BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELLʼASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELLʼHANDICAP
NUMERO III - GIUGNO 2020 - ANNO XXI - 120° NUMERO PUBBLICATO
PROGETTO DI GIORNALE
Re-cig
Ripartire per esserci
Intervista a Marco Fimognari
Come ci stiamo riorganizzando in questa situazione di crisi pagina 2
Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R.
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Associazione Fedora
Remoove
“Abilitiamo la società!”
“Cultura senza limiti”
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SPINGIAMO L’INNOVAZIONE Innovativi e collaborativi con un pizzico di creatività per superare insieme le difficoltà
LP
IN EVIDENZA
EDITORIALE Lorenzo Pupi Caporedattore
Care lettrici e cari lettori, come state? Noi ci stiamo riorganizzando e ci sono tante novità che speriamo di condividere nei prossimi mesi. Crediamo sia importante continuare a fare della buona informazione dal basso e lo facciamo con tutto l’impegno e lo sforzo possibile. Abbiamo scelto di rappresentare la copertina di questo numero con un’illustrazione che speriamo rappresenti bene quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo: un po’ con i piedi per terra e con lo sguardo rivolto verso il prossimo futuro. Abbiamo scelto il simbolo dello scarabeo, considerato dagli antichi Egizi un potente amuleto, con una funzione magica: quella della continua rinascita e capace di trasformarsi nel divenire, assicurando solo eventi felici ed un costante miglioramento nel campo dell’intuizione e degli aspetti spirituali. Pensando al significato di questa simbologia, il nostro invito e il nostro pensiero vanno al Terzo Settore che è sicuramente rimasto duramente colpito dagli eventi di quest’anno. Ma siamo consapevoli che è altrettanto capace di risollevarsi e continuare la sua missione di cooperazione e di aiuto ovunque ce ne sia bisogno. Il volontariato anch’esso deve acvere coraggio e rendersi consapevole del valore intrinseco che rappresenta, sapendosi innovare e concentrare su progetti con un reale impatto sociale. Il messaggio che ci sentiamo di dare, quindi, è quello di impegnarsi a fare le cose bene, agendo per il bene. Ce ne sarà sempre più bisogno in un mondo che corre e che, purtroppo, tende ancora una volta a lasciare indietro chi ha più difficiltà o che ha una visione differente. Nelle prossime pagine ci sarà spazio per assaporare le esperienze e i progetti innovativi di tante persone, realtà e organizzazioni che credono nel cambiamento giorno dopo giorno, azione dopo azione. Un patrimonio che, come redazione, cerchiamo sempre di tutelare e valorizzare, consci che i cambiamenti possono avvenire solo attraverso una buona informazione plurale e inclusiva.
RIPARTIRE PER ESSERCI
Come ci stiamo organizzando in questa situazione di crisi
Festa di primavera 2016
L
o scorso 4 maggio siamo tornati pienamente operativi. Anche se in realtà, pure sotto lockdown, Prodigio non si è mai fermata, grazie alla modalità telelavoro. È chiaro però che questa situazione imprevista imponga un diverso modo di muoversi. Ci pare quindi appropriato fare un punto delle attività dell’associazione. Partiamo dall’attività principale, quella legata al giornale bimestrale. L’attività di redazione procede senza particolari cambiamenti, operando nel rispetto delle disposizioni vigenti per la salvaguardia di salute e sicurezza. Continueremo a fare informazione giornalistica sul mondo della disabilità e del disagio sociale, dando voce a organizzazioni del terzo settore e realtà che operano e innovano in questo campo, raccontando storie che
promuovano un superamento delle barriere fisiche e culturali. Sostanziali variazioni ci saranno invece per quanto riguarda gli eventi pubblici. Ci stiamo pian piano organizzando – per ora, naturalmente, tramite incontri virtuali – con associazioni, organizzazioni e scuole del quartiere, attraverso il coordinamento del Servizio Attività Sociali della Circoscrizione Oltrefersina – Mattarello, per rimodulare la proposta degli eventi estivi al Parco Langer. Questi saranno pensati per sostenere e coinvolgere la comunità, per venire incontro alle famiglie e creare momenti di socializzazione, mettendo in campo attività di vario genere. Era prevista per maggio la festa del Kaki, che sarà recuperata con tutta probabilità a settembre. Soprattutto, si stava ragionando
di un’importante opera di riqualificazione e rilancio della BiblioArc: questo lavoro di cura dei beni comuni purtroppo non sarà possibile prima della primavera 2021. Altra attività che caratterizza Prodigio, da quattro anni a questa parte, è il Premio Artistico-Letterario dedicato al nostro presidente Giuseppe Melchionna, per il quale anche quest’anno sono arrivati molti racconti, poesie e fotografie. Per cause di forza maggiore abbiamo dovuto rinviare la cerimonia di premiazione inizialmente in calendario per il 23 maggio, ma non siamo assolutamente fermi: i giurati hanno decretato e comunicato i vincitori, che pubblicheremo nel prossimo numero. Last but not least, dal 1° giugno accoglieremo due nuove volontarie SCUP. I giovani in servizio civile diventano dunque tre: adeguandoci alle norme, ci si organizzerà a turni, utilizzando anche la modalità telelavoro. Queste nuove forze, che si presenteranno da sé nel numero di agosto, sicuramente sapranno portare nuove competenze e nuova vivacità alla famiglia di Prodigio. In sintesi, siamo attivi e pronti a raccontare questo delicato passaggio storico e sociale. La redazione
CIAO EZIO La musica che cura
Ritratto realizzato da Maurizio Menestrina
L
a sera di giovedì 14 maggio il Maestro Ezio Bosso ci ha lasciati. L’abbiamo appreso la mattina successiva, e la notizia ci ha profondamente scossi. Per rendersi conto
di che musicista – direttore d’orchestra, compositore, pianista – d’altissimo profilo era, vi invitiamo a leggere la sua biografia. Ci preme qui darne un nostro ricordo. Sarebbe stato stupendo, specie in una fase come quella che stiamo vivendo, ascoltare la sua testimonianza alata. Con la sua addetta stampa ci stavamo accordando per un’intervista non appena fosse stato per lui possibile tornare a dirigere, nella quale concentrare l’attenzione non tanto sulla malattia quanto all’attività musicale, parlando non di situazioni incerte ma di concrete certezze. Per lanciare un messaggio di lucido e contagioso ottimismo, com’era nel suo stile. Vogliamo ricordarlo con il suo delicato sorriso.
Con le sue parole sincere e mai scontate. Con la sua energia, il suo slancio inesauribile per la musica, l’arte, la bellezza, elementi capaci di curare e salvare non solo la singola persona, ma l’intera società. “La musica non è di nessuno, la musica è nostra”, “la nostra vera terapia”, “un atto d’amore”, diceva. “La musica ci insegna la cosa più importante che esista: ascoltare. La musica è come la vita, si può fare in un solo modo: insieme”. Vogliamo ricordarlo con la sua commovente capacità di accogliere con concretezza il dolore e la sofferenza, ma reagendo ad esse con incredibile carica vitale. Tutto questo, ai nostri occhi sensibili alle tematiche del superamento delle barriere fisiche e culturali, lo rende un esempio mirabile. Grazie di averci fatto emozionare, Maestro. Ivan Ferigo
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@ Associazione Prodigio Onlus Proprietà: Associazione Prodigio Onlus Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Sito Internet: www.prodigio.it E-mail: associazione@prodigio.it Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).
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Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Redazione: Luciana Bertoldi, Giulio Thiella, Lorenzo Pupi, Martina
Dei Cas, Carolina Espinoza Lagunas, Ivan Ferigo.
Hanno collaborato:
Marco Fimognari-Re-cig, Maruo Camin-A.T.S.M. Centro Franca Martini, Marcello Sottopietra-Ass. Periscopio, Simone GiordanAPAS, Benedetta Paoletti-APAS, Mattia Bonanome-Remoove, Ugo Bosetti, Ginevra Bocconcelli - Associazione Fedora, Aurelia Cipollini-Lʼarcolaio, Alessia Vinante.
In stampa: 01 giugno 2020.
Abbonamento annuale (6 numeri) Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT 67G 08304 01846 000046362000 intestato a “Associazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Trento indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”
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I N N OVA Z I O N E S O C I A L E
RE-CIG
Lʼinnovazione che passa dal riciclo dei mozziconi di sigaretta Intervista a Marco Fimognari fondatore di Re-cig
a cura di Lorenzo Pupi www.re-cig.it
pletando un lungo iter burocratico che è cominciato quattro anni fa. Paragonando il percorso ad una maratona, adesso ci troviamo davanti agli ultimi 192 metri e una volta terminato, con tutte le autorizzazioni necessarie, saremo la prima azienda specializzata ad operare nel pieno rispetto della normativa e garantendo sia la fase di raccolta utilizzando idonei contenitori che il completo recupero del materiale eliminando le sostanze nocive con un processo a basso impatto.
Il team di Re-cig
I
l tema del riciclo e riuso sembra oggi più che mai vivere un trend di crescita senza precedenti. Alcuni dati prevedono una crescita del settore a livello globale che nei prossimi 10 anni raggiungerà i 540 miliardi di valore. E poi ci siete voi, che siete una realtà molto innovativa e soprattutto locale. Avete voglia di introdurci brevemente chi siete? Come prima cosa Vi ringraziamo per averci dedicato un po’ del vostro tempo ed aver posto l’attenzione su questo tema, che per noi è molto importante. Re-cig è una piccola realtà locale, nata dopo quasi 5 anni di studio, analisi e “prove tecniche”. Ci definiamo e ci definiscono innovativi perché facciamo qualcosa di nuovo. Nel corso di questi anni abbiamo studiato, sviluppato e brevettato un processo che ci consente di trasformare un rifiuto come i filtri di sigarette in un materiale rigenerato e nuovamente utilizzabile, ovviamente dopo aver eliminato le sostanze nocive contenute al loro interno. Il settore del riciclo è il futuro di tutti. Ogni azienda oggi sviluppa piani di sostenibilità e di basso impatto ambientale. Noi cerchiamo di fornire uno strumento pratico, ma anche informazione e sensibilizzazione.
Il littering è la modalità di abbandono dei piccoli rifiuti sul territorio, e riguarda spesso i mozziconi di sigaretta, che rappresentano un problema spesso sottovalutato. Quale vantaggio presenta la vostra soluzione? Il problema dei mozziconi è veramente grande. Quando abbiamo iniziato questa avventura, non ci rendevamo conto di quanto fosse ampio e variegato questo mondo. Abbiamo pensato ad una soluzione completa del problema a 360°. Il servizio che offriamo parte dalla raccolta passando per la purificazione e la lavorazione, ed arrivando alla realizzazione di una materia prima seconda. Il nostro cliente può affidarsi a noi, trovando una soluzione completa, questo credo sia il nostro punto di forza. Spesso si legge di nuove tecniche di smaltimento di rifiuti o di riuso di materie prime derivate dal residuo delle nostre attività umane, ma viene spontaneo chiedersi: sono davvero green questi processi di riciclo? E il vostro? Nel panorama ci sono tantissimi progetti. Quello che abbiamo cercato di mantenere nel nostro ciclo produttivo è il minimo impatto ambientale. La fase di riciclo è improntata sul recupero delle acque di lavaggio e puntiamo ad arrivare ad un sistema a circuito chiuso (utilizzo sempre della stessa acqua, tramite il trattamento integrato). Stiamo valutando di effettuare la raccolta con degli automezzi a basso impatto, la nostra documentazione è stata realizzata da un’azienda che utilizza macchinari a basso impatto ambientale e inchiostri a base di acqua privi di solventi e alcool. I contenitori che daremo a disposizione di grandi realtà, sono realizzati recuperando contenitori già usati, rigenerati, sanificati e riverniciati da un’azienda specializzata. La definizione di Green va molto oltre rispetto al fine dell’a-
I contenitori per mozziconi di Re-cig
zienda. Ci siamo resi conto che oltre a puntare al nostro obiettivo aziendale (raccogliere e trasformare un rifiuto), dobbiamo iniziare a riconsiderare tutti i processi che abbiamo stabilito, rendendoli meno impattanti. Dobbiamo cambiare l’ottica con cui vengono progettati i processi industriali, ed è quello che stiamo cercando di fare. Qual è la situazione del vostro settore oggi in Italia? Esiste una regolamentazione specifica? Oggi esiste un impianto normativo molto rigoroso, che impone molti requisiti per i quali servono risorse, tempo e certificazioni. Nonostante l’esistenza di un testo unico dedicato alla gestione dei rifiuti il (d.lgs. 152/2006) e altre normative specifiche, purtroppo vige ancora una logica del non rispetto in molti ambiti amministrativi, civili e imprenditoriali sia nelle fasi di raccolta che di smaltimento. Per quanto riguarda la raccolta, ad esempio, un problema spesso sottovalutato è rappresentato dai posacenere stessi. Pur vigendo una direttiva che riguarda le caratteristiche che devono avere questi “contenitori” per produrre il minor impatto ambientale, non essendo previsti termini per la sostituzione di quelli esistenti né sanzioni per il mancato adeguamento, spesso questo decreto non viene preso in considerazione. Il permanere dei mozziconi in contenitori non idonei può causare dei danni ambientali per la dispersione di sostanze altamente inquinanti. Altro aspetto oltre alla raccolta è il recupero. Ad oggi siamo l’unica azienda a livello nazionale che sta com-
C/O Progetto Manifattura Piazza Manifattura n.1 38068 Rovereto (Tn) ITALY
Guardando il vostro sito web, si capisce subito che non siete solo un’azienda come le altre. Il vostro logo del resto richiama un ideale di ambientalismo, di consapevolezza e responsabilità. Qual è la vostra mission? Come sicuramente avrai visto, ci proponiamo come soluzione per aziende, pubblica amministrazione ed esercizi pubblici per il problema dello smaltimento dei mozziconi di sigaretta. Puntiamo anche, in futuro, ad offrire il nostro servizio direttamente ai condomini in modo da poter raggiungere la maggior popolazione possibile. Puntiamo alla collaborazione con i comuni e con le istituzioni per far sì che nel tempo diventi la normalità trattare correttamente ogni tipo di rifiuto. Cerchiamo di offrire qualcosa che fino a ieri non esisteva e cerchiamo di farlo bene e con un pizzico di design. Essere competitivi e innovativi oggi è molto complicato, oltre a questo voi mirate ad essere anche sostenibili cercando di fatto di creare un modello locale di economia circolare, ridando vita a ciò che prima era solo un rifiuto. Come si riesce a fare tutto questo e qual è la vostra vision per il futuro? È difficile riuscire ad essere coerenti con il concetto di sostenibilità. Come accennavo prima, bisogna stravolgere l’intera progettazione dei processi e rivedere tutte le fasi di lavoro. Noi abbiamo iniziato un’avventura con determinate procedure che ogni giorno decidiamo di modificare e modellare secondo un’ottica “green”. La vision del nostro progetto è la creazione di consapevolezza, responsabilità e sensibilizzazione. Crediamo che oltre al servizio che offriamo, possiamo dare a chi viene in contatto con il nostro progetto, delle informazioni che possono far riflettere ((sapevi ad esempio che il 40% dei rifiuti che si trovano nei nostri mari mari, sono filtri di sigaretta? sigaretta?). Far percepire i danni prodotti da un così piccolo rifiuto potrebbe generare anche maggior attenzione a tutte le buone pratiche che si possono mettere in atto. Speriamo inoltre che progetti simili al nostro possano nascere per tutti quei piccoli rifiuti che oggi non vengono considerati dannosi per l’ambiente, creando un sistema di recupero di tanti materiali non facenti parte della filiera del riciclo. Non ti nego che essere “pionieri” non è semplice… oggi ci scontriamo in questo settore con tante leggi, tanti vincoli che dobbiamo rispettare. Ci scontriamo anche con alcune istituzioni che faticano un po’ a comprendere e promuovere un progetto così ambizioso. Alcuni enti sono più aperti (ad esempio l’l’Albo Nazionale Gestori Ambientali Ambientali, su nostra richiesta e dopo 8 mesi di dialogo continuo, ha deliberato il riconoscimento del mozzicone come rifiuto CER 20.03.99, trovando poi una formula che ci permetterà di lavorare in tutta la nazione), altri invece sono un pò più chiusi… sai com’è, decidere ed autorizzare un’attività come la nostra non è semplice… Se doveste spiegare ad un bambino l’importanza di quello che fate, sareste in grado di sintetizzarlo con un pensiero che sia anche un augurio di speranza per un mondo che sta vivendo la crisi più grande della storia, quella ambientale? Il pensiero che ci ha seguito nello sviluppo del nostro progetto credo sia in grado di sintetizzare al meglio il nostro augurio “Non siamo i proprietari del Mondo, ma ne siamo i custodi”. Lavorando in quest’ottica, difficilmente potremmo sbagliare.
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SALUTE
CAREGIVERS
Eroi silenziosi da tutelare
N
el microcosmo della disabilità e del disagio sociale, negli ultimi mesi una delle questioni più calde è quella dei caregivers. Di quelle persone, in gran parte donne, che gratuitamente prestano cura a familiari in condizioni di non autosufficienza, con disabilità o altri bisogni d’assistenza a lungo termine legati alla salute o all’avanzamento dell’età. Un tema che sotto la morsa del Covid-19 e anche in questa fase di ripartenza diventa ancor più cruciale e dirompente. Diciamo intanto a che azioni è chiamato il caregiver. Questa figura ha il compito di assistere il malato preparandogli il cibo e all’occorrenza imboccandolo; di acquistare e somministrare i farmaci prescritti; deve eseguire eventuali terapie semplici (ad esempio, ginnastica o esercizi di logopedia), oppure prenotare – su indicazione di un medico – visite specialistiche; occuparsi dell’igiene personale del familiare. Oltre alle cure concrete, non meno importanti sono le cure psicologiche, quelle che permettono – a seconda delle patologie – la comunicazione e la vicinanza tra assistente e assistito. Le persone più fragili, come disabili e anziani, hanno necessità fisiche e morali che se non
adeguatamente seguite possono ripercuotersi anche nella loro interiorità. Quando un familiare è in condizioni di bisogno, chi se ne occupa non si pone il problema di sacrifici o rinunce: si dona volentieri, senza esitazioni. Ma se l’impegno si aggrava, o è costantemente gravoso, la situazione rischia di diventare stressante. Ecco allora che diventa fondamentale fornire adeguati strumenti di supporto per mettere chi si prende cura di una persona cara nelle condizioni di poterlo fare senza dover rinunciare al lavoro e al tempo per sé. E senza dover rischiare il proprio benessere psicofisico, la propria salute. In un periodo che ci costringe all’isolamento e al distanziamento interpersonale, risalta con ancora più forza l’importanza decisiva delle relazioni umane. Specie quelle nei confronti di chi del contatto fisico e morale – di una carezza, di un abbraccio, di una parola affettuosa – ha bisogno vitale. I caregivers sono eroi silenziosi che la resilienza ce l’hanno nel DNA, ma necessitano di essere doverosamente ascoltati, riconosciuti, tutelati, sostenuti nella loro preziosissima opera d’assistenza. Ivan Ferigo
LO STATO DELLA RICERCA SULLA SCLEROSI MULTIPLA Il punto di vista della fisiatra Maruo Camin
dott.sa Maruo Camin
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aruo Camin dal 2016 presta consulenze fisiatriche presso l’A.T.S.M. Centro Franca Martini. Con lei abbiamo intrattenuto una lunga e dettagliata conversazione circa lo stato della ricerca sulla sclerosi multipla, che negli anni si è molto sviluppato. Vi offriamo qui quel che ha condiviso con noi.
“Il centro è molto piccolo ma è organizzato sul lavoro di un’équipe multiprofessionale: ciò permette un approccio di tipo integrato alla disabilità. I pazienti vi si rivolgono quando hanno già una diagnosi. Ciò significa che la terapia farmacologica è già stata impostata e viene seguita nel tempo da un neurologo di riferimento. Il compito del centro è quello di esplorare i vari ambiti del vivere quotidiano su cui la disabilità influisce. La sclerosi multipla è una patologia ad eziologia ignota, su base infiammatoria, mediata da meccanismi di tipo autoimmune che inducono lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Essa rappresenta la più comune causa non traumatica di disabilità nei giovani adulti. Il quadro clinico è estremamente complesso, e il decorso per lo più imprevedibile è caratterizzato da un andamento cronico e progressivamente invalidante. Proprio per queste sue caratteristiche, la sclerosi multipla impone al paziente un continuo
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adattamento emotivo. Nell’ambito dell’approccio integrato alla disabilità che il centro si propone viene valutato l’impatto psicologico della patologia, così come le risorse psicologiche e sociali che possono favorire il processo di adattamento e migliorare la qualità della vita. Sebbene non esista una cura risolutiva, il grande sviluppo della ricerca in campo farmacologico ha permesso di selezionare nel tempo molti farmaci in grado di modificare il decorso della patologia. La grande maggioranza di questi si è dimostrata efficace nelle forme a decorso recidivante-remittente, mentre per le forme progressive le opzioni terapeutiche sono tuttora limitate. Ocrelizumab è stato recentemente approvato per le forme primariamente progressive grazie all’efficacia dimostrata negli studi clinici. Gli esperti concordano sulla necessità di un inizio precoce della terapia. Gli studi anatomo-patologici e di neuroimaging evidenziano come in una fase iniziale il meccanismo di danno assonale sia principalmente su base infiammatoria, mentre nelle fasi avanzate sarebbero coinvolti altri meccanismi, almeno in parte indipendenti dal processo infiammatorio. Dal momento che i farmaci attualmente sul mercato sono in grado di influenzare la componente infiammatoria del processo patologico, ma non di contrastare efficacemente la neurodegenerazione che predomina nelle fasi più avanzate, è di vitale importanza sfruttare la finestra terapeutica rappresentata proprio dalla fase precoce. La disponibilità di farmaci con diversi meccanismi di azione, efficacia, sicurezza, tollerabilità e la possibilità di monitorare da un punto di vista clinico e radiologico la sicurezza del trattamento hanno portato a nuovi paradigmi terapeutici. Da un lato, il classico approccio a scalare (escalating) prevede l’iniziale uso di un farmaco di prima linea (IFNβ, glatiramer acetato, teriflunomide, dimetilfumarato) con un profilo di sicurezza più elevato ed efficacia moderata e l’eventuale
passaggio ad un farmaco di seconda e terza linea (Natalizumab, Fingolimod, Ocrelizumab) di maggior efficacia ma minor sicurezza in termini di effetti collaterali e possibili rischi, in caso di scarsa risposta alla terapia. Tale approccio può essere in grado di contenere l’attività di malattia nei pazienti con grado di attività lieve o moderato. Dall’altro, un approccio induttivo (induction) permette, mediante un’intensa ma breve immunosoppressione selettiva (Cladribina) o non selettiva (Alemtuzumab, mitoxantrone) indotta da farmaci o da trapianto di cellule staminali ematopoietiche, di resettare il sistema immunitario. Tale approccio può essere indicato nei pazienti in cui la malattia mostra maggior aggressività fin dall’esordio, al fine di ottenere una rapida remissione a fronte di maggiori rischi ed eventi avversi. Anche gli obiettivi terapeutici sono cambiati rispetto al passato. Mentre un tempo venivano considerate solamente la prevenzione delle recidive e la progressione della disabilità, oggi l’obiettivo è l’assenza di attività di malattia, secondo un criterio clinico (ricadute, progressione della disabilità) e radiologico (assenza di nuove lesioni o lesioni captanti gadolinio). Il processo decisionale resta estremamente complesso; la terapia deve essere il più possibile “personalizzata” anche attraverso l’identificazione di biomarcatori prognostici validi e affidabili da affiancare ai dati clinici e radiologici attualmente disponibili. Da un punto di vista riabilitativo, molti sono gli approcci innovativi, che vanno dall’utilizzo della robotica a quello della stimolazione transcranica ripetitiva. È abbastanza recente uno studio italiano che accoppia la stimolazione transcranica ripetitiva H-coil alla fisioterapia per il trattamento di alterazioni del cammino in pazienti con sclerosi multipla. Il razionale sta nell’indirizzare, tramite il trattamento FKT, la plasticità sinaptica che la stimolazione magnetica induce. Ci sono poi altri ambiti meno esplorati come il
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ruolo dell’intestino e dell’alimentazione. In questi ultimi anni si sono moltiplicati gli studi sul microbiota in relazione a varie condizioni patologiche e studi sulla permeabilità intestinale che riconosce all’integrità della mucosa enterica un ruolo fondamentale per il buon funzionamento del sistema immunitario. Personalmente, sono convinta che la terapia farmacologica abbia una grande importanza. Credo anche però che ci siano molti altri ambiti su cui intervenire. Pur nella mia limitata esperienza, mi sono resa conto dell’importanza dello stile di vita, dello stato psicologico ed emotivo e della partecipazione alla vita sociale del paziente. Per me questi fattori sono di primaria importanza non solo perché di grande impatto sulla percezione di benessere, ma anche perché prevedono un ruolo attivo della persona nel gestire aspetti correlati alla propria patologia. Uno degli aspetti più invalidanti è la perdita del proprio ruolo sociale e con esso di parte della propria identità. Per questo poter fin dall’esordio affiancare e sostenere la persona anche negli aspetti psicologici ed emotivi è di grande importanza. Molte volte il più grande ostacolo non è la disabilità in sé ma la difficoltà di riconoscersi e di accettare la patologia. Da un lato la diagnosi molto precoce permette interventi farmacologici più efficaci, dall’altro pone la persona davanti allo spettro della disabilità quando ha veramente pochi sintomi, o magari nessuno. L’incertezza rispetto al futuro che questa diagnosi porta con sé è sicuramente un peso che grava a lungo sulla persona e sui suoi familiari. Per questo motivo, credo, negli ultimi anni, si è rivalutata e compresa la fondamentale importanza di un approccio integrato e multidisciplinare alla persona con sclerosi multipla che tenga conto non solo degli aspetti clinici ma anche di quelli psicologici e relazionali.” Ivan Ferigo
TERRITORIO
ASSOCIAZIONE PERISCOPIO Educare allo studio
Periscopio nasce come progetto, finanziato direttamente dal Ministero delle Politiche Sociali, presentato da un’associazione di insegnanti. In seno a questa, nel 2000 ci siamo posti il problema della disaffezione dei ragazzi nei confronti della scuola e dello studio. Disaffezione che provocava bocciature, percorsi non lineari, soprattutto una grande disistima dei ragazzi verso loro stessi. Cosa si poteva fare per loro? Abbiamo iniziato ad aprire alcuni centri di accompagnamento allo studio, luoghi dove i ragazzi potessero essere in questo accompagnati da adulti. Abbiamo fatto verifiche, errori, siamo tornati indietro, abbiamo riprogettato, fino al setting attuale. Nel 2006 è stata creata un’associazione ad hoc per portare avanti il progetto: il finanziamento nazionale si è concluso dopo il primo triennio, la Provincia ha continuato a finanziare prima direttamente, poi tramite il Comune di Trento. Un’altra grossa apertura c’è stata nel 2010, quando la Provincia - c’era allora Marta Dalmaso assessore all’istruzione - promuove la prima legge sulla dislessia. Da un convegno a tema emerge che questo disturbo era un problema: scuola e genitori non sapevano come muoversi. Da lì è partita l’attività di accompagnamento allo studio per ragazzi dislessici, soprattutto di elementari e medie. L’accompagnamento allo studio di Periscopio si caratterizza innanzitutto per la fascia d’età: elementari e medie, non superiori. Vogliamo studiare con il ragazzo, ovvero entrare con lui dentro ciò che l’insegnante propone. Un accompagnamento dentro la conoscenza, non tanto il fatto di andare a casa con i compiti fatti. L’importante è stimolare il ragazzo a prendere sul serio quel che ha davanti, a stare di fronte allo studio da uomo, senza cercare scorciatoie perché la verifica del giorno dopo vada bene.
Qual è la vostra mission?
Accompagnare i ragazzi nell’avventura dello studio. Vederli due-tre volte alla settimana significa entrare molto in rapporto con loro. Portano tutti i loro vissuti, i loro problemi. Credo che Periscopio sia un grande punto di relazioni che parte dallo studio, ma senza limitazioni.
Chi collabora con voi?
Come in tutte le associazioni, c’è una situazione mista, con volontari (spesso provenienti dal mondo della scuola) e operatori pagati per il loro lavoro. Questo doppio ruolo dice da una parte di un’associazione che nel tempo ha dovuto organizzarsi, trovando fortunatamente sostegno economico; dall’altra che c’è una radice di gratuità rimasta fin dall’inizio, un’attività fatta perché preme, non perché si deve guadagnare. Centri di accompagnamento allo studio, concentrati sostanzialmente sulla città di Trento. Accompagnamento allo studio per un centinaio di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, in quasi tutte le valli del Trentino, in centri anche molto piccoli, solitamente nelle scuole. Infine, una colonia diurna estiva
presso la Sacra Famiglia, dove molti ragazzi delle superiori per un paio di settimane si prendono cura di quelli di elementari e medie, facendo attività varie, dallo sport ai laboratori. Un bel momento, per i ragazzi delle superiori molto formativo.
A chi sono rivolti i vostri progetti?
Periscopio ha accesso libero. Pur essendo come location all’interno delle scuole, non è un centro delle scuole. L’invio è da parte delle famiglie. Spesso i ragazzi che vengono a Periscopio non hanno di per sé solo difficoltà scolastica; ad alcuni non piace rimanere a casa da soli a studiare, hanno bisogno di un po’ di relazione e compagnia per affrontare lo studio. Ci sono casi diversi. L’importante è trovare il giusto setting in cui il ragazzo possa mettere in atto il suo studio.
Quali altre associazioni collaborano o hangere persone nelle valli e nei paesini più piccoli. no collaborato con voi? Direttamente, poche: Periscopio ha un suo percorso. Offre un servizio molto particolare, di nicchia: i ragazzi vengono per studiare, non per giocare o fare altro. Gli assistenti sociali e altre associazioni hanno cominciato a conoscerci, in certi casi sono loro a mandarci i ragazzi. Collaboriamo poi con la Biblioteca Comunale di Trento per un punto di presentazione degli strumenti per contrastare la dislessia rivolto alle famiglie. Alcuni sabati al mese siamo alla Centrale o alla Palazzina Liberty o in biblioteche periferiche, per presentare libri facilitati ed audiolibri.
Certo, la situazione non è semplice: alcuni non hanno device, altri non hanno connessione; su questo chiaramente bisognerà ancora lavorare. Ma credo che questa situazione drammatica darà una spinta enorme da questo punto di vista. Abbiamo raggiunto tutti telefonicamente, fatto la proposta, lasciando la libertà di aderire o meno. L’abbiamo presa come una grande possibilità per sperimentare qualcosa che era già nell’aria da tanti anni. L’idea c’era, non c’erano le tecnologie. Ora ci sono le tecnologie e c’è stato il momento in cui ci si è obbligati, per forza di cose, a spostarsi dall’altra parte.
Dopo un paio di settimane di buco, ci siamo trasferiti sul web, utilizzando le applicazioni che Microsoft mette a disposizione. Abbiamo sostanzialmente creato gruppetti che si trovano virtualmente per l’accompagnamento allo studio, sia per i ragazzi normalmente inseriti, sia per quelli DSA. È stata una scommessa: stiamo raggiungendo circa la metà delle persone di prima, ma sta funzionando, anche nelle scuole elementari. Questo setting ha un potenziale enorme: possiamo raggiungere, con gli strumenti che ci sono, i ragazzi su tutto il territorio trentino e direi anche nazionale. Non c’è più il vincolo dello spazio. Se l’accompagnamento riesce, e soprattutto se si riesce a supportare bene la relazione educativa, da cui derivano motivazione e impegno, potrebbe essere un sistema per raggiun-
Se qualcuno è appassionato di qualche materia, o ha voglia di mettersi in gioco con i ragazzi, attraverso attività di accompagnamento allo studio, è il benvenuto.
L’emergenza Covid-19 come ha modificato Che messaggio vorreste lasciare ai nostri lettori riguardo alla vostra associazione? la vostra proposta?
MARKETING SAIT
Come nasce l’associazione?
Quali sono le vostre attività?
a cura di Ivan Ferigo
Intervista al presidente Marcello Sottopietra
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Per proteggere noi stessi e gli altri dal rischio di contagio da Covid-19, quest’estate sarà molto importante utilizzare la mascherina nelle nostre attività quotidiane, dal lavoro alla spesa, passando per le passeggiate e i momenti ricreativi. In commercio, troviamo diversi tipi di mascherine. Le più diffuse – consigliate per la popolazione circolante, i lavoratori degli uffici aperti al pubblico e gli addetti delle attività commerciali – sono quelle chirurgiche. Queste mascherine sono dette “altruiste”, perché evitano di contagiare gli altri se siamo infetti, ma non svolgono alcuna azione filtrante in fase inspiratoria. Perciò, per tutelare la salute pubblica, è fondamentale che tutti le indossino.
COME INDOSSARE CORRETTAMENTE LA MASCHERINA?
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COME SI INDOSSA
A
Lavare bene le mani. Indossare la mascherina, coprendo attentamente naso e bocca.
B
COME SI TOGLIE, SI LAVA E SI SMALTISCE
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Evitare di toccare la mascherina quando viene tolta.
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Prima di togliere la mascherina, assicurarsi di lavare bene le mani.
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Le mascherine in tessuto si possono lavare a 60° in lavatrice.
Se la mascherina si bagna, sostituirla immediatamente con una nuova.
Con l’aiuto delle dita far aderire bene la parte superiore della mascherina al naso.
ATTENZIONE!
• Se la mascherina è rovinata o è bucata Prima di indossare la mascherina e bisogna gettarla. dopo averla tolta, è importante lavare • Anche se abbiamo la mascherina sul viso, bene le mani non dobbiamo dimenticare di proteggerci mantenendo la distanza di sicurezza dalle La mascherina deve essere indossata altre persone, 2 metri durante lo sport e 1 con il lato colorato fuori e quello bian- metro per le altre attività. co a contatto con la faccia. Va tenuta per gli elastici o per i bordi esterni, LE MASCHERINE SI POSSONO evitando di toccare la parte centrale e RIUTILIZZARE? di contaminarla nella parte interna Per un uso sanitario o professionale, assoluEssendo piegata, la mascherina deve tamente no. Per un uso comune sì. Bisogna evitare di lavare la mascherina immergenessere aperta ed allargata per bene dola completamente in un liquido. Le linee Deve coprire completamente il naso guida suggeriscono di usare una soluzione e la bocca. Tenendola per gli elastici, idro alcolica al 70%, attraverso l’uso di un bisogna appoggiarla sulla faccia e po- erogatore spray che permetta di spruzzare sizionare gli elastici dietro le orecchie la soluzione sulla mascherina.
È molto importante che la mascheri- COME SANIFICARLE? 5 na aderisca bene al viso, senza lasciare 1. Adagiare la mascherina su una superficie
pulita o disinfettata, con la parte esterna verso l’alto 2. Spruzzare uniformemente con la soluzione idroalcolica al 70% senza eccedere nella 6 Usando i due indici delle mani, il “fer- bagnatura e attendere un paio di minuti retto” va sagomato sul naso dal centro verso le guance in modo che la ma- 3. Girare la mascherina sul lato interno scherina aderisca bene lungo i due lati 4. Lasciare agire la soluzione per almeno 30 minuti, fino a completa evaporazione della del naso soluzione alcolica 5. Lavarsi accuratamente le mani o eseguiE COME TOGLIERLA! Per non reinfettarsi o infettare, è molto im- re queste operazioni indossando un paio di portante lavare molto accuratamente le guanti in lattice. mani prima della rimozione, evitando di toccare la parte centrale. Per togliere la ma- QUANTE VOLTE SI POSSONO scherina bisogna tenerla per gli elastici. Si SANIFICARE? devono sganciare da dietro le orecchie evi- A titolo cautelativo è consigliabile non più di tando di toccare la parte in tessuto, poten- tre volte. zialmente contaminata. DOVE E COME SI CONSERVANO? aperture; perciò deve essere posizionata attentamente sotto il mento
FEDERA
T-SHIRT
COME SI USA CORRETTAMENTE LA MASCHERINA?
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Smaltire immediatamente le mascherine chirurgiche, FFP o fatte di materiali non lavabili.
Le mascherine vanno sempre conservate in un ambiente non contaminato o lontano da potenziali contaminanti; le indicazioni guida sono quindi di riporla in una bustina di plastica fino a nuovo uso.
QUANDO LE MASCHERINE NON SERVONO?
Le linee guida le sconsigliano quando siamo da soli, lontani da altre persone ed anche negli ambienti domestici, a meno che non ci sia una persona potenzialmente infetta. In questo caso il soggetto dovrebbe indossarla per cercare di diffondere meno possibile il virus.
SCIARPE E FOULARD PROTEGGONO DAL VIRUS?
Assolutamente no. Possono contribuire a non diffondere il virus nell’aria attraverso le goccioline, dette droplets, che emaniamo quando starnutiamo o tossiamo. Questi indumenti rappresentano sempre una potenziale fonte di trasmissione del virus per contatto, quindi andrebbero lavati prima di ogni riutilizzo e tenuti separati dal resto della biancheria.
INDOSSARE I GUANTI PUÒ ESSERE UTILE?
Possono essere utili a proteggere le mani quando andiamo al supermercato a fare la spesa, con l’accortezza sempre di non toccare la bocca, il naso o gli occhi mentre li indossiamo. Dopo averli tolti bisogna sempre lavarsi le mani come se stessimo maneggiando una mascherina.
LA MASCHERINA NON È OBBLIGATORIA PER I BAMBINI SOTTO I 6 ANNI E PER LE PERSONE CON FORME DI DISABILITÀ NON COMPATIBILI CON IL SUO UTILIZZO.
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©marameolab.net
GUIDA PER UN CORRETTO USO E RI-USO DELLA MASCHERINA
STRACCIO
MASCHERINE DI STOFFA - Le mascherine artigianali non sono certificate come quelle chirurgiche, ma aiutano a trattenere le goccioline.
IL CALL CENTER CAMBIA ORARIO!
mente dagli operatori provinciali, Dal 16 maggio gli anziani sopra i il restante 44% dai Servizi Socia- 75 anni, le persone fragili, malate e li Territoriali. Nel progetto sono senza rete familiare, per necessità Il call center #Resta a casa stati coinvolti tutti i servizi so- come la spesa, i farmaci o il sempasso io, coordinato dal Di- ciali delle Comunità di Valle con plice ascolto possono rivolgersi partimento Salute e Politi- la loro rete di associazioni locali al numero di telefono 0461 495244 che Sociali in collaborazio- di volontariato locali, oltre che dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 ne con la Protezione civile, Croce Rossa, Protezione Civile e alle ore 12 e dalle ore 14 alle ore 17. modifica il suo orario, ma Psicologi dei Popoli. Delle oltre Rimane invece attivo dalle 8 alle continua il proprio impegno 4000 richieste, il 37% era relativo 20, sette giorni su sette, la Cena tutela degli anziani e delle ad un bisogno di tipo informativo, trale Unica di emergenza del Dipersone più fragili. Nei pri- il 27% riguardava spesa di gene- partimento della Protezione civimi due mesi di attività, sono ri alimentari, il 21% era per far- le di Trento con il numero verde state oltre 4000 le richieste maci e circa il 12% riguardava la 800867388 per informazioni tecnidi cui il possono 56% direttaLe personeevase, in difficoltà rivolgersi ai servizi sociali e socio sanitari necessità di sostegno relazionale. che e sanitarie sul Coronavirus.
RESTA A CASA PASSO IO
del territorio di residenza o alle seguenti organizzazioni
Psicologi per i popoli
Associazione A.M.A
Linea telefonica di ascolto e sostegno psicologico, come strumento per prevenire disagi, rispondendo, con un’adeguata attenzione, a tutti gli aspetti più psicologici che un individuo può sviluppare in relazione al contesto attuale.
La linea telefonica di ascolto gratuita - Invito alla vita intende essere un sostegno per tutti i cittadini, l’ascolto è garantito da volontari formati e supervisionati da una psicologa.
0461 495244
800 061650 dalle 7.00 di mattina alle 1.00 di notte
tutti i giorni dalle 8.00 alle 20.00
Centro Antiviolenza e Casa rifugio Alle donne che si sentono in una situazione di emergenza, che hanno paura che il proprio partner o figlio o figlia possa far loro del male, si consiglia di chiamare il 112 o scaricare l’App “112 Where ARE U”. CENTRO ANTIVIOLENZA:
Gli operatori dell’Associazione AMA offrono un confronto e un sostegno per le difficoltà che si stanno vivendo in questo periodo. 345 0372213 dalle 9.00 alle 12.00 È inoltre attiva per i ragazzi (15-28 anni) l’applicazione TRA DI NOI (App Youngle) con tre chat settimanali: lunedì, mercoledì, venerdì dalle 20.00 alle 22.00.
0461 220048 tutti i giorni dalle 8.00 alle 20.00 CASA RIFUGIO:
Telefono amico - centro relazioni umane I volontari di Telefono Amico Trento o.d.v. attraverso l’ascolto attivo, anonimo e non giudicante e il dialogo aiutano chiunque stia vivendo uno stato di sofferenza a ritrovare il benessere emotivo e a riscoprire la fiducia in sé stesso e negli altri.
348 5451469 negli altri orari
Alfid
02 2327 2327
L’equipe di ALFID è disponibile telefonicamente e si occupa di consulenze e orientamento nelle crisi di coppia, mediazione familiare e sostegno genitoriale. O461 235008
0461 233528
334 6772330
338 7191375
Dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00
ogni giorno dalle 10.00 alle 24.00 Mail@mica servizio email accessibile in ogni momento attraverso la compilazione di un form anonimo sul sito www.telefonoamicotrento.it 345 0361628 Servizio chat di WhatsApp Amico tutti i giorni dalle 18.00 alle 21.00
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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
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CARCERE
IL SOSTEGNO A DETENUTI ED EX DETENUTI La situazione ai tempi del lockdown raccontata da chi ci lavora quotidianamente
Casa Circondariale di Trento, Spini di Gardolo
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a prima dell’inizio del lockdown, il 9 marzo, l’associazione APAS ha visto l’impossibilità di esercitare una delle sue attività più importanti: svolgere colloqui con i detenuti della Casa circondariale di Spini di Gardolo. Nonostante non si potesse mantenere uno dei capisaldi della mission dell’associazione, l’équipe operativa non si è persa
d’animo e ha messo in campo altre strategie con le capacità di adattamento che la caratterizzano. Per prima cosa l’Associazione ha provveduto a lanciare un appello a volontari e cittadini per invitarli a scrivere una lettera di sostegno e solidarietà ai detenuti. L’iniziativa ha avuto un buon seguito con oltre venticinque
lettere inviate in carcere. Collaborando con gli altri attori del panorama penitenziario e sociale trentino, l’associazione è riuscita ad avere in gestione un nuovo alloggio extramurario per ospitare detenuti fortemente a rischio dal punto di vista sanitario. Questo spazio, un appartamento di proprietà del Comune di Trento dato in co-gestione a Centro Astalli e APAS, ospita attualmente quattro persone che se fossero rimaste in carcere avrebbero rischiato serie complicanze, in caso di contagio da Covid-19. Sempre sul piano delle nuove strategie, in collaborazione con l’associazione ATAS e col sostegno finanziario del Ministero di Giustizia, verrà avviata una nuova ospitalità per persone che usufruiscono della cosiddetta legge 199, cioè persone che possono accedere alla misura degli arresti domiciliari perché in possesso del requisito di avere meno di diciotto mesi di pena residui. Per le persone già ospitate dall’associazione, si è dovuto affrontare il problema dell’inoccupazione. La maggior parte di queste
persone si sostiene con il corso per i pre-requisiti lavorativi del Laboratorio di APAS il quale però non è potuto essere operativo per tre settimane. Grazie agli sforzi degli operatori che si sono dedicati nel portare avanti i lavori, agli aiuti che l’associazione ha messo in campo e al dialogo costante con l’UMSE Sviluppo rete territoriale e servizi, in particolare l’Ufficio Innovazione e Inclusione Sociale della Provincia Autonoma di Trento, il Laboratorio ha potuto riaprire senza che gli utenti che lo frequentano soffrissero perdite economiche che nel loro stato di precarietà potevano rivelarsi estremamente difficoltose da affrontare. Sul piano interno, APAS ha dovuto rinunciare per molto tempo ad uno dei propri organi principali: il volontariato. Per due mesi non è stata svolta nessun tipo di attività di volontariato, cosa impensabile per un’associazione nata dal volontariato. Solo da pochi giorni e con contatti molto ridotti, l’associazione è riuscita a far riprendere alcuni contatti tra i propri utenti e le volontarie e i volontari. Simone Giordan Operatore APAS
COVID E VOLONTARIATO Voci nel silenzio che aiutano
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opo due interminabili mesi di lockdown ho finalmente ricominciato con la mia attività di volontariato in APAS. Avevo molta voglia di riprendere in mano la vita di tutti i giorni ed i miei ritmi, di riavvicinarmi alla normalità e fare qualcosa di utile; nessun timore! Ho avuto l’opportunità di svolgere un accompagnamento di un detenuto che, causa Covid-19, è stato trasferito in un appartamento insieme ad altri tre signori. L’attività è stata molto semplice: dopo essere passata a prenderlo a casa, siamo andati alla Questura di Trento per fare la denuncia di smarrimento della carta d’identità, per poi andare presso l’Ospedale San Camillo per delle visite mediche. Io e il signore abbiamo passato insieme un paio d’ore e, tra le altre cose, ci siamo confrontati su questa situazione di pandemia che ha scosso le vite di tutti noi. È stato molto strano parlare di quanto sia stato duro, per me, dover rimanere chiusa in casa per così tanto tempo con una persona che vive questa situazione quotidianamente; ma abbiamo ironizzato anche su questo.
A prescindere da ciò, l’attività di accompagnamento mi piace molto: mi permette di passare del tempo in leggerezza con persone che quasi mai già conosco e di condividerci dei piccoli momenti di vita quotidiana. Spesso gli utenti con cui mi muovo in macchina non sono nemmeno mai stati a Trento e quando mi accorgo dai loro occhi della curiosità che hanno per questa città a loro sconosciuta mi diverto a fargli da Cicerone. Il signore, infatti, è originario del centro Italia e Trento non l’aveva mai vista. Sono sicura che, grazie agli spostamenti che abbiamo dovuto fare, abbia assaporato un po’ di libertà. Benedetta Paoletti Volontaria APAS
LE CARCERI ITALIANE Capienze, presenze e tasso di affollamento
Le condizioni di detenzione in Italia nel 2018
Dal 1998 l’associazione Antigone effettua visite di monitoraggio negli istituti penali italiani. Nella pagina dell’osservatorio sulle condizioni di detenzione si possono scaricare i rapporti che i volontari di Antigone redigono dopo ogni visita descrivendo le condizioni strutturali, il clima detentivo, il rispetto della legislazione penitenziaria e altre caratteristiche salienti della struttura visitata. Alcuni dati Erano 60.439 i detenuti presenti nelle carceri italiane al 30 aprile 2019. Quasi 10.000 in più dei posti disponibili, per un tasso ufficiale di sovraffollamento del 120%. Un fenomeno che dura da diversi anni e che nel 2013 ha portato l’Italia ad essere condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo per le condizioni disumane dei detenuti per sovraffollamento. Voci dal carcere Informare dall’esterno sulla realtà del carcere è un’attività fondamentale. Alcuni progetti però si propongono di dare voce a chi il carcere lo vive quotidianamente. Radio carcere è la trasmissione di radio radicale dedicata alle condizioni di detenzione. Una particolarità della trasmissione è rappresentata dalla lettura delle lettere che i detenuti inviano alla redazione, per raccontare la loro esperienza carceraria, le difficoltà quotidiane e i tanti problemi presenti nelle carceri italiane. “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni.” Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo
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SPORT ACCESSIBILE
REMOOVE Una nuova realtà orientata al terzo settore, il cui motto è: “Abilitiamo la società!” Intervista a Mattia Bonanome, socio fondatore di REMOOVE s.r.l.
temente dalla loro condizione, ed avere accesso a quante più opportunità possibili. Ci siamo costituiti formalmente nel Dicembre 2019 e per prima cosa ci siamo dotati di bici elettriche progettate per il trasporto di persone con ridotta mobilità. Abbiamo studiato il mercato, analizzato le criticità infrastrutturali e comunicative, individuato realtà che offrono esperienze in linea con la nostra filosofia ed aperto la porta agli utenti (aziende, associazioni, enti pubblici, amici) che Una bici elettrica in azione a Riva del Garda hanno condiviso con noi le loro esigenze. Sfruttando la complementaiao Mattia, allora racconta: che cos’è questa rietà dei nostri profili e una rete di professionisti che va consolidandosi, offriamo consulenza e formazione al personale di nuova realtà? Ciao! In effetti c’è una grande novità e si chiama Remoove. attività pubbliche e ricettive. Proponiamo inoltre piani di coUn’iniziativa avviata con altri due soci: Andrea Tomasoni e municazione, conduciamo analisi del territorio e delle strutMatteo Taddei. Pur non vivendo la disabilità in prima per- ture al fine di valutare il livello di accessibilità, disegniamo sona, ciascuno di noi ha riscontrato, nel proprio settore, la eventi e proposte di viaggio per il mercato turistico ed, infine, guidiamo tour accessibili per i visitatori locali. difficoltà di pensare in modo inclusivo. Tutto parte dalla passione per la bicicletta: crediamo che sia un simbolo di libertà e forse anche il mezzo ideale. Ci piace- La sede Remoove si trova ad Arco. Come mai avete scelto l’Alto Garda come base operativa per il lancio rebbe che in bici potessero andare proprio tutti. di questa attività? Io ed Andrea viviamo nel Garda Trentino mentre Matteo, il Di cosa si occupa Remoove? Remoove è un’impresa ambiziosa che ha la finalità di rendere terzo socio, vive a Milano. La decisione di aprire la sede ad abile la società. Vogliamo costruire un ambiente realmente in- Arco non ha però solo ragioni anagrafiche: il primo modello clusivo in cui tutti possano sentirsi a proprio agio, indipenden- di business che abbiamo disegnato mostrava chiaramente che
C
www.re-moove.it
in una località a forte vocazione turistica e con uno standard infrastrutturale così elevato era possibile da subito costruire qualcosa di concreto. Ma questo è solo l’inizio: l’obiettivo è di rendere questo modello replicabile ovunque. Nonostante l’emergenza Covid, avete già cominciato a sviluppare qualche progetto sul territorio? Prima che la diffusione del virus prendesse il sopravvento, abbiamo cominciato con un certo numero di attività; nello specifico, quelle legate alla consulenza ed alla progettualità per gli enti pubblici sono partite da subito. Parallelamente abbiamo iniziato a lavorare all’allestimento di uno show-room che sarà la nostra base operativa per tour, manutenzioni, bike tests e tutto quello che ruota attorno ai mezzi ed ai presidi dei quali ci stiamo dotando. Purtroppo, l’emergenza Covid-19 ha inevitabilmente influito sulla tabella di marcia, noi però non demordiamo! Vista la mission e le finalità con cui abbiamo deciso di cimentarci in questa avventura, lasciare le e-bike speciali che hanno fatto da apripista per tutte le altre attività in garage ci sembrava assurdo. La quarantena non è uguale per tutti, ci sono persone che necessitano per motivi di salute psico-fisica di poter uscire nel pieno rispetto della normativa vigente - magari svolgendo delle attività utili a sfogarsi e liberare lo stress. Per tale motivo, in questo periodo abbiamo messo a disposizione due dei nostri mezzi gratuitamente; alcune persone hanno già provato a fare qualche giretto attorno a casa, devo dire che l’impatto sembra essere molto positivo. Insomma, nonostante la difficile fase che tutti noi stiamo attraversando, Remoove c’è! E nel nostro piccolo faremo il possibile per portare avanti i progetti in cantiere, con l’obiettivo comune di abilitare la società. La redazione
PISTE CICLABILI Alcuni consigli utili da chi le frequenta spesso
P
Ciclabile con ponte di Ravina e Paganella
ro.di.gio ha sempre avuto un occhio di riguardo per gli spostamenti domestici, cittadini o extraurbani di chi abbia difficoltà ad andare dove desidera. Considera infatti il muoversi l’indispensabile premessa al “fai da te” dell’autonomia personale (della “libertà” sembrerebbe un esagerato spreco di paroloni!). Attenzione particolare alle piste ciclabili assai diffuse in provincia e in grado di offrire qualsiasi percorso, dal più semplice e perfettamente piano (quella sull’argine dell’Adige) al più panoramico (la Riva – Limone) fino al più difficile e ripido (da Riva al Lago di Ledro: vi consigliamo vivamente di percorrerla in discesa!). Alcune sembrano fatte apposta, da qui il nostro interessamento, per esser percorse da nonnetti col bastone, anziani in carrozzina (me!) o accompagnati a braccetto e da qualche giovane su “ciclone”, quei cicli da corsa a tre ruote per paraplegici. I percorsi sembrano fatti apposta per chi non è svelto a dar di passo: ai suoi lati c’è sempre spazio di sosta per un imprevisto, ogni mille metri una piazzola con panchina per tirar il fiato, leggersi un bel libro o giocar a carte (Roncafort) e, ogni 20 chilometri, un bicigrill ossia un’area attrezzata con bar, ristoranti, sedie e tavoli, fontanelle, aree giochi per i bambini etc... (a Cadino, ultimo paese verso nord
della Provincia). Prima di descrivere le varie tratte cittadine è opportuno invitarvi a “star su con le rece” perché qui valgono le stesse regole delle strade qualsiasi, multe e danni a terzi compresi: un’assicurazioncina da cento euro non sarebbe male! Ci si incrocia di tutto: da chi si fa tirare in bici dal cane agli skiroller dall’andatura svalvolata, dal ciclista con bici in tinta con gli orecchi al pensionato mani dietro la schiena, dai turisti tedeschi con pancia a barilotto di birra fino al più pericoloso di tutti, il comunissimo escursionista/cazzeggiatore in cerca di capire come mai sia finito in mezzo alla ciclabile! A voi solo l’imbarazzo della scelta! Se vi dirigerete verso Salorno, superata la funivia ed il pericoloso ponte di San Giorgio, vedrete un po’ alla volta il verde della campagna tornar protagonista: meli, vigne e orti affiancati dai fiori della rosta (argine) dell’Adige vi inonderanno di grande rilassatezza! Più avanti, dopo un soleggiato rettilineo, si intravede tra la boscaglia il “Pont dei Vodi”, un pezzo leggendario di storia trentina (“Magna, bevi e godi ma sta lontan dal pont dei Vodi”). Passati poi sotto tre megaponti si entra nel biotopo “Foci dell’Avisio”, un’esibizione esplosiva della Natura: aironi, falchi, anatre, lepri, ululoni dal ventre giallo, ramarri da una parte e dall’altra campi di pomi, asparagi, broccoli e carote! In lontananza verso sud i primi tentacoli della travolgente avanzata della città, capannoni, viadotti a due piani, svincoli, interporto, aeroporto, palazzoni, condomini! Proverete la sadica soddisfazione di non esser, almeno per un’ora, là dentro, di respirare aria quasi pulita, di non sentirvi sgomitati ad ogni piè sospinto né di avere il naso soffocato dall’odore di città! Qualche metro ancora ed ecco il quasi nuovo carcere, 750 posti dove pare i detenuti in fase rieducativa coltivino un ottimo zafferano: tenete duro alla tentazione di entrare ad assaggiarlo! Naturalmente è possibile girar i tacchi in qualsiasi momento, ma se l’entusiasmo vi ha obnubilato la ragione e strabuzzato a rana gli occhi potete tirar di lungo fino all’uscite di Roncafort o Spini, se non addirittura a quella di Lavis, circa otto chilometri da piazza San Severino! Verso Verona invece, passato prima di qua e poi di là l’Adige, vi
salterà addosso un solido pretesto per metter giù le chiappe: in via del Lidorno c’è il più attrezzato bicigrill della Provincia, ampio bar, ristorante, un grande prato alberato e un capientissimo parcheggio. La sua indispensabile comodità vi apparirà lapalissiana allorquando, esondanti sudore, col cuore fuorigiri e lingua alla Fantozzi, cercherete disperatamente un posto qualsiasi per svaccarvi “tant che la vaga”: bene, allora il bicigrill vi apparirà l’anticamera del paradiso con angeli e arcangeli lì a suonare per voi! Avrete anche l’opportunità di prendere il sole, leggere, spettegolare a rischio zero, di incollarvi “a cammello” ad una fontanella, incontrare le persone più improbabili, chiacchierare senza parlar di niente, etc. Subito dopo ecco l’aeroporto Caproni dove magari vi stupirete di fare ciao ciao ad ogni infilarsi nel cielo di un aereo! Poi, ahinoi, la pista corre per qualche chilometro a lato della trafficatissima, rumorosissima e puzzolentissima autostrada: rasserenatevi guardando dall’altra parte la verde distesa di campi coltivati meglio di un giardino! Andare in ciclabile sta diventando sempre più uno stile di vita di contatto diretto con la natura: andarci in carrozzina, elettrica o manuale, oppure con il tripode, potenzierà la nostra autostima di esseri viventi ecosostenibili e “smog free”. Passeggiare senza pistoni né fumiganti marmitte ci costringerà a riconciliarci con quell’ambiente, formiche e bacherozzi inclusi, di cui a volte abbiamo solo orecchiato in tv! A proposito, viene chiamata solitamente “ciclabile” lasciando intendere che ognuno qui possa inventarsi le regole che più gli fan comodo! Eh no carini... non funziona così: il suo nome ufficiale è “pista ciclopedonale” ossia strada aperta a pedoni, ciclisti, skiroller, pattini e carrozzine... Insomma non è un velodromo privato bensì un qualsiasi nastro d’asfalto! Ultimo consiglio: non dimenticatevi una bottiglietta d’acqua e un cappellino se non volete tornare a casa disidratati come “en peclin”!
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Ugo Bosetti
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CULTURA
ASSOCIAZIONE FEDORA Cultura senza limiti Intervista a Ginevra Bocconcelli, presidente e project manager Associazione Fedora
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e accosto a parole come “innovazione”, “cultura” e “accessibilità”, se penso ad esperienze che le raccolgano tutte quante, una delle prime che mi vengono in mente - e che racconterò in questa conversazione - è Associazione Fedora. Ho conosciuto Ginevra nel luglio del 2015 in occasione di quel che oggi è il Pergine Festival, allora ancora Pergine Spettacolo Aperto. Sono passati ormai cinque anni, e da due Ginevra con altri due soci ha avviato a Milano questa realtà che si occupa di sensibilizzazione sulla disabilità sensoriale e offre consulenza per l’accessibilità culturale. E che dallo scorso gennaio collabora in stretto dialogo con il Pergine Festival. Ma non sveliamo oltre e andiamo all’intervista.
a cura di Ivan Ferigo
www.assnefedora.com
Come avete rivisto la vostra attività in seguito all’emergenza Covid-19? Lo dico senza peli sulla lingua: siamo molto in difficoltà. La parte di sensibilizzazione possiamo farla solo stando a contatto con le persone. I corsi già iniziati li abbiamo spostati online, almeno quelli che era possibile, come i corsi di sensibilizzazione alla LIS. Abbiamo contribuito a sponsorizzare iniziative del mondo culturale milanese passate dal fisico al virtuale, in modo che chi era costretto a casa o comunque limitato nelle attività potesse fruirne. Stiamo progettando le attività che ricominceremo a proporre da settembre, in modo che possano essere fatte anche da casa. Inoltre stiamo iniziando tutta una serie di piccole videointerviste ad esperti di accessibilità e disabilità, per creare un piccolo centro informazioni che possa essere goduto anche dal proprio divano. Però stiamo facendo fatica perché parliamo di soggetti fragili, con i quali non avere il contatto fisico è un problema.
Come nasce Fedora?
Nasce da un’idea mia e della mia amica Valeria La Corte. Ci siamo conosciute all’Università a Bologna: entrambe facevamo la specialistica in Discipline dello spettacolo dal vivo. Nel frattempo, Valeria stava facendo un percorso di accompagnamento di studenti con disabilità, mentre io ho un papà cieco da vent’anni. Un giorno parlavamo del fatto che persone con disabilità sensoriali simili non avessero la possibilità non solo di accedere ad un posto da un punto di vista fisico, ma soprattutto di fruire di prodotti culturali. Abbiamo ragionato su quante realtà in Italia si occupassero di accessibilità del prodotto culturale, e iniziato a lavorare su quest’idea. Ritornate a Milano, abbiamo conosciuto l’altro nostro socio Luca Falbo, che ha genitori sordi segnanti. Da lì, nel 2018 abbiamo fondato Fedora.
Come mai questo nome ripreso da una de “Le città invisibili” di Italo Calvino? Fantastico! Qualcuno che se ne accorge! Fedora è la città che ognuno di noi desidera. Ci piacerebbe vivere in un mondo in cui non ci fossero cittadini di serie A e di serie B, ma dove tutto possa essere fruibile da tutti.
Qual è la vostra mission?
Promuovere l’accessibilità in ambito culturale per persone con disabilità sensoriali, sviluppando attività di sensibilizzazione attraverso corsi e iniziative. Nell’ultimo anno, facendo uno
Pedana sensoriale
Tra i progetti sospesi, anche una collaborazione con Pergine Festival. Di cosa si tratta?
Partecipanti al corso LIS
step in più, ci stiamo occupando di offrire consulenza per lo sviluppo di attività accessibili, soprattutto per educare le realtà culturali (festival, cinema, teatri, musei...) a rendersi accessibili dal punto di vista della struttura, del personale, della comunicazione, dei contenuti. È una cosa molto delicata: non esistono veri e propri percorsi di studi che lo insegnano. Quel che facciamo è frutto dei nostri studi e delle nostre competenze formative, ma anche della pratica e delle competenze “involontarie”. Dunque, in sintesi, le nostre mission sono sensibilizzazione e consulenza per l’accessibilità.
Parliamo della sensibilizzazione sul tema delle disabilità sensoriali.
Abbiamo iniziato a fare sensibilizzazione attraverso corsi di lingua dei segni. Oltre a dare le basi, mandiamo avanti anche una parte teorica attraverso la quale vogliamo portare le persone in un mondo che non è il loro, a conoscerlo, comprenderlo, criticarlo anche, alle volte. Questo è sensibilizzare: non solo insegnare una lingua, ma una cultura. Ad esempio, a dicembre abbiamo coinvolto studenti nell’evento “Ti invito a Fedora”, dove abbiamo fatto fare un’installazione ad un musicoterapeuta attraverso la nostra pedana sensoriale. Noi abbiamo acquistato questo strumento meraviglioso che prende il suono e lo trasforma in vibrazioni che permettono anche alle persone sorde di poter percepire la musica. È stato un modo per permettere alle persone di capire al meglio delle loro possibilità cosa significa non avere uno dei cinque sensi.
Da molti anni Pergine Festival porta avanti il progetto No Limits, tutta una serie di attività pensate per essere accessibili anche ad un pubblico di persone con disabilità sensoriali. Quest’anno c’è stata la possibilità di fare da referente di questo progetto. Abbiamo individuato all’interno del festival delle attività da poter rendere accessibili. Cinque progetti diversi tra loro, in modo da dare una proposta diversificata: due concerti, una passeggiata itinerante teatralizzata, un labirinto all’interno di una piazza, un’installazione già pensata per essere accessibile anche a persone cieche e sorde. Non tanti, sulla carta, ma è un lavoro che richiede molto tempo e molte energie. Una volta reso accessibile il prodotto, bisogna poi comunicarlo in un certo modo. Stiamo quindi progettando tutti i materiali, cartacei e online, in modo che possano essere fruibili a persone cieche e sorde. C’è tutto un lavoro di traduzione in LIS o in Braille, di preparazione di materiali cartacei che abbiano dimensioni, caratteri, colori che possano essere visti da persone ipovedenti. Abbiamo coinvolto tante realtà e associazioni di categoria, non solo di Pergine e Trento, ma anche di Milano. E abbiamo cominciato a capire insieme agli artisti come poter non adattare, ma rendere complementare l’accessibilità al loro lavoro. Adesso stiamo cercando di capire come ripensare il festival. Le persone con disabilità sensoriale, per diversi motivi, economici e sociali, fanno più fatica a muoversi, spostarsi, andare in vacanza. Stiamo lavorando anche su questo, coinvolgendo agenzie e associazioni che si occupano di turismo accessibile, spingendo una proposta di pacchetto viaggio per persone con disabilità sensoriali. Stiamo cercando di trovare tutti i mezzi possibili per fare il festival, fare No Limits, portare le persone a Pergine. Negli ultimi anni c’è un aumento di persone con disabilità sensoriali con forte desiderio di muoversi, di viaggiare. È una bella onda da seguire.
Che messaggio vorreste lasciare ai nostri lettori?
Credo l’accessibilità non sia solo un diritto, ma anche un dovere. Stare a contatto con le persone e creare questo tipo di iniziative dà delle soddisfazioni personali davvero impagabili. Lottare e continuare a lavorare perché davvero tutti possano fruire delle bellezze che abbiamo intorno. Soprattutto in questi giorni si dice che l’Italia è un Paese meraviglioso, che a livello culturale dà e può dare tanto: limitare la bellezza solo a un numero ristretto di persone non trovo sia giusto. Mi piacerebbe un giorno non dovermi porre il problema di andare a teatro con mio papà, di andare a vedere una mostra con lui, di portarmelo in giro per la Sicilia senza l’ansia, la paura o le difficoltà che ci sono adesso. Vorrei che tutto fosse il più possibile aperto e accessibile.
www.assnefedora.com
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DARE VOCE
FIABE AL TELEFONO Il contatto umano della voce a cura di Ivan Ferigo
Intervista ad Aurelia Cipollini co-fondatrice de L’arcolaio
I
n tempi di forzato distanziamento interpersonale, una fiaba raccontata al telefono da una voce calda e avvolgente può essere molto di conforto. Così in quarantena è sbocciato “Fiabe al telefono”, progetto ideato da Aurelia Cipollini e Marzia Quartini, attrici che due anni fa hanno dato vita a L’arcolaio. Ne abbiamo parlato con la prima. Raccontaci qualcosa di voi e del vostro progetto. Siamo due attrici residenti a Lecce. Io originaria di Ascoli Piceno, mentre Marzia è del posto. Il nostro progetto cerca di recuperare tutto ciò che riguarda la tradizione orale, di riscoprire il valore dei diversi sistemi di trasmissione, riproponendo narrazioni, fiabe, canti, leggende, miti. “Fiabe al telefono” fa parte di questo progetto. Pensato diversi mesi fa, per questioni lavorative non siamo mai riuscite ad avviarlo. L’abbiamo attivato in questo periodo di quarantena casalinga: ci sembrava una cosa bella da offrire. Il progetto in sé è molto semplice: abbiamo attivato un numero, le persone possono chiamarci il martedì e il giovedì dalle 17.00 alle 19.00, per ascoltare una fiaba. Sono fiabe tratte dalle tradizioni popolari di tutto il mondo, lette dal vivo dalle nostre voci. Abbiamo inoltre attivato un gruppo Whatsapp in modo da poter inviare le registrazioni delle fiabe, così che possano essere riascoltate. Che obiettivi vi ponete? Innanzitutto restituire la centralità e la cura delle persone, curando gli animi attraverso la bellezza e l’incanto che le fiabe possono donare. Coltivare rapporti autentici, riscoprendo la radice sociale che, come persona, ognuno di noi ha. Scoprire il bisogno che abbiamo degli altri, cercando di abbandonare la paura dell’altro e del diverso. E, non meno importante, educare l’ascolto e all’ascolto. Proprio per questo è per noi essenziale leggere queste fiabe dal vivo. Le chiamate si svolgono in maniera semplicissima: ci chiamano, rispondiamo, scambiamo mezzo minuto di chiacchiere presentandoci, per far sentire la vicinanza.
Ascoltare queste voci dal vivo fa sentire partecipi le persone, che diventano custodi di quello che noi leggiamo. Anche il fatto di leggerle dal vivo senza l’aiuto delle immagini, di concentrarsi solo sull’ascolto, sul suono della voce e delle parole, sulla musicalità e sui colori che possiamo donare a un testo scritto, danno la possibilità di accedere immediatamente e in maniera privilegiata all’interiorità di chi ascolta, e viceversa. È questo scambio che ci fa emozionare. I vostri utenti di che fasce d’età sono? Per la maggior parte adulti con bambini, ma ci chiamano anche anziani e giovani. Le fiabe che proponiamo non sono solo per bambini. O meglio, sono per bambini da 0 a 99 anni.
Letture in corso
Quali sono le reazioni? Nel confronto con i bambini ci vuole grande impegno: sono abituatissimi a stare davanti a tv e video, quindi catturare il loro ascolto e mantenerlo vivo, per quei cinque minuti, è per noi una difficoltà in più. Non avendo l’immagine, dobbiamo colorare ancora di più la nostra voce e mettere in campo tutti i nostri saperi attorali. Quanto alla percezione del significato, penso i bambini ricevano in modo più puro, mentre negli adulti c’è più un ragionamento dietro all’ascolto. Una rielaborazione c’è anche nel bambino, più simbolica, interna e inconscia; nell’adulto lavora di più la parte razionale. E negli anziani? Gli anziani di oggi sono ancora più abituati a questo tipo di ascolto: sono i nostri nonni, quelli che ci leggevano le fiabe raccolti con i nipotini. Per loro è un valore in più, è come un ritorno a quella dimensione di focolare e di calore che hanno vissuto in prima persona, donandosi a figli e nipoti. Abbiamo fatto chiamate in centri per anziani e case famiglia. In tanti ci contattano per farci chiamare i nonni all’ospedale da soli; li chiamiamo e sono contenti. Immagino che soprattutto in un perio-
Marzia Quartini e Aurelia Cipollini
do come questo sia un segno di vicinanza e conforto. Una delle cose più belle di questo progetto è sicuramente vedere il bisogno che abbiamo tutti dell’altro, della persona, del contatto umano. Non possiamo stare da soli. Il coronavirus ha messo ancora più in luce questo nostro bisogno profondo. Penso che ce l’abbiamo in generale nella vita, ed è commovente vedere quanto ne abbiamo bisogno. È stato molto forte per noi vedere così tanta richiesta e voglia di partecipare.
Quante chiamate ricevete? Centinaia, ogni giorno. Ma ricordiamo che riceviamo solo il martedì e il giovedì. Si può mandare un messaggino allo stesso numero per essere inseriti in un gruppo Whatsapp e ricevere le registrazioni. Riusciamo a rispondere ad un centinaio di persone ogni giornata lavorativa. Fino a quando andrà avanti il progetto? Speriamo per sempre.
L’ARTE DI “DARE VOCE” AL CUORE
S
e dico “Dare” a cosa pensate? E… la parola “Voce” come vi suona? Sapete di avere una voce o la usate con trascuratezza tale da non rendervi conto della sua potenza, di come vibra in accordo con la vita? Se il “Dare voce” fosse un “Dare vita”? Dare vita
alla canzone del cuore, quella che ci tiene appesi ai sogni quando sentiamo di cadere; la stessa che può cullare un bambino triste. Perché, diciamolo, la vita è dura e l’unica certezza la possiamo trovare in noi, nell’essere noi stessi con le nostre emozioni più vere: un patrimonio che può arrivare all’altro per emozionare,appunto. Dare voce al cuore Come? Attraverso la lettura di un libro o il grido di gioia di due innamorati che si incontrano dopo due mesi di quarantena. Allora forse la voce è un imprescindibile strumento naturale, che mette in relazione attraverso la parola e informa attraverso l’esposizione dei pensieri. La voce è suono, è pura poesia di suoni. E tanto altro.
Scoprire la propria voce, nel senso di renderla nuda, ci aiuta a manifestare il nostro essere così com’è; ad acquisire un tono che ci racconta e rappresenta senza filtri. Più semplicemente ci fa conoscere agli altri attraverso uno stile emozionale e comunicativo unico, come siamo noi. Nel periodo di reclusione forzata causa coronavirus, abbiamo avuto modo di dedicarci a noi, di individuare e ripulire la nostra essenza. In questa cornice particolare della storia umana, bombardati da notizie tanto impressionanti quanto negative, ci siamo accorti che è fondamentale avere cura di quel che diciamo e di come lo diciamo, per creare vibrazioni positive e nutrire la nostra anima. Fare attenzione ad utilizzare parole belle e accoglienti è un’accortezza importantissima che molti non hanno ancora adottato. Se poi riusciamo anche ad essere assertivi, ovvero a dire quello che pensiamo senza sentirci in difetto e mancare di rispetto all’altro, allora sì che siamo a buon punto.
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Ogni tanto, durante la giornata, vi consiglio di provare ad ascoltare il tono della vostra voce: come vi sembra? Allegro? Triste? Arrabbiato? Fateci caso... Perchè parlando state comunicando qualcosa di voi al mondo, al di là delle parole che usate e dei discorsi che vi guidano. State facendo conoscere lo stato d’animo che vi abita, nel profondo. Spesso una persona che agisce con coraggio, ovvero seguendo il suo cuore, ha un tono luminoso e rilassato. Dà voce ad un senso di libertà derivato dall’esprimere se stesso, autenticamente. Occorre forza, certo, ma ne vale assolutamente la pena. Ci si trova nel potere di quel che si dice generando un proprio personale carisma. Insomma, se dietro alla voce c’è il cuore che parla si può stare tranquilli e godersi lo spettacolo di emozioni che ci attraversano, accettandole e vivendole pienamente in modo che lo possa fare anche chi ci ascolta altrettanto empaticamente. Alessia Vinante
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