BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO IV - AGOSTO 2015 - ANNO XVI - 91° NUMERO PUBBLICATO
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progetto di giornale All sailing with Lions
Intervista a Federico Villa
Riva del Garda e Porto San Nicolò si colorano di sociale e tante barche a vela
Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R.
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Atas Onlus: Progetto INTEREST
La passione per l’ Handbike e la volontà di vincersi pagina 4
Esperienze di quartiere tra i migranti e il territorio
Trentino Book Festival 2015 Serge Latouche e la teoria della decrescita
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Un’estate per tutti
35° - 40°, afa, caldo anche in Trentino. Questa verrà ricordata come una delle estati più calde in Italia degli ultimi sessant’anni. Ma questo non deve certo spaventare perché la nostra regione è ricca di laghi e luoghi verdi per il tempo e lo spirito. Le attività acquatiche sono certamente le più ambite e ricercate quando fa caldo, e allora il lago diventa il luogo ideale per praticare sport e relax, ricercando un po’ di vento e frescura. Abbiamo voluto dedicare queste prime pagine ad alcune iniziative volte all’inclusione, disabilità e all’acquaticità. Il vento, il sole e l’acqua sono il filo conduttore che ha legato tre eventi su due laghi Trentini molto importanti.
EVENTI
Gli eventi di barca Vela e SUPSurf, che hanno creato un ponte tra il lago di Caldonazzo e il lago di Garda
Open day! Centro Nautico Ekon
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a rassegna prende avvio il 30 giugno scorso con l’Open Day al Centro nautico Ekon di San Cristoforo di Pergine sul lago di Caldonazzo. È stata un’occasione per conoscere uno dei luoghi più attivi in Trentino per gli sport accessibili e dedicati a tutti, persone disabili comprese. Il Centro infatti ospita già da 4 anni 5 realtà associative del territorio, tra cui la Cooperativa sociale Arché il cui scopo sociale è permettere la pratica degli sport acquatici, come vela, canottaggio e Sup surfing a tutti, persone con disabilità psico-fisiche, anziani delle case di riposo, giovani a rischio, studenti, operatori del sociale e chiunque ne faccia richiesta. L’evento organizzato a stagione già cominciata ha voluto essere una vetrina sulle discipline accessibili offerte, grazie alla presenza di personale formato e istruttori con esperienza. Si è data la possibilità ai curiosi e visitatori di veleggiare sul lago con varie tipologie di barche, dal trimarano agli access 303, a barche scuola più grandi come i Trident e Meteor. Oltre a questo sono state messe a disposizione gratuitamente le tavole da Stand Up paddling. A terra era anche possibile provare l’ebbrezza della Handbike grazie ai volontari dell’associazione Periscopio, che hanno anche inaugurato un’imbarcazione da canottaggio adattato per persone paraplegiche. Presenti anche Asd Avisio Rafting che hanno dato la possibilità di provare il rafting sul lago. Insomma un luogo aperto e accessibile in cui chiunque può avvicinarsi e vivere il lago e le sue acque nel migliore dei modi, stringendo contemporaneamente nuove amicizie e imparando in assoluta sicurezza nuovi sport.
La SUP RACE al Lago di Caldonazzo
Ma le iniziative non si fermano qui, infatti a poche ore di distanza dall’Open Day, sempre al Centro Ekon si è ospitata per la prima volta una gara nazionale di SUP valevole per il titolo Fisurf (Federazione Italiana Surf): La “Sup race Caldonazzo’s lake 2015” Per tutto il giorno San Cristoforo al Lago e le sue spiagge sono diventate una piccola “Cali-
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pro.di.gio.
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A fianco i partecipanti al completo dopo le premiazioni. Sotto il gruppo dei finalisti della nazionale italiana dopo la premiazione.
fornia” con surfisti dai 6 ai 60 anni, che si sono sfidati secondo le diverse categorie su tre diversi tracciati: 8 km e periplo del lago per i professionisti, 4 km dedicati agli amatori e 2 km per l’Sup Ability Cup, gara tutta dedicata a ragazze e ragazzi con disabilità cognitive, giovani con autismo o sindrome di down. Infatti al di là degli atleti, i veri protagonisti sono stati loro, grazie alla determinazione e simpatia con cui hanno affrontato la gara resa difficile e complicata da vento e onda proveniente da sud. Sana competizione, spirito di esplorazione e buon equilibrio fanno si che questo strumento si adatti al mare, al lago o al fiume risultando particolarmente adatto per sviluppare senso dello spazio e coordinazione. Non è un caso quindi che da tre anni la Cooperativa Arché proponga e utilizzi Il SUP Surf giornalmente nelle sue attività in acqua outdoor e indoor con ragazzi autistici o con disabilità motorie e cognitive, i ragazzi delle scuole o semplici appassionati. L’evento ha rappresentato un’occasione unica per far conoscere e provare il SUP Surfing a tutti. Numerose le associazioni coinvolte che hanno accompagnato e assistito i ragazzi, dall’associazione Insieme, Agsat e Nuove Rotte e numerosissimi giovani volontari Tra i promotori dell’iniziativa ricordiamo
video SUP RACE disponibile sulla piattaforma broadcaster.it Cooperzione Trentina
Editoriale:
Sommario -In copertina le tavole da SUPsurf sulla riva del Lago di Caldonazzo in occasione della SUP RACE -Editoriale Un’Estate per tutti -Open Day e SUP Race al Centro Nautico EKON -All Sailing with Lions -Maddalena la forza del destino di Giusy Versace -Conosciamo la disabilità mentale -Rassegna stampa -Intervista a Federico Villa -Cooperativa SAD e l’innovazione nell’assistenza -Il progetto INTEREST di Atas Onlus
l’Associazione Rive, la cooperativa Arché, La Federazione Italiana Surf, Il Centro Nautico Ekon, il Comune di Pergine e con il supporto di APT Valsugana-Lagorai, Trentino Marketing, B.I.M BRENTA, Fisurf, Planet Surf, RRD e FANATIC. Lorenzo Pupi
Il mondo del sociale è fluido come l’acqua
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n questo numero di agosto, faremo letteralmente un tuffo tra le iniziative estive sul territorio trentino capaci di coinvolgere e includere tutte le disabilità. L’acqua sarà quindi il nostro filo conduttore, la sua fluidità e capacità di toccare più realtà ed esperienze, fa si che sia l’elemento ideale in quest’estate torrida e assolata. Oltre alle belle esperienze di sport e socialità che colorano le prime pagine, questo numero vuole ricordare quanto la disabilità sia una condizione trasversale, un punto di partenza per parlare di argomenti variegati e che possono avere ripercussioni positive su vari aspetti della
società e della vita quotidiana. Toccheremo tematiche che riguardano l’accessibilità dei condomini, il tema dell’integrazione, delle disabilità mentali e il loro rapporto con la quotidianità. Ma pro.di.gio., non è solo questo, esploreremo le novità sul sistema penitenziario e delle carceri, incontreremo esperienze letterarie attraverso persone uniche; cercheremo insomma di regalarvi una tavolozza colorata del sociale nella nostra regione ma con un occhio aperto anche sulle esperienze nazionali e internazionali. Lorenzo Pupi
-37esimo Convegno SEAC sul carcere -Infografica sul carcere di oggi -Conosciamo la giovane scrittrice Ada Fama -L’accessibilità dei condomini -Reportage sul Trentino Book Festival 2015: -Luigi Manconi -Serge Latouche -Pet therapy al parco dell’OIPA -Disabilità e società
Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Abbonamento annuale (6 numeri) Proprietà: Associazione Prodigio Onlus Redazione: Giuseppe Melchionna, Luciana Bertoldi, Carlo Nichelatti, Lorenzo Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Pupi, Giulio Thiella, Antonio Dossi, Maurizio Menestrina. bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Vignette a cura di: Maurizio Menestrina per Cse Via Gramsci Anffas 25 O 08013 01803 0000 6036 2000 intestato a “AssoSito Internet: www.prodigio.it Hanno collaborato: Martina Dei Cas, Giusy Versace, Olga Paris, Paola Maria ciazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Aldeno e E-mail: associazione@prodigio.it Bevilacqua, Federico Villa. Cadine indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”. Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 venerdì 31 luglio 2015. Pagamento con carta di credito su www.prodigio.it. Spedizione in abbonamento postale Gruppo pro.di.gio. 70% In stampa: progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | agosto 2015 - n. 4 Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).
A LT R U I S M O
Riva del Garda e Porto San Nicolò si colorano di sociale tra bandiere, sorrisi e tante barche a vela
All sailing with Lions
Un libro di Giusy Versace
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Maddalena, la forza del destino
Predazzo. Un’esperienza di rete concreta ed effettiva che ha visto mobilitarsi gratuitamente molte organizzazioni sociali e non. Infatti tra queste
ricordiamo Macramè, servizio legato a Coop Villa Maria di Rovereto, che ha curato l’organizzazione pratica. Poi vi è stato il sostegno della Lega Navale che ha ospitato il pranzo e la logistica dell’evento nei suoi spazi. L’accoglienza mattutina con giochi e il disegno delle bandiere nautiche, la parte ludica, è stato invece gestita da Arco Giovani, mentre la Lido Immobiliare Spa ha permesso di riservare 20 posti auto per le persone disabili e il pastificio Felicetti ha fornito abbondanti porzioni di pasta per tutti gratuitamente. Andare in barca a vela tra sole, vento e onde, si sa, fa venire molto appetito, per questo un ringraziamento speciale è riservato a Flavio Biondo, cuoco, già ristoratore conosciuto per le sue abilità ai fornelli, che si è messo a disposizione dando da mangiare a circa 200 persone. Insomma un’esperienza di sport, gioco, condivisione e rete che ha lasciato il segno in quest’estate calda e soleggiata, facendo maturare ambizioni forti per i prossimi anni. I Lions Club sono stati così entusiasti dell’evento che hanno già chiesto di poterlo ripetere per il 2016 con il desiderio di coinvolgere ancora più proprietari di barche, skipper e persone disabili. La formula è semplice: vivere la barca a vela creando un evento regata rappresentativo della voglia di mettersi in gioco per il sociale, coinvolgendo più circoli possibili sul Lago di Garda, facendo rete. Lorenzo Pupi
MARKETING SAIT
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orto San Nicolò sul Lago di Garda, ore 9.00. Splendida giornata di inizio giugno. La piccola località da diporto turistico inizia ad animarsi di associazioni e persone. Obbiettivo della giornata ? Realizzare la prima regata non competitiva per il sociale. L’idea nasce come proposta della Cooperativa Arché al Lions Club “Depero” di Rovereto con due principali finalità: una, sensibilizzare e promuovere lo sport per tutti attraverso un’ azione tangibile e significativa, due, dare l’opportunità al club Lions di sperimentarsi in un modello diverso di aiuto verso persone deboli e svantaggiate operando loro in prima persona Sopra il ritrovo a Porto San come protagonisti. Nicolò, Riva del Garda. Sono state infatti coinvolte 16 In alto a destra i logo di Lions e Archè. A destra in navigazione durante la regata imbarcazioni e i rispettivi skipper sociale su una delle 12 imbarcazioni. ed armatori, che hanno ospitato a bordo ragazze e ragazzi disabili e i loro operatori appartenenti a numerose associazioni attive sul Il percorso ha preso avvio da video reportage della giornata territorio trentino. Le imbarcazioni Riva con un leggero Peler da ospitanti erano tutti dei cabinati in nord, che ha girato subito a sud, parte già ormeggiati a San Nicolò o conducendo di bolina la flotta arrivati da porti limitrofi come Torbole, Navene fino a Capo Reamol. Poi le imbarcazioni si e dalla Fraglia di Riva del Garda. sono stese con un lungo traverso verso la I primi ad essere sul posto sono stati i ragazzi località Corni di Bo per terminare con un del team Arché che hanno dormito sulla barca lungo lasco di ritorno al porto. Due ore della cooperativa, un cabinato di dodici metri in tutto, di vento, sole, lavoro di squadra, completamente accessibile. Con loro erano condivisione di esperienze e ruoli, per dare presenti per allestire l’accoglienza e la logi- la possibilità agli ospiti disabili di vivere stica dell’evento i volontari del Lions Club di un’esperienza unica sulle acque del lago. Rovereto “Depero”, che hanno abbracciato e Le associazioni e cooperative aderenti procondiviso totalmente l’evento, dimostrando venivano per la maggior parte dalla zona di grande entusiasmo e capacità di lavorare in Rovereto, con l’eccezione della partecipazione squadra. di “Sportabili”, giunti per questa iniziativa da
l racconto del libro dalla voce dell’autrice. È un Romanzo “REALE” che parla di quotidianità, di vita vera, di ciò che spesso sottovalutiamo perché presi “in altro o altri”. È una storia semplice, che inizia con una protagonista adolescente e poi cresce, cambia passo e ritmo fino all’età matura. Un libro modesto dove la protagonista si espone attraverso un linguaggio quotidiano, immediato e schietto. La sua vita, fulcro centrale dell’opera, è contornata da altre storie. Racconti di vita di coloro che le sono vicino, persone importanti e fondamentali per lei stessa. Questo libro coinvolgente e poetico, è un inno alla vita, all’Amore con la “A” maiuscola. Un sentimento che non ha una definizione, ma si mostra al lettore attraverso la grandiosità della sua forza. Questa mia prima opera nasce senza pretese, salvo quella di “regalare emozioni “, le stesse che ho provato nello scrivere. Nell’immedesimarmi in situazioni, angosce, sorrisi e passioni che la vita ci offre. Ho semplicemente scritto un libro che avrei avuto il piacere di leggere. Vi lascio col commento di uno dei tanti lettori che ha avuto voglia di conoscere “Maddalena”: “Dona emozioni, vere oltre che forti: dai pub di Londra fino alla scala di Milano passando per L’Egitto con una “ballada Cubana”, fino al Vietnam.Non dimenticando di nascondere il velo di malinconia che si percepisce nei rumori di un treno affollato di sogni svaniti, con il sorriso del nostro mare Mediterraneo”. La prima esposizione sugli scaffali. In alto Giusy Versace.
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E S P E R I E N Z E S U L L A D I SA B I L I TÀ
Conosciamo più da vicino la disabilità mentale
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Cosa sono? Sono matto!
ammino nel muto silenzio della mia anima greve, mentre sono solo, rinchiuso nel mio mondo fatto di paradisi lontani e di oscure lotte da vincere. Cammino sul treno della vita, salgo e mi accomodo su questo convoglio infinito che forse, infinito non è. Scopro fermate, quasi mai scandite dal tempo, le condivido con viaggiatori attoniti attorno a me, che, ad occhi strabuzzati ed a bocche aperte come pesci nell’acquario, vedono il treno sparire lontano, portandosi via una vita che loro non hanno, o non sanno d’avere. Non lo sappiamo, siamo matti. Viviamo senza saperlo, cresciamo senza rendercene conto, imprigionati in una dimensione spazio temporale fatta solo di noi e della nostra malattia. Voli nel cielo azzurro e ricadute in pericolosi gironi danteschi. Fiamme dell’inferno angeli e diavoli, inconsapevoli spettatori di una vita in salita. Malattia e sudore, odore di urina e disattese speranze. Vuoti obiettivi
e regole ferree imposte da altri. Da altri che non vogliono volare come. Ali di Icaro, su cuori di bimbo. Fuggo scappo da non so cosa, fughe da una realtà opprimente e vuoti mondi che voglio abitare. Spazi paralleli, urla e disperazione,
autolesionismo e costrizione. Caschi per proteggere il mio animo ferito che anela la libertà, ma in realtà non so nemmeno cosa voglia dire. So solo che lo voglio.
Io corro, corro dietro all’ombra di me stesso che si staglia sui muri madidi di muffa. Silenzio e dolore,soffro, urlo e mi stupisco d’averlo fatto o nemmeno me ne accorgo. Piango ed ho paura. Ninna nanna e bambole, amori e simpatie. Carezze e sorrisi, condivisione di anime e di corpi. Rifugi oscuri e mani sulle mani. Paura di tutto, non conosco niente. Vedo intorno a me corpi deformati da spasmi incontrollati, freddi stanzoni senza quadri ad abbellire sterili pareti. Sento ancora pianti e silenzi, risate e confusione. Rido e sono felice che buon odore di minestrone. Voglio vivere e crescere, non ho un’anima o forse ce l’ho ma non so cosa sia e nemmeno a cosa serva. Io rido, c’è odore di cibo, nascondo il mio foglio con le farfalle disegnate a pennarello blu, e corro a mangiare, senza un’anima. Eterno bambino in un castello fatato, perennemente in lotta con me stesso. Paola Maria Bevilacqua
Intervista a Federico Villa
La passione per l’handbike e la volontà di vincersi Ciao Federico, si vede a colpo d’occhio che sei un tipo particolare, hai piacere di introdurre chi sei? Federico Villa, handbiker vagabondo. Sono un ragazzo disabile di 29 anni e sono un atleta Paralimpico di Handbike cresciuto a Monza. con questa bici “diversa”, che si spinge con le braccia ho imparato a conoscermi meglio, scoprire le mie potenzialità! L’Handbike è diventato per me non solo, un mezzo fine a se stesso, ma soprattutto un mezzo di riscatto e personale. La tua passione per l’handbike è impressionante e va di pari passo con la tua forza di volontà, un esempio davvero per tante persone, da dove nasce tutta questa spinta? Ho girato il mondo in handbike, e continuo a farlo anche in sedia a rotelle, esplorandolo e mettendomi alla prova ogni anno, anche, rispetto al tempo che corre contro di me. Infatti soffro di Atassia di Friedreich, malattia neuro-degenerativa, che ogni anno tende a progredire; mi ha costretto su una sedia a rotelle all’ età di 20 anni e purtroppo non accenna a fermarsi... anno nuovo, problema nuovo. Allora dico io, anno nuovo, esperienza nuova, finche posso... Ma non mi considero un “esempio”: faccio un sacco di cose che non sono propriamente indicate per una disabile con la mia patologia. Molta gente è da considerare “ esempio” quando ha il coraggio di affrontare le proprie sfide in silenzio e con determinazione per andare sempre avanti, io cerco di farlo facendo solo un po’ più di rumore e forse schiacciando qualche piede in più. La mia non è una verità, è solo la mia storia. Poi se qualcuno ne prende spunto per cambiare la sua di storia... IL GIOCO È FATTO!...e questo mi è di stimolo per andare avanti. Parlando con te a poche ore di distanza da un’incidente che ti è capitato il giugno scorso durante il campionato di handbike in Trentino a Levico Terme, mi sono meravigliato del tuo spirito e voglia di stare in compagnia nonostante la caduta. Un piede fratturato, contusioni su spalle e braccia per aver urtato i raggi della tua handbike a 44
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km orari e a poche curve dall’arrivo, eri incredibilmente pacifico e rilassato. Cosa pensi quando capitano questi danni collaterali? In 9 anni di competizioni ho imparato a non volere più la forza per vincere, ma a cercare la forza per fare ciò che sto facendo al meglio che posso ora. Poi nella vita come nello sport qualcosa di imprevedibile va storto comunque e “tutto va a remenghe”. Che dire? “Shit Happens”:) non per niente è l’ultimo mio tatuaggio! Hai fondato insieme a tuo fratello Alessandro, l’Associazione PICCOLIDIAVOLI3RUOTE Onlus Ass. Sportiva Diversamente Abili Monza e Brianza, con l’obbiettivo di costituire una squadra e un team capace di gareggiare e promuovere questa disciplina. Ce ne
vedremo sfidarsi gli atleti fino all’ultimo giro a “colpi di braccia”. L’anno scorso, il 4° GP dei PD3R è stata la gara di paraciclismo più grossa d’Italia di sempre, con 144 iscritti! Ho capito parlando con te che affrontare determinate sfide da solo non ti fa paura, o meglio rappresenta uno stimolo in più. Lo sintetizza bene il viaggio e la sfida personale che hai compiuto da solo attraversando in handbike Cuba, da cui hai tratto anche una mostra fotografica introspettiva. Cosa ha rappresentato per te questa impresa e cosa pensi sia nato o possa nascere in futuro? Nel 2013 ho lasciato la bici a casa ed è stato l’anno di Cuba. Era un viaggio che avevo in mente da tanto, e stava diventando un rimpianto, dovuto anche alle mie peggiorate condizioni fisiche, ma alla fine mi sono buttato anche se avevo paura e non sapevo che problemi avrei incontrato. E sapete una cosa? Sono “guarito dentro”. Metaforicamente intendo, è ovvio, ma ho imparato meglio a capire chi sono e di cosa un disabile o meno sia in grado www.piccolidiavoli3ruote.it di fare. Come all’inizio A fianco Federico Villa, sotto nel documentario I’m in (to finish) di ogni mia gara, sono padrone della mia scelta, se pedalare o fermarmi. Per ora ho sempre pedalato... e non è certo stata la scelta sbagliata. Ho la convinzione che la vita sia fatta di scelte, bisogna avere il coraggio di intraprenderle per affrontare le proprie sfide quotidiane. Questa poi non è la verità, è solo la mia storia. Dall’ Habana a Sanvuoi parlare? Quali eventi organizzate? tiago de Cuba, passando per Cienfuegos, Mio fratello Alessandro, anche lui affetto Santa Clara, Trinidad, Camaguey, Baradalla medesima patologia, ha fondato la coa e Holguin. società sportiva “Piccoli Diavoli 3ruote” 1300 km percorsi, 14 giorni di viaggio, per avvicinare e far conoscere l’handbike 35 ore tra auto e bus, 6 “case particolar”, a più persone e far sapere al mondo che 1 sedia a rotelle e un solo comandante, io. noi non ci rassegniamo. La mia Cuba è stata un passaggio Io sono orgoglioso di essere stato, raccontato da centinaia d’immagini, indopo e grazie a lui, il suo primo atleta. croci di mani, gesti, sguardi, vicoli, colori, Vorremmo infondere in loro la consape- fotografie a volte sfuocate a volte storte, volezza tra i giovani ragazzi con la nostra a volte entrambe le cose. Istantanee che patologia e altre che con i giusti mezzi raccontano attraverso il mio punto di vie una buona dose di coraggiosa pazzia sta, diciamo, “più basso”, questo viaggio. si può affrontare questa malattia senza Ci piacerebbe tu concludessi questa penalizzazioni e con esaltanti possibilità intervista con un tuo pensiero libero di successo. Con o senza la bici. e un motto dedicato a chi ti leggerà.. Ed è con sommo piacere che vi presen- Pensate alle differenze delle persone come to la 5° edizione del GP di Handbike di risorse e non come difetti! :) piccolidiavoli3ruote:un Gran Premio dove Lorenzo Pupi
Operatori umanitari, un mestiere pericoloso www.vita.it Nel 2014 gli attacchi contro gli operatori umanitari nel mondo sono diminuiti del 30 per cento. Ma i numeri rimangono altissimi: in 27 paesi sono 329 gli operatori coinvolti come vittime in episodi di violenza, sparatorie, sequestri, di cui 120 rimasti uccisi, 88 rapiti e 121 presi in ostaggio. Sono i dati dell’ultimo rapporto di Aidworkersecurity.org, un progetto di Humanitarian Outcomes, team di analisi e ricerca che dal 1997 raccoglie informazioni per monitorare lo stato della sicurezza dei lavoratori dell’umanitario nel mondo. Meno attacchi, ma cifre preoccupanti, rispetto al 2012, in linea con l’aumento dei migranti in fuga da violenze e conflitti.
Altro che disabili: in pista le carrozzine elettriche sul circuito dei go-kart! www.disabili.com Michele Sanguine, trentenne, ha organizzato la prima gara di carrozzine elettriche su un circuito di go-kart, aperta a ragazzi con distrofia di Duchenne. Le frenate e sterzate erano gestite e calibrate da uno che sapeva il fatto suo: Innanzitutto ho coinvolto alcuni amici volontari e tutte le associazioni che si occupano di distrofia muscolare, come la UILDM, Telethon, Parent Project e Centro Dino Ferrari per aiutarci a promuovere l’iniziativa e aiutarci a trovare ragazzi che vogliono partecipare. Ricordo che la gara è aperta ai soli ragazzi con distrofia di Duchenne.
Una sfida all’insegna dell’inclusione, dal Trentino all’Expo www.superando.it Quindici persone con disturbi dello spettro autistico e altre disabilità intellettive, felicemente impegnate in un ristorante del Trentino: una scommessa vinta e una sfida tutta all’insegna dell’inclusione, i cui esiti sono stati talmente positivi, da meritarsi in questi giorni un posto su un palcoscenico prestigioso come quello dell’Expo di Milano, durante la conferenza stampa significativamente intitolata “Quando il cibo dà gusto alla vita. Storie di reinserimento sociale e lavorativo”. Si chiama Dal Barba ed è a Villalagarina, in provincia di Trento, il ristorante in cui opera un gruppo di persone con autismo e altre disabilità intellettive, che ha scommesso sull’inclusione lavorativa. Infatti, la Cooperativa Sociale La Ruota, in collaborazione con la Fondazione Trentina per l’Autismo, ha rilevato l’attività nel novembre del 2013, con l’obiettivo appunto di creare un luogo in cui ragazze e ragazzi con disabilità potessero fare esperienze lavorative in un contesto di normalità. È nato così il Progetto Chance, che a qualche anno dall’inaugurazione si può ormai considerare come una scommessa vinta.
Assunzioni disabili, le perplessità di CoorDown sul decreto del governo www.agenzia.redattoresociale.it Per l’organizzazione, “l’abolizione del criterio numerico nelle procedure di assunzione ostacola i percorsi di inserimento lavorativo e penalizza le persone con disabilità più grave. Servono controlli, aumento delle sanzioni e maggiore puntualità negli incentivi alle aziende”. ROMA. Il Governo sta lavorando a un decreto legislativo sulla semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico delle imprese in materia di rapporti di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014 n. 183. I primi 13 articoli del decreto sono rivolti a razionalizzare la disciplina del collocamento mirato delle persone con disabilità (legge 68/1999). Secondo la normativa attualmente in vigore la misura di lavoratori appartenenti alle categorie dei disabili è definita in base alle dimensioni dell’impresa attraverso due criteri di assunzione, nominativo e numerico.
pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | agosto 2015 - n. 4
A SS O C I A Z I O N I E I N N OVA Z I O N E
Cooperativa SAD: la promozione e l’innovazione nei servizi di assistenza agli anziani
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25 anni di attività, con un’ampia gamma di servizi assistenziali
uest’anno, la cooperativa sociale SAD festeggia 25 anni di attività sul territorio trentino e con l’occasione ha deciso di riorganizzarsi in modo ancora più efficace ed innovativo. Nata a Trento nel 1990, la cooperativa offre da sempre una gamma di servizi socioassistenziali a favore di anziani, disabili, malati e persone temporaneamente non autosufficienti con la Missione di garantire “assistenza sociale con professionalità e cura”. Fin dall’inizio, uno degli obiettivi di SAD è stato quello di sostenere e mantenere le persone in condizione di bisogno nel loro contesto di vita ed il più a lungo possibile, favorendo i legami con la famiglia, gli amici, i vicini ed il proprio ambiente. In questi ultimi anni, la situazione economica e sociale è profondamente cambiata e, di conseguenza, anche i bisogni e le richieste delle famiglie e dei singoli si sono modificati. Ad esempio, molti anziani vivono per conto proprio, ma, dopo una certa età, anche chi è autosufficiente inizia ad avere paura di restare in casa da solo e i loro figli e parenti temono le conseguenze di possibili disattenzioni domestiche. Per molti la casa di riposo non rappresenta una soluzione adeguata ma nello stesso tempo il costo di una badante convivente risulta troppo oneroso. Le famiglie vivono spesso lontane e per i figli conciliare il lavoro, la propria vita familiare e l’assistenza dei genitori anziani risulta sempre più complesso e difficoltoso. L’esperienza ventennale sul territorio ha permesso a SAD di conoscere direttamente i bisogni e le richieste della popolazione anziana e di intercettare i principali cambiamenti in corso. Per questa ragione la cooperativa ha intrapreso un percorso di riflessione e di riorganizzazione per cercare di rispondere in modo ancora più adeguato ed innovativo a queste nuove richieste. Il frutto di questo percorso è il nuovo modello di organizzazione interna, sviluppato con l’intento di completare la filiera dei servizi offerti e di organizzarli in maniera flessibile e coerente. SAD racchiude le basi solide e le radici profonde che hanno permesso alla cooperativa di crescere ed evolversi senza perdere il proprio cuore e la propria identità, mantenendo i valori
di trasparenza, correttezza, rispetto e fiducia, responsabilità su cui si fonda. Da questa base partono i due principali filoni di servizi: in convenzione e quelli rivolti ai privati. Il marchio di SAD servizi in convenzione raggruppa i servizi erogati in convenzione con gli Enti Pubblici (Comuni, Comunità di Valle, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari). Il Quadrato, la Casa alla Vela e ASSIEME sono invece rivolti ad un’utenza di tipo privato e mettono a disposizione una gamma di prestazioni complete e diversificate. Infine, La Scuola di SAD è un organo interamente dedicato alla promozione culturale e all’erogazione di percorsi formativi che intende rappresentare una garanzia di qualità ed un ponte di collegamento tra la cooperativa ed il mondo esterno. Rispetto ai servizi privati, la Casa alla Vela e Il Quadrato sono attivi da oltre un anno e stanno riscuotendo sempre maggior successo. La Casa alla Vela è un progetto sperimentale di cohousing (“abitare collaborativo”) tra persone anziane e studenti universitari pensato per dare una risposta al problema della solitudine degli anziani prestando particolare attenzione sia all’aspetto relazionale sia alla gestione dei costi. La Casa alla Vela può ormai essere considerata il fiore all’occhiello del percorso di innovazione di SAD e recentemente è stata anche inserita in una pubblicazione della Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) fra le undici migliori buone pratiche a livello europeo nel settore delle politiche sociali. Il Quadrato offre invece interventi di assistenza tecnici, specializzati e di alta qualità e rappresenta una realtà unica sul territorio trentino per qualità e completezza dei servizi offerti. Le prestazioni sono disponibili 365 giorni l’anno, inclusi sabato domenica e festivi e possono essere erogate tempestivamente anche durante la notte o in situazioni di urgenza. La grande attenzione, la cura dei particolari, il rispetto della persona, dei suoi ambienti e delle sue abitudini completano l’impegno nel garantire ad ogni assistito e ai suoi cari la massima professionalità e serenità. In queste ultime settimane stanno prendendo il via le ultime proposte della cooperativa. ASSIEME è una cooperativa nata dall’esperienza di SAD e incentrata su servizi di cura
familiare. ASSIEME non gestisce badanti conviventi o pacchetti standardizzati, bensì offre un servizio di assistenza familiare a ore che viene definito con l’assistito ed i familiari sulla base delle necessità specifiche di ogni persona. ASSIEME può garantire l’assoluta affidabilità del proprio personale le assistenti familiari sono tutte socie della cooperativa e quindi persone conosciute e fidate. Questo aspetto permette di abbinare l’operatrice all’assistito in base alle rispettive necessità e competenze, di promuovere per ogni assistente un percorso di formazione e di monitoraggio continui e consente un passaggio di consegne semplice ed immediato tra colleghe nel caso di eventuali sostituzioni (a casa dell’assistito non arrivano mai persone sconosciute e impreparate sulla sua situazione). Con ASSIEME le famiglie sono sgravate dalle incombenze burocratiche legate alla gestione dei documenti e all’assunzione delle assistenti familiari che vengono gestite dalla cooperativa. Tutte le assistenti sono regolarmente iscritte al registro delle/degli assistenti familiari della Provincia Autonoma di Trento e sono tutte assicurate con polizza RCT e danni a terzi per la massima tutela degli assistiti e delle loro famiglie. La gestione rapida e trasparente della cooperativa facilita anche i rapporti tra la famiglia e l’assistente, soprattutto nel caso di eventuali criticità o sostituzioni. L’ultima iniziativa in ordine di tempo è l’apertura del Centro Diurno “Sempreverde” di Mattarello anche il sabato e la domenica a partire dal mese di agosto. Nei fine settimana, gli anziani di Trento e dintorni potranno contare sulla competenza del personale e sulla
possibilità di stare insieme e divertirsi in un contesto sicuro e piacevole. Questa iniziativa intende rispondere alle esigenze delle famiglie per le quali l’assistenza ai familiari diventa particolarmente difficile nel fine settimana quando gli impegni si moltiplicano e quando per esempio la badante ha diritto al suo giorno di riposo settimanale. Le giornate di sabato e domenica al Centro “Sempreverde” iniziano alle 10 con l’apertura e l’accoglienza con caffè, bibite o frutta. In seguito c’è la lettura del giornale e il resto della mattinata viene dedicato alla ginnastica dolce, il sabato, e alla S. Messa, alla domenica. Alle 12:30 viene servito il pranzo e gli ospiti hanno la scelta tra tre differenti menu. Nel primo pomeriggio si può scegliere se dividersi tra un po’ di riposo sulle poltroncine personalizzate, relax o l’ascolto di un po’ di musica. Alle 15 è prevista la merenda a cui segue il programma di animazione: giochi, balli, tombola, cruciverba, giochi per la memoria o passeggiate. La giornata si conclude alle 17:30 e tutti rientrano a casa. Il Centro è aperto agli anziani di Mattarello ma anche Trento e dintorni e per chi ne avesse bisogno è a disposizione anche il servizio di trasporto da e per casa. Questo nuovo progetto vuole dare una risposta concreta alle necessità degli anziani e delle loro famiglie e offrire l’occasione di trascorrere del tempo con i propri coetanei in sicurezza ed allegria. Per informazioni su tutte le attività di SAD è possibile contattare l’ufficio al numero 0461 239596 o consultare il sito internet www.cooperativasad.it
Confronto sull’esperienza di INTEREST promossa da ATAS Onlus
abato 13 giugno si è tenuto presso la Bookique di Trento il confronto sul progetto INTEREST: INtegrare TEssendo REti e Servizi Territoriali promosso da ATAS Onlus, Associazione Trentina Accoglienza Stranieri, che dal 1989 si occupa dell’integrazione e della convivenza tra persone provenienti da paesi e culture diverse, che si trovano a convivere nello stesso territorio. INTEREST rappresenta il proseguimento del progetto TRA.Mi.Te. che consisteva nel Tessere Relazioni per l’Abitare tra i Migranti e il Territorio. Quest’ultimo progetto, realizzato anche grazie al contributo del Fondo Europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi e dal Ministero dell’Interno, si è proposto di attivare la cittadinanza, diverse associazioni e cooperative di Trento e Rovereto verso un percorso di riqualificazione sociale del proprio contesto abitativo. Tra settembre 2013 e giugno 2014 gli operatori e volontari del progetto, aiutati dai cittadini maggiormente coinvolti, si sono impegnati per ridare valore alle relazioni e alla condivisione degli spazi, con l’obiettivo non solo di sensibilizzare le persone alla convivenza, ma anche di favorire il dialogo, la soluzione pacifica delle piccole controversie quotidiane, dal condominio al quartiere, dal singolo alla collettività, dai cittadini alle istituzioni. Al termine del progetto è stata redatta una piccola guida all’abitare, “Sentirsi a casa anche fuori casa”, che rappresenta la conclusione di un’iniziativa molto sentita e partecipata dagli abitanti dei quartieri in cui è stata sperimentata.
Il progetto INTEREST che ha dato continuità a TRA.Mi.Te., è stato attivato alla fine del 2014 e si è recentemente concluso il 30 giugno scorso. L’obiettivo di quest’anno era quello di esportare in tutto il quartiere ciò che si era sviluppato a livello condominiale. Le zone coinvolte sono state Brione a Rovereto, Madonna Bianca/ Villazzano 3 e Solteri/Magnete/Centochiavi a Trento, e Parto a Cles. La contrada, il rione, il quartiere, il condominio stesso, sono istituzioni civili che fino a poco tempo fa avevano un forte significato di appartenenza e convivenza per i suoi abitanti, realtà che tendono a sopravvivere spontaneamente solo nelle piccole comunità di paese, mentre le periferie vengono progressivamente fagocitate dall’espandersi implacabile delle città, perdendo così i loro caratteri distintivi. Riscoprire valori come il dialogo, l’integrazione, l’ascolto e lo scambio reciproco, permette di ricucire quel tessuto sociale sfibrato dai ritmi moderni e dall’individualismo. Il rischio cui andiamo incontro è di operare una spersonalizzazione del territorio in cui viviamo, ma di cui non ci sentiamo più parte integrante, andando ad influire negativamente sul singolo e sulla collettività intera. Le proposte, realizzate insieme ai cittadini attivati dal progetto, si sono attuate attraverso diversi tipi di incontro, quali percorsi formativi sullo sviluppo delle relazioni di comunità, scambi di esperienze per scoprire e conoscere iniziative simili e di successo, ma anche iniziative culturali e dibattiti davanti ad un caffè per conoscersi meglio e confrontarsi.
“E il sogno comune è che i nostri contesti diventino più vivibili, più sani, più sicuri, più belli, più solidali,...più nostri.” Le parole di Stefano Sarzi Sartori, coordinatore del progetto, fanno capire l’obiettivo di queste iniziative volte alla riattivazione di quei meccanismi solidali alla base di una comunità più unita e felice. Un monito anche alle associazioni e agli enti che operano nel terzo settore, che spesso si occupano di ambiti simili, ma che non entrano in contatto diretto tra loro. Il rischio concreto risiede in una deriva autoreferenziale che non giova a nessuno e che si scontra con le necessità di condivisione delle conoscenze e delle risorse a disposizione. Rigenerare le risorse esistenti e affidarle ai cittadini, di modo che le custodiscano e le accrescano, responsabilizzando le persone sulla cultura del bene comune da tutelare e da lasciare un giorno in eredità a chi verrà dopo di noi. Il coinvolgimento e la partecipazione scaturite da questi progetti mostrano come le relazioni possibili siano infinite e sempre riattivabili, dimostrando che conoscersi e sentirsi più uniti porta dei benefici a noi e a chi ci circonda. Rivalutare lo spazio comune come luogo di tutti e per tutti, e non più di nessuno. Venirsi incontro e non allontanarsi. Ascoltare e non far finta di non aver sentito. Partecipare e coinvolgere, attivarsi e attivare gli altri nei processi decisionali che spesso deleghiamo a terzi, ormai estranei e disinteressati ai problemi che non conoscono in prima persona. Queste sono promesse che dobbiamo im-
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pegnarci a mantenere, come singoli e come collettività; per un futuro più familiare e meno estraneo, che non incuta più quel timore che permea ormai tutti gli strati della nostra società. Può sembrare un’impresa impraticabile, un’utopia irraggiungibile, ma come per tutte le cose, i primi passi sono sempre i più piccoli e i più importanti, perché come ha scritto un abitante di quartiere che ha partecipato al progetto INTEREST, “Se uno inizia a parlare una volta, un’altra volta, l’amicizia poi viene così, perché se poi ti rivedo, ti saluto e scambiamo due parole”. Sembra un buon punto di partenza. Giulio Thiella
INFORMAZIONI
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Integrazione e appartenenza nel welfare di quartiere
ATAS Onlus Associazione Trentina Accoglienza Stranieri
Trento Via Madruzzo, 21 tel. 0461 263330 e-mail info@atas.tn.it Rovereto Via Bezzi, 29 tel. 0464 422041 sito: www.apas.tn.it
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A Pergine la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza
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arà realizzata presso il presidio della riabilitazione di Pergine, la Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), che accoglierà le persone dimesse dagli ospedali psichiatrici giudiziari di Trento e di Bolzano, in linea con quanto stabilito dalla normativa nazionale che aveva fissato al 1° aprile 2015 il termine per completare il percorso di chiusura di queste strutture. “È stata ormai assodata l’inefficacia degli ospedali psichiatrici giudiziari, eredi diretti dei manicomi giudiziari - spiega l’assessora alla salute e solidarietà sociale Donata Borgonovo Re -. Individuare un luogo dove queste persone, peraltro in numero ridottissimo, possano trovare dignità e cura, sulla base di precisi programmi di riabilitazione, è una dimostrazione di civiltà e di impegno”. Dopo la deliberazione dello scorso marzo con la quale la Giunta provinciale aveva dato mandato all’Azienda sanitaria di realizzare i programmi di intervento
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terapeutico riabilitativi per le persone dimesse da questi ospedali, ora l’esecutivo ha approvato le direttive per la realizzazione della struttura di cura e custodia. In seguito a una serie di incontri fra i rappresentanti delle Province autonome di Trento e di Bolzano e dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari, è emersa la possibilità di creare un’unica Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza di entrambe le Province. La soluzione congiunta è stata individuata all’interno del polo della riabilitazione di Pergine Valsugana, dove verranno realizzati alcuni posti letto ad alta intensità di vigilanza e assistenza, per un fabbisogno complessivo di massimo 10 posti letto, da adeguarsi nell’arco del 2015. Il costo annuale di funzionamento è stimato in 953.000 euro quando la struttura sarà a regime, la metà è di competenza della Provincia autonoma di Bolzano, con conguaglio a fine anno sulla base dell’effettiva utilizzazione.
Progettone: dai risparmi di gestione risorse per i lavoratori
igliorare l’efficienza nella gestione del “Progettone” e con le risorse risparmiate, garantire da subito l’occupazione ad un numero maggiore di persone. Questo lo scopo dell’accordo firmato dal vice presidente e assessore allo sviluppo economico e lavoro della Provincia autonoma di Trento Alessandro Olivi con il Consorzio Lavoro Ambiente e con Consolida. I risparmi realizzati non serviranno per compensare tagli ma per dare più opportunità ad un numero maggiore di lavoratori. “Abbiamo chiesto al settore della Cooperazione - ha detto il vice presidente Olivi - così come ai rappresentanti dei lavoratori, di condividere un percorso di comune responsabilità per garantire in prospettiva maggiore possibilità di inclusione nel Progettone di lavoratrici e lavoratori deboli, maggiore equità nell’accesso allo strumento, anche attraverso un processo di razionalizzazione dei costi e di efficientamento della
struttura organizzativa. Le cooperative, che costituiscono il braccio operativo dei lavori socialmente utili progettati e finanziati dalla Provincia, hanno dato una risposta positiva contribuendo anche a migliorare la gestione delle attività diversificate che oltre 1600 lavoratori sviluppano sul territorio.” In concreto l’accordo raggiunto tra Provincia, Consolida e C.L.A., presenti alla firma, produce complessivamente un risparmio di oltre 500 mila euro, pari all’11 % del costo complessivo. Sono state infatti ridotte di un punto percentuale le spese, calcolate sul costo della manodopera, che la Provincia riconosce alle cooperative per la gestione dei lavoratori. Il vice presidente Olivi ha inteso ribadire che con i risparmi generati da questo confronto con gli attori del sistema Progettone la Giunta garantirà in prospettiva maggiori risorse a favore dei lavoratori e non coperture di tagli di spesa.
Intervento 19: salgono a 1265 le opportunità occupazionali per il 2015
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rescono da 1225 a 1265 complessive le opportunità occupazionali previste nel 2015 nell’ambito di Intervento 19. La misura, rientrata nel novero dei Lavori socialmente utili, agevola l’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati, disoccupati, invalidi o disabili, da impiegare in progetti di utilità collettiva presentati da enti locali o Rsa e finanziati al 70% dalla Provincia. L’aumento di 40 unità dei posti disponibili risponde alla crescita degli iscritti alle apposite liste ma anche alla bontà dei progetti presentati dagli enti pubblici interessati. Rimane fissa invece la riserva di 40 posti per lavoratori disabili. Intervento 19 è gestito da Agenzia del Lavoro e si rivolge a lavoratori disoccupati da più di 12 mesi di età superiore ai 35 anni,
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disoccupati da più di tre mesi ultracinquantenni, disoccupati invalidi che sono individuati dagli operatori di riferimento per la legge 68/1999, disoccupati in difficoltà in quanto “soggetti a processi di emarginazione sociale o portatori di handicap fisici, psichici o sensoriali (...)”, segnalati dai servizi sociali o sanitari. I lavoratori vengono impiegati in progetti di utilità collettiva presentati dagli enti locali e dalle agenzie provinciali di servizio alla persona finanziati dalla Provincia al 70%. I rapporti di lavoro sono a termine e sono disciplinati dall’apposito contratto collettivo provinciale di lavoro. I progetti riguardano ad esempio l’abbellimento urbano e rurale, la valorizzazione di beni culturali ed artistici, il riordino di archivi e/o recupero di lavori arretrati di tipo tecnico o amministrativo, servizi di custodia e vigilanza, particolari servizi ausiliari di tipo sociale a carattere temporaneo, compatibili con il grado di debolezza o svantaggio del lavoratore.
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La mediazione nell’ambito della “messa alla prova” anche per gli imputati adulti
on solo i minori entrati nel circuito penale ma ora anche le persone adulte imputate avranno la possibilità in Trentino Alto Adige nell’ambito della messa alla prova, che presuppone lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, di rivolgersi al Centro per la Mediazione regionale per mettere in atto condotte volte alla mediazione con la persona offesa e attività per la riparazione delle conseguenze del reato. È quanto prevede, fissandone le modalità applicative, il protocollo d’intesa firmato al Palazzo della Regione dall’assessore regionale ai Giudici di Pace e alla Mediazione Giuseppe Detomas e dal Provveditore per l’amministrazione penitenziaria per il Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige Enrico Sbriglia. In Trentino Alto Adige, prima regione ad attivare un centro di mediazione a carattere pubblico, già 166 imputati stanno usufruendo della messa alla prova, mentre altre 255 hanno richiesto di potervi essere ammessi. L’esito positivo della messa alla prova eviterà loro il processo. L’assessore Detomas: “Il Protocollo è un ulteriore importante strumento per sperimentare in un nuovo ambito le pratiche della “giustizia riparativa” e diffondere la cultura della comunicazione e della mediazione”. “C’è una democrazia del dolore - ha affermato il Provveditore Sbriglia - che pare governi tutto - ma risposte diverse vanno cercate e trovate, e se qui si sono trovate è perché in questo territorio l’autonomia apre alla prospettiva di agire in modo più ampio e perchè qui la giustizia funziona. Questi accordi hanno senso anche nell’ottica di un uso diverso delle risorse pubbliche nel settore della giustizia”. Alla firma dell’intesa sono intervenuti i vertici dell’Amministrazione della giustizia regionali: il presidente della Corte d’Appello Carlo Maria Grillo, il presidente del Tribunale di Bolzano Elsa Vesco, il presidente del Tribunale di Rovereto Corrado Pascucci, il Sostituto Procuratore generale di Trento Giuseppe Maria Fontana, l’Avvocato generale di Bolzano Paul Ranzi, il Procuratore capo di Trento Giuseppe Amato ed il Procuratore di Rovereto Aldo Celentano, oltre ai rappresentanti degli Uffici di esecuzione penale esterna e gli operatori del Centro di mediazione. L’istituto della sospensione del processo con messa alla prova per imputati adulti è stato introdotto lo scorso anno dalla legge n.67/2014, che ne ha previsto l’applicazione nel caso di reati determinati. Ed è appunto in tale nuovo ambito che interviene l’intesa firmata. La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato,
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se possibile anche il risarcimento, la mediazione con la vittima del reato senza peraltro obbligare l’imputato ad una ammissione di colpevolezza e lo svolgimento di attività di pubblica utilità, come volontariato di rilievo sociale. Ma cosa prevede nello specifico il protocollo? Gli Uffici di esecuzione penale esterna di Trento e di Bolzano e il Centro per la Mediazione della Regione collaboreranno nell’applicazione del nuovo istituto della messa alla prova. In particolare gli Uffici di esecuzione penale informeranno gli imputati, che hanno fatto richiesta di sospensione del processo con messa alla prova, della possibilità di rivolgersi al Centro per la Mediazione per mettere in atto condotte atte a promuovere la conciliazione e la riparazione delle conseguenze del reato e la mediazione con la vittima. Il Centro per la Mediazione, se non vi saranno condizioni ostative, attiverà il tentativo di mediazione. Con questa collaborazione si vuole estendere la partecipazione a percorsi di mediazione ad un numero sempre maggiore di persone coinvolte in procedimenti penali. Si vuole anche favorire la diffusione di pratiche di giustizia riparativa promuovendo la cultura della comunicazione e della gestione non violenta dei conflitti. Il Centro per la Mediazione della Regione, operativo a Trento dal 2004, è nato per supportare l’attività dei giudici di pace che possono avvalersene per favorire la conciliazione fra le parti. Dal 2009 l’attività del centro ha trovato svolgimento a regime con l’assunzione a tempo indeterminato di personale con una specifica competenza e preparazione professionale. Dal 2005 in poi sono state firmate intese con le autorità giudiziarie minorili di Trento e l’Ufficio per i servizi sociali per i minorenni di Trento che hanno permesso l’estensione dell’attività del Centro anche in ambito minorile. Un accordo che risale al 2012 e che coinvolge la Regione, la Provincia autonoma di Trento e il Ministero della Giustizia stabilisce la collaborazione e l’azione integrata in materia di trattamento, formazione, orientamento al lavoro e reinserimento sociale dei minori entrati nel circuito penale e delle persone sottoposte a restrizione della libertà e a misure alternative alla detenzione. In quell’occasione si è convenuto sull’importanza di attuare percorsi di mediazione e di ricomposizione del conflitto tra autore e vittima del reato anche attraverso progetti di riparazione. L’attività del Centro comprende inoltre la progettazione e conduzione di laboratori rivolti ai giovani e a persone in esecuzione penale esterna per la gestione e ricomposizione dei conflitti.
Ugo Rossi: “autonomie speciali un’opportunità e non un privilegio”
er lo sviluppo del Paese occorre dare fiducia ai territori e alle autonomie locali”. Questa la richiesta, espressa dal Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome Sergio Chiamparino al Capo dello Stato Sergio Mattarella, che recentemente, al Quirinale, ha ricevuto i presidenti delle istituzioni territoriali italiane, fra cui il Governatore del Trentino Ugo Rossi. “I territori - ha detto ancora Chiamparino a nome di tutti - hanno pagato al pur necessario rigore finanziario un prezzo alto in termini di riduzione di spesa, che si è attestato attorno al 38%. Un prezzo più alto di quello pagato da molte amministrazioni centrali dello Stato, la cui riduzione si è attestata attorno al 12%”. Il presidente Rossi ha invitato il Presidente della Repubblica Mattarella a partecipare alla Festa dell’Autonomia del 2016, in occasione del Premio De Gasperi. “Abbiamo espresso al Presidente Mattarella - ha riferito il Governatore Rossi al termine dell’incontro - la nostra volontà di contribuire con responsabilità al risanamento dei conti pubblici, ravvisando però la necessità di evitare eccessive concentrazioni decisionali sui livelli centrali, dando quindi maggiore fiducia ai territori. Nell’ambito della riforma Costituzionale - ha detto ancora Rossi - abbiamo
inoltre ribadito l’opportunità che una Camera diventi un riferimento forte dei territori, sul modello del Bundesrat tedesco, che funzioni cioè come un vero e proprio Senato federale. Occorre - ha detto Rossi riferendo le parole di Chiamparino al Presidente della Repubblica - più coraggio nel portare avanti la riforma, se dobbiamo copiare da qualcuno in Europa, vale la pena copiare dai migliori”. Per quanto riguarda le autonomie speciali, Debora Serracchiani, Presidente del Friuli Venezia Giulia, a nome di tutti, ha detto che le regioni autonome si sentono parte integrante della Repubblica, ribadendo che le “specialità” siano un’opportunità e non un privilegio”. “Per questo - ha aggiunto - chiediamo maggiore attenzione, affinché nei processi di riforma queste specialità vengano confermate”. Infine Rossi, in un breve dialogo diretto tenuto alla fine dell’incontro, ha invitato il Presidente Mattarella ad intervenire alla Festa dell’Autonomia del 5 settembre del prossimo anno, in occasione del Premio De Gasperi. Un invito che il Capo dello Stato si è detto ben disponibile a valutare, ricordando al Presidente Rossi di conoscere bene le vicende del Trentino-Alto Adige essendo stato in passato candidato proprio in questa circoscrizione.
...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...
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Foto Archivio ufficio stampa Pat (AgFBernardinatti); Ufficio stampa Provincia Bolzano (USP/ohn)
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO
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CARCERE
37° Convegno SEAC del Triveneto su carcere e inserimento sociale dopo la detenzione
Reportage di una trasferta a Vicenza con Apas
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l 28 e 29 maggio si è tenuto presso la Sala dell’Arco al Palazzo delle Opere Sociali di Vicenza il 37° Convegno del SEAC (Coordinamento Enti ed Associazioni di Volontariato Penitenziario). La trasferta è stata organizzata da Apas, l’Associazione Provinciale di Aiuto Sociale, che grazie al pulmino di PRODIGIO è riuscita a portare al convegno tutti gli operatori e volontari che avevano piacere di parteciparvi. Tema centrale delle due giornate di formazione è stato il reinserimento sociale a termine della detenzione, con un titolo conciso ma molto evocativo, “E...se...dopo...?”, a indicare i dubbi che si trova ad affrontare una persona rimessa in libertà dopo una pena detentiva. Il dopo pena rappresenta per molti un passo difficile ma importantissimo verso il reinserimento, accompagnato dal timore di un ulteriore rifiuto. “SE mi vorranno ancora... SE troverò lavoro...” paure reali che trovano riscontro nell’altissimo tasso di recidiva che colpisce chi non è riuscito a trovare un’alternativa al crimine, in una società che stenta a dare un’altra possibilità a chi ha sbagliato. Dove finisce una pena ne inizia un’altra; una sfida, quella del rientro in società, che molti sono costretti ad affrontare in solitudine, senza qualcuno che li guidi e li aiuti. Grazie alla trasferta siamo entrati in contatto con i ragazzi del progetto Jonathan, nato a Vicenza dall’Associazione Nova Terra nel 1989 per accogliere e ospitare detenuti in pena alternativa, affidamento in prova e permessi premio. Pilastri del progetto Jonathan sono l’assistenza, il sostegno morale e il reinserimento
Sopra accompagnamento di violino durante la presentazione del libro “Con i loro occhi, con la loro voce - Per parlare di immigrazione in modo diverso”. A fianco il logo del progetto Jonathan.
sociale e lavorativo una volta scontata la pena. Una “famiglia allargata”, come la definiscono gli utenti e gli operatori, in cui si sperimentano laboratori, cene e riunioni durante le quali vengono sempre coinvolti tutti, senza escludere nessuno. Gli operatori e volontari delle diverse realtà associative che hanno partecipato al convegno hanno avuto l’occasione di entrare in
contatto tra loro, confrontarsi e scambiare utili considerazioni sul grande tema del reinserimento. Erano presenti anche diversi ragazzi accolti nel Progetto Jonathan che, oltre ad aver preparato il ricco buffet per il pranzo, hanno condiviso alcuni pensieri e sensazioni sulla
loro esperienza e sul percorso che stanno seguendo. Preziose testimonianze che incitano a proseguire verso la strada dell’alternativa al carcere, auspicando un’inversione di tendenza da parte delle istituzioni verso pene meno degradanti e futili. Al termine della prima giornata abbiamo assistito alla presentazione del libro di Lucio Simonato “Con i loro occhi, con la loro voce - Per parlare di immigrazione in modo diverso”. Da alcune brevi letture dell’autore si capisce che l’opera è un flusso continuo di pensieri, impressi su carta senza correzioni ortografiche e con pochissima punteggiatura, così come gli eventi e le sensazioni gli sono state narrate dalle persone che si sono raccontate in questo libro. Durante la discussione dei brani proposti siamo stati accompagnati dalla musica di un violino, che ha scandito le letture e fornito adeguate pause per riflettere sui temi sollevati. La seconda giornata in programma prevedeva l’incontro con diverse figure professionali degli Istituti di pena, tra cui gli educatori, agenti di Polizia Penitenziaria, medici e il cappellano della Casa Circondariale S.Pio X di Vicenza, dove si è svolta la parte conclusiva del Convegno durante il giorno 29. Per il gruppo proveniente da Trento non è stato possibile prolungare la trasferta fino alla conclusione dei lavori, ma gli stimoli positivi e le impressioni raccolte durante la prima giornata hanno permesso di entrare in contatto con altre realtà attive in ambito penitenziario, consentendoci di rincasare con un bagaglio di conoscenze arricchito di idee e iniziative, mutuabili nella realtà associativa trentina. Giulio Thiella
I detenuti in Italia per età, sesso, nazionalità e tipologia di reati commessi. Età 18 anni
30 anni
60 oltre
45 anni
Sesso Tipologia di reati commessi *
Nazionalità
*La somma dei reati commessi dai detenuti è superiore al numero dei detenuti poiché a ogni singolo detenuto possono essere attribuiti più tipi di reato.
19,5% Ricettazione
21,6% Furto
28,9% Rapina 38,8% Stupefacenti
70.000
ITALIA
67,4%
ROMANIA 60.000
MAROCCO 50.000
ALB NIA TUNISIA
40.000
NIGERIA 1,3%
30.000
Agenti
Altri
20.000
Detenuti
Realizzata da Giulio Thiella per PRODIGIO Onlus. analisi dei dati e grafici: Emanuele Ciola fonti: www.istat.it, www.polizia-penitenziaria.it/d-a-p, www.associazioneantigone.it, www.abuondiritto.it, www.ristretti.org icone: www.medialoot.com
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R A CCO N T I E R E P O RTA G E
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da Fama, classe 1991, è una giovane e talentuosa scrittrice di origine albanese. Affetta da glaucoma, ha iniziato a trascorrere brevi periodi di tempo in Italia per sottoporsi alle cure mediche e all’età di nove anni si è trasferita definitivamente ad Arco con i genitori e il fratello Arber. Ora frequenta la Facoltà di Giurisprudenza all’Università di Bologna e nel tempo libero scrive. La sua opera prima Mi manchi è un romanzo ambientato tra Londra e l’Italia, che racconta le vicende della giovane Danielle che per costruirsi un futuro tutto suo deve trovare il coraggio di scavare tra i segreti del suo passato, che la porteranno a scoprire gli intrighi di spietate multinazionali ma anche a ritrovare amicizie e legami all’apparenza perduti. Ho adorato questa storia fin dalla prima pagina, per la grande proprietà di linguaggio dell’autrice, ma soprattutto per la sensibilità e l’umorismo con cui guida il lettore fino al colpo di scena finale. Ada, com’è nata la tua passione per la scrittura e chi è il tuo autore preferito? Non so esattamente a che punto sia nata la voglia di scrivere. Alle scuole elementari ho avuto la fortuna di incontrare una maestra meravigliosa, capace di farmi appassionare di lettura. Non so come facesse, ma parlava di ogni libro con talmente tanta passione che non potevo non prenderla sul serio, non potevo non fare mia la sua passione. E - dopo tonnellate di libri letti - da qualche parte nella mia mente deve essere scattata
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gni giorno quando esco di casa mi trovo a dover affrontare delle difficoltà legate all’accessibilità degli spazi del mio condominio. Infatti, l’ascensore è costruito su modello anni ‘70 e quindi le porte non sono automatiche e scomode da aprire per una persona con disabilità fisica. Per fortuna ho sempre qualcuno che mi aiuta in questi spostamenti fuori casa come ad esempio educatori o amici di famiglia, ma purtroppo è venuta meno la presenza di mio zio che mi aiutava molto in questi spostamenti e senza dovermi rivolgere a persone estranee alla famiglia. La difficoltà principale è legata allo spazio ristretto della cabina. La capienza è di quattro persone ma con una carrozzina ci sta solamente una persona. Questo non mi permette di usare l’ascensore in totale autonomia e di muovermi da solo. Un’altra criticità che mi fa sorridere è legata al fatto che questo ascensore è accessibile a metà: all’interno ci sono due porte automatiche mentre all’esterno c’è una porta manuale da aprire e chiudere. Credo che se ci fossero delle porte automatiche, la difficoltà sarebbe risolta e gli spazi risulterebbero certamente più accessibili a tutti. Scrivo questo articolo affinché partendo dai miei bisogni speciali, si possa fare informazione utile a tante persone che si trovano ad affrontare situazioni simili nella vita di tutti i giorni. Infatti, contrariamente a quanto si pensa, è possibile modificare o adattare anche ascensori obsoleti. Secondo alcune direttive, l’ascensore deve avere una cabina di dimensioni minime tali da permetterne l’uso da parte di una persona su sedia a rotelle. Le porte di cabina e di piano
La giovane autrice albanese Ada Fama si racconta
“Mi manchi”
una molla: “E se provassi anch’io a raccontare qualcosa?”. Ho iniziato in prima media con un racconto lungo, un altro libro - non pubblicato - in prima superiore, e poi... ‘...Mi manchi’. Sempre tutto molto naturale, ma
I personaggi di Mi manchi sono interamente inventati? Te lo chiedo perché, da lettrice affezionata, spero ancora che da qualche parte nel mondo esista veramente il simpaticissimo dottor Matt.
A sinistra l’autrice Ada Fama davanti al Royal London Hospital for Integrated Medicine, luogo in cui si snoda una parte del suo romanzo. Sotto la copertina del libro.
proprio per questo bellissimo! Ho la tendenza a lasciarmi trascinare da ogni storia che leggo. Cado a capofitto in ogni libro e devono esserci ragioni davvero molto forti perché io riesca ad impormi di chiudere un libro... quindi ho amato molto tantissimi libri e molti autori. Però credo che il mio scrittore preferito sia George Orwell. Come dicevo, vivo molto ogni libro e non lo chiudo prima di finirlo - o quasi -... ma ‘1984’ è un libro che non solo ho vissuto, ma mi ha lacerata, mi ha inghiottita nei terrori di cui parla lasciandomi insonne per più di una notte. E uno scrittore capace di tanto non può che avere il mio amore incondizionato!
Hahahahah! Ahi noi, sì! Anch’io spero di incontrarlo un giorno, Matt, tanto che sono andata in “pellegrinaggio” al Royal London Hospital - dove lavora, nel libro - sperando di incontrarlo... non so, al bar, per esempio, ma niente. Dovrò cercare meglio! Per il resto, i personaggi sono tutti di fantasia. Ma è anche vero che credo non ci sia una linea netta tra realtà e fantasia. È inevitabile che, scrivendo, ci si lasci ispirare da persone, da situazioni, da luoghi... e allora nascono queste creature speciali che
sono i personaggi e a cui si impara a voler bene come fossero una parte di noi (perché, in effetti, sono una parte di noi!). Quando pensi alla tua “lingua di scrittura” ti viene in mente per primo l’italiano o l’albanese? Un’amica mi diceva che la lingua madre è quella in cui ti viene spontaneo contare. Questa domanda mi fa pensare che, probabilmente, la lingua madre per me sia quella in cui mi viene spontaneo scrivere (e non solo perché ho sempre odiato i numeri e la matematica!). Comunque, assolutamente l’italiano. La stragrande maggioranza dei libri che ho letto e che hanno formato il mio linguaggio sono in italiano. Sono molto fortunata a sapere perfettamente un’altra lingua, ma - almeno per ora, in futuro chissà! - la impiego solo per parlare con i miei familiari. Quanto incide il glaucoma nella tua vita quotidiana? Questa domanda, che forse potrà sembrare un po’ indelicata, nasce perché io e te ci siamo conosciute in uno dei momenti più complicati della mia vita, eppure non ti ho mai sentita nemmeno una volta lamentarti o disperarti, anzi, mi hai sempre trasmesso un grande ottimismo e voglia di fare: qual è il segreto? È bellissimo sentirlo dire proprio da te che, in quanto a forza... non hai proprio nulla da invidiare a nessuno! Detto questo, so solo di essere una persona davvero molto fortunata. Sono stata cresciuta in una famiglia che ha sempre trovato la forza di
Accessibilità delle parti comuni dei condomini
Ascensori obsoleti e normative di adeguamento
devono essere del tipo automatico e di dimensioni tali da permettere l’accesso alla sedia. Il sistema di apertura delle porte deve essere dotato di idoneo meccanismo, come cellula fotoelettrica o costole mobili, per l’arresto e l’inversione della chiusura in caso di ostruzione del vano porta. I tempi di apertura e chiusura delle porte devono assicurare un agevole e comodo accesso alla persona su sedia a ruote. Le porte di cabina e di piano devono essere del tipo a scorrimento automatico questo perché nel caso di situazioni ibride gli ascensori non permettono alle persone con disabilità di muoversi in completa autonomia. Nel caso di adeguamento la porta di piano può essere del tipo ad anta incernierata, purché dotata di sistema per l’apertura automatica come ad esempio si può
trovare negli ospedali o in molti locali pubblici, uffici comunali o provinciali. In tutti i casi le porte devono rimanere aperte per almeno 8 secondi e il tempo di chiusura non deve essere inferiore a 4 secondi, per poter permettere alle persone con ridotta mobilità di entrare o uscire in sicurezza. Passando ora alle indicazioni di stampo più normativo, abbiamo detto che l’ascensore è un meccanismo complesso, che deve soddisfare molti requisiti di sicurezza. Il progettista o il committente non definisce le caratteristiche di prodotto, ma è chiamato a scegliere l’impianto adeguato in funzione delle caratteristiche principali. Rimandiamo ad una rilettura puntuale della Normativa per l’Accessibilità - il DM 236/89 art. 4.1.12 e 8.1.12 - per capire quali sono le richieste e le ragioni delle prescrizioni normative, mentre riportiamo per punti le indicazioni basilari alle quali gli impianti ascensori devono attenersi. Ricordiamo, inoltre, che per la normativa l’ascensore rappresenta la soluzione primaria per il superamento dei dislivelli. Vediamo in sintesi i requisiti base: dimensione della cabina: la norma indica dimensioni minime per accogliere la persona in carrozzina, minori in caso di adeguamento, medie per gli edifici residenziali, maggiori per gli edifici ad uso pubblico. Ovviamente la dimensione della cabina deve essere dimensionata anche in base ad altri fattori, ad esempio flusso di persone e spesso è necessario
prevedere ascensori di dimensioni anche maggiori di quelli indicati dalla norma. porte di cabina e di piano: del tipo scorrevole e automatiche, quelle migliori, con minor ingombro e senza bisogno di intervento da parte dell’utente. La porta deve essere posta sul lato corto della cabina, per sfruttare al meglio lo spazio, senza richiedere alla carrozzina la necessità di compiere manovre interne. Posizionare le porte in modo contrapposto, tra quella in ingresso e quella in uscita dalla cabina, permette alla persona in carrozzina di entrare e uscire senza dover fare manovre “a marcia indietro”. piattaforma di distribuzione: lo spazio davanti alla cabina deve essere ampio per permettere le manovre di ingresso/uscita e lo spostamento verso i corridoio di distribuzione. Porre attenzione, inoltre, al rapporto tra tale spazio e le rampe di scale in discesa, per evitare situazioni di pericolo. bottoniere: particolare attenzione è data alla bottoniera in cabina e al piano, deve essere ad un’altezza raggiungibile anche dalla persona di bassa statura o in carrozzina, ma allo stesso tempo essere percepibile da tutti con tre tipi di attenzioni: caratteri ampi ben contrastati e facilmente leggibili, caratteri a rilievo e indicazioni in braille. Attenzione però, non tutti i non vedenti conoscono il braille, mentre per molti lettere e numeri di piano in rilievo sono facilmente riconoscibili. campanello di allarme: gli aspetti di sicurezza sono molto impor-
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affrontare tutto a testa alta, una famiglia capace di mollare tutto - affetti, lavoro, certezze... per seguire me qui in Italia. E tutto senza mai lamentarsi. Posso non essere all’altezza di tanto? Certo, la vita quotidiana non è sempre semplice. Ho un handicap non indifferente, lo so, me ne rendo conto, e cerco di partire da qui per affrontare i problemi - grandi o piccoli - che si possono presentare ogni giorno. Una cosa che faccio fatica a tollerare - soprattutto in questo periodo - è la pietà. Alcune persone hanno difficoltà a relazionarsi alla disabilità e ne provano compassione, tenerezza forse. Non ne ho bisogno e non ne ho voglia. Sono quello che sono anche grazie alla mia malattia, e ammetto che sono abbastanza felice di come sono. Chiaro, mi fosse data la possibilità di vedere, la coglierei non al volo, ma anche in caduta libera dal centesimo piano, se necessario! Ma per ora la situazione è questa e a me va molto bene. Grazie della domanda, non è indelicata, è diretta, e a me le domande dirette piacciono un sacco! Hai in mente di tornare a Londra prossimamente? Perché noi lettori non aspettiamo altro che una nuova avventura dei personaggi di Mi manchi... Non userò l’indicativo finché non sarò effettivamente lì, ma a settembre dovrei partire per un master in diritto proprio a Londra, al King’s College. Quindi avrei un anno di tempo per lasciarmi ispirare, magari esplorare bene il Royal London Hospital alla ricerca di Matt... peccato che non faccio medicina, avrei più probabilità! Per contattare l’autrice: fama.ada@ gmail.com Martina Dei Cas
tanti negli ascensori, anche quelli legati alla possibilità, in caso di guasto, di inviare una “chiamata di aiuto”, per questo è necessario che, oltre al pulsante di arresto ci sia un “campanello di chiamata” con segnale luminoso, per avvisare, anche chi non sente, che la chiamata è stata inviata e un citofono. Ormai è obbligatorio un telefono che metta in comunicazione la persona all’interno della cabina, con un centro di assistenza. Obbligatoria anche, ovviamente, una luce di emergenza. segnalazioni ai piani: un altro aspetto di percezione che viene segnalato è quello della segnalazione di arrivo ai piani, può bastare un semplice segnale, ma se pensiamo ad un edificio con molti piani diventa essenziale - sopratutto per i non vedenti - avere una segnalazione acustica di piano, altrimenti la persona non è in grado di sapere, soprattutto quando l’ascensore può essere prenotato e ferma a più piani, quando arriva al piano desiderato. Anche se l’ascensore non viene “progettato” dall’architetto è bene conoscere le diverse esigenze per dotare tutte le strutture su più piani di una soluzione efficace e funzionale che permetta a tutti il “percorso verticale” di collegamento tra le diverse quote di piano degli edifici. Con questo articolo vorrei fare capire alle persone che l’adeguamento di ascensori preesistenti non è una cosa impossibile. Come avete letto sopra esistono delle soluzioni economiche e tecniche per adeguare gli ascensori e le parti comuni alle persone con problemi di mobilità e disabilità. Spero che le informazioni e le indicazioni fornite attraverso questa piccola ricerca siano fruibili e di aiuto a tutti. Antonio Dossi
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C U LT U R A E S O C I E TÀ
L’Onorevole Luigi Manconi e la “cella in piazza”
“Abolire il carcere” l’impegno per una società migliore
Trentino Book Festival 2015 Il 12, 13 e 14 giugno si è svolta la 5a edizione del Trentino Book Festival, evento che da diversi anni porta in regione numerosi artisti e scrittori italiani e internazionali. Il giornalista e scrittore Pino Loperfido, direttore artistico del Festival, è riuscito negli anni a creare un evento apprezzato e partecipato dai tantissimi abitanti di Caldonazzo che sostengono e organizzano questi tre giorni di cultura nel cuore della Valsugana. La redazione di pro.di.gio. ha seguito alcuni eventi della rassegna letteraria, la presentazione del libro “Abolire il carcere - Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini” dell’On. Luigi Manconi. Un titolo provocatorio ma sincero, che dimostra il coraggio di riuscire a guardare oltre il sistema sanzionatorio attuale, verso pene più utili e costruttive, per il singolo e per la società di cui fa parte. “L’economia è una menzogna” è invece il titolo del libro di Serge Latouche.
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uest’anno si è rinnovata la partecipazione al Trentino Book Festival di Apas, Associazione Provinciale di Aiuto Sociale, che ha allestito nel centro di Caldonazzo la “cella in piazza”, struttura itinerante realizzata dall’Associazione La Fraternità per sensibilizzare le persone sul tema della detenzione. su questo tema. Ospite d’eccezione il senatore Luigi Manconi, Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, invitato a presentare il suo ultimo libro “Abolire il carcere - una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini”. Quella che potrebbe
Nella foto a fianco a partire da sinistra Valentina Calderone, l’On. Luigi Manconi e la giornalista Tiziana Tomasini. Sotto la cella dell’associazione la Fraternità.
sembrare una provocazione è invero un’analisi accurata e minuziosa delle maggiori criticità che permeano l’attuale sistema sanzionatorio italiano, proponendo un graduale abbandono della detenzione come principale risposta al reato. Assieme a Valentina Calderone, direttrice di A Buon Diritto, Manconi ha spiegato ai presenti quanto dannoso e controproducente possa essere oggi la privazione della libertà personale; in più di 50.000 affollano le case circondariali e di reclusione, costretti a condividere spazi angusti con persone di culture diverse e che hanno commesso i reati più disparati. Chi entra in contatto con questa realtà, soprattutto se per una pena di breve o brevissima durata, resta segnato dall’ambiente, dai ritmi serrati e inflessibili e dalla convivenza con criminali di ogni tipo. Manconi definisce questa situazione la “cosizzazione” del detenuto, privato non solo della libertà, ma anche dell’autonomia e dell’indipendenza, costretto
a sottostare a regole rigide che scandiscono la vita in carcere, e a doversi rivolgere agli agenti per qualsiasi necessità. Grazie alla collaborazione di Apas e dell’Associazione “La Fraternità”, durante i tre giorni della rassegna letteraria, in molti hanno avuto l’occasione di mettere piede nella realtà quotidiana di migliaia di reclusi, che ogni giorno si svegliano, mangiano, si lavano e convivono in quei 3 metri per 4. La cella, riproduzione fedele della Casa Circondariale di Montorio (VR), realizzata dai volontari e da alcuni dete-
nuti, consiste in una struttura di appena che rappresenta lo spazio in cui sono costrette a vivere quattro persone. Due letti a castello, quattro sedie, dei piccoli armadi dove custodire quei pochi vestiti e oggetti personali consentiti, un bagno/cucina. In poco più di un metro quadro si trovano la doccia, il wc o la turca, un piano dove poter cucinare sul fornelletto e un lavandino. Durante la presentazione del suo libro, l’On. Luigi Manconi ha invitato più volte i presenti ad entrare anche solo per un istante nella cella in piazza, per rendersi conto davvero di che cosa significhi scontare una pena privativa della libertà in queste condizioni, che definisce senza mezzi termini disumane. Basta un passo all’interno e ci si rende conto immediatamente dell’innaturale ristrettezza in cui sono costrette a convivere le persone negli Istituti di pena, sempre che non venga raggiunta e superata la capienza massima, perché in tal caso gli spazi si riducono ulteriormente, e i detenuti vengono letteralmente ammassati in stanze non atte ad accoglierli. L’idea di portare uno scorcio di carcere nelle piazze italiane per far conoscere questa realtà permette di compiere un’opera di sensibilizzazione di grande impatto, in quanto ci mette di fronte qualcosa che solitamente è nascosto da alte mura di cinta, quindi difficilmente conoscibile dal mondo esterno. Il Senatore Manconi sostiene non solo la scarsa utilità del carcere come pena, ma soprattutto il suo essere uno strumento controproducente e dannoso, per chi è costretto a viverlo e per la società intera. La proposta non è certo quella di chiudere gli istituti di pena da un giorno all’altro, bensì di spostare gradualmente l’attenzione e le risorse verso pene alternative, più costruttive e sicuramente più in grado di rispondere alle esigenze rieducative cui la privazione della libertà non ha saputo far fronte. Giulio Thiella
Riflessioni sulla teoria della decrescita di Serge Latouche
“L’economia è una menzogna, come mi sono accorto che il mondo si stava scavando la fossa”
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l contesto è quello della quarta edizione del Trentino Book festival TBT 2015, tenutosi nella splendida cornice del comune di Caldonazzo in Provincia di Trento, che quest’anno ha deciso di dare anche un taglio dedicato alla sostenibilità invitando il massimo esperto ed esponente contemporaneo del movimento per la decrescita Serge Latouche: “L’alternativa a quella economica esiste, ma bisogna cambiare prospettiva rispetto al modello del capitalismo e dal consumismo sfrenato”. Sono le 18.30 passate, in un palazzetto dello sport gremito di persone, quando arriva Serge Latouche per presentare il suo ultimo libro: “L’economia è una menzogna, come mi sono accorto che il mondo si stava scavando la fossa”. Edito da Bollati Boringhieri nel 2014, è il frutto di un intelligente intreccio tra tre diverse interviste rilasciate dall’autore a cavallo tra il 2010 e 2013 in Italia e Francia. Con eleganza e senso critico l’autore racconta il suo percorso di consapevolezza verso la necessità di un mondo più giusto in cui i valori contemporanei del consumo e dello spreco vengano superati per lasciare spazio a modelli alternativi. Scompaiono i concetti di sviluppo senza fine e massimizzazione del profitto col ripensamento del modello economico occidentale. Questa genesi, rappresenta per Latouche l’unica via
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Sopra la copertina del libro. A fianco Serge Latouche prima del suo intervento al TBT 2015 a Caldonazzo
di salvezza per non cadere tutti nel baratro dell’opulenza, che porta irrimediabilmente al depauperamento delle risorse terrestri. Nonostante un percorso accademico dedicato al diritto nella sua definizione a indirizzo economo, l’autore matura al contempo un’interesse per la sociologia e l’antropologia che lo porteranno a lavorare come cooperante in Africa e nel Sud Est Asiatico. L’esperienze del Congo e del Laos rappresentano per lui un profondo cambiamento
nell’approccio alla società nel suo complesso. Al di là e ancor prima dei problemi economici, si intravedono questioni più urgenti che legano indissolubilmente il mondo umano al contesto ambientale. Fino agli anni ‘60 la scienza economica era considerata una sottocategoria del diritto, al punto che in Europa se volevi studiare quella che oggi si definisce Economia, ti dovevi iscrivere alla facoltà di Diritto e seguire un corso specifico. Questa curiosità, è riportata nel libro dall’autore per far notare
che sono passati relativamente pochi decenni, dal ‘68, anno in cui viene istituito il primo corso di laurea tutto dedicato alle Scienze Economiche. Ci racconta di come l’economia sia passata dagli Istituti finanziari alle aule universitarie con estrema facilità e da lì nella vita odierna di tutti. La sua legittimazione come unico strumento di gestione delle risorse su scala globale la eleva a Dio ex macchina del mondo contemporaneo. Oltre a questa visione di fondo, Latouche ci racconta dell’attuale “neocolonizzazione” che i paesi del Terzo Mondo stanno subendo da parte dell’Occidente. Una delle smentite più grandi subite dagli economisti e analisti finanziari, è stata l’incapacità di prevedere il limite delle risorse materiali e finanziarie del nostro pianeta e della nostra società. Questo rappresenta il grande tema trattato nella sua teoria che lui definisce “a-economia”, la sua negazione per immaginare un mondo davvero sostenibile. Leggendo altre sue opere si intuisce vividamente l’astio maturato verso ciò che lui definisce un falso mito moderno: quello dello “sviluppo sostenibile”. Una menzogna che mira a lasciare le cose come stanno, dandogli solamente una veste di sostenibili-
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tà che non può co esis tere co n l’idea di sviluppo. “Sviluppare la sostenibilità,...”, suggerisce l’autore, è il principio che deve ispirare. Non ci può essere sostenibilità se l’idea di sviluppo non cambia. Le persone sono sempre più lontane dal loro luogo di origine e ricercano la loro pulsione verso la socialità nelle grandi distese di cemento strade e case, quelle megalopoli senza inizio e senza fine in cui c’è tutto ciò di cui necessitiamo. Forse nell’idea dell’autore queste grandi città devono sempre più assomigliare a delle foreste, tornare allo stato naturale in maniera consapevole. Gestire le risorse distribuendole secondo equità, abolire lo spreco, riportare la moneta a livello locale attraverso un credito cooperativo e un microcredito che conoscano i luoghi in cui gli si chiede di investire, rappresentano solo alcune delle suggestioni riportate in questo scritto. Ciò che si deve correggere è il modello economico, attraverso un approccio nuovo che recuperi saperi e tradizioni in un’ottica di stretta collaborazione con la natura. Il libro, controverso per certi aspetti, regala certamente spunti di riflessione e azione per recuperare del senso civico o almeno di responsabilità verso la realtà ambientale e sociale a cui siamo indissolubilmente legati. Lorenzo Pupi
I N T EG R A Z I O N E / I N C LU S I O N E
Quando l’animale è il protagonista che aiuta a migliorare la vita delle persone in difficoltà
Il parco OIPA e la pet-therapy
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e due interviste seguenti sono il risultato di un lavoro fra l’Associazione OIPA e l’Associazione Onlus Zampa Amica che hanno in comune il bene degli animali e credono nel loro aiuto per il benessere delle persone specialmente quelle che hanno delle difficoltà. Nasce dall’intesa, dalla fiducia e soprattutto dalla stessa vera passione per gli animali che Ornella Dorigatti (OIPA) e Katia Bertoldi (Zampa Amica) condividono e dalla loro voglia di incontrarsi e programmare insieme delle attività.
Presso il parco OIPA con Katia Bertoldi.
Intervista a Ornella Dorigatti Come è nata l’idea del parco OIPA? L’idea è nata con l’intento di riqualificare un’area oggi divenuta luogo di abbandono di rifiuti per realizzare un’area verde dedicata al benessere degli animali. Il parco dovrà con il tempo divenire anche uno strumento di diffusione di una nuova cultura più rispettosa dell’ambiente e degli animali. L’area di circa 4 ettari è situata nelle vicinanze dell’abitato di Mattarello ed è stata ceduta in gestione all’OIPA - Associazione di Protezione degli Animali dalla Fondazione Crosina Sartori di Trento. Il Parco è stato inaugurato lo scorso 19 giugno. Proponiamo l’organizzazione di alcune aree inerenti la gestione del parco e presidiate da volontari quali: l’Area Viola, che racchiude tutte le funzioni amministrative e organizzative del parco; l’Area Verde, ossia la cura del verde del parco; l’Area Blu, per la progettazione, promozione e realizzazione da parte dei volontari dei diversi percorsi didattici; l’Area Marrone, si occupa della costruzione e manutenzione delle attrezzature e dei percorsi; l’Area Gialla, dedicata alla coltivazione dove è prevista anche la realizzazione di un piccolo orto con finalità didattiche ed infine quella su cui si concentra la nostra attenzione che l’Area Rossa: che raccoglie tutti gli eventi e le attività svolte con gli animali all’interno del Parco come la pettherapy. Quali iniziative o programmi pensate di realizzare nel futuro? Uno degli aspetti innovativi del progetto è il coinvolgimento attivo di alcune
persone con disabilità seguite da Anffas Trentino con la quale vogliamo costruire un gruppo OIPA che si occupi nello specifico delle gestione del Parco con il coinvolgimento di alcune persone con disabilità.
Intervista a Katia Bertoldi Qual è il ruolo di Zampa Amica Onlus in questo nuovo parco? L’associazione Onlus Zampa Amica si occupa di attività, terapia ed educazione assistita dall’animale, fondamentale la presenza e la collaborazione in parallelo di tali attività in una realtà che si occupa di animali come l’associazione OIPA. Ruolo ineccepibile per la nostra associazione divulgare la conoscenza e soprattutto l’importanza della presenza e del sostegno dei nostri amici a quattro zampe nella realtà quotidiana. Verranno realizzate attività incentrate sulla Pet Therapy? Ci parli della Pet Therapy che voi adottate. Da quanto tempo vi impegnate in questa attività? L’associazione Onlus Zampa Amica opera in tutto il territorio del Trentino dal 2010, anno in cui è stata istituita. Si occupa principalmente di favorire ed elevare il benessere del
fruitore attraverso l’avvicinamento, l’interazione e la presenza dei nostri amici a quattro zampe. Si collabora con diverse tipologie di animali quali i cani di, gatti, coniglietti, porcellini d’India è un mini cavallo, tutti educati e preparati attraverso metodi educativi dolci per poter raggiungere obiettivi finalizzati ad ogni paziente. Al parco OIPA di Mattarello ovviamente il lavoro sarà destinato esclusivamente ai fini della Pet Therapy dove verranno finalizzati progetti individuali e di gruppo (gruppi scolastici). La metodologia sulla quale Zampa Amica si basa principalmente è sugli effetti benefici prodotti dalla presenza di un animale, definito con il termine anglosassone di “Pet Therapy”, cioè terapia assistita dall’animale finalizzata ad un miglioramento delle condizioni fisiche, emotive e sociali delle persone a cui è rivolta. L’animale, diventa un mediatore relazionale, in quanto, attraverso esso si entra in relazione solamente attivando la parte emotiva che spinge a generare nuovi schemi di adattamento e/o migliorare quelli già esistenti. Perché gli animali come i cani (e non solo) possono essere una cura per le persone che stanno male, per gli anziani e persone diversamen-
te abili? Ovviamente poterei essere di parte, ma ormai la Pet Therapy è diventata una terapia dolce riconosciuta recentemente anche dal Ministero della Sanità; studi e ricerche a livello Internazionale hanno dimostrato gli effetti benefici di tale terapia. Il contatto fisico con l’animale innesca una serie di reazioni che dal punto di visto clinico si traducono in: - riduzione della pressione arteriosa - diminuzione della frequenza respiratoria - rallentamento del ritmo cardiaco. Il legame molto stretto tra emozione, benessere e salute è correlato ad un aumento dell’umore. Un aumento del benessere porta anche ad un aumento delle endorfine, responsabile a determinare un generale piacere e benessere della persona. La partecipazione alle seduta con un animale, suscita un forte stimolo psicologico che coinvolge diversi settori della psiche umana: comportamento sociale e meccanismi di relazione componenti caratteriali ed aspetti cognitivi. Molto importante l’aspetto ludico; il divertimento e non raramente il ridere, aumenta il buonumore, predispone alla socializzazione, rinforza l’attività fisica, aumenta i meccanismi di difesa organici e di conseguenza potenzia
le probabilità di guarigione. La componente fisica della Pet Therapy è indubbiamente importante e viene sfruttata in vari modi; infatti sul piano dell’esercizio fisico la presenza di un animale, in pazienti con difficoltà, favorisce l’attività motoria: spazzolare, lanciare la pallina, nutrirlo sono attività che richiedono un evidente impegno. Per le categorie sopra citate l’avvicinamento alla Pet Therapy risulta essere importante; i benefici si possono oggettivamente riscontrare sia a livello fisico ma anche e soprattutto a livello psicologico, contribuendo ad un miglioramento della percezione di sé e ad un aumento del livello di socializzazione. Induce quindi la persona in esame ad uscire dai propri problemi, dai propri schemi ad interessarsi all’animale In trentino crede che sia possibile far nascere un nuovo modo di intendere la cura in parallelo alla medicina tradizionale? Dallo scorso anno l’associazione Onlus Zampa Amica sta collaborando con il Day Hospital pediatrico dell’Ospedale Santa Chiara di Trento. Principalmente, per il momento vengono coinvolti bambini affetti da malattie rare e oncologiche. Dato i grandi obiettivi raggiunti è ovvio che il nostro intento è quello di voler far conoscere e rendere sperimentale in Trentino, tale progetto come riconoscimento efficace per tale tipologia di terapia. Spesso i bambini e gli adolescenti ricoverati nei reparti di pediatria, costretti a brevi o lunghe degenze, sono esposti a numerosi rischi psicopatologici, quali crisi d’ansia, depressioni, disturbi del sonno e dell’alimentazione. La frequentazione e l’interazione con alcuni animali durante queste degenze può seriamente contribuire al superamento di questi stati patologici, aiutando ad alleviare la noia del ricovero, dando vita a momenti di giuoco ed ilarità, infondendo tranquillità e sicurezza. Grazie al rapporto con l’animale, che è spontaneo perché questo lo accetta incondizionatamente, il bambino si mostra spesso in sua presenza più disponibile ad interagire con il terapeuta, ad aprirsi, a confidare le proprie paure, le sue ansie. Olga Paris
“Niente più vergogna e paura di sporcarsi conoscendo le nefandezze della parte della mela poco attraente...”
Disabilità e Società: sono ancora molti i traguardi da raggiungere verso una reale parità
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a valutazione relativa alla disabilità ed alle sue problematiche può essere fatta da chi si occupa professionalmente del mondo disabile come operatore, ma anche da chi, normodotato o disabile, manifesti un minimo di sensibilità verso i propri simili. La prima nota che salta all’occhio dell’osservatore è la condizione di svantaggio in cui ci troviamo noi che abbiamo un handicap dalla nascita, per una malattia o per un incidente. Se ci soffermiamo semplicemente sull’etimologia del termine “handicap” vediamo che già di per sé partiamo svantaggiati. Nell’evoluzione del mondo societario sono stati fatti dei passi in avanti a partire dalla inutile e sterile trasformazione della parola handicap: evolutasi in “diversamente abile” ma diversamente abile da che? Chi mi dice cosa sia abile e corretto? A mio parere il fatto che più individui camminino con una data postura non vuol dire che loro siano abili e altri no. L’utilizzo della moderna glottologia del suffisso dis- sta ad indicare mancante di qualcosa, già di per se ci condanna ad essere svantaggiati. Non è importante come ci chiamano ma come ci trattano... siete d’accordo? Ognuno di noi abile o disabile porta con se un mondo fatto di emozioni, di sentimenti, di rapporti parentali, di professionalità di sogni e di spe-
ranze. Speranze che spesso vengono disattese in questa società biecamente consumistica e
ostinatamente, patinatamente finta. Stereotipi di bellezza e di magrezza, stereotipi di griffe ondulanti su passerelle che offrono improbabili esempi da seguire per la gente comune che vive, va al mercato, entra ed esce dalla banca e si reca dal panettiere. Disabile e società? Due termini in antitesi, antesignani rispetto a questo credo comune. Spesso ci si dimentica, chiusi nel nostro mondo perfetto o perlomeno perfettibile, che a volte si può creare un mondo migliore e quindi una società più vivibile per le “due parti della mela” solo attraverso la conoscenza e l’accettazione incondizionata l’una dell’altra. Non più vergogna e paura di sporcarsi conoscendo le nefandezze della parte della mela poco attraente. Non più vergogna e paura di conoscere e svelare chi è diverso da noi. Disabile è vita, disabile è normalità. La condizione mentale aprioristica che erge muri su chi non si conforma alle regole societarie deve essere abbattuto, questa è l’unica considerazione che può arricchire la nostra moderna società. Esseri umani, mondi paralleli sempre e comunque, situazioni di coesistenza e di rispetto, tutti uguali e nessuno uguale, tutti perfetti e nessuno perfetto.
pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | agosto 2015 - n. 4
Cominciamo la vedere la disabilità per ciò che è: una situazione condivisa da una moltitudine di persone silenti e ben educate, non mi sembra di ricordare che mai un gruppo di disabili abbia provocato tumulti o abbia aggredito per la strada dei propri simili solo per il piacere di trascorrere una serata diversa, un po’ annoiati dalla normale routine della vita. Disabile è silenzio, disabile è maturità di fronte ad una condizione tremendamente dolorosa e decorosamente vissuta. Disabile è “fatica di vivere” ma è anche maturità nell’affrontarla a testa alta. Ricordate quanti disabili si sono suicidati? Siamo forti ed a volte non sappiamo nemmeno di esserlo. Dal principio di non discriminazione sancito dal trattato di Amsterdam all’13, dovremmo tentare di ripartire facendo un salto di qualità. Nuove politiche sociali, nuove iniziative volte a migliorare la nostra vita socio-culturaleesistenziale; se poi questo moderno ed evoluto trattato dovesse restare lettera morta, come le nostre pensioni, allora continuiamo a vivere come abbiamo sempre fatto sapendo però che l’altra parte della mela poco ci sopporta. La “Città dei sogni” di Hobbes in effetti è rimasta lettera morta per i normodotati, figuriamoci per noi disabili. Paola Maria Bevilacqua
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