pro.di.gio.
Bimestrale di informazione dell’associazione prodigio onlus sul mondo del disagio e dell’handicap Numero II - aprile 2012 - anno XIII - lXXI numero pubblicato
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progetto di giornale
Alcol e giovani
La Video ARTE si fa conoscere
Intervista al dottor Roberto Pancheri
Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento
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li abitanti cinesi disabili, secondo il secondo rilievo nazionale del 2006, sono circa 83 milioni, il 6,34% della popolazione totale cinese. Il 25% vivono nelle città, il restante 75% nelle campagne con un accesso ancora limitato all’istruzione, ai servizi e alle opportunità di lavoro. Tuttavia questi numeri sono al di sotto delle statistiche elaborate dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che ha calcolato il numero di disabili intorno a 130 milioni (10% della popolazione). La Cina ha sempre avuto un atteggiamento molto difficile nei confronti della malattia e delle persone portatrici di handicap. Per motivi culturali e politici, la società cinese ha avuto una repulsione naturale per i disabili: tenuti chiusi in casa e discriminati come non facenti parte della popolazione, sono stati oggetto di vere e proprie persecuzioni quotidiane. Grande è la differenza tra il livello di vita sociale delle persone disabili e quello medio della società. Recentemente i mezzi di informazione cinesi hanno riportato con grande risalto la notizia di ragazzi mentalmente disabili comprati, come se fossero schiavi, da un’agenzia che si occupava di adozioni di persone disabili e fatti lavorare in una miniera. Ipotizzando che nelle regioni più remote del Paese vi sono molte altre fabbriche e miniere dove i disabili mentali vengono tenuti in una condizione di schiavitù, è stato chiesto al governo cinese di intervenire con decisione. Anche se il pregiudizio e la discriminazione sono ancora diffusi, in questi ultimi tempi qualcosa sta cambiando e la situazione dei disabili in Cina è in netto miglioramento soprattutto nelle grandi metropoli. Negli ultimi anni il Governo cinese ha iniziato a promuovere lo sviluppo dei diritti delle persone con disabilità con leggi ad hoc e adeguandosi alla Convenzione ONU. Il 26 giugno 2008 la Cina ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e pochi giorni dopo, il primo luglio, è entrata in vigore la nuova legge sulla “protezione” delle persone con disabilità, frutto di un progetto di cooperazione fra Italia e Cina, che rivoluziona la scena tratteggiata dalla legge precedente, risalente al 1990. L’articolo 3 non lascia dubbi di interpretazione: «Le persone con disabilità dovranno godere degli stessi diritti degli altri cittadini nel campo politico, economico, culturale, sociale e anche nella famiglia». La nuova legge, rispetto alla precedente, aggiunge maggiori dettagli sul sostegno finanziario fisso, sui servizi di cure mediche e riabilitazioni, sui posti di lavoro e sulle politiche fiscali favorevoli. Nell’articolo 52 e successivi la legge, invece, affronta il tema dell’ambiente accessibile. Gli edifici nuovi o ristrutturati o ampliati, le strade, i mezzi di trasporto devono essere privi di barriere e soddisfare le prescrizioni contenute nei codici statali relativi all’accessibilità delle strutture. Ma la Cina oggi è davvero accessibile alle persone con disabilità? I preparativi per ospitare a Pechino le Olimpiadi e le Paraolimpiadi del 2008 hanno certamente favorito l’accelerazione di questo
La disabilità è contagiosa?
Una forma d’arte che utilizza una base video per trasmettere sensazioni e percezioni
QR CODE... cos’è?
L’incredibile storia di Luca Trolton che realizza dei luoghi di lavoro accessibili.
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I disabili e l’accessibilità degli spazi
Made in Cina
processo di aggiornamento e di sbarrieramento degli spazi. Sono stati effettuati lavori di rinnovo di strutture del transito urbano pubblico, presso gli ospedali, numerosi negozi, siti turistici e alcune altre aree chiave di servizio pubblico. Quasi un terzo dei bagni pubblici della città possono essere impiegati anche da persone portatrici di han-
sparse nella città sono state equipaggiate con strutture che ne facilitano l’utilizzo da parte dell’utenza debole. La città offre, inoltre, taxi adattati a costituire una squadra di mezzi adatti a favorire gli spostamenti di persone disabili. La maggior parte delle strutture del villaggio Olimpico come il Cubo d’acqua (il Centro Acquatico Nazionale) ed il Nido (lo Stadio Nazionale) sono accessibili. Oltre a percorsi e bagni accessibili questi edifici garantiscono spazi dedicati per gli spettatori su sedia a rotelle facilmente raggiungibili grazie all’impiego di ascensori. Negli spazi urbani all’aperto non mancano i percorsi tattili per non vedenti, rampe di accesso e marciapiedi di sufficiente larghezza a consentire il transito delle sedie a rotelle. Tuttavia in molte zone della città esistono ancora strade e marciapiedi poco praticabili
Accessi e percorsi accessibili nella Città Proibita, nel Tempio del Cielo e nella metropolitana di Pechino. A fianco i dati relativi alla disabilità in Cina.
dicap. Le stazioni ferroviarie, e altri importanti centri del trasporto urbano sono state rese accessibili per i disabili motori e sensoriali. Le stazioni metropolitane sono state rinnovate per essere più accessibili prima dell’inizio delle Olimpiadi. Parecchie linee di autobus e fermate
dalle persone in carrozzella o con handicap motori. I marciapiedi sono spesso affollati, talvolta malridotti e con alti cordoli. Ma forse il vero pericolo che le persone con disabilità corrono a Pechino e nei grandi centri urbani, si presenta ogni volta che attraversano strade trafficate, dove tutti sfrecciano pericolosamente vicino, anche gli autobus e dove spesso né strisce pedonali e ne semafori, che pure ci sono, rappresentano una garanzia. Le persone con difficoltà visive, uditive o motorie devono essere particolarmente caute nel traffico, poiché i veicoli raramente cedono il passo ai pedoni. A Pechino può capitare di
Da questo numero inseriamo dei codici per poter accedere rapidamente a dei contenuti su Internet pagina 11
vedere persone su carrozzina transitare sulle piste ciclabili ed essere aiutate ad attraversare dai vigili urbani. A Shanghai, invece, è possibile trovare passaggi pedonali sopraelevati dove la presenza di ascensori consente l’accessibilità e una maggiore sicurezza anche alle persone su carrozzina. Molti siti turistici cinesi come la Città Proibita, la Grande Muraglia, il Palazzo d’Estate, il Tempio del Cielo, etc. sono stati equipaggiati per facilitare la visita ai portatori di handicap. In particolare la Città Proibita, che copre 720.000 metri quadrati e riconosciuta come la più grande collezione di antiche strutture in legno conservate fino ai giorni nostri, ha numerosi gradini di pietra e soglie, che sono tratti distintivi dell’architettura tradizionale cinese, ma che hanno sempre limitato l’accesso alle persone con disabilità. Attualmente la Città Proibita ha tre itinerari turistici senza barriere, che coprono i principali luoghi scenici, e offre gratuitamente ai visitatori anziani la possibilità di utilizzare sedie a rotelle che in genere vengono spinte da familiari o da persone che si prestano per piccoli compensi a spingere la sedia per tutta l’area e poi la restituiscono al cancello principale. Speciali ascensori e apparecchiature sono stati installati dall’amministrazione per superare scale e soglie lungo questi itinerari di visita. Analogamente anche all’interno del Tempio del Cielo, che si estende su di un’area di 2,73 chilometri quadrati nella parte meridionale di Pechino, l’installazione di parecchie rampe consente il superamento dei numerosi dislivelli presenti nel complesso di edifici che caratterizzano quest’area. In passato, recarsi in cima alla muraglia restava un sogno per chi è costretto a usare la sedia a rotelle, ma da qualche tempo nella sezione di Grande Muraglia di Badaling una rampa lunga 400 metri e un ascensore installati permettono ai visitatori su sedia a rotelle di salire in cima alla Grande Muraglia. Un’altra cosa molto importante è che oggi in Cina si sta gradualmente formando un ambiente sociale di partecipazione paritaria dei disabili e di attenzione e aiuto nei loro confronti. L’istruzione e l’occupazione dei disabili cinesi sono state ulteriormente tutelate. Poiché l’istruzione dei bambini disabili è stata inserita nel sistema statale di istruzione obbligatoria, il tasso di scolarizzazione continua ad elevarsi. In molte città cinesi sono stati aperti dei centri e strutture di accoglienza dove i disabili possono svolgere gratuitamente attività culturali divisi secondo le abilità e seguiti da personale dipendente adeguatamente preparato e formato. Anche la vita culturale e sportiva dei disabili si fa sempre più ricca poiché numerose sedi culturali pubbliche e sportive offrono sempre più facilitazioni e servizi alle persone con disabilità. Infine i mezzi di comunicazione come TV, radio e giornali riportano ampiamente notizie sulla loro vita ed aprono rubriche e programmi appositi. Nell’ultimo decennio in Cina sono cresciuti l’attenzione alle disabilità e l’impegno a soddisfare i diritti dei disabili nelle medie e grandi città anche se c’è ancora molto da fare nelle campagne e nei villaggi dove ancora succedono episodi di emarginazione e discriminazione. Michela Dalprà
d i sa g i o g i ova n i l e
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Intervista al dottor Roberto Pancheri, direttore del Servizio di Alcologia dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento
Alcol e giovani
zioni di dover decidere dove finisce l’uso ed inizia l’abuso, perciò parla semplicemente di problemi da consumi di alcol, non di problemi da abuso. Si possono però ben definire le situazioni così dette “alcol-free”, quelle in cui è necessario non consumare assolutamente bevande alcoliche e quindi avere un’alcolemia pari a zero. Parliamo ad esempio delle donne in gravidanza e in allattamento, di diverse malattie, di chi usa farmaci, di chi guida, degli adolescenti perché fino ai 15-16 anni l’alcoldeidrogenzasi è poco o per nulla presente nel nostro organismo e quindi fino a quell’età non siamo
nelle scuole mi riferiscono che i ragazzi sono consapevoli dei rischi, anzi a volte ne sanno di più di chi va a fare gli interventi, ma li avvertono come una realtà lontana dalla loro; il problema dunque non riguarda l’informazione sui danni, è necessario innescare un meccanismo virtuoso che porti a compiere scelte differenti. È un discorso molto lungo, ma la base su cui noi lavoriamo nei programmi delle scuole è un innovativo capitolo riguardante l’intelligenza emotiva. Ovvero: nel sistema scolastico italiano se un ragazzo studia, esce dal percorso scolastico che sa tutto degli altri e niente di sé. Nessuno nel sistema scolastico italiano ci insegna a studiare noi stessi, a leggere le nostre emozioni, a decifrarle, a capirle e a farci i conti. L’educazione razionale emotiva si occupa del cosiddetto A B C delle emozioni: A è il fatto, la circostanza, Dott. Roberto Pancheri, direttore Servizio Alcologia A.P.S.S. di Trento. C è la reazione, l’emozione. Quello che di in grado di eliminare l’alcol dal sangue. Ma solito viene saltato nel nostro interpretare le non solo. La legge 125 del 2001 ha stabilito che emozioni è il punto B, cioè il fatto che dietro ogni esistono tutta una serie di attività lavorative per emozione vi è il pensiero che regola questo senle quali il tasso di alcolemia deve essere pari a tire. L’emozione è regolata dal pensiero. Quello zero. Si parla, per esempio, di tutti i lavoratori che vogliamo ottenere lavorando nelle scuole, della sanità, di coloro che operano su macchinari è la capacità da parte dei ragazzi di dire di no pericolosi o automezzi pesanti, degli edili o altri al gruppo dei pari, quando il gruppo dei pari operatori che lavorano in altezza, ad esempio propone delle scelte che non sono un granché sulle impalcature. Possiamo nominare anche per la salute: bere, fumare, andare a 180 altre attività, come ad esempio i trasporti: il in macchina, ecc... pilota dell’aereo o il comandante della nave; è I ragazzi adesso, ma anche gli adulti, certamente importante che essi non abbiano spesso bevono per gruppo, nessuno dei bevuto prima di mettersi in servizio. ragazzi a differenza degli adulti berrebE per quanto riguarda la prevenzione? be da solo. Questo perché i ragazzi non L’O.M.S. ci dice chiaramente che in una comu- riescono ad avere un comportamento nità, come per esempio la provincia di Trento, i autonomo e magari potenzialmente problemi alcolcorrelati dei cosìddetti “bevitori escludente da quello del gruppo. moderati” causano una spesa sociale più eleSpesso viviamo in un mondo in cui la vata che non quelli dei cosìddetti “alcolisti”. libertà individuale è portata in un palmo L’O.M.S. afferma anche che in una determinata della mano, ma in realtà la libertà del comunità, il numero di incidenti alcolcorrelati è “non bere” alcolici è una libertà che viene direttamente proporzionale al consumo medio messa a dura prova tutti i giorni. pro-capite; è chiaro, quindi, che se noi vogliamo Le sanzioni incidono in qualche mafare della prevenzione dei problemi legati al niera sulla condotta? consumo di alcol dobbiamo cercare di ridurre il Ci sono determinati campi, tra cui alcol consumo medio pro capite nella nostra regione. e guida, in cui il parere della letteratura Per ottenere questo dobbiamo sensibilizzare la è unanime per quanto riguarda la mofascia di popolazione dei cosiddetti bevitori mo- difica dei comportamenti, ovvero il fatto derati, in quanto chi già non beve non può ov- che siano necessarie tre condizioni: la viamente ridurre, mentre gli alcolisti devono per buona probabilità di essere controllati, forza smettere, non possono ridurre. Per questo la severità e la sicurezza della pena. motivo questo discorso di prevenzione è rivolto In Italia recentemente si riscontra un a tutta la popolazione, a tutta la comunità. buon funzionamento delle ultime due Sembra però che la salute venga in secondo condizioni. Per quanto riguarda la piano, si pensa prima alla patente, ma non si buona probabilità di essere sorvegliati, pensa “non bevo per la mia salute”. nonostante negli ultimi anni i controlli Sì è vero, ma i cambiamenti di comportamento siano nettamente aumentati, non sono indotti, devono essere per forza tali, anche con ancora sufficienti. Si pensi che nel 2005 delle misure di questo tipo. Si tratta di una forma in Italia erano stati fatti 390 mila etilodi coercizione che non è solo repressione, ma metri contro gli 8 milioni e 600 mila della anche prevenzione, su questo non c’è dubbio. Francia, una disparità di dati estremaI giovani sono consapevoli dei danni alla mente elevata. L’Italia ultimamente sta salute che possono riscontrare facendo uso aumentando la vigilanza e sta traendo di alcol? da ciò dei buoni risultati. I giovani sanno bene i rischi per la salute legati al Si può dire che ci sia una fascia parconsumo di alcol, ma sapere ed essere informati, ticolare d’età colpita da alcolismo? non è sufficiente per cambiare il comportamen- No, la dipendenza da alcol è una dito; sono necessari degli stimoli in più, ovvero pendenza che fortunatamente impiega mettere in atto quelle che in inglese si chiamano anni a instaurarsi, non è quindi corretto “Life skills”, le “capacità di vita”. parlare di alcolismo giovanile, poiché Le mie collaboratrici che fanno interventi i giovani non hanno dipendenza, ma
problemi alcolcorrelati dovuti al bere. Questo ci fa capire che non si parla solamente della questione della subordinazione all’alcol, anzi la dipendenza e gli alcolisti sono una piccola fascia dei problemi alcolcorrelati. La grossa fascia invece è dovuta a persone non dipendenti, non alcolisti. Il concetto che i problemi alcolcorrelati della nostra società siano gli alcolisti, è da sfatare, non è corretto! È vero che bere un bicchiere di vino ai pasti fa bene al cuore e previene il tumore al seno? Nulla di più inesatto, l’alcol è un grosso cancerogeno per il seno, non viceversa. Il problema di base è la cattiva informazione. Ad esempio gli esperimenti di laboratorio sono per lo più fatti usando il resveratrolo, non il vino. Infatti il resveratrolo è contenuto solo in minima quantità nella buccia dell’uva ed è pochissimo presente nel vino, mentre è contenuto in diversi frutti di colore rosso o verdure. I risultati di questi test mostravano come il resveratrolo facesse bene per la prevenzione delle malattie coronariche, ma sappiamo che le dosi usate negli ultimi esperimenti erano di 150 milligrammi al giorno e che per introdurli bevendo vino ne servirebbero almeno otto litri al giorno. Invece molti articoli di giornale riprendono il fatto che il resveratrolo fa bene e traggono la conclusione che il vino fa bene. In verità, questo passaggio è un’informazione errata su cui per anni si è basata l’opinione pubblica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità dice chiaramente che non si può assolutamente consigliare l’uso di alcol, vino o checchessia a scopi terapeutici, in quanto non è dimostrabile che faccia bene, e anche dovesse far bene, i dosaggi che bisognerebbe raggiungere sono così elevati che le controindicazioni diverrebbero maggiori (ad esempio il resveratrolo nel vino è associato all’alcol etilico e l’alcol etilico è cancerogeno e causa molti altri problemi). In quanto a tumori, si è potuto appurare che il rischio (legato all’alcol) di sviluppare cancro al seno comincia già con un bicchiere al giorno, una simile dose ovviamente dà una probabilità minima, ma con due bicchieri al giorno aumenta, con tre ancor di più... aumenta in maniera esponenziale! Viviana Garbari
cos’è?
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Associazione Prodigio, ormai lo ripetiamo spesso, è da sempre vicina alle problematiche che nascono dal rapporto dei giovani con l’alcol. Soprattutto ora che il “brindare” con gli amici sembra essere diventata l’abitudine dei giovani (anche minorenni) per riempire le serate. Stiamo assistendo al sopravvento della moda del binge drinking, ovvero il bere fino allo stordimento, visto come un passatempo per coloro i quali, forse, non sanno come passare meglio le serate nella città di Trento. A tal proposito abbiamo voluto sentire il parere di un esperto, coinvolgendo il dottor Roberto Pancheri, dirigente del Servizio di Alcologia di Trento, per avere la sua autorevole opinione. Il Servizio è rivolto a persone e famiglie con problemi alcolcorrelati e collabora con altri Servizi di Alcologia provinciali, con le Unità Operative ospedaliere e con le associazioni di volontariato nell’ambito di programmi di prevenzione e riabilitazione. Cosa ne pensa del modo in cui si consumano bevande alcoliche al giorno d’oggi? Innanzitutto bisogna dire che c’è poca differenza tra bere superalcolici, birra o vino, poiché in una birra piccola, in un bicchiere di vino o in un bicchierino di superalcolico troviamo (in proporzione alla quantità di liquido) la stessa quantità di alcol. Non è dunque rilevante che si bevano superalcolici, se non per via che quest’ultimi, se consumati come shot drink, vengono assimilati più in fretta dall’organismo, permettendo il raggiungimento di un più elevato tasso di alcolemia, e aumentando il rischio di incidenti alcolcorrelati alla guida. Cosa ne pensa di questo nuovo abuso del bere giovanile chiamato binge drinking? Il “binge drinking” è una modalità di consumo di alcol ripresa dai paesi anglosassoni, dove si raggiungono alti livelli di tasso alcolemico in tempi piuttosto brevi. Per fare un esempio, possiamo definire come “binge drinker” chi consuma sei unità alcoliche in una sera, ovvero sei bicchieri, se di sesso maschile, e 5 unità, se di sesso femminile. C’è da dire però che parlare di alcol nei giovani è un paradosso, in quanto non credo si possa prendere una categoria della nostra comunità, astrarla dalla collettività e farci dei ragionamenti sopra, senza riflettere sul resto della nostra società. Una volta qualcuno diceva che ogni comunità ha i giovani che si merita, ed io sono abbastanza d’accordo con quest’affermazione, ma se non ci interroghiamo sul modo di bere degli adulti è un po’ difficile interrogarsi sul bere dei ragazzi. La figura di riferimento genitoriale deve innanzitutto dare il buon esempio, deve fungere da riferimento pratico. D’altronde non sono stati i ragazzi, per fare un esempio, ad inventare gli Alcopops e gli happy hour, è stato il mondo degli adulti. Non demonizziamo le discoteche e i pub, non demonizziamo la categoria dei giovani, ma andiamo a fare un ragionamento più ampio sul bere della nostra comunità, che è effettivamente elevato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ci dice che troviamo i maggiori consumi di alcol dove maggiori sono le produzioni. I paesi maggiormente produttori sono pertanto/di conseguenza quelli che hanno maggiori problemi. C’è una consapevolezza dei danni arrecati dal consumo di alcol? Le campagne e le pubblicità ci dicono “bevi moderatamente”, ma come si può sapere quando è moderatamente e quando si oltrepassa questo confine? Questo è un problema dibattuto ormai da decenni: qual è il livello della moderazione? Sul consumo di bevande alcoliche anche la medicina ufficiale ha diminuito drasticamente le dosi a rischio in 40, 50 anni: se negli anni ‘60 la medicina diceva che 1 litro di vino al giorno era tollerato dall’organismo, adesso la dose limite è due bicchieri al giorno per l’uomo adulto, sano e un bicchiere per la donna, dose minore perché l’organismo femminile ha il 30 % in meno di alcoldeidrogenasi, ovvero un enzima che metabolizza l’alcol del corpo. L’Oms sta cercando di non parlare più di problemi da uso o abuso di alcol perché questo la metterebbe nelle condi-
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Alcopops
li alcopops sono prodotti industriali a buon mercato, bevande alcoliche con aggiunta di succo di frutta, sostanze edulcoranti e aromi. Il loro tenore alcolico si situa tra il 5 e il 6 percento del volume, ma l’aspetto colorato ed il gusto molto dolce attirano i ragazzi, soprattutto la fascia tra i 13 e i 16 anni. Gli alcopops sono immessi sul mercato, pronti al consumo e già miscelati, in contenitori che ricordano quelli dei succhi di frutta piuttosto che le bottiglie di birra. In Europa questi prodotti hanno conosciuto una forte espansione di mercato. In Svizzera ad esempio, la loro vendita è passata da 1,7 milioni di bottiglie del 2000 ai 39 milioni di bottiglie nel 2002. Per questo ed altri motivi, si è deciso di provvedere aumentando il prezzo degli alcopops, ed i controlli per quanto riguardano i rivenditori, oltre a rendere più esplicito, il fatto che il prodotto è destinato ad una fascia maggiorenne, e che, essendo una bevanda alcolica, i ragazzi che lo consumano vanno incontro agli stessi potenziali rischi che comportano la birra o il vino.
Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Abbonamento annuale (6 numeri) Proprietà: Associazione Prodigio Onlus Redazione: Bosetti Ugo, Giuseppe Melchionna, Carlo Nichelatti, Andrea Truant, Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Viviana Garbari e Lorenzo Pupi. bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT Telefono e Fax: 0461.925161 Hanno collaborato: Collaboratori: Matteo Tabarelli, Maurizio Minestrina, Michela 25 O 08013 01803 0000 6036 2000 intestato a “AssoSito Internet: www.prodigio.it Dalprà, Dorotea Maria Guida, Giulio Thiella, Irene Zanello. ciazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Aldeno e E-mail: associazione@prodigio.it In stampa: martedì 3 aprile 2012. Cadine indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”. Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana). Pagamento con carta di credito su www.prodigio.it. Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70%pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | aprile 2012 - n. 2
m o n d o d e l l a d i sa b i l i tà
Quando la disabilità arriva all’improvviso
Silvia... che grinta!
di tutto: roccia, corsa, bicicletta, cammino in montagna, sci. Lo sport era la cosa che effettivamente mi mancava di più. Con il mio compagno abbiamo iniziato a cercare in Internet le possibilità per “noi disabili” e del tutto casualmente ho trovato un filmato di un ragazzino che veniva portato sulle piste da sci. Abbiamo contattato l’associazione e ci siamo trovati dopo qualche settimana in Trentino, a imparare a sciare di nuovo. L’inizio è stato terribile, facevo molta fatica ed ero sempre per terra. Però mi piaceva, soprattutto sentire l’aria fresca in faccia, il sole e la sensazione di libertà. Ho deciso che avrei continuato a sciare e così dopo vari corsi in varie location ho acquisito una certa sicurezza nel controllo dell’attrezzo. E come quando si scia in piedi una volta acquisita la tecnica si inizia a divertirsi, così succede anche sciando da seduti. Mi godo le piste e mi godo anche vedere la gente che quando passo mi osserva. È difficile vedere un disabile sciare, ma quando passiamo destiamo di certo l’attenzione di tutti gli altri. Silvia poi mette l’accento su un problema serio, che riguarda una parte della nostra cultura e ci spiega: Anche sul palcoscenico non si vedono attori disabili, soprattutto integrati in compagnie di non disabili. I teatri non sono accessibili, il pubblico non è abituato e vedere un attore disabile non atteso può destare reazioni differenti. Mi piacerebbe “provocare” in modo che in futuro sia la norma avere compagnie miste Cosa è cambiato nel tuo lavoro a causa della mielite? Quando sono stata meglio ho provato a riprendere il lavoro, camminavo con le stampelle. Facevo moltissima fatica, ma cercavo di essere uguale agli altri. Arrivavo a metà turno stanca morta, ma stringevo i denti e cercavo di non far vedere la stanchezza. Pian pianino la situazione è peggiorata, ogni tanto il mio virus si risveglia e mi dà ulteriori problemi, da cui non riesco mai a riprendermi completamente. Ogni ricaduta vedo un costante peggioramento e difficilmente riesco a migliorare e tornare come prima. La cosa più “fastidiosa” è la stanchezza e la fatica: spesso mi sveglio già stanca o mi basta vestirmi per sentirmi già pronta per tornare a riposarmi. Non è solo stanchezza fisica, perché anche stare a sentire qualcuno che mi parla spesso mi distrugge fisicamente. E così ora lavoro in ambulatorio, faccio visite anestesiologiche preoperatorie. Ma io amavo il lavoro in Terapia Intensiva che ormai non posso più svolgere semplicemente perché non è un lavoro “da disabili” e ho dovuto rinunciarci per il rispetto delle persone che in quell’ambito vengono curate.
Essere donna ed essere disabile può essere discriminante? Fortunatamente io lavoravo e non ho avuto quindi problemi a trovare un lavoro, ma suppongo che se fossi stata disoccupata allora lo sarei ancora adesso. Spesso trovo ostruzionismo nei curanti, soprattutto per quel che riguarda l’avere una vita normale. Se esprimo il desiderio di diventare madre si inizia subito a tentare di farmi desistere, a pormi davanti a tantissime problematiche che “potrebbero succedere”. Io vedrò il problema in modo molto scientifico, ma teoricamente anche alla donna più sana potrebbero insorgere problemi durante la maternità, così come a chi inizia una maternità già con problemi poi potrebbe andare tutto bene. Un po’ di discriminazione c’è quando vado in giro, quando guido, quando entro nei negozi. Spesso mi chiedono dove è il mio accompagnatore, cosa che poi non chiedono se entra un disabile uomo. Non saprei il motivo, forse perché sono una donna “mignon” e sembro una bambina, per questo si pensa che non possa andare in giro da sola. A volte invece essere donna disabile desta interesse, ci sono persone che mi chiedono come gestisco la mia vita, se lavoro e se guido. Credo che ad un uomo queste domande non vengano fatte, in fondo siamo sempre noi donne che parliamo sempre anche con persone mai viste. Come sono cambiate le relazioni sociali dopo l’infezione midollare? Con la mielite molti amici si sono stretti intorno MARKETING SAIT
S
e volessimo riassumere la vita di Silvia Distefano in un solo aggettivo, potremmo usare: la grinta! Perché Silvia è proprio questo: un concentrato di femminilità, caparbietà, professionalità, sportività, benché la sua vita sia stata segnata da un’infezione al midollo spinale che l’ha resa paraplegica. Silvia ha 35 anni, vive a Genova ed è medico anestesista. Di sé dice che ama fare e guardare fotografie, soprattutto in bianco e nero e di paesaggi, ama il teatro e la musica classica, operistica e folk-popolare tradizionale, leggere libri e la vita all’aria aperta. Andiamo subito al dunque e ci facciamo raccontare come è successo il “fattaccio”, Silvia ci racconta serena: “La disabilità è arrivata improvvisamente. Era il periodo nel quale il ballo era la mia “malattia”. Quella sera l’avevo trascorsa a ballare in piazza con musica dal vivo, cercando di coinvolgere più passanti possibili in modo da diffondere la cultura della tradizione. Era già una settimana che non mi sentivo benissimo, avevo un po’ di febbricola e mi lacrimavano gli occhi, in sostanza nulla di preoccupante. La mattina successiva verso l’ora di pranzo ho avuto la sensazione di avere una spada piantata nella schiena e dopo poco non muovevo più le gambe e non le sentivo più. Dopo alcune ore questa paralisi ha iniziato a salire. Sono andata in ospedale e sono iniziati i miei drammi. Poi dopo varie peripezie e visite fuori Genova, si è giunti a una diagnosi “probabile”. Dopo un anno ho avuto una diagnosi di “verosimile mielite parainfettiva da CMV” [n.d.r. Citomegalovirus]. E dopo cosa è cambiato nella tua vita? Semplicemente ho iniziato a convivere con la mia mielite, infatti dopo un inizio in cui ero decisamente giù di morale ho deciso di tornare a fare una vita possibilmente più simile a prima, lavorando e facendo quasi tutto quello che facevo prima. Il primo passo è stato un corso teatrale intitolato “laboratorio delle emozioni” presso il Teatro Garage di Genova. Ai saggi di fine anno ho portato la mia disabilità sul palco con orgoglio. Il teatro mi ha fatto trovare energie e potenzialità che non immaginavo di avere. Adesso faccio parte del corso di recitazione e prendo parte ai festival di teatro e disabilità, soprattutto nel Nord Est. L’eclettica dottoressa genovese ci racconta fiera che ha imparato a godersi ogni istante e ogni piccola cosa della vita. I primi tempi - ci dice - tornata a casa dall’ospedale, perdevo ore a sentire cantare gli uccellini (non ricordavo di averli mai notati in città) o a guardare il sole tramontare sul mare. Mi mancava l’attività sportiva, prima facevo
Silvia Distefano
a me, venivano a trovarmi e solo in pochi ci ho visto compassione. Altri sono spariti fin da subito o lentamente nel tempo. Ho però conosciuto tantissime persone speciali, sia disabili che non disabili ma che per vari motivi vivono nel mondo della disabilità (amici, parenti, educatori, terapisti,...). Ovviamente con altri disabili il rapporto è sempre ottimo, si parla anche apertamente di problemi comuni. Non esistono mezzi termini, si va direttamente al punto. Con gli amici io mantengo un rapporto uguale a prima, voglio essere considerata uguale a prima. E...l’amore? Con il fidanzato all’epoca ero in dubbio. Una fidanzata disabile è un problema, sarà sempre un peso, una preoccupazione, limiterà la vita anche a lui. Mi ha aiutato il fatto che ci siamo conosciuti nel mondo del volontariato, quindi lui era pienamente cosciente dei problemi che avremmo avuto. La coppia ha resistito, ci siamo uniti ancora di più. Ora lui mi supporta in tutto quello che faccio, a volte con fatica perché non riesce a stare dietro alla mia esuberanza. Spesso dice che “il disabile è lui”. Sulle piste da sci mi segue come un angelo custode. Si arrabbia insieme a me se troviamo i posteggi riservati o le rampe occupati, si preoccupa di trovare posti accessibili, si informa anche a mia insaputa su cosa possiamo fare insieme. Cosa ti piacerebbe realizzare? Non lo so, non ci ho ancora pensato. Forse semplicemente vivere normalmente, come prima. Credo che sia il mondo esterno che si dovrà adattare a me e non io ad esso. Speranze e desideri? Ciò che sperano tutti, progressi medici per tornare a usare completamente tutto il mio corpo. Seconda speranza, se la prima fallisse, non dover litigare ogni giorno per far valere diritti e possibilità di vita normale, speranza di poter passare su un marciapiede, di poter attraversare la strada senza macchine posteggiate sulle strisce, di poter andare in qualsiasi negozio o ufficio senza dover essere servita per strada e tante piccole cose che potrebbero semplificare la vita. Dorotea Maria Guida
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SensoRcivico: un nuovo modo per dialogare on line con il Comune
Pagina a cura del Comune di Trento
I cittadini hanno a disposizione un nuovo strumento per dialogare con il Comune. Dalla homepage del sito www.comune.trento.it, si può accedere alla piattaforma SensoRcivico, realizzata dal Consorzio dei Comuni in collaborazione con il Comune di Trento, registrarsi e inviare segnalazioni, suggerimenti e reclami. Il cittadino può inoltre georeferenziare i propri messaggi con l’utilizzo di una mappa, consultare le segnalazioni pervenute e le risposte pubblicate, inserire commenti. Le richieste sono prese in carico dall’Ufficio Relazioni con il pubblico, che fornirà le relative risposte in forma privata o pubblica, a seconda di quanto scelto dal cittadino. Per ulteriori informazioni: Ufficio Relazioni con il pubblico lunedì-venerdì ore 9-18/sabato ore 9-12 n. tel. 0461/884453, numero verde 800/017615 comurp@comune.trento.it
Summerjobs 16-17: la tua città
La proposta della scorsa estate del Servizio Cultura, turismo e politiche giovanili, in collaborazione con l’Ufficio Parchi e giardini e l’Associazione Giovani delle Acli, ha permesso a venti giovani studenti residenti a Trento, tra i 16 e i 17 anni, di fare un’esperienza di avvicinamento al lavoro della durata di due settimane, collaborando alla cura del verde cittadino. L’iniziativa sarà riproposta anche per l’estate 2012, coinvolgendo un numero maggiore di giovani, ampliando i periodi di svolgimento (giugno, luglio e agosto) e le occasioni di lavoro; le iscrizioni verranno raccolte entro il mese di maggio. Attraverso Summerjobs i giovani possono vivere una prima esperienza lavorativa retribuita, condivisa con il gruppo, fatta di regole e impegni, e un’opportunità importante di cittadinanza attiva, con l’acquisizione di consapevolezza e rispetto della cosa pubblica. Informazioni dettagliate su www.trentogiovani.it e con la newsletter trentogiovani.it
Accoglienza invernale 2011-2012: una rete tra il Comune e i cittadini
Sito Internet del Comune di Trento: www.comune.trento.it Numero Verde 800 017 615
La città di Trento ha messo a disposizione durante l’inverno un totale di 174 posti letto, di cui 20 per donne. Nei giorni più freddi ha attivato inoltre il dormitorio d’emergenza alla stazione ferroviaria, che ha offerto altri 19 posti letto e qualche posto in più per le donne e per persone con problemi di salute. Un servizio di accoglienza offerto dal Comune grazie alle tante realtà che tutti gli anni si rendono disponibili. Con il passare degli anni si è costruita infatti una rete di associazioni, cooperative, strutture e volontari che, a vario titolo, si mettono in gioco con sensibilità, consapevolezza e responsabilità, per far sì che l’inverno sia meno duro per le persone che non hanno una casa. Non si tratta solo di trovare un riparo, comunque necessario quando le temperature vanno sotto lo zero. Il calore di cui c’è bisogno è anche negli sguardi delle persone, per una volta non distratti o assenti, in due parole e nella stretta di una mano, nell’ascolto: questa è la filosofia e la scommessa su cui si fonda “l’accoglienza”, in cui l’uomo è al centro con tutta la sua storia. Un’attenzione che mira anche a superare l’emarginazione, cercando, con nuovi e sempre più urgenti progetti sociali, possibili soluzioni di inclusione lavorativa e abitativa, perché per salvare realmente una vita serve dare concrete opportunità di futuro. Il dormitorio allestito presso la stazione ferroviaria è stata poi un’esperienza nell’esperienza perché è stato gestito grazie all’aiuto di due persone che vivono la situazione di emarginazione: Orlando e Vittorio, se pur in modo differente, sono “esperti” di difficoltà e di precarietà abi-
tativa, e questo loro sapere è stato risorsa per gli ospiti del dormitorio e per gli operatori che hanno lavorato con loro nel gestirlo. Perché il loro sguardo è una sguardo che sa arrivare dritto al cuore delle situazioni e ha potuto accompagnare la gestione con un’umanità profonda e autentica. Per informazioni e disponibilità è possibile contattare il Servizio Attività sociali (n. tel. 0461/884466). Assieme al Servizio Attività sociali del Comune, coadiuvato dal Corpo di polizia locale e dalla Squadra Arredi, e al Servizio Politiche sociali e abitative della Provincia, hanno reso possibile questo risultato: Fondazione Comunità Solidale, Cooperativa Punto d’Incontro, Convento Frati Cappuccini, Nucleo Volontari Alpini, Gruppo Volontari Accoglienza, Croce Rossa Italiana, Associazione Volontainstrada, ATAS Onlus, Fondazione Crosina Sartori-Cloch, Villa S. Ignazio, Polizia Ferroviaria di Trento, CentoStazioni Spa, Francesca Rivoli (Coordinatrice dormitori della città), Orlando, Vittorio, Sara e tante altre persone, a vario titolo e con grande generosità: grazie!
Intrecci in città: spazi di incontro e confronto per genitori e bambini
Negli ultimi anni l’esigenza di luoghi e occasioni di incontro ha fatto nascere spontaneamente progetti e iniziative per le famiglie, momenti di confronto, di incontro, di condivisione promossi e organizzati da servizi, associazioni e gruppi informali di genitori: una ricchezza per il territorio e la comunità. Intrecci in città è il nome di un progetto nato nel giugno 2011 per mettere in rete queste realtà, nella convinzione che la condivisione delle varie esperienze è la condizione più favorevole per muovere idee ed energie; è promosso e coordinato da Punto famiglie - ascolto e promozione, in collaborazione con il Comune. L’obiettivo è promuovere e dare visibilità a ciascuna di queste realtà e alla rete nel suo insieme, per offrire risposte ai bisogni espressi dalle famiglie di oggi: bisogno di relazioni in un contesto di vita segnato da complessità, mobilità e isolamento; di incontro in spazi e luoghi caratterizzati da informalità e flessibilità; di confronto e condivisione dell’esperienza genitoriale di fronte al senso di fragilità e disorientamento rispetto alle scelte educative quotidiane; di territorialità, ovvero la possibilità di avere luoghi e opportunità di incontro vicini alla propria casa; di informazione
rispetto ai servizi esistenti. Per maggiori informazioni, vi invitiamo a visitare il sito: www.puntofamiglie.it; per ricevere la newsletter mensile, basta inviare una e-mail a info@puntofamiglie.it. Ecco le realtà che aderiscono alla rete Intrecci in città: Punto Famiglie - ascolto e promozione Corso Tre Novembre 164 - n. tel. 0461 391383 info@puntofamiglie.it www.puntofamiglie.it Centro Genitori e Bambini Via al Torrione 6 - n. tel. 0461 261414 www.comune.trento.it Koinè Spazio Incontro Genitori Bambini Via Palermo 9/11 - n. tel. 320 2395299 koine@progetto92.net www.progetto92.it Casa Mamma Bambino Via Marchet ti 1 - n. tel. 34 8 -2868335 casa.mamma.bambino@gmail.com www.casapadreangelo.it Casa dell’Arcobaleno Via della Resistenza 61/C (Povo) - n. tel. 3496036491 - casadellarcobaleno@gmail.com www.casadellarcobaleno.blogspot.com Pane e marmellata Cognola - n. tel. 0461 982689 e 339 2534699 araffaelli@libero.it, josefine.biasi@aruba.it Spazio Famiglia associazione A.D.A.M. Via Dossera (Vigo Meano) e Via della Fornace 18/B (Meano) - n. tel. 320 3338133 info@spazioadam.org www.spazioadam.org Spazio Non solo mamme Via Filari Longhi, presso circolo Anziani e Epicentro (Ravina) - n. tel. 338 2939737 Spazio Neo-mamme 0-1 Via del Loghet 69 (Spini di Gardolo) - n. tel. 0461 889828 Il Melograno - centro informazione maternità e nascita n . t e l . 3 47 576 0 0 95 melograno.trento@gmail.com www.melograno.org Mamme Insieme - Mattarello n . t e l . 0 4 61 816 0 3 6 mammeinsieme@kaleidoscopio.coop www.kaleidoscopio.coop
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Funzioni socio-assistenziali: alle comunità 88 milioni di euro
A
pprovato dalla Giunta provinciale, su proposta dell’assessore alle politiche sociali e alla salute Ugo Rossi, l’atto di indirizzo e coordinamento alle Comunità di valle e agli enti gestori in materia di politiche socio-assistenziali per l’anno 2012, con il quale si ripartiscono fra le stesse le risorse del fondo socio-assistenziale definendo contestualmente i corrispettivi per l’erogazione di servizi assistenziali, le compartecipazioni e i livelli essenziali di assistenza. Si tratta di consolidare il ruolo delle Comunità nell’esercizio effettivo delle loro competenze in materia di assistenza ma è anche un passo essenziale per attuare quel principio di sussidiarietà verticale, di avvicinamento delle istituzioni ai bisogni dei cittadini, che sta alla base della riforma istituzionale e che prende in questa occasione vesti concrete. La delibera ha ottenuto il parere positivo del Consiglio delle autonomie locali e della IV Commissione permanente del Consiglio provinciale. In buona sostanza, le Comunità potranno
pianificare e agire, con riferimento alle politiche socio-assistenziali di livello locale, in un quadro razionale di regole e risorse. È importante sottolineare che da un punto di vista finanziario le Comunità potranno contare su trasferimenti (circa 88 milioni di euro) in linea con quelli assicurati per le funzioni assistenziale di livello locale per il 2011 tenuto conto che comunque le risorse dedicate a livello provinciale al settore assistenziale sono cresciute rispetto allo stanziamento del 2011 di un 4%. Questo, in controtendenza ad un quadro nazionale, dove le risorse dedicate all’assistenza di livello locale sono state negli ultimi anni pressoché dimezzate. Va inoltre evidenziato come vi sia stata la convergenza del sistema delle autonomie verso una impostazione di riparto delle risorse che non sia più a piè di lista ma basata
“C’
è bisogno di voi”; queste le parole che campeggiano sulla homepage di PA.S.SO., il blog che “lancia” il Patto per Sviluppo Sostenibile del Trentino 2010-2020, presentato recentemente nella sua conferenza stampa programmatica dall’assessore provinciale all’ambiente Alberto Pacher. Questo l’indirizzo: www.passo.tn.it. Altrimenti, dalla homepage della Provincia: www.provincia.tn.it, sezione “In evidenza”. Nel blog è possibile consultare innanzitutto l’intero documento del Patto, partendo da cinque punti chiave, o da cinque tematiche di “sostenibilità”: Agenda 2010 -2020 (l’approccio strategico, i temi dell’appartenenza e della responsabilità); biodiversità, consumi;
su logiche di budget. Accanto a ciò per la prima volta si è tentato di legare una parte del budget trasferito a modalità di riparto basate non più sulla spesa storica ma su indicatori sperimentali di altro genere, come ad esempio per i servizi a favore degli anziani, la presenza di ultra 65enni e ultra 75enni sul territorio e la presenza di RSA, nonché la dispersione territoriale. La Provincia e il Consiglio delle autonomie si sono impegnati tuttavia ad elaborare in corso d’anno degli indicatori che siano ancora più rappresentativi dei bisogni sociali espressi dal territorio. Apposite risorse saranno riservate alle Comunità per l’implementazione dei piani sociali territoriali che le stesse stanno elaborando o che hanno già terminato. Sulla base di questi piani territoriali, verrà formato il piano sociale provinciale che terrà conto nella definizione delle strategie complessive in materia di assistenza, di quanto emerso ai tavoli territoriali. Oltre alla definizione delle risorse da trasferire alle Comunità, l’atto approvato dalla Giunta provinciale, definisce: 1) i corrispettivi che le Comunità dovranno riconoscere ai soggetti del privato sociale che rendono i servizi residenziali e semi residenziali sul territorio, che sono sostanzialmente in linea con quelle del 2011; 2) le compartecipazioni dei cittadini ai servizi non sono aumentate rispetto al 2011. Nell’atto è contenuto l’impegno congiunto di Provincia e Comunità di arrivare nell’autunno ad introdurre l’indicatore Icef per il calcolo di tutte le compartecipazioni per i servizi assistenziali; 3) i livelli essenziali di assistenza ovvero gli standard minimi di offerta dei servizi assistenziali che le Comunità hanno l’obbligo di garantire agli utenti del loro territorio dove è stato introdotto sperimentalmente un primo tentativo di quantificare in maniera standard i costi per i servizi di assistenza domiciliare e per l’Ide (educativa domiciliare per minori). Con questo atto intendiamo consolidare una riforma che nei fatti sta arrivando a compimento. Nel corso di quest’anno, con l’adozione del piano sociale provinciale e del nuovo regolamento sull’accreditamento sui servizi, la legge 13 potrà dirsi attuata e garantire così agli attori del sistema di welfare un quadro compiuto ed organico di regole entro le quali svolgere il loro prezioso lavoro per la promozione di un welfare che sia sempre più vicino ai bisogni dei cittadini.
Linee guida per le medicine complementari
A
gopuntura, Fitoterapia, Omeopatia e Medicina Antroposofica: quattro “medicine e pratiche non convenzionali” che, entro il 2012, saranno inserite in un registro istituito presso l’Ordine dei medici. La Giunta provinciale, su proposta dell’assessore alla salute e politiche sociali Ugo Rossi, ha approvato le “Linee Guida per la formazione nelle medicine e pratiche non convenzionali riservate ai medici chirurghi, odontoiatri e veterinari della Provincia di Trento”, che prevedono l’iscrizione in elenchi istituiti dall’Ordine dei Medici dei professionisti che praticano appunto l’Agopuntura, la Fitoterapia, l’Omeopatia e la Medicina Antroposofica. “Maggiore trasparenza, qualificazione dell’offerta e tutela dei nostri cittadini: sono queste le finalità che ci siamo posti, con l’approvazione delle Linee guida - commenta l’assessore Ugo Rossi -. I professionisti che praticano queste quattro medicine non convenzionali, su cui peraltro insistono studi di livello internazionale, e che rispondono ai requisiti di formazione e di qualità previsti dal documento, potranno essere iscritti nei registri che dovranno istituire, presumibilmente entro il prossimo autunno, gli ordini professionali”. La deliberazione della Giunta, che attua l’art. 48 della legge provinciale 16/2010, garantisce dunque maggiore qualità al cittadino, anche in queste discipline complementari e non convenzionali, peraltro ormai entrate di diritto in molti ambulatori pubblici in Italia e in Europa. I professionisti che praticano Agopuntura, Fitoterapia, Omeopatia e Medicina Antroposofica e che rispondono ai requisiti di formazione previsti dalle Linee Guida licenziate dall’esecutivo provinciale, potranno chiedere l’iscrizione in appositi registri che saranno istituiti presso l’Ordine dei medici, chirurghi, odontoiatri e veterinari della Provincia di Trento, ottenendo dunque visibilità ma garantendo una offerta qualificata. Nelle prossime settimane verrà costituita, presso gli ordini professionali provinciali interessati, una commissione composta dal presidente dell’ordine o da un suo delegato con funzioni di presidente, da un medico designato dall’ordine di riferimento e da un rappresentante dell’Assessorato competente della Provincia autonoma di Trento. La commissione valuterà i requisiti formativi inviati dai professionisti che praticano le medicine
È online il blog “pa.s.so” per il Trentino sostenibile
democrazia, energia. Dietro ad essi si nascondono tutta una serie di azioni concrete - sono ben 108 quelle finora individuate - da portare avanti con l’apporto di tutti i cittadini e di tutti gli attori sociali. Per questo il blog sarà soprattutto uno strumento di conoscenza, di dialogo con il territorio, e di scambio di opinioni. Sarà anche possibile proporre nuove azioni, che
verranno eventualmente inserite nel documento finale che sarà sottoposto all’approvazione della Giunta entro il 30 giugno di quest’anno. Inoltre verranno organizzate periodicamente delle chat con l’assessore Pacher, che dialogherà on-line con i visitatori del blog. Nel suo saluto ai visitatori del blog, Pacher sottolinea non a caso l’importanza di un “Patto tra l’Amministrazione pubblica e i cittadini. Per fare un passo avanti in quelle materie da cui dipende il futuro dei nostri figli: politiche ambientali, ecosistemi, energia, trasporti, so-
complementari, ai fini della loro iscrizione. Si prevede un tempo di sei mesi dall’istit u z i o n e, d a p a r te degli ordini in questione, degli elenchi dei professionisti che praticano le medicine complementari per il riconoscimento di eventuali titoli posseduti dai professionisti, nell’ottica anche di valorizzare l’attività svolta dai medici/ veterinari che hanno praticato le medicine complementari prima dell’entrata in vigore della legge provinciale dell’11 agosto 2010. Le medicine e pratiche non convenzionali oggetto delle Linee Guida sono individuate come sistemi di diagnosi, di cura e prevenzione che affiancano la medicina scientifica avendo come scopo comune la promozione e la tutela della salute. Esse sono caratterizzate da peculiari teorie, farmacopee e metodi clinici specifici, oggi sottoposti a varie forme di verifica sperimentale e investigate nelle Università e nei maggiori centri di ricerca biomedica. Fanno parte di queste Linee Guida: Agopuntura, metodo diagnostico, clinico e terapeutico che si avvale dell’infissione di aghi metallici in determinate zone cutanee per ristabilire l’equilibrio di uno stato di salute alterato. Fitoterapia, metodo terapeutico basato sull’uso di piante medicinali o di loro derivati ed estratti opportunamente trattati. Omeopatia, metodo diagnostico, clinico e terapeutico, formulato alla fine del XVIII secolo dal medico tedesco Samuel Hahnemann, basato sulla “Legge dei Simili”, che afferma la possibilità di curare un malato somministrandogli una o più sostanze che, in una persona sana, riprodurrebbero i sintomi rilevanti e caratteristici del suo stato patologico, e sulla prescrizione, strettamente individuata sul paziente, di medicinali sperimentali secondo la metodologia omeopatica. Medicina antroposofica, metodo diagnostico, clinico e terapeutico definito come “ampliamento dell’arte medica”, formulato all’inizio del XX secolo dal filosofo austriaco Rudolf Steiner e dalla dottoressa olandese Ita Wegman, che si avvale di un metodo conoscitivo che guida la ricerca delle leggi che stanno a fondamento delle manifestazioni della vita. La medicina antroposofica comprende anche una farmacologia costituita da medicinali tratti dalla natura e prodotti con metodi peculiari, nonché da medicinali omeopatici.
stenibilità del produrre e del consumare, ma anche democrazia, partecipazione, informazione, nuove tecnologie. C’è bisogno di idee, stimoli e proposte da parte di tutti. Leggete, approfondite, mandate i vostri contributi, criticate se necessario. Mantenete vivo questo blog e consideratelo luogo di crescita e scambio. Perché il primo passo da fare è confrontarsi e dialogare, mettendosi in gioco.” Un invito che ci si attende accolgano in molti. Sul blog è possibile infatti sia commentare le azioni indicate nel Patto sia proporne di nuove. La trasparenza è massima, tutte le proposte saranno prese in carico dai competenti uffici provinciali e valutate sulla base dei seguenti criteri: fattibilità tecnica e costo, competenza diretta della Provincia autonoma di Trento, coerenza con gli strumenti programmatici già adottati e ovviamente con la normativa vigente. Si stabilirà in questo modo se e come inserire queste azioni nel documento finale da portare in Giunta entro il 30 giugno 2012.
...VERSO UN NUOVO WELFARE PER IL TRENTINO... PIÙ EQUITÀ E PIÙ PARTECIPAZIONE DELLA RIFORMA SULLE POLITICHE SOCIALI
foto archivio Ufficio stampa Pat ( AgF Bernardinatti,Cavagna )
Provincia Autonoma di Trento - Pagina a cura dell’Ufficio Stampa - piazza Dante, 15 - 38122 Trento
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pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | aprile 2012 - n. 2
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s o c i e tà
Il disagio nelle carceri italiane: poche soluzioni per tanti problemi “Il grado di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni” - Fëdor Michajlovic Dostoevskij l grande scrittore russo, che all’epoca parlava del nostro paese come di una “grande civiltà in un piccolo Stato”, mai avrebbe esternato entrambe queste riflessioni se fosse vissuto in epoca contemporanea, in quanto si sarebbe purtroppo contraddetto. È innegabile che la situazione dietro le sbarre tricolore sia particolarmente critica ormai da tempo, colpa delle scelte di politica criminale attuate negli ultimi anni, o forse per colpa della mancanza di strutture atte ad accogliere lo straripante numero di persone che necessitano di un trattamento rieducativo (così come sarebbe sancito dall’art 27 comma 3 della Costituzione - “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”-). Forse il vero problema è la tendenza a fingere di non vedere piuttosto che guarire, o limitarsi a usare medicine inadatte per una malattia ormai cronica degli istituti di pena, infatti una gamba spezzata non torna a camminare se curata con antidolorifici e guardare da un’altra parte non può che portare ad un aggravarsi della situazione. Ma cosa si è cercato di fare negli ultimi anni per risolvere la difficile situazione in cui versa il sistema carcerario? I provvedimenti più recenti hanno tentato di risolvere il problema più urgente e notevole: il sovraffollamento. L’indulto del 2006 (legge 241/2006) ad esempio, alleggerì gli istituti penitenziari di ben 25.694 detenuti con condanne sotto i tre anni, 22.477 dei quali vennero liberati nel solo mese di agosto di quell’anno; a sei mesi dall’inizio delle scarcerazioni il tasso di recidiva era solo dell’11%, un valore tendenzialmente basso ma quasi doppio rispetto al campione dei soggetti provenienti dalle misure alternative, che si aggira intorno al 6%. Valori estremamente bassi se si pensa alla recidiva ordinaria che raggiunge il 68%, rappresentata da quei soggetti che commettono un reato dopo aver terminato la permanenza in carcere, e che di conseguenza devono tornarci. Diverse critiche sono state mosse contro il provvedimento di indulgenza in quanto, a differenza dell’amnistia, questo elimina solo la pena principale, ma non estingue il reato e di conseguenza grava sui tribunali, obbligati a concludere l’intero iter processuale, e sulle strutture esterne al carcere come i SERT(servizi per le tossicodipendenze), che si trovarono impreparati ad un aumento vertiginoso dei soggetti che necessitano di assistenza e di trattamenti specifici volti alla risocializzazione. Per ultimo il recentissimo Decreto Legge del 22 dicembre 2011, n. 211 (convertito in Legge 17 febbraio 2012, n. 9) recante “Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”, prontamente rinominato “Decreto svuota carceri” dalla stampa. Questo intervento, più che svuotare le carceri, ne previene l’ingresso dando la precedenza a misure meno restrittive come la custodia dell’arrestato presso l’abitazione per reati che prevedono l’arresto in flagranza. Il Decreto prevede anche che venga dimezzato da 96 a 48 ore il termine entro il quale deve tenersi l’udienza di convalida dell’arresto, e la chiusura entro il 2013 degli OPG(ospedali psichiatrici giudiziari), considerate strutture inadatte e ormai superate. L’utilizzo di misure alternative al carcere pare favorire il percorso risocializzativo, la reintegrazione nella società e in qualche modo attenua il rischio di ricaduta nel reato rendendo più pacifico il reinserimento del reo nel mondo civile. Abbandonare la pesante etichetta di galeotto resta comunque difficile, spesso rende quasi impossibile il ritorno a una vita normale, o trovare un lavoro, o semplicemente sentirsi accettati nel mondo libero. Concludo come ho iniziato, con la citazione di un grande uomo; parole sagge che dovrebbero servire da guida a tutti coloro che per lungo tempo dovranno chiamare “casa” un istituto penitenziario, a chi in carcere si reca ogni mattina per lavorare, ai politici che troppo spesso fingono di non vedere per non imbarcarsi in un’impresa alquanto ardua, a tutti coloro che si occupano del sistema carcerario e anche a tutti i comuni cittadini; perchè l’indifferenza e il disinteresse sono solo due dei tanti problemi di questa realtà. Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla. - Martin Luther King Giulio Thiella
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La Video ARTE si fa conoscere
“On videos for hours and hours”
L’
arte visiva contemporanea ha molte sfaccettature, si va dalla pittura, alla fotografia fino ad arrivare ad una forma d’arte che utilizza una base video per trasmettere sensazioni e percezioni. Questa è la video arte che nell’ultimo decennio ha saputo divenire, oltre che affermata forma artistica al pari delle altre, una lente d’ingrandimento efficace sul mondo che ci circonda. È sicuramente un’espressione completa e coinvolgente che mira a conciliare suoni, immagini e luci, con l’obiettivo di rendere il più completo possibile il messaggio che l’artista vuole trasmettere. La giornata di rassegna “On video for hours and hours” è stata organizzata da Visual Container, associazione senza scopo di lucro di Milano che da anni si occupa di raccogliere e presentare in eventi, molto del materiale video nazionale e internazionale. L’evento in questa occasione è stato ospitato presso la Galleria d’arte contemporanea Boccanera a Trento ed è nato da un’idea di Giancarlo Sciascia. Sono stati presentati i lavori di molti artisti italiani e internazionali che hanno saputo coinvolgere il numeroso pubblico presente mostrando opere originali e coinvolgenti, sia dal lato delle tecniche impiegate che da quello dei contenuti illustrati. L’evento ha voluto coniugare il meglio dell’arte video
contemporanea con la presenza di molte persone a volte estranee a tale forma di espressione. Questo perché è cresciuta l’esigenza soprattutto negli ultimi anni, di far emergere questa forma d’arte da contesti di nicchia e avvicinarla ad un pubblico sempre più eterogeneo. E in questo opera di diffusione e presentazione, Visual Container è, in Italia, la realtà certamente più rappresentativa, andando a interagire con numerosi artisti e organizzando rassegne anche all’estero. La tendenza della video arte ad emergere è comprensibile forse anche alla luce dello scopo che molti artisti e appassionati si prefiggono, cioè quello di assorbire il più possibile le influenze di una realtà circostante complessa e in continua evoluzione. Realtà che basa il suo futuro sempre più sulle relazioni culturali e sociali. Quale modo migliore quindi, se non quello di condividere gli stimoli e le reazioni con persone, che approcciandosi alla video art condividono un diverso modo di leggere le Dall’alto: durante cose. la proiezione Per concludere vi indei video; vitiamo a guardare la un momento video intervista qui di dell’intervista con la Direttrice della seguito (vedi QR code, Galleria, Giorgia oppure sul nostro caLucchi Boccanera; nale YouTube: Prodigio Sala che ospita la TN), nella quale il Presivideo-installazione dente di Visual Containo-stop a cura di ner, Giorgio Fedeli, ci Valentina Miorandi. racconta l’esperienza della sua Associazione, per terminare poi con l’ intervista alla Direttrice della Galleria, Giorgia Lucchi Boccanera. Lorenzo Pupi
Un’occasione unica per scoprire il mondo che ci circonda
I documentari di Internazionale a Trento
N
umeroso ed eterogeneo il pubblico presente alla Prima della Rassegna dei documentari Mondovisioni realizzata in collaborazione con la rivista settimanale Internazionale e promossa dall’Associazione MAIA Onlus di Trento, che si occupa di cooperazione internazionale. L’evento è stato realizzato con la partnership della fondazione <Ahref, che ha garantito una capillare promozione della rassegna, e con il patrocinato delle Politiche Giovanili di Trento. La formula consiste in due proiezioni per 5 serate, con la presentazione di documentari che spaziano per contenuti, dalla rivolta di Piazza Tahrir, alle mobilitazioni studentesche europee, per passare alla bande paramilitari in Colombia, alle torture di Guantánamo e alle prime sentenze della Corte Penale Internazionale dell’Aja, per citarne alcuni. Per la prima volta la Rassegna Mondovisioni, partendo dal noto appuntamento di Internazionale a Ferrara, ha raggiunto Trento dopo essere stata in tour, toccando ben altre 11 città per un totale di quasi 100 proiezioni tra ottobre e febbraio 2012. Abbiamo cercato di raccontare con le nostre telecamere questo vero e proprio movimento di condivisione di esperienze attraverso due interviste. La prima a Giovanni Fassina, Vice Presidente di MAIA Onlus, nella quale ci racconta l’opera di cooperazione internazionale operata dall’associazione e le motivazioni alla base delle serate organizzate a Trento. La seconda interessante intervista, è dedicata a Sergio Fant, responsabile della sezione video e curatore del programma di documentari di Internazionale a Ferrara, il quale ci presenta il grande lavoro che si cela dietro ad una rassegna così importante e densa di contenuti. Per chi fosse interessato le interviste sono pubblicate sul nostro canale Youtube: ProdigioTN. Vi auguriamo quindi una buona visione. Lorenzo Pupi
intervista a Giovanni Fassina
pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | aprile 2012 - n. 2
intervista a Sergio Fant
se r v i z i a l c i tta d i n o
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Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento ha organizzato presso il proprio auditorium, un incontro con le associazioni dei cittadini per parlare del modello organizzativo di funzionamento delle Unità di Valutazione Multidisciplinare che sono entrate in vigore a partite dal 1 gennaio di quest’anno. Presenti al convegno il Direttore Generale dell’Azienda sanitaria, dottor Luciano Flor, la dottoressa Paola Maccani, Direttore per l’integrazione socio-sanitaria e Giancarlo Sciascia della fondazione <Ahref di Trento. Gli argomenti centrali del convegno sono stati: il contesto normativo dell’integrazione sociosanitaria la nuova organizzazione di APSS i punti unici di accesso ed il modello organizzativo di funzionamento delle unità di valutazione multidisciplinare le nuove competenze del 1 gennaio 2012. Per quanto riguarda il contesto normativo, la legge provinciale n. 16/ 2010 prevede che la Provincia promuova l’integrazione socio-sanitaria dei servizi finalizzati a soddisfare i bisogni di salute della persona che necessita dell’erogazione congiunta di prestazioni sanitarie e di azioni di protezione sociale, allo scopo di garantire la continuità curativa e assistenziale nelle aree: materno infantile/età evolutiva; anziani; disabilità; salute mentale; dipendenze. Inoltre assicura: Presa in carico coordinata, strutturata e condivisa attraverso l’erogazione congiunta di prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale Sviluppo di progetti individualizzati di intervento in risposta ai bisogni complessivi della persona e della famiglia Continuità curativa ed assistenziale Attivazione di tutte le risorse necessarie superando la frammentazione degli interventi Riattivazione del lavoro di rete, rivedendo
Le nuove competenze dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
Un incontro per parlare dell’integrazione sociosanitaria
La dottoressa Paola Maccani durante l’esposizione del nuovo progetto dell’APSS
prassi monoprofessionali di costruzione dei progetti Ad aprire l’incontro è stata la dottoressa Maccani, la quale ha esposto le nuove direttive dell’organizzazione dell’A.P.S.S., mettendo in luce le funzioni esercitate dalla Direzione per l’Integrazione socio-sanitaria, che svolge un ruolo di coordinatore e facilitatore del sistema di assistenza al fine di garantire la continuità assistenziale nelle aree materno-infantile, anziani, disabilità, salute mentale e dipendenze. Oltre a ciò, svolge un ruolo di gestione delle relazioni con gli enti locali, le strutture accreditate e altri soggetti (volontariato, terzo settore, ecc.) che producono o interagiscono nel sistema di erogazione dei servizi socio-sanitari. Il modello organizzativo è incentrato su determinati punti: informazione e orientamento; presa in carico dei bisogni socio-sanitari con
Lino Criasia, il rappresentante dei giovani in servizio civile sul territorio provinciale ha partecipato all’assemblea nazionale
Servizio civile, la cittadinanza italiana è un elemento indispensabile
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n accordo con i Rappresentanti nazionali e i Delegati delle singole Regioni italiane, ha approvato un documento che ribadisce le posizioni dei giovani in servizio civile rispetto alla critica situazione del servizio civile nazionale, documento che poi è stato presentato al ministro Riccardi nel corso di un incontro presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. In particolare nel corso dell’incontro fra Rappresentanza e Istituzioni si è sottolineato l’urgente necessità di reperire fondi per “tener in vita” il Servizio Civile, non dimenticando l’importanza di una gestione pubblica dei finanziamenti. “Mi faccio portavoce - commenta il rappresentante della Provincia Autonoma di Trento Lino Criasia, - di un sentimento di delusione e di un momento di incertezza per ciò che il futuro ci riserva. Il Servizio Civile è per i giovani un momento di crescita e di consapevolezza dei bisogni della propria comunità, oltre ad essere uno strumento di difesa non armata della Patria”. E proprio facendo riferimento alla necessità di una difesa alternativa alle armi, è stata posta, al Ministro, una questione che, per diversi giorni, ha tenuto acceso il dibattito in merito alla partecipazione degli stranieri al Servizio Civile. “La sentenza del Tribunale di Milano (che invece di appellarsi all’art. 52 faceva riferimento all’art.2 della Costituzione che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, ndr) ha sconvolto l’intero sistema del Servizio Civile. Noi siamo vicini - continua il rappresentante- a tutti quegli stranieri che vivono una condizione di disagio ma ciò non deve gettare le basi per una trasformazione del Servizio Civile nazionale in qualcosa di diverso dalla Difesa della Patria che prevede, attualmente, il requisito della cittadinanza italiana, da cui non si può prescindere. Dunque riteniamo, essendo vicini ai giovani stranieri che vivono e studiano stabilmente in Italia, che il loro forte disagio debba essere risolto con il riconoscimento della Cittadinanza italiana, in nome del principio di uguaglianza e di libertà nel poter esprimere e realizzare la propria personalità. Solo così potranno essere davvero tutelati e garantiti loro i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali (Cost. Art.2). Cambiare l’identità di un istituzione come il Servizio Civile Nazionale ridurrebbe a un solo anno la possibilità e l’opportunità che spetta loro di sentirsi Italiani e perfettamente integrati nel Paese”. Comunicato stampa del 6 marzo 2012, Ufficio Stampa Servizio Civile
un’elevata integrazione sanitaria e delle persone, anche attraverso l’attivazione dell’Unità di Valutazione Multidisciplinare. I destinatari del progetto sono i soggetti che necessitano prestazioni sanitarie ad elevata integrazione, per le quali i servizi interessati non riescono a dare risposte efficaci con i normali strumenti di integrazione. I criteri di inclusione dell’UVM sono decisi in base alla complessità della situazione del cittadino (sistemi famigliari, gravità, incertezza, presenza di più diagnosi, multiproblematicità, fasi di transizione). Per quanto riguarda la composizione dell’UVM, i soggetti in primo piano sono: medico; infermiere/TERP/educatore; assistente sociale; medico generale/pediatra; persona interessata e famiglia; operatori di provato
sociale/enti gestori/strutture, in relazione al progetto ed eventuali altre figure coinvolte in modo significativo. É senza dubbio importante ricordare che i fattori determinanti per l’attuazione dei processi dell’UVM sono la comunicazione, la condivisione e la formazione. Dopo la presentazione della dottoressa Maccani, il dottor Flor ha esposto la finalità del progetto proponendo di superare le barriere, al fine di creare una struttura ospedaliera unita, sciogliendo le autonomie tra le singole strutture già esistenti. Trasformare l’idea dell’ospedale legato al territorio, un’organizzazione chiusa, in un sistema a rete, aperto alle collaborazioni al fine di semplificare la vita ai cittadini adattando la risposta ai diversi livelli di esigenza. Un servizio che va visto come disponibilità verso i cittadini portatori di diritti, ma anche di doveri; infatti è richiesta la collaborazione da parte di tutti verso questi cambiamenti. Rivolgendosi al pubblico in sala il dott. Flor ha esclamato: “Cittadini, siate esigenti, ma collaborate con le istituzioni”, e dirigendo l’attenzione verso gli operatori dei centri ha continuato dicendo: “quando pensate all’utente, pensate a voi stessi, mettetevi nei panni di chi avete davanti.” In seguito all’intervento del dott. Flor, ha parlato Giancarlo Sciascia di <Ahref che ha illustrato esaurientemente come sia utile, se non indispensabile, procedere all’informatizzazione del Servizio al fine di tenerlo aggiornato ai tempi correnti, “modernizzando” e velocizzando l’organizzazione sanitaria della Regione. Alle associazioni resta il ruolo di diffusori delle informazioni, del coinvolgimento nelle azioni di monitoraggio sugli esiti dei cambiamenti e sull’attività di feed back su eventuali criticità e proposte di miglioramento. Resta in programma un successivo incontro che si terrà nella medesima sede, entro giugno 2012. Viviana Garbari
E lui combatte il pregiudizio con l’accessibilità!
La disabilità di tua figlia è contagiosa?
L’
incredibile storia di Luca Trolo semplicemente di spostarsi agevolton che combatte i pregiudizi mente. Come quando trovo parcheggi con l’invenzione (e la realizzaper disabili occupati da automezzi che zione) dei luoghi di lavoro accessibili. non hanno nessun diritto ad occuparli. Nel titolo una delle domande più Così con il tempo ho maturato l’idea frequenti che Luca Trolton si sente dell’accessibilità fuori, ma soprattutto fare quando cerca di fare socializzanei i luoghi pubblici e nei luoghi di lavore le sue bambine. Un uomo di 44 ro. Io ho un bar è ho voluto cominciare anni, sposato e con due bellissime proprio da questo. L’idea era di renderlo bambine che, anche per combattere accessibile non solo ai clienti e avveni pregiudizi presenti ancora nella notori ma soprattutto stra società, ha avuto un’idea geniale: a qualche eventuale immaginare e realizzare luoghi di collaboratore, barilavoro accessibili come il suo bar. Il sta, cuoco! Bar Cip & Cop. E come sei riuscito Abbiamo contattato Luca per farci a realizzare tutto raccontare la sua incredibile storia di questo? papà e di innovatore. Quanto ho acqui“Vivo a Gravese in provincia di Torino stato l’ immobile lungo la strada che va a Bardonece l’ho ristrutturato chia, insieme alla mogie e alle bimbe: completamente, ho Alessia, 13 anni, e Gessica di 12. La mia semplicemente penvita ritengo sia abbastanza comune a sato che ci andava Danilo Destro con Luca Trolton. Sig. Danilo Destro, quella di milioni di Italiani. Purtroppo le una rampa accessibile a tutti e così sperimenta il Bar accessibile. mie bambine, una dopo l’altra sono state è stato e poi tutto il resto. colpite dall’epilessia. La primogenita è Ad esempio, per la realizzazione del affetta anche dal disturbo della crescita”. bancone ho dovuto studiare le varie Cos’è questa storia della disabilità contagiosa?- Gli posizioni delle braccia e delle gambe di persone che muochiedo - La nostra società ultra modernizzati sta vono in carrozzina. In questo mi ha aiutato un amico che regredendo? dopo un incidente stradale è finito sulla carrozzina: Danilo. Le mie bambine sono state vittime di episodi di emargi- Con lui abbiamo eseguito le prime prove su dei frigoriferi nazione palpabili, infatti, in più di una occasione in pas- posizionati su delle ruote per muoverli nella posizione più sato talune mamme, dopo un giro di confortanti parole corretta. In seguito Danilo mi ha dato diversi suggerimenti sulle mie bambine finivano sempre con il chiedermi “Ma che poi ho messo in pratica nella costruzione del bancone. quanto può essere contagiosa la disabilità di tua figlia?” Per il futuro spero che la mia iniziativa possa essere coQuest’ignoranza, questi pregiudizi lampanti che Luca piata da altri come ad esempio nei supermercati. Spero Trolton e le sue figle subiscono, lo hanno reso consape- che questo progetto possa diventare un vero e proprio vole, negli anni, che tutto ciò debba essere combattuto disegno di legge. E quando in futuro cercherò collaborain un modo o nell’altro. tori, di sicuro mi piacerebbe che al mio fianco ci fossero Da dove nasce questa idea innovativa che ti è bale- delle persone disabili. nata suoi luoghi di lavoro accessibili? Facciamo un plauso a Luca Trolton che ha saputo Mi arrabbio sempre quando trovavo i marciapiedi occu- trasformare la sua vicenda personale e familiare di pati, anche solo parzialmente, da autovetture di persone emarginazione in una lotta contro il pregiudizio e che pur di non fare quattro passi in più sostano senza contro l’inaccessibilità dei luoghi di lavoro. pensare che non tutti hanno la fortuna di fare un gradino Dorotea Maria Guida
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d i sa b i l i tà e c i n e m a
Semplici e pratiche indicazioni da applicare in caso di malore in casa.
In casa Tenete il numero di telefono del vostro medico a portata di mano, affisso accanto al telefono di casa e memorizzato nel cellulare. Chiedetegli d’indicarvi altri medici da chiamare nel caso in cui non sia disponibile. Chiedetegli, inoltre, i numeri telefonici della Guardia Medica. Molti di noi hanno una polizza sanitaria, a volte concessa - per esempio - per aver aperto un conto corrente presso una banca. Non dimenticatevene: leggete attentamente i termini assicurativi e le modalità per richiedere un intervento a domicilio. Esistono organizzazioni private, presenti ormai su gran parte del territorio nazionale, che possono offrire assistenza medica generica, specialistica e infermieristica anche per problemi complessi. Quando richiedete la loro opera fatevi precisare i tempi d’intervento e il costo. Il 118 per l’emergenza sanitaria In caso di emergenza telefonate al numero 118. Mantenete la calma e rispondete chiaramente alle richieste dell’operatore della Centrale operativa: condizioni e numero delle persone da soccorrere; età e sesso dell’infortunato (neonato, bambino, adulto, donna in gravidanza); indirizzo completo e località; punti di riferimento ben individuabili (incroci, negozi, ecc.); numero di telefono da cui si chiama. Al termine della conversazione riagganciate bene il telefono e tenetelo libero per eventuali comunicazioni. Assicuratevi che le vie di accesso al luogo in cui è presente il malato o l’infortunato siano libere da ostacoli e ben illuminate. Ricordate che una richiesta corretta può salvare una vita. In strada Telefonate al 118. In alternativa potete chiamare la Polizia di Stato al 113 o i Carabinieri al 112. In caso di incidente stradale mantenete la calma: fermatevi a non meno di 10 metri di distanza, lasciando lo spazio necessario ai mezzi di soccorso. Spegnete il motore e azionate il lampeggio d’emergenza; segnalate l’incidente agli altri automobilisti in arrivo e mettete il triangolo rosso ad almeno 50 metri; i feriti a bordo dei veicoli o sulla strada non devono essere rimossi se non in caso di pericolo d’incendio, devono essere coperti e rassicurati; non date da bere; non fumate; chiamate o fate chiamare il 118 da un qualsiasi telefono, in autostrada dalle colonnine di servizio, per radio tramite un camionista. Quando telefonate indicate sempre: numero o nome della strada; distanza approssimativa dalla città o dal centro abitato; i punti di riferimento più vicini; quanti feriti e quanti mezzi sono coinvolti; quanti feriti sono imprigionati; circostanze ambientali (presenza di benzina e/o sostanze tossiche, nebbia, ghiaccio, ecc.). In una città che non conoscete: Chiedete alla direzione dell’albergo di chiamare un medico e informatevi sul costo. Oppure telefonate alla Guardia Medica o al 118. In Italia, nella Comunità Europea, in Svizzera, nel Liechtenstein, in Norvegia e in Islanda portate sempre con voi la Tessera Sanitaria. Viaggiando all’estero All’estero, se ne avete il tempo, telefonate all’ambasciata o al consolato italiano, chiedendo il nome e il numero di telefono di un medico di fiducia. Informatevi prima di partire sul numero telefonico del Servizio d’Emergenza del paese in cui soggiornerete. In caso di emergenza, se avete la necessità di un soccorso medico urgente (ambulanza), della polizia o dei vigili del fuoco, potete comporre il numero: 112 per i paesi dell’Unione Europea. Non sostituisce ma integra i numeri per l’emergenza già attivi nei vari paesi. Componendo il 112 nei paesi che non dispongono di questo servizio, la chiamata viene automaticamente reindirizzata al servizio d’emergenza. Il 112 è riconosciuto dalla rete di telefonia GSM e in molti paesi può essere contattato anche da telefoni cellulari privi di carta SIM. 911 per Stati Uniti d’America e Canada. In alcuni paesi europei, come la Svizzera e la Francia, vige un sistema basato sull’assistenza in forma indiretta: il più delle volte viene richiesto il pagamento delle prestazioni. Il cittadino francese, per esempio, paga e poi chiede il rimborso al Cpam, l’ente assistenziale francese. Allo stesso modo può fare il cittadino italiano in Francia, richiedendo il rimborso al Servizio Sanitario italiano presso la ASL di residenza. La validità della Tessera Sanitaria è di 6 anni o corrisponde al periodo di validità del permesso di soggiorno (Decreto 25 febbraio 2010 del Ministero dell’economia e delle finanze “Aggiornamento del decreto 11 marzo 2004 e successive modificazioni, attuativo del comma 1 dell’articolo 50 della legge n. 326/2003 (Progetto tessera sanitaria)”, G.U. Serie Generale n. 56 del 9 marzo 2010) prontosoccorso.eumed.org
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Quando la disabilità va al cinema
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n questi giorni è nelle sale cinematografiche un film molto particolare che affronta il tema della disabilità e i molti tabù che si celano dietro ad essa, con un approccio che sta riscuotendo notevole successo. In sole nove settimane dopo la sua uscita in Francia, avvenuta il 2 novembre 2011, è diventato il secondo film più visto dai francesi. Devo premettere che non ho avuto ancora il piacere di andarlo a vedere al cinema, ma ne ho sentito parlare così tanto e bene, che ho maturato l'esigenza di riflettere sul ruolo coinvolgente di questo sceneggiato, che promette di diventare un'occasione unica per avvicinare l'opinione pubblica a temi delicati come la disabilità a l'immigrazione. In ogni caso il film è ispirato ad una storia vera, quella di Philippe Pozzo di Borgo (autore di Le Second Souffle) tetraplegico dal 1993, ed il suo rapporto con Yasmin Abdel Sellou suo aiuto domestico. Si racconta dell'evolversi della improbabile amicizia tra Philippe, un tetraplegico ricco, e Driss, un giovane delinquente di origine senegalese, che viene assunto come badante personale del francese. Al di là della trama, quello su cui vorrei concentrare l'attenzione è: se la disabilità, l'immigrazione e tanti altri temi sociali devono finire per forza sul grande schermo per essere considerati dal pubblico? O è ancora possibile una presa di posizione comune, concreta, tollerante, verso queste tematiche, che parta dal senso civico di ognuno? Badate bene che la mia non è una critica a questo tipo di film. Anzi, sono convinto che ogni strumento di divulgazione svolga un ruolo di promozione fondamentale e di certo il cinema, nella storia, ha avuto modo di porsi certamente come lente di ingrandimento sui fatti e come spunto per movimenti e riflessioni. Penso solo che in una società come la nostra, se da una parte esistono mezzi di comunicazione straordinari che possono raccontare storie ed esperienze ad un numero enorme di persone e quindi informare e rendere, in un certo senso tutti partecipi, dall'altra si insinua in maniera
facciamoci sentire
Il 118: come chiamare i soccorsi
Una grande possibilità di discussione e rinnovamento del modo di pensare.
costante e inesorabile un sempre maggiore distacco del pubblico dalla realtà delle cose. Quello che penso, è che stia sempre più mancando la capacità di ognuno di leggere e interpretare nel quotidiano i messaggi che riceviamo dalle grandi sale cinematografiche, nonché Tv e Internet. Si stà creando un divario tra quello che è il
progresso tecnologico-comunicativo e la cultura necessaria per apprezzarlo e usarne tutte le infinite potenzialità. Per fare un esempio concreto basta pensare al concetto di integrazione, affrontato nel film, che certamente riguarda, sia il migrante, quando si trasferisce in un nuovo paese, ma riguarda pure il disabile che deve lottare costantemente per integrarsi con una quotidianità difficile e disattenta rispetto alle sue esigenze. Bene, per quanto riguarda il primo caso, il tema dell'immigrazione passa da un giorno all'altro a divenire, prima oggetto di disprezzo, fastidio, paura e poi, esempio acclamato di relazione tra persone con esperienze distanti, come raccontato nello sceneggiato in questione. Pensiamo ad un'altra contraddizione, come ad esempio l'ancora poca accessibilità alle sale cinematografiche che per dimensioni ridotte o per il persistere di barriere architettoniche, rendono difficoltosa la visione dei film, se non impossibile. Speriamo
che "Quasi amici" possa sancire una rinnovata considerazione del vivere insieme qualunque sia il colore della pelle e il tipo di abilità fisica. Non si può parlare di contraddizioni senza invocare, credo, il problema della disinformazione e dell'ignoranza. Penso di nuovo al tema dell'integrazione dei migranti. Le notizie a riguardo spesso passano attraverso un bombardamento di informazioni da parte di molti mass media, che talvolta del sensazionalismo, fanno la loro unica ragion d'essere. Operano in questo modo senza rendersi conto, o forse fin troppo bene, che così facendo alimentano una cultura tesa a ricercare solo l'informazione semplice e cristallina. Quel tipo di "non cultura", che un attimo prima ti fa prendere posizione contro il migrante nella vita di tutti i giorni, e un attimo dopo ti fa dimenticare il tuo malumore nei suoi confronti e ti permette di acquistare un biglietto per un film che ti hanno detto essere davvero commovente, ironico, innovativo e che racconta il rapporto tra un disabile e un immigrato. Per fortuna esistono registi e attori e in generale un certo tipo d'industria cinematografica attenta a raccontare realtà poco conosciute e a farle apprezzare al grande pubblico, e meno male che esistono i teatri, i libri, Internet e i programmi televisivi di approfondimento. Quello che non va, invece, è sì l'informazione di bassa lega, ma soprattutto la mancanza di volontà di fermarsi a riflettere senza ricercare soluzioni preconcette. Se si guarda bene, alla fine, la responsabilità maggiore, è proprio la nostra e si manifesta nella pigrizia nel non ascoltare l'altro e al contempo nel sentirsi individui tolleranti e rispettosi solo perché abbiamo visto un film che fa riflettere. Al mondo, ci sono tante persone realmente impegnate a correggere le storture della società in cui viviamo e questo film in un certo senso riporta l'esperienza di alcune di esse. Cerchiamo solo, dopo averne colto la profondità, di fare tesoro di quelle immagini, dialoghi e di divenire sempre meno spettatori e sempre più attori nel mondo che ci circonda. Lorenzo Pupi
“Non è giornata per i disabili”
Barriere invisibili
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n episodio occorsomi domenica 29 gennaio in un cinema della città mi ha ancora una volta dato la dimostrazione concreta di quanti passi debbano essere ancora fatti per cambiare la mentalità di molte persone nei confronti della disabilità. Mi trovavo a fare due biglietti per me e mio fratello Armando, e quando dico alla signora della cassa che si tratta di una persona in carrozzina mi sento dire che “non è giornata per i disabili”. In effetti avevo notato l’affollamento e per questo ero in anticipo. È stata dura sentirmi dire così ma visto che la gentile signora ha ribadito il concetto, ho dovuto farle notare che - al contrario - era giornata assolutamente indicata per i disabili, considerato
che chi è in carrozzina, potendosi spostare solo con l’aiuto di qualcuno, il più delle volte non è libero di scegliere. Ho poi riflettuto sul fatto che, forse, la signora intendeva proteggere mio fratello dall’affollamento ma, in ogni caso, a rinunciare doveva essere ancora lui. Mi rendo conto che non saranno queste mie povere parole a cambiare il mondo, ma attraverso il giornale chiedo maggiore rispetto, affinché al limite oggettivo del vivere in carrozzina non si aggiunga l’ancor più pesante limite che deriva dal pregiudizio delle persone. Irene Zanello
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f i l m e l ’ a n g o lo v e r d e
“L’imperturbabile scorrere del tempo scandito dalla ciclicità delle stagioni”
Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera
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sa queste parole il regista, Kim Ki-duk, per descrivere la sua opera. Datata 2003, mostra la vita di due monaci, uno adulto e uno bambino, il “maestro” e il suo “discepolo”. Come si può intuire dal prolisso titolo, il susseguirsi delle stagioni come potente metafora delle tappe dell’esistenza umana rappresenta l’elemento peculiare della pellicola. Particolare enfasi viene posta sull’ambientazione, di cui vale la pena sottolineare la spettacolarità: le vicende si svolgono quasi interamente in un piccolo monastero galleggiante su un lago immerso nella vegetazione e circondato da montagne. Un luogo intriso di spiritualità, perfetto per vivere in simbiosi con la natura ed aspirare alla purezza interiore. In primavera il piccolo monaco viene educato al rispetto della vita di tutti gli esseri viventi. In estate, ormai adolescente, una ragazza irrompe nella sua realtà, fatta di preghiera e rettitudine, che è giunta al monastero per essere curata da un malessere interiore. I due coetanei si ritrovano attratti l’uno dall’altra e vivranno assieme le loro prime esperienze sessuali. Una volta ristabilitasi, la giovane fa ritorno a casa, lasciando nello sconforto il monaco che, non potendo sopportare la perdita della compagna, decide di abbandonare il suo maestro e seguire solo il proprio cuore. In autunno, da giovane uomo, fa ritorno al monastero. Resosi colpevole di omicidio, per gelosia, della propria amata, si affida nuovamente al suo mentore per cercare di redimersi prima di essere scovato e preso in consegna dalle forze dell’ordine. Nel mentre, durante l’assenza forzata del discepolo, l’anziano maestro si prepara al riposo eterno. L’inverno vede, come da previsione, il ritorno del monaco che, ormai adulto, è determinato a completare
il suo addestramento spirituale. Il suo cammino non sarebbe completo se egli stesso, una volta ultimato il suo percorso, non avesse a sua volta un piccolo discepolo da allevare. E, infatti, il ciclo si ripete: ancora primavera dunque, di nuovo un maestro e il suo allievo. Il regista sudcoreano realizza (e in parte interpreta) un’opera densa di spiritualità, che fa dell’aspetto estetico un perno fondamentale per il suo stesso svolgimento; l’evocativo paesaggio (la cui spettacolarità è testimoniata dall’uso sapiente di campi lunghi e lunghissimi) scandisce in maniera perfetta il succedersi delle stagioni, metafora del tempo concesso all’uomo su questa terra, mostrandoci i caldi colori primaverili, simboli di crescita e prosperità, fino alla staticità e al silenzio dell’inverno che tutto sembra logorare. Ma, se il percorso del singolo individuo è soggetto ad un’inevitabile epilogo, così non è per il ciclo della vita, sempre pronto a rinnovarsi incurante di ogni altra cosa. Il passato di artista e pittore di Kim Ki-duk si manifesta in sequenze e inquadrature atte a caratterizzare il film come un susseguirsi di “tavole” realizzate a regola d’arte, costantemente alla ricerca della purezza attraverso la preghiera, la concentrazione e la redenzione. Una tipologia di cinema particolare, che si distingue nettamente dalle produzioni di “massa” e che, a modo suo, tenta di comunicare qualcosa riguardo la natura umana; lo spettatore potrà apprezzare o meno una realizzazione come questa ma forse, al di là di tutto, la cosa più importante è sapere che esiste anche questo modello di filmografia, e non dimenticarselo. Matteo Tabarelli
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Ai nostri lettori auguriamo una buona Pasqua!
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L’Acqua è un bene prezioso Non sprechiamola!
l Trentino quest’anno ha avuto un inverno particolarmente asciutto e privo di precipitazioni. Se da una parte non abbiamo dovuto affrontare i disagi legati alle grandi nevicate che hanno colpito le regioni del centro e del sud Italia, dall’altra incombe un problema forse maggiore. Da qualche settimana ai telegiornali e alle radio locali si sente sempre più la preoccupazione, levata da più voci, per la scarsità delle risorse idriche. Inverni poco nevosi, l’aumento della domanda di acqua e il persistere di pratiche poco attente al risparmio, fanno sì che questa risorsa stia inesorabilmente diminuendo. L’equilibrio idrico è compromesso perché il periodo di accumulo nelle falde è sempre più ridotto a causa di questi fattori, e questo influisce anche sulla qualità dell’acqua che utilizziamo. La soluzione, anche se può apparire lontana, in realtà è a portata di mano o meglio di rubinetto. Bastano infatti alcuni semplici accorgimenti che oltre a farvi divenire dei cittadini più attenti e consapevoli, possono avere pure un beneficio diretto sulla vostra bolletta. Da tenere a mente: Quando ti lavi i denti non perderti nella loro lucentezza e ricordati di non lasciare aperto il rubinetto! Allo stesso modo, quando sei sotto la doccia cerca di realizzare che non sei in un programma di talent scout per giovani cantanti, quindi dopo esserti insaponato usa solo l’acqua che ti serve! Passando alla cucina, premurati di riempire il più possibile la lavastoviglie così da fare meno lavaggi possibili. Se sei uno studente universitario invece, il tuo più grosso problema sarà al contrario evitare un’ispezione sanitaria nella tua cucina. Con la bella stagione iniziano le cure a orti e giardini. Questo è un invito rivolto soprattutto ai maschi della situazione. Ricordatevi che quello che avete in mano è un idrante di gomma! Usate solo l’acqua che le piante necessitano veramente! Notizia! la piscina in giardino è da sfigati! Soprattutto perché di solito è piccola e lurida rispetto a quella dei vostri sogni...è molto meglio farsi una nuotata nei nostri bei laghi! Quando vai in bagno e tiri lo sciacquone non sei davanti ad una riproduzione delle cascate del Niagara. Ogni volta sono 9 litri di acqua che se ne vanno, cerca di usarlo con criterio! Lorenzo Pupi e Viviana Garbari
Fatti un regalo speciale!
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