Prodigio Aprile 2021 - Rinascita

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pro.di.gio. BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP

NUMERO II - APRILE 2021 - ANNO XXI - 125° NUMERO PUBBLICATO

Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R.

PROGETTO DI GIORNALE

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L’ospitalità made in Italy è sempre più etica Parola dello chef Antonio De Benedetto, che dal 2006 a oggi ha formato e avviato alla professione alberghiera oltre cento ragazzi con la sindrome di Down pag. 2

Il negazionismo ai tempi della pandemia pag. 4

Pazienza, musica spenta e tanto affetto Così Christian Plotegher taglia i capelli ai ragazzi autistici pag. 9

Il sogno di Giuliana, diventare una campionessa paralimpica Un progetto di affiliazione tra FIDAL e FISPES per dare nuove opportunità ai giovani trentini Photo by Yoksel Zok

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Aprile 2021 - n.2

IN EVIDENZA

RINASCITA Ben ritrovate e ritrovati, care lettrici e cari lettori, in questa primavera ricca di attese e speranze.Dedichiamo questo numero al tema della “rinascita”. Cominciamo però con una provocazione che parte da lontano: il quindicesimo secolo, altirmenti ricordato come l’Epoca del Rinascimento Italiano, fu un periodo di grandi sconvolgimenti economici, politici, religiosi e sociali, un’epoca di confine tra basso medioevo ed età moderna, un secolo che risorse dalla seconda grande pandemia globale di peste nera che negli anni ‘30 del XIV secolo, dalla steppe della Mongolia devastò gran parte

Capo Redattore Lorenzo Pupi

dell’attuale Europa, causando più di 20 milioni di morti. Alcuni, oggi, cercano di trovare un parallelismo storico con ciò che stiamo vivendo, e parlano quindi di nuovo Rinascimento, come se a grande disgrazia possa corrispondere una forte ripresa automatica. Certo, guardandosi tutto intorno sembra di vivere la narrazione di qualche film apocalittico di serie B, ma in realtà condividiamo un’epoca senza precedenti, che non ha un finale scontato, per la complessità che rappresenta oggi più che in passato. Conoscere e ispirarsi alla storia è certamente una buona abitudine se usata con saggezza,

ma forse adagiarsi e confidare nella sua perpetua ciclicità non è la strada migliore da percorrere. Al contrario bisogna essere capaci di cogliere di tanto in tanto i salti nell’oblio che l’esperienza ci regala, come opportunità per sbagliare e correggere la rotta.Come sempre cerchiamo nel nostro piccolo di scovare questi elementi di ispirazione, storie e progetti che ci possano sorprendere e dare una prospettiva di rinascita anche quando tutto sembra sprofondare. La pandemia, come i cambiamenti climatici, le guerre e le ingiustizie sociali sono segnali di un sistema che sta certamente soffrendo, e la

L’AMARO PREZZO DELLA VERITÀ Bocche scucite tra le case rosse. Voci disperate. E a forza di bussare, rosse diventano anche le nocche. La cassa toracica si riempie di aria sporca. Poi si purifica, esce, ma chiude un’altra porta. E ti riempiono il cervello di veleno e il cuore di acido. Così tanto che la voce sembra essere sparita. E scoprire infine, che questa benedetta voce, si scalda da sola. Infondo basta uscire dalle lenzuola. Con l’acido si sciolgono gli innocenti. E poi ti vengono a dire “siamo uomini di altri tempi”. Ci siamo dimenticati il significato di legalità. Sempre di più i convinti, che le armi siano sinonimo di libertà. Bocche cucite dal coraggio mancante. Di chi si crede un moscerino, ma in realtà è un gigante. Giganti in isolamento, come ladri si nascondono. In molti la stessa pena scontano. Per aver detto la verità. Pena per chi davanti alle ingiustizie, zitto non sta’.

migliore cura nasce dal confronto, dalla lettura e dall’ascolto. Noi, cerchiamo di fare la nostra parte, dandovi modo di conoscere persone e storie di riscatto, che speriamo possano influenzare, anche solo minimamente, il cambiamento di cuitutti noi siamo a nostro modo artefici.Buona lettura.

di Giacomo Carbonara

Il 3 maggio sarà la Giornata internazionale per la libertà di stampa. Noi di pro.di.gio. vogliamo celebrare l’impegno dei tanti giornalisti e operatori dell’informazione in prima linea, nella ricerca e diffusione della verità, con questa bella poesia di Giacomo Carbonara

Giacomo Carbonara Carovigno (BR), 2017

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Abbonamento annuale (6 numeri) Proprietà: Associazione Prodigio Odv Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Sito Internet: www.prodigio.it E-mail: associazione@prodigio.it Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana). Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Redazione: Luciana Bertoldi, Giulio Thiella, Lorenzo Pupi, Martina Dei Cas, Ivan Ferigo, Elisa Giarolli, Noemi Manfrini. Hanno collaborato: Maria Devigili, Giacomo Carbonara, Samuele Maranelli In stampa: 11 aprile 2021

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INNOVAZIONE SOCIALE

Aprile 2021 - n.2

L’OSPITALITÀ MADE IN ITALY È SEMPRE PIÙ ETICA

a cura di Martina Dei Cas

Parola dello chef Antonio De Benedetto, che dal 2006 a oggi ha formato e avviato alla professione alberghiera oltre cento ragazzi con la sindrome di Down «Somministriamo disabilità alla popolazione in modo omeopatico per cambiare la società civile. E non ci lasciamo scoraggiare da niente, nemmeno dal Covid», comincia così la nostra chiacchierata con lo chef astigiano Antonio De Benedetto, inventore dell’albergo etico e presidente dell’omonima associazione, che attualmente gestisce quattro strutture, ad Asti, Roma, Fénis in Val d’Aosta e nelle Blue Mountains australiane. Nelle cucine, alla reception e ai piani, lavorano ragazzi e ragazze con la sindrome di Down, accompagnati attraverso il metodo educativo «download» in un ambizioso progetto di realizzazione professionale e vita indipendente.

Chef De Benedetto, l’albergo etico rappresenta una doppia rivoluzione, sia nel mondo dell’hôtellerie che in quello della disabilità. Ci spiega come nacque l’idea? Era il 2006, quando nel mio ristorante arrivò in stage Niccolò, un ragazzo con la sindrome di Down. Assieme a lui ho imparato a guardare la disabilità da un altro punto di vista. E ho pensato che sarebbe stato bello costruire un metodo di formazione attivo per il miglioramento delle persone con disabilità intellettiva, sensoriale e fisica attraverso le mansioni alberghiere.

In che cosa consiste questo metodo? Il nostro metodo – che chiamiamo «download» perché il caposervizio della struttura centrale, ovvero l’albergo etico, passa le competenze ai ragazzi – è molto simile a quello montessoriano. Lì il luogo delle scoperte è la casa. Nel nostro caso invece è l’hotel, accanto al quale si trova sempre una «accademia dell’indipendenza», ovvero un appartamento in cui i ragazzi vivono da soli in autogestione.

La vera rivoluzione, però, comincia a casa… Sì. Molto spesso i genitori dei ragazzi disabili sono pieni di paure. Per questo la prima cosa che insegniamo ai nostri studenti è utilizzare il coltello. Crediamo che bisogna spiegare come gestire il pericolo, non come evitarlo. E in hotel, di pericoli ce ne sono parecchi, dalle lame al

fuoco, passando per il freddo intenso delle celle frigo.

Qual è il ruolo della famiglia in questo processo? Fondamentale. Fin dal primo giorno, stringiamo con mamme e papà un vero e proprio patto formativo. Li teniamo sempre aggiornati sui temi affrontati in classe e chiediamo loro di replicarli a casa. Per esempio, raccomandiamo di insegnare ai figli a gestire l’intero ciclo di lavaggio del proprio abbigliamento, fino alla stiratura e alla preparazione della valigia. Ma anche di dare la libertà di invitare un amico e di preparare la cena per lui e di ospitarlo per una notte. Proprio per questo abbiamo creato la cosiddetta «Divisione Super Mamma», in cui le mamme dei ragazzi che sono con noi da più tempo spiegano le diverse tappe del percorso alle famiglie che sono appena entrate nel network.

La chiave sta quindi nella reciprocità? Esatto, noi non insegniamo se le famiglie a loro volta non insegnano. Il nostro metodo si basa sulla replicazione in casa delle mansioni alberghiere. E la mamma è il primo certificatore del processo di apprendimento. Vogliamo far passare il messaggio per cui un figlio disabile non è un figlio senza possibilità, bensì un figlio per cui le possibilità vanno costruite. Bisogna avere il coraggio di lasciarlo fare. Dobbiamo lavorare insieme e favorire i processi di educazione tra pari. In questi anni siamo entrati in contatto con oltre cento ragazzi. La formazione alberghiera è accompagnata da quella scolastica – 20% teorica e 80% pratica – grazie alla collaborazione della Scuola alberghiera Colline Astigiane, dove io ero professore. Ogni anno, la struttura accoglie otto ragazzi, che poi completano il percorso con lo stage all’Albergo Etico.

Antonio De Benedetto, presidente dell’associazione Albergo Etico. Al suo fianco nella gestione degli alberghi etici, ci sono Elisabetta Barberi di Roma che si occupa della formazione e Alex Toselli, presidente della Cooperativa Download, che lavora sulla parte economica e assicura la scalabilità del progetto.

Obiettivi per il futuro? Espandere la nostra rete. Spero che entro il 2023 saranno operativi almeno una quindicina di alberghi etici. Ne abbiamo già in cantiere uno a Sondrio e un altro a Cordoba in Argentina.

Prima del Covid, molte delle vostre attività erano presenziali e vi prendevano parte ragazzi e ragazze da Catanzaro ad Aosta. Ma come vi organizzate per gestire in sicurezza questi viaggi su e giù per lo stivale? Costruendo un «paracadute», ovvero un capillare sistema di controllo e preparandoli come se fossero militari in missione. Innanzitutto, allertiamo una rete di volontari lungo il tragitto, pronti a intervenire in caso di problemi. E poi usiamo la tecnologia. Insegniamo ai ragazzi a utilizzare la geolocalizzazione e a inviare tramite Whatsapp una fotografia ai genitori in tutti i momenti chiave del viaggio, per esempio quando salgono sul treno oppure quando arrivano in una determinata stazione.

L’albergo etico pilota, ad Asti, 21 camere e una capienza di una sessantina di ospiti, ha aperto nel 2015. Si ricorda la prima cliente? Una signora svizzera.

Quanto ha inciso la pandemia sulla vostra associazione? In realtà più che incidere, ci ha dimostrato quanto le nostre mamme siano davvero super. In meno di una settimana dall’annuncio del primo lockdown, infatti, affinché i ragazzi restassero in contatto tra loro, sono riuscite a mettere in piedi ben undici laboratori virtuali, di cucina, sala, pasticceria, fotografia, teatro, uso del pc, manualità, canto, linguaggio dei segni, judo e inglese.

@hotelabergoeticoasti @albergo_etico www.albergoetico.it

Una delegazione di Albergo Etico a “Expo Milano 2015”

I ragazzi di “Albergo Etico” al lavoro per costruire l’inclusione attraverso le professioni alberghiere pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | associazione@prodigio.it

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ATTUALITÀ

QUANDO LA DISABILITÀ SUL LAVORO PUÒ DIVENTARE STRATEGICA

Il mese scorso, la Società Cooperativa “Centro Spazio Vita Niguarda” di Milano ha annunciato l’avvio del progetto “WorkAbility”, nato per migliorare il Servizio Clienti di “B. Braun”, una multinazionale leader nella fornitura di prodotti e servizi per la salute. Un’iniziativa che, passando per la logica del business aziendale, crea valore sociale. «Nel progetto WorkAbility la disabilità diventa un vero e proprio merito aggiunto per il collocamento professionale. Braun, infatti, offre un servizio di assistenza alle persone con disabilità o con specifiche malattie, ma per erogare al meglio questo tipo di supporto è fondamentale un approccio globale alla vita e alle esigenze della persona, che vada ben oltre la necessità dettata dalla patologia o l’impiego di dispositivi medici. È necessario,

infatti, offrire un supporto articolato di carattere sociale, che contribuisca al miglioramento della sua qualità di vita. Ed è in questo contesto che la nostra organizzazione si è rivelata il partner ideale per il team di assistenza clienti. Chi meglio, infatti, di persone con disabilità, che vivono in prima persona le difficoltà di questa condizione, possono assolvere in modo virtuoso questo compito?», affermano i portavoce della Cooperativa. In tal senso, alla luce del fatto che l’incremento delle richieste e la complessità delle stesse presuppone, da parte degli operatori dell’assistenza, uno spiccato orientamento alla lettura del bisogno, oltre che una buona capacità empatica, l’azienda ha deciso di siglare un accordo con “Spazio Vita Niguarda” per la fornitura di servizi dedicati a tale ambito, con la consapevolezza che tale Società vanta una lunga esperienza nel supporto alle persone con disabilità motoria congenita e acquisita, alle quali offre servizi e attività mirate al reinserimento sociale e lavorativo. «Con WorkAbility ci si propone di portare valore a tutte le parti coinvolte, a partire dalle persone che contattano il call center dell’azienda, le quali troveranno d’ora in poi professionisti, appositamente formati, con una reale attenzione e comprensione dei bisogni della persona con disabilità».

Importante ricordare che questa Cooperativa, dal 2018, fa parte del GLIC, la rete italiana dei centri di consulenza sugli ausili tecnologici dedicati alle persone con disabilità. Il laboratorio di informatica della società dispone di un’équipe multidisciplinare che offre un percorso completo: valutazioni funzionali, personalizzazione ausili tecnologici, terapia occupazionale digitale, alfabetizzazione informatica, laboratori di stampa 3D, elettronica, web design. “Spazio Vita”, inoltre, collabora attivamente con la Direzione del Niguarda, per lo sviluppo di progetti congiunti sulla presa in carico socio sanitaria dei pazienti con disabilità motoria, e con lo staff dell’Unità Spinale Unipolare, per il supporto ai pazienti in degenza (persone con lesione al midollo spinale e con spina bifida). Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Spazio Vita Niguarda (Silvia Ferrario), segreteria@ spaziovitaniguarda.com.

IL NEGAZIONISMO AI TEMPI DELLA PANDEMIA

Manifestazione no-vax a Roma in settembre Nella Treccani il negazionismo viene definito come “forma estrema di revisionismo storico, la quale, mossa da intenti di carattere ideologico o politico, non si limita a reinterpretare determinati fenomeni della storia moderna ma, spec. con riferimento ad alcuni avvenimenti connessi al fascismo e al nazismo (per es., l’istituzione dei campi di sterminio nella Germania nazista), si spinge fino a negarne l’esistenza o la storicità”. Il termine “negazionista” nelle discussioni viene spesso visto come un insulto, una delegittimazione morale della propria opinione. In letteratura la parola negazionismo (denial, in inglese) è ampiamente usata anche per classificare fenomeni di rifiuto di alcune conoscenze scientifiche. In questi primi mesi di vaccinazioni sempre più teorie complottiste e negazioniste si fanno strada all’interno dei media. Nei mesi scorsi abbiamo assistito ad una minimizzazione della gravità

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della situazione sanitaria, della pericolosità del virus e della sua circolazione, al rifiuto delle proprie responsabilità, alla rimozione del problema. Come funziona il negazionismo? Perché anche in quest’epoca di informazione le persone non riconoscono gli esiti della scienza? Si sbaglia a pensare che tale rifiuto possa essere spiegato solo con l’ignoranza, l’irrazionalità o evocando l’analfabetismo funzionale. La conoscenza ha un certo peso nella formazione della nostra opinione, e se non si è formati a sufficienza non è possibile fare un discorso sensato su qualsiasi argomento. Il problema non sono solo il deficit di informazioni o la loro cattiva comprensione; infatti la ricerca in campo psicologico evidenzia che quando interpretiamo dati, notizie ed informazioni siamo inclini ad individuare conferme dei nostri giudizi. La nostra mente funziona attraverso

a cura di Noemi Manfrini

a cura di Elisa Giarolli

processi che la indirizzano verso la ricerca di una risposta semplice e rapida, soprattutto quando si tratta di prendere decisioni in situazioni, come quella della pandemia attuale, in cui le informazioni sono scarse o incerte. Ma come funziona il negazionismo? Come si diffondono queste idee? Gli psicologi Stephan Lewandowsky e Klaus Oberauer parlano di “negazionismo istituzionalmente organizzato”. Infatti esso è promosso da singole personalità e associazioni che, anche se si muovono in modo scoordinato, formano una rete della negazione. Inoltre è un negazionismo razionale, perché si prefigge di influenzare l’opinione pubblica e le scelte dei politici, lavorando tramite libri, pubblicazioni, interventi su giornali e altri media. Per contrastare il negazionismo è necessario raggiungere la popolazione attraverso un lavoro che dovrebbe coinvolgere diversi attori, dalle istituzioni alle scuole, con progetti ben focalizzati e di partecipazione sociale. Scrive il filosofo Bruno Latour in Tracciare la rotta. Come orientarsi in politica: “Nessuna conoscenza certa, lo sappiamo bene, si regge da sé. I fatti restano saldi solo quando c’è una cultura comune che li sostiene, ci sono istituzioni di cui potersi fidare, una vita pubblica grosso modo decente, dei media almeno un po’ affidabili”. Contrastare i negazionismi e la disinformazione è quindi un’impresa complessa e richiede una responsabilità diffusa nella società. Una responsabilità in buona sostanza collettiva. È un’impresa che, in ultima analisi, a pensarci bene, ha a che vedere con quella cosa che chiamiamo democrazia.

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SALUTE

LAURA E LA MALATTIA DI DANON: UNA DONNA FORTE CHE COMBATTE UNA RARITÀ

Aprile 2021 - n.2 a cura di Noemi Manfrini

Ce lo racconta in quest’intervista esclusiva disturbi, come l’ingrossamento del muscolo del cuore, debolezza e dolore ai muscoli o disturbi visivi. Nei casi più gravi si possono registrare anche ritardi mentali. Principalmente è ereditaria, correlata al cromosoma X. Per questo, i sintomi nell’uomo sono molto più severi che nella donna. Attualmente sono affetta da cardiomiopatia ipertrofica: mi stanco facilmente e spesso avverto improvvisi battiti anomali che possono portare aritmie pericolose, causa di morte improvvisa.

Buongiorno Noemi. Voglio ringraziare anzitutto l’Associazione Prodigio, per questa opportunità di condividere la mia storia. Ho 37 anni e soffro di una malattia rara, la Malattia di Danon. Questa patologia è poco conosciuta e ad oggi non esiste una cura che porti alla guarigione, ma solamente una terapia per tenerla sotto controllo.

Quando ti è stata diagnosticata questa patologia? Come ti sei sentita? Mi è stata diagnosticata nel 2018 e, ovviamente, è stato un momento difficile da affrontare. Quando ci si ritrova di fronte all’evidenza di avere una malattia rara, poco conosciuta e con remote possibilità di cura, è facile cadere nello sconforto totale. Ho cercato di pensare ai lati positivi, uno dei quali sicuramente è costituito dall’essere a conoscenza della propria condizione reale di salute: in quel momento ho dato un nome al problema che mi affliggeva sin dalla nascita e che, fino a quel momento, i dottori non erano stati in grado di identificare. Dopo alcune ricerche sul web sono venuta a conoscenza dell’esistenza di un gruppo di medici e ricercatori americani che sta studiando una terapia genica come cura da questa malattia. La fase uno è in corso e i primi risultati, registrati su pazienti molto gravi di sesso maschile, sono davvero incoraggianti.

Se digitiamo su Google “malattia di Danon”, i risultati di ricerca sono tutti paroloni scientifici, un po’ tosti da comprendere... In cosa consiste? Si tratta di una malattia genetica, scoperta nel 1981 dal dott. Moris Danon. Non ci sono dati precisi sull’incidenza in Italia, anche perché spesso non viene riconosciuta e diagnosticata dai medici. È una malattia sistemica, che colpisce più organi e può causare vari

Guarire completamente, e affrontare la vita senza la preoccupazione di avere una malattia degenerativa, che inevitabilmente porta a limitare molte scelte. Per questo, sto aspettando che la sperimentazione della terapia genica passi alle fasi successive e alla possibilità di essere testata anche sulle donne.

C’è un messaggio che vorresti dare a chi leggerà questa intervista? Il messaggio per chi è affetto da disabilità o malattie rare come la mia, è di cercare sempre il lato positivo della situazione in cui si trova. Penso, ad esempio, alle persone che ho incontrato e alle situazioni imprevedibili che si sono verificate come conseguenza dell’identificazione della mia malattia: si tratta di fattori che hanno inevitabilmente cambiato il mio modo di affrontare la vita, a conferma della mia convinzione che, anche dai momenti più difficili, nasce sempre qualcosa di buono.

Come stai affrontando questo periodo di pandemia? Da quando è arrivato il Covid ho iniziato a lavorare in smart working, ed esco solamente per qualche passeggiata. Vivendo da molti mesi sempre in casa, il rischio più grande è di estraniarsi dalla realtà e rimanere sospesi all’interno di una bolla, in compagnia di pensieri negativi. Cerco di rimanere aggiornata rispetto a quello che succede nel mondo e di instaurare relazioni positive anche all’interno di gruppi virtuali sui social, con persone unite da interessi affini come il web marketing.

Sappiamo che hai aperto un blog in Internet, dove parli di te e della malattia. Come lo hai chiamato? Com’è nata l’idea? Qual è l’obiettivo?

Laura Fazzolari www.malattiadidanon.it

MARKETING SAIT

Buongiorno Laura. Ti va di presentarti brevemente a tutti i nostri lettori che non ti conoscono ancora?

Qual è il tuo più grande sogno?

Dopo essermi trovata a sostenere esami e controlli medici senza risposte certe, ho pensato a come essere d’aiuto a chi ora si trova nella mia stessa situazione, magari senza conoscere la patologia. Il sito, www.malattiadidanon.it, è nato nel marzo 2020, durante il primo lockdown: in quella fase ho delineato la strategia iniziale e sviluppato il sito web con il blog. L’obiettivo è quello di dare informazioni semplici e chiare a chi è affetto da tale mutazione, e allo stesso tempo suggerire a chi avverte qualche sintomo di sottoporsi al test genetico. A questo si affianca il desiderio di condividere consigli legati all’alimentazione, alla psicologia e a stili di vita sani. Sto lavorando allo sviluppo del blog, coinvolgendo nella pubblicazione di contenuti le persone affette da malattie rare, che possono raccontare in prima persona le loro esperienze, e professionisti come medici e infermieri. Inoltre, è possibile iscriversi alla newsletter e ricevere informazioni in modo diretto via e-mail. In futuro, se il numero degli interessati dovesse aumentare considerevolmente, mi piacerebbe aprire un’associazione a supporto di chi è affetto da questa malattia. pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | associazione@prodigio.it

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PAGINA DI PUBBLICA UTILITÀ

4° edizione del Report: azioni e interventi per le donne vittime di violenza Una pubblicazione dedicata agli operatori che quotidianamente si trovano ad accompagnare donne vittime di violenza di genere. Uno strumento di lavoro per i professionisti che affrontano queste situazioni, ma anche una rappresentazione della ricchezza della rete delle Istituzioni e degli Enti del terzo settore che è presente nel territorio trentino. “La violenza sulle donne è un reato. Uscire dalla violenza si può”, si legge in apertura. Il documento è disponibile online sul sito della Provincia di Trento.

Formazione Ricordiamo il programma della Provincia, portato avanti dall’Ufficio pari opportunità e inclusione, insieme ad IPRASE, Soprintendenza per i beni culturali e TSM, di realizzare nelle scuole del territorio provinciale dei corsi formativi per il personale scolastico, sul tema della violenza assistita, ovvero di tutte quelle situazioni nelle quali la violenza verso le donne coinvolge anche i loro figli. Si tratta di uno dei punti fondamentali su cui concentrare l’attenzione: anche i minori, infatti, se vivono in contesti di violenza domestica sono esposti a particolari fragilità, e per cogliere in tempo i segnali di allarme è utile partire proprio dalla scuola.

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L’intervento sociale In Trentino è assicurato dai servizi sociali territoriali e dai servizi anti-violenza sia residenziali che di orientamento e consulenza, gestiti dal privato sociale. Tra i servizi di accoglienza residenziale ci sono le case rifugio, le case di accoglienza e gli alloggi in autonomia. I servizi invece di sostegno, orientamento e consulenza psicosociale e legale, sono gestiti in provincia di Trento dal Centro Antiviolenza e A.L.F.I.D.

Progetti e finanziamenti In relazione alle attività di promozione e sensibilizzazione sulle pari opportunità tra donne e uomini, i progetti annuali finanziati nell’ambito delle Pari opportunità sono stati 14, per un totale di oltre €120.000. Le iniziative di sensibilizzazione sono state 6, per un totale di oltre €12.000. Nell’ultimo bilancio provinciale, sono stati stanziati €100.000 per progetti e iniziative di sensibilizzazione su questa tematica. €20.000, invece, sono stati messi a disposizione per le attività promosse dal Consigliere di parità.


PAGINA DI PUBBLICA UTILITÀ

STEFANIA SEGNANA Assessore alla salute, politiche sociali, disabilità e famiglia

Profilo sanitario

Fronte lavoro

L’Azienda provinciale per i servizi sanitari è in campo con i pronto soccorso (presso gli ospedali di Arco, Borgo Valsugana, Cavalese, Cles, Rovereto, Tione di Trento, Santa Chiara di Trento) e le unità operative di ginecologia. Gli operatori, medici ed infermieri, agiscono principalmente nelle situazioni acute o di emergenza per le conseguenze dirette di atti di maltrattamento o violenza, garantiscono la gestione clinica nel massimo rispetto della riservatezza e sono disponibili all’ascolto partecipato. Il numero di emergenza è il 112. Per proseguire la presa in carico, la donna viene indirizzata ai consultori, presenti a Borgo Valsugana, Cavalese, Cles, Malè, Mezzolombardo, Pergine Valsugana, Primiero (frazione Tonadico), Riva del Garda, Rovereto, Tione di Trento, Trento.

Le donne vittime di violenza, in cerca di occupazione, che si recano presso i Centri per l’impiego della Provincia di Trento, possono contare sull’accoglienza da parte di specifici operatori e possono accedere a tutti i servizi rivolti alle persone disoccupate iscritte ai Centri per l’impiego. Inoltre, le donne segnalate dai servizi sociali rientrano nella definizione di soggetti svantaggiati e, pertanto, possono beneficiare degli interventi attivi, come i tirocini di formazione della durata di 12 mesi o i sostegni economici per l’assunzione. Il riferimento è l’Agenzia del lavoro. Ci sono poi il congedo INPS per donne vittime di violenza e i percorsi di inclusione lavorativa.

Il Fondo di solidarietà

Il tema dell’alloggio

È un intervento economico per l’anticipazione del risarcimento del danno morale, riconosciuto alla donna vittima di violenza con provvedimento dell’autorità giudiziaria. Alla voce “Misure di sostegno alle vittime reati intenzionali violenti”, si ricorda che è previsto un indennizzo per i delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, erogato in favore della vittima o degli aventi diritto. Infine, esiste il Fondo “La violenza non è un destino”, che offre un aiuto concreto alle donne e ai loro figli, che stanno cercando di uscire da una situazione di violenza e ricostruirsi una nuova vita.

Sono operativi gli Interventi di politica della casa. Le donne vittime di violenza che si trovano nel bisogno urgente di trovare una soluzione abitativa, possono rivolgersi all’Ente locale territorialmente competente (Comune di Trento o Comunità di Valle) per ottenere in affitto un alloggio pubblico, in via temporanea, o la concessione di un contributo a sostegno del pagamento dell’affitto per alloggi locati sul libero mercato.

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Aprile 2021 - n.2

ACCESSIBILITÀ

GIOCHI DI PACE: L’OBIETTIVO È COSTRUIRE

a cura della Redazione

PRESENTATO IL VIDEOGIOCO: “DISCOVERING DIVERSITY - SULLE TRACCE DELLA DIVERSITÀ”

Costruire e non distruggere, questo sarà l’obiettivo di chi si cimenterà nel videogioco “Discovering Diversity - sulle tracce della diversità”. Non un gioco di guerra, ma di pace, che utilizza uno dei linguaggi preferiti dai giovani per educare alla diversità umana. È stato creato da un gruppo di lavoro composto, per il 50%, da ragazze e ragazzi provenienti da culture e religioni differenti, compresi in una fascia d’età che va dai quattordici ai trent’anni. L’altra metà, invece, è composta da religiosi, rappresentanti delle istituzioni che promuovono il progetto e figure professionali come comunicatori, pedagogisti, esperti di cultura e turismo. Monsignor Melchor Sanchez de Toca, Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, ha dichiarato: “Papa Francesco nella sua enciclica ha rivolto a tutti un invito a costruire una fratellanza umana a partire dalla diversità. Secondo la Scrittura, la Sapienza creò il mondo giocando (Prv 8,32), e solo giocando saremo capaci di rifarlo”.

La trama del videogioco vede come protagonisti alcuni adolescenti di religioni e culture differenti, alcuni anche con disabilità, che vengono invitati dai loro insegnanti a fare una ricerca su un territorio, alla scoperta delle bellezze del patrimonio culturale, sia materiale che immateriale. I primi due episodi saranno dedicati rispettivamente al territorio del Molise e a quello della Basilicata, ma il format prevede episodi in tutto il territorio italiano e successivamente coinvolgerà l’Europa ed il resto del mondo. “Si tratta di un’iniziativa lungimirante e innovativa”, ha dichiarato Antonio Nicoletti, Direttore Generale dell’Agenzia Promozione Territoriale della Basilicata. “Abbiamo voluto esserne parte sia per sostenere l’integrazione tra culture, sia per favorire la conoscenza del nostro patrimonio e la promozione della nostra terra, indirizzando l’attenzione a quella fascia di giovane età che si raggiunge con nuovi linguaggi di comunicazione, come il fumetto e come il gaming, che rappresentano ormai un’importante industria della comunicazione. A ciò si aggiunge l’attenzione all’accessibilità al nostro patrimonio e questa iniziativa si affianca alle altre che in questa direzione stiamo realizzando”. Nel gioco, incentrato sui temi dell’accessibilità universale, del dialogo interreligioso, dell’interculturalità, della rigenerazione dei borghi, della valorizzazione dei paesaggi, i ragazzi e le ragazze incontreranno molte persone reali e attraverseranno diversi luoghi: beni artistici, archeologici, ambientali, paesaggistici, etnoantropologici, enogastronomici, luoghi di fede, fatti e personaggi storico-letterari, siti ed aspetti connessi all’identità locale, produzioni ed eventi anche perduti e da recuperare, attività di svago e tempo libero.

Come ogni videogioco che si rispetti, in ogni scena ci saranno da trovare soluzioni, scoprire tradizioni e oggetti, risolvere enigmi, affrontare sfide... In particolare, i primi due episodi si svolgeranno nello splendido Comune di Castel del Giudice (IS) a Borgotufi, e a Venosa (PZ) nello stupefacente scenario delle catacombe ebraiche e nel suo centro storico. Il videogioco “Discovering diversity“ sarà scaricabile gratuitamente da Playstore o dall’App store e da casa ognuno potrà scegliersi il proprio personaggio (Avatar) e vivere la sua avventura. Per superare i vari livelli e trovare le soluzioni in ogni scena, in alcuni casi, sarà necessario recarsi fisicamente nei luoghi interessati dal videogioco e trovare un indizio, parlare con una persona del luogo, oppure individuare un elemento che consenta di proseguire nel gioco stesso. “Chiunque potrà giocare, indipendentemente dalle sue caratteristiche fisiche, sensoriali, anagrafiche, linguistiche, culturali e religiose, anche attraverso l’utilizzo della sottotitolazione multilingua, la possibilità di selezionare l’interprete della propria lingua dei segni, di regolare la luminosità, il campo visivo, le palette cromatiche, i livelli audio, la velocità del gioco, la semplificazione dei comandi e molto altro ancora”, sottolineano Dino Angelaccio e Nunzia Lattanzio di Itria (Itinerari turistico religiosi interculturali e accessibili), ideatori del progetto, in collaborazione con Fondazione Giovanni Paolo II, CEAM, ICOMOS Italia, CIA Abruzzo, Consiglio d’Europa Ufficio di Venezia, ENAT, APT Basilicata e Comune di Castel del Giudice.

GOOGLE ACCESSIBILITY questo obiettivo è realizzare tecnologie che funzionino per tutti. Per noi l’accessibilità è un diritto umano, e un principio basilare è l’indipendenza: nessuno dev’essere costretto a contare su altri per usare Android”. Tutti gli strumenti e le tecnologie messe a punto da Google per semplificare la vita nel quotidiano degli utenti con qualche forma di disabilità sono sviluppate con il loro coinvolgimento. Perché la priorità è che siano “il più possibile inclusivi e alla portata di tutti, con l’obiettivo di creare una società più equa”. Viviamo in una società basata sull’informazione e la conoscenza. In questi anni, l’informazione è diventata sempre più un bisogno primario e la tecnologia, dal computer allo smartphone, dai messaggi di posta elettronica al wi-fi, è sempre di più il mezzo per trasmettere, conservare e creare l’informazione. L’accesso alla tecnologia dell’informazione rappresenta perciò sempre più un’opportunità di conoscenza, istruzione e lavoro, e acquisisce sempre maggior importanza nel modo di vivere, di lavorare e di apprendere. Si può in qualche modo equiparare l’accesso alle tecnologie ed il loro pieno utilizzo ad un diritto primario per tutti i cittadini, nessuno escluso. Ma come fare quando si è esclusi da questo diritto primario? Google Accessibility aiuta le persone escluse da questo diritto: “La missione di Google è organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle accessibili e utili – esordisce Brian Kemper, Accessibility Product Manager di Android – e un elemento chiave per raggiungere

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Lookout in italiano Lookout è un’applicazione Android, localizzata anche in italiano, dedicata alle persone con disabilità visive. Puntando lo smartphone in ogni direzione si ottiene una descrizione vocale dell’ambiente e degli oggetti visualizzati grazie a modelli di intelligenza artificiale. Per esempio, Lookout è in grado di distinguere gli ingredienti per una ricetta in cucina, i prodotti del supermercato (con tanto di marchio e quantità), le banconote, strumenti di lavoro e testi scritti.

Chrome descrive le immagini Le persone con disabilità visiva e anche gli ipovedenti possono sfruttare una nuova funzionalità del browser Chrome che consente di avere la descrizione delle immagini online. Si tratta di un grande vantaggio poiché non sempre queste, a livello di codice, dispongono di etichette descrittive o di un testo alternativo. Inoltre funziona anche con gli screen reader. Per attivare la fun-

a cura di Elisa Giarolli zione basta accedere alle Impostazioni di Chrome e selezionarla dalla sezione Accessibilità.

Da Diva ad Action Blocks Lorenzo Caggioni, in seno alla community di Google, l’anno scorso ha presentato il dispositivo Diva: una sorta di bottone intelligente che consente di interagire con l’Assistente Google senza dover impiegare la voce. In sintesi, una soluzione ideale per persone con disabilità cognitive o motorie, poiché consente di svolgere alcune attività frequenti del quotidiano con maggiore autonomia. Si pensi, per esempio, all’ascolto di musica o la visione di un film o anche fare richieste. Il concetto di Diva è stato fondamentale per lo sviluppo di Action Blocks, che ne è di fatto la versione virtuale. Scaricando l’omonima app in italiano sugli smartphone Android, si possono creare bottoni virtuali che attraverso l’Assistente Google eseguono i passaggi necessari per completare un’attività sul terminale. “Per esempio, un’icona con la foto di un familiare sulla schermata iniziale del telefono permetterà di chiamare quella persona“, spiega Google. “Un’altra icona potrà attivare il proprio video preferito su YouTube, oppure elencare gli appuntamenti della mattina. Un’altra ancora accenderà o spegnerà la luce della stanza, se questa è connessa all’Assistente Google. E così via”.

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Aprile 2021 - n.2

STORIE CHE ISPIRANO

PAZIENZA, MUSICA SPENTA E TANTO AFFETTO.

a cura di Martina Dei Cas

COSÌ CHRISTIAN PLOTEGHER TAGLIA I CAPELLI AI RAGAZZI AUTISTICI Comincia a Costa di Folgaria e arriva fino al Quirinale la bella storia di solidarietà, sensibilità e impegno civile di Christian Plotegher. Il barbiere – 45 anni, titolare del salone Barber Factory 1975 di Rovereto – è stato infatti insignito a fine 2020 dal Presidente Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica «per il contributo nella realizzazione di ambienti della vita quotidiana accessibili e inclusivi anche per ragazzi con disabilità».

Tutto ha avuto inizio due anni fa… Esatto. Mi ero da poco messo in proprio, quando entrarono in salone Barbara e suo figlio Tommaso. Lei mi spiegò che il piccolo era autistico e che tagliargli i capelli non sarebbe stato facile. Per lui, infatti, luci, rumore e musica erano una tortura, perché lo iperstimolavano. Proprio per questo, in alcuni Paesi come gli Stati Uniti, i centri commerciali prevedono “l’ora di quiete”, durante la quale tutti i possibili fattori scatenanti vengono eliminati per favorire l’accesso delle persone autistiche. Adottai anche io lo stesso sistema e quando Tommaso fu pronto, mi accorsi che alla sua mamma brillavano gli occhi di una felicità che non avevo mai visto in nessuno.

Così decidesti di introdurre stabilmente “l’ora di quiete” nel tuo negozio? Sì, il martedì sera. Misi un annuncio su Facebook. All’inizio i bambini erano pochi, poi – un po’ con il passaparola e un po’ grazie all’aiuto di un articolo sul sito di Fanpage – cominciarono ad aumentare. Anche alcuni parrucchieri mi chiamarono, chiedendo informazioni per replicare la proposta nelle rispettive città.

Tu, infatti, hai inventato un “metodo di taglio” tutto speciale. Come funziona? Questo metodo nasce dal confronto con le famiglie dei bambini autistici, con gli educatori che li seguono e con Simone Stabilini, docente di Tecnologie dell’Istruzione per l’autismo all’Università Cattolica di Milano. Innanzitutto, appena inizia «l’ora di quiete», abbasso le luci e spengo la musica. Poi, quando i ragazzi arrivano, mostro loro sei o sette fotografie che descrivono quello che andremo a fare, passo dopo passo. Infine, taglio solo con la forbice per evitare il rumore della macchinetta e pettino piano, come accarezzando la testa.

La soddisfazione più grande?

si che potevo solo dopo la Befana. Allora lui disse che il ragazzo era autistico e io spiegai che in quel caso mi sarei fermato la sera stessa dopo chiusura. Riagganciò dicendo «allora partiamo subito da Milano». Mi agitai tutto il giorno, perché avevo paura di fargli fare il viaggio a vuoto. E invece andò tutto bene. Anzi, la mamma scrisse una lettera di ringraziamento sul suo blog e io capii che stavo percorrendo la strada giusta, perché il mio lavoro mi dà soddisfazione, ma questa sorta di volontariato nel campo dell’autismo mi riempie di affetto. Mi fa sentire utile, in pace col mondo.

E quando è arrivata la telefonata dal Quirinale cos’hai pensato?

Quando i ragazzi mi danno il cinque guardandomi negli occhi. Un gesto che può sembrare scontato, ma che per loro so essere un grande sforzo e soprattutto un atto di fiducia. E poi la gioia di poter regalare alle famiglie la serenità di vivere un momento di assoluta normalità. Mi intristisce sapere che vivono tutto il giorno in ansia all’idea che il figlio potrebbe rompere qualcosa muovendosi e che spesso ristoranti e negozi non li accolgono volentieri. Invece appena arrivano da me, spiego che tutto quello che c’è in negozio si può osservare, toccare, spostare. E se si rompe… pazienza!

Da dove arrivano queste famiglie?

Che fosse uno scherzo. Poi ho capito che era tutto vero, e spero che grazie a questa onorificenza ancora più persone possano scoprire e applicare nei relativi ambienti di lavoro “l’ora di quiete”. A volte basta davvero poco per far vivere a chi è disabile un’esperienza, come andare dal parrucchiere o in pizzeria, che per noi è ordinaria e che invece a lui o a lei sembra eccezionale! @barberfactory1975 @plotty_barber

Un po’ da tutta Italia, Brescia, Torino, Mantova, Modena. Ricordo un sabato mattina di dicembre. Mi telefonò un papà chiedendo quando avevo tempo per tagliare i capelli al figlio. La mia lista d’attesa è un po’ lunga, perciò rispo-

Christian Plotegher, barbiere di Folgaria insignito da Mattarella del titolo di «Cavaliere al Merito» della Repubblica. Nel suo salone di Rovereto ha creato un metodo innovativo per tagliare i capelli ai ragazzi autistici. pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | associazione@prodigio.it

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Aprile 2021 - n.2

CULTURA

FILOSOFIA DONNA: 10 FILOSOFE CHE HANNO FATTO LA STORIA DEL PENSIERO Sebbene trascurate nella storiografia tradizionale, molte sono state le donne che hanno lasciato un segno nel campo della filosofia. Dall’India all’Antica Grecia, passando per il Medioevo fino ad arrivare ai nostri giorni, ecco 10 filosofe donne che meritano la nostra attenzione. Gargi Vachaknavi (IX e il VII secolo a.C). È stata un’antica filosofa indiana, in letteratura vedica onorata come una grande filosofa naturale. Esperta di Veda e Upanishad, partecipava insieme ai filosofi maschi ai dibattiti. Era una studiosa di spicco che ha contribuito a divulgare l’istruzione tra la popolazione indiana dei suoi tempi. Diotima di Mantinea (350-380 a.C.). Gli storici sanno molto poco di Diotima, ma le sue parole e idee si trovano nel Simposio di Platone. Secondo la filosofa, le persone possono esprimere amore attraverso la riproduzione sia letteralmente che metaforicamente, ossia sia riproducendosi per avere figli, sia condividendo le proprie idee e rendendosi così immortali. In sostanza, l’amore fa parte della spinta ad essere immortali, nel corpo e nella mente. Ipazia (351-415). Rispettata filosofa, fu a capo della scuola neoplatonica nell’antica città di Alessandria. Lì insegnò filosofia e astronomia e approfondì lo studio della matematica. La sua morte per mano di una folla cristiana fu uno dei segni della fine dell’antichità classica. Heloise d’Argenteuil (1090-1164). Conosciuta soprattutto per la sua tragica storia d’amore con Abelardo, Eloisa ai suoi tempi è stata famosa per

il suo grande intelletto. Fu una delle prime pensatrici femministe nella storia. Una donna estremamente moderna per i suoi tempi. Tullia d’Aragona (1510-1556). Romana, figlia illegittima di un cardinale e di una cortigiana. Il suo testo filosofico principale è Dialogo dell’Infinità d’Amore, un’opera neo-platonica in cui discute la necessità della libertà sessuale ed emotiva femminile nell’amore romantico. Anne Conway (1631-1679). Pensatrice acuta e perspicace, occupa un posto cruciale nella cultura del diciassettesimo secolo. Il suo lavoro, nella tradizione dei Platonici di Cambridge, influenzò molto Leibniz. Il pensiero di Conway è originale, appartenente alla filosofia razionalistica, ma con un’ottica ginocentrica. Hannah Arendt (1906-1975). Arendt si è sempre definita una teorica politica e ha investigato argomenti quali il totalitarismo e la natura del male. Una delle sue opere più famose, La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme, creò disappunto nella comunità ebraica a causa della raffigurazione del nazista Adolf Eichmann come un burocrate che esegue gli ordini e non come un essere malvagio. Simone Weil (1909-1943). Definita da Albert Camus come “l’unico grande spirito del nostro tempo”, fu insegnante, filosofa, operaia, anarchica, mistica. Il suo è un pensiero personale frutto di esperienze e studi diversi cementati dalla lettura critica di Marx, i testi di Sofocle, Platone e la tensione verso il cristianesimo.

Ayn Rand (1905-1982). Le sue idee sono profondamente radicate nel panorama politico americano. La sua opera rientra nell’Oggettivismo, corrente di pensiero in cui la ragione e il realismo sono centrali e in cui si nega completamente qualsiasi forma di soprannaturale. La filosofia politica di Rand è in gran parte incentrata sull’idea di diritti individuali e governo limitato. Simone de Beauvoir (1908-1986). Famosa soprattutto per il libro Il Secondo Sesso, un caposaldo nella teoria dell’esistenzialismo femminista. La filosofa francese sostiene che una persona non nasce donna ma lo “diventa” essendo paragonata agli uomini. In questo modo le donne sono “l’altro” e anche grazie a questa loro perpetua alterità gli uomini possono salire in alto nelle gerarchie sociali.

IAN SAGAR – LE MIE VITE IN GIOCO

a cura di Samuele Maranelli

Add Editore, 2019

Copertina del libro

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a cura di Maria Devigili

Un libro di vita, di sport, di riflessioni, di problemi, di rinascite, ma soprattutto di grandi cadute. Due concetti permeano da questa autobiografia. Il primo: non si vince e non si perde mai completamente. Il libro, molto scorrevole e fattuale, narra dei numerosi intrecci di cui una vita è costituita. Abbrivio di tutto l’incidente in giovane età in un contesto storico geografico diverso dall’Italia: l’Inghilterra al tempo della Lady di Ferro. Il recupero, il lavoro, i rapporti, i tentativi per riassettare la propria vita. O meglio “le vite”: dove il percorso della propria esistenza curva così repentinamente che si ha la sensazione che si spezzi per poi continuare con una rotta diversa. Ne Le mie vite in gioco si evidenziano questi spezzoni ed ognuno è una partita, che in qualunque modo finisca ti proietterà sempre ad una nuova sfida. Sembra impossibile, ma anche la partecipazione alle Paralimpiadi di Londra 2012 con la nazionale di basket non diventa l’approdo sicuro di questo percorso, il lieto fine, ma un bivio che può portare su o giù. In questa filosofia sta la forza di questo libro. Il secondo concetto: il tempo. Il tempo scorre lentamente, ma passa velocemente: dalla citazione si può capire che esiste una parte indiscutibile dello scorrere del tempo e una parte individuale ed introspettiva del come passa. Nella disabilità questa differenza è ancora più marcata e il tempo non è più “normale” delle persone “normali”. La disabilità non ci rende padroni del nostro tempo. [...Me ne sono accorto con il tempo, il concetto di normalità è qualcosa di estremamente astratto e soggettivo. Non è una qualità. Bello, intelligente, sportivo, quelle sono qualità; normale no, normale vuol dire come gli altri. Io non avevo ben

chiaro il concetto di normale finché ho capito che non facevo più parte del gruppo di persone che vengono chiamate in quel modo...”] Una pubblicazione florida di spunti, riflessioni formulate spesso con zanardesco ottimismo. Consigliatissimo.

Chi è Samuele Maranelli? Educatore, scrittore e facilitatore linguistico, che lavora nell’ambiente della sordità da ormai 5 anni. Collabora con Pro.di.gio. scrivendo recensioni di libri sulla disabilità, in questa sua rubrica che ha chiamato “Librare con le ali”

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SPORT

Aprile 2021 - n.2

IL SOGNO DI GIULIANA: DIVENTARE CAMPIONESSA PARALIMPICA

a cura di Noemi Manfrini

Un progetto di affiliazione tra FIDAL e FISPES per dare nuove opportunità ai giovani trentini Non è stata colpa di un incidente, come può essere facile pensare. Semplicemente sono nata così, senza un piede. La mia gamba, infatti, nella parte inferiore si assottiglia e termina “tondeggiante”. I medici non hanno saputo spiegarne il motivo, in quanto mia mamma, per tutta la gravidanza, non ha avuto problemi né complicazioni. In famiglia non c’è familiarità con questo tipo di mutazione genetica, perciò tuttora non conosciamo il perché. Ho iniziato fin da piccola a mettere protesi al piede. Ne ho provate e cambiate molte, soprattutto durante la crescita. Alcune mi irritavano la pelle, altre facevano male perchè non si adattavano perfettamente… Ora, per fortuna, grazie all’attento lavoro di Fabrizio, tecnico ortopedico presso Orthotecnica di Gardolo, sono riuscita a trovare un arto artificiale semplice da indossare, che si adatta molto bene alla mia gamba e che mi dà pochissimo fastidio. Sono più comoda e corro meglio.

La passione che hai per l’atletica come è nata? Ormai sono 4 anni che pratico atletica, mentre prima facevo danza. Ho cambiato disciplina seguendo un consiglio del mio insegnante di ginnastica della scuola media, il professor Gioberge che, osservandomi durante le attività sportive nelle sue ore, mi ha suggerito di provare ad iscrivermi ad un’associazione di atletica leggera, perchè secondo lui ero portata. Così ho fatto e, dopo i primi allenamenti e i primi risultati, è nata la mia passione.

Come ti trovi con la tua squadra? E con i tuoi compagni di classe?

In gara, verso il traguardo

Giuliana Chiara Filippi ha 16 anni e fa parte dei giovani atleti dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Atletica Rotaliana, da ben 4 anni. Occhi azzurri, sguardo sincero e un portamento fiero, da cui si intuisce subito il temperamento determinato che la caratterizza. Se non te lo dice, nemmeno te ne accorgi che ha una protesi al piede. Sì, avete capito bene: è una giovane paratleta che corre e gareggia con i compagni normodotati, non arrivando mai ultima! Proprio per questa sua peculiarità e per il potenziale visto in lei dal suo allenatore Elio Bert, il responsabile del settore giovanile Luca Zulini, con l’appoggio del presidente della società Antonio Bettin, ha deciso di promuovere un progetto di affiliazione a nome della FIDAL (Federazione Italiana Di Atletica Leggera), di cui l’Associazione Rotaliana fa parte, con FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici E Sperimentali). Per riuscire in questa “mission” serve, però, un secondo paratleta. In questo modo, si potrà offrire l’opportunità a tutti i giovani disabili sportivi del Trentino di poter gareggiare ed allenarsi alla pari, con una specifica preparazione ad hoc.

Adesso bene. All’inizio non avevo detto a nessuno del mio arto artificiale, un po’ per timore, un po’ per vergogna. Ad allenamento cercavo di renderlo il meno visibile possibile, indossando i pantaloni lunghi d’inverno e i calzettoni alti durante l’estate. Poi ho iniziato ha crearmi le mie amicizie e a poco a poco mi sono “sbloccata”. La prima volta che ho detto di portare una protesi al piede, la maggior parte dei miei compagni di squadra mi ha detto di non essersene mai accorta e che non lo avrebbe mai pensato. Questo mi ha fatto capire quanto spesso siano state sciocche le mie paranoie e le mie paure. Sono persino diventata meno timida nel parlarne e nel mostrarla. A scuola, invece, la situazione è sempre stata un po’ più diffici-

le, soprattutto alle scuole medie, dove mi sono scontrata con l’ignoranza e la cattiveria di alcuni ragazzi. Non sapevano nulla di me, eppure mi prendevano in giro, facevano commenti e battutine poco piacevoli. In quei momenti mi scoraggiavo e andavo un po’ in crisi, domandandomi “Perchè a me?” La mia forza sono i miei fratelli maggiori e i miei genitori, a cui tuttora confido i miei timori nei momenti no. Mi hanno sempre aiutata molto, ricordandomi che sono unica e speciale, e che più determinata sono, prima raggiungerò i miei obiettivi. Ora che sono alle superiori, per fortuna, la situazione è cambiata in meglio. Siamo un gruppo classe unito, dove tutti sono ben integrati.

Qual è il tuo più grande sogno? Diventare una grande atleta paralimpica o, almeno, un’insegnante sportiva specializzata in atletica leggera. Perciò spero tanto che questo progetto di affiliazione tra FIDAL e FISPES vada a buon fine, perché è un’opportunità unica: potrò finalmente confrontarmi con giovani alla pari e far valere il mio potenziale! Sto bene nella mia squadra attuale, sia chiaro, ma rispetto agli altri faccio il doppio della fatica per ottenere risultati discreti. Non arrivare mai sul podio, a causa di questa mia limitazione fisica, è demoralizzante.

C’è un messaggio che vorresti rivolgere alla gioventù? Ai ragazzi come me dico di non avere paura. Ignorate i commenti, le battute, i risolini. Sono tutto frutto di ignoranza e “paura del diverso”. Siate forti. Cadete? Rialzatevi più coraggiosi di prima! Le crisi le abbiamo tutti, sono normali. L’importante è trovare una valvola di sfogo, un modo per non sopperire a quella cattiveria gratuita che nessuno si merita. Oltre allo sport, e al sostegno dei miei cari, quando sono arrabbiata, mi aiuta tanto scrivere su un foglio tutto ciò che mi dicono e, poi, strapparlo e buttarlo via… una liberazione! A chi, invece, ha ancora stereotipi e pregiudizi verso le diversità, dico: aprite la mente e allargate gli orizzonti! Il mondo è così bello, perchè siamo tutti differenti! Se fossimo tutti uguali… che noia!

Buongiorno Giuliana, come stai? Ti va di presentarti brevemente al nostro pubblico lettore? Buongiorno! Sto bene, grazie. Ho appena finito lezione a scuola e sono corsa qui, al campo sportivo, per allenarmi. Che dire? Sono una ragazza di 16 anni, vivo a Faedo, sono la più piccola di tre fratelli, frequento l’istituto tecnico economico sportivo e la mia specialità è la velocità nell’atletica leggera. Come già saprete, ho una protesi al piede che mi caratterizza.

Sei, perciò, una paratleta molto giovane. Cos’è successo?

Giuliana assieme alla sua squadra e all’allenatore Elio

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Dicembre 2020 - n.6

TITOLO SEZIONE

Mutuo Device.

E la vita diventa smart per davvero.

Il mutuo a (TAN FISSO ZERO - TAEG 0,97*) per lo smart working e lo smart schooling.

Pensato per i lavoratori, gli studenti e i docenti che hanno bisogno di computer, tablet o smartphone per lavorare da casa o per la scuola. Con Mutuo Device, tutta la comunità naviga serena sulla stessa banca.

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