pro.di.gio. BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ODV SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP
Aprile 2022 - n. 2
Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Trento. Contiene I.R.
NUMERO II - APRILE 2022 - ANNO XXIII - 131° NUMERO PUBBLICATO
Antonio Caterino, un avvocato in corsa contro i tabù sulla dislessia pag. 3 Parco divertimenti accessibile. Continua il sogno di Mirko Toller pag. 5 Come funziona il Servizio Inclusione dell’Università di Trento? pag. 8 Imparare tra i lemuri: l’esperienza accessibile dello zoo di Cordova pag. 11
Aprile 2022 - n. 2
IN EVIDENZA
EDITORIALE
Direttore responsabile Martina Dei Cas
Care lettrici e cari lettori, Quando abbiamo cominciato a costruire questo speciale di pro.di.gio. dedicato all’accessibilità, mai avremmo pensato né voluto interrogarci sull’accessibilità di bunker, rifugi e corridoi umanitari. Oggi, invece, ci ritroviamo a farlo, convinti che le stesse discriminazioni che denunciamo in tempo di pace, esistano e, anzi, si acuiscano in tempo di guerra. Perciò, in questo momento storico più che mai, il nostro cuore è vicino a chi fugge dall’Ucraina e da tutti i focolai di conflitto aperti nel mondo, a chi manifesta – rischiando la propria libertà – per chiedere la loro pacifica risoluzione, ma anche e soprattutto a chi è costretto a restare. Perché è anziano, solo, povero o disabile. Perché è troppo piccolo o troppo malato. Perché non se la sente di lasciare la casa costruita in una vita di sacrifici o la terra dove sono sepolti i suoi cari. Perché cammina con
il bastone, ha la sindrome di Down o sa che le ruote della sua carrozzina si impantaneranno nella neve prima di raggiungere il confine. I nostri pensieri sono per chi si trova a dover scegliere tra l’amor di patria e la responsabilità genitoriale. Tra l’affetto filiale verso i propri anziani fragili e la necessità di portar via dalle bombe i propri bambini. Ci rendiamo conto che deambulatori, cannule e adulti con disabilità cognitive male si inseriscono nella narrazione bellica e nella descrizione dell’esodo di massa più grande visto in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. E proprio per questo vogliamo aprire il numero di aprile, che coincide con le festività pasquali, ricordando tutti coloro che vorrebbero fuggire e non hanno i mezzi per farlo. Proprio per questo, vogliamo appellarci ai nostri governanti e a chiunque abbia potere di influenzare e
decidere, affinché siedano al più presto al tavolo delle trattative. Mentre loro temporeggiano, infatti, le vite così uguali e al tempo stesso così uniche e irripetibili della gente comune continuano a spezzarsi. A riprova che, proprio come in pace, anche in guerra alcuni – i più furbi o i più fortunati – cadono e si rialzano. Altri invece, di solito i più fragili, restano giù. Perché la mano amica che avrebbe dovuto aiutarli è già rivolta altrove. Martina Auguri per una Santa Pasqua di pace e serenità!
RICHIEDI LA DISABILITY CARD ALL’INPS E RICEVILA A CASA TUA! La Carta Europea della Disabilità è il documento in formato tessera che permette alle persone con disabilità di accedere a beni e servizi, pubblici o privati, gratuitamente o a tariffe agevolate. Finalmente, è possibile richiederla gratuitamente sul sito dell’INPS e riceverla direttamente a casa. Per accedere al sito, è necessario avere sottomano: 1. la Carta di Identità Elettronica (CIE), SPID o una Carta Nazionale dei Servizi (CNS) 2. una fotografia formato tessera da caricare durante la procedura di richiesta
Chi può richiedere la Disability Card?
• Invalidi civili maggiorenni con invalidità certificata maggiore del 67% • Invalidi civili minorenni • Cittadini con indennità di accompagnamento • Cittadini con certificazione ai sensi della Legge 104/1992, Art 3 comma 3 • Ciechi civili • Sordi civili • Invalidi e inabili ai sensi della Legge 222/1984 • Invalidi sul lavoro con invalidità certificata maggiore del 35% • Invalidi sul lavoro o con diritto all'assegno per l'assistenza personale e continuativa o con con menomazioni dell'integrità psicofisica
Proprietà: Associazione Prodigio Odv Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Sito Internet: www.prodigio.it E-mail: associazione@prodigio.it Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana) Direttore responsabile: Martina Dei Cas Hanno collaborato a questo numero: Luciana Bertoldi, Francesca Bortolin, Giacomo Carbonara, Augusto Corradini, Maria Devigili, Samuele Maranelli In Servizio civile Scup con il progetto “Comunità narrante” a PRODIGIO ODV: Michele Anastasia, Remedios Torrico Copertina: elaborazione Publistampa In stampa: 1 aprile 2022
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• Inabili alle mansioni (ai sensi della Legge 379/1955, del DPR 73/92 e del DPR 171/2011) e inabili (ai sensi della Legge 274/1991, art. 13 e Legge 335/1995, art. 2) • Cittadini titolari di Trattamenti di privilegio ordinari e di guerra
Durata
La card sarà valida per tutta la permanenza della disabilità anche nel caso in cui vi siano eventuali visite di revisione e comunque non più di dieci anni, al termine dei quali potrà essere nuovamente richiesto il rinnovo, previa verifica dei requisiti. Nel caso in cui la persona, anche dopo il rilascio ed a seguito di un nuovo accertamento, rientri nelle categorie di non autosufficienza, indennità speciale, indennità di comunicazione ed invalidi minorenni con difficoltà persistenti, l’Istituto provvederà alla sostituzione della carta con i relativi aggiornamenti in maniera autonoma.
La card dà inoltre accesso gratuitamente o a tariffe agevolate quando già presenti ai: • Musei statali su tutto il territorio nazionale • Luoghi di cultura e non solo nei paesi UE aderenti al progetto (consultare i siti istituzionali nazionali) Continua a leggere su:
disabilitycard.it
Dove utilizzarla
La Carta Europea della Disabilità, che potrà essere utilizzata solo dal titolare e non potrà essere ceduta a terzi, permetterà di certificare la propria condizione di disabilità presso tutti gli uffici pubblici, sostituendo a tutti gli effetti i certificati cartacei e i verbali.
Abbonamento annuale (6 numeri) Privati € 15,00; Enti, associazioni e sostenitori € 25,00 con bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT 67G 08304 01846 000046362000 intestato a “Associazione Prodigio ODV” presso la Cassa Rurale di Trento indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”
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STORIE CHE ISPIRANO
ANTONIO CATERINO L’avvocato che, tra decreti e social, combatte gli stereotipi sulla dislessia Antonio Caterino è avvocato. Nel 2012 – a soli due giorni dalla discussione della tesi di laurea all’Università di Perugia, città dove è nato e cresciuto – ha scoperto di soffrire di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). Oggi vive a Milano, collabora con lo studio legale LCA e su Linkedin si definisce un «dyslexia influencer». Il suo obiettivo, infatti, è quello di sensibilizzare studenti, genitori, compagni di classe, professori e istituzioni per rompere i tabù sulla dislessia. Antonio, che difficoltà hai incontrato durante il tuo percorso di studi a causa della dislessia? Fino all’età di ventisei anni, non conoscevo la causa delle mie difficoltà né, naturalmente, mi sono mai avvalso delle misure compensative o dispensative a scuola e in sede di esami di universitari. I disturbi dell’apprendimento mi impedivano di trattenere in memoria ciò che studiavo. Era come se studiassi a vuoto, senza immagazzinare nulla, soprattutto nelle materie tradizionalmente ostiche, come il latino, l’inglese, la chimica e la matematica. In compenso, avevo un’ottima logica, uno spiccato intuito e un’infallibile memoria uditiva capace di resistere a distanza di anni. Di conseguenza, il mio rendimento è stato pessimo in alcune materie ed eccellente in altre, in cui la mia intelligenza dislessica mi rendeva decisamente migliore di tutti gli altri. Era il caso, per esempio, di fisica, storia e filosofia. Lì, la mia logica dialogava in modo impeccabile con la mia immaginazione e la mia capacità intuitiva, permettendomi di comprendere le relazioni profonde tra cause e conseguenze e, dunque, di ricordare a lungo le informazioni perché sapevo da quali premesse ricavarle. E all’università com’è andata? Se valutata sul lungo periodo, l’università si è rivelata più semplice e congeniale dell’esperienza scolastica, grazie alla possibilità di programmare lo studio sulla base delle mie preferenze personali, al fatto di non essere chiamato a sostenere verifiche o interrogazioni giornaliere né a svolgere prove scritte in tempi limitati. Come hai scoperto di soffrire di DSA? La scoperta dei miei DSA è avvenuta per merito di alcuni amici e amiche, all’epoca studenti di medicina, con cui condividevo l’impegno nella rappresentanza studentesca. Conoscendomi a fondo e conoscendo altrettanto bene le natura dei DSA, sono stati i primi a ipotizzare che l’origine delle mie difficoltà potesse essere ricondotta proprio a essi. E, infatti, la loro ipotesi si è rivelata cor-
Antonio Caterino, avvocato e «dyslexia influencer»
retta perché a distanza di alcuni mesi è stata confermata da una visita specialistica. I DSA impattano sul modo in cui una persona cattura la conoscenza, ma anche – forse – sul suo carattere… Esatto. Il peso che deriva dal nostro diverso modo di funzionare in relazione a un testo scritto – sia esso costituito da parole, note musicali o numeri – ci fa sentire distanti e, in alcuni casi, anche incompresi o screditati da quella maggioranza di persone, presa come unità di misura di riferimento di una presunta normalità, alla quale si vorrebbe appartenere. Per questo motivo, ci si chiude in se stessi. Si tende a non parlare del proprio disturbo. Ma così si perde il supporto generoso, determinante e inaspettato di chi ci circonda e che magari – se messo a conoscenza della nostra condizione – sarebbe entusiasta di aiutarci. Personalmente, i DSA mi hanno fatto capire che la vita a volte può essere ingiusta e che le cose non vanno sempre come meriteremmo, perché ci sono alcuni aspetti sui quali non abbiamo e non potremo mai avere il pieno controllo. Apprendere questa lezione mi ha insegnato a non rassegnarmi allo sconforto e, allo
stesso tempo, ad essere indulgente nei confronti di me stesso e degli altri, imparando a sospendere il giudizio e ad alimentare la speranza. A che punto siamo in Italia rispetto all’equo accesso a studi, lezioni, esami e concorsi pubblici delle persone dislessiche? A dir la verità, oggi, a undici anni di distanza dall’introduzione della legge sui DSA (la n. 170/2010), posso dire che se le persone con DSA fossero ben supportate dalle misure compensative e dispensative a scuola, all’università e nel lavoro, in molti casi si collocherebbero in posizioni di eccellenza. Purtroppo, tali misure non vengono applicate in modo uniforme e, di conseguenza, nel nostro Paese secondo le stime dell’Associazione Italiana Dislessia, circa tre milioni di dislessici corrono il rischio di non riuscire a esprimere il proprio potenziale, rinunciando a percorsi di formazione o professionali che, invece, se supportati da misure idonee e da una cultura incoraggiante, potrebbero tranquillamente sostenere. In materia di concorsi pubblici, infine, l’obbligo di applicazione delle misure compensative è stato introdotto solo nell’agosto 2021.
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Aprile 2022 - n. 2 a cura di Martina Dei Cas
Il 2021 per te è stato un anno di meritate soddisfazioni. Infatti, sei riuscito a far introdurre le misure compensative e dispensative anche nell’ambito dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato… Sì, si è trattato di un viaggio entusiasmante, durato quasi dieci anni e reso possibile dall’audacia e visione di figure straordinarie, che hanno messo la loro autorevolezza a disposizione della causa della tutela dei diritti delle persone con DSA. Tutto è iniziato tra il 2012 e il 2013 alla Scuola Superiore dell’Avvocatura del Consiglio Nazionale Forense, dove abbiamo posto le premesse per la redazione del Protocollo di Intesa sui DSA, sottoscritto nel 2019, a Milano, dall’Ordine degli Avvocati e dalla Corte di Appello, poi aggiornato ad aprile 2021. Il protocollo ha avuto il merito di regolare per la prima volta in Italia in sede di esame d’avvocato l’applicazione delle misure compensative e dispensative. Una garanzia che però, purtroppo, poteva essere fatta valere solo dai candidati all’esame iscritti presso la Corte d’Appello di Milano. Di qui l’avvio, assieme ai presidenti dell’Ordine degli Avvocati di Milano Vinicio Nardo e della Corte di Appello di Milano Giuseppe Ondei e al professor Gian Luigi Gatta, consigliere della Ministra Cartabia per le libere professioni, dell’iter affinché le misure varate dal protocollo trovassero applicazione su tutto il territorio nazionale. Un risultato effettivamente ottenuto grazie al decreto-legge n. 139/2021 e, successivamente, al decreto con cui la Ministra Cartabia ha bandito la sessione 2021 dell’esame d’avvocato. Quali sono i tuoi obiettivi futuri? Aprire un fronte di intervento analogo a quello avviato presso il Ministero della giustizia rispetto agli altri esami di Stato per l’abilitazione professionale. Vigilare sull’effettiva applicazione delle misure compensative nel pubblico impiego. E soprattutto presidiare il mercato del lavoro privato, ancora sprovvisto di qualsiasi tutela. Inoltre, mi piacerebbe lavorare sulla rivisitazione del concetto stesso di dislessia: sotto una luce positiva, completamente nuova, che esalti i vantaggi competitivi e i punti di forza propri dei DSA a discapito dei punti di debolezza, su cui negli anni si sono sedimentati i pregiudizi, fondati molto spesso su equivoci e ignoranza. Per saperne di più: Antonio Caterino @antoniocaterino Antonio.Caterino@lcalex.it
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Aprile 2022 - n. 2
INNOVAZIONE SOCIALE
IO DOMANI
di Giacomo Carbonara
Prove di volo per una vita indipendente Io sono Giacomo, un ragazzo di ventisei anni e oggi vi vorrei parlare di un’esperienza – spesso chiamata «prove di volo» – che sto facendo da circa due anni e mezzo, grazie al progetto «Io Domani». «Io Domani» nasce da una collaborazione tra Lions Club, Cooperativa Il Ponte, Cooperativa sociale Iter e Porte rosse per incrementare le autonomie di persone con disabilità. Io ho effettuato l’accesso grazie proprio ad una di queste cooperative, ovvero la Cooperativa sociale Iter, che mi ha aiutato nello sviluppare le competenze prelavorative per poi accedere al mondo del lavoro. Nell’appartamento siamo in quattro e di solito ci dividiamo in due gruppi per svolgere le faccende do-
mestiche. Quindi chi prepara da mangiare non riordina né lava i piatti e viceversa. Poi, come in tutte le case, ci sono le pulizie, che ci dividiamo in maniera equa. Nei momenti liberi ci si riunisce per guardare un po’ di tv oppure si gioca a qualche gioco da tavolo. L’esperienza vede un primo step, dove il gruppo può conoscersi e allo stesso tempo acquisire sempre più autonomie. Nella seconda parte ci si consolida, aumentando il tempo di permanenza e incrementando ancor di più le autonomie precedentemente acquisite. Mi vengono in mente tanti ricordi legati a questi due anni e mezzo, ma quello più simbolico, è molto recente: un giorno abbiamo fatto visita all’ap-
partamento nuovo, dove ci trasferiremo a breve, trovandolo allagato. Insieme ad altre due persone che erano venute con me, ho dato quindi una mano a un volontario che, a causa dell’allagamento, si trovava in una situazione di difficoltà. Senza il nostro arrivo non ne sarebbe uscito così in fretta ed è stata quindi una fortuna aver fatto visita all’appartamento in costruzione proprio in quel momento. È molto bello partecipare ad un progetto così, perché si va avanti in un’ottica di condivisione e aiutandosi l’un l’altro, affrontando anche momenti pieni di bellezza e stupore, in un territorio che ci offre sempre tante possibilità, legando molto esperienza dopo esperienza e inseguendo sempre la parola insieme.
HACKATHON 2021: UNA GIORNATA AL MUSE SUI BINARI DELL’INCLUSIONE
Una visita svolta nella lingua dei segni
Il 3 dicembre 2021 sono stato invitato alla premiazione dell’Open Access Hackathon nelle modernissime stanze del Museo delle Scienze di Trento. Prima, però, ricapitoliamo un po’ di cose. Cos’è l’Open Access Hackathon? Si tratta di un
evento organizzato in concomitanza con la Giornata internazionale delle persone con disabilità, il cui obiettivo principale è quello di riunire un gruppo di giovani e costruire assieme nuove idee fondate sull’accessibilità e l’inclusione.
MUSE: UN MUSEO SENZA BARRIERE ARCHITETTONICHE Il MUSE è stato costruito sin da subito pensando alla problematica delle barriere architettoniche. Perciò, presenta un ingresso dotato di porte automatiche ed è dotato di ascensori antincendio che permettono alle persone con disabilità motorie di spostarsi in tranquillità all’interno dell’edificio. L’inclusività del museo passa anche dai servizi offerti, come la guida “Easy
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To Read” creata in collaborazione con Anffas Trentino Onlus che può essere letta senza problemi anche da persone con disabilità intellettive. Vi sono poi le visite svolte in lingua dei segni (LIS) e le “visite in tandem”, durante le quali le persone con disabilità che hanno svolto un periodo di formazione guidano i visitatori per il museo, assieme alle guide scientifiche.
L’occasione, quest’anno, è stata fornita dall’inaugurazione della Galleria della Sostenibilità. Al suo interno ci sono diverse installazioni riguardanti tematiche ambientali e sociali come la questione climatica, la perdita della biodiversità, l’aumento della popolazione e la lotta alle disuguaglianze sociali. È a questo punto che i giovani che hanno partecipato al progetto entrano in gioco. La “maratona tecnologica” si è svolta nel corso di ventiquattro ore, durante le quali ognuno dei quattro gruppi di lavoro ha messo assieme le proprie idee per elaborare un progetto in grado di rendere la Galleria della Sostenibilità più accessibile. I ragazzi hanno persino riposato e mangiato all’interno del Museo, dando prova di grande capacità di organizzazione e coordinazione. Lo sviluppo delle idee è stato possibile grazie alla collaborazione dello staff del MUSE assieme ad alcuni esperti che hanno introdotto i ragazzi al mondo della disabilità senso-percettiva. I giovani che hanno partecipato all’hackathon sono stati infatti formati dai responsabili dell’evento in materia di accessibilità, tecnologia e sostenibilità. Per il resto, dobbiamo tutto alla loro capacità di immaginazione. I vincitori sono stati i giovani responsabili del progetto Rails, che prevede la costruzione di un binario di legno e plexiglass che dovrebbe permettere alle persone non vedenti di visitare la Galleria della Sostenibilità in autonomia. Il binario andrebbe collegato ad un’applicazione scaricabile sul proprio smartphone, in modo tale che l’utente non vedente, facendo scorrere il telefono lungo il percorso, riesca a capire quando fermarsi presso un punto di interes-
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Giacomo Carbonara ai fornelli nell’appartamento «Io Domani»
a cura di Michele Anastasia
Durante le visite in tandem guide abili e con disabilità accompagnano i visitatori in un’esperienza unica
se e ascoltare un’audioguida o interagire con alcuni elementi tattili. Il progetto Rails è stato ideato dai bravissimi Ignacio Aristondo, Riccardo Carretta, Francesco Coppola, Giulia Paludo, Teresa Rizzi e Martina Vincoli. Oltre a dimostrare quanto le nuove generazioni abbiano da dire in termini di idee e innovazione, l’hackathon è stato un evento importante perché ha permesso ai presenti di ragionare a fondo sul problema dell’accessibilità in strutture pubbliche e culturali come il MUSE. La speranza è quella di vedere questo progetto realizzato e di vederne altri simili ideati in futuro.
Aprile 2022 - n. 2
ACCESSIBILITÀ
BOLOGNA. SARANNO DEDICATE A MIRKO TOLLER LE ATTRAZIONI ACCESSIBILI DI UN NOTO PARCO DIVERTIMENTI
La biografia di Mirko, scritta da Alessandra Sartori e illustrata da AlbHey Longo
Mirko Toller – il giovane di Segonzano (Trento) affetto da atrofia muscolare spinale coprotagonista assieme al comico pugliese Checco Zalone di un celebre spot in favore della ricerca – purtroppo si è spento nel 2020 a soli 17 anni. Ma il suo sogno di costruire un parco divertimenti accessibile a tutti continua grazie a mamma Stella Robert, all’illustratore AlbHey Longo e alla scrittrice Alessandra Sartori, amica di famiglia. I tre, infatti – con il sostegno dell’associazione Famiglie SMA – nel novembre scorso hanno dato alle stampe «La storia di Mirko. Manuale illustrato per costruire montagne russe fai-da-te» (Erickson, 64 pagine, 13 euro). Il libro, una graphic novel, racconta in modo allegro e spensierato chi era Mirko, concentrandosi sulla sua voglia di vivere. Il fumetto si apre con un contributo di Checco Zalone, che gli era molto affezionato. Mamma
Stella ricorda: «Un giorno l’associazione Famiglie SMA ci mandò una comunicazione chiedendo se ci fosse qualcuno disponibile a realizzare uno spot televisivo sull’accessibilità e il sostegno alla ricerca. Cercavano un bambino piccolo, ma Mirko, che era già grandicello, non si perse d’animo e, quasi per gioco, con l’aiuto della sorella Linda si candidò. Lui era fatto così. Non si arrendeva. Diceva che nonostante la SMA si può fare tutto. E infatti alla fine lo presero. Girammo la pubblicità progresso per due anni consecutivi, a Roma, Bari e in altre città. Nel frattempo, Mirko aprì, sempre con Linda, un canale youtube, il Mirko e Linda Show, dove parlare con ironia della sua malattia, ma anche di argomenti cari ai ragazzi della sua età come le canzoni o i programmi televisivi del momento». L’obiettivo di Mirko era quello di trasformarsi in un influencer per abbattere i pregiudizi e promuovere una visione positiva della sua condizione. «Nei suoi diciassette anni di vita – spiega la mamma – sono migliorate tante cose. Molti esercizi pubblici sono stati ammodernati e resi più facilmente accessibili, per le strade ci sono più pedane e più parcheggi per i disabili. Non tutti però li rispettano. E questa cosa era una di quelle che più infastidivano Mirko, tanto che quando vedeva una macchina parcheggiata abusivamente nelle righe gialle, si riprometteva sempre di lasciare sul parabrezza una specie di santino elettorale con sopra la sua faccia, per far capire a quell’automobilista quanto
il suo gesto superficiale e svogliato potesse complicare inutilmente la vita, già difficile, di un’altra persona». Oltre alla passione per i social e per le persone, con cui amava ridere e scherzare, Mirko coltivava un profondo interesse per la robotica. Per questo, dopo aver frequentato le scuole elementari e medie in Val di Cembra, si era iscritto all’Istituto tecnico industriale di Trento. Non di soli parcheggi e strutture pubbliche sbarrierate, infatti, vive un disabile. E lui, che da piccolo frequentava i parchi divertimenti assieme alla famiglia, era stufo di dover stare tutto il giorno sulla ruota o sul trenino panoramico perché le altre attrazioni non erano attrezzate per ospitare la sua carrozzina elettrica. Come ogni adolescente, infatti, avrebbe voluto cimentarsi nei giochi più adrenalinici, prime fra tutti le montagne russe. E così studiava combinazioni meccaniche e formule matematiche per riuscire a costruirle lui stesso. Aveva pensato a tutto, addirittura al nome del parco: «Happyland». Un impegno che la mamma ha deciso di portare avanti in sua memoria. Il libro, infatti, fa da traino a una seconda, ambiziosa, iniziativa. Realizzare un luna park sbarrierato che porti il nome di Mirko, dove tutti bambini, anche quelli con disabilità, possano divertirsi. Un sogno che sta per avversarsi perché uno dei parchi divertimenti più grandi di Bologna ha scelto di lavorare sullo sbarrieramento di alcune attrazioni già dalla prossima stagione,
UNA DOMENICA ALLA SCOPERTA DELLA BRESCIA ROMANA! Viaggi
barriere senza Con il miglioramento della situazione pandemica, abbiamo chiesto al nostro amico Stefano Pietta – in arte «steradiodj» - di suggerirci qualche spunto per una bella gita fuoriporta 100% accessibile. Lui ci ha invitati nella sua Brescia, dove la Fondazione Brescia Musei – che gestisce il Museo di Santa Giulia, il Parco archeologico Brixia - Brescia Romana, la Pinacoteca Tosio Martinengo, il Museo delle Armi e il cinema Nuovo Eden – lavora da anni alla costruzione di esperienze museali all’insegna dell’accoglienza, del rispetto e della valorizzazione di ogni genere di disabilità e diversità. Il Parco archeologico di Brescia romana – riconosciuto Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco nel 2011 assieme al complesso monastico di San Salvatore - Santa Giulia – è stato oggetto di un progetto di recupero ar-
cheologico e architettonico, che ha reso completamente accessibili i suggestivi luoghi che ne fanno parte. Il Santuario repubblicano e il Capitolium si possono visitare grazie all’ascensore che collega le diverse quote, mentre il teatro romano è accessibile da vicolo Fontanone. I visitatori possono usufruire anche di una sedia a rotelle da richiedere in biglietteria al personale di custodia. Nei Musei civici, inoltre, sono disponibili le visite guidate rivolte ad un pubblico di persone sorde e sordomute, condotte da un operatore museale interprete della Lingua italiana dei segni (LIS), con competenze storico artistiche. La Pinacoteca Tosio Martinengo propone poi «Identikit di un dipinto», un laboratorio inclusivo e sperimentale, che fa conoscere i dipinti partendo dall’esplorazione sensoriale di diversi materiali. Agli ospiti di comunità terapeutiche e centri diurni di riabilitazione psichiatrica è dedicato invece «Dalla storia alla mia storia», con l’obiettivo di condurre i partecipanti in stimolanti
a cura di Martina Dei Cas
Mirko Toller
in partenza proprio in questi giorni di aprile. «Davanti ai giochi accessibili – spiega Stella – è stato collocato un totem a grandezza naturale con il ritratto di Mirko per far capire alle persone con disabilità che quell’attrazione è a prova di carrozzina». Ma l’auspicio è che vedere quella fotografia permetta anche agli altri bambini in visita al parco di interrogarsi sul tema della disabilità e di fare ai loro accompagnatori delle domande – magari non facili – ma necessarie per gettare le basi di una società meno pietista e più inclusiva. Per saperne di più: ilsognodimirko03@gmail.com segreteria@famigliesma.org www.associazionebambi.info www.famigliesma.org @mirkotolleraccessible_park @ilsognodimirko03
a cura di Martina Dei Cas
Foto bresciamusei.com
percorsi e attività per scoprire la storia della città e riconoscersi parte di essa. Per gli anziani e in particolare per gli ospiti delle Residenze Sanitarie Assistenziali c’è «Protagonisti del Novecento». Durante questi incontri le opere d’arte diventano strumento per far emergere ricordi e racconti personali che, intrecciandosi tra loro, danno vita a una grande storia corale. Un ricco itinerario supportato da materiali specifici è infine «Il filo di Arianna», dedicato a ciechi e ipovedenti ma anche ai visitatori interessa-
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ti a riscoprire l’opera d’arte attraverso esperienze percettive plurisensoriali. E con questi presupposti non ci resta che augurarvi una insolita e divertente domenica al museo! Per saperne di più: bresciamusei.com e.servizieducativi@ bresciamusei.com 030 2977841
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PAGINA DI PUBBLICA UTILITÀ PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
EMERGENZA UCRAINA: IL TRENTINO SI MOBILITA La notizia dello scoppio della guerra in Ucraina ha messo in moto da subito la macchina organizzativa della Provincia autonoma di Trento. L’impegno del Trentino si declina in molti modi tra questi l’accoglienza dei profughi ucraini, il trasporto nelle zone di frontiera del materiale frutto delle donazioni dei trentini ma anche l’attivazione di raccolte fondi per dare sostegno alla popolazione ucraina.
Accoglienza in Trentino dei profughi ucraini La Provincia autonoma di Trento sta contribuendo all’accoglienza delle persone in fuga dalla guerra in Ucraina attraverso il coordinamento del Cinformi del Dipartimento salute e politiche sociali, in contatto con il Dipartimento nazionale della Protezione Civile, la Protezione Civile trentina, il Commissariato del Governo, la Questura di Trento, il Comune di Trento, il Comune di Rovereto, l’Azienda provinciale per i servizi sanitari e il terzo settore. Dall’inizio dell’emergenza, presso gli uffici del Cinformi si sono rivolte centinaia di persone - in particolare donne e bambini – per le quali è stato avviato il necessario percorso di regolarizzazione. L’accoglienza delle persone in fuga dalla guerra significa anche la loro integrazione sociale e scolastica, nonché la profilassi sanitaria, un’attività importante perché il Covid non è sconfitto. Per facilitare la comunicazione è stato predisposto un volantino in lingua ucraina e italiana con le prime azioni da compiere appena arrivati sul territorio nazionale: il tampone Covid entro le 48 ore, la quarantena precauzionale, la vaccinazione anti-Covid, il Green pass, le vaccinazioni non Covid in rapporto all’età, la registrazione e il rilascio del permesso di soggiorno STP (per stranieri temporaneamente residenti).
Contatti utili Ricordiamo le nuove regole per i contatti stretti (conviventi e non), in base allo stato vaccinale: • Per informazioni su accoglienza e assistenza alla popolazione di nazionalità ucraina: numero verde Protezione Civile trentina 800867388 (selezionare “2”); il numero è attivo dal lunedì al sabato, con orario 08.00 – 18.00 • Per informazioni riguardanti l’accoglienza di persone/famiglie ucraine giunte autonomamente sul territorio e per comunicare la disponibilità di alloggi per l’accoglienza: Cinformi - tel.: 3316299111; mail: info@cinformi.it.
Nasce il “Fondo di solidarietà - Emergenza Ucraina 2022” Un accordo che consente di coordinare le varie azioni di sostegno e permette di favorire e implementare la raccolta fondi per interventi concreti a favore dell’Ucraina: lo ha siglato la Provincia autonoma di Trento assieme ai rappresentanti degli enti locali, degli imprenditori, dei lavoratori, del volontariato e dell’associazionismo del Trentino. Con l’accordo nasce il “Fondo di solidarietà - Emergenza Ucraina 2022” nel quale i lavoratori del settore pubblico e privato potranno versare una o più ore di lavoro, dando adesione in modo libero e volontario. In analogia a quanto già accaduto in passato in occasione di gravi calamità nazionali e internazionali, la Provincia ha aperto un conto corrente nel quale potranno confluire tutte le donazioni di soggetti pubblici e privati e quelle dei lavoratori. L’accordo prevede infatti che i datori di lavoro versino l’equivalente del contributo volontario donato dai propri dipendenti.
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ufficiostampa.provincia.tn.it
Anche la Protezione civile trentina e altoatesina è in prima linea per supportare la popolazione ucraina È iniziato lunedì 21 marzo alle 5 del mattino il viaggio di oltre 2.000 chilometri che ha portato la colonna mobile della Protezione civile del Trentino e dell’Alto Adige – composta da 11 tir – a 30 chilometri da Chișinău, capitale della Moldavia, ad appena 180 chilometri da Odessa, in Ucraina. Qui, i 43 membri della spedizione hanno messo a disposizione 17 container di materiali per l’allestimento di un campo di accoglienza per le persone in fuga dall’Ucraina, oltre a 1 container di beni alimentari donati dalla Caritas. La colonna mobile, guidata dal capo missione Giovanni Giovannini, dirigente del Servizio foreste della Provincia, è composta da 6 dipendenti del Servizio prevenzione rischi; 7 vigili del fuoco del Corpo permanente; 12 vigili del fuoco volontari dei distretti di Trento e Rovereto; 6 volontari dei Nuvola (Protezione civile della Sezione trentina degli alpini); 2 sanitari della Croce Rossa e 8 volontari altoatesini della Croce Bianca, a cui si aggiunge un funzionario del Dipartimento nazionale di protezione civile.
All’interno dei mezzi diretti in Moldavia sono stati trasportati: 92 tende complete di impianto elettrico con illuminazione, prese interne e impianto di riscaldamento, per una capacità di alloggiamento 512 persone; 100 fornelletti elettrici; 600 brandine da campo; 2.000 coperte di lana; 5.000 kit di lenzuola monouso; 14 torri faro per l’illuminazione del campo; 16 quadri elettrici di varie dimensioni e cavi sufficienti per la distribuzione di illuminazione ed energia; 2 prefabbricati uso wc con 7 vani ciascuno; 2 prefabbricati uso doccia con 6 vani ciascuno, completi di boiler; 3 gruppi elettrogeni; 1 cucina da campo; 1 tendone sociale ampio 720 metri, completo di riscaldatori e impianto elettrico; 4 moduli di panche e tavole da campo per 576 persone. I materiali e le attrezzature sono stati ceduti a titolo gratuito alle competenti autorità dell’amministrazione moldava: il loro valore complessivo ammonta a 1.775.820 euro, di cui 1.199.820 euro a carico della Provincia autonoma di Trento.
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FORMAZIONE
COME FUNZIONA L’INCLUSIONE ALL’UNIVERSITÀ DI TRENTO?
a cura di Michele Anastasia
Ne parliamo con la professoressa Carla Gubert Tutto questo, a causa del Covid, è venuto a mancare. Abbiamo notato un rallentamento nel sostenere gli esami, in generale in tutti gli studenti. Nel nostro caso specifico, però, abbiamo assistito ad alcuni ritardi e ad alcune pause nella carriera universitaria piuttosto significative, sintomo di un disagio maggiore. Quali sono gli aspetti che il Servizio Inclusione potrebbe migliorare? La formazione dei docenti potrebbe compiere qualche passo in avanti: per quanto tutti i colleghi siano estremamente collaborativi, è un aspetto fondamentale che va continuamente migliorato. Ci sarebbe, poi, da incentivare le possibilità per gli studenti con disabilità di recarsi all’estero. Questo comporta un certo lavoro, perché bisogna individuare un’università che sia in grado di accoglierli e fornire lo stesso ambiente inclusivo. Ciò richiede convenzioni e accordi molto precisi con le istituzioni straniere.
Per saperne di più: inclusione.studente@unitn.it
Carla Gubert insegna Letteratura Italiana Contemporanea presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. Dal 2005 svolge anche il ruolo di Delegata di Dipartimento per il supporto alle disabilità e DSA e si occupa di aiutare gli studenti con bisogni speciali durante il percorso di studio. Quello di Trento è stato uno dei primi atenei italiani a presentare un piano di assistenza di questo tipo, prima grazie alla collaborazione con l’Opera Universitaria e poi, dal 2017, con l’istituzione del Servizio Inclusione Comunità studentesca. Abbiamo incontrato la professoressa Gubert per parlare dei risultati ottenuti e di quelli ancora da raggiungere. Professoressa Gubert, cosa è cambiato nel corso degli anni? Innanzitutto, è aumentato il numero di studenti con bisogni speciali (disabilità, DSA) iscritti all’Università di Trento. Quest’anno, ad esempio, a Lettere sono sessantacinque. Quando abbiamo iniziato erano circa una decina. All’epoca avevo modo di gestire ogni studente singolarmente e le misure erano “personalizzate”. Aiutavo ogni singolo studente anche nella mediazione coi docenti per creare dei programmi specifici. C’era un rapporto molto stretto. Col tempo il numero degli iscritti è aumentato sensibilmente. L’Ateneo di Trento è stato uno dei primi ad attivarsi in modo concreto per il supporto alle
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disabilità. Molti si iscrivevano da noi proprio perché venivano a conoscenza di un sostegno effettivo e concreto. E posso affermare con un certo orgoglio che grazie al lavoro di tutti i soggetti coinvolti questo servizio è diventato via via più popolare.
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In foto, la professoressa Carla Gubert
Quali difficoltà può incontrare un ragazzo o una ragazza con BES durante il percorso di studi? Questo, ovviamente, dipende molto dallo studente. Una delle difficoltà più sentite è la partecipazione attiva alle lezioni e il mio ruolo prevede di agevolare il percorso di studio stabilendo, in un colloquio iniziale insieme al Servizio inclusione, le misure compensative o dispensative che posso essere adattate nel tempo. In occasione degli esami, una delle misure più frequenti è garantire del tempo aggiuntivo per le prove scritte. Ci sono poi problematiche più particolari, come ad esempio le attività di laboratorio o scavo nell’ambito di Beni culturali. Perciò, con l’aumento degli iscritti, ho pensato di chiedere l’affiancamento di un docente specifico per ogni corso di studio. Quanto ha influito la pandemia sugli studenti con disabilità? Per molti ragazzi l’Università è un modo per uscire di casa e ritagliarsi un proprio spazio al di fuori delle famiglie, a volte comprensibilmente protettive. Ho assistito a delle crescite personali e umane straordinarie.
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SOCIETÀ
ARTE E DISABILITÀ IN ITALIA: AL. DI. QUA. ARTISTS Al. di. Qua. Artists è un’associazione nata a inizio pandemia che sostiene la difesa dell’autonomia e dei diritti degli artisti disabili in Italia. Il nome “Al Di Qua” è l’abbreviazione di “Alternative Disability Quality” ma significa anche “da qui, nel tuo stesso posto, da questa parte” in con-
trapposizione ad “Al Di Là” ossia un luogo lontano, imprecisato e “dall’altra parte”. Raggruppando le voci di più artisti disabili provenienti da tutta Italia, l’associazione ha rilasciato la sua lettera-manifesto nell’estate 2020 durante il Festival di Santarcangelo. Qui qualche frammento della lettera:
“Esiste un muro” abbiamo dichiarato “e quindi esistono un Al Di Qua e un Al Di Là”. Nell’Al Di Qua eravamo monadi solitarie ma ci siamo riunite, abbiamo dato nuovi nomi alle cose, ci alleniamo collettivamente ad essere forza eterogenea e compatta. Cerchiamo insenature nel muro per farlo crollare. Vogliamo contagiare con forza capillare l’Al Di Là, costruire nuovi spazi di possibilità, rileggere i meccanismi di partecipazione, diventare voce nel cuore del dibattito contemporaneo affinché il nostro corpo non sia la prima e ultima cosa che si dica di noi. Vogliamo che nessun parli mai più a nome nostro! (...). Siamo artisti e artiste, lavoratori e lavoratrici dello spettacolo acco-
munati dall’essere orgogliosamente portatori di corpi disabilitati. Non chiederti cosa sia La Disabilità, è la domanda sbagliata! Chiediti invece Cosa ci rende disabili. E tu? Cosa ti rende disabile? Non sono i nostri corpi il problema, non le nostre competenze fisiche, motorie, sensoriali, neurologiche, cognitive. Noi non possiamo più accettare che sotto un unico confortevole termine dal sapore medico-scientifico vengano raccontati e appiattiti i nostri corpi, le nostre storie, le nostre mutevoli identità: non parliamo di disabilità ma di Esperienze Disabilitanti imposte da una società costruita sul modello di quell’unico essere umano occidentale, maschio, bianco, abile, sano, cis, etero.”
Uno degli obiettivi di Al. di. Qua. è la messa in discussione del modo in cui i mass media “inquadrano” la tematica della disabilità. Come sostiene uno dei soci fondatori, docente, regista e fotografo, Claudio Gaetani in un talk pubblicato sul canale YouTube del Festival del Silenzio: «è arrivata l’ora di mettere in discussione l’immaginario stereotipato che ruota attorno alle persone con disabilità». Del resto «la prima immagine che le persone abili associano alla parola disabile è bianco, uomo, sulla sedia a rotelle» prosegue Diana Anselmo, vicepresidente di Al. Di. Qua. e attrice teatrale «questo non perché le persone sono cattive o stupide ma perché il fatto che esistano altri corpi disabilitati non viene inserito nel discorso sociale. Per questo, forse, chi è portatore di corpo disabilitato e lavora nell’arte, ha anche il compito di decostruire questo stereotipo». Altro tema caro all’associazione è il tema dell’accessibilitàà nel senso
SOLE E LIBERTÀ
Il sole disegnato da Samuele Maranelli
Il sole è libertà. È la nostra personale stella, motore ruggente e infuocato attivatore di vita. Ogni minuscolo essere possiede uno spicchio di cielo e proprio da quello entrano i raggi solari che lo fanno esistere. Lo stesso nome, già dall’antichità, significa splendere. Spesso è accostato a dio, in apparizioni divine come nel carro di Elios, il moderno Apollo, e in generale frequente nel ricchissimo culto legato al sole nato prima della parola. Lui è al centro. Il sistema solare eliocentrico è forse la rappresentazione di come tutti gli elementi ruotino intorno all’unico vero protagonista della vita: il gigante di fuoco. Il sole è sempre lì, dietro le nuvole, dietro il nostro pianeta di notte. Scandisce il nostro tempo. Eraclito diceva che «il sole è nuovo ogni giorno» come se si rinascesse a ogni alba. Molto è stato scritto scientificamente e spiritualmente sul sole, ma non tutti intravedono l’esistenza del
suo odore, sapore, rumore, tatto. Si può toccare e lascia le sue impronte sulla Terra quando s’alza. Su una mela si vede il suo timbro: rosseggiante spicca un’imbrunita dei suoi raggi. I muretti sbiaditi esposti a sud, candeggiati nei punti dove più batte. Lo schiaffo bonario che ci dà arrossandoci la collottola nella calura agostana, a volte seguendo le ditate della crema. Lo tocchiamo quando ci ustioniamo sui volanti a Ferragosto. Il sapore è quello del sale del mare quando si riemerge e si rifiata. Il succoso dell’anguria sa tanto del sole come le castagne sanno del Giorno dei Morti e l’uva di sorrisi sotto le pergole settembrine. È il gusto del gelato con il solo rumore della onde nelle silenziose ore del meriggio sotto le pergole di incannucciato. L’odore è quello di crema e sigarette mentre si è investiti dall’òra del Garda. L’erba tagliata ha il profumo di giornate terse, campagne assolate e nonni con la canotta bianca e la falce. L’aroma frizzante in montagna ci fa sentire anche il rumore del sole: scarica il vento sui pendii e fa vibrare come violini i rami dei bassi cespugli di mirtilli. Si spettinano le graminacee frusciando. La melodia del disco solare posto sul grammofono dei nostri sensi inizia con i ronzii delle api da un dente di leone all’altro, lo scoppiettio insistente dei falpalà degli ombrelloni allineati, il ritmo ostinato delle cicale che incalzano sul pentagramma assegnatoli dalla natura. Procede poi con gli schiaffi delle onde sugli scogli, il vociare allegro delle piscine e l’abba-
Aprile 2022 - n. 2 a cura di Maria Devigili
più ampio del termine, cioè non solo in senso architettonico ma anche nel senso di accessibilità all’esperienza artistica nel suo insieme. Per saperne di più: @al.di.qua.artists @aldiquaartist
a cura di Samuele Maranelli
Il sole filtra nel bosco
iare di sassi in un canalone montano. A completamento il tintinnio di calici cenanti che brindano su tavolini all’aperto. Il sipario, con il tramonto, si chiude. É la fine di un atto che ne anticipa un altro. Innegabilmente è il legame più forte che abbiamo: veniamo alla luce e torniamo poi all’oscurità in una fulgida parentesi terrena. Riassumendo tutta la vita in una splendida fotosintesi umana lunga parecchi lustri. L’unica cosa della quale avremo
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veramente nostalgia sarà il bagliore della nostra radiosa stella solare: M’illumino d’immenso.
Il sole rappresentato sui libri di scienze e geografia
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CULTURA
GIOVANNI BATTISTA SIMONE DALL’ARMI Biografia di un arciprete al servizio degli altri
Monsignor Dall’Armi ritratto da Vigilio Tabarelli
Il primo “Istituto per Sordi” di Trento venne aperto nel 1842 per volontà del Principe Vescovo Giovanni Nepomuceno de Tschiderer. A ispirarne la fondazione fu il giovane don Giovanni Battista Simone Dall’Armi, poi monsignore e arciprete emerito di Arco. Nato il 4 maggio 1811 a Trento da una famiglia di farmacisti, monsignor Dall’Armi seguì nella vocazione sacerdotale il fratello primogenito Felice Vicenzo, cancelliere dell’Ordinariato. Formatosi alla scuola del Beato Stefano Bellesini, entrò in seminario nel 1832/33, avendo come maestro spirituale il vescovo Francesco Luschin e fu definito di «ottimi costumi». Divenne diacono il 15 dicembre 1833 e sei giorni dopo venne ordinato sacerdote con P.P. (patrimonio proprio). Il suo primo incarico fu come cappellano alla parrocchia di Terlago. Proprio lì conobbe una famiglia umile, i Tabarelli, con un figlio sordomuto di nome Virgilio e li fece trasferire nell’ufficio del Decano del Capitolo della Cattedrale di Trento. Fu proprio lì che il principe vescovo Giovanni Nepomuceno de Tschiderer – durante una visita al decano monsignor Giambattista Trentini intorno all’anno 1840 – li conobbe e, appresa la condizione del ragazzo «ne fu preso da viva compassione». Lungo la strada verso la residenza episcopale, ne parlò ancora con Dall’Armi e – scoperto che egli aveva qualche cognizione sordomu-
tica e aveva elaborato un metodo per comunicare con Virgilio, «lo esortò a prendersi cura del fanciullo e a istruirlo». Dall’Armi non aspettava altro che questo invito. E presto, il rapporto che lo legava a Virgilio portò i suoi frutti. Ancora giovanissimo, infatti, il ragazzo divenne un ottimo pittore ritrattista, molto apprezzato negli ambienti religiosi trentini. Lasciato Terlago, Dall’Armi si incaricò per quattro anni della gestione del neonato Istituto Diocesano per sordomuti. Trasferito poi ad Arco, si accorse che il borgo – in cui sorgevano anche diversi palazzi signorili - per la stragrande maggioranza abitato da famiglie poverissime, dove il vagabondaggio giovanile e la misera imperversava sovrana. Fu così che l’arciprete prese contatti con le suore dell’Istituto del Lovere, cercò donazioni e si attivò per dar vita all’Istituto della Pia Casa della Provvidenza, aperto nel 1846, arrivando addirittura a comprare con il proprio patrimonio di famiglia la Casa Marcabruni in Stranforio per 1.568 fiorini e poi il giorno dopo quella a fianco per altri 3.032 fiorini. Sua precisa intenzione era quella di «accogliere tutti i fanciulli e le fanciulle poveri e bisognosi nonché abbandonati dell’archese, dando loro una casa famiglia che li potesse istruire e preparare a una vita indipendente secondo i principi cattolici». Durante la sua Arcipretura, lunga ventitré anni, il Dall’Armi riuscì a fornire assistenza a quattrocento tredici bambini. Alcuni li ospitò ad Arco, altri invece li mandò a Trento, grazie alla collaborazione che aveva instaurato con monsignor Endrici. Episodio cruciale che illustra l’importanza della sua opera e del suo disinteressato impegno accadde nel 1857. In quell’anno vi fu una recrudescenza delle gigantesche difficoltà in cui Arco si dibatteva. Alla malattia dei gelsi che comprometteva l’industria dei bachi da seta, si aggiunsero la malattia della vite e la siccità. Tra la gente imperversavano pellagra e vaiolo. Fu in questo quadro che Agostino Segatini, nativo di Trento, espulso dal comune di Mori
per somma dei sussidi richiesti si presentò all’arciprete. Venditore ambulante senza licenza, con la moglie malata, un figlio piccolo e l’inverno alle porte. Anziché rifiutarli come “forestieri”, Dall’Armi procurò loro una licenza per vendere frutta e verdura e una casa, dove un anno dopo nacque Giovanni, il grande pittore che tanto lustro avrebbe portato ad Arco e a tutto il Trentino. Malato di apoplessia e ormai in ristrettezze economiche per aver donato gran parte del suo patrimonio ai poveri, Dall’Armi si ritirò a vita privata nel 1864. Venuti a conoscenza delle sue condizioni tre comuni in cui egli aveva operato – Oltresarca, Arco e Romarzollo – organizzarono una colletta per supportarlo, ma anche da questa egli sottrasse una consistente cifra per destinarla agli orfani della Pia Casa. Con la sua scomparsa nel 1867, l’istituto passò alla gestione pubblica, tramite un consiglio di amministrazione. Nel 1930, subentrarono i Padri Salesiani che traghettarono la casa fino al 1971, anno in cui la proprietà passò all’attuale residenza protetta per anziani di Arco. Un’opera di generosità e servizio troppo preziosa per essere dimenticata!
Autoritratto di Vigilio Tabarelli (1828-1876). Cresciuto a Terlago, fu il primo alunno dell’Istituto per Sordomuti di Trento. Grazie al supporto di Dall’Armi studiò alla scuola di pittura di Milano, terminandola con buone referenze. Tornato a casa, gli furono commissionati numerosi restauri nelle chiese trentine e soprattutto ritratti, come quello del vescovo Tschiderer e di altri famosi personaggi dell’epoca.
GIUSEPPE PONTIGGIA - NATI DUE VOLTE
L’intelligenza è una dote rara e in un libro la si percepisce da grappoli di parole perfettamente combinati. Quando si leggono questi passaggi si ha come la sensazione di innamorarsi, come sentire del caldo nella pancia. “Nati due volte” prende in prestito l’eccellenza della lingua italiana e fa innamorare. Non è un caso che si appunti al petto il premio Campiello nell’anno 2001.
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Se ci si sofferma sulla quarta di copertina la trattazione del libro, seppur scritta brillantemente, potrebbe non attirare il grande pubblico. Sembrerebbe una pubblicazione solo per i “diretti interessati”, per chi vive la disabilità nel quotidiano e forse in parte lo è. Lo stesso Giuseppe Pontiggia ne vive appieno l’intensità con il figlio disabile Andrea, accostando il libro all’autobiografia ma ampliandone gli orizzonti. Il libro racconta, con lucidità e scorrevolezza, il rapporto di un padre con il figlio disabile. La storia si muove attorno a personaggi che, ognuno con la propria sensibilità, sfociano nel cinismo, nella stupidità ma anche in sincera soli-
darietà. Ho subito riconosciuto in quelle righe una persona a me vicina. I suoi rapporti con le persone, la sua normalità nell’affrontare gli sguardi degli altri, la sua intelligenza che evidentemente non è sulla superficie ma in fondo agli occhi. Il libro è la migliore versione possibile di come tutte queste dinamiche possono essere narrate. Una non banale recitazione in questo teatro che è la vita incentrato su un pensiero che ci coinvolge tutti: «i bambini disabili nascono due volte: la prima li vede impreparati al mondo, la seconda è affidata all’amore e all’intelligenza degli altri». La vita va vissuta con gli strumenti che si hanno e molto spesso è sorprendente.
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a cura di Augusto Corradini
VIAGGIO NEL FIRMAMENTO di Giacomo Carbonara Strade un tempo divise si incontrano, nubi rosa e puntini nascosti. È come un ritornello sospeso nello spazio, come un fiore finto che non sboccia. Buchi come porte per l’ignoto si aprono davanti a me. Grandina ma non mi muovo, nel caldo infernale. La mia casa è lontana, lì dove c’è il vortice più colorato di tutti, assieme a stelle luminosissime. Mi chiedo se sia qualcosa a muovere tutto, mi chiedo se sia qualcuno, a mostrarmi la strada per il paradiso, tramite magiche forme, disegnate nel soffitto, che tutti accoglie. Entro poi in una zona remota, è buio come in un tronco e silenzioso come sott’acqua, forse qualcuno vuole mettermi alla prova per farmi usare la mia ultima arma, il coraggio.
a cura di Samuele Maranelli
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TEMPO LIBERO
IL GIRO DEL MONDO IN CARROZZINA: VEDERE LE POSSIBILITÀ OLTRE I LIMITI
a cura di Francesca Bortolin
L’esperienza di Giulia Lamarca Nei vari viaggi intrapresi da te e Andrea quali sono state le principali sfide incontrate? E quanto è essenziale una buona pianificazione precedente alla partenza? Tutto è una sfida, non ci sono tante persone con disabilità che viaggiano. Ogni volta che prendo un aereo e scelgo una meta so che dovrò adoperarmi per trovare un modo per riuscire a fare le cose, che dovrò discutere con le persone per spiegare cosa mi serve. A mio parere non serve tanta pianificazione ma spirito di adattamento. L’unica cosa che devi realmente pianificare è cosa ti è essenziale.
Giulia e il marito Andrea a Machu Picchu, in Perù
Viaggiare avendo una disabilità non è semplice, lo sa bene Giulia Lamarca, psicologa e travel blogger che da dieci anni ormai gira il mondo in sedia a rotelle. Dopo l’incidente che le ha cambiato la vita, Giulia decide di non perdersi d’animo, reagire e fare dei propri viaggi un’occasione di crescita personale e rinascita. Assieme al marito Andrea – e, ora, anche a Sophie, la loro bimba di pochi mesi – ha visitato le mete più svariate, dal Giappone all’Indonesia, dalla Cina agli USA, arrivando persino a Machu Picchu. Superando limiti e difficoltà, ha creato un “precedente” nella storia dei viaggi in carrozzina ed è diventata una voce nella promozione del cambiamento globale, combattendo per il diritto di
tutti al volo e a godere liberamente di quanto di bello ogni luogo possa offrire. Tramite il proprio profilo Instagram – che ormai conta 184mila follower – e la pubblicazione del suo recente libro Prometto che ti darò il mondo, Giulia sprona ognuno di noi a superare i propri limiti, denunciando allo stesso tempo le criticità incontrate nei propri viaggi. Prometto che ti darò il mondo racconta la tua esperienza di vita attraverso la lente del viaggio. Che significato ha per te questa parola? Per me viaggiare significa principalmente fare esperienze, guardare con i propri occhi un Paese, significa adattarsi. Mettersi alla prova in posti diversi.
Leggendo il tuo libro il tema delle barriere architettoniche emerge con forza: come valuti il contesto italiano paragonato a quello estero? Credi che la scarsa accessibilità sia una problematica di natura culturale nel nostro Paese? Ci sono Paesi più problematici di altri, l’Italia rientra sicuramente fra quelli problematici. Sinceramente io non credo che il nostro Paese voglia migliorare su questa cosa. Se avesse la volontà stanzierebbe più fondi, e gli enti del turismo farebbero una comunicazione ad hoc. Da qualche mese è nata Sophie, la vostra bimba, eppure non avete smesso di viaggiare. Come valutereste questa nuova esperienza di viaggio in tre? Bella e unica, ovviamente è diventato ancora più complesso, ma è magnifico. Con il nostro esempio vorremmo spronare le famiglie a continuare a viaggiare.
Giulia Lamarca, una travel blogger in carrozzina contro le barriere architettoniche
Nel libro scrivi che viaggiare in carrozzina non è semplice e richiede «coraggio, testardaggine e un buon compagno di viaggio», ma è sicuramente possibile e voi ne siete la prova. Che consiglio daresti a chi vorrebbe seguire il vostro esempio ma teme i limiti? Trovate qualcuno che sia disposto a darvi una mano, sia egli il vostro compagno di viaggio o uno sconosciuto in un paese straniero. È infatti tra persone che si abbattono le barriere. Quindi, il mio consiglio è quello di fidarsi della gente e chiedere aiuto. @_giulia_lamarca
IMPARARE TRA I LEMURI: L’ESPERIENZA ACCESSIBILE DELLO ZOO DI CORDOVA Nel 2019 ho lavorato sette mesi al Centro di Conservazione - Zoo di Cordova, in Spagna. Il Centro di Conservazione è uno spazio pubblico per la conservazione, la ricerca e l’educazione sulla biodiversità. Nelle sue strutture, gli animali nativi delle montagne andaluse convivono con specie provenienti da tutto il mondo, dai gibboni dalle mani bianche alle giraffe. Un luogo con queste caratteristiche, essendo anche uno spazio pubblico, deve essere preparato ad accogliere tutti i tipi di visitatori, adattandosi alle esigenze specifiche di persone diverse. Per saperne di più, ne abbiamo parlato con il direttore Antonio Torrecilla. Lo zoo di Cordova, per anni e prima della pandemia, ha svolto attività di terapia per persone con disturbi dello spettro autistico con diversi animali, principalmente gli asi-
ni. Questo tipo di terapia si chiama “onoterapia” e lavora direttamente sulla relazione tra i ragazzi e gli animali attraverso il contatto fisico, psicologico ed energetico. Tutto questo mentre i bambini sono accompagnati da educatori formati. «In questo tipo di laboratori – spiega Torrecilla – si lavorava sul contatto e l’interazione tra persone con disturbi dello spettro autistico e persone con diverse abilità. Tra queste attività c'era la cura degli animali: alimentazione, manutenzione e toelettatura degli animali, così come le passeggiate». È importante menzionare che queste terapie o attività con gli animali fanno bene anche agli animali stessi, poiché forniscono un “arricchimento ambientale” che stimola i loro istinti e i loro bisogni sociali. Un’altra delle attività educative realizzate nel Centro di Conservazio-
ne di Cordova riflette perfettamente questo obiettivo. Stiamo parlando di “Imparare tra i lemuri”, un laboratorio d'interazione controllata con i lemuri con un doppio obiettivo: da una parte, far conoscere le diverse sottospecie, la loro etologia e i problemi di conservazione; dall’altra, la stimolazione positiva degli esemplari attraverso la presentazione di cibo in modo diversificato e la condivisione dello spazio per brevi periodi di tempo con gli umani. Infine, il Centro di Conservazione tiene conto dell'ipersensibilità uditiva (iperacusia) di alcuni visitatori, e sta costantemente implementando miglioramenti per ridurre i suoni e garantire una visita confortevole e piacevole per tutti. Questo è molto importante sia per le persone nello spettro autistico che per il benessere degli animali. A tal fine, per esempio: «i veicoli di trasporto interno utiliz-
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a cura di Remedios Torrico
zati dai custodi saranno presto sostituiti da auto elettriche, eliminando il rumore del motore dei veicoli tradizionali. Gli annunci dell'altoparlante saranno adattati per stabilire un livello sonoro appropriato». L'accessibilità degli spazi pubblici, soprattutto degli spazi educativi e di svago, è una delle armi più forti che abbiamo come società per garantire l'integrazione di tutte le persone, indipendentemente dalle loro realtà, a una vita piena.
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