BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO I - FEBBRAIO 2015 - ANNO XVI - LXXXVIII NUMERO PUBBLICATO
WWW.PRODIGIO.IT
progetto di giornale Parlare di autismo si può
Sesso e disabilità
Tutto sta nel cercare il limite oltre le diversità
Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70%- DCB Trento . Contiene I.R.
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Viaggiare in treno
Intervista a Maximiliano Ulivieri, parlarne per non renderlo un tabù pagina 3
Walk in progress
Accessibilità ieri e oggi
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Continuano con gran successo le escursioni in montagna con NuoveRotte e l’Ass. Insieme pagina 8
AUTISMO
Un probema ignorato e sottovalutato
Parlare di autismo si può A cura di Lorenzo Pupi
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na lettera scritta con sincerità, amore ed amarezza, che ci accompagna nell’intimità di una situazione difficile vissuta da migliaia di famiglie in tutta Italia. Giusy Versace, ha voluto sfondare un muro di indifferenza che circonda l’esperienza di vita, sua, della sua famiglia e soprattutto di suo fratello autistico. Il suo appello è diretto, e da quando è stato pubblicato in rete, le sue parole hanno fatto il giro del web, colpendo l’attenzione di famiglie che vivono situazioni simili, il mondo del giornalismo e del terzo settore. Abbiamo chiesto all’autrice della lettera di spiegarci brevemente cosa l’ha portata a condividere i suoi pensieri, le sue ansie e paure nel tentativo di aprire un dibattito duraturo sul tema dell’autismo in età adulta coinvolgendo l’opinione pubblica, il mondo
della ricerca e delle istituzioni. A tal proposito abbiamo ritenuto opportuno coinvolgere nel dibattito, A.G.S.A.T. Onlus, ente attivo nella provincia di Trento che si occupa di autismo, e che grazie al contributo della Dott.ssa Irene Colizzi, Coordinatrice Centri Agsat, ci chiarirà alcuni punti cardine di questa condizione. Un punto di vista sull’attuale situazione, aprirebbe un ponte comunicativo tra diverse esperienze regionali. Speriamo che spunti e sinergie possano in qualche modo aiutare o almeno dare una prospettiva alle tante famiglie che ogni giorno vivono o convivono con l’autismo. Ciao Giusy, innanzitutto grazie di aver condiviso con noi le tue parole, cosa ti ha portato a mettere nero su bianco questa storia e a condividerla in rete? “La lettera nasce da un intimo sfogo,
per l’angoscia e la sofferenze che accompagnano tutte le famiglie che, come noi, condividono la disabilità, e in particolare l’autismo. Ma non vuole esser solo quello e quindi rimanere fine a se stesso, ma vuole spronare le conoscenze, vuole accendere una luce e rompere il silenzio assordante che avvolge le persone come noi. Le famiglie sono isolate e non hanno i mezzi e le tutele per prendersi cura in modo idoneo per i loro figli. Mi auguro quindi,che finalmente si possa concretizzare qualcosa per tutti questi “invisibili dello Stato”. Perché le Istituzioni governative, regionali e comunali hanno il dovere di occuparsi e rispondere alle necessità dei deboli. Dobbiamo esser uniti perché noi abbiamo le soluzioni ed amiamo incondizionatamente i nostri figli, ed insieme “il Diritto di vita”. Con stima, Versace Giusy
Le amare considerazioni di chi convive con l’autismo
Lettera a mio fratello
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pro.di.gio.
iao, sembra strano, ma alla fine ho deciso di scriverti. Si, ho deciso che saranno le parole a mostrare il mio amore per te. Non sarà tutto rose e fiori, ti avverto però, lo faccio anche perché difficilmente potrai replicare, perché tu non leggerai mai questa mia ricerca disperata di te. Perché tu non leggi, eppure senti, perché non scrivi, ma a tratti parli. In certi momenti mi guardi, ed è li che colgo la parte più intima e profonda della tua anima e per un millesimo di secondo appari uguale a noi. Però una cosa te la devo dire, quando urli non mi piace per nulla. Quando cominci a dare i pugni sul tavolo e sulle porte delle stanze, gridare vocalizzi senza senso, di giorno e di notte, andando avanti e indietro per casa, quando prendi a botte i nostri genitori e ripeti ossessivamente le stesse cose Bhe.. questo non mi piace proprio. Alla fine del tuo show chiedi scusa e piangi come un bimbo piccolo, ti avvicini a mamma, le accarezzi il collo e le dici: “scusa Mamma... scusa “ Sai gioia mia, noi vorremmo aiutarti, vorremo cercare di rasserenare la tua esistenza, proteggerti da un mondo intorno a te che non ti merita, perché ha paura di te. Ti definisce un “mostro” un “diverso”. Ti usano per il loro business, monetizzano la nostra sofferenza, perché loro sono i Dottori, sono i cosiddetti “esperti” che dovrebbero aiutarti ed aiutarci. Ma poi che fanno, demandano tutto a teorie illogiche fatte di trattati, di cinismo. Dell’ego di chi ascolta solo se stesso manipolando chi gli sta di fronte, sicuri del fatto di essere più forti, perché non toccati dal dramma, dalla vergogna, dall’insicurezza e dal bisogno disperato di aiuto. Tu questa gente spietata l’hai conosciuta bello mio, hai avuto la disgrazia di imbatterti in educatori senza morale, in psichiatri e psicologi falliti che utilizzano la loro laurea, pluridecorata, solo per esercitare la loro smania di ambizione o servilismo al potere delle lobby farmaceutiche, imbottendoti di quelle pillole gialle e bianche, in modo da annullare il tuo spirito e renderti un automa sotto il loro controllo. Per te loro erano il tuo mondo le tue certezze e loro hanno distrutto la nostra vita, il nostro progetto. Ti hanno scaricato
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come si fa per un pacco andato a male, senza nessuna carità, senza alcun rimorso. Le stesse persone che ti hanno detto di volerti bene alle quali ti abbiamo affidato con l’amore e la fiducia che si ha per chi si rispetta e stima. Sai, loro non ti sopportavano più, si erano stufati del tuo modo di essere, ti volevano zitto, silenzioso, un vegetale che non desse noia e fatica. Eppure tu sei così speciale, perché sei una creatura che ha semplicemente bisogno di amore, di punti fermi, di qualcuno che ascoltasse di più le tue esigenze, che poi non sono nulla di che: chiedono solo pace, stabilità, metodicità, pazienza, passione, contatto, attenzione. E adesso siamo soli, noi e te,... te con noi che, spaesato e stordito non comprendi il perché e noi non riusciamo a darti quelle certezze che tu chiedi. Perché tu non sarai mai una persona come le altre, tu non andrai mai al cinema da solo, tu non “cazzeggerai” mai con i tuoi amici, non avrai mai una ragazza, non farai mai forca, non potrai mai avere dei figli, avere un lavoro e stressarti della quotidianità, attivarti per gli altri, fumarti una sigaretta, casomai di nascosto dai nostri genitori. Non potrai mai tornare tardi a casa, viaggiare da solo e vivere con i limiti e le insicurezze di noi definiti “normodotati”. Tu non sarai mai un fratello, tu sei un “Autistico” tu non avrai mai una vita vera. Ma cosa ne possono sapere gli altri, nulla.
Possono solo darci quello schifo di pietà che solo i vili riescono a dare. Solo noi ti amiamo vita nostra, solo chi ti ha dato alla luce riesce veramente a capirti, ma loro sono soli, beffeggiati non considerati ed umiliati da coloro che si definiscono “esperti”. Costretti a metter in piazza il loro dolore per ricevere attenzione. Disperati perché si sentono impotenti e a volte responsabili, in colpa e logorati dalla paura di non riuscire a difenderti in modo giusto. Chi vive con te, chi vive di te ha la solitudine a fargli compagnia, e quello Stato “amico” si sciacqua la bocca con populismi di basso livello senza saper un beato corno di voi, di Noi, facendo finta che non esistiate inducendo i disperati ad un unica soluzione: il suicidio e l’omicidio per porre fine a tutto. Ma io ti giuro che non permetterò mai che ciò accada, e ti prometto che finché avrò fiato mi batterò per te, per voi. Cercando di arruolare sempre più soldati e guerrieri ed insieme sconfiggeremo questi “mostri”. Ti voglio un mondo di bene piccolo mio, perché per noi tu sei e sarai sempre il nostro piccolo di casa ed il tuo, raro ma unico, sorriso scalda i nostri cuori e ci rende più forti e pronti alla battaglie che verranno. Giusy Versace (sorella di un ragazzo autistico)
A.G.S.A.T “La realtà di una persona autistica è una massa interattiva e confusa di eventi, persone, luoghi, rumori e segnali. Niente sembra avere limiti netti, ordine, significato” (Therese Joliffe in Temple Grandin)
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ran parte della vita delle persone con autismo è dedicata allo sforzo nel riordinare questo caos, nello scoprire le leggi che governano il mondo, le persone e le relazioni poiché, a differenza delle persone “neurotipiche”, nell’autismo manca un programma che permetta di comprendere tutto questo in maniera intuitiva. Un autistico quindi, nel suo percorso di crescita può avere la fortuna e le risorse per riuscire a creare questo ordine, nei pensieri e nelle percezioni, tanto da poter raggiungere un adeguato livello di autonomia e un soddisfacente livello di qualità di vita. Alcuni personaggi famosi sono testimonianza di questo percorso (Temple Grandin, Donna Williams, Einstein), purtroppo però, per tanti, questo non accade e il mondo resta un luogo minaccioso ed imprevedibile. Quello che tuttavia accomuna tutte le persone autistiche (e anche i “neurotipici”) è il bisogno di autorealizzazione. Se il bambino ha la necessità di rassicurazione, protezione e contenimento, l’autistico adulto, come qualsiasi altro essere umano, ha bisogno di trovare il proprio spazio nel mondo e di sentirsi competente in qualcosa: dalle cose più piccole come riuscire ad essere autonomo nella cura della propria persona a cose più impegnative come attività lavorative. Ovviamente il sentirsi competenti passa attraverso la relazione con l’altro e cioè il fatto di sentirsi riconosciuto, valorizzato e parte di un gruppo, insomma “ingranaggio del mondo”. In tutto questo mi chiedo cosa possiamo fare noi per favorire questo processo? Come possiamo fornire un aiuto adeguato? In primis, a mio parere, è necessario riconoscere che i bisogni speciali nell’autismo sono ancor più speciali rispetto ad altre disabilità. Questo non vuole essere un giudizio di valore o un criterio di priorità bensì il riconoscimento di una maggiore complessità nel rapportarsi a questo tipo di disturbo rispetto ad altri. Da questa considerazione nasce poi la necessità di avere un bacino di professionisti altamente specializzati. Secondo: osare, rischiare, ovvero creare opportunità, mettersi in discussione. Ogni autismo, così come ogni persona, è particolare e singolare e non esiste un trattamento o un’attività che possa andare bene per tutti. Il rischio maggiore è quello di fermarsi all’apparenza della persona autistica (che altro non è che il nostro pregiudizio) e proporre qualcosa di standardizzato e al di sotto delle potenzialità, che, per quanto nascoste, sono infinite. Dott.ssa Irene Colizzi, Coordinatrice Centri A.G.S.A.T. Onlus
i ragazzi di AGSAT appena terminata la creazione dello spaventapasseri da regalare all’orto del Ristorante Al Barba.
Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Abbonamento annuale (6 numeri) Proprietà: Associazione Prodigio Onlus Redazione: Lorenzo Pupi, Giulio Thiella, Carlo Nichelatti, Giuseppe Melchionna, Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Luciana Bertoldi, Sara Caon, Martina Dei Cas. bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Vignette a cura di: Maurizio Menestrina 25 O 08013 01803 0000 6036 2000 intestato a “AssoSito Internet: www.prodigio.it Hanno collaborato: Fabio Pipinato, Elisa Stefanati e i volontari di “Walk in ciazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Aldeno e E-mail: associazione@prodigio.it Progress”, Giovanna Giugni(Consigliere Comunale Trento), Giusy Versace, Roberta Cadine indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”. Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Massimiliano Ulivieri, Paola Maria Bevilacqua, Walter Venturelli, Dott.ssa Irene Pagamento con carta di credito su www.prodigio.it. Spedizione in abbonamento postale Gruppopro.di.gio. 70% Ziller, progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | febbraio 2015 - n. 1 Colizzi-Coordinatrice Centri A.G.S.A.T. Onlus. Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana). In stampa: venerdì 30 gennaio 2015.
A CC E SS I B I L I TÀ
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fogliare un giornale di alcuni anni fa doAccessibilità ieri e oggi vrebbe essere un tuffo nel passato, come aprire un album di foto che non vedi da tempo, ma purtroppo capita di guardarsi indietro e scoprire di non aver fatto poi tanta strada. stiva insieme ai bagagli. Un esempio è quello dei trasporti Il sistema utilizzato allora non pubblici, noto tasto dolente in Itapermetteva quindi uno spostalia, che diventa ancora più stonato mento in vera e propria autonomia, quando tocca le esigenze di alcuni dovendo sempre dipendere dalle viaggiatori, come le persone con disatratte e dagli orari dei treni attrezza“Sentirsi un pacco” bilità o a mobilità ridotta, che vogliono ti e dal personale, preventivamente di G. Melchionna, spostarsi con i mezzi pubblici. allarmato, per salire a bordo e ovpro.di.gio. Nel maggio del 2000 il presidente maggio 2000 viamente scendere una volta giunti dell’Associazione Prodigio Onlus, a destinazione. Giuseppe Melchionna, raccontava in Sebbene oggi molti treni di un articolo le peripezie di un viaggio in treno nuova generazione siano notevolmente più da Trento a Roma, analizzando pregi e difetti accessibili rispetto ad alcuni anni fa, molte del servizio di assistenza offerto, articolo che tratte minori e regionali sono servite dai soliti potete leggere su www.prodigio.it. vecchi vagoni, alti, stretti e inaccessibili, e Pur descrivendo il viaggio confortevole, non ancora oggi il disabile in carrozzina viene erano mancate le criticità; difatti in quegli anni letteralmente infilato a bordo per mezzo del per salire a bordo dell’Eurocity la persona in carrello elevatore. Giuseppe Melchionna nel 2000 durante le manovre di saita sul treno carrozzina doveva preventivamente avvisare Rendere accessibile un servizio significa la stazione, previo acquisto della carta blu che però prevedere le possibili esigenze di qua- sempre maggiore di persone. consente di viaggiare con l’accompagnatore, lunque viaggiatore, dandogli la possibilità di Spesso difatti sono sufficienti tre gradini e presentarsi almeno mezzora prima della muoversi in autonomia, e restando a dispo- di metallo a fare la differenza tra muoversi e partenza presso il deposito bagagli. Il largo sizione per eventuali necessità. Permettere restare a terra, quasi fossero incaricati di una anticipo era necessario per consentire agli ad- anche a chi si muove in carrozzina di salire a crudele selezione all’ingresso. detti di mettere in funzione il carrello elevatore bordo in maniera indipendente, prevedere Fatto sta che ancora oggi se una persona con e caricare la persona sul treno. il binario a livello dell’accesso al vagone, per mobilità ridotta volesse uscire di casa per prenQuesto spostamento lento e macchinoso esempio, consentirebbe a tutti di spostarsi dere un treno, senza “allertare la protezione veniva paragonato da Giuseppe al trasporto più agevolmente, rendendolo finalmente un civile con largo anticipo” per così dire, probache si riserva ad un pacco da caricare nella bene comune fruibile da parte di un numero bilmente incontrerebbe una o più barriere che glielo impedirebbero; il dislivello tra il binario e il vagone, la dimensione della porta, o ancora la disponibilità o meno di posti riservati adatti ad accogliere una carrozzina non dovrebbero Segnalazioni alla Redazione. Per abbattere le essere variabili da verificare prima di ogni spostamento, bensì servizi minimi per rispettare barriere architettoniche non basta conoscere le esigenze di tutti i viaggiatori. Oggi, come ieri, ci sono persone che vorreble normative devono essere anche applicate bero viaggiare liberamente ma non possono perché sono costrette ad affrontare una lunga sea città di Trento riserva talvolta sorMa anche al Tribunale di Trento le cose rie di ostacoli, se non perfino a desistere dal prese sgradite ai cittadini con disa- non vanno meglio. Il campanello per l’acbilità motoria. È il caso dell’Ospedale cesso ai disabili è circondato, fin dalle prime S. Chiara che presenta un ingresso molto ore della mattina, dalle biciclette, risultando complicato per chi si muove in carrozzina. inaccessibile per il disabile in carrozzina Parliamo dell’ospedale cittadino per eccel- che volesse effettuare l’ingresso. Questi lenza e sorge il dubbio che questo aspetto fatti sono oggetto di due distinte interrosia stato trascurato, forse in attesa dell’ade- gazioni comunali che hanno lo scopo di far guamento del NOT, il nuovo ospedale che chiarezza sugli obblighi di legge e le azioni sorgerà alle ex Caserme. concrete da adottare.
Trento accessibile?
MARKETING SAIT
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Viaggiare in treno
compiere alcuni spostamenti in quanto impraticabili. Al giorno d’oggi in Italia i treni sono tra i mezzi pubblici meno accessibili, e non mancano mai le critiche. Molti passeggeri con difficoltà motoria hanno fatto presente le loro necessità, ma spesso la convinzione di essersi già adoperati a sufficienza per rispondere a queste esigenze, porta ancora a considerare strumenti come i carrelli elevatori dei validi ausili per salire su un treno. Ancora oggi, per rendere agibili molte tratte, non si è trovato un modo alternativo rispetto alla gru gialla con luci e sirene che solleva il disabile e lo infila letteralmente nel treno, come dimostra la testimonianza di Max Ulivieri, che abbiamo intervistato su questo numero a pagina 5, in un recente articolo sul suo blog del ilFattoQuotidiano.it. Sembra impossibile che dopo 15 anni non si sia riusciti a trovare un modo più semplice per salire su un treno, quando ciò che da anni chiedono i passeggeri disabili è solo di essere messi nelle condizioni di potersi arrangiare, e viaggiare come tutti senza dipendere sempre dagli altri. Purtroppo ci vorrà del tempo affinché i trasporti vengano “sbarrierati”, e non solamente le tratte più importanti, in quanto permettere a chiunque di poter salire e scendere agevolmente e in autonomia da un mezzo, renderebbe l’intero sistema più accessibile a tutti. Sembrerebbe assurdo sfogliare un giornale di 15 o più anni fa e trovarlo ancora attuale, come nuotare anni contro corrente e accorgersi di non essersi allontanati molto dalla riva, ma se dei bisogni non vengono ascoltati, vanno ribaditi e pretesi, a costo di doverne scrivere ancora per i prossimi 15 anni, perché non riuscire ad andare avanti è grave quasi come tornare indietro, rendendo il percorso già spesso arduo della disabilità quasi un subdolo gioco dell’oca. L’attualità disarmante della testimonianza di Giuseppe dimostra quanta strada ci sia ancora da fare per permettere a chiunque di potersi spostare in autonomia per tutta Italia. Giulio Thiella
1. Accesso Ospedale Santa Chiara Come dimostrato anche dalle immagini allegate, l’ingresso principale dell’ospedale cittadino, l’Ospedale S.Chiara, è privo delle entrate idonee ad essere utilizzate dai disabili, perché necessitano l’apertura con maniglia. Apertura che richiede una serie di operazioni difficili se non impossibili per chi si muove in modo non autonomo. Nelle strutture pubbliche, soprattutto quelle molto frequentate come gli ospedali, sono necessarie porte automatiche, do-
tate di sensori, idonee ad essere utilizzate dai soggetti a ridotta mobilità. Trento, 16 gennaio 2015
2. Campanello Tribunale di Trento Il Tribunale cittadino è dotato di un campanello per effettuare la chiamata da parte dei disabili, ma risulta quotidianamente inaccessibile per la presenza di numerose biciclette parcheggiate tutte intorno. Questo impedisce a chi si trovi in condizioni di ridotta mobilità di arrivare a suonare il suddetto campanello e costituisce una limitazione illegittima. Trento, 16 gennaio 2015
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V I TA D I F F I C I L E
Tra utopia e tutela dei diritti un’interessante proposta di azione nasce in seno al gruppo di lavoro “Sbilanciamoci 2015 “
Reddito minimo garantito?
C Programma d’azione sulla disabilità
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Fondo per le Non Autosufficienze
l Dpr 4 ottobre 2013 ha adottato il Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, elaborato dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Il Programma prevede 7 linee di intervento e 140 azioni, alla cui applicazione sono chiamati attori istituzionali e non, su specifici ambiti: accertamento e presa in carico, salute, scuola, lavoro, vita indipendente, autonomia personale, accesso ai servizi, cooperazione internazionale. A un anno dalla sua adozione nessuna azione è stata ancora avviata, salvo una misura presente nel decreto di riparto del Fondo per le Non Autosufficienze (Fna) 2014. Esso stabilisce, infatti, che la quota destinata al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, pari a 10 milioni di euro, sia indirizzata ad azioni di natura sperimentale volte all’attuazione del programma di azione biennale, per la linea di attività “Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società”. Il decreto stabilisce, inoltre, che la quota del Fondo destinata alle Regioni, circa 340 milioni, venga usata in parte per l’attuazione “dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti” e in parte (40%) per “gli interventi di assistenza domiciliare diretta e indiretta a favore delle persone in condizione di disabilità gravissima”. Rimangono nel decreto alcune criticità: tra le finalità troviamo voci che consentono l’uso delle risorse non per interventi diretti alla persone quanto per le “spese di struttura” come il funzionamento delle Unità di valutazione multidisciplinare (Umv) e il potenziamento dei Punti unici di accesso (Pua), oltre a contenere un’approssimativa definizione della gravissima non autosufficienza.
La spesa sociale sulla disabilità:
Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2011 è stato destinato alla disabilità il 23,2% della spesa sociale comunale, per un valore di 2.886 euro per abitante con disabilità. L’andamento della spesa per quest’area, nonostante una crescita rispetto al 2010, mostra un rallentamento. Inoltre, se già dal 2011 si riscontrano variazioni di segno negativo in diverse Regioni, nel 2012 secondo alcune anticipazioni fornite dall’Istat, si registra addirittura una prima diminuzione della spesa per l’area disabili a livello nazionale (-0,1%). Il Centro e il Sud hanno la più bassa percentuale di spesa per disabilità (rispettivamente 19,5% e 19,2%) ed è al Sud che si registra la più bassa spesa procapite (777 euro contro i 5.370 del Nord-Est). Concentrandoci sulle prestazioni, a livello nazionale la spesa comunale per l’assistenza domiciliare rivolta alle persone con disabilità (233.579.636 euro) continua ad essere inferiore a quella destinata alle strutture residenziali (264.224.520 euro), a cui si deve aggiungere la compartecipazione degli utenti (51.629.262 euro, per una compartecipazione media per utente pari a 2.326 euro) e quella del Ssn (86.702.108 euro). Anche la spesa media per utente varia notevolmente: si registrano per esempio 3.478 euro annui per utente in assistenza domiciliare socio-assistenziale contro gli 11.903 in struttura residenziale (a cui va aggiunta la compartecipazione di utenti e Ssn). Differenze territoriali si riscontrano anche in termini di presa in carico. Fruiscono dell’assistenza domiciliare socio-assistenziale mediamente 7 persone con disabilità su 100. Mentre gli utenti delle strutture residenziali variano dallo 0,3% del Sud al 9,6% del Nord-Est. (Fonte: Istat, Indagine censuaria sugli interventi e i servizi sociali dei Comuni singoli e associati. Anno 2011, maggio 2014)
Un confronto con l’Europa:
Considerando la spesa in protezione sociale per sanità, previdenza e assistenza, nel 2011 la spesa rivolta alle persone con disabilità è stata pari in Italia al 5,8% del totale a fronte del 7,7% della media europea, collocandoci tra i paesi con le quote più basse di spesa destinata alla disabilità: Secondo i dati Eurostat, tra il 2003 e il 2011 la spesa per disabilità ha registrato in Italia un incremento superiore al 20%: la spesa complessiva pubblica è passata da 21,2 miliardi di euro a quasi 26 miliardi di euro. Eppure la spesa pro capite italiana che si aggira sui 413,90 euro, se messa a confronto con i principali paesi europei, si attesta su livelli piuttosto contenuti. In Francia si spendono 551 euro, in Germania 700 euro, in Svezia 1.163 euro, e anche in Spagna si spende di più, 417,28. (Fonti: Istat, Rapporto annuale 2014, maggio 2014; Censis, Unipol, Integrare il welfare, sviluppare la white economy, luglio 2014) La Redazione
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ome usare la spesa pubblica per i diritti, la pace, l’ambiente? La contromanovra del gruppo di lavoro “Sbilanciamoci 2015” rappresenta un esercizio di democrazia dal basso frutto di un lavoro collettivo che abbraccia diversi temi social e le rispettive competenze. Le proposte avanzate sono il frutto collettivo del lavoro di molte persone che appartengono a 46 organizzazioni diverse tra cui Libera, WWF, Unione Studenti, Cnca, Altraeconomia, Antigone, Reorient, Arci, FISH e molte altre, che si confrontano ogni giorno con i danni e i disagi provocati dalle scelte economiche dell’Europa e dell’Italia, che continuano a privilegiare gli interessi di pochi ai danni dei diritti della maggioranza. Secondo il gruppo di lavoro è la democrazia la prima vittima dell’Europa monetaria, che condiziona con le sue azioni, i tempi e le procedure di scelte che influenzano la nostra vita senza consentirci di partecipare. Seguire questa direzioni implica dare soluzioni attuabili e sostenibili. Tra quelle che ci hanno colpito di più vogliamo riportare la sperimentazione del reddito minimo garantito. Quello che forse manca è una politica e un mercato capaci di andare in questa direzione. Di certo investire sulle persone e sul benessere potrebbe rappresentare un’occasione di riscatto sociale e di investimento per un futuro, in cui la forbice tra le disuguaglianze è sempre più ampia. È difficile porsi all’esterno del sistema economico e provare a ridisegnare strade alternative, che vedano la tutela dei diritti umani e ambientali come un investimento primario sul welfare e un’occasione di crescita. La sperimentazione del reddito minimo garantito e il rapporto in oggetto, nasce in concomitanza di una crisi economica pesante. Da un lato vi è l’urgenza di aumentare l’occupazione e alzare i salari, dall’altra è necessario riflettere su quali siano le forme istituzionali più adeguate a garantire ai lavoratori disoccupati, inoccupati, precari e inattivi una prospettiva di reddito e condizioni di esistenza dignitose, anche in presenza di una discontinuità lavorativa. Stando a quanto affermato nello studio, il nostro sistema di welfare è, per frammentarietà e categoricità dell’intervento, del tutto insoddisfacente nell’offrire tutele adeguate ai soggetti più esposti ai rischi di esclusione sociale, espulsi dal mercato del lavoro o che non riescono ad entrarvi. Il reddito di cittadinanza e il reddito minimo garantito, sembrano essere concepiti per essere coerenti con il mercato del lavoro attuale e per contrastare la pauperizzazione crescente nella società. Il reddito di cittadinanza consiste nel garantire un reddito incondizionato e universale a tutti i residenti. I suoi pregi consistono nella capacità di ridurre rapidamente le disuguaglianze redistribuendo la ricchezza. In questo scenario vi sarebbe una condivisione da parte della società, come dividendo sociale, dei benefici della produttività del lavoro, oggi esclusivamente appropriata dal profitto. Invece i limiti risiedono nei costi elevati, nella necessità di ridisegnare
tutto il sistema di protezione sociale e nella ricerca di un sostegno politico oggi assai limitato. I costi del reddito di cittadinanza sono elevati, sia per la connessa diminuzione delle entrate fiscali sia per l’ampiezza della popolazione che ne beneficerebbe come contributo pubblico. Prendendo come riferimento i dati delle dichiarazioni fiscali dei redditi 2011, si stima che la platea potenziale dei beneficiari del salario di cittadinanza a carico dello Stato sarebbero, nell’ipotesi di 500 euro mensili, circa 25-27 milioni di persone: 20 milioni che non hanno redditi, 2,2 milioni con redditi fra 0 e 1000 euro l’anno e la metà degli
individui con un reddito fra 1000 e 6000 euro l’anno per un costo lordo di circa 150 miliardi di euro oltre a circa 600 milioni di minori introiti fiscali. A questo ammontare andrebbero sottratti i minori oneri per il sussidio di disoccupazione, per la cassa integrazione e per le altre agevolazioni previste dal sistema di welfare, con un costo netto di 120-130 miliardi di euro. L’introduzione del reddito minimo garantito sarebbe finalizzata a ridurre la povertà nei periodi di disoccupazione e ricadrebbe interamente nella sfera del welfare. Dovrebbe trattarsi di un beneficio per gli individui in cerca di occupazione, sia i disoccupati che gli “occupabili”, per un periodo temporale definito e condizionato dall’effettiva attività di ricerca lavorativa. Il reddito minimo garantito, nel
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caso di una prima sperimentazione, potrebbe essere erogato solo agli individui in famiglie che si ritrovano nella condizione di povertà assoluta, ovvero con una capacità di spesa mensile inferiore a un paniere di beni di “sussistenza” e che sono in cerca di occupazione. Questo si traduce in termini monetari in un intervento di circa 4 miliardi di euro a beneficio di circa 764 mila persone. Estendere il reddito minimo garantito alle persone in cerca di occupazione, con l’esclusione dei soggetti inattivi sul mercato del lavoro, ne porterebbe l’impegno a oltre 13,5 miliardi di euro. Nell’ipotesi più ampia, stando ai dati emersi dall’indagine, il reddito minimo garantito si rivolgerebbe a una popolazione di circa 6 milioni di individui, di cui 3 milioni di disoccupati e 3 milioni di inattivi in cerca di lavoro, non considerando i 3 milioni di scoraggiati e richiederebbe, nell’ipotesi di un reddito minimo di 500 euro mensili, circa 36 miliardi lordi annuali. All’atto pratico il discorso va calato nello scenario attuale italiano. Il finanziamento del reddito di cittadinanza richiederebbe la rivisitazione dell’intero sistema delle politiche del lavoro, sociali e fiscali e un investimento ingente, improbabile nell’attuale contesto economico e politico. “Sbilanciamoci 2015!” propone quindi la sperimentazione dell’introduzione di un reddito minimo garantito di 500 euro per restituire dignità e assicurare un livello minimo di sopravvivenza a circa 764 mila persone che si trovano in condizioni di povertà assoluta e che sono in cerca di un’occupazione. Tutto questo rappresenterebbe certamente un grande passo nella redistribuzione delle risorse monetarie e nell’investimento sulla persona, a patto però che non si tramuti nell’ennesimo sistema assistenziale che nel lungo periodo potrebbe rappresentare un pozzo senza fondo. Bisogna tendere ad un modello che incentivi invece l’autonomia e l’autodeterminazione della persona, in modo tale che il reddito minimo garantito sia un volano per contribuire allo sviluppo e crescita di una società più equa. Lorenzo Pupi
CARCERE
L’importanza di avere qualcuno vicino
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Apriamo il carcere agli affetti
l 1 dicembre 2014 si è tenuto presso il carcere padovano Due Palazzi il convegno “Per qualche metro e un po’ di amore in più”, un’occasione per riflettere sulla situazione di profondo disagio che si viene a creare quando un componente del nucleo famigliare viene ristretto. Il convegno, organizzato da Ristretti Orizzonti, ha permesso di approfondire la questione degli affetti in carcere
grazie al contributo e all’intervento di esperti e rappresentanti delle istituzioni, di detenuti e famigliari che vivono ogni giorno sulla loro pelle la distanza incolmabile di un fratello, un figlio o marito che deve scontare una pena in prigione. Permettere a chi è stato privato della libertà personale di coltivare gli affetti anche da dentro, passando un po’ di tempo con i propri figli e compagni, è un importante investimento per il futuro, in quanto questo legame affettivo spesso è l’unica cosa che collega ancora il detenuto al mondo esterno, e l’unico punto di riferimento una volta libero. Durante il convegno sono stati individuati diversi punti di criticità riguardanti l’attuale sistema di visite e di comunicazione con la famiglia, ed è stato quindi stilato un elenco di misure auspicabili dirette a migliorare questi aspetti della vita dietro le sbarre. Un primo punto molto importante sollevato durante il convegno riguarda le telefonate, concesse oggi esclusivamente su telefono fisso, previa domandina scritta e per non più di 10 minuti a settimana. Un’evoluzione augurabile riguarda quindi la possibilità di contattare più spesso l’esterno, permettendo
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Un’analisi sugli sviluppi dell’ordinamento penale vigente
anche le telefonate ai cellulari. Molto sentita è stata anche la proposta di raddoppiare le ore di visita mensili, da 6 a 12. Questo è un punto cardine della detenzione in quanto la famiglia rappresenta la rete di salvezza, il punto da cui ripartire una volta liberi, e se questo rapporto viene meno è probabile che il detenuto, una volta uscito, si ritrovi nuovamente senza alternative al reato. Condivisa dagli esperti è anche la proposta di riforma per introdurre le visite intime; in Italia non sono previste visite riservate senza controllo visivo e della durata di alcune ore, come invece succede in gran parte del mondo. Poter passare del tempo da soli con il proprio compagno o compagna è forse il modo migliore per preservare e consolidare quei rapporti che rischiano di rompersi a causa di un lungo periodo di separazione forzata e poter coltivare i rapporti coniugali anche dietro alle sbarre aiuta a migliorare e spesso a ristabilire quei legami che la lontananza rischia di indebolire, nonché a vivere più serenamente la permanenza lontano da casa. Durante la conferenza, sperando in una riforma di questi aspetti, è stato stilato un elenco di misure immediatamente attuabili da parte dell’Amministrazione penitenziaria, senza bisogno di ricorrere ad una riforma legislativa. Aumentare le telefonate e la durata di esse, allestire postazioni per permettere ai detenuti di comunicare via Skype, abbattendo così anche i costi delle comunicazioni, o anche solamente migliorare le sale colloqui e permettere i pranzi con i parenti. Tutte queste misure potrebbero rendere la permanenza dietro le sbarre meno logorante per i detenuti e per i loro cari, cercando di mantenere saldi quei rapporti così importanti per il reinserimento nella società. Cercare di rendere il carcere un luogo più vivibile è possibile, tutelando i legami e aiutando la famiglia in quell’opera di rieducazione che le pene detentive non riescono ad attuare. Giulio Thiella
er introdurre il tema dell’affettività abbiamo chiesto a Max Ulivieri di parlarci del suo libro “LoveAbility - L’assistenza sessuale per le persone con disabilità”, con il quale cerca di far luce su questo aspetto fondamentale della vita di tutti. Ciao Max, ci racconti brevemente chi sei e da dove nasce l’idea e il bisogno di scrivere il libro “LoveAbility”? Mi chiamo Maximiliano Ulivieri, ho 44 anni. Vivo a Bologna da 4 anni ma sono nato e cresciuto in Toscana. Ho una patologia che si chiama C.M.T. - 1A. Questa malattia mi ha portato a non camminare fin da piccolo, pesare 33 kg. e diventare un “mucchietto di ossa storte”. Mi piace definirmi così. Sono sposato da 6 anni. Lavoro nel campo del turismo accessibile dal 2009 con il portale da me creato www.diversamenteagibile.it che si occupa di raccogliere reportage di strutture e viaggi accessibili a persone con disabilità. Negli anni ho spesso scritto in un mio blog personale, raccontando della mia vita, anche a proposito dell’affettività e la sessualità. L’ho sempre fatto nel modo più diretto e schietto possibile. Questo mi ha portato a ricevere molte mail e commenti di persone che vivono le stesse problematiche. Ho iniziato a scoprire sempre più questo mondo troppo spesso nascosto per timori, tabù. Ho pensato da prima di creare un contenitore di queste storie, pubblicandole su www.loveability.it. L’idea è quella di mostrare come molte persone con disabilità se ne hanno
Il sistema sanzionatorio penale tra riforme in atto e prospettive evolutive
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l 16 e 17 ottobre 2014 si è tenuta presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento la conferenza di diritto penale “Il sistema sanzionatorio penale tra riforme in atto e prospettive evolutive”. Per l’importante occasione sono giunti a Trento esperti e rappresentanti delle Istituzioni di tutta Italia come il prof. Francesco Carlo Palazzo, ordinario di diritto penale all’Università di Firenze, il prof. Luciano Eusebi, docente di diritto penale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e il prof. Marco Pelissero, ordinario di diritto penale dell’Università di Genova. Ad aprire i lavori la dott.ssa Daria De Pretis, nel suo ultimo impegno istituzionale da Rettrice, prima della nomina a giudice della Corte Costituzionale avvenuta il 18 ottobre con la chiamata del Presidente della Repubblica Napolitano. Presenti alla conferenza anche la dott.ssa Antonia Menghini, professore aggregato di diritto penitenziario e il prof. Gabriele Fornasari, entrambi professori dell’Università ospitante. Il prof. Palazzo ha lucidamente analizzato le principali criticità del sistema sanzionatorio vigente, inquadrando il maggiore problema nella contraddizione che si viene a creare tra il sovraffollamento delle strutture carcerarie italiane e la sempre più diffusa convinzione dell’ineffettività delle pene detentive per prevenire i reati e per rieducare chi li ha commessi. È stato analizzato criticamente anche il ricorso alla detenzione domiciliare, in quanto fortemente discriminante verso chi un domicilio non lo possiede, andando a
Il professor Luciano Eusebi
Il prof. Palazzo e il prof. Fornasari
creare una netta disparità di trattamento rispetto alle stesse tipologie di reato. Un passo nella direzione giusta è rappresentato dal crescente ricorso al modello di giustizia riparativa, come sistema di soluzione delle controversie che mira a far incontrare e confrontare autore e vittima, cercando di riparare al danno causato dal reato. Dopo l’intervento di Palazzo ha preso parola il professor Eusebi, che ha ricordato come negli anni ‘90 fossero ancora pochi gli studiosi che davano rilevanza al modello di giustizia riparativa, vista come una via difficilmente percorribile nell’ambito del diritto penale. L’illustre docente si è dimostrato soddisfatto dei passi avanti compiuti in questa direzione negli ultimi vent’anni, auspicandosi come il collega che l’ha preceduto che il diritto penale assorba sempre più i principi riparativi proposti da questo modello. Il prof. Eusebi ha fornito una panoramica chiara ed esaustiva delle maggiori criticità da lui rilevate riguardo la determinazione della pena, ciecamente applicata in maniera aritmetica, diventando così un raddoppio del male inflitto e non più un corrispettivo per il danno realmente causato,
Intervista a Maximiliano Ulivieri
che non verrà quindi adeguatamente riparato. Concepire quindi le pene non unicamente come privative della libertà permetterebbe di rallentare il flusso di ingressi in carcere e di abbattere gli alti tassi di recidiva causati dalla detenzione. Una norma è autorevole non quando punisce più severamente determinati comportamenti, bensì quando è sentita come giusta da parte della popolazione, ottenendo quindi consenso e rispetto. Il prof. Eusebi lancia anche un appello, affermando la necessità di utilizzare strumenti che si sono dimostrati molto funzionali in altre esperienze europee, come ad esempio gli istituti della messa alla prova o della mediazione penale, entrambi con l’obiettivo di trovare un’alternativa convincente alla carcerazione. Le riflessioni dei docenti e degli esperti che sono intervenuti in questi due giorni di conferenza hanno permesso ai numerosi partecipanti di approfondire l’evoluzione legislativa che ha caratterizzato gli ultimi anni e che ha messo le basi per un diritto penale meno repressivo e più attento alla rieducazione e al reinserimento. Giulio Thiella
leggi apposite per sperimentare questa figura. Ho già iniziato un percorso di questo tipo in Toscana e ho chiesto pure alla Regione Emilia Romagna di fare altrettanto. Mi auspico che altre Regioni mi contattino. Ci sono realtà in Europa e nel Mondo a cui l’Italia potrebbe ispirarsi? In Europa esiste l’assistenza sessuale da 10 anni e più. Esiste in Svizzera, Danimarca, Germania, Olanda. Non esiste però una legge apposita che la definisca e la inquadri a livello giuridico istituzionale. In questo senso noi siamo dei pionieri. Dal tuo punto di vista, la mancata presa di posizione su questo tema è sintomo di una minore sensibilità o frutto di una barriera culturale ancora da abbattere? È frutto di totale ignoranza. Le persone con disabilità vengono con fatica connesse a ciò che riguarda affettività e sessualità. Di questi temi si parla spesso nei convegni di associazioni ma poco in contesti con una visibilità di pubblico diversa da quella di settore. Per questo negli ultimi 2 anni ho fatto interviste su canali tv, giornali e radio che vengono ascoltati e letti da un pubblico che non è abituato a parlare di questi argomenti. Ti ringraziamo per la disponibilità e per l’impegno che dimostri ogni giorno, vuoi mandare un messaggio ai nostri lettori? Non abbiate timore dei vostri desideri. Ho bisogno di voi per far comprendere come la disabilità non precluda la possibilità di saper amare e vivere la sessualità e se per una serie di motivi la vostra sfera affettiva sessuale è stata costretta a rimanere inespressa, non abbiate timore a raccontarlo. Apritevi. Solo così la percezione della società verso queste tematiche può cambiare. Maximiliano Ulivieri
Sesso e disabilità, parlarne per non renderlo un tabù di Giulio Thiella
Maximiliano Ulivieri con il libro LoveAbility
l’occasione, la possibilità, l’aiuto e anche la fortuna, possono vivere l’affettività e la sessualità in modo soddisfacente per se stessi e per il proprio/a partner. È questo il primo messaggio che voglio far passare. La società si deve attivare per garantire le capacità di muoversi, comunicare, vivere la quotidianità delle persone con disabilità. Questo farà sì che ci sia più possibilità di avere relazioni. Alcune persone però per una serie di motivi, oltre a quello della disabilità, anche familiari, non hanno mai potuto vivere la sfera dell’affettività e della sessualità. Il libro è il punto di riferimento per chi vuole sapere cosa
sia l’assistenza sessuale alle persone con disabilità. Partendo dal fatto che la legge 104/92, che sancisce i diritti del disabile, non tratta degli aspetti relativi all’assistenza sessuale, quale evoluzione normativa auspichi? Sancire i diritti è una cosa, farli rispettare un’altra. Quello che mi auspico è che l’Italia rispetti la dichiarazione dei diritti mondiali, che tra l’altro ha firmato. Mi riferisco a questa: World Association of Sexology, 1999. I diritti sessuali sono diritti umani fondamentali ed universali. “La sessualità e parte integrante della personalità di ogni essere umano. Il suo pieno sviluppo dipende dalle soddisfazioni dei bisogni umani basilari come il desiderio di contatto, intimità, espressione emozionale, piacere, tenerezza e amore. La sessualità si costruisce attraverso l’interazione tra l’individuo e le strutture sociali. Il pieno sviluppo della sessualità è essenziale per il benessere individuale, interpersonale e sociale. I diritti sessuali sono diritti umani universali basati sulla liberta, sulla dignità e sull’ uguaglianza propri di ogni essere umano.” Noi abbiamo presentato un Ddl in Senato con cui vogliamo regolamentare la figura dell’assistente sessuale. Nel libro c’è il testo. Nel frattempo però una Regione può creare delle
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Progetto vita indipendente per le persone con disabilità
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upportare la domiciliarità attraverso gli strumenti dell’integrazione socio-sanitaria e sostenere l’autonomia e il progetto di vita delle persone con disabilità. È quanto persegue il disciplinare approvato dalla Giunta provinciale, su proposta dell’assessora alla salute e solidarietà sociale, Donata Borgonovo Re: “L’obiettivo - commenta l’assessora - è quello di sperimentare un nuovo modello di intervento per l’inclusione nell’ambiente sociale e nella vita di comunità delle persone con disabilità, per favorirne un ruolo attivo”. Il progetto, il cui costo totale è di 92.000 euro, viene finanziato per l’80% dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e per il 20% dalla Provincia autonoma di Trento. La sperimentazione di un modello di intervento in materia di vita indipendente si inserisce in una prospettiva più ampia di sostegno alla domiciliarità e contrasto all’istituzionalizzazione, e vuole riconoscere alla persona un ruolo attivo nelle scelte della sua vita e della propria assistenza. L’intervento è rivolto a persone disabili in condizione di non autosufficienza, intesa come limitazione nello svolgere autonomamente le normali attività relative alla cura del proprio corpo e alla mobilità, ma che opportunamente sostenute possono condurre una vita autonoma favorendone l’autodeterminazione, il miglioramento della qualità di vita, la permanenza nella propria casa e nell’ambiente sociale di riferimento.
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n milione e 400 mila euro per i buoni di servizio sono stati messi a disposizione dalla Provincia autonoma di Trento. Lo stanziamento sulla programmazione 2007-2013 è stato deciso dalla Giunta provinciale, su proposta del presidente Ugo Rossi, al fine di colmare il periodo di attesa per l’avvio della programmazione 2014 - 2020. Lo strumento risulta apprezzato ed è stato confermato nel nuovo Programma Operativo del Fondo sociale europeo per il periodo 20142020, approvato dalla Commissione europea il 17 dicembre scorso. Il programma è concentrato sulle azioni a favore dell’occupazione, inclusione sociale e lotta alla povertà, istruzione e formazione e capacità amministrativa. Per l’attuazione dello strumento si applicano i criteri approvati dalla Giunta nella primavera del 2014 che hanno esteso il finanziamento anche ai servizi di cura dei neonati fino a 12 mesi, mentre la compartecipazione delle famiglie rimane basata sull’Icef. Tra gli strumenti di conciliazione i Buoni di Servizio, o voucher, finanziati sia attraverso il Fondo sociale europeo che con risorse provinciali, hanno un ruolo di primo piano. Introdotti in Trentino dieci anni fa, i Buoni di Ser-
R L’avvio di questa sperimentazione si inserisce in un percorso di promozione della vita indipendente già attivo in provincia di Trento e parte da una proposta inviata al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali dal Dipartimento Salute e solidarietà sociale e dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari. La proposta, che ha ricevuto positiva valutazione, è stata finanziata dal Ministero con l’obiettivo di avviare un nuovo modello di intervento a favore della vita indipendente. Destinatarie dell’intervento sono le persone adulte di età compresa fra i 18 e i 64 anni a cui è stata riconosciuta un’invalidità civile al 100%. Il progetto individualizzato viene costruito dall’Azienda sanitaria attraverso l’U.V.M. (Unità Valutativa Multidimensionale) del Distretto sanitario territorialmente competente, con il coinvolgimento dei diretti interessati. L’obiettivo non vuole avere natura assistenziale bensì quello di favorire il più possibile l’indipendenza della persona disabile e la sua partecipazione alla vita di comunità intesa come attività lavorativa, di studio e di tempo libero. Una delle principali novità consiste proprio nell’applicazione sperimentale di un modello di valutazione che trova le basi in alcuni domini dello strumento dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health - Classificazione internazionale del Funzionamento, delle Disabilità e della Salute) elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dalla portata innovativa e multidisciplinare. La misura dell’intervento sarà quantificata in relazione all’indicatore ICEF che considera la condizione economico patrimoniale del nucleo familiare. L’utilizzo di questi due strumenti, rispetto ai progetti di vita indipendente attualmente in essere, permetterà di misurare in maniera oggettiva i bisogni e le reali necessità delle persone disabili richiedenti, rispondendo in maniera più equa e sostenibile. L’auspicio è quello di implementare ulteriormente strumenti di intervento in linea con il Programma nazionale di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
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Conciliazione tra vita e lavoro: 1,4 milioni per i buoni di servizio
vizio hanno registrato un incremento notevole negli ultimi anni, con una crescita nel 2012 e 2013 di oltre il 23 % annuo. Lo scorso anno ne sono stati assegnati 5.325, per circa 7.000 minori complessivamente coinvolti, ed una spesa a carico dell’amministrazione provinciale di oltre 4.700.000 euro. In totale, considerando l’intero periodo di programmazione 2007-2013 del FSE, la Provincia ha reso disponibili oltre 17 milioni di euro per garantire la copertura dei servizi di cura e custodia. Attualmente i Buoni di Servizio coinvolgono 130 Soggetti Erogatori di Servizi che impiegano circa 500 risorse professionali. I servizi si articolano
su tre fasce di età: i servizi per la primissima infanzia, per i bambini dai 3 mesi ai 3 anni, che nel 2013 hanno assorbito oltre il 50% delle risorse finanziarie, per garantire i servizi di conciliazione “asili nido”; i servizi per l’infanzia, per i bambini dai 3 anni ai 6 anni: per questi le risorse coprono essenzialmente i servizi per i bambini attivati nei periodi di chiusura delle scuole materne (estate); i servizi estivi per i bambini/ragazzi dai 6 anni ai 14 anni, laddove le risorse coprono essenzialmente i costi per le colonie estive e per i servizi chiamati “compiti insieme” attivati nei periodi di chiusura estiva degli istituti scolastici o durante l’anno scolastico, generalmente il venerdì pomeriggio. Lo stanziamento approvato permette di dare continuità al servizio nel periodo ponte tra la vecchia e nuova programmazione, che anzi si pensa di potenziare prevedendo che i servizi di cura dei neonati vengano portati dagli attuali 12 mesi a 36 mesi.
La disabilità? Una risorsa. Due cortometraggi fra Tanzania e Lagorai.
estituire dignità alla debolezza, alla fragilità ed alla vulnerabilità, condizioni che fanno parte della disabilità ma che possono, se solo vogliamo incontrarle, trasformare gli individui e le comunità. È questo il messaggio uscito dalla Sala di Rappresentanza della Regione in occasione di “InternazionAbilità, per andare oltre i propri confini”. Organizzato in occasione della Giornata internazionale della disabilità per sensibilizzare su questo tema nel contesto della cooperazione internazionale, l’evento ha offerto al pubblico un duplice punto d’osservazione: quello di un volontario di CEFA onlus che, dopo aver perso l’uso delle gambe in un incidente stradale in Tanzania intraprende, a ventun anni di distanza, un viaggio in handbike attraverso il paese africano portando di villaggio in villaggio un messaggio di speranza ai disabili africani; e quello di un gruppo di utenti, familiari, volontari e operatori del Servizio di Salute Mentale di Trento che attraversano invece la catena del Lagorai con sei asinelli, un trekking che diventa via via un percorso terapeutico che valorizza la partecipazione e il protagonismo delle persone coinvolte. Due esperienze forti e coinvolgenti, raccontate attraverso due cortometraggi presentati dal giornalista Giuliano Beltrami: “Less in more, crossing disability in Tanzania” del regista Luca Vasco e realizzato da CEFA onlus; “Voci del Lagorai” realizzato dall’Associazione A.M.A.
Salute Mentale onlus. In sala, dove siedevano un centinaio di persone, anche le assessore alla Salute e solidarietà sociale Donata Borgonovo Re e alla Cooperazione allo sviluppo Sara Ferrari. Alla fine della proiezione sono state le due assessore a fare il punto della situazione. Per Sara Ferrari occorre passare dalla logica del bisogno, a cui si risponde con l’aiuto, alla logica del diritto, a cui si risponde con la politica. Mentre la cooperazione internazionale diventa una leva per un cambiamento concreto ma anche uno strumento di pressione perché le autorità dei vari Paesi si assumano le proprie responsabilità in questo campo. “Mi piace pensare che la disabilità, più che un peso, sia una risorsa per la società” ha concluso l’assessora. Le ha fatto eco Donata Borgonovo
Re che ha parlato di salto culturale sulla disabilità, perché da problema diventi una risorsa per la comunità. E indicando una ragazza sulla carrozzina presente in sala ha aggiunto: “Questa ragazza è una risorsa per tutti noi”. All’ingresso della sala era presente anche un punto informativo dell’Associazione Prodigio sull’importanza dell’informazione sociale, per dare voce al mondo dell’handicap e del disagio sociale. Presentato anche “With a different mind”, un network composto da Fondazione Fontana, organizzazioni non governative, università e istituzioni religiose che lavorano in Kenya per e con le persone disabili. Una serata che è stata anche l’occasione di un confronto per le associazioni e per chi si occupa di disabilità e di solidarietà internazionale.
...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...
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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - PAGINA A CURA DELL’UFFICIO STAMPA - PIAZZA DANTE, 15 - 38122 TRENTO
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Rossi: “il 2015 anno della ripartenza”
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l 2015 è l’anno della fiducia, l’anno della ripartenza”. Conclude così Ugo Rossi il “match” con Roberto De Laurentis. Non un combattimento tra opposte visioni (come uscire dalla crisi, le riforme da fare, il ruolo della politica, lo spazio per le imprese) come poteva suggerire il ring, con tanto di guantoni appesi alle corde, allestito nel PalaRotari per ospitare il confronto tra il presidente della Provincia e quello dell’Associazione Artigiani e Piccole imprese del Trentino, momento conclusivo dell’assemblea annuale dell’associazione. Un confronto in cinque “riprese”, che ha toccato i temi della politica, del ruolo dell’artigianato, dello stato dell’Autonomia e delle risorse, delle riforme e delle necessità delle piccole imprese. Il pubblico, artigiani trentini ma anche delegazioni dell’Alto Adige e di altre categorie, ha “capito” lo spirito dell’incontro, ne ha colto i passaggi più significativi, mostrando di condividere una identica visione, quella di un Trentino che può farcela solo se politica e sistema economico avranno coraggio e fiducia. Prima ripresa: il Trentino dopo le elezioni Per Rossi il Trentino ha “una grande possibilità: qui si puo’ dare la colpa a qualcuno in modo specifico se qualcosa non funziona. Un imprenditore
veneto non può dire la stessa cosa, non sa con chi deve prendersela se non gli fanno una strada. Noi invece abbiamo l’opportunitá di poter gestire tante competenze, in questi termini penso che la gente trentina sia ancora vicina alla politica.” A De Laurentis che chiede alla politica di “accelerare”, Rossi risponde che «i cambiamenti veri una terra come la nostra li ha saputi fare, con il passo del montanaro, costante e non a strappi» Seconda ripresa: il ruolo dell’artigianato La slide dice tutto: le piccole imprese del Trentino sono 13.248 per complessivi 35 mila addetti; 9940 sono le imprese artigiane aderenti all’Associazione (76 %) con 28 mila addetti; il Pil dell’artigianato vale 2,670 miliardi di euro, il 16 % dell’intero Pil provinciale (16,750 miliardi di euro). “Abbiamo necessità di confrontarci con la politica” spiega Roberto De Laurentis. “Numeri che rappresentano non solo un importante valore economico - risponde Rossi - ma che valgono soprattutto per ciò che rappresentano da un punto di vista di identità e capacità del Trentino di fare le cose bene, è il nostro fattore di competitività più forte. Una cultura del fare le cose bene in cui gli artigiani hanno una parte importante.”
Un problema, in particolare, sta a cuore degli artigiani: l’accesso al credito. “Se le banche non ci fanno credito - ha sintetizzato De Laurentis - non possiamo fare gli investimenti, ma così andrà a rotoli tutto il sistema, banche comprese”. “Stiamo lavorando assieme al
credito cooperativo per dare un luogo di maggiore propulsività alle imprese” - ha risposto Rossi citando l’operazione Mediocredito, il Fondo strategico e gli enti di garanzia Confidi -. “Il credito cooperativo qui sta facendo una scommessa molto forte: crediamo che ci manchi una banca
di dimensioni adatte a sostenere con maggiore incisività il sistema economico locale”. Terza ripresa: cosa si è fatto Sono trascorsi tredici mesi di legislatura, cosa ha fatto fino ad ora la Giunta provinciale? “Siamo coerenti con quanto annunciato in campagna
elettorale” dice il presidente della Provincia sul ring del PalaRotari di Mezzocorona, ricordando la riforma delle comunità di valle (“la legge è stata fatta e oggi abbiamo un sistema molto più semplice di prima”), la semplificazione urbanistica (“siamo partiti dai piani regolatori: i prossimi consigli comunali impiegheranno al massimo un anno per approvarli”), l’investimento sul capitale umano con la modifica delle norme sull’apprendistato, l’approvazione del piano trilingue. “Abbiamo iniziato un percorso per cui le politiche economiche si orientino progressivamente dalla logica del contributo alla creazione di politiche di contesto. Se utilizzassimo la leva fiscale al massimo livello - ha aggiunto Rossi - incasseremo come gettito 339 milioni in più di quanti non ne incassiamo oggi. Oggi il sistema trentino ha tutti gli anni uno sconto fiscale di 340 milioni di euro, la metà del gettito possibile che potremmo realizzare con le leve fiscali di cui disponiamo. Un dato superiore a quello di Bolzano”. Quarta ripresa: l’Autonomia “Avevamo detto fin dall’inizio che sarebbero arrivati tempi duri. Le ripetute violazioni dell’Accordo di Milano hanno originato molti nostri ricorsi ma anche la consapevolezza che era più importante stabilizzare i conti. Abbiamo lavorato per molti mesi in un ambiente difficilissimo ed abbiamo portato a casa un patto di garanzia con Roma che prevede di liberarci dal vincolo del patto di stabilità a partire dal 2016 e che il governo non possa chiederci risorse aggiuntive oltre il 10 per cento. Abbiamo cercato insomma di blindare più possibile i conti ottenendo maggiore libertà di azione ad esempio sul fronte fiscale”. Quinta ripresa: le riforme Condividendo la sottolineatura del presidente degli artigiani sulla necessità di sburocratizzare la macchina pubblica, Rossi ha riaffermato l’intento di por mano al riordino della dirigenza (“serve un nuovo approccio culturale, nelle prossime settimane depositeremo in Consiglio provinciale un disegno di legge”), ha ricordato i provvedimenti in materia di riduzione del personale attraverso blocco del turn over e piano di prepensionamenti (“risparmieremo 12 milioni di euro in due o tre anni”).
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Cure palliative: aumentano i posti letto
ospice è una parola inglese, derivante dal termine latino “hospitium”. Viene usata per definire le strutture che si occupano di cure palliative, offrendo un luogo di accoglienza e ricovero ai malati verso il termine della vita. La Giunta provinciale, su proposta dell’assessora Donata Borgonovo Re, ha ridefinito, sulla base anche degli ultimi dati epidemiologici, il numero di posti letto per le strutture residenziali hospice in Trentino, che passano da 25 a 27. Le strutture residenziali hospice, che offrono questo delicato tipo di servizio, sono attualmente due in Trentino: il presidio Villa Igea di Trento e la struttura hospice di Mori. È in fase di realizzazione, da parte di Patrimonio del Trentino S.p.a., una terza struttura a Trento sud che prevede una dotazione di posti letto di 10 unità. Con il provvedimento recente, proposto dall’assessora Donata Borgonovo Re, mediante un atto aggiuntivo al protocollo di intesa firmato nel 2008, si stabilisce l’aumento da 10 a 12 posti letto per la struttura di Trento sud, portando la dotazione complessiva provinciale, delle strutture residenziali dove si praticano le cure palliative, a 27 posti.
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I N CO N T R I
Continuano con gran successo le escursioni in montagna con NuoveRotte e l’Associazione Insieme
Proseguono il laboratori nell’Oltrefersina, preziose occasioni di incontro e relazione
“RaccontArti”
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rosegue il laboratorio “RaccontArti”, organizzato dalla Cooperativa FAI in collaborazione con le realtà locali, il Comitato Associazioni e Gruppi dell’Oltrefersina, il Polo sociale Oltrefersina Mattarello, la Circoscrizione Oltrefersina, alcuni tavoli di lavoro del quartiere e grazie ad un importante contributo da parte della Fondazione Cassa Rurale di Trento. Il laboratorio offre alle persone, tendenzialmente adulti over 50 residenti nella Circoscrizione, nei quartieri di Clarina e San Bartolameo, la possibilità di mettersi in gioco e parlare di sé attraverso diverse forme di espressione: scrittura, racconto, poesia, ballo, canto. La struttura del Laboratorio prevede una fase iniziale di ascolto dei bisogni, cui segue la creazione condivisa di un percorso ad hoc che risponde alle necessità ed ai desideri dei partecipanti. Il gruppo è guidato da due professionisti Annalisa Morsella e Paolo Vicentini attori e registi esperti di teatro, teatro-terapia, lettura interpretata, uso della voce e teatro-danza. Dopo il primo ciclo di incontri, realizzati nel mese di settembre e basati sull’esplorazione e rappresentazione dei propri punti di forza e debolezza, i partecipanti hanno chiesto di proseguire il percorso. Tra ottobre e dicembre sono stati quindi proposti ed utilizzati, assecondando le esigenze dei singoli e del gruppo, diversi linguaggi legati all’improvvisazione teatrale, alla recitazione, alla scrittura creativa e all’uso del corpo. In particolare è stato individuato e approfondito il tema della paura, poi interpretato durante uno spettacolo (rivolto ai familiari, ai conoscenti dei partecipanti e ai partner del progetto) in cui le persone hanno potuto mettersi in gioco e far conoscere alcuni risultati del percorso intrapreso. Il laboratorio RaccontArti è stato seguito, fin da subito, con coinvolgimento ed alti livelli di partecipazione da parte di tutti gli aderenti. Grazie ai riscontri positivi di questa prima iniziativa FAI ha deciso di riproporre il laboratorio in altri quartieri. Si sono così avviate, tra novembre e gennaio, importanti collaborazioni nella zona di Madonna Bianca, attraverso la partecipazione al Tavolo Torri, un tavolo di quartiere in cui si sviluppano e coltivano processi partecipativi con i cittadini. Questi momenti di confronto hanno permesso alla Cooperativa di conoscere il territorio e proporre il percorso RaccontArti anche nel contesto delle Torri. Collaborando con altri progetti attivi in quella zona, focalizzati sulle reti di vicinato come nel caso del progetto “Noi Quartiere di Consolida” e sulle dinamiche di integrazione degli abitanti con il “Progetto Interest di Atas Onlus”, il laboratorio RaccontArti ha colto il desiderio dei cittadini di raccontare il proprio luogo di residenza attraverso la sua storia passata e presente, fatta di immagini, parole e vissuti quotidiani. Nasce così “RaccontArti nel tuo quartiere”: le persone che hanno aderito all’iniziativa hanno proposto di descrivere il quartiere illustrandone i pregi e difetti attraverso alcune video riprese e interviste, sottolineando l’importanza del dialogo e della comunicazione per migliorare l’integrazione e la conoscenza tra i cittadini. L’obiettivo finale è la creazione di un documentario che verrà proiettato all’interno di alcune Torri e in occasioni di ritrovo della comunità. Saranno momenti in cui gli spettatori-abitanti potranno condividere una particolare rappresentazione del proprio luogo di appartenenza in un contesto informale e conviviale, anche per conoscersi meglio e scambiarsi opinioni a riguardo. Inoltre, a partire da gennaio 2015 è stato avviato un terzo filone del laboratorio RaccontArti grazie al confronto con alcuni volontari del Telefono d’Argento e in collaborazione con il Polo sociale Oltrefersina Mattarello. Si tratta di una proposta rivolta agli anziani e centrata sul recupero della memoria, del loro passato e presente. Gli incontri si terranno presso la Cooperativa FAI ogni lunedì dalle 9.30 alle 11.00 a partire dal 26 gennaio fino al 23 febbraio. A seguito del successo ottenuto nei mesi scorsi FAI, in collaborazione con il Centro Teatro di Via degli Olmi, propone la prosecuzione del laboratorio RaccontArti durante tutto il 2015. Gli incontri si terranno tutti i lunedì dal 2 marzo al 21 dicembre presso il Centro Teatro dalle 17.30 alle 19.30. Invitiamo chi fosse interessato al Laboratorio “RaccontArti” a contattare la Cooperativa Fai. Vi aspettiamo! Roberta Ziller
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Un anno di “Walk in progress”
uesta è stata proprio un’estate disastrosa. Per il tempo atmosferico, s’intende! Decisamente la peggiore da quando abbiamo cominciato ad effettuare le nostre camminate in montagna. Sono ormai alcuni anni che le associazioni Insieme e NuoveRotte organizzano il progetto “Walk in progress”, che prevede un ciclo di escursioni in montagna di un gruppo di giovani, composto da ragazzi con disabilità, educatori e volontari. Attraverso la conoscenza e la valorizzazione del territorio montano, i ragazzi hanno avuto la possibilità di condividere esperienze, percorsi, mettendosi in gioco e facendo comunità. Ogni gruppo era composto in media da 15 giovani, di cui 7 utenti, 3 educatori, volontari. Il progetto prevedeva 6 escursioni giornaliere (dalle ore 8.30 alle 16.30), una delle quali dedicate a ragazzi con maggiori difficoltà motorie. Purtroppo, a causa del maltempo, su 6 escursioni previste, siamo riusciti a effettuarne solo 4 nel periodo estivo, tentando di recuperarle in ogni modo, in un’occasione andando addirittura al MUSE e facendo attività ludico musicali al chiuso. Senza contare che durante le escursioni effettuate la pioggia non ci ha mai abbandonato, facendoci compagnia per almeno mezz’ora al giorno. In ogni caso i nostri eroi non si sono persi d’animo e hanno camminato a lungo sui sentieri di Lavarone, di Spormaggiore e lungo l’intero sentiero delle Glare che porta all’incantevole lago di Tovel. Ci hanno accompagnato anche molti volontari, che subito hanno preso parte all’iniziativa con grande entusiasmo. In poco tempo si sono creati molti legami e le escursioni hanno preso una piega frizzante ed emozionante. Interessante anche la visita alla fattoria didattica “La Fonte” di Mezzomonte, dove i ragazzi hanno potuto mungere le capre per poi produrre la ricotta ed...apprezzarne il gusto! Al termine delle escursioni estive è stata organizzata una serata conclusiva, dove i partecipanti del progetto hanno potuto salutarsi, guardando un video dell’esperienza tutti insieme. Ma a noi non bastava, e così, in quell’occasione abbiamo comunicato che le due escursioni perse le avremo recuperate nel periodo invernale, questa volta sperando nella neve, optando quindi per ciaspolate o sciate invernali. Ebbene, noi le camminate invernali le abbiamo fatte...ma di neve quasi neanche l’ombra! Insomma, le precipitazioni non arrivano mai al momento giusto. In ogni caso, è stata una simpatica esperienza, molto diversa da quella estiva. La neve, seppur presente in minima parte, ha portato allegria e un’atmosfera magica. Esperienza da riproporre sicuramente. Alcuni numeri: hanno partecipato al
progetto 12 utenti e 18 volontari che, essendo piuttosto costanti, hanno contribuito a costruire un ottimo clima
L’esperienza di un volontario... Mi è sempre piaciuto fare escursioni in montagna: mi fa stare bene camminare, anche per molte ore, lungo sentieri silenziosi alla scoperta di una bellezza nascosta alla vita quotidiana. Questo, poteva valere anche per gli altri? Un giorno di primavera un’amica mi ha parlato e proposto di partecipare ad un progetto che vedeva coinvolti alcuni ragazzi disabili e che prevedeva proprio delle gite in montagna come supporto alternativo alle terapie classiche. Ho sempre vissuto con la disabilità in quanto mia madre è invalida e avevo già affrontato un anno di Servizio Civile presso un’associazione di inserimento lavorativo, con ragazzi con lievi disagi mentali, ma questo progetto era un’esperienza del tutto nuova che mi incuriosiva proprio per il suo approccio per me innovativo. Ho aderito con entusiasmo con la consapevolezza che avrei sicuramente ricevuto molto di più di quello che avrei potuto dare e le mie aspettative non sono state tradite: ho avuto la possibilità di conoscere una realtà nuova, della quale c’è scarsa informazione e verso la qualche c’è ancora troppo pregiudizio ingiustificato; ho incontrato persone semplicemente incredibili nella loro normalità; ho visitato luoghi in cui non ero mai stato e che mi piacerebbe rivedere; ho trovato delle competenze che cercherò di fare mie...E felice di poter ringraziare tutte le persone che si sono impegnate nella realizzazione di questo progetto, per il loro prezioso lavoro, il loro fondamentale supporto e la loro infinita pazienza! Grazie di cuore! Con stima! Matteo
L’esperienza dei ragazzi... Dall’alto: I volontari Walk in progress. In marcia sulle colate moreniche. Ssaluti dal Finonchio. Tutti col pulmino di Prodigio.
di gruppo. Doverosi, come sempre, sono i ringraziamenti alle associazioni NuoveRotte e Insieme, promotrici del progetto, alla CSA (Cooperativa Sociale Autismo Trento) e all’associazione Prodigio che hanno messo a disposizione i pulmini, agli educatori, ai preziosissimi volontari, a Monica, educatrice della Rete Trentina dell’Educazione Ambientale (APPA) e a tutte quelle persone che, in diversi modi, hanno contribuito alla riuscita del progetto. Ora lascio la parola a loro, i veri protagonisti di questa esperienza... Elisa Stefanati
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Con il gruppo siamo andati anche al lago di Tovel, lago rosso. “Per la sua storia che si racconta su questo lago” si narra che tanto tempo fa una strana alga rossa colorò questo lago di rosso... ed ora il lago è diventato negli anni sempre più come gli altri laghi. Peccato che si sia messo a piovere altrimenti restavamo ancora un po’. È stato faticoso camminare per giungere fino a lì ma è stata interessante la storia a suo riguardo. È stato bello vedere questo lago con i miei occhi. Nicola Ho fatto l’esperienza in montagna con volontari e ragazzi disabili, abbiamo camminato in varie località della Provincia di Trento. Fare queste passeggiate è stato emozionante perché: ho conosciuto altri ragazzi e persone. Davide
D I SA B I L I TÀ
3 dicembre 2014, la giornata mondiale della disabilità a Trento sembra un film festival
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InternazionAbilità: per andare oltre i propri confini
i celebra il 3 dicembre la Giornata internazionale delle persone con disabilità, istituita dall’Onu. È una giornata che riguarda direttamente 3,2 milioni di italiani disabili. Un milione e mezzo dei quali sono persone che presentano limitazioni di tipo motorio, altrettante presentano una “maggiore riduzione dell’autonomia” e 900 mila con limitazioni della comunicazione. Per difendere i diritti della persona disabile, ogni anno il 3 dicembre si celebra una giornata di riflessione e confronto sul tema con eventi, progetti e iniziative in tutto il mondo. A Trento, L’Assessorato alle Solidarietà Internazionale, ha organizzato presso la Sala della Regione, in Piazza Dante, un evento cinematografico che ha coinvolto fin dalle sue prime fasi organizzative, numerose associazioni attive sul territorio e non solo.”Internazionabilità 2014, per andare oltre i propri confini”, questo il nome del progetto di partecipazione dal basso promosso dall’assessorato provinciale e che ha visto il coinvolgimento e la partecipazione di enti e cooperative sociali con specifiche competenze sulla disabilità motoria e mentale, fondazioni e associazioni che hanno sviluppato rapporti di cooperazione e collaborazione internazionale. L’obbiettivo del progetto? Celebrare questa giornata nel migliore dei modi, trasformando la Sala della Regione in un cinema in cui proiettare, docufilm non convenzionali, auto prodotti e che raccontano esperienze di riscatto tra i monti del Lagorai come nelle savane della lontana Tanzania. Il minimo comun denominatore di queste esperienze raccontate durante la serata? La disabilità come un viaggio verso il riscatto e l’eguaglianza, come condizione che genera opportunità insieme alla comunità, un momento per capire la complessità delle cose e un esempio di come la determinazione condivisa può farci andare oltre ogni ostacolo. Questi alcuni temi trattati nei momenti di riflessione tra una proiezione e l’altra, ripresi a loro modo in una discussione aperta tra rappresentanti di molte associazioni e organizzazioni che operano sul territorio, e le istituzioni, qui rappresentate dell’Assessora Provinciale alla Salute e Solidarietà sociale Donata Borgonovo Re e dell’Assessora Provinciale alla Cooperazione e Sviluppo, Sara Ferrari. Emerge dal confronto la necessità di un binomio internazionale tra progetti svolti in Africa ed esperienze di riscatto sociale presenti sul territorio Trentino e nazionale. Una testimonianza della possibile esistenza di un ponte tra culture diverse, che cercano un canale di dialogo e riscatto proprio grazie anche all’impegno del terzo settore, quello fatto di volontari, filantro-
pi, professionisti, associazioni, enti pubblici, fondazioni, enti religiosi e cooperative senza fini di lucro. Una cooperazione internazionale che attiva progetti ad alto impatto sociale, che creano cultura, lavoro e indipendenza, affron-
tando le disabilità fisiche, mentali e culturali, generando sempre nuovi spunti applicabili anche su scala mondiale. È il caso del docufilm “Less is more-crossing disability in Tanzania”, che racconta la storia di Norberto De Angelis ex giocatore di football americano che giocò nella nazionale italiana. Nel 1992 parte come volontario per un progetto umanitario in Tanzania, ma un incidente d’auto lo costringe su una sedie a rotelle. Inizia la sua “seconda vita”. Nel 2009 compie copre in sella alla sua handbike 3.798 chilometri della Route 66 da Chicago a Los Angeles, in 80 giorni. Nel 2013 gli viene chiesto di tornare in Tanzania, nei luoghi dell’incidente. Less is More documenta un viaggio di 750 chilometri, dalla città di Njombe sino a Dar es Salaam, percorsi con la sola forza delle braccia, nel 2013. Nei villaggi e nelle città, nelle scuole, le persone ascoltano e interrogano quest’ambasciatore venuto da lontano. Forti sono le reazioni degli stessi ragazzi disabili: sul loro viso si leggono sorpresa, emozione, curiosità. Sono esperienze che ci guidano nel profondo e che meritavano di essere raccontate e promosse ad un pubblico più ampio possibile. Per questo motivo l’evento è stato dedicato
interamente alle immagini, musiche e parole di tre docufilm ispirati da esperienze di vita contraddistinte dal coraggio, sfida, condivisione natura e grande umanità. Molto belle anche le immagini realizzate in Lagorai nel trentino orientale, un viaggio in compagnia degli asini tra boschi, torrenti e vette insieme a APSS, Centro di Salute Mentale. “Voci nel Lagorai” è un cortometraggio realizzato dall’Associazione Ama, insieme a “La panchina” e la “tribù delle Yurte” e presentato in una scorsa edizione del Trento Film Festival. Il disagio mentale viene qui affrontato e descritto con assoluta naturalezza, la stessa che si può respirare nelle terre selvagge del Lagorai, confidandosi davanti ad un fuoco, aiutando i muli nella loro faticosa marcia e liberandosi degli sguardi di una società impaurita dal diverso. In questa occasione di confronto è stato importante ricordare la forza e la voglia di cambiamento di persone che vivono costantemente a contatto con una disabilità, qui come a migliaia di chilometri di distanza, affrontando problematiche e proponendo possibili soluzioni, che inevitabilmente passano attraverso il senso di condivisione e l’autodeterminazione. In”With a different mind” presentato dalla Fondazione Fontana, si cerca di dare dignità proprio alla debolezza, alla fragilità e alla vulnerabilità, esaltando il contesto propositivo nato del network internazionale sulla disabilità tenutosi recentemente a Nairobi, Kenya. La lente della disabilità permette di affrontare i grandi tabù della nostra contemporaneità e offre un punto di vista che contrasta la dilagante disgregazione sociale e culturale, la perdita di valori, i conflitti, le intolleranze e il pregiudizio. Unico modo per sbiadire questi mali? Attenuarli avendo la possibilità di confrontarsi, di cambiare prospettiva per un impegno sociale, per ascoltare e condividere esperienze di persone che hanno vissuto e tuttora vivono un conflitto fisico o mentale, comunque personale e al tempo stesso sociale, da cui hanno saputo trarre nuova energia. Questa serata ha puntato certamente sui lati positivi, le sfide superate, e le opportunità legate a questo mondo, ma serve ricordare a tutti, quanto è stato fatto o si può ancora fare perché l’inclusione della disabilità nella società sia una cosa normale. Attraverso una presa di coscienza definitiva da parte dei governi, come dei singoli individui. Far conoscere la realtà della disabilità e delle persone che la vivono costantemente, a coloro che non ne hanno esperienza diretta, è il primo passo per costruire una visione collettiva realmente inclusiva. Lorenzo Pupi
L’Angolo del Filosofo
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Ciò di cui non si può parlare si deve tacere
on vi è mai capitato di trovarvi in una situazione così paradossale e fuori del mondo, così strana e al contempo meravigliosa, perfetta, delicata e certa come il fatto che in questo momento state respirando - da farvi rimanere muti, incapaci di parlare perché incapaci di trovare le parole “giuste” ed addirittura di pensare? A me è capitato proprio l’altro giorno, in una giornata talmente scontata e banale, brutta ai livelli più infimi, che mi ha portato dritta al supermercato per cercare qualcosa di dolce e stuzzicante per il palato in modo da risollevarmi. Beh, ero al banco delle verdure, proprio vicino alle cipolle viola, le mie preferite, quando mi sono sentita
osservata insistentemente. Infastidita, pensavo: «Ecco l’ennesimo seccatore!» ed invece, alzando gli occhi per un attimo, mi ritrovo a guardare un ragazzo, lui davanti alle cipolle bianche, che mi scruta con il più bel sorriso - tutto denti, labbra all’insù, una fossetta su ogni guancia e pure una fossetta sul mento - che io abbia mai visto sulla faccia di un uomo. Non vi nascondo che ho subito pensato che mi avesse scambiato per un’altra, eppure era così contagioso e talmente naturale che gli ho sorriso anch’io..ho fatto del mio meglio, ma di sicuro il mio non eguagliava il suo. Saranno passati dieci secondi, venti? e poi mi sono riscossa. Certo non potevamo stare tutto il giorno lì a
fissarci sorridendo inebetiti. Così me la sono data a gambe. Alla cassa lo ritrovo, nella fila accanto alla mia. E per la seconda volta, io che lo guardavo di sottecchi imbarazzata, lui del tutto tranquillo, i nostri sguardi si sono incrociati al di sopra dei panettoni in sconto e lui mi ha regalato un altro sorrisone, al quale ovviamente non potevo rimanere impassibile. Inutile dirvi che non sono manco riuscita a spiccicar parola. Era un momento talmente bello che non si poteva rovinare con le parole. Così, quando è arrivato il mio turno alla cassa, ho pagato e me ne sono andata senza voltarmi indietro, senza aspettarlo per magari dirgli qualcosa (ma cosa?), senza fare... niente. Ho taciuto. E per tutta la strada di ritorno a casa avevo uno sciocco, inebetito, assurdo sorriso stampato in faccia. Le mie labbra in qualche modo si rifiutavano di rispondere ai miei comandi mentali e per tutta la sera sono rimaste lì dove si trovavano, all’insù. Sara Caon
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Quanto pesano le problematiche legate all’obesità?
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Disabilità in sovrappeso
er il mondo disabile due gravissimi problemi sono, il sovrappeso e l’obesità. Nell’opulento mondo dell’occidente le statistiche riportano dati allarmanti. Sotto accusa ovviamente troviamo l’aumentata possibilità economica che comporta di per sé i cambiamento delle solite abitudini sociali. Una crescente offerta di ristorazione slow e fast food, attraggono senza remore i clienti che negli ultimi trent’anni hanno fatto registrare il drammatico allarme: sovrappeso ed obesità. Nel caso dei disabili il forzato immobilismo in cui siamo costretti, coniugato con la cattiva educazione alimentare spaventa e segnala un fenomeno dilagante in costante aumento. La ripercussione gravissima delle problematiche di salute legate al sovrappeso ed all’obesità, si riverberano anche sulla comunità poiché l’assistenza sanitaria è a carico dell’intera collettività. La crescente preoccupazione dei medici su casi di ipertensione, malattie vascolari, aritmie cardiache e episodi di cattiva respirazione hanno fatto dichiarare agli addetti ai lavori un momento storico drammatico. Per tentare di risolvere questo gravissimo problema, la branca della chirurgia si sdoppia e diventa, anche chirurgia bariatrica. Si tenta di dare una risposta esaustiva alle esigenze delle persone in sovrappeso ed obese (sembra in Italia sia almeno una percentuale del 9%) con l’ausilio di psicologi e psichiatri attenti alle richieste di questo tipo di pazienti. Spesso questo stato di fatto, nasconde realtà di frustrazione, di bulimia e di insoddisfazione cronica della propria situazione e della propria vita. Ovviamente per noi disabili il sovrappeso non è un fattore esclusivamente estetico, ma anche ed assolutamente di sopravvivenza. Molto si deve ancora fare per risolvere questa “piaga sociale” frutto di una società troppo consumistica dove si mangia troppo e spesso male. Condimenti troppo ricchi di grassi, calorie in eccesso, se sono nemici dei normodotati, per noi disabili diventano una vera piaga. Al passo con le richieste dei tempi, molte aziende si sono specializzate nella produzione specifica per questa fascia, sempre più “corposa” d’utenza. Alcuni ausili per i disabili in sovrappeso possono essere riassunti in: supporti per l’alzata, carrozzine con sedute più comode e profonde, deambulatori in grado di sopportare un carico di circa 300kg, alzawater rinforzati per ridurre lo spazio di “transito” del paziente in sovrappeso. Certamente gli ausili sono importanti, ma ancora di più lo sono le soluzioni che possano, dare risalto sempre di più al fattore scatenante, rendendolo materia di studio e di politiche legate al mondo giovanile. Paola Maria Bevilacqua
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INTERNAZIONALI
Inventata in Trentino la stufa che cova le uova e che consuma meno legna
L Rassegna stampa dal social-web! Una spinta al turismo del Veneto
Progetto “Gondole senza barriere”. Ancora una volta il Veneto si dimostra tra le regioni più sensibili alle esigenze di un turismo che deve essere per tutti, in un’ottica non solo di una maggiore integrazione delle persone con disabilità, ma anche di un territorio che sappia creare ricchezza da un indotto - quello turistico - che non può ignorare le esigenze di turisti (e si parla di circa 11 milioni di persone in Europa) con bisogni particolari. Un’ottima notizia apre quindi questo 2015, che speriamo possa essere un anno all’insegna della sempre maggiore accessibilità per tutti. È stato infatti approvato dalla giunta del Veneto un provvedimento col quale la Regione contribuirà con uno stanziamento di 50 mila euro alla realizzazione di un pontile permanente a Piazzale Roma che consentirà l’accesso in gondola alle persone in carrozzina. disabili.com
Treni accessibili. il nuovo regolamento UE per agevolare i viaggiatori disabili
Novità che arrivano da Bruxelles, dove la Commissione Europea nei giorni scorsi ha adottato un nuovo regolamento contenente i requisiti tecnici minimi per il settore ferroviario, affinché prendere il treno sia una azione che tutti, persone con disabilità incluse, possano compiere. Sono previsti interventi nelle stazioni ferroviarie, con obbligo di percorsi podo-tattili a terra e mappe a rilievo per i non vedenti, ma anche all’interno dei treni, i quali dovranno essere dotati di porte più ampie per consentire l’accesso a chi abbia problemi di deambulazione e/o ausili, rampe più dolci nelle aree riservate per persone in carrozzina e più luce nei mezzi per agevolare le persone ipovedenti. Si tratta di prime indicazioni molto importanti, ma il regolamento non sarà applicato retroattivamente, ovvero a convogli e stazioni già esistenti, ma a quelli di nuova realizzazione. disabili.com
Servizio civile universale
Il 79,5% dei giovani italiani considera favorevolmente il “Servizio civile universale” che il Governo sta attivando. Pur essendo attualmente poco conosciuto (meno del 10% lo conosce bene e il 35% ne ha sentito vagamente parlare), possiede caratteristiche che la grande maggioranza dei giovani considera utili e importanti: consente infatti allo stesso tempo di esprimere valori di solidarietà e arricchisce il proprio saper essere e fare con competenze spendibili anche nel mondo del lavoro (aspetto cruciale per il 95% degli intervistati). 20 gennaio 2015 - vita.it
Parmaccessibile.org, il portale del turismo emiliano senza barriere
L’idea è di Jessica Borsi e Matteo Salini, due ragazzi parmigiani disabili, neolaureati con la passione per i social e per la loro terra. Obiettivo? Aiutare le persone con scarsa mobilità a orientarsi fra le proposte turistiche della zona, tra parchi, terme, ristoranti, hotel, musei, sagre, concerti, festival, chiese, teatri, cinema, cantine, piscine e palazzetti. Jessica e Matteo - la prima tiene i contatti con le strutture e gli organizzatori di eventi, il secondo testa direttamente il tutto - non lasciano nulla al caso, e recensiscono a 360 gradi: “La nostra è una terra magnifica: tutti la devono poter godere appieno”. 15 dicembre 2014 - superabile.net
Alunni con disabilità, aumentano a Bolzano
Continuano ad aumentare, in Italia, gli alunni con disabilità. Nell’anno scolastico 2013-2014, superano le 150 mila unità, pari al 3,3% del totale. A livello territoriale, la percentuale più elevata, è stata rilevata per entrambi gli ordini scolastici, primari e secondari, nella Provincia autonoma di Bolzano (5,6% degli alunni nella primaria e 10,7% nella secondaria). Mentre, quella più bassa si registra in Basilicata (2,1% degli alunni della scuola primaria e 2,6% di quelli della scuola secondaria di primo grado). Questi idei dati recentemente diffusi dall’Istat. Secondo i quali, il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio e dello sviluppo rappresentano i problemi più frequenti negli studenti disabili, sia delle elementari che delle medie. 22 dicembre 2014 - west-info.eu
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Un pulcino salverà il mondo
a stufa trentina che cova le uova vince in Kenya il Green Innovation Award (premio per l’innovazione verde). L’idea è venuta dalla cooperazione tra Trentino e Kenya. I saperi più profondi del Trentino si sono incrociati con la sperimentazione in Kenya ed ha portato alla creazione di una stufa che costa zero euro e, quindi, di ampia diffusione. La premessa Negli altipiani del Kenya di notte fa freddo e solo poche uova (3 su 10) diventano pulcini. Per diversi motivi ma, soprattutto, perché v’è uno forte sbalzo di temperatura tra giorno e la notte. La stufa è fatta di materiali semplicissimi: fango, terra rossa, paglia e due scodelle in pietra refrattaria atte ad accogliere la legna. La stufa alta 70 cm circa viene a sostituire le “tre pietre” poste a terra ed al centro della capanna sopra le quali, sino a pochi mesi fa, si metteva il pentolone e che consumavano molta/troppa legna. Ora la stufa consuma meno legna e ciò equivale a risparmio di tempo e fatica da parte delle donne nel procurarla nel bosco, meno fumo e ciò equivale a meno malattie respiratorie ed essendo ad una certa altezza meno “mal di schiena” nel sollevare pesi. Ma soprattutto più pulcini! Nell’incavo sotto la stufa ove solitamente viene deposta la legna da seccare, infatti, sono state messe delle uova da cova (fertili) e dopo 21 giorni sono nati i pulcini. Involontariamente è stata ideata la prima incubatrice a legna. I saperi antichi ci sono stati d’aiuto. Nella vallate del Trentino, infatti, dentro al cassone sotto la stufa si ponevano un tempo le uova. Non solo. Anche i bambini prematuri e sottopeso venivano messi dentro una scatola di scarpe sopra a della bambagia e posti accanto alla stufa. Quindi s’è sperimentata la stufa a diverse altitudini ed ha funzionato. Ad un patto... che la cavità ove si schiudono le uova venga tenuta quasi quotidianamente pulita dal contadino per prevenire malattie per i neo nati pulcini. In questa cavità i pulcini rimangono la prima settimana di vita. Viene loro dato mangime adeguato ed acqua. La stufa, poi, comunica con un piccolo recinto protetto delle dimensioni della stufa stessa che si trova anch’esso in
cucina. Qui la temperatura è ambiente essendo la gabbia all’interno dell’abitazione e contigua alla stufa. I pulcini possono crescere indisturbati ed al sicuro. Escono dalla cavità per passare al primo recinto a partire dalla seconda settimana di vita e con il passare dei giorni si allontanano sempre più dalla stufa prendendo confidenza con il nuovo ambiente protetto. Questo primo recinto con rete a maglia stretta interno alla casa ed adiacente la cucina è possibile solo in Africa e non certo in Europa ove le diverse legislazioni ne vieterebbero l’allevamento per motivi di igiene, sicurezza, etc.. Il primo recinto è collegato, tramite una fessura sulla parete in legno, trattandosi spesso di baracche, ad un secondo recinto sempre a maglia
Sopra: Il Papa riceve il progetto. A fiaìnco: La prova temperatura del forno.
stretta protetto ed esterno alla casa ove i piccoli polli, possono tentare lo sbalzo di temperatura e di umidità. Questo secondo recinto ha una rete di ferro anche a pavimento onde evitare incursioni di animali predatori. Il raccordo tra queste tre semplici unità: sottoforno, recinto interno e recinto esterno con relativa gradazione di temperatura costituiscono l’innovazione che ha permesso allo staff di Tree is Life in Kenya di vincere il Green Innovation Award. Trattasi di una modalità molto semplice di allevamento ma, nel contempo, molto efficace. Ora si sta differenziando anche con altri uccelli da cova. Le galline nate in queste condizioni protette sono di gran lunga più forti e sane delle loro coetanee che nascono liberamente nei cortili delle baracche
africane e che spesso diventano preda facile di altri animali. Queste crescono sotto l’occhio del fattore, della massaia che si accorgono subito se una è malata o è debilitata. In cucina, inoltre, cadono sulla gabbia gli avanzi alimentari abituando i pulcini a cibo diversificato. Trattasi di un allevamento che si realizza a bassissimo costo e senza la necessità di corrente elettrica; per cui accessibile ai più. In tutta l’Africa v’è una capanna, una cucina ed un focolare. Basta alzare il focolare sfruttando il calore sia verso l’alto per cucinare le pietanze e sia verso il basso per la cova delle uova. Le famiglie che hanno sperimentato la “stufa che cova” hanno avuto un’addizionale di reddito di un quarto di stipendio circa. Un uovo da cova, infatti, costa meno di un euro (0,90 Kshs). Se un contadino acquista un uovo potrà rivendere il pulcino dopo un mese a 2,5 euro. L’utile, tolte le spese di mangime ed ammortamento stufa, è di 1 euro per pulcino. Moltiplichiamo il tutto per 50, tante quante le uova che stanno sotto una stufa domestica, e vedremo che l’utile per il contadino sarà di 50 euro al mese. Non male; in quanto il reddito medio delle famiglie contadine che vivono per lo più di autoproduzione è di 150 euro al mese. E, grazie alla stufa, passerebbero subito a 200 euro al mese. È stata addirittura la “first lady” del Kenya Sua Eccellenza Ms. Margaret Kenyatta a consegnare il premio nelle mani del direttore del progetto “Tree is Life” Thomas Gichuru che ha costruito di persona le prime stufe a olle copiando un prototipo di quelle che scaldano le case trentine. L’artigiano Gianni Gecele ha aiutato il cofondatore di “Tree is Life” Fabio Pipinato nell’implementare la stufa presso Ipsia, l’ong de le ACLI Trentine in collaborazione con la Fondazione Fontana. Gianni e Fabio hanno girato il Trentino a piedi ed hanno fatto tesoro di saperi antichi che stanno tornando utili in cooperazione internazionale. Sono soprattutto le donne africane, costrette quotidianamente a fare diversi chilometri a piedi per procurare legna per preparare il pranzo ad aver apprezzato il progetto co-finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento. Non cucinano più curve ed in assenza di fumo. E non è un caso che il progetto abbia ricevuto un riconoscimento anche da Unwomens (Agenzia delle Nazioni Unite per le donne) e sia stato esposto presso un expò internazionale a Nairobi e presentato a Papa Francesco in Vaticano. Fabio Pipinato
Alcuni dati emersi dalle ricerche Istat 2013-2014
Scuola, cresce il numero degli studenti con disabilità
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l report illustra i principali risultati dell’’indagine annuale sull’inserimento degli alunni con sostegno nelle scuole primarie e secondarie di I grado, statali e non statali. Le informazioni rilevate si riferiscono sia alle scuole sia agli alunni con sostegno. Il collettivo degli alunni è costituito dagli studenti che in base alla diagnosi funzionale redatta dalla ASL hanno la necessità di un sostegno per raggiungere gli obiettivi scolastici previsti dai programmi ministeriali nel percorso formativo. Non rientrano nel collettivo oggetto di analisi gli alunni che, pur avendo una limitazione, una menomazione o un problema di salute, non hanno necessità di un sostegno. Nel seguito gli alunni che usufruiscono dell’insegnante di sostegno saranno genericamente indicati come alunni con disabilità per uniformità con la terminologia adottata dal MIUR. Nell’anno scolastico 2013-2014 sono quasi 85 mila gli alunni con disabilità nella
scuola primaria pari al 3% del totale degli alunni, mentre nella scuola secondaria di primo grado se ne contano più di 65 mila. Nella scuola primaria, il 21% degli alunni con disabilità non è autonomo in almeno una delle attività come spostarsi, mangiare o andare in bagno e l’8% non è autonomo in tutte e tre le attività. Nella scuola secondaria di primo grado le percentuali sono rispettivamente del 15% e del 5%. Il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio e dello sviluppo rappresentano i problemi più frequenti negli alunni con
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disabilità in entrambi gli ordini scolastici considerati. Circa il 10% delle famiglie della scuola primaria e il 7% circa della secondaria hanno presentato, negli anni, un ricorso per ottenere l’aumento delle ore di sostegno. Il numero medio di ore settimanali di assistente educativo culturale o assistente ad personam è di circa 10 in entrambi gli ordini scolastici. Nella scuola secondaria di primo grado sono maggiori le differenze territoriali: le scuole del Mezzogiorno hanno un numero medio di ore inferiore (8,7) rispetto a quelle del Centro e del Nord (rispettivamente 10,6 e 9,5). Si riscontra una buona partecipazione degli alunni con disabilità alle uscite didattiche brevi senza pernottamento organizzate dalla scuola. Mentre risulta invece più difficoltosa la partecipazione alle gite d’istruzione con pernottamento,, soprattutto tra gli alunni della scuola primaria. La Redazione
AMBIENTE
La parte peggiore del Trentino raccontato in un docufilm presso il cinema Astra a Trento
Veleni in paradiso
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giornalisti d’inchiesta Andrea Tomasi e Jacopo Valenti, dopo il successo del loro libro «La farfalla avvelenata» sulla gestione dei rifiuti industriali in Trentino, sono tornati per mettere in luce una situazione ambientale complessa e ancora poco trasparente che coinvolge direttamente il territorio e la cittadinanza. Questa volta preferiscono divulgare la vicenda con il docufilm, dal titolo evocativo: “Veleni in Paradiso”. La proiezione è andata in scena prima di Natale presso il cinema Astra a Trento, in una sala affollata che ha saputo dare il giusto valore ad una auto-produzione frutto di un lavoro collettivo. Il film dura circa un’ora e racconta, attraverso le parole dei cittadini, comitati ed esperti, un Trentino poco conosciuto e trascurato: quello che ha ospitato e ospita veleni, pesticidi e rifiuti industriali dagli anni ‘70 ad oggi. L’inchiesta si prefigge di disegnare una mappa geografica che descrive le criticità ambientali di due zone “rosse”: la Valsugana e l’industria delle mele in Valle di Non. Nel documentario si parla della Cava di Monte Zaccon, a Roncegno Valsugana, riempita negli anni di rifiuti di scarto provenienti dalla famosa acciaieria di Borgo Valsugana, polpa, carta e cartone, fanghi di cartiera, rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi, terreni con idrocarburi. Stando ai dati riportati nell’inchiesta, delle 419.852 tonnellate di rifiuti smaltiti a Monte Zaccon tra il 2007 e il 2008, solo il 6,6% era conforme ai limiti di legge. Ma le incongruenze riguardano anche siti incredibilmente vicini all’abitato urbano di Trento, un esempio ne è la Cava di Sardagna. Un ex sito di estrazione e lavorazione di materiale edile destinato a ripristino ambientale. Secondo i periti, al quantitativo complessivo di almeno 177.273 tonnellate scaricate nel periodo 2007-2008, si aggiungono 108.499 tonnellate degli anni precedenti fino al 2006 per un totale di 285.772 tonnellate di rifiuti che vanno considerati contaminati. Nel reportage sono riportate anche le inchieste del Nipaf del Nucleo Forestale coordinate dalla procura di Trento, tra le quali, per citarne alcune: ”Tridentum” (una condanna e sette patteggiamenti) l’indagine “madre” sulle discariche di Sardagna e di Monte Zaccon a Roncegno; “Fumo negli occhi”, inchiesta sulle emissioni oltre i limiti di legge dai camini dell’Acciaieria Valsugana, a Borgo: emissioni di diossine in concentrazioni mille volte superiori a quelle stabilite dal decreto ministeriale del 31 gennaio 2005. Gli ex vertici dello stabilimento pagano 57mila euro di ammenda. Nessun risar-
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cimento, invece, per le parti civili che vivono, lavorano o studiano vicino a Borgo; “Ecoterra”, (due patteggiamenti) riguarda lo sversamento di terreni mescolati con scorie di acciaieria macinate in bonifiche agrarie e altre zone della Valsugana. Ma il lavoro dei due giornalisti d’inchiesta è voluto andare oltre a quanto già emerso nella precedente ricerca, riportando dati ambientali
Dall’alto: Andrea Tomasi e Jacopo Valenti alla prima del docufilm presso il Cinema Astra di Trento. Sardagna. La vecchia area industriale di Piedicastello.
che riguardano l’industria delle mele in Val di Non. Ecco allora che il titolo del film “Veleni in Paradiso”, non è un caso e i dati raccolti parlerebbero da soli: il confronto tra il consumo di pesticidi per ettaro di superficie agricola utilizzata a Trento è pari al 24,5 nel 2003 - 31,4 nel 2011, quando la media nazionale si attesta su valori pari a 12,0 nel 2003 - 10,8 nel 2011; i dati Istat sul consumo di “prodotti fitosanitari” indicano inoltre che il consumo annuo in Trentino, di soli fungicidi, utilizzati per mele, vigneti e piccoli frutti è pari a 1400 tonnellate. Questo significa, stando sempre a fonti Istat del 2014, che vi è una presenza costante di 53,92 kg di principi attivi per ettaro ogni anno. La media italiana è di 10 kg l’anno quando in Val di Non secondo il Comitato per il diritto alla salute, si raggiungono i 90 kg/ettaro ogni anno. Secondo invece l’indagine “Pesticidi nel piatto”, relazione annuale di Legambiente, le mele con più residui sarebbero quelle di Bolzano e di Trento. Il rapporto 2011 riferisce che in media in Italia il 46% delle mele analizzate presenta residui di più pesticidi. Il record è di Bolzano con l’88%, mentre in Trentino ci si attesta al 67%. In altre regioni alpine dove si coltivano mele le percentuali sono nettamente più basse e scendono al 38% in Piemonte e al 20% in Lombardia, Veneto e Valle d’Aosta. Questi sono i dati riportati nell’inchiesta e nel docufilm, e anche se non devono portare ad un incontrollato allarmismo, dovrebbero almeno aprire un dibattito serio ed argomentato in seno all’opinione pubblica. Se è vero che siamo ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo, è interesse del singolo cittadino attivarsi con i propri mezzi, per informarsi e divulgare. Affinché questo tema, che implica il bilanciamento di numerosi diritti,come salute e ambiente in primis, ma anche tutela dei posti di lavoro nelle aree eventualmente sottoposte a riqualifica e ripristino ambientale, sia costantemente sotto la lente di ingrandimento della collettività. È un’occasione importante e fondamentale quella che propongono i due Giornalisti e tutti quelli che hanno contribuito alla ricerca. Forse ci hanno regalato un’occasione per decidere non solo che futuro vogliamo lasciare alle nuove generazioni, ma anche un’occasione di riscatto per un presente trascurato. Un senso di giustizia, trasparenza ed equità che dovrebbe responsabilizzarci tutti, nessuno escluso. Lorenzo Pupi
Il Natale in Clarina con la sezione Anffas di via Gramsci è stata una festa di luci e colori
A
Clarina Ti riciclo!
nche quest’anno in via Gramsci si è svolto un natale speciale, che ha coinvolto tutto il quartiere, con l’abbellimento dell’albero
con materiali di riciclo, decorazioni e addobbi originali, realizzati attraverso la sinergia di una comunità che sa stare insieme. Piccoli gesti dal grande valore sociale, che hanno saputo riunire spontaneamente i bambini delle scuole materne del quartiere sud di Trento, gli operatori, ospiti, familiari e volontari dell’Anffas di via Gramsci, gli operatori commerciali che hanno fornito i materiali per il riciclo e la forza e volontà di uno spazio fatto prima di tutto di persone, realtà associative e cooperative attive nella zona e non solo. Un’occasione importante per ricordare alla comunità tutta, che non bisogna mai arrendersi al disagio, ma piuttosto cercare sempre nuove sinergie, investendo nelle forze delle persone e nel Fuori dal Centro Anffas di Via Gramsci si riunisce il quartiere sotto l’albero simbolo del riciclo. loro senso di appartenenza. Lorenzo Pupi
pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | febbraio 2015 - n. 1
Racconto
L’orizzonte rubato Zaida e Nur si dirigono al fiume. La nonna li segue, sollevando l’orlo del burka per non sporcarlo. Arriva che la nipote sta già scrivendo sulla sabbia. I tratti arzigogolati sembrano magici, ma l’incanto dura poco. Il belato di una pecora ricorda loro che il gioco è un lusso proibito alle bimbe del Pamir. “Cos’ha scritto tua sorella?” chiede la nonna. Nur incespica. Il maestro Farrouk non è bravo come la maestra di Zaida, ma è nato uomo e ciò lo autorizza ad insegnare nella madrasa in muratura ai maschi del villaggio. Le bambine e la maestra invece devono accontentarsi di una baracca con gli spifferi. “È una poesia” “Hai proprio una sorella studiosa!” “Sì, ma papà mi ha ordinato di non dire a nessuno quant’è brava, che sarà la nostra disgrazia “ “Lo dice ma non lo pensa: ha solo paura” “Di cosa?” “Delle parole, che sono più potenti dei fucili dei talib e delle bombe degli americani.” “Ma il maestro Farrouk ci ha detto che nessun uomo dovrebbe costringere un altro ad avere paura. E che se trattiamo male le femmine Allah si arrabbia.” La nonna ride: “A quanto pare anche nel tuo maestro si nasconde il germe della bontà, parola di vecchia analfabeta!” “Cosa vuol dire analfabeta?” chiede Nur sconcertato. “Analfabeta è chi non sa leggere né scrivere; chi ha voce, ma è come muto, perché nessuno lo ascolta davvero. Voi siete le nuove voci del Paese, non lasciate che vi zittiscano” “Va bene” promette Nur. “Ora vai a giocare” lo esorta la nonna, spolverando il burka. È affezionata alla stoffa che la separa dal mondo, anche se a volte la soffoca. Vorrebbe liberarsene, ma ha paura. Al diavolo! Tremando si scopre la testa. Il suo volto stanco si moltiplica sull’acqua fino all’orizzonte. Zaida l’abbraccia: ”Come sei bella, nonna” Lei sorride sdentata e si chiede come sarebbe stato avere una vita piena di sogni, pianti, lotte, soddisfazioni. Una vita vera. All’improvviso nella valle si ode uno sparo: qualcuno sta provando un kalashnikov. Zaida raccoglie i secchi dell’acqua, mentre Nur grida di affrettarsi. La nonna accarezza la poesia sul terreno prima di cancellarla, dandosi dell’illusa e avvolta nel burka del colore del cielo si riavvia verso il suo inferno quotidiano. È triste, ma non rassegnata, perché la magia delle parole incise nella terra l’ha convinta che presto un nuovo orizzonte sorgerà per le bambine nate all’ombra dei monti Pamir! Martina Dei Cas
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