del Bue–Rifugio Paludei con possibilità di parcheggio e servizi igienici riservati ai disabili presso le due strutture.
CONTATTI MAP
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CULTURA
Quando l’arte restituì l’autostima... ...ai mutilati della Grande Guerra.
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opo la Grande Guerra, l’Europa dovette affrontare profondi cambiamenti sia a livello politico, tecnologico ed economico, che a livello sociale e spirituale. Anche chi riusciva a tornare dalle trincee e a riabbracciare la propria famiglia, portava con sé dei danni psicologici e fisici. Spesso questi ultimi consistevano nella perdita di un arto, con la conseguente sostituzione con un braccio o gamba di legno. Capitava anche che alcuni perdessero una parte del viso, come conseguenza delle pratiche d’urgenza per evitare sanguinamenti o infezioni, oppure per l’impreparazione della chirurgia davanti alle conseguenze delle nuove tecnologie belliche. Ciò dava il colpo di grazia a chi era già ferito fisicamente ed emotivamente, causando una sorta di “morte morale” nel vedere le proprie fattezze, specchio della propria identità, stravolte. Alla fine del 1917, la scultrice americana Anna Coleman Ladd, che in quel periodo si trovava a Parigi con il marito medico della Croce Rossa, aprì un atelier per donare una seconda opportunità ai soldati sfigu-
Nuovo viso, nuova vita
rati. Insieme al suo collaboratore Francis Derwent Wood, scultore inglese e fondatore del “Dipartimento di maschere per i volti sfigurati” a Londra, produssero 185 maschere di cui curarono sia il livello estetico che quello funzionale. Ogni pezzo richiedeva circa un mese di lavoro e si avvicinava il più possibile alla fisionomia del pazien-
te. Per costruire queste protesi si partiva da un calco in gesso del viso del mutilato, per poi realizzarle con del rame zincato sottilissimo, che andava a coprire la zona di volto danneggiato, simulandone l’aspetto originario. Venivano poi ritoccate con la giusta colorazione per avvicinarsi alle caratteristiche dell’epidermide di chi doveva indossarla. Per finire a volte veniva dipinto un velo di barba o, su richiesta del paziente, si applicavano dei baffi posticci, creati con i suoi capelli. Per sostenere le protesi si usavano degli speciali occhiali oppure dei fili, che si fissavano dietro le orecchie. “C’est moi!” (“Questo sono io!”) era la frase di chi era tornato a vivere, a sentirsi normale, almeno in parte, così da poter dimenticare la realtà delle trincee, finalmente al riparo dagli sguardi di commiserazione e curiosità morbosa, dopo aver riacquistato, grazie a queste maschere, la propria autostima. Carolina Espinoza Lagunas
Joy, storia di coraggio e tenacia “L’Italia mi ha dato opportunità che non ho mai avuto. Mi ha dato il diritto alla vita.”
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ll’interno del percorso “il caffè delle lingue”, promosso da Ipsia e finanziato dalla PAT, che ha avuto luogo presso il Centro di Cooperazione Internazionale, alcuni facilitatori linguistici africani hanno interagito con gli “indigeni” trentini per 17 incontri discutendo dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Joy è una di loro, il percorso che l’ha portata fino a qui però è stato tutt’altro che facile. Joy, la tua biografia è stata tradotta in inglese ma tu preferisci che non sia distribuito in Nigeria. Come mai? È difficile far comprendere quanto sia dura la vita per una persona albina nel mio paese. Da piccola ho vissuto protetta dai miei genitori e dai miei fratelli, ma già a cinque anni, quando mi hanno iscritta a scuola, ho provato il rifiuto da parte degli altri, ho imparato cosa volesse dire essere insultaJoy ta nei modi peggiori, essere presa in giro, bullizzata. Una volta in piscina un bambino mi ha preso per le gambe e trascinata sott’acqua per affogarmi. Nessuno è venuto in mio aiuto. Mio fratello è riuscito a tirarmi fuori. Io ero svenuta ma nessuno chiamava l’ambulanza. Per fortuna, uno studente di medicina che era lì mi ha praticato un massaggio ed è riuscito a rianimarmi. Abbiamo affrontato decine di traslochi con la mia famiglia. Appena nella zona in cui abitavamo aumentavano gli episodi di violenza nei miei confronti o nei confronti di mia sorella, anche lei albina, oppure venivamo a sapere di casi in cui altri albini erano stati aggrediti o addirittura uccisi, eravamo costretti a lasciare tutto quello che fino ad allora ci eravamo creati in quel posto, per cercarne un altro. E ricominciare da capo, nella speranza che ci avrebbero lasciati vivere in pace, almeno per un po’. La mia famiglia e mia sorella vivono ancora in quella realtà. Ho paura che qualcuno potrebbe identificarli e fare loro del male. Come hai affrontato la tua condizione man mano che ne prendevi consapevolezza? In qualche modo ho sempre trovato conforto in me stessa, giocavo in casa con i miei fratelli, e i miei genitori mi procuravano sempre libri nuovi da leggere. Certo, i momenti di crisi non sono mancati. Mi chiedevo: “perché non piaccio alla gente? Perché sono considerata e vista come un errore? Perché mi sento
come se per gli altri non esistessi quando, in realtà, esisto? Perché deve sempre essere tutto così difficile nella mia vita?”. Ma il momento peggiore è arrivato quando sono iniziati i disturbi alla vista, che sono tipici dell’albinismo. Anche leggere libri, che erano sempre stati il mio conforto, mi era diventato difficoltoso. In quel momento ho pensato davvero di farla finita. Un giorno un mio insegnante, siccome non riuscivo a rispondere ad una domanda perché non arrivavo a vedere fino alla lavagna, mi ha gridato: “che cos’hai? Sei cieca?”. Tornata a casa, per la prima volta mi sono abbandonata alla disperazione. Sono andata in cucina, ho preso un coltello e l’ho portato nella mia stanza. Seduta sul pavimento ho cominciato a piangere senza riuscire a fermarmi. Ma non potevo farmi del male, non potevo provocare tanta sofferenza alla mia famiglia. In quel momento ho ricordato il dolore che avevo visto negli occhi di mia madre, quando mi aveva raccontato che aveva avuto un figlio albino, morto subito dopo la nascita. Ho raccolto tutti i miei desideri e tutte le mia forze e ho giurato a me stessa che avrei lottato ogni giorno e ancora di più, per avere la vita che desideravo. E quale era la vita che sognavi per te? Volevo avere il controllo di me stessa. Usare il mio cervello per superare i limiti della mia vista, ormai così debole. Avere un corpo sano e forte. Dopo l’episodio della piscina, avevo tentato altre volte di iscrivermi in un centro sportivo, ma ogni volta inventavano scuse per non accettarmi, oppure mi proponevano delle rette così alte che ero costretta a rinunciare. Appena compiuti 18 anni ho detto ai miei genitori che ormai ero cresciuta e che avrei preteso più autonomia. Volevo andare a fare le commissioni da sola, fare qualche passeggiata per conto mio, non essere sempre scortata da qualcuno dei miei familiari. E, siccome nessuna palestra mi accettava, ho deciso che avrei fatto jogging. È stato proprio durante una corsa mattutina che sei stata rapita. In quell’istante nella mia vita si è aperto un capitolo di una violenza che non avrei mai potuto immaginare: percosse, frustate, umiliazioni continue, stupri ripetuti. Le parole, dette o scritte, non possono spiegare come mi sono sentita: dentro, era come se fossi stata macellata. Per mesi non ho visto la luce del sole. La mia mente era obnubilata dal dolore. L’unica cosa che mi teneva in vita era che, a volte, nel sonno mi veniva a trovare mio fratello più piccolo. A casa eravamo inseparabili, facevamo tutto
insieme. E nel sogno mi diceva: “non preoccuparti, tutto questo finirà e un giorno ci rincontreremo”. Quando sei finalmente arrivata in Italia è cominciata una vita nuova. Come ti sei trovata in un paese così lontano e così diverso dal tuo? All’inizio ero stupefatta che tutti mi guardassero come una persona normale, che nessuno mi rifiutasse, che non ci fosse discriminazione nei miei confronti. Era una cosa totalmente nuova. Avevo ancora paura, dentro di me pensavo che stessero fingendo e che potessero ingannarmi anche loro. Oltre al supporto della psicologa, ho cominciato a chiedere agli operatori del progetto di accoglienza di spiegarmi come funzionava questa società così affascinante ma di cui ancora non riuscivo a comprendere i modi, le usanze. E così, mentre mi seguivano nel percorso per fare la richiesta di protezione internazionale, mi hanno suggerito di iscrivermi a scuola di italiano. Man mano le cose hanno cominciato a mettersi a posto. E con loro, anche il mio cuore e la mia testa. Cosa dicono i tuoi genitori del fatto che sei rimasta in Italia? L’Italia mi ha dato opportunità che non ho mai avuto. Mi ha dato il diritto alla vita. L’unico modo in cui posso dire grazie per quello che ho ricevuto è rimanere qui. Prima il mio desiderio era fare l’avvocato e così mi sono iscritta in Giurisprudenza, poi ho conosciuto da vicino il lavoro degli assistenti sociali e ho visto quanto è importante… Sono al primo anno di Università ma non vedo l’ora di finire per potermi finalmente dedicare agli altri e rendere tutto l’amore e la cura che mi sono stati regalati. Non ho ancora rivisto i miei genitori e i miei fratelli dal giorno del rapimento. Il biglietto per venire in Italia costa troppo. Ma sono felici perché sanno che qui sono protetta. E capiscono perché voglio rimanere. Oltre alla tua famiglia cosa ti manca del tuo paese? Non soffro di grandi nostalgie, la mia cultura la porto dentro di me. Ogni tanto mi manca il cibo, così organizzo delle cene per le mia compagne di appartamento, e cucino anche per loro il mio piatto preferito, il fried rice, riso fritto con carne, fagioli, mais e curry. E loro ricambiano facendomi conoscere la cucina italiana. Io sono golosissima di dolci e qui ne ho scoperto uno che mi fa impazzire: il tiramisù. Ne prendo sempre doppia porzione!
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L’intervista è tratta dal giornale on line TPInews
Fabio Pipinato
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