BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO VI - DICEMBRE 2016 - ANNO XVII - 99° NUMERO PUBBLICATO
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PROGETTO DI GIORNALE
Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R.
La casa di Pino
Plan:B Sailing
La redazione di pro.di.gio Il progetto che portò alla creazione della prima casa domotica in Trentino
16 anni dedicati a dar voce a chi prima non l’aveva
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La sedia di cartone Il sogno di due ragazze solca le acque del Garda sospinte dalla passione per la vela pagina 8
Continua il viaggio alla scoperta di terre lontane e storie di migrazione pagina 11
Ci hai insegnato ad amare la vita
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ra l’autunno 1999 e la primavera 2000 mi sono trovato chiamato dal centro ITARD e dalla Cooperativa SAD - a tenere a Trento un corso di giornalismo a un gruppo di giovani disabili, con disagio psicologico e sociale, studenti e disoccupati: Pro.di.gio. per dire Progetto di Giornale. Un bell’unicum nella mia esperienza giornalistica e, molto aldilà del facile gioco di parole, risulterà davvero prodigioso: fui gratificato dall’incontro con un gruppo di persone interessate e interessanti, appena finito il corso ne nacquero una Onlus e un giornale che c’è ancora e si chiama ancora Pro.di.gio. anche se potrebbe fare a meno dei tre puntini, perché non è più un progetto ma una realtà consolidata da più di 15 anni di vita, essendo uscito con il primo numero già nel maggio 2000. Chi purtroppo non c’è più è Giuseppe Melchionna, il Pino che di tutta quest’esperienza è stato in gran parte promotore, portavoce, trascinatore... uno capace e pronto a occuparsi di tutto. Mi colpiva ogni volta come i suoi “dai!” trentini diventassero dei “daaiì!!” con più vocali e più punti esclamativi, inviti pacati ma non per questo meno determinati a fare di ogni discussione un’occasione costruttiva, a cercare di realizzare gli obiettivi piccoli e grandi in ballo. Si è formato un primo gruppetto che con entusiasmo e passione ha fatto superare al giornale l’inerzia e i pericoli dei momenti iniziali; presentandoli come si fa con i musicisti sul palco: Pino all’amministrazione, pubbliche relazioni, rapporti con istituzioni, scuole ed altro; Ugo Bosetti alla tastiera a scrivere con verve e un suo stile ficcante; all’impaginazione e alla messa in rete Carlo Nichelatti pratico del web quando lo erano ancora in pochi. Ogni volta che sono stato a Trento sono tornato a casa arricchito e più coraggioso per il coraggio e l’intelligenza di quei ragazzi in carrozzina, diversamente abili nel senso di più abili di tanti altri apparentemente senza handicap che ho conosciuto e conosco. Posso qui citare solo un paio dei momenti più significativi vissuti. Il mio stupore, quando Pino mi portò a visitare la casa domotica in cui era andato ad abitare, e la sua soddisfazione, non per sé ma per la battaglia vinta a favore dell’handicap, esempio di quanto di più sarebbe possibile fare ma, per un motivo o per l’altro, non si fa. Pino non si lasciava mai prendere dallo sconforto o dalle difficoltà e continuava a pungolare amministratori e politici, a cercare sostenitori e soprattutto a incontrare i ragazzi nelle scuole per parlare contro l’abuso di alcol, delle droghe, contro la velocità alla guida raccontando a monito la sua storia, fiducioso nella politica dei piccoli/grandi passi. E sempre con immutata fiducia nel suo Pro.di.gio. per il quale ha continuato a cercare sponsor e nuove ‘penne’ tra i giovani del volontariato civile, rampa di lancio per giornalisti pubblicisti sensibilizzati alle problematiche della disabilità e del disagio. E poi ricordo il concerto tenuto dal cantautore sassolese e mio concittadino Pierangelo Bertoli al Teatro auditorium Santa Chiara il 25 gennaio 2002: un grande evento per l’Associazione Pro. di.gio. Onlus che l’aveva organizzato e promosso; per il giornale; per i ragazzi e per Pino che l’aveva fortememte voluto confidando in un contributo al finanziamento delle attività; per la città di Trento: teatro esaurito, pubblico che cantava tutto assieme a Bertoli il quale a fine concerto, esausto ma felice, mi disse che raramente aveva sentito una platea così partecipe, calda. Se devo fare un appunto a qualcuno è a me, direttore responsabile che dopo i primi anni ho controllato e seguito il giornale da lontano... anche perchè abitavo lontano ma soprattutto perché ho sempre pensato che tanto c’era e ci sarebbe stato Pino... finché non è arrivata una telefonata a dirmi che invece se n’era già andato via con la sua carrozzina, consapevole di quanto stava per succedergli e
capace di gestirlo, emotivamente e religiosamente, a modo suo, confermando ancora una volta la sua determinazione e il coraggio. Ringraziato ancora una volta l’amico Pino per la sua amicizia e il resto e il Pino intraprendente per quanto ha fatto per l’Associazione Pro.di.gio e il giornale, un sincero “in bocca la lupo” a chi già è e a chi sarà in redazione, perché il fatto pro.di.gio.so avvenuto a Trento tra fine del secolo scorso e inizio degli anni 2000 possa continuare a essere fermento positivo per l’intera comunità trentina, e non solo. Perché questo avvenga sarà necessario non dimenticare l’esempio di Giuseppe Pino Melchionna e in particolare ricordare e soprattutto mettere in pratica l’invito categorico che Pino ripeteva in ogni occasione, ribadito fin dal numero 1 di Pro.di.gio: “Vivere da handicappati non da handicapponi... essere soggetti attivi e protagonisti della nostra vita, per trasmettere la nostra esperienza a tutta la comunità”. Il direttore responsabile di pro.di.gio. Francesco Genitoni
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olto spesso la vita delle persone disabili è condizionata da una serie di barriere fisiche e sociali che non consentono loro di vivere con pienezza i propri diritti: viaggiare, studiare, lavorare o fare sport. Giuseppe Melchionna, con grande passione civile ed instancabile impegno, ha speso la propria vita per cercare di abbattere queste barriere. Ho avuto il privilegio di conoscerlo quando ero assessore alla salute e alle politiche sociali della Provincia autonoma di Trento. Al di là di ogni retorica, posso dire che fosse, indubbiamente, un grande uomo, dotato di infinito coraggio. Mi hanno sempre colpito la sua determinazione e l’entusiasmo con cui sosteneva ogni progetto, ma anche la forza di volontà, nonostante fosse tetraplegico dall’età di 22 anni, con cui era impegnato nel sensibilizzare l’opinione pubblica, ed in particolare i giovani che spesso incontrava nelle scuole, ad un maggior rispetto verso se stessi e verso la propria vita. Se in Trentino, oggi, è cresciuta notevolmente la sensibilità nei confronti della disabilità, lo dobbiamo senz’altro anche alla sua grande generosità. Da alcuni anni stiamo lavorando affinché la nostra terra sia sempre più un luogo accessibile a tutti, senza barriere, dove chiunque possa vivere pienamente e senza limitazioni. Molte cose sono cambiate negli ultimi anni, rispetto a questa tematica, molti diritti sono ormai stati acquisiti e considerati imprescindibili anche se non bisogna mai abbassare la guardia. Siamo tutti chiamati ad un impegno che possa ulteriormente sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di combattere ogni forma di discriminazione, superando i pregiudizi culturali e incoraggiando la riflessione e la discussione sulle misure necessarie a promuovere pari opportunità. Non sono i disabili il “problema”, ma l’incapacità della società di garantire loro pari condizioni di vita. Don Lino Zatelli, parroco di San Carlo, all’indomani della sua scomparsa, lo ricordò come un “cantore della vita” oltre ogni limite. Una definizione che trovo davvero centrata. La sua storia è una fulgida testimonianza, che non dovremo mai dimenticare, perchè ci ha insegnato ad amare il prezioso dono della vita, senza dimenticare di dedicarne, almeno una parte, agli altri. Un insegna-
on la sua vita così intensa, con la passione con cui combatteva le sue battaglie (che poi erano anche nostre, erano battaglie di tutti), Pino Melchionna ha lasciato una traccia ben nitida, luminosa nella nostra comunità. Perché Pino ha fatto della sua esistenza un insegnamento, un monito gentile e insieme fermo.Pino ci ha insegnato a tenere in maggior conto le nostre vite e quelle degli altri, ad avere rispetto per noi stessi, per il nostro corpo, per la nostra salute. Pino ci ha insegnato – e lo ha ripetuto a non so quante classi in questi anni – che la bravata di una notte può costarti cara. Ma te lo diceva senza compatirsi, né recriminare. Pino ci ha insegnato che i diritti non sono tali se non sono universali. Altrimenti occorre chiamarli con un altro nome: privilegi. Quando ti segnalava un marciapiede senza lo scivolo o troppo stretto per una carrozzina era evidente che non lo faceva per sé, ma in nome di un principio, di un’idea di città inclusiva e aperta. Pino ci ha insegnato che, qualunque sia la difficoltà che la vita ti para davanti, è sempre possibile ricominciare, trovare una strada alternativa. E lui l’aveva trovata dedicandosi anima e corpo alla causa dei disabili, mobilitandosi per il diritto alla mobilità e all’autonomia, impegnandosi a sensibilizzare e informare. Durante l’annuale festa di quartiere in via Gramsci Grazie Pino perché hai reso migliore questa città. Siamo grati al destino che ci ha dato il privilegio di conoscerti e di collaborare con te. Tu che non camminavi hai portato ovunque le tue battaglie. Ora mento che dovremo tramutare in un impegno, in prima persona, cercheremo di farcene carico tutti insieme, nel tuo ricordo e per il proseguendo sulla strada che Giuseppe ha tracciato per tutti noi. bene della nostra città. Presidente Provincia Autonoma di Trento - Ugo Rossi Il Sindaco di Trento - Alessandro Andreatta
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o conosciuto Pino Melchionna per la prima volta nello scorso gennaio in occasione di un’intervista per il giornale dell’Associazione PRODIGIO. Abbiamo avuto modo di confrontarci su temi importanti e a lui L’Assessore Luca Zeni molto cari come le diseguaglianze nel campo socio sanitario, l’importanza dei progetti di “Vita Indipendente” per assicurare maggiore autonomia alle per-
sone con disabilità e quelli del volontariato quale promotore di una società sempre più attenta e inclusiva. L’incontro con Pino mi ha dato l’occasione di conoscere una persona sensibile e tenace nel condurre la sua “battaglia” per il riconoscimento del valore della persona al di là della disabilità e per la promozione ed il sostegno, all’interno delle istituzioni e della società civile, di questo valore. Mancherà di Pino questa sua determinazione, a tutti noi il compito di contribuire a portare avanti il suo impegno. Assessore alla salute e politiche sociali - Luca Zeni
IN EVIDENZA
Con la perdita di Giuseppe Melchionna abbiamo perso un “Super-Abile”
Ripercorriamo la sua storia e le sue battaglie attraverso le parole di un amico sincero, per non dimenticare quanto è stato fatto e quanto serve ancora fare
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pro.di.gio.
crivere di Giuseppe Melchionna per me è facile anche perché ho avuto la fortuna professionale e poi amicale di trascorrere con lui parecchie ore a progettare nuove idee e verificare il mare di input che lui sfornava continuamente. La festa goliardica di maturità, purtroppo, per Giuseppe si è trasformata in una vita in carrozzella quando aveva vent’anni. Passato il lungo periodo ospedaliero la vita doveva essere riorganizzata diversamente di quanto lui e i suoi amici si aspettavano. I primi problemi, dobbiamo pensare che era la fine degli anni ‘70 per cui il babbo, che vedevo tutti i giorni al Baccus da pensionato di polizia, mi partecipava ai bisogni primari della famiglia che per Giuseppe erano spese per i cateteri e i pannoloni che un tempo la Cassa Malati non passava. Il primo intervento che l’allora assessore Giuseppina Bassetti capì fu quello di impegnare la Giunta Provinciale a fornire questo tipo di ausilio a chi ne avesse bisogno. Ma Giuseppe, che io ho sempre chiamato Bepo anche quando lui mi chiamava definendosi l’handicappone, ed io con una battuta entravo nel merito della sua nuova richiesta. Con Giuseppe abbiamo sperimentato quello che oggi sono dati acquisiti, i primi principi della domotica con le imbragature per portarlo dal letto al bagno e piccolo intervento le scale, visto che lui abitava con i genitori in una casa Itea in Via Medici. Ma quello che pesava di più a Giuseppe era il rimanere in casa e non partecipare, come sua volontà alla vita cittadina. Da lì nacque l’idea della Ruota, una cooperativa per la gestione di una serie di automezzi per portare ove avessero bisogno non deambulanti. Fu un’idea di grande successo che segnò la strada per altre cooperative e associazioni non solo a livello locale. Gli anni passano e Giuseppe non si ferma dato anche il fatto che La Ruota, cambiando gestione aveva perso quel significato iniziale ed era diventata un’azienda. Nel frattempo, avendo capito che attraverso la stampa si poteva sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica sui problemi dei portatori di handicap fondò l’Associazione Prodigio con lo scopo di pubblicare un periodico che parlasse delle problematiche inerenti al disagio inizialmente di coloro che avevano problemi di movimento e poi allargare il campo di interesse a tutto il mondo del disagio. Con la collaborazione di volontari e con una sede che l’Itea aveva messo a disposizione dell’Associazione, Giuseppe Melchionna aveva iniziato anche quell’attività così efficace che era quella di recarsi nelle scuole medie
Ex Ministro Rutelli in visita alla redazione e alla casa domotica ITEA nel 2005
e superiori per illustrare, senza pietismi, ma in modo convincente per i ragazzi i danni che l’alcol alla guida poteva creare. Del resto la sua testimonianza, visibilmente percepibile, era più che un alto discorso scientifico. Nel frattempo, dalla casa madre di via Medici aveva ottenuto un alloggio in una palazzina in Via Gramsci che l’Itea aveva attrezzato con tutte le tecnologie che la domotica di allora aveva inventato. I lavori seguiti dallo staff dell’ing. Sbob responsabile tecnico dell’Itea creò un modello che fece colpo anche al Ministro Rutelli quando nel 2005 venne a Trento e visitò
la politica lo vedevano sempre occupato. Negli ultimi anni tuttavia la sua salute, già toccata dall’incidente, cominciava a segnare qualche difficoltà, dovendo poi finire in dialisi. In questo lungo periodo di lavoro Giuseppe è sempre stato affiancato da una serie di amici, funzionari provinciali e comunali compresi, che lo ricevevano e cercavano nel possibile di soddisfare le sue richieste. Preziosa in questi ultimi lunghi anni la presenza dell’amica del cuore Luciana, che nel suo ruolo di contabile cercava di far quadrare i conti nel bilancio di Prodigio, che pur non avendo personale do-
Dott. Paolo Cavagnoli in redazione a pro.di.gio. con i giovani del Servizio Civile SCUP
la struttura di Prodigio. Quindi la giornata di Giuseppe Melchionna non aveva orari, infatti tra incontri di staff con i suoi collaboratori, gli incontri scolastici e anche il suo interesse per
Proprietà: Associazione Prodigio Onlus Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Sito Internet: www.prodigio.it E-mail: associazione@prodigio.it Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana).
veva affrontare le spese per l’uscita del giornale. Molti giovani, obiettori prima, Servizio civile oggi, sono passati nella sede di Prodigio attivandosi chi a scrivere, chi a intervistare
Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Redazione: Luciana Bertoldi, Carlo Nichelatti, Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Alessandro Vanin, Martina Dei Cas, Maurizio Menestrina, Francesca Bortolin Hanno collaborato: Paolo Cavagnoli, Ugo Rossi, Luca Zeni, Alessandro Andreatta, Rino Sbob, Fabio Pipinato, Alessia Vinante, Maria Devigili, Dorotea Maria Guida, Fabiola Motta, Pierino Martinelli, Fabrizio Venturelli, Diego Freo, Chiara Soma, Diletta Lazzarotto, Gianluca Cavaliere, Gianluigi Rosa, Rosaria Zanvettor, Nicoletta Vettori, Alidad Shiri. In stampa: 1 dicembre 2016.
persone, il tutto sempre finalizzato a creare e mantenere sensibilità e attenzione verso il mondo delle persone in difficoltà. Anche la sua esperienza politica fu breve perché non eletto in Consiglio Comunale a Trento, ma il suo impegno sociale non venne mai a mancare. Ultimamente si era inventato un nuovo tipo di servizio di trasporto soprattutto serale per quelle persone che avrebbero desiderato partecipare ad un concerto, ad una manifestazione, in ogni caso non fermarsi per l’handicap che li colpiva. Vorrei chiudere questo ricordo personale di Giuseppe Melchionna ricordando due cose. La prima che La Ruota è stata una sua invenzione e come tale, anche se i tempi cambiano, il nome di Giuseppe Melchionna rimarrà sempre legato a questo strumento di aiuto per le persone in difficoltà, anche se i tempi hanno mutato, per una scelta discutibile, La Ruota in un’azienda. L’altro aspetto, che è giusto soprattutto per i giovani tener presente, era la grande fede che sosteneva e ha sempre sostenuto nei lunghi anni della sua situazione particolare e anche il messaggio che al termine delle sue lezioni lasciava ai ragazzi, quindi per me, non un “diversamente” abile era Giuseppe, ma un uomo completo che, colpito giovanissimo da una disgrazia irrecuperabile, con la fede e la voglia di vivere ha sempre dimostrato di essere non un “diversamente” abile nel senso ormai acquisito, ma un “super” abile che oggi noi ricordiamo con grande affetto. Ciao Bepo, ora senza Ruota né carrozzella puoi correre nelle vie del Cielo con le ali degli angeli. Paolo Cavagnoli
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A CC E SS I B I L I TÀ
La Casa di Pino
Il progetto che portò alla creazione della prima casa domotica in Trentino in collaborazione tra Provincia Autonoma di Trento, Comune di Trento e Itea L’Associazione PRODIGIO ha chiesto all’ITEA di poter ricordare Giuseppe Melchionna con una targa da apporre all’entrata della Palazzina numero 4 di via Gramsci 50, ove si trovano 4 appartamenti domotici. Il Presidente dell’ITEA Salvatore Ghirardini ha accolto con il Consiglio di amministrazione la richiesta e quindi la Palazzina ricorderà pro-futuro l’impegno specifico di Giuseppe per migliorare le condizioni abitative delle persone con disabilità motorie. Targa in memoria di Giuseppe Melchionna
come ottenere l’assegnazione proprio di quell’alloggio) e inoltre avere in comodato gli spazi per la sede dell’associazione. Il progetto richiedeva la condivisione (oltre che il rispetto della normativa vigente), da parte della Provincia, del Comune di Trento e dell’Itea. In quel periodo (fine anni 90) l’Itea, sulla spinta della presidente arch. Elena Defant, era impegnata nella realizzazione di alloggi dotati di strumenti domotici per facilitare la permanenza degli anziani nella loro abitazione e ritardare l’inevitabile ricovero nelle RSA: per noi tecnici, il progetto era stimolante e ci costringeva ad aggiornarci. A quel primo incontro con Pino Melchionna ne sono seguiti numerosi, alcuni tecnici su come risolvere questo o quel problema, altri di condivisione umana. Nel frattempo gli amici che avrebbero dovuto condividere l’alloggio si erano defilati, non se l’erano sentita di superare le preoccupazioni delle famiglie per la loro richiesta di vivere in completa autonomia. Pino è rimasto così da solo ma, pur sottolineando la preoccupazione di sua madre e il reciproco affetto, non ha mollato di un millimetro il suo sogno di vita indipendente. I progetti sono fatti per essere realizzati: sul piano tecnico (e umano) i miei colleghi, in particolare l’arch. Paolo Bandera, l’ing. Ivano Gobbi e il geom. Paolo Trentini si sono adoperati per realizzare al meglio e con spese contenute sia la “Casa di Pino” che la sede dell’associazione Prodigio. Ma il merito è tutto di Pino Melchionna che ha scalato gli ascensori di Itea, Comune e Provincia riuscendo a far condividere il progetto, superare le burocrazie e a far sentire un po’ nostro il suo sogno. Bravo Pino.
La casa domotica gli permetteva di svolgere una vita indipendente
MARKETING SAIT
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ino Melchionna aveva molti sogni, molti si sono spezzati nell’incidente d’auto che lo ha reso tetraplegico: ma lui, pur fra mille difficoltà, li ha cambiati e, anche se diversi, molti sogni gli sono rimasti. Un giorno sulla sua “due ruote” spinta da un obiettore civile è entrato nel mio ufficio all’Itea: a conoscenza che in via Gramsci sarebbe stato costruito un complesso residenziale ITEA, ha esposto il suo progetto: realizzare un alloggio collettivo “protetto” in cui alcune persone con handicap motori potessero andare a vivere insieme, in completa autonomia dalle famiglie. “Siamo almeno in tre e vogliamo essere indipendenti dalle famiglie… abbiamo bisogno di un appartamento adeguato e appositamente studiato dove ci sia una parte comune (sala e cucina) dove stare insieme e le stanze in cui uno possa stare da solo”. Stiamo costituendo un’associazione per servizi perché vogliamo essere autonomi anche come lavoro...”: più o meno sono state queste le parole usate da Pino per esporre con lucidità il suo disegno. Spiegava le cose con pacatezza e dolcezza ma lasciava trasparire una volontà e una determinazione fuori dal comune. “Utilizzando la legge nazionale di sostegno alle persone non autonome con gli altri amici possiamo mettere in comune ad esempio l’utilizzo degli obiettori garantendo così la presenza costante di almeno una persona nelle 24 ore “. Si capiva che Pino a quel progetto ci aveva pensato molto, richiamava qualche parziale esempio in corso in giro per l’Italia e la sua determinazione non lasciava spazio a tentennamenti: “si può fare, si deve fare”. Il progetto non era semplice da realizzare: da una parte bisognava superare gli aspetti tecnici, per certi versi i più facili, dall’altra gli aspetti amministrativi (ad esempio
Rino Sbop già dirigente Servizio tecnico ITEA Trento, 7 novembre 2016
Prove tecniche durante l’inaugurazione della casa domotica
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L A R E DA Z I O N E
Gli amici, collaboratori e volontari della redazione ti ricordano
16 anni di storie ed esperienze che raccontano l’Associazione PRODIGIO, e questo è stato possibile grazie a tutti quelli che ci hanno creduto e che continuano a crederci
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la prima volta che mi si chiede di scrivere qualcosa per una persona che non c’è più. Quindi non so neppure da dove incominciare. E’ un po’ come quando ho scritto il primo articolo per Prodigio: “da dove inizio?” mi chiedevo. Eppure, è strano, ci sono così tanti ricordi che è difficile condensarne uno solo. Per questo ora mi fermerò solo su due ricordi. Il primo e l’ultimo ricordo che ho di Pino. Il primo. Anno 2003, in un bar della Clarina, la prima volta che ci siamo visti. Accadde perché avevo risposto ad un annuncio appeso alla bacheca dell’Università: cercasi volontarie aspiranti giornaliste. Pino mi spiegò che si trattava di Servizio Civile, fino ad allora non era mai stato aperto alle donne. Di quell’incontro ricordo il suo inseparabile berrettino, la sua sicurezza, il suo essere vulcanico. Da lì a poco scoprì anche che non appena aveva un’idea, cercava di metterla in pratica. Per questo a me sembrava in un certo senso un uomo d’affari. La sua intraprendenza lo ha portato a fare molte cose e credo che ne avrebbe fatte molte di più se solo ne avesse avuto il tempo. Aveva anche una parte fortemente introspettiva, legata alla fede. Quella parte la lasciava intravedere solo a volte, non amava sbandierarla in modo plateale. E poi c’era il Pino “comico”, chi non si ricorda il suo neologismo “handicappone” ? Ironico e autoironico, sempre con la battuta pronta, capace di sdrammatizzare in ogni occasione, come ad esempio nel caso di certe atmosfere iperformali (capitava spesso ai tavoli della Provincia). E veniamo all’ultimo ricordo. Poco meno di un anno fa, al telefono, per scambiarci gli auguri di Natale e per concordare un articolo su Prodigio. La cosa strana è che non ricordo molto di quella telefonata. Avevo il proposito di andare a trovarlo ma in Trentino ci tornavo, ci torno, poco. Non pensi mai che quella è l’ultima volta che lo sentirai e se anche lo sapessi forse non diresti nulla di sensato. Anche perché il senso non è facile trovarlo, io lo sto ancora cercando. Ma credo che Pino lo avesse già trovato, un bel po’ di tempo fa.
La redazione e i suoi collaboratori nel 2015
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ino, ci siamo conosciuti più di 25 anni fa, io avevo da poco tempo avuto l’incidente e restavo in casa, arrabbiato con il mondo, in imbarazzo per la mia nuova condizione. Un giorno, non ne ricordo il motivo, sei venuto a trovarmi per farmi coraggio, per dirmi che la vita non era finita, ma che sarebbe stata diversa. Così è nata un’amicizia. Tu eri invalido già da molto tempo e avevi appena creato la cooperativa La Ruota. Io ero un adolescente che doveva finire le scuole superiori e proprio grazie a quel nuovo strumento di trasporto ho potuto frequentare e finire gli studi senza gravare eccessivamente sulla mia famiglia. Da diretto conoscitore della disabilità, avevi la tenacia e la capacità di trovare le soluzioni e di renderle disponibili a tutti. Un pioniere che affronta situazioni ostili ed inesplorate per far strada a coloro che verranno dopo. Lo hai fatto con la cooperativa la Ruota, con l’associazione Prodigio e con gli appartamenti domotici quando la domotica era “roba da film di fantascienza”. Con la tua testimonianza, non solo nelle scuole, hai aperto gli occhi e le menti a tanti ragazzi, mettendoli di fronte alla disabilità, un mondo per molti sconosciuto. Raccontavi la tua storia per far capire che la vita è preziosa,che va rispettata, che basta una sciocchezza per metterla a rischio e che il divertimento non può prescindere dalla sicurezza. Ora sono qui a salutarti ancora una volta. Sono sicuro che il Signore ti ha accolto tra le sue braccia come un figlio che ha usato con profitto i propri talenti e che nella vita ha cercato solo di fare del bene. Ciao Pino, mi mancherai tanto.
Maria Devigili In primo piano i soci fondatori dell’Associazione PRODIGIO
Carlo Nichelatti
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i faceva pensare, arrabbiare, discutere, ridere, scrivere, parlare, innervosire, guardare, capire, empatire, mangiare, guidare, capire, condividere, curiosare, sentire, suonare, impaginare, lavorare, oziare, iniziare e finire. Penso proprio che mancherai Pino. Fabrizio Venturelli Ex volontario Servizio Civile
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i sono commossa e addolorata per la spiacevole notizia della perdita di Pino Melchionna. Purtroppo io non ho conosciuto personalmente Pino, ci siamo scritti delle e-mail e ci siamo intrattenuti alle volte al telefono. Ma egli ha avuto grande merito di avermi trasformato da scribacchina di poco conto in provetta giornalista freelance.Con gli articoli che ho scritto per Pro. di.gio ho scritto il mio primo libro, ossia una raccolta di interviste ad amici e conoscenti disabili dal titolo “Ops... ho scordato la disabilità a casa” Gliene sarò sempre grata. Esprima il mio cordoglio ai suoi familiari ed amici più cari. Ringraziandola, la saluto. Dorotea Maria Guida
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pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | DICEMBRE 2016 - n. 6
SCUOLA
Il mondo della scuola lo ringrazia
Dalla sua esperienza sono nati tanti servizi alla persona e progetti di sensibilizzazione nelle scuole
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o conosciuto Pino Melchionna nel marzo 1990. Stavo cercando lavoro e avevo letto sul quotidiano l’Adige di Trento di una nuova cooperativa sociale che si proponeva di aiutare le persone con problemi di deambulazione a spostarsi sul territorio. Non solamente per andare al lavoro o per cure sanitarie, ma anche per andare al cinema, in pizzeria o a trovare un amico. Mi sono presentato presso la sede della cooperativa La Ruota (in Via Degasperi 59) dove ho trovato i soci fondatori, tra cui Pino, il Presidente. Con entusiasmo Pino Melchionna mi ha raccontato che l’idea della cooperativa era nata da un suo bisogno di acquisire maggiore autonomia, senza dovere sempre dipendere dai favori dei familiari e degli amici ma che era però anche il bisogno di molte persone che come lui, per malattia o infortunio, si erano ritrovate su una sedia a rotelle, giovani o meno giovani, ma comunque con la voglia di vivere. Dopo alcuni mesi di tirocinio, mi ha assunto come autistaaccompagnatore. Da quel giorno, per una decina d’anni, ci incrociavamo quasi quotidianamente. Nella sua veste di Presidente della cooperativa La Ruota, che nel breve volgere di alcuni anni si andava sviluppando sul piano dimensionale, territoriale e nella tipologia dei servizi offerti; e come utente del servizio di trasporto ed accompagnamento. Pino stesso utilizzava in prima persona questo servizio per andare in cooperativa, a messa, a trovare i suoi molti amici o a parlare con i politici e gli amministratori locali per proporre innovative soluzioni per aumentare la qualità della vita di anziani e persone con varie forme di disabilità; ma era anche un amico, con il quale scambiare due parole, bere un caffè al bar e commentare le gioie e le fatiche del vivere. Dal 2000 in poi ci siamo visti meno assiduamente. Io impegnato in un nuovo lavoro; lui nell’avvio e nel consolidamento di un’altra sua “creatura”, l’associazione PRODIGIO con la quale proseguiva la sua attività di promotore di iniziative di sensibilizzazione rispetto alle tematiche della disabilità. Le nostre strade si sono nuovamente incrociate a partire dal 2010, quando con sorpresa l’ho incontrato nelle aule del Centro di Formazione professionale Enaip di Villazzano – dove attualmente lavoro − impegnato come testimone nel modulo denominato “Educazione della responsabilità”. Da allora, quasi ogni anno, veniva a scuola per parlare ai nostri studenti e raccontare la sua storia: la dinamica del suo incidente, la lunga degenza, la riabilitazione e il ritorno a casa; l’arrivo al bivio tra il lasciarsi andare o l’essere utile ad altre persone nella sua situazione. Incontri che non vertevano solo sulla (necessaria) sicurezza stradale. Ma soprattutto su domande di senso, che distinguono l’essere umano e che catturavano l’attenzione anche dei nostri studenti più refrattari alle attività d’aula. Un grazie di cuore a Giuseppe Melchionna, che ha fatto nascere la prima cooperativa di trasporto disabili del Trentino, l’Associazione PRODIGIO, e poi la sua casa domotica, abitata e non costruita per scopi puramente didattici, e tante altre iniziative di cui è stato promotore e anima pulsante. Diego Freo
Quest’ anno durante una visita degli studenti alla redazione in via Gramsci
Il Don Milani” di Rovereto lo ricorda
Ad ogni incontro con gli alunni diceva sempre: “Sulle strade, vi prego, rispettate la vita”
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settembre, come tutti gli anni, ho telefonato in sede dell’Associazione Prodigio, per riprendere gli abituali contatti con Pino, che da parecchi anni invitiamo nel nostro istituto a portare la sua preziosa testimonianza agli studenti. Una gentile signora mi ha informato che era impossibilitato a venire a causa delle sue gravi condizioni di salute, ma io non ho avuto coraggio di indagare più a fondo. Speravo che nel giro di qualche settimana si riprendesse e potesse ritornare alla sua normale attività, invece pochi giorni dopo ho saputo dal giornale la notizia della sua morte e sono rimasta di sasso. Nonostante i rapporti tra noi fossero di natura “professionale” e si limitassero alla programmazione di questi incontri, ormai, dopo parecchi anni, quando ci sentivamo per telefono, o negli scambi di e-mail, o quando ci incontravamo per i corridoi della scuola non mancavamo mai di usare un tono affettuoso e amichevole, dimostrando sensibilità e interesse reciproco nei confronti dei nostri rispettivi problemi di salute o di carico lavorativo. Tutto il personale della scuola (bidelli, segretarie, tecnici) lo accoglieva ormai come uno di casa e si mostrava sempre disponibile nell’accontentare le sue esigenze, non potendo se non rispondere con gentilezza alle sue sempre gentili richieste. La dirigente dava ormai per scontata la sua presenza, anno dopo anno, condividendo appieno il valore della sua azione di sensibilizzazione nei confronti della disabilità e di prevenzione degli incidenti stradali dovuti al consumo di alcolici. Generazioni di studenti hanno avuto la possibilità di ascoltare la sua testimonianza che, grazie alla pacatezza nel rievocare le sue vicende e al coraggio dimostrato lungo l’intera sua vita, suscitava attenzione e rispetto anche negli adolescenti, di solito piuttosto esuberanti. Il messaggio lasciava il segno, specialmente se alcuni insegnanti, come la sottoscritta e molti altri, al termine dell’incontro, facevano scrivere alcune righe (o il classico tema) di riflessione, a partire magari da alcuni articoli scritti da Pino e usciti in passato sul giornale. Ne ricordo uno in particolare, dal titolo molto significativo che può essere considerato il messaggio che lui lascia in eredità ai giovani: “Sulle strade, vi prego, rispettate la vita”. Rosaria Zanvettor Referente per i progetti di educazione alla salute Istituto “Don Milani” di Rovereto
Il pensiero di un’insegnante..
P Durante uno degli incontri a scuola per il progetto di sensibilizzazione al non abuso di alcool e droghe alla guida
er noi era il sig. Melchionna, con pacatezza e gentilezza entrava nelle classi con quella sua carrozzina che metteva un po’ in soggezione gli studenti. Nella sua cordiale conversazione con i ragazzi lasciava un segno, con molta dignità raccontava la sua esperienza cercando di dispensare anche qualche consiglio. Toccava i sentimenti, per questo gli studenti, non proprio sempre attenti alle lezioni dei docenti, lo ascoltavano con rispetto, incuriositi e stupiti dal suo coraggio e da tanta forza d’animo. Con tenacia e volontà sperava di trasmettere la sua voglia di vivere, anche se traspariva la sofferenza di non poter essere del tutto indipendente. Voleva che il suo incontro finisse sempre con una bella foto ricordo. Come il nome della sua associazione … Era un vero PRODIGIO!!! Nicoletta Vettori
pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | DICEMBRE 2016 - n. 6
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IL TUO AIUTO È IMPORTANTE VERSA UN CONTRIBUTO
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LA SOLIDARIETÀ NON TREMA
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L’accoglienza a Trento: una rete che va oltre l’emergenza freddo
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l piano di accoglienza predisposto dal Comune di Trento, in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento, prevede per la stagione invernale, da novembre ad aprile, un incremento di 97 posti. Si tratta in particolare di 12 posti destinati a donne, gestiti attraverso il contributo di associazioni di volontariato, e 85 per uomini, di cui 43 gestiti da associazioni di volontariato. Il numero complessivo di posti per l’inverno si assesta dunque su 202 unità anche per quest’anno.Diversi i soggetti coinvolti nella gestione: Fondazione Comunità solidale per i posti presso il Portico di Rovereto, Casa di accoglienza Bonomelli, Casa della Giovane per l’accoglienza femminile, cooperativa Villa S. Ignazio per i posti di emergenza sanitaria o convalescenza, cooperativa Punto d’incontro per la gestione dell’accoglienza invernale in via Borsieri presso la struttura messa a disposizione dalla cooperativa Spes, Trentino Solidale per la gestione dell’accoglienza invernale di Casa Papa Francesco in via Santa Croce, Associazione amici dei senza tetto per la gestione dell’accoglienza invernale di Casa Paola e Casa Maurizio, che rimangono aperti nel restante periodo dell’anno con fondi privati. Se nelle stagioni 2010/2011 e 2011/2012 sono stati aperti per brevi periodi nel corso dell’inverno servizi di accoglienza in emergenza, nel corso degli anni si è intensificato il lavoro per il passaggio ad altri tipi di progettualità, sperimentando anche nuove forme di coinvolgimento degli “utenti esperti” attraverso un rapporto alla pari. Ne sono un esempio i servizi di Casa Briamasco e Casa Orlando, attivi dal 2013, dove collaborano attivamente nella gestione dei servizi di accoglienza invernale gli hope, homeless peer, chi vive o ha vissuto una situazione di precarietà abitativa e dopo aver fatto un percorso di rielaborazione del proprio
vissuto, sceglie di mettere a disposizione di altri le proprie risorse. L’attività di accoglienza non è dunque limitata alla stagione invernale, ma è articolata e differenziata lungo tutto l’anno. Sono 260 i posti in appartamenti semi protetti o alloggi in autonomia, destinati a diverse tipologie di utenti che stanno lasciando, o cercano di prevenire, una situazione di emarginazione, mentre strutture come Il Sentiero, Casa Orlando e Casa Briamasco, ad esempio, offrono la disponibilità all’interno dei 118 posti “a progetto”, per dare opportunità alle persone di crescere in un percorso di autonomia. Positiva l’esperienza dello Sportello unico per l’accoglienza delle persone senza dimora, aperto dal novembre 2014 presso l’ex sede della Caritas in via Endrici 27, che ha il compito di coordinare l’accoglienza delle persone senza dimora attraverso un accesso unico al servizio, garantire omogeneità nelle procedure di accoglienza, migliorare la qualità dell’accoglienza in termini di ascolto/orientamento e della certezza del posto al momento dell’accesso al dormitorio, monitorare il fenomeno, restituire informazioni utili allo svolgimento delle sue funzioni. Un servizio attivo tutto l’anno che permette di gestire meglio posti e risorse, evitando code ai dormitori. Tutti i servizi sono finanziati sulla base della legge provinciale 35/1983, “Disciplina degli interventi volti a prevenire e rimuovere gli stati di emarginazione”. Per i servizi di accoglienza in “bassa soglia” si spendono circa 1,2 milioni di euro (tra enti del terzo settore e volontariato), a questi si aggiungono 1,7 milioni di euro per i posti in “progettualità”. Per la mensa e il centro diurno presso il Punto d’incontro, la Provincia interviene con un finanziamento di 550 mila euro. Per la parte relativa agli appartamenti, gestiti da diversi soggetti che operano con diverse competenze nell’ambito dell’emarginazione sociale si stima una spesa di un milione di euro. Complessivamente nell’ambito dell’accoglienza di persone in difficoltà vengono spesi circa 4,5 milioni di euro, ai quali si aggiungono iniziative locali nelle Comunità di Valle.
Rovereto, il centro provinciale fibrosi cistica è accreditato
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l Centro di supporto provinciale per la cura della fibrosi cistica è accreditato secondo le linee guida previste dalla Società Italiana Fibrosi Cistica e dalla Lega Italiana Fibrosi Cistica e ha conseguito una valutazione in classe 3 accanto alle migliori istituzioni pediatriche italiane. Nato nel 2007, il Centro di supporto provinciale per la cura della fibrosi cistica ha sede nell’Unità operativa di pediatria dell’ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto e rappresenta il punto di riferimento per tutti i pazienti trentini. Nello scorso settembre sono state effettuate le visite della commissione di audit che ha valutato il Centro secondo le linee guida previste dalla Società Italiana Fibrosi Cistica (SIFC) e dalla Lega Italiana Fibrosi Cistica (LIFC). In apertura dell’incontro Ermanno Baldo, direttore dell’Unità operativa di pediatria, ha evidenziato: «È con grande soddisfazione che, congiuntamente alla Lega Italiana Fibrosi Cistica - Trentino, presentiamo l’importante riconoscimento conseguito dal Centro di Rovereto. I valutatori che ci hanno visitato hanno assegnato al nostro Centro la classe 3, il massimo punteggio per questo tipo di accreditamento. Un risultato raggiunto anche grazie all’innovativo sistema di collaborazione
Attive le nuove sedi di guardia medica
S Campagna antinfluenzale, le prime vaccinazioni
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partita la campagna di vaccinazione antinfluenzale in provincia di Trento. Tra i primi a vaccinarsi i vertici dell’Apss e i presidenti degli ordini e collegi delle professioni sanitarie, tutti uniti per lanciare un appello alla popolazione e ai colleghi: vaccinarsi è importante ed è il modo più sicuro ed efficace per evitare la malattia. L’Influenza è una malattia seria, che può avere gravi conseguenze per la salute, in particolare in alcune categorie di persone. La vaccinazione antinfluenzale è raccomandata e offerta gratuitamente alle persone a partire dai 65 anni di età, a coloro che sono affetti da patologie croniche e alle donne nel secondo o terzo trimestre di gravidanza. Il vaccino è raccomandato anche al personale sanitario e a coloro che svolgono funzioni di assistenza per evitare la malattia e per ridurre le occasioni di contagio da virus influenzale, dando maggior protezione anche ai pazienti. La vaccinazione è inoltre proposta e somministrata gratuitamente alle Forze di pubblica sicurezza, Vigili del fuoco, personale della Protezione civile e alle persone che per motivi di lavoro hanno contatto con gli animali come i veterinari, gli allevatori e gli addetti al trasporto di animali. È consigliato vaccinarsi entro la fine del mese di novembre recandosi negli ambulatori dei distretti sanitari o dal proprio medico di famiglia. I bambini di età compresa tra 6 mesi e 14 anni con condizioni di salute particolari riceveranno un invito alla vaccinazione dai servizi vaccinali dell’Apss. Le persone sessantacinquenni (nate nel 1951) saranno invitate per effettuare, oltre all’antinfluenzale, la vaccinazione antipneumococco per la protezione contro le polmoniti, meningiti e altre malattie gravi causate dal germe pneumococco. Sulla base dei dati forniti dal sistema di sorveglianza si stima che ogni anno circa 50 mila persone in Trentino si ammalino di influenza; negli anni di picco tale numero di persone arriva a 70-80 mila.
ono operative le nuove sedi del Servizio di continuità assistenziale (ex guardia medica) del Trentino. A partire dalle ore 20 i cittadini avranno a disposizione 21 sedi di guardia medica con 106 medici che si turneranno per garantire, gratuitamente, a tutti i cittadini iscritti al Servizio sanitario provinciale, le prestazioni sanitarie non differibili. Le prestazioni erogate dai Servizi di continuità assistenziale sono assicurate dall’Apss nel rispetto di quanto previsto dalla deliberazione 963 della Giunta provinciale dell’8 giugno 2015. Il medico di continuità assistenziale interviene per i problemi di salute per i quali non si può aspettare fino all’apertura dell’ambulatorio del proprio medico curante o del pediatra di libera scelta. Il professionista della guardia medica prescrive i farmaci ritenuti necessari per assicurare la continuità terapeutica, rilascia i certificati medici per i lavoratori per un periodo massimo di tre giorni e le altre prestazioni non rinviabili (ad esempio le visite domiciliari non differibili). Assicura inoltre i consulti telefonici, propone il ricovero in ospedale o contatta il Servizio Trentino emergenza 118, esegue la constatazione di decesso e in particolari situazioni di necessità, ove le condizioni strutturali lo consentano, esegue prestazioni ambulatoriali. Il servizio è offerto gratuitamente a tutti i cittadini (anche in età pediatrica) iscritti al Servizio sanitario provinciale. Per i non residenti iscritti al Servizio sanitario nazionale e per gli stranieri legalmente in Italia il servizio è a pagamento: 15 euro per la visita ambulatoriale e 25 euro per la visita domiciliare. Il Servizio di continuità assistenziale è attivo nelle ore non coperte dal medico di fiducia (assistenza primaria della medicina generale o della pediatria di libera scelta) e cioè dal lunedì al venerdì dalle ore 20 alle ore 8 e dalle ore 8 del sabato alle ore 8 del lunedì. Nei giorni prefestivi è operativo dalle ore 10 alle ore 8 del giorno feriale successivo al festivo. Il nuovo assetto del servizio ha anche previsto che nelle zone ad altro afflusso turistico siano attivate ulteriori sedi di continuità assistenziale con apertura stagionale ad Andalo, Levico Terme, Madonna di Campiglio, Malè e San Martino di Castrozza. Per queste sedi, all’inizio della stagione turistica, saranno pubblicizzati il periodo di attivazione e i recapiti.
Amatrice, con la consegna del Liceo completato il plesso scolastico L’impegno è stato rispettato e da oggi ad Amatrice, oltre alle scuole dell’infanzia, alle elementari e alle medie, inaugurate il 13 settembre scorso, c’è anche una sede per il liceo scientifico. Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno e al lavoro delle donne e degli uomini della Protezione civile trentina. Alla consegna della struttura ha partecipato l’assessore della Provincia autonoma di Trento competente in materia di Protezione civile, accompagnato dal dirigente generale del Dipartimento Stefano De Vigili a cui si sono uniti il presidente della Provincia di Rieti, un assessore comunale e la preside Maria Rita Pitoni. Amatrice riparte quindi dalla scuola, come ha sottolineato l’assessore provinciale alla Protezione civile di Trento e, anche se per il rientro nelle classi si dovrà aspettare ancora qualche giorno, visti i problemi attuali alla rete viaria, oggi una nutrita rappresentanza di studenti, di insegnanti e di famiglie, ha voluto partecipare alla consegna della struttura. Cinque aule, ognuna di circa 42 metri quadrati, una segreteria, una biblioteca, servizi igienici, per un totale di 500 metri quadri: con quest’ultima opera la Provincia autonoma di Trento ha completato i lavori per ricostruire, con una struttura temporanea ma perfettamente efficiente, il plesso scolastico di San Cipriano di Amatrice “Romolo Capranica”, che è andato distrutto nel terremoto del 24 agosto scorso. Tutti i locali sono stati arredati a cura del volontariato della Protezione civile trentina, in particolare della Croce Rossa delle valli di Fassa e Fiemme. Quanto realizzato è frutto però dell’impegno e del lavoro di tutte le componenti della famiglia della Protezione civile trentina: dai servizi tecnici della Provincia, con le componenti professioniste, ai volontari, compresi ingegneri, architetti, aderenti alle numerose associazioni che la compongono. In totale si sono alternate al lavoro negli ultimi due mesi oltre 150 persone. A loro e a tutta la famiglia della protezione civile, ha sottolineato l’assessore alla Protezione Civile della Provincia autonoma di Trento, va la nostra gratitudine. Le opere strutturali garantiscono la massima sicurezza in caso di terremoto. (lr)
fra gli specialisti, metodologia di lavoro che è stata segnalata dalla commissione di valutatori. L’obiettivo raggiunto va a costituire un traguardo prestigioso e una solida base per il futuro e vede il Centro di Rovereto tra le eccellenze delle strutture dedicate alla cura della fibrosi cistica. Il lavoro con gli specialisti dell’ospedale, coinvolti nel corso degli anni nella cura della fibrosi cistica, nel formare équipe definite sui bisogni del singolo paziente come l’attività del Picc-team in collaborazione con l’Unità operativa di medicina generale per il posizionamento ai pazienti di un catetere venoso centrale a inserzione periferica, costituiscono ambiziose progettualità nelle quali abbiamo creduto e che si sono consolidate nel tempo. Con la certificazione di accreditamento queste procedure sono diventate anche modelli operativi possibili per altre strutture e sono testimonianza dell’impegno e della professionalità che abbiamo il piacere di condividere con tutti gli altri professionisti dell’Ospedale di Rovereto e dell’Apss. Importante, nel raggiungimento di questo risultato, è stata la partecipazione attiva della Lega Italiana Fibrosi Cistica - Trentino la cui collaborazione ha portato alla costruzione di questo percorso e al suo esito positivo». Nel corso della conferenza stampa, il direttore generale Paolo Bordon ha espresso gratitudine al personale e ai volontari delle associazioni che operano all’interno delle strutture dell’Apss e ha sottolineato la soddisfazione per questo importante riconoscimento assegnato al Centro di Rovereto «un Centro che da anni si occupa della cura della fibrosi cistica e che ora vede riconosciuto l’impegno e lo sforzo metodologico secondo i criteri di eccellenza dell’accreditamento. Questa struttura di riferimento per l’intera provincia di Trento opera in rete e in stretta sinergia con il Centro di Verona permettendo ai pazienti di essere curati in Trentino riducendo così gli spostamenti per accedere alle strutture extra provinciali. Il nostro impegno sarà quello di mantenere nel tempo i requisiti organizzativi che hanno permesso il raggiungimento dell’accreditamento». Alla presentazione, oltre ai professionisti del Centro provinciale per la cura della fibrosi cistica, erano presenti Angela Trenti e Luca Tomasi rispettivamente presidente e segretario della Lega Italiana Fibrosi Cistica - Trentino che hanno sottolineato il clima di collaborazione e sinergia tra tutte le figure coinvolte. «La richiesta di accreditamento – hanno evidenziato Trenti e Tomasi – è nata dai pazienti e ha coinvolto i pazienti. Questa certificazione si colloca nell’ambito dell’accreditamento professionale e consiste in una fase di autovalutazione e una successiva di confronto tra professionisti. Fondamentale per la prima fase è stato il ruolo dei pazienti e loro familiari coinvolti dall’associazione che ha portato ad individuare le esigenze maggiormente sentite. I pazienti e le famiglie sono stati protagonisti con pari dignità nella costruzione di una procedura di definizione degli standard che li riguardano direttamente e il loro coinvolgimento ha portato a scoperte reciproche, a una migliore comprensione dei problemi in campo e a una vera e propria alleanza per il raggiungimento degli obiettivi comuni, pur su fronti diversi e con ruoli distinti».
Natale 2016: l’albero trentino in partenza per Piazza San Pietro
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’albero di Natale che verrà donato al Vaticano e svetterà in Piazza San Pietro per tutte le festività natalizie viene dalla Valsugana e precisamente dalla Val Campelle nel comune di Scurelle, ai piedi della catena montuosa del Lagorai. Si tratta di un abete rosso alto 25 metri, certificato PEFC. Dopo il taglio, avvenuto nei giorni scorsi, l’albero è stato trasportato a valle da un elicottero dell’Esercito Italiano con la collaborazione della Protezione Civile di Trento e poi adagiato sul Tir che lo trasporterà nei prossimi giorni su gomma nella capitale. Venerdì 9 dicembre in Piazza San Pietro a Roma ci sarà la cerimonia ufficiale di consegna ed accensione.
foto archivio ufficio stampa Pat (P.Cavagna)
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO
S P O RT & D I SA B I L I TÀ
“Plan:B Sailing” Pronte a lasciare gli ormeggi, in barca a noi le gambe non servono
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essuna delle due aveva messo la vela nei suoi piani di vita. È arrivata quasi per caso, a metà luglio, durante il Sailing Campus che ogni anno la Cooperativa Sociale Archè organizza presso il centro nautico di San Cristoforo, sul lago di Caldonazzo. Chiara, 26 anni, ex barista, futura studentessa universitaria, molto decisa, su quattro ruote. Diletta, 27 anni, laureata in Mediazione Linguistica in servizio civile ad Archè, un po’ più indecisa, su due gambe.
Sul Lago di Garda con il 303 della Cooperativa sociale Arché
Che a farci conoscere sarebbe stata la vela, per l’appunto, nessuna delle due l’aveva previsto. Ma sono tante le cose che non si possono prevedere, come ad esempio il fatto di perdere il controllo dell’auto una sera di pioggia e, sei mesi dopo, dover imparare ad affrontare la vita da una prospettiva decisamente diversa. O come ritrovarsi in due semi sconosciute su una barchetta azzurro cielo di tre metri e tre centimetri a ridere a crepapelle cercando di capire da che parte arriva il vento. È iniziata così un’avventura che, allenamento dopo allenamento e in balia di qualsiasi condizione atmosferica, ci ha fatte diventare amiche e fieri membri di un equipaggio a due un po’ sgangherato e troppo indulgente alle chiacchiere. Ma persino i marinai più distratti, a furia di strambate improvvise e boline troppo strette, imparano. È quello che è successo a noi, che all’improvviso ci siamo accorte di poter migliorare e crescere insieme. Ci piace il fatto che in barca non ci siano differenze, che non ci siano gradini da superare e che non ci sia spazio per l’indecisione. Ci piacciono anche la velocità, e la sensazione
del vento fresco sul viso. Ci piace soprattutto il fatto che altre persone, in piedi o in carrozzina, vedenti o non vedenti, dedite alle chiacchiere o meno, possano provare queste emozioni, e ci piacerebbe che fossero sempre di più coloro che hanno la possibilità di sperimentarlo in prima persona. Per questo abbiamo deciso di lanciare un progetto, chiamato Plan:B Sailing, che si propone di far conoscere la nostra storia e di usarla come veicolo di informazione e di sensibilizzazione sul tema dello sport come strumento di abbattimento delle barriere fisiche e mentali. Abbiamo intenzione di allenarci, durante il prossimo anno, per partecipare a fine agosto al campionato nazionale open Classe Hansa 3.03, nel quale gareggia un tipo di imbarcazione adattata per persone con disabilità. Il campionato non vuol essere un punto d’arrivo, ma di partenza. Vogliamo poterci confrontare con una realtà ancora nuova e tutta da scoprire. Come appreso durante i primi allenamenti infatti, le regate sono parte integrante della formazione di un buon velista! Partecipare ad una competizione rappresenta per noi la possibilità di confrontarci e di imparare da persone che praticano questo sport e appartengono a questa realtà da molto più tempo. Non puntiamo certo al podio, non ancora almeno, ma al notevole bagaglio di competenze che un’esperienza come questa sarà in grado di regalarci. Inoltre, vogliamo raccontare dei nostri progressi passo dopo passo, con l’autoironia che ci caratterizza ma anche per creare un diario di brodo che raccolga spunti, idee e buone prassi che possano essere d’aiuto ad altri. Abbiamo intenzione di raccogliere dei fondi, grazie a eventi e sponsor, per comprare un’altra barca 3.03 accessibile da ormeggiare a Riva del Garda, in modo da permettere a quante più persone possibili di provare quest’esperienza. Ci proponiamo di organizzare eventi e incontri per far sì che si parli di sport, di disabilità, di nuove opportunità per rimettersi in gioco. Abbiamo già iniziato: un’intervista a Chiara è andata in onda sulle televisioni locali, suscitando un tale interesse da venire trasmessa anche al Tg2. Da qui vogliamo partire per costruire qualcosa che vada al di là della nostra esperienza e che apra nuovi orizzonti.
È un progetto ancora in fase di incubazione, in cui tante idee vengono messe sul piatto. Un viaggio certamente impegnativo ma che promette di darci soddisfazioni ancora più grandi di quella che abbiamo provato la prima volta che, dopo settimane di tentativi, siamo riuscite a salire entrambe a bordo da sole, senza l’usuale folla di operatori e aiutanti, senza lividi, puntando verso il largo con sicurezza, finalmente in grado di capire da che parte arriva il vento, e come volgerlo a nostro favore.
Chiara Soma e Diletta Lazzarotto a Trento Speriamo che, nei prossimi mesi, si sentirà spesso parlare di Plan:B Sailing e di come un passo alla volta ci stiamo dando da fare per concretizzarlo. Speriamo anche che deciderete di darci una mano, in qualsiasi modo possiate farlo, per far diventare il sogno di pochi un’opportunità per molti. Iniziate a seguire le nostre avventure su Facebook alla pagina facebook.com/ChiaraPlanB
Chiara Soma & Diletta Lazzarotto
Gianluigi Rosa e Gianluca Cavaliere Intervista agli astri dell’hockey paralimpico
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i chiama Gianluigi Rosa, uno dei 3 vincitori del Premio Strike-storie di giovani che cambiano le cose, organizzato dalla Provincia di Trento per valorizzare i ragazzi che, sul territorio, si impegnano nel mondo del sociale. Gianluigi, originario di Lavis, aveva 17 anni quando, rientrando da un giro in moto con gli amici è uscito di strada e a seguito delle fratture riportate nell’incidente ha subito l’amputazione della gamba destra. Oggi di anni ne ha 29 ed è una stella dello sledge hockey. Per saperne di più su questa disciplina paraolimpica, non perdetevi l’intervista qui sotto. Gianluigi, come sei finito nella nazionale italiana di sledge hockey? E soprattutto, in che cosa consiste questo sport? Nella mia vita “pre-incidente” giocavo a calcio e praticavo molto sport. Così, dopo quasi un anno di riabilitazione, ho pensato che era giunta l’ora di ricominciare e ho iniziato a praticare sci alpino (su una gamba), bicicletta e nuoto. Poi, durante la mia permanenza al centro di riabilitazione Inail di Bologna, ho conosciuto Gianluca Cavaliere che mi ha convinto a provare
Gianluca Cavaliere e Gianluigi Rosa
lo sledge hockey. Dopo qualche anno di allenamenti sono riuscito ad entrare in nazionale. Lo sledge hockey è in tutto e per tutto uguale all’hockey su ghiaccio tradizionale, stesso campo, stesse regole e stesso agonismo: le uniche differenze sono i 15 minuti per tempo (anziché 20) ed il fatto che ci muoviamo sul ghiaccio e giochiamo il disco con la sola forza delle braccia, il che rende particolarmente importante avere una grande coordinazione nei movimenti. A livello internazionale è conosciuto come uno dei pochi sport paralimpici “full contact”, quindi con cariche e scontri di gioco di forte impatto. Dove e come si svolgono gli allenamenti? La nostra squadra, le “South Tirol Eagles”, come si può capire
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dal nome proviene dall’Alto Adige. Siamo però in 4-5 giocatoti. Resta il fatto che cerchiamo sempre di coinvolgere chi ha ri trentini che andiamo a completare il roster con i compagni una disabilità dalla nascita o acquisita, l’auspicio è di riuscire altoatesini. Ci alleniamo presso il palazzetto del ghiaccio di in futuro a far uscire di casa ragazzi con disabilità agli atri infeEgna (BZ), uno dei pochi palazzetti in regione senza barriere riori e coinvolgerli in questo sport. architettoniche e con balaustre adatte al nostro sport. Hai partecipato per ben due volte alle Paralimpiadi, a Vancouver prima e a Sochi poi. Quali sono stati i momenti più emozionanti di queste due grandi avventure? E le sfide per il futuro? Sicuramente non dimenticherò mai la prima volta che siamo scesi sul ghiaccio per la partita inaugurale della Paralimpiade di Vancouver, giocavamo contro i padroni di casa del Canada e tremava il ghiaccio da quanto chiasso facevano gli 8000 tifosi sugli spalti. Un’altra grandissima emozione è stata la vittoria della finale per l’oro dell’Europeo di Solleftea 2011, la nostra prima medaglia in un torneo internazionale. Quest’anno a Pasqua ci attende il mondiale in Korea, dove ci giocheremo la qualificazione per la prossima Paralimpiade di Pyeongchang 2018. Sarà quindi molto importante I due atleti in campo durante una partita di sledge hockey fare bene. Ci hai raccontato che lo sledge hockey è uno sport molto Abbiamo posto le stesse domande anche a Gianluca fisico, dove non mancano cadute e acciacchi. Come hanno Cavaliere, il “mentore” di Gianluigi. Quarantacinquenne, oripreso i tuoi familiari la decisione di dedicarti a questa diginario di Caselle nel Torinese, Gianluca si è trasferito sull’Alsciplina? topiano della Vigolana dopo aver perso una gamba a 26 Sicuramente in famiglia apprezzano il fatto che l’hockey sia la anni a seguito di un incidente stradale. Della sua passione mia passione perché mi fa stare bene praticare questo sport. per lo sledge hockey racconta: «Ho iniziato proprio quando Per contro è capitato purtroppo molto spesso di tornare a l’Italia, in quanto Paese ospitante delle Paralimpiadi di Toricasa con botte o ossa rotte. Non essendo atleti professionino 2006, aveva ottenuto il diritto di schierare una squadra sti, eventuali infortuni influenzano negativamente il nostro di sledge hockey. Ero molto emozionato nel vedere come i lavoro quotidiano a tempo pieno, oltre al fatto che da disabili tifosi aumentassero e si appassionassero sempre di più gara un infortunio alle braccia può compromettere gravemente dopo gara. Era infatti la prima volta che i torinesi miei conl’autonomia, basti pensare ad un ragazzo in carrozzina con terranei vedevano dal vivo i giochi paralimpici». Quando gli un braccio fuori uso. Quando giochiamo però non pensiamo chiediamo cosa pensano i suoi familiari di questa passione troppo a queste fatalità, è uno sport, e anche gli infortuni sorride: «Mia moglie, se mi vede acciaccato, mi fa sempre fanno parte del gioco, specialmente se di contatto come lo la battuta: ma non potevi appassionarti agli scacchi o al sledge. ping pong?». Nonostante gli infortuni, Cavaliere non ha Ci sono stati momenti di scoramento, in cui hai pensato di mai pensato di mollare. Il suo obiettivo per il futuro? Dare il mollare tutto? massimo per migliorarsi e fare di tutto per aiutare chi vuole Un infortunio grave può forse far pensare di smettere, ma non praticare questo sport! ci ho mai pensato seriamente. Hai un motto? Se sì, quale? Come squadra capita spesso di dire “pochi ma buoni”. Purtroppo/per fortuna negli ultimi anni è difficile trovare nuovi Martina Dei Cas ragazzi disabili a cui trasmettere la nostra passione, anche perché fortunatamente la medicina aiuta a risolvere situazioni che fino a qualche anno fa risultavano molto più invalidan-
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I N C LU S I O N E
L’Angolo del Filosofo:
Turismo accessibile, tra tempo libero e accoglienza
Sogni che si affacciano al mondo
Orientare l’ospitalità all’accoglienza di persone con disabilità
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enerdì 7 ottobre 2016 presso la sala della Fondazione Caritro di Trento si è tenuto il convegno “Turismo e Accessibilità, Tempo libero e Accoglienza”. In Italia le persone con disabilità sono circa il 5% della popolazione, e questo li obbliga, insieme ai loro familiari, a dover scegliere luoghi adatti dove trascorrere le vacanze o il tempo libero. Con turismo accessibile si definiscono tutta una serie di servizi e strutture in grado di accogliere e soddisfare anche i bisogni speciali dei clienti, consentendo a chi è disabile di passare una vacanza in autonomia senza incontrare difficoltà o barriere. Un luogo fruibile da tutti non esclude nessuno, dando la possibilità ad una qualunque famiglia di muoversi insieme, coinvolgendo dal bambino all’anziano. Consentire anche a chi ha una disabilità motoria e non è in grado
di muoversi autonomamente di viaggiare, permette al turista di lasciare la disabilità a casa e godersi la vacanza o l’attività sportiva senza sentirsi per forza limitato dalla sua condizione. L’attenzione alle esigenze particolari delle persone disabili rappresenta un’importante crescita dell’inclusività per i nostri servizi, e mentre vi è chi si limita a rispettare le norme di legge che prevedono delle regole minime per l’accessibilità degli spazi, altri si prodigano per rendere le loro strutture o attività più accessibili possibile. Non attuare queste misure che favoriscono la fruizione ad un più ampio numero di persone rappresenta anche una potenziale perdita di guadagni, calcolabile intorno ai 420 miliardi di euro solo in Europa, secondo le statistiche ufficiali. Una cifra esorbitante che fa ben comprendere la portata e l’importanza di questo settore in crescita. Giulio Thiella
Sport & Disabilità... IN RETE!
E’ arrivato dicembre
Verso un coordinamento per le attività proposte dalle asso- Natale può esistere tutto l’anno ciazioni sportive sul territorio
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ell’ambito dello sviluppo del settore "Sport e Disabilità", tra i principali punti del programma quadriennale del nuovo direttivo di Comitato, il CSI di Trento ha organizzato un primo importante momento di incontro, informazione e formazione con l'obiettivo di coinvolgere quante più persone, istituzioni, enti ed associazioni che a vario livello e titolo lavorano con la disabilità e che credono nello sport come veicolo per integrare diverse abilità, per far crescere talenti paralimpici, per creare gruppi dilettantistici misti o specializzati nella gestione dei diversi tipi di disabilità. Il workshop "Sport e Disabilità... in rete!", si è svolto durante tutta la giornata di sabato 22 ottobre 2016, presso la Sala Rosa della Regione T.A.A., è stata un'occasione interessante per creare un primo circuito territoriale calendarizzato al fine di coinvolgere quante più persone disabili nelle società e negli sport e con l'ambizione di un campionato polisportivo tra comuni e associazioni. Un punto fondamentale che molti interventi hanno sottolineato è la necessità di creare comunicazione sull'argomento, un vademecum
da consegnare alle famiglie per far conoscere in base al tipo di disabilità ed allo sport, concretamente dove poter svolgere attività. Questo percorso necessita la creazione di nuovi progetti per dare avvio ad una propositiva rete di opportunità per disabili, famiglie ed operatori. Lo scopo di questo primo incontro è stato certamente quello di conoscersi, e iniziare mettersi in rete creando insieme nuove proposte concrete per il territorio. Con l'occasione la Provincia Autonoma di Trento ha presentato la nuova legge sullo sport che tra le sue novità prevede anche un capitolo dedicato alla disabilità. Dal convegno emerge quindi la necessità di ragionare sui principi e le metodologie per iniziare a classificare le disabilità dando avvio contemporaneamente alla creazione di un linguaggio comune in termini di disabilità e sport. Costruire una rete informata e consapevole sulle opportunità sportive per persone con disabilità è il primo passo per rendere lo sport davvero accessibile a tutti. Lorenzo Pupi
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bambini attendono pieni d’ansia ed entusiasmo, gli adulti con grande stress, mentre negli occhi degli anziani si vede la nostalgia e forse anche la solitudine del cuore, la città si veste di bellissime luci, e nell’aria si sentono desideri di pace e felicità. Noi, avvolti dentro una magia di buoni propositi, cominciamo a fare progetti da realizzare nel corso del prossimo anno, facendo anche un bilancio di tutto ciò che non abbiamo realizzato fino ad oggi. Intanto la televisione come un’opera surreale ci aggiorna sulle ultime azioni terroristiche, sulla fame nel mondo, sull’uccisione di un’altra donna, e così via: ormai niente di nuovo, le solite cose di tutto l’anno, che non reputiamo così importanti da farci accantonare il pensiero delle imminenti festività. Allora cominciamo a pensare alla famiglia, agli amici che da tanto non vediamo, ma che per questa occasione salutiamo con simpatici sms “auguri di tanta pace e felicità”. Certo tutti gli anni arriva dicembre, e come tante cose nella vita lo diamo per scontato. Ma perché aspettare fino all’ultimo mese dell’anno per pregare per la pace, o per preoccuparci degli amici, dei vicini, dei figli o dei nostri genitori? Perché non farlo sempre, tutti i giorni? Perché dare per scontato la vita in sé stessa come se fossimo sicuri di avere un altro Natale o capodanno per mettere la coscienza a posto e coprire tutte le nostre mancanze nei confronti degli altri? Forse dovremmo imparare a non dare più per scontato il
Anche i disabili hanno diritto alla loro quotidianità
Che cosa cambia nel nostro paese con l’entrata in vigore della legge sul Dopo di noi?
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arità di opportunità e uguaglianza non sono sinonimi. Infatti se a questo mondo fossimo tutti uguali, io non avrei bisogno di una pedana per attraversare la spiaggia e arrivare al mare» così l’onorevole Ileana Argentin, costretta dall’amiotrofia spinale in sedia a rotelle, spiega le ragioni che l’hanno spinta a farsi promotrice della legge sul Dopo di noi, volta a tutelare le persone affette da disabilità gravi dopo la morte dei parenti che si prendono cura di loro. La legge, sostenuta da 89.000 firme, è stata approvata il 14 giugno 2016. I decreti attuativi dovrebbero invece essere resi pubblici entro i primi di dicembre. «Finalmente le famiglie diventano protagoniste e possono costruire per il parente disabile un progetto di vita che
rispecchi le loro aspettative, con la certezza che i loro sacrifici non verranno vanificati nel momento in cui dipartiranno» esulta Giancarlo Sanavio, direttore della Fondazione padovana F3, durante la conferenza sul Dopo di noi svoltasi in un’aula magna gremita a Palazzo dell’Istruzione di Rovereto il 22 ottobre, in occasione di “IO.TU.NOI [dis]abilità in festival”, la rassegna autunnale per indagare senza preconcetti il tema della costruzione di una società più giusta e inclusiva. «La legge completa un percorso iniziato negli anni Settanta con la legge Basaglia per la chiusura dei manicomi – sostiene l’avvocato del Foro di Verona Elisa Beltrame – e contribuisce a smantellare gli istituti ottocenteschi dell’interdizione e dell’inabilitazione, promuovendo al loro posto la figura
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vevo un sogno nella testa vagava dentro una tempesta, si muoveva a briglie sciolte: curiosità ne aveva molte. Si chiedeva dove fosse e al cervello dava scosse... sembrava un’area di servizio, di mettermi in pausa aveva il vizio. Un bel giorno in strada è uscito spaesato e senza un bel vestito, i suoi occhi erano sconvolti: bloccato in colonna come molti. Provando a farsi spazio vide intorno a sé lo strazio: tutti costretti ad aspettare, non contava il voler fare. Niente a parte il traffico era definito, qualcuno per farsi notare alzava il dito! Perdersi lì fuori era un attimo, del cuore non aiutava più il battito... dovette quindi essere razionale e dirigersi dove faceva meno male: lanciavano sassi dal cavalcavia proprio lì, nella sua coraggiosa follia! Allora erano vere le dicerie, difficile per i sogni mantenere le vie. Quel mondo che bramava dall’interno non era certo immune dallo scherno! Poteva solo stringere i denti e andare... era lui il sogno e la sua forza “Superare”. Alessia Vinante
tempo che possiamo passare con i nostri figli, i meravigliosi pranzi in famiglia, le belle chiacchierate con gli amici, la possibilità d’avere un lavoro, la fortuna di condividere ed aiutare gli altri. Non aspetterò che sia Natale per ringraziare ogni giorno, né aspetterò seduta che arrivi un nuovo anno, costruirò la pace e la felicità nel mio piccolo mondo, nella speranza che se ognuno di noi farà così non sarà un’utopia credere che il Natale possa esistere tutto l’anno. Quindi non aspettate, non date nulla per scontato, prendete i vostri figli e baciateli, abbracciate i vostri genitori, ricordate i vostri amici, aiutate i vostri vicini, condividete la vostra gioia di vivere, di esistere. Insieme possiamo, basta crederci, Buon Natale a tutti voi! Fabiola Motta
dell’amministratore di sostegno, introdotta nel nostro ordinamento nel 2004. Proteggere una persona, sia essa disabile o abile, non significa infatti privarla della libertà, decretandone la morte civile, ma affiancarla per permetterle di esercitare nel miglior modo possibile il diritto di autodeterminarsi. Si pensi che fino ai primi anni 2000 i genitori dei ragazzi disabili erano costretti a fare causa contro di loro, per poterli così interdire e curare i loro interessi. Lo scopo principale delle norme di allora non era infatti quello di proteggere le persone, ma tutelare i patrimoni. L’amministrazione di sostegno si concentra invece sul progetto di vita del disabile». «Progetto di vita – interviene Argentin – che grazie al trust esce finalmente dal meccanismo dei camici bianchi. Attraverso questo istituto giuridico i genitori dei ragazzi disabili potranno infatti prevedere che al momento della loro morte, i loro beni vengano trasferiti nella disponibilità di un fiduciario, che potrebbe essere anche un ente locale, un Comune per esempio, il quale avrà l’obbligo di amministrarli nell’interesse di un soggetto determinato, il disabile appunto. Questa soluzione gli permetterà infatti, qualora ve ne siano le condizioni, di continuare a vivere nella casa in cui è nato e cresciuto, magari attraverso il cohousing o altre soluzioni abitative condivise, sempre nel massimo rispetto delle differenze e delle caratteristiche di ciascun beneficiario». Una proposta che permette dunque di uscire dal meccanismo dei camici bianchi, che curano appunto, e di entrare in case dove anche il disabile possa cucinare, dormire, mangiare in compagnia, insomma, vivere nel pieno rispetto del proprio diritto alla quotidianità. Certo però le perplessità non mancano. «Il trust non è un istituto previsto dal diritto italiano – spiega Sanavio – pertanto le famiglie si trovano ora a fare riferimento a legislazioni molto lontane dalla nostra, per lingua e cultura, come quella delle isole Cayman», ma l’onorevole Argentin lo rassicura sul fatto che anche il nostro Parlamento sia intenzionato a colmare al più presto questa lacuna del nostro ordinamento giuridico.
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Martina Dei Cas
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SENSIBILIZZAZIONE
La sedia di cartone - the special chair
Un cambio di prospettiva. Un’innovazione semplice e creativa come risposta alla disabilità
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na sedia di cartone. Un paese, il Kenya. Un bambino, Jeoffrey e la sua mamma. Il racconto è quello di una piccola grande esistenza che unisce con forza la condizione di disabilità alla vita della comunità. La sedia di cartone, il documentario breve prodotto da Fondazione Fontana Onlus e Saint Martin, racconta del piccolo Jeoffrey, 3 anni, uno dei tanti bambini seguiti dal programma comunitario per persone con disabilità del Saint Martin in Kenya. Nato con idrocefalo e spina bifida, Jeoffrey aveva bisogno di un ausilio per poter mantenere una postura corretta, evitando così l’instaurarsi di altre malformazioni. Ma come garantire un’attrezzatura specialistica in un paese
rurale del Kenya? LA SEDIA DI CARTONE risponde a questa domanda con un’esperienza unica. Dal 2009 al Saint Martin vengono costruiti ausili con una tecnica chiamata Appropriate Paper-based Technology – APT. Materiali poveri come il cartone riciclato sono trasformati in supporti che, oltre a svolgere la loro funzione specifica, consentono a tante persone con disabilità di partecipare alla vita sociale della famiglia. Ogni anno sono più di 150 gli ausili che vengono costruiti al Saint Martin e di questi il 30% viene realizzato impiegando il cartone riciclato. L’ausilio può diventare motore di cambiamento non solo per il bambino, ma anche per la sua famiglia e per l’intera comunità in cui vive e che lo accoglie. LA SEDIA DI CARTONE, che oltre ad un documentario (regista Marco Zuin, musiche piccola Bottega Baltazar) prevede un cofanetto con dvd e libro illustrato, vuole sostenere e far conoscere questa tecnica e in particolare il CPPD, il Programma per persone con disabilità del Saint Martin in Kenya che segue ogni anno più di 1.000 bambine e bambini disabili con oltre 400 i volontari locali che vi dedicano gratuitamente tempo e risorse. Sfortunatamente Jeff è venuto a mancare qualche mese fa per complicazioni legate alla sua salute. Siamo convinti che, seppur breve, la vita di Jeffrey abbia un ruolo importante per tutte le persone con disabilità. La sua storia infatti continuerà a incoraggiare le comunità non solo ad accogliere le persone disabili, ma soprattutto ad essere sempre più inclusive nei loro confronti. Pierino Martinelli
Fondazione Fontana Onlus è un’organizzazione che opera a Padova e Trento. Nasce nel 1998 per perseguire finalità di solidarietà sociale promuovendo e realizzando progetti di pace, cooperazione ed educazione alla mondialità. Promuove la cultura della solidarietà a livello nazionale e internazionale, con un approccio dal basso. La comunità viene coinvolta sin dall’ideazione dei progetti, con l’obiettivo di valorizzare le risorse del territorio, creando e promuovendo reti e collaborazioni tra i diversi attori locali. www.fondazionefontana.org Saint Martin CSA è un’organizzazione che lavora a Nyahururu, sugli altopiani del nord del Kenya. Offre un sostegno concreto alle persone più vulnerabili all’interno delle comunità dei territori coinvolti. Ogni anno i beneficiari sono oltre 3.000. Bambine e bambini svantaggiati, vittime di abusi, violenze e ingiustizie, persone con disabilità, persone affette da HIV/AIDS o dipendenti da alcol e droghe. Il Saint Martin CSA promuove la solidarietà, coinvolgendo e formando persone capaci di prendersi cura direttamente e gratuitamente di coloro che hanno più bisogno. I volontari sono più di 1000. www.saint.martin-kenya.org Per richiedere La sedia di cartone www.fondazionefontana.org. La sedia di cartone è realizzato con il contributo di OPSA, Comieco, Fondazione Zanetti Onlus, Centro Missionario Diocesano, Fisioterapisti senza Frontiere, Associazione Mwanga onlus, Studio CO.ME, Atantemani Seguici su: La sedia di cartone / The special chair
“Dear Future mom”: la Francia censura il filmato di CoorDown
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n occasione della giornata mondiale sulla sindrome di Down del 2014 veniva presentato il video “Dear Future mom”, un cortometraggio realizzato da CoorDown, ente adibito al coordinamento nazionale delle associazioni per persone con la sindrome di down. Nel breve filmato
apparivano alcune persone affette da questa anomalia cromosomica che, in diverse lingue, rispondevano ad una lettera, realmente spedita da una futura madre. La donna chiedeva come sarebbe potuta essere la vita della figlia, anche lei affetta dalla trisomia 21. Il messaggio del corto e la risposta fornita alla madre sono molto chiari: “Non aver paura, anche le persone con la sindrome di down possono avere una vita piena e felice, con degli amici, con un lavoro, con delle gratificazioni. Vedrai che nonostante le difficoltà, non ti pentirai di aver messo al mondo tua figlia”. La polemica si era subito accesa dopo le dichiarazioni del CSA (consiglio superiore per l’audiovisivo francese) in merito al filmato. «Non può essere considerato come un messaggio d’interesse generale e la sua finalità può apparire ambigua e non suscitare un’adesione spontanea e consensuale» aggiungendo – testualmente − «lo spot può disturbare la coscienza delle donne che, nel rispetto della legge, hanno fatto scelte diverse di vita personale». Negando cosi la trasmissione di tal filmato sulle reti francesi. Proprio in questi ultimi giorni il Consiglio di Stato francese ha confermato la decisione presa dal CSA, cosa che ha suscitato grande scalpore e indignazione fra le fila di CoorDown, che risponde: «il nostro intento era quello di sostenere
la futura madre, rispondendo con la testimonianza diretta di persone affette dalla sindrome di down ai dubbi e perplessità che aveva manifestato, non certo quello di danneggiare coscienze o sconsigliare e demonizzare l’aborto. Un oltraggio hai diritti delle persone»− continuano − «le misure prese dal CSA negano di fatto la libertà di espressione, e la decisione assunta dal Consiglio di Stato francese è un grave atto di censura che lede i diritti umani. Diverse associazioni tra cui la capofila CoorDown si stanno mobilitando per fare ricorso, cercando sostegno anche dal Governo italiano e dal Presidente della Repubblica, con l’intenzione di presentare la questione alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Si è espressa in merito anche Martina Fuga, consigliera direttiva di Coordown e madre di una delle protagoniste del filmato, dichiarando:« La decisione presa dal Consiglio di Stato è ridicola, se non fosse drammatica. » Dunque una situazione molto complessa e accesa quella di questi giorni dove non sembra facile trovare soluzione e dove ci troviamo ancora una volta di fronte ad uno spaccato sociale non indifferente. Alessandro Vanin
Patente B speciale: ora in Vallagarina l’Autoscuola è accessibile alle persone con disabilità
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l 5 novembre scorso, presso la sede dell’Autoscuola SPRINT di Rovereto, si è tenuta l’inaugurazione del progetto da questa recentemente promosso: l’adattamento di una propria autovettura per il conseguimento della patente B speciale per persone con disabilità motoria. L’idea è nata qualche mese fa dalla mente del direttore Enrico Caldiroli da sempre sensibile al tema della disabilità, che, collaborando con l’officina autoriz-
zata Guidosimplex Techno di S.Margherita di Ala, ha portato alla realizzazione della prima autovettura privata “speciale” a disposizione di Rovereto. «La Vallagarina era svantaggiata per le patenti speciali − ha affermato Marco Groff presidente dell’Anglat − e l’auto abilitata messa a disposizione per la provincia di Trento dal Consorzio delle autoscuole dopo la legge provinciale n.1/1991 non sempre riesce a coprire il numero di richieste». Poche sono le autoscuole che possono permettersi un’autovettura privata attrezzata ma sempre maggiore è il numero di persone con handicap che vorrebbero beneficiare di questa possibilità e Caldiroli ha voluto dare il suo contributo. Ma cos’ha di tanto “speciale” questa autovettura? La Toyota Yaris dell’autoscuola SPRINT è guidabile da persone
perfettamente abili e non, è infatti adattabile al tipo di disabilità coprendo circa il 90% delle tipologie. Dotata di cambio automatico, acceleratore a cerchiello sfilabile, leva freno a spinta manuale e indicatori gestiti da una centralina elettrica touch, offre la possibilità di guidare anche con una sola mano. Sperando in un’ ampia risposta e adesione all’iniziativa, ci complimentiamo con l’autoscuola SPRINT che così facendo ha sicuramente contribuito nel compiere un ulteriore passo verso l’eliminazione delle barriere architettoniche nel Trentino, offrendo un bell’esempio di solidarietà e coesione sociale. Francesca Bortolin
Latte e miele! Arrivano le Mary Poppins a domicilio
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iocare insieme, studiare, condividere esperienze», questo è il motto di Latte e miele, attività di impresa pensata per rendere alle famiglie un servizio di baby-sitting domiciliare e realizzata grazie al sostegno della Provincia Autonoma di Trento e del Fondo Sociale Europeo. Le tate, tutte educatrici qualificate, arricchiranno la giornata di bambini e ragazzi, scegliendo le attività più adatte a favorirne una crescita armoniosa ed equilibrata e permettendo loro di dare libero sfogo alla creatività attraverso il disegno, la pittura, la realizzazione di lavoretti con pongo, pasta sale e tanto altro. Tra le iniziative proposte dal-
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le Mary Poppins a domicilio laboratori di pasticceria, pigiama party, letture di fiabe e storie, passeggiate in città, visite di musei, parchi e mercatini. Tante anche le possibilità offerte alla mattina per vivere la città, imparando tante cose utili, come il rispetto per la natura e la segnaletica stradale. Non sono da trascurare i fine settimana e i festivi in cui si potranno visitare i mercatini e partecipare alle manifestazioni culturali come le feste Vigiliane, nonché ai vari eventi offerti dal territorio trentino, sempre molto innovativo in materia di attività ludico-ricreative per i più piccoli. Latte e Miele opera su tutta la provincia h24 anche nei festivi e beneficia del sistema di buoni di servizio. Le tariffe a carico dei genitori lavoratori (mamme e papà single, vedovi oppure unici titolari di patria potestà e mamme che seguono un percorso formativo per il reinserimento lavo-
rativo tramite l’Agenzia del Lavoro) sono di 2,25 euro l’ora per i bambini fino a 6 anni e di 3 euro per bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni. Le baby-sitter sono professionalmente formate anche per prendersi cura di bambini con disabilità motorie, psichiche e problemi comportamentali certificati dal medico competente. Qualora più genitori decidano di affidare il bambino a Latte e miele nello stesso orario, possono chiedere che il servizio venga svolto in maniera collettiva in strutture come oratori, piscine o biblioteche. Info e contatti: lattemiele16@virgilio.it
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La Redazione
M I G R A Z I O N E E I N T EG R A Z I O N E
Attentati? Abbandonati!
Continua il viaggio alla scoperta di terre lontane e storie di migrazione
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o recentemente visitato tre paesi nell’Africa dell’ovest, due dei quali hanno recentemente subìto importanti attentati nelle rispettive capitali. E non solo. Si tratta in ordine di Mali, Burkina Faso e Benin. Le capitali che hanno conosciuto disordini sono Bamako (2015) e Oaugadogou (2016). Ho avuto modo, nel visitare diversi progetti e diverse comunità locali con le quali coopero da anni, di attraversare anche zone un tempo affollate come i paesi Dogon in Mali che vivono inerpicati sulla felesia di Bandiagara: una delle meraviglie del nostro mondo antico. Mi accompagnò Lesserou Dolò, una guida turistica assai conosciuta nel mondo dei viaggiatori ma, forse, ancor più nel mondo dell’antropologia essendo il nipote di colui che relaziò direttamente con il curatore di “Dio d’acqua” Griaule Marcel. Ebbene, da Bamakò sino a Mopti passando per Djenne e per poi addentarci faticosamente sino a Yassing non incontrammo un solo europeo, un solo bianco, un solo tubab (turista). Solo uno sparuto gruppo di artisti a Segoù per l’evento SegoùArt, il primo expò di arte moderna africano. A Yassing, un paese a 70 km dalla falesia verso il Burkina Faso la popolazione ci preparò una tale e inaspettata festa non tanto per la storica amicizia e cooperazione (li avevamo aiutati a costruire una scuola e, ad inizio dell’attuale guerra, soccorsi con derrate di cibo) ma soprattutto per non averli oggi abbandonati. E’ dallo scoppio dei disordini che non si vede un volontario o un cooperante a quelle latitudini lontane centinaia di km. dalla prima strada asfaltata. Figuriamoci un viandante, un visitatore o un turista. Sin qui siamo in Mali. Il paese è formalmente in guerra ed a parte i numerosi posti di blocco ed i continui controlli non si ha la sensazione, a sud del fiume Niger, di essere in una guerra guerreggiata. Eppure alcuna assicurazione copre per eventuali calamità in
Mali e l’Unità di crisi del Ministero Affari Esteri, giustamente, ti allerta di non andare. Anche l’ambasciata di Dakar ti suggerisce di evitare o bypassare. Persino le guide turistiche come la lonely planet narrano quasi nulla del paese sconsigliando semplicemente di andarvi oppure di consultare siti di antropologia culturale per specialisti. Tutti fanno il proprio dovere per carità. Ma non si comprende come mai con la Francia e con Parigi o con la grande mela di New York non si usino le stesse precauzioni? E come la mettiamo con il mercato di artigianato di Bamako che pullula di arte che nessuno compra? Con gli accompagnatori della Falesia di Bandiagara che nessuno visita nonostante sia un patrimonio Unesco? Con i marinai di Mopti – la Venezia maliana che non hanno più nessuno da condurre via Niger sino a Timbuctu? Entriamo in Burkina Faso. L’assicurazione riprende a dare copertura. Bene. Ai numerosi controlli di forntiera la polizia continua a darti il benvenuto e t’invita a fermarti per fare un progetto di cooperazio-
ne internazionale anche nel loro paese. Ma anche nel paese degli “uomini integri” - così denominato da Thomas Sankara – il Che d’Africa morto amazzato dal recentemente deposto dittatore Compaoré - gli artigiani sono costretti a mendicare l’acquisto, i cantanti ed i cantastorie vendono CD perchè nessun turista più ascolta le loro canzoni. Dopo l’attentato a inizio anno a Ouagadogou i rinomati locali con musica dal vivo hanno chiuso i battenti come i dignitosi hotel che circondano il grande mercato della capitale; uno dei più grandi d’Africa. Questo vive e pulsa in quanto trafficato da ogni etnia africana per la parte alimentare ma abbandonato nella parte artigianale ove si tenta di vendere un po’ di storia e di cultura locale. Nella casa del popolo è vietato entrare mentre il Centro esposizioni – una delle meraviglie architettoniche moderne - è già archeologia industriale. Quasi nessun europeo in capitale che noi attraversiamo tranquillamente ed a piedi anche di notte. Infine il Benin. Non ha mai subìto un attento
Via dalla pazza guerra Alidad Shiri, un giovane poeta afgano
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ia dalla pazza guerra è un libro autobiografico che colpisce con la soverchiante forza della semplicità e della quotidianità. Alidad Shiri è infatti un bambino come tanti, con un’infanzia spensierata intrisa di piccole cose e grandi emozioni: il volto del padre che si distende davanti a una bella pagella, la madre china sulle pentole nei giorni di festa, la mano rugosa della nonna che, d’inverno, fa sedere i bambini attorno a sé e racconta la storia della famiglia. Il loro Afghanistan però purtroppo non è un Paese come tanti e così nel giro di pochi mesi Alidad perde in due diversi attentati prima il padre, esponente di spicco della minoranza etnica degli hazara e poi la madre, la nonna e la sorella minore. A quel punto non gli resta altra scelta se non emigrare, in un lungo viaggio che lo porterà dal Pakistan, all’Iran e infine a Merano, dove giungerà legato sotto un tir. Qui, grazie agli educatori del Kinderdorf di cui è ospite e alla professoressa Gina Abbate, Alidad troverà la forza di ricominciare e raccontare la sua esperienza in un libro-testimonianza, giunto ormai alla tredicesima edizione e cresciuto assieme al suo autore, che oggi ha preso il diploma e si sta laureando in Filosofia politica, etica e scienza delle religioni all’Università degli Studi di Trento. Noi l’abbiamo incontrato e davanti a un caffè gli abbiamo posto le seguenti domande: Quando sei scappato dall’Afghanistan avevi appena 9 anni. Cosa ricordi del tuo Paese? E della tua famiglia? Il ricordo più bello della mia famiglia è dei momenti in cui mangiavamo insieme, chiacchierando dei più diversi argomenti. Anche la nonna mi raccontava molte cose e mi coccolava tanto. Del mio Paese mi mancano la famiglia, gli
Alidad Shiri con Paolo Ghezzi, direttore della casa editrice Il Margine
amici, l’affetto delle persone care. Come sei arrivato da lì all’Alto Adige? È una storia troppo lunga per essere riassunta in due parole. A un certo punto, dopo che sono stati uccisi i miei familiari, dovevo andarmene, non c’era altra via. È stato un viaggio terribile e tante volte ho visto in faccia la morte. Ci ho messo in tutto più di 4 anni, compreso il periodo in cui ero profugo con i miei parenti a Quetta, in Pakistan. Come è nata l’idea di scrivere un libro sulla tua esperienza? L’idea è nata da un suggerimento della mia professoressa Gina Abbate. Lei mi disse che raccontando la mia storia, avrei potuto aiutare tanti altri ad aprire gli occhi. Non avrei immaginato tanto successo e sensibilità, né tanti inviti in tutta Italia. Ancora oggi mi chiamano a portare la mia testimonianza in scuole, associazioni, parrocchie e università.
e, fortuna sua, non è soggetto alle miserie della vicina Nigeria ove Boko Haram mette continuamente a repentaglio regioni intere. Ma qui è lo stesso. Turista alcuno. Nemmeno chi lavora per i corpi diplomatici sembra metter fuori il naso. Al museo etnoantropologico della capitale Porto Nuovo ove v’è la raccolta più interessante di riti ed oggettistica vudù non c’è anima viva. I palazzi coloniali cadono a pezzi e nei pochi ristoranti locali servono solo cibo locale. (Il che è un bene in quanto il turismo ha contaminato anche i gusti). Eppure i residenti brulicano le strade giorno e notte; ci vogliono 20 minuti buoni per attraversare una Avenue trafficata da infinite motorette. Cotonou è piena di vita; peccato non vi sia la mescolanza continentale di un tempo con relativi traffici commerciali e turistici che, peraltro, assicuravano anche al nostro Bel Paese qualche opportunità. Quale politica, quindi. Il mantra che l’UE debba prendere l’Africa come parimenti gli Usa presero l’Europa risale a don Sturzo e sono solo parole al vento. Diversamente se fossero i PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) ad avere un’iniziativa propria come stanno facendo con l’accoglienza dei migranti avrebbe più senso. Avrebbero inoltre tutto l’interesse di creare opportunità da dove i migranti iniziano. Ma nell’era dell’interdipendenza ove tutti siamo insicuri in ogni dove non sarebbe opportuno creare una gradazione della sicurezza? Tra l’ON e l’OFF (andare – non andare) vi saranno pure delle modalità intermedie che consigliano di abitare i paesi con diverse attenzioni. Il disertare tutti i paesi ove v’è stato un attentato come suggerito da Viaggiare Sicuri somiglia più ad un apartheid misto embargo. Cooperazione significa relazione. E questa non può essere solo virtuale. Fabio Pipinato
Come vedi la gestione dei crescenti flussi migratori che arrivano in Europa? L’integrazione è possibile? Io purtroppo non vedo in modo ottimista il futuro; in Europa la gestione è troppo unilaterale, ogni Paese va per conto suo e non c’è la voglia di collaborare. Sembra un’emergenza, ma invece i flussi migratori sono un fenomeno destinato a durare per molto tempo e a creare una situazione nuova in tutti i Paesi europei. Si tratta di decidere un piano di lungo periodo: includere i rifugiati là dove possono entrare in un mercato del lavoro di cui possa beneficiare tutta la società e anche loro stessi. Oppure resta l’alternativa di fare assistenzialismo. Bisogna ragionare su progetti che dimostrino quali siano le migliori pratiche di integrazione. Anche noi in Italia ne avremo per molti anni, perciò prima si inizia a lavorare, meglio è. Cosa sogni per il tuo futuro e cosa auguri ai giovani? Sogno un mondo migliore, in pace, senza ingiustizie, dove ci si possa incontrare ed accogliere a vicenda. Sogno di potere dare a tutto ciò il mio contributo anche professionale, magari lavorando con l’Onu. Penso di essere ormai vicino alla realizzazione di questo sogno grazie a moltissime persone che mi sono state vicine, mi hanno coccolato, sopportato e dato fiducia, cosa non facile perché sono molto testardo. Il consiglio che do ai giovani è di pensare che ognuno deve fare la sua parte per un mondo più giusto, un mondo che dobbiamo costruire tutti insieme. È importante anche informarsi con spirito critico, senza fermarsi ai mass media più comuni. Martina Dei Cas
Buon natale a tutti voi! Care lettrici e cari lettori, vi dedichiamo uno speciale augurio di buon Natale da parte della redazione e ringraziamo tutte le persone, enti ed associazioni che ci hanno sostenuti e continuano a sostenere. E’ nostro desiderio accertarci che abbiate ricevuto la rivista con puntualità e regolarità, che ne siate rimasti soddisfatti e che desideriate riceverla ancora. A questo proposito vogliamo chiedere a coloro che hanno effettuato l’abbonamento passato e a coloro che lo hanno ricevuto gratuitamente se hanno piacere di sostenerci per un altro anno. E’ un piccolo gesto che per noi fa la differenza e permette alla redazione di Pro.di.gio., di continuare nella sua opera di sensibilizzazione raccontando e testimoniando il mondo della disabilità e del disagio sociale grazie all’aiuto di molti volontari e giovani del Servizio Civile che vogliono valorizzare un’informazione attenta, partecipata e sensibile a tematiche che spesso non hanno voce. Auguriamo quindi a tutti voi un felice natale ed un sereno anno nuovo! La Redazione. pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | DICEMBRE 2016 - n. 6
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Solidarietà
Sport
Cultura
Le cose concrete sono quelle che ci piacciono di più, soprattutto se rimangono sul territorio e a sostegno di tre importanti valori sociali per la nostra collettività e per la comunità locale.
93 interventi a favore della solidarietà 170 interventi a favore della sport 293 interventi a favore dello cultura