Pro.di.gio. n°V ottobre 2013

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pro.di.gio.

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE PRODIGIO ONLUS SUL MONDO DEL DISAGIO E DELL’HANDICAP NUMERO V - OTTOBRE 2013 - ANNO XIV - LXXX NUMERO PUBBLICATO

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progetto di giornale

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Emodialisi e dialisi peritoneale

Quattro ruote e tacco 12

Ne parliamo con il dottor Alessandro Laudon, dell’ospedale Santa Chiara

Valentina Bazzani e il suo nuovo libro

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Marcia delle carrozzine da Arco a Riva per un codice della strada più equo e maggiore sensibilità

I disabili chiedono chiarezza

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Oltre le vette, oltre l’arrampicata...

8 settembre si è svolta la “Giornata di mobilitazione per i diritti di circolazione delle persone in carrozzina e scooter elettrici”. Si è trattato di una vera e propria “marcia” organizzata e promossa dal Circolo di cultura popolare di Arco, Video della marcia da Disabili in lotta per il riconoscimento dei diritti costituzionali e dalla U.I.L.D.M. TRENTINA sezione Riva del Garda con il patrocinio del Comune di Arco. Il percorso di cinque chilometri da Arco a Riva sulla ciclabile e sulla strada a tratti davvero pericolosa, è stato simbolicamente usato per chiedere chiarezza sul problema della circolazione sulla strada delle carrozzine elettriche per le quali manca una definitiva classificazione e regolamentazione. Si è trattata di una manifestazione molto partecipata per richiamare le forze politiche e parlamentari a prendere finalmente posizione con leggi chiare che tutelino il diritto alla mobilità dei disabili e degli anziani non deambulanti e per rimarcare il principio dell’uguaglianza descritto nell’articolo 3 della Costituzione. Ora la legge definisce veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall’uomo. Non rientrano, però, nella definizione di veicolo: le attrezzature per uso di bambini, le cui caratteristiche non superano i limiti stabiliti dal regolamento e quelle per uso di invalidi, che rientrano tra gli ausili medici anche se con motore. Nella realtà, però, le carrozzine elettriche tecnologicamente avanzate viaggiano su ruote ad un minimo di 15 chilometri l’ora proprio come un veicolo, ma la normativa attuale impedisce di tutelarle come tali poiché, essendo per legge ausili medici, non possono essere né targate né immatricolate e nemmeno assicurate per la circolazione su strada. La manifestazione chiedeva non solo maggior sensibilità e impegno per la soluzione dei problemi connessi alla circolazione dei disabili su carrozzina, basti pensare a tutte le barriere e gli ostacoli che ancora rendono difficile la loro vita quotidiana, ma l’adeguamento del Codice della strada affinché anche il disabile possa muoversi in libertà, sicurezza e tutela. Questa giornata ha voluto avviare un processo che possa favorire la costruzione di una cultura di un diritto che sappia attraverso leggi chiare, precise e applicabili dare risposte concrete ai disabili. L’Associazione Prodigio non solo ha appoggiato pienamente gli obiettivi e gli scopi di questa manifestazione ma cercherà di aggiungere la sua voce per dare ancora più forza a questa richiesta di tutela tanto naturale quanto finora inascoltata. Maurizio Franchi

Non solo detenuti

Alte quote, tandem, ferrate e teatro che si riscoprono per tutti con Oltre le vette

L’istruzione apre una breccia verso la libertà

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Il 3 settembre ci ha lasciato un amico

Un saluto speciale a Maurizio Mellarini

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l presidente dell’Associazione Prodigio, Giuseppe Melchionna, i collaboratori e volontari, si uniscono tutti al dolore della famiglia e di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere Maurizio Mellarini ed apprezzarne i valori umani e professionali. Maurizio è sempre stato per lo staff dell’associazione un punto di riferimento pre-

Ciao Maurizio.

sente e disponibile, sempre aperto a nuove esperienze e a dar spazio e visibilità al giornale dell’associazione con servizi dedicati all’interno del palinsesto di Telepace, di cui era redattore capo. La redazione del giornale pro. di.gio. e i suoi volontari del Servizio Civile devono riconoscerli un ruolo importante nel percorso formativo sull’informazione sociale e ringraziarlo per tutto il supporto che ha dato in questi anni. Mancherà a tutti il suo sorriso, la sua gentilezza e la sua disponibilità nell’accogliere con energia e interesse tutte le iniziative di volontariato, alle quali si dedicava sempre con passione. Ci piacerebbe ricordarlo così...

Opera realizzata a Cembra in occasione del V° Simposio di Scultura, tenutosi dal 2 al 7 luglio 2013 e donata all’Associazione Prodigio

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Ritorno dalle cave

ilvio Ferretti classe ‘49, residente a Chatillon, Aosta rappresenta con la sua opera, una sorte di stele che ci racconta l’epopea dei nostri padri. Ogni giorno per recarsi al duro lavoro nella cave si sottoponevano ad un altrettanti faticosi viaggi giornalieri densi di pericoli. Dovevano attraversare la valle e il torrente Avisio, un corso d’acqua all’epoca molto più imprevedibile e impetuoso; per approdare poi in Camparta a Albiano, fino a San Mauro località che ospita le cave di porfido. Leggendo la scultura come un libro si nota che alla base scorre il torrente con i suoi sassi

In alto Silvano Ferretti. In basso la consegna a Prodigio.

di porfido levigati dalla forza dell’acqua. Risalendo con gli occhi si scorgono ligie figure piegate dallo sforzo: sono i lavoratori che ritornano stanchi, risalendo il dislivello fino al paese. Questo è descritto con minuzia dei particolari ed è situato al culmine della scultura lignea, rappresentato con una dolce miniatura nella quale sapientemente risaltano i nodi del legno, usati come rosone della chiesetta. In centro con la consueta, delicata e raffinata maestria l’artista ha creato un ritratto di famiglia con i suoi personaggi, oggetti di uso quotidiano e simbologie di anni passati. L’opera, come in un cerchio che si chiude in armonia, è contornata da una serie di cubetti in porfido, omaggio al lavoro degli uomini e donne di questa magica valle. Lorenzo Pupi


AV V E N T U R A

La magia dell’acqua e della barca a vela

La vita secondo Alex

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ano nella mano è più sicuro, mano nella mano posso andare ovunque, sconfiggere le paure e imparare a conoscere un mondo nuovo. Il primo giorno è sempre pieno di aspettative, tanta persone si aggirano in questo spazio tutto da esplorare. Ci sono barche di ogni tipo e dimensione, tanti giochi e tanti altri bambini, che come me, hanno l’istinto irrefrenabile di correre, urlare, sorridere, osservare, giocare e piangere.. senza freni e inibizioni. Io adoro i giochi con carte e figure come ad esempio il “Memory”, tutte quelle immagini strane e colorate che vanno messe in ordine. Non sono tanto diverse dalle persone che incontro nella mia vita, anche loro esprimono una sorta di colore in ogni caso a loro mi affeziono e mi piace farle sedere, scambiarle di posto, farle rialzare e poi risedere, l’importante è che mi stiano vicino. Il mio educatore è una persona particolare, forse un po’ strano: introverso ma dal sorriso pronto, apprezzo l’attenzione che mi rivolge, mi segue con lo sguardo, cosa che faccio regolarmente pure io con lui. Esploriamo insieme altri modi di comunicare non verbali, come il tatto, il gesto, l’olfatto e soprattutto la vista. Esploriamo anche il mondo che ci circonda, soprattutto quello naturale, con passeggiate in riva al lago, accanto ai giunchi, sui pontili e sotto gli alberi. È un mondo che mi affascina e terrorizza all’unisono ed è per questo che non mi allontano mai troppo da lui o da altre persone a me amiche. Mi piace conoscerlo anche attraverso loro, avvicinandomi all’acqua, guardando gli altri bambini che si tuffano, corrono e si rituffano senza timore, tutto questo mi fa stare bene e mi fa sentire partecipe. Ho avuto tanta paura dell’acqua, sia che fosse di lago, di mare o di fiume. È una sostanza strana, talvolta fredda, sempre in movimento, talvolta lucida e sicuramente profonda. All’inizio avrei fatto di tutto per non avvicinarmi, aggrappandomi ad ogni cosa possibile, come alberi, staccionate e quant’altro, finché un giorno a piccoli passi non

mi è stato insegnato a toccarla, a immergerci i piedi, a salire su un pontile galleggiante fino ad andare in mezzo al lago in barca. Ma non è stato certo facile ne per me ne per nessuno lì accanto. Il mio amico educatore dopo qualche giorno aveva capito quello che era il mio punto debole e allo stesso tempo punto di forza: fare

le cose in compagnia e sorridendo. Semplice no ? Se ho qualcuno accanto a me, meglio che siano più persone, mi tranquillizzo guardandole, sorrido, loro fanno lo stesso con me e tutte le ansie e paure svaniscono. Mi ricordo della prima volta sul pontile, non ci sarei mai salito da solo, ma dando la mano ad un paio di ragazzini

miei coetanei, è stato naturale e così divertente che ho quasi fatto impazzire il mio educatore corredo avanti e indietro per almeno mezza

giornata. Non parliamo poi della prima volta che sono salito su una barca a vela. Lì ho avuto davvero tanta paura e c’è voluto dell’ingegno e tanta pazienza perché mi convincessero a salire bordo. D’altro canto, come di fronte ad ogni scoperta, c’era vicino a me il mio custode e tanti altri bambini che mano nella mano con la mia mi trasmettevano la loro spontaneità, la mia curiosità si liberava e non aveva più limiti. Queste importanti scoperte sono diventate

come un antidoto alle mie paure, ai miei stati di agitazione, alle mie perplessità verso un mondo così schematico, fatto di regole e barriere. Alcune volte mi divertivo a trascinarmi dietro qualcuno e lo facevo salire in barca con me, era una grande soddisfazione che scaturiva in un’ esplosione di colori, di immagini e di sensazioni. Un mondo nuovo, galleggiante, circoscritto quanto basta e sempre popolato da persone amiche, che forse per una volta, vedevano quello che vedevo io, respiravano gli stessi odori, come me si facevano trasportare dal vento e sorprendere dagli spruzzi, che le piccole onde di lago ogni tanto regalano. La cosa sicuramente più bella era immergere prima la mano e poi tutto l’avambraccio nell’acqua, lungo il lato della barca. Quando c’era velocità, la sensazione era piacevole, come un continuo massaggio, un flusso che dalla pelle raggiunge la mente creando equilibrio e benessere. Poi tutte quelle corde e lenzuoli bianchi si muovevano, si stendevano e seguivano il vento con eleganza e semplicità. Mentre tutto si animava le persone accanto a me erano impegnate in gesti costanti e ripetitivi che in qualche modo servivano a far scivolare avanti il nostro mondo. Stavamo navigando su un’ acqua che d’improvviso non era più così profonda, così incontrollabile o lontana: era solo acqua e tante altre belle cose che ora non so esprimervi. Un ringraziamento particolare va alla Cooperativa Archè, Cooperativa Amica, Centro Nautico Ekon a San Cristoforo al lago, Corrado Bentini e la sua imbarcazione “ Morbilla”. Lorenzo Pupi

Luca Pancalli ex atleta olimpico e paralimpico si racconta in un romanzo per due esistenze, redatto dal giornalista sportivo ed ex-atleta olimpico Giacomo Crosa

“Lo specchio di Luca”

pro.di.gio.

Un intreccio di eventi a Pinè Al Centro Congressi Pinè 1000 di Baselga di Pinè, nella sala delle mostre, il sindaco della cittadina Ugo Grisenti ha accolto il commentatore sportivo, nonché ex atleta olimpico specializzato nel salto in alto, Giacomo Crosa. La presentazione è stata incorniciata dalla mostra fotografica di tre autori che hanno immortalato vari momenti e luoghi della contemporaneità: Ernesto Fantozzi e la memoria della strada statale varesina, Giulio Di Sturco e il suo Giappone post tsunami ed infine Alessandro Penso che ha immortalato la Grecia attuale vissuta dagli immigrati. L’attenzione è stata però convogliata sull’incontro con Crosa, in Trentino per far conoscere il suo prodotto, nato dalla collaborazione con Luca Pancalli, che si presenta come romanzo che coniuga la vicenda umana e sportiva dello stesso Pancalli. Altro non è che la testimonianza di un’esistenza fuori dal comune che si racconta rivelandosi alla fine...normale, consueta. Non solo relazionato al Festival di fotografia Trentino Immagini, quindi, quest’incontro per la presentazione di Lo specchio di Luca si traduce anche come prosecuzione della manifestazione agonistica Diversamente Sportivi: un evento di stretto connubio tra sport e laboratori che la valle ha accolto durante il mese di luglio vantando anche la presenza di atleti paralimpici ed altri illustri esponenti sportivi. Un forte segno che l’attenzione alla diversità

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e alla cultura è ancora alta. Un romanzo a quattro mani, due esperienze, un racconto di vita. Il modus operandi redazionale di questa testimonianza è stato molto immediato, senza troppi livelli intermedi: mentre Luca Pancalli sciorinava i suoi ricordi, Crosa rivestiva il ruolo dello “scriba”, cercando, compito non semplice!, di cogliere il cuore degli avvenimenti rendendo su carta le emozioni di chi tutto ciò l’ha vissuto: non pensavo di scrivere un libro non tecnico, questo è un romanzo, una storia terribile e la testimonianza di un gran impegno. Io l’ho scritto ma Luca raccontava. È un libro che s’è formato da quattro ore di conversazione: sono le sue memorie, io non ho voluto conoscer altre persone della sua storia perché non volevo che i suoi ricordi fossero inquinati da altre voci. L’evento che cambia la vita a Pancalli ha forme equine e si chiama Condor. Durante una competizione ippica a Vienna questo cavallo, estratto a sorte e su cui Luca già aveva un pessimo sentore, gli cade addosso nel penultimo ostacolo e da lì rimane paralizzato. Lo specchio di Luca è il racconto di un’esistenza che si biforca in due “vite” affrontate con la forza della normalità, sottolineando però durante la narrazione che di santifico in tutto ciò non c’è niente. È rendere normale la normalità. Tutto il libro è permeato da una grande

forza e racconta il raggiungimento di obiettivi sempre nuovi, senza mai lasciar trapelare un “non ce la faccio”! L’autonomia è conquistata anche se in carrozzella: Pancalli consegue il diploma di maturità, la laurea, costru-

Sopra lLuca Pancalli, a fianco a copertina del libro

isce una famiglia, diventa presidente e poi vice del CONI, del comitato italiano paraolimpico, segretario del comitato paraolimpico europeo... Uno specchio come discrimine Il titolo evidenzia il ruolo fondamentale dello specchio: dopo sei mesi di degenza in un centro di riabilitazione in Austria Luca si trova trova davanti ad uno specchio e l’immagine proposta è quella di un ragazzo che del fisico dell’atleta non ha più nulla, è un corpo raggomitolato su

una carrozzina: per la prima volta si vede. Con quell’evento c’è la presa di coscienza visiva di una nuova esistenza. I temi affrontati sono molteplici: il conflitto con dio, il primo amore, il sesso, il rapporto con il padre e le soluzioni scelte...ogni 25-30 pagine c’era la rilettura, il confronto diretto tra i due autori. Quando Luca si metteva a piangere era un buon segno: voleva dire che ero riuscito a raccogliere le emozioni in cui lui si riconosceva. Ma non era semplice rimanere indifferente e a questi tipi di reazioni. Ma non si tratta di un memoriale di disgrazie, come ci si potrebbe aspettare essendo un argomento così delicato: è un libro tanto tragico quanto comico. È una sorpresa. Pagina dopo pagina il racconto si svela quasi divertente e chiudendolo a fine lettura lascia un insistita voglia di fare, istiga a mettersi in gioco. Lo specchio di Luca non si tratta quindi d’un compianto, ma invita a riflettere su circostanze che la normalità solitamente relega all’indifferenza. Monica Miori

Direttore responsabile: Francesco Genitoni. Abbonamento annuale (6 numeri) Proprietà: Associazione Prodigio Onlus Redazione: Giuseppe Melchionna, Luciana Bertoldi, Carlo Nichelatti, Monica Privati €15,00; enti, associazioni e sostenitori €25,00 con Indirizzo: via A. Gramsci 46/A, 38121 Trento Miori, Giulio Thiella, Fabrizio Venturelli, Maurizio Franchi, Lorenzo Pupi. bonifico bancario sul conto corrente con coordinate IBAN IT Telefono: 0461.925161 Fax: 0461.1590437 Hanno collaborato: Eleonora Avi, Luciano Trentini, Dorotea Maria Guida, Sara 25 O 08013 01803 0000 6036 2000 intestato a “AssoSito Internet: www.prodigio.it Caon. ciazione Prodigio Onlus” presso la Cassa Rurale di Aldeno e E-mail: associazione@prodigio.it In stampa: giovedì 25 luglio 2013. Cadine indicando la causale “Abbonamento a pro.di.gio.”. Aut. del Trib. di Trento n. 1054 del 5/6/2000 Stampa: Publistampa (Pergine Valsugana). Pagamento con carta di credito su www.prodigio.it. Spedizione in abbonamento postale Gruppo 70% pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | ottobre 2013 - n. 5


S P O RT E T E M P O L I B E R O

Alte quote, tandem, ferrate e teatro che si riscoprono per tutti con Oltre le vette, gruppo della Società Alpinisti Tridentini, SAT, di Arco. Spunti da un incontro con due rappresentanti Ivo Tamburini e Adriano Pisoni

Oltre le vette, oltre l’arrampicata, oltre il ciclismo... oltre i limiti possibilità di uscire da una condizione di semi-isolamento. Non partecipano solo adulti o curiosi ma anche gli istituti scolastici spesso si affidano al gruppo Oltre le vette per cercare sostegno, soprattutto nell’organizzazione di gite, facendo sì che ragazzi con disabilità possano percorrere, assieme ai compagni di classe, i percorsi montani

Sopra: gita in joelette sullo Stivo. A fianco escursione di alcuni ciechi sullo Stivo.

o uscite altrimenti difficilmente affrontabili. L’interesse per la joelette è stato dimostrato anche dalle scuole professionali di Rovereto che hanno costruito due strumenti simili, ribattezzati Heidi, e due handbike. Abbiamo prestato loro l’originale perché ne traessero spunto e, a fine anno scolastico, c’è stata la cerimonia ufficiale per presentare queste due creazioni dell’istituto alla comunità. Le joelette sono state regalate alla SAT e le handbike ad un’associazione di Rovereto. La collaborazione con le scuole è sempre attiva. Chi propone i progetti? Le iniziative vengono proposte dal gruppo stesso. Tra i progetti più recenti s’è organizzata una gita in tandem: cinque biciclette biposto con cinque persone non vedenti. Succede spesso che durante queste uscite non s’instauri solo un rapporto di solidarietà, ma anche di pura amicizia: si creano relazioni che poi maturano senza più passare dal gruppo, così ci si organizza anche privatamente per andare a farsi un giro con gente nuova conosciuta nel corso di questi progetti. Ad esempio noi siamo andati ultimamente a fare un ghiacciaio con un non vedente, conosciuto in uno di questi contesti. I ragazzi si fidano di sconosciuti che li portano in ambienti aspri o per loro del tutto nuovi? Noi non ci improvvisiamo istruttori o esperti di montagna ma ci affidiamo, nell’ambito della SAT, al gruppo Prealpi che sono istruttori di alpinismo e scialpinismo, quindi questi ragazzi hanno la sicurezza di trovarsi in mano ad esperti. Ci sono due persone che seguono ogni ragazzo. Quando gli dicono può andare è sicuro che è fattibile. Abbiamo affrontato il sentiero Benini, il tratto più recente del percorso delle Bocchette, con dei passaggi anche difficoltosi. Ma non ci siamo risparmiati le discese dalle pareti e tragitti anche abbastanza impegnativi, come ad esempio il Vajolet. Quali sono i problemi che solitamente vi si pongono durante queste uscite? Problemi non ce ne sono. Sembra incredibile agli esterni ma i non vedenti riescono a fare quello che fanno le persone considerate normali, è sufficiente indicare loro gli ostacoli e si superano. I

problemi che emergono derivano da chi li vede da fuori. Non si tratta di un’impresa, può apparire quasi una pazzia, ma in realtà sono azioni tranquillamente fattibili con le giuste informazioni, senza nulla di eroico. La SAT di Arco crede in questi progetti, ma si stanno diffondendo anche nelle altre sezioni, l’esperienza della solidarietà bisogna ampliarla il più possibile, stiamo collaborando perché arrivino al maggior numero di persone. Le joelette adesso sono molto utilizzate rispetto a qualche anno fa e per noi è motivo di orgoglio. Si cerca anche di arrivare ad uno scambio di volontari, per andare incontro alle esigenze di ognuno: sarebbe proficuo pensare ad una collaborazione tra le varie sezioni anche per questo motivo. Altre iniziative che meritano di essere menzionate? Al momento sono attivi corsi per ragazzini down in collaborazione con scuola Prealpi. È un corso aperto a persone con disabilità fisiche e mentali, naturalmente nel secondo caso che siano compatibili con l’attività proposta. Sono sempre seguiti da esperti, sia a terra sia durante la salita della parete perché rimangano sempre in sicurezza. Oppure fuori dall’ambito sportivo abbiamo organizzato una cena al buio, per cui abbiamo dovuto rifiutare le iscrizioni, ma anche teatro per i ciechi, altrettanto partecipata: il testo di questa commedia era stata una parodia sul modo di comportarsi delle persone sui non vedenti. Loro davano il messaggio su come non comportarsi. Monica Miori

MARKETING SAIT

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l logo del gruppo è esplicativo di per se: una joelette e un bastone per ciechi con sfondo montano: chiaro ed esplicito il fertile connubio tra disabilità e montagna. Cos’è Oltre le vette? La frequentazione di Prodigio Onlus con Oltre le vette risale al 2008 grazie ad un esperimento, svoltosi con un successo, che ha visto l’inaugurazione di una joelette sul monte Stivo, percorrendo il sentiero da malga Campo fino al Rifugio Marchetti. In questi anni il gruppo Oltre le vette è cresciuto e non ha mai smesso di proporre iniziative: eventi variegati, sportivi e culturali che toccano ambiti e destinatari diversi, che rendono alla portata di ognuno sport e proposte che solitamente vengono ritenuti impraticabili dal pensiero comune, mantenendo comunque saldi i principi dell’accessibilità e del volontariato. Un esempio? Arrampicata per ciechi. Un altro caso? Scalata fino al rifugio Marchetti sullo Stivo per persone con disabilità. Ancora? Ferrata per non vedenti. Gli esordi e le prime esperienze con la joelette. Com’è nata l’idea di proporre questo strumento? È maturata in collaborazione con un componente di Montagna Amica, Stefano Cortelli, lui aveva in mente di puntare sulla joelette perché ebbe occasione di vederla all’opera in Francia; abbiamo poi ragionato assieme sulla questione dei finanziamenti e su come quest’ausilio potesse essere sfruttato nella maniera più efficace. Le impressioni sull’utilità dello strumento furono avvalorate sul campo: nel 2006 venne affrontato lo Stivo con una portantina costruita da un falegname di Arco. In quell’occasione servirono otto persone per portare in quota un ragazzo, imbragato come un salame. Con la joelette invece tre persone possono portane una, ma anche due potrebbero essere sufficienti, in base al peso del trasportato e a seconda del percorso da affrontare. Lo scopo? Applicare la socialità alla montagna...cosa che può offrire grandi risultati! Inizialmente la joelette venne proposta alla sede centrale SAT Trento al presidente Franco Giacomoni che la reputò un’idea eccezionale; la prima fu quindi acquistata con un finanziamento da tutte le sezioni. In seguito, tramite i Lions, venne organizzata una serata di raccolta fondi a teatro per acquistare un’altra joelette, ora in dotazione alla sede di Arco. A livello nazionale al momento ci sono almeno trentotto di questi ausili. È un’iniziativa che si limita al territorio locale? Ci si muove su più fronti: abbiamo contatti con Padova, a cui abbiamo presentato la joelette, ma abbiamo instaurato anche relazioni a livello internazionale, come con la Francia. Nel 2009 abbiamo partecipato anche al campionato del mondo di joelette tenutosi nel maggio a Rochefort sur Mer, in Francia. Alla manifestazione hanno partecipato 65 equipaggi, la maggior parte locali: esperienza tanto gratificante quanto impegnativa, sia economicamente sia dal punto di vista organizzativo. In ogni caso l’obiettivo finale è quello di far conoscere questo strumento, è necessario valorizzarlo, sottolineando il più possibile la sua utilità. Arrampicate, gite in tandem, escursioni in alta quota e ferrate... Come avvicinate gli interessati alle vostre iniziative e chi sono? La maggior parte dei nostri partecipanti ci conoscono tramite gli eventi che proponiamo da sei, sette anni a questa parte, molti sono arrivati con il passaparola, ma alcuni anche attraverso stampa. Ci fa piacere aver tante persone interessate perché alcune di loro rivivono la loro vita: organizzando questi progetti hanno la

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S P O RT

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S O L I DA R I E TÀ

Ne parliamo con il dottor Alessandro Laudon, dell’ospedale Santa Chiara di Trento

L’istruzione apre una breccia verso la libertà

Emodialisi e dialisi peritoneale in Trentino

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l dottor Alessandron Laudon, responsabile della dialisi peritoneale nell’U. O. di Nefrologia e dialisi dell’Ospedale Santa Chiara di Trento, s’è reso disponibile ad approfondire la tematica dialitica relazionata al contesto trentino. Il reparto di Nefrologia dell’Ospedale Santa Chiara di Trento ha come Direttore responsabile il Dott. Giuliano Brunori e si occupa delle patologie renali acute e croniche utilizzando metodiche non invasive presso l’Ambulatorio, mininvasive presso il Day Hospital ed invasive in regime di ricovero ordinario. I problemi ai reni come si traducono in cifre sul territorio trentino? L’insufficienza renale è una patologia che colpisce nella sua forma lieve-moderata fino al 5% della popolazione e, nella sua forma più grave, attacca i reni non più funzionanti che vengono sostituiti dalla dialisi o dal trapianto, fino allo 0.1% della popolazione. Questi dati calati nella realtà trentina si traducono in circa 20-25mila persone con insufficienza renale (dallo stadio 1° al 4°) e circa 500 persone con insufficienza renale allo stadio 5° (dialisi o trapianto di rene). Nel corso della sua esperienza quali sono i comportamenti scorretti che ha spesso riscontrato nei pazienti e che dovrebbero essere limitati per prevenire problemi renali? Quali possono essere gli accorgimenti che consiglia per evitare l’insufficienza renale ed un eventuale percorso di dialisi? Le principali cause dell’insufficienza renale sono le glomerulonefriti, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, le malattie autoimmunitarie e le patologie urologiche ostruttive. Se alcune di queste malattie non si possono prevenire perché su base genetica o idiopatica, per altre, come l’ipertensione arteriosa ed il diabete mellito, sicuramente dei corretti stili di vita possono aiutare alla loro prevenzione o cura. Questi accorgimenti sono: seguire una

sana alimentazione, evitando gli eccessi di sale, zuccheri e grassi, praticare una costante attività fisica (è sufficiente una passeggiata di 45’ al giorno) ed evitare il fumo. Su mezzo migliaio di pazienti sottoposti

Macchinario per la dialesi peritoniale

a dialisi nella Provincia di Trento quanti, nell’arco di un anno, arrivano al trapianto di rene? Nella Provincia di Trento, dati aggiornati al 31 dicembre 2012, ci sono 532 persone in trattamento dialitico o portatrici di trapianto di rene, rispettivamente 259 dializzati e 273 trapiantati. Dei 259 dializzati, 218 sono in trattamento emodialitico e 41 in trattamento dialitico peritoneale. Ogni anno in Trentino iniziano la dialisi circa 70 persone. Di questi dati colpisce l’elevata prevalenza dei trapiantati, il 51.3%, rispetto ai dializzati. Questo rapporto a favore dei trapiantati è il più alto in Italia.

Altro dato che si colloca al di sopra della media italiana è la prevalenza delle persone in dialisi peritoneale (il 15.8%). Quali sono i pro e i contro rispettivamente dell’emodialisi e della dialisi peritoneale? L’emodialisi è quella metodica sostitutiva che si esegue in ospedale per tre mezze giornate alla settimana, mentre la dialisi peritoneale è un trattamento che si esegue giornalmente ed autonomamente al proprio domicilio. Quest’ultimo, quindi, si adatta meglio alle abitudini di vita ed ai ritmi lavorativi della persona, è anche meglio tollerata e presenta minor effetti collaterali nell’assistito, tipo ipotensione, astenia e crampi. A tutte le persone che devono iniziare la dialisi vengono illustrate le due modalità, sta poi al soggetto, aiutato dal personale medico ed infermieristico, a scegliere la metodica che più si adatta, dal punto di vista clinico e fisico, al proprio caso e che meno impatta con le abitudini di vita. A Trento, all’interno del Reparto di Nefrologia dell’Ospedale S. Chiara, esiste uno specifico team composto da medici ed infermieri disponibili 24 ore su 24 dedicato all’insegnamento della dialisi peritoneale ed al controllo clinico delle persone che eseguono tale metodica. Molte persone sono restie ad accettare quest’ultima tecnica. Come viene accolta dai pazienti in Trentino? In questi ultimi anni l’utilizzo della dialisi peritoneale è notevolmente aumentato nella nostra Provincia, con una diffusione pressoché capillare in tutti i Distretti, anche quelli più periferici che rappresentano le zone geografiche dove viene più utilizzata. Ad esempio nei Distretti Val di FiemmeFassa e Val di Non-Sole lo scorso anno quasi la metà delle persone che hanno iniziato la dialisi hanno utilizzato questa metodica. Questo permette minori spostamenti delle persone per eseguire la dialisi e quindi una miglior qualità di vita. Monica Miori

L’angolo del filosofo

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ono qui a contemplare file e file di insalate color verde acceso. La pioggia, lieve, scende quasi come una carezza, senza fermarsi. Su di me ha uno strano effetto: mi intristisce, e parecchio. Sarà la mia meteoropatia. O forse il mio stato d’animo dipende dal colore dei miei occhi: quando piove, diventano grigi e, d’un tratto, come se dagli occhi trapassasse nell’anima, il grigiore si tramuta in malinconia ed il mio animo si immalinconisce. C’è chi mi dice che non è possibile, che, insomma, se sei felice dentro non puoi lasciarti influenzare dal cielo, e se il sole ce l’hai in te, non importa la pioggia fuori di te. Però io non ci credo. Non credo che la pioggia sia solo pioggia ed il sole solamente sole. Comunque no, non voglio tediarvi sugli effetti corporali che la pioggia ha su di me. In realtà, a volte mi accade il contrario. Ciò succede quando cammino sotto la pioggia, e rigorosamente senza ombrello, come mi è accaduto poc’anzi. Camminare è ristoratore e farlo sotto la pioggia bilancia l’elemento tristezza che questa mi suscita. Camminando sotto la pioggia posso finalmente essere me stessa nel modo più completo che per ora mi è

Piove! Ergo Sum. dato conoscere. Provo una sensazione indicibile in quel piccolissimo attimo di attesa, tra una goccia e l’altra: la mia pelle si protende quasi per assaporare in anteprima la goccia che verrà appena dopo, pregustandone la freschezza, inarrivabile e necessaria, di cui sarà portatrice sana. Oh, non fatemi diventare poeti-

ca, per favore: per questo basta “La pioggia nel pineto” di d’annunziana memoria. La bellezza salverà il mondo? Può darsi. La pioggia e la poesia il mondo lo salvano di sicuro, e cosa sono se non bellezza? Qual è il destino della bellezza? Qualcuno dice che il suo destino non è il mantenimento del segreto. Perciò, o pioggia, rivelati, pa-

lesati al mondo. Scroscia come bellezza, inondaci e bagnaci con il tuo incanto. Mostrati come intuizione assoluta dalla quale inferire la gioia del nostro essere più intimo. Appari, come un “Eureka!”, in una specie di “Piove! Ergo Sum!”. Metto un piede dietro l’altro, lentamente, provando a farlo con grazia, e sento il rumore dei miei passi, ciak ciak. Vado avanti, sempre avanti, e la pioggia mi segue, scende sul mio viso e cade giù, come mille piccole lacrime, soltanto non salate. Alzo gli occhi e la vedo scendere su di me, incessante, carezzevole, bagnata. La pioggia bagna ed è bagnata. Secondo me, si crogiola nel suo bagnarsi, lo desidera come desidera che la terra sotto di lei si bagni per causa sua. Ama sapersi causa di qualcosa che si bagna. Mi gocciola sugli occhi, sul naso, sulle labbra e, quando l’assaggio, il suo sapore mi sfugge, non si lascia catturare. Piove, ed io sono qui. Piove, e assurdamente provo l’impulso di cantare, volteggiando su me stessa. Lo faccio, e subito un paio di occhi appartenenti ad un uomo in bici mi fissano allibiti. Tranquillo, sto solo cantando sotto la pioggia, nella pioggia, attraverso la pioggia, con la pioggia, per la pioggia. Singing in the rain. Ed è splendido: dovreste provare. Sara Caon

Non solo detenuti

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i pensa spesso al carcere come il luogo in cui le persone che vengono rinchiuse passano anni a fissare le sbarre, aspettando di tornare in libertà. Questo luogo comune del detenuto nullafacente non rispecchia fortunatamente la realtà del sistema penitenziario attuale. La riabilitazione dei detenuti si fonda principalmente su istruzione e lavoro; il tempo da trascorrere nell’istituto può in questo modo essere sfruttato per proseguire gli studi o imparare un mestiere. Una volta terminata la pena, l’impegno spesso può fare la differenza, tra coloro che hanno usufruito dei corsi scolastici o professionali durante la detenzione, e chi al contrario non ne ha approfittato. I primi, sono avvantaggiati nel reinserimento lavorativo, anche grazie alle cooperative sociali che offrono loro queste opportunità. Mentre gli altri, al termine della pena, rischiano di ritrovarsi in libertà in una situazione simile a quella precedente alla carcerazione, esponendosi nuovamente ai comportamenti delittuosi e di conseguenza ha maggiori possibilità di diventare recidivo e tornare tristemente all’interno di un istituto di pena. La situazione italiana presenta però delle peculiarità che risaltano particolarmente se analizzate comparandole con i dati sul carcere provenienti da altri paesi europei: ricorriamo maggiormente alla pena detentiva, senza concedere molte misure alternative. Se nella maggior parte dei paesi UE i detenuti sono la metà dei condannati alle misure alternative, in Italia, questi ultimi sono al massimo un terzo di coloro che affollano le carceri. Si va così contro la tendenza ad utilizzare la privazione della libertà del soggetto solo in via residuale, ed esclusivamente per quei soggetti colpevoli di reati particolarmente gravi. L’elevato numero di detenuti rende difficile la distribuzione del lavoro infatti oggi solo uno su cinque riesce a lavorare. Mentre negli anni ‘70 quasi un detenuto su due lavorava durante la detenzione, ma questo era favorito dalla legislazione dell’epoca che retribuiva questi lavoratori in misura molto minore, rendendo perciò molto appetibile per le aziende l’utilizzo di mano d’opera proveniente dal carcere. Con gli anni si è preferito garantire maggiormente i diritti di questi individui, che ora hanno diritto ad uno stipendio più equo per il lavoro offerto. Certamente questo ha portato ad un inevitabile calo dell’offerta di lavoro da parte delle imprese. Il fondamento della rieducazione del condannato sta anche nell’insegnamento, infatti un detenuto su quattro segue dei corsi scolastici. I corsi di alfabetizzazione sono quelli maggiormente frequentati da stranieri, ma solo un terzo viene promosso. Vi sono poi la scuola primaria e secondaria di primo grado, dove il numero di stranieri iscritti supera ancora quello dei compagni italiani, e infine la scuola secondaria di secondo grado che viene frequentata da un elevato numero di detenuti italiani. Nel complesso sono 15.000 coloro che provano a trarre il meglio da questa esperienza, tentando di migliorarsi sul piano scolastico o professionale, con buone speranza di reinserimento nella società Giulio Thiella

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...IL TRENTINO CHE NON LASCIA SOLO NESSUNO...


RUBRICHE

Una fattoria didattica sociale rivolta al mondo della disabilità

Maso Luna

L

a nostra associazione ha avuto l’occasione di passare un pomeriggio presso il Maso Luna a Torcegno dove, da pochi mesi, la famiglia Campestrin, ha aperto una fattoria didattica rivolta al sociale nella quale gli ospiti, soprattutto disabili, svolgono attività ludiche e educative a contatto diretto con la natura tra pecore, capre, asini, pony e cani. Cristian, il capo della famiglia Campestrin, ci ha guidati fino al Maso dove ci hanno accolto i figli e la moglie e insieme ci hanno illustrato le attività che svolgono nella loro fattoria durante tutto l’anno come: l’orticoltura, la floricoltura, la frutticoltura, l’onoterapia (terapia con gli asini), l’allevamento e trekking equestre o escursioni. Prima e durante la visita Cristian ha precisato che ai

La prima proposta educativa che Cristian ci ha illustrato è l’”orticoltura” durante la quale si insegnano i processi di crescita delle piante attraverso la cura diretta. La prima fase prevede la preparazione di un vaso, lo si

colora e successivamente si colloca su un carro vecchio a misura di disabile, poi vi verrà inserita una piantina che a tempo debito troverà

In senso orario a partire dall’alto a sinistra: Cassone che permette all’orto di essere a misura di disabile. L’orto della famiglia Campestrin. La carriola colorata dai ragazzi. Altro cassone accessibile. Un esempio di diario. L’arrivo a Maso Luna.

ragazzi ospiti non viene imposto nulla, ma si danno loro delle idee dalle quali possono prendere spunto per svolgere le attività successive. Le proposte non si esauriscono in una giornata ma coprono un periodo più o meno lungo a seconda della tipologia di progetto scelto.

Iniziamo a conoscere Valentina Bazzani e il suo nuovo libro

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Le paure di una società che non comprende il diverso

“Quattro ruote e tacco 12”

o conosciuto Valentina l’estate di due anni fa, andando a trovare mia madre che era ricoverata all’ospedale di Malcesine, centro d’eccellenza per il trattamento di vari tipi di disabilità fisica. Di Valentina mi hanno subito colpito la sua folta chioma bionda ed i suoi occhi vivaci. È una ragazza davvero molto bella e la sedia a rotelle non rappresenta affatto un limite all’espressione della sua spiccata femminilità. Valentina trasmette serenità. Il suo eloquio è chiaro e pacato. Il suo sorriso, immancabile. E ha un senso dell’umorismo Valentina capace di scatenare fraBazzani, a fianco gorose risate. Ed è questa la copertina la cosa che più ammiro in del libro lei. La sua autoironia è la sua risorsa più grande. Valentina ha quasi 28 anni, è laureata in Giornalismo e vive a Tarmassia-Isola della Scala, in provincia di Verona. La sedia a rotelle è sua compagna da quando aveva circa 12 anni. Dopo un periodo iniziale di sconforto e di chiusura al mondo, Valentina ha trovato la forza di reagire e ora dona questa forza a piene mani a chiunque sia pronto ad accoglierla. Con il supporto di una famiglia che l’ha sempre sostenuta e grazie ad una rete di amicizie intense e leali, Valentina è riuscita a trasformare la malattia in opportunità. Il 6 settembre di quest’anno, ho avuto la

fortuna e l’onore di poter assistere alla presentazione del suo libro: “Quattro Ruote e Tacco 12”. Elegantissimo e fresco, il libro - che ho divorato - rispecchia appieno l’animo limpido e genuino della sua autrice. È un libro scritto con la freschezza dei 27 anni, un libro che profuma di voglia di vivere e di gratitudine alla vita stessa. Nonostante il dolore. Nonostante la malattia. Nonostante tutto. È un libro che narra la storia di chi ha sofferto ma di chi ha anche avuto la fortuna, nella sofferenza, di non essere solo. Valentina è riuscita a trattare temi molto difficili con leggerezza e profondità contemporaneamente: la malattia, la sofferenza, il dolore, ma anche l’amore, l’amicizia e la sua fede, senza scadere mai nella banalità. La seconda parte del libro è dedicata ad una raccolta di interviste che Valentina ha effettuato nel corso degli anni durante il suo lavoro di giornalista. E proprio grazie al suo lavoro, Valentina ha avuto l’occasione di conoscere il Maestro Giovanni Allevi, che ha scritto la prefazione al libro. Spero di riuscire a portare presto Valentina a Trento, per farvela conoscere, anche attraverso il suo libro “Quattro Ruote e Tacco 12”. Perché Valentina è, prima di tutto, Femminilità e Ironia. Eleonora Avi

posto nell’orto. Il compito dei ragazzi è quello di prendersi cura della propria piantina per poi raccogliere e portare a casa un vero e proprio raccolto. L’attività è programmata seguendo le stagioni e quindi: in primavera si semina e in estate o autunno si raccolgono le verdure. Nella fattoria si lavora anche sul tema del riuso, infatti, per esempio, i ragazzi con la collaborazione della famiglia hanno trasformato una carriola arrugginita in un vaso, colorandola e collocandoci all’interno delle piante di fragola. Vengono poi proposte attività con gli animali organizzando delle giornate dedicate ad uno dei diversi animali presenti nella fattoria: durante la giornata dedicata all’asino viene raccontata la sua storia, viene spazzolato, lavato e portato a spasso dai ragazzi ospiti. I ragazzi poi avranno la possibilità di creare un proprio diario dell’esperienza con immagini, pensieri ma anche ciocche di criniera degli asini o dei pony oppure qualche ciuffo di lana degli agnellini. Alcuni ragazzi hanno fatto un’esperienza molto bella e particolare, ogni venerdì e sabato si sono presi cura di due agnellini dando loro il latte con il biberon seguendo passo per passo la crescita dei due cuccioli. Durante l’estate e in inverno, se le giornate lo permettono, la famiglia Campestrin propone anche trekking equestre, con cavalli o asini, dove i ragazzi condividono con gli animali la fatica della camminata e magari il peso dello zaino ma riescono a socializzare e ad apprezzare la natura che li circonda. In mezzo alla natura e agli animali la fattoria del Maso Luna offre a tutti, oltre all’occasione di vivere direttamente la natura, dei sereni momenti di relax. Maurizio Franchi

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L’importanza della conoscenza reciproca

ecentemente tutte le maggiori testate giornalistiche, forse più interessate allo scandalo che al tema sociale, hanno raccontato la vicenda riguardante un avviso, affisso alle porte di un asilo, recante un messaggio dal contenuto a dir poco ambiguo, quasi incomprensibile a una prima lettura. L’infelice messaggio comunica l’intenzione di non far incontrare i bambini con i disabili, ospiti delle suore che gestiscono la scuola materna, per non impressionare i piccoli. La tendenza attuale che porta i media a trovare un capro espiatorio, ha condotto ad accusare una suora dell’istituto, che personalmente ha scritto e affisso l’avviso. Credo che questo atteggiamento superficiale quanto improduttivo faccia perdere di vista la possibile soluzione pacifica della questione. L’anno scorso, durante il tradizionale incontro con gli ospiti disabili, i genitori dei bambini hanno rimproverato le suore perché i piccoli si erano impressionati, e di conseguenza la decisione di quest’anno è stata di non ripetere l’appuntamento. Il tentativo di tutelare i piccoli può diventare controproducente nel

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momento in cui impedisce l’incontro e il confronto con persone apparentemente diverse, non per questo da escludere o evitare ma da conoscere e rispettare. Coltivare una cultura ed un’ accettazione della diversità in giovane

Il triste comunicato

età permette di combattere pericolosi pregiudizi in età adulta. La conoscenza reciproca sviluppa una maggiore consapevolezza della realtà che ci circonda, aiutando ad apprezzare chi non ci assomiglia, in un rapporto che arricchisce entrambi. Speriamo che episodi del genere siano di insegnamento e facciano riflettere su quanto sia facile cadere nel pregiudizio e quanto esso possa incidere nella nostra vita quotidiana. Giulio Thiella

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Stampa della Provincia APP realizzata dall’Ufficio “Incentivi PAT ” è la nuova imprese gli incentivi a conoscere ai cittadini e alle far per nto Tre di ma autono vari settori pubblici e messi a disposizione dai ich nom eco à ivit att le le sostegno del e in un unico luogo tutte PAT ” ti darà modo di trovar ivi ent inc della Provincia. “Incentivi gli i ne. Sono moltissim plice sistema di navigazio sem un con oni azi rm info rivolti e alla tipologia divisi in base a chi sono one raccolti, catalogati e sud tto a te! Buona Navigazi che trovare quello più ada d’intervento… Non resta

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Provincia autonoma di Trento

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S O C I E TÀ

Il nuovo Museo della Scienza ha aperto a tutti i suoi spazi espositivi, i laboratori e la serra tropicale

Finalmente il MuSe

L’

ultimo week-end di luglio 2013 sarà ricordato anche come data di apertura al pubblico del nuovo Museo delle Scienze di Trento in Corso del Lavoro e della Scienza 3 situato nel nuovo quartiere Le Albere. Il MuSe, infatti, è stato inaugurato con una grande festa di 24 ore no stop tra scienza, arte e natura proponendosi come luogo d’esplorazione e dialogo aperto a tutti. Io c’ero non solo come curioso e attento frequentatore di musei ma anche con l’incarico di volontario e parte attiva dell’organizzazione per cui ho potuto verificare se per l’evento avevano tenuto conto delle problematiche concernenti i disabili. La festa esterna con grandi palchi e spazi aperti liberi al pubblico non presentava particolari problematiche se non quelle imputabili al caldo torrido e al gran numero di persone accorse all’inaugurazione. Il comitato organizzativo dell’evento ha dimostrato molto sensibilità dando spazio anche ad artisti disabili, come l’orchestra sinfonica “Allegromoderato” di Milano, formata da musicisti con disabilità cognitiva e professionisti, e avvalendosi dell’associazione “AbC Onlus” che ha tradotto nel linguaggio italiano dei segni (LIS), i discorsi della cerimonia inaugurale, i talk show e gli interventi degli esperti. Il vero protagonista, però, è stato naturalmente il nuovo museo e la curiosità del pubblico è stata ben ripagata. L’organizzazione ha agevolato i disabili riservando loro un’entrata agevolata dal Corso del Lavoro e della Scienza, la nuova strada, a lato del supermercato di via Monte Baldo, che fiancheggia la ferrovia fino all’ingresso principale del MuSe. Il grande afflusso di gente ha costretto comunque tutti ad attendere che gli spazi interni del MuSe si liberassero per potervi accedere in sicurezza. I disabili potevano raggiungere le aree espositive del MuSe con facilità perché gli ascensori erano riservati a loro. Il personale di sorveglianza si è occupato direttamente di segnalare le richieste dell’ascensore e ognuno era presidiato da un volontario incaricato di accompagnare ai piani il disabile e i suoi amici o parenti. In uno dei turni di volontario ho fatto anch’io l’addetto agli ascensori, un’attività che credevo noiosa ma che è risultata invece una bella esperienza a livello umano in quanto mi ha permesso di verificare la soddisfazione di tutti gli utenti che ho trasportato su e giù dai piani. Maurizio Franchi

L’associazione Prodigio va a scoprire il nuovo Museo delle scienze naturali per sperimentare la sua accessibilità

La nostra visita al MuSe

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lcuni volontari di Prodigio il 9 agosto, a circa una settimana dall’inaugurazione, si sono recati con il nuovo pulmino presso il Museo delle Scienze non solo per visitarlo, ma anche per testare la sua accessibilità, così da poterlo inserire come proposta culturale ai suoi soci. Il primo problema da affrontare in ogni spostamento con persone disabili è il parcheggio; nel nostro caso gli stalli erano pochi e lontani dall’entrata del MuSe in quanto, per problemi logistici legati alla recentissima apertura, il parcheggio sotterraneo con accesso diretto era

A fianco il Muse visto da dentro e da fuori. Sopra Giuseppe Melchionna sulla terrazza del Muse.

chiuso al pubblico. La persona disabile ed il suo accompagnatore entrano gratis nel Museo senza fare la fila per cui è stato veloce entrare nel vivo del percorso espositivo. Il programma prevedeva di partire dalla terrazza panoramica e poi scendere mano a mano ad ogni piano per concludere la visita con la “Serra Tropicale” e

quindi utilizzando gli ascensori spaziosi e interamente in vetro abbiamo raggiunto il punto più alto del MuSe. Da lassù si gode di una vista privilegiata: il palazzo delle Albere, lo stadio Briamasco, il nuovo quartiere, la pista ciclabile, l’Adige, parte della città e delle montagne che circondano il museo. A questo punto è iniziata la vera visita culturale del Museo, partendo per similitudine proprio dalle alte quote, infatti, il quarto piano, con le sezioni: “Avventura tra i ghiacciai”, “Clima e organismi viventi” e “Esplorazione e ricerca”, Sito del MuSe mette i visitatori a contatto con fenomeni quali le valanghe, i venti di alta quota e permette di toccare un vero ghiacciaio. Senza nessun problema anche la carrozzina elettrica di Giuseppe ha girato comodamente fra gli stand del terzo settore dedicato alla natura alpina, con la possibilità di toccare con mano animali e piante nonché del secondo piano destinato al tema della “storia delle dolomiti”. Anche il primo piano rivolto alla tematica “Dai primi uomini sulle alpi al futuro globale” è risultato avvincente, specie il laboratorio “FabLab & Show Room”, un’area che consente ai visitatori di essere protagonisti della tecnologia futura grazie alla possibilità di progettare e stampare in 3D le proprie invenzioni e quindi creare i propri oggetti tecnologici fatti su misura. La visita è risultata interessante e coinvolgente, originale lo spazio centrale allestito con animali appesi nel vuoto. Un’unica osservazione, che abbiamo provveduto a riferire al personale di sorveglianza, è che i monitor touch screen sono troppo alti e non permettono una facile lettura e utilizzo ai disabili su carrozzina i quali, secondo noi, non possono godere appieno dell’interattività. Abbiamo constatato che il MuSe è una struttura adatta ed accogliente per tutti, ideale per una bella uscita; senza dimenticare che nelle immediate vicinanze c’è un bel parco utilizzabile per una pausa picnic. Maurizio Franchi

Il racconto della sua disabilità, della voglia di vivere e di dare la vita

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Elena mamma e moglie disabile, parola d’ordine: normalità

a normalità non è la sola parola importante nella vita di Elena S., classe 1972, paraplegica a causa di un incidente automobilistico all’età di diciannove anni. Un’altra parola guida che contraddistingue Elena nella sua vita di madre e moglie è serenità. Questo mix di normalità e serenità è quello che ho respirato quando sono entrata per la prima volta nella sua bella casa in provincia di Cuneo. Avevo letto il nome di Elena tante volte tra le liste degli atleti iscritti nell’associazione sportiva con la quale collaboro, ma non sapevo chi fosse perché lei aveva gareggiato per poco tempo. Poi ci siamo finalmente conosciute nella sua casa, spaziosa e solare. Non avevo visto l’ascensore, e il mio primo pensiero è stato: “Che fai, voli per arrivare fin qui?” poiché a causa del suo dinamismo non mi sarei stupita più di nulla. Abbiamo subito iniziato a parlare a ruota libera da buone coetanee e il racconto della vita di Elena, intenso e sorprendente, è venuto fuori in modo fluido e sereno. “Sono rimasta orfana a 10 anni. Nel 1982, mia mamma è mancata. Mio padre ha deciso di ripartire con una nuova vita con una donna, che però, in quel momento, non accettava facilmente né me né gli altri figli. Così noi fratelli, come tutti i ragazzi che crescono in fretta, ci siamo presi cura l’uno degli altri fino alla maggiore età. Poi

finita la scuola superiore, ho deciso di realizzare i miei sogni sposando la persona della quale nel frattempo mi ero innamorata. Con Livio abbiamo bruciato subito le tappe, in pochi mesi eravamo già sposati ed io ero una giovane sposa diciannovenne e felice!”

“Purtroppo l’infausto destino, o tu dirai la sfortuna - prosegue Elena -, ci ha messo lo zampino. Livio ed io tornavamo da una serata in discoteca con altri due amici, Francesco e Gianni; Gianni, che era alla guida, è un ragazzo molto tranquillo e soprattutto molto sobrio che, purtroppo, non controllò abbastanza la macchina in una curva”. Elena si interrompe un attimo, facendo un sorriso. Non è doloroso per lei, ma è pur sempre ricordare l’incidente. Poi riprende: “Sono stata sbalzata fuori dall’abitacolo dalla parte posteriore perché ero seduta sul sedile posteriore, in quanto nel 1991 non c’era l’obbligo di allacciare le cinture anche dietro. Mi recuperarono tra i campi, sono stata l’unica che riportò danni seri: fratture

ossee varie, uno pneumotorace, e soprattutto la lesione midollare D6- D7 che all’inizio si è creduto fosse totale”. Elena non ci racconta del periodo dell’ospedalizzazione, degli interventi chirurgici, della rianimazione, della debolezza fisica, della riabilitazione, forse perché non sono stati momenti idilliaci. Ci racconta invece della paura che aveva pervaso all’inizio la vita di due giovani sposi e il coraggio che insieme sono riusciti a trovare per riprendere la normalità della vita, pur con le nuove difficoltà, pur con la sedia a rotelle di Elena che ormai sarebbe stata una compagna nel loro matrimonio. “Ci facciamo un caffè?” - Abbiamo bisogno entrambe di una pausa. Elena si destreggia bene nella sua cucina e arriva immediatamente con il vassoio, tazzine e zuccheriera. Mentre io giro ancora il cucchiaino nella tazzina, ricomincia il suo racconto. “Tutti credevano che la mia lesione fosse totale. Al ché un medico, data la mia giovane età, e i miei traumi, mi aveva consigliato senza troppi giri di parole di spararmi un colpo in testa. E invece, riassorbitosi l’ematoma alla colonna, ho scoperto riacquistando una certa sensibilità sulla pelle, che la lesione era parziale. Nessuno ci aveva creduto all’inizio, ma era così. Ci misi l’anima nella riabilitazione, perché tenace com’ero desideravo tornare in piedi, per me, per mio marito e per tutti quelli che mi volevano bene, ed invece, la sensibilità è rimasta, ma di rimettermi in piedi... Emh, son qui seduta da 21 anni.” Elena continua: “Poi tornai a casa e... dovetti rimboccarmi le maniche. All’epoca Livio studiava e lavorava ed io dovevo e volevo fortemente tornare a fare le cose che facevo prima dell’incidente. Volevo fargli trovare la cena pronta, stiragli le camice e non potevo di certo lasciare la casa sporca.

Per tutte le superfici, le suppellettili e i mobili che erano alla mia portata non c’era problema. Ma lavare i vetri, riordinare i piani alti degli armadi erano mestieri improponibili, allora cercai di ingegnarmi con tutti gli ausili possibili e alla fine ero felice di essere diventata una brava casalinga. Riacquistai a poco a poco la mia femminilità e pur in carrozzina mi sentivo una donna completa. Ma desideravo di più. Desideravo essere mamma. Nessuno mi aveva detto che non avrei potuto esserlo e a un certo punto Livio ed io ci trovammo a desiderare un figlio.” “Ho avuto una splendida gravidanza - dice sorridendo - avere un figlio in grembo significava prendermi maggiormente cura di me stessa, alimentarmi bene, irrobustirmi, affrontare la vita con positività e poi... e poi nel 1993 è nato Alessandro. Mio filglio è stato in assoluto colui il quale mi ha sempre visto in modo normale, più del papà, più dei suoceri, più degli amici. Ed io ho trovato il modo di essere una mamma uguale alle altre. Sono stata per otto anni insegnate della sua classe nell’ambito della catechesi parrocchiale, (Elena mi strizza l’occhio), è stato un modo anche per integrarmi con le altre mamme!” Poi Elena ha iniziato a lavorare. ”Sentivo la necessità di avere una casa dove potermi girare bene, nella quel poter fare tutto da sola e allora decisi di ristrutturare qua su, che era stato all’inizio il nido d’amore per me e Livio. E con il lavoro si sa qualcosa negli anni ho dovuto sacrificare! Ho sacrificato lo sport! Adesso non chiedermi ancora perché nell’ambito della P.a.s.s.o. non pratico più Tennis in carrozzina ed handbike, non sono mica wonder woman!” Mi congedo da Elena con la promessa i tornare una sera a cena, da una donna normale e serena e proprio per questo “super”. Dorotea Maria Guida

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Facciamo crescere i legami che fanno crescere Cosa significa accogliere? Ecco come lo raccontano Valentina e Francesco:

Pagina a cura del Comune di Trento

Dopo alcuni mesi che io e mio marito parlavamo del desiderio di accogliere qualcuno in famiglia, sollecitati da una amica che ci ha parlato dello sportello affetti speciali, abbiamo letto con più attenzione un’inserzione del servizio. Abbiamo raccolto informazioni da internet e dopo una telefonata siamo stati ricevuti per un primo incontro. Fin da subito abbiamo capito che quello spazio era fatto per noi: ci permetteva di capire se eravamo fatti per accogliere qualcuno in casa attraverso una proposta semplice, non per forza problematica, e allo stesso tempo ci metteva in gioco seriamente. Nessuno ha preteso da noi se non quello che siamo stati disposti ad offrire come impegno, sia in termini di tempo che di responsabilità. Poche settimane dopo, il servizio ci ha proposto di fare compagnia a Sofia perché potesse vivere durante la settimana dei momenti di svago e gioco insieme ai nostri due figli. Sofia è una bambina molto dolce, serena e desiderosa di passare del tempo piacevole insieme. Anche una proposta così semplice richiede un impegno quotidiano: organizzare le giornate perché sia i nostri maschietti che prediligono la montagna e il bosco sia Sofia che adora l’acqua possano essere contenti, capire che anche da un pomeriggio al parco si può ricavare un bene per sé e per gli altri. A volte serve mettere a disposizione del tempo, se stessi e la propria attenzione e non chissà quali doti o capacità particolari. Anche i nostri figli, chiamati ad andare oltre ai loro desideri, imparano con il nostro sostegno a guardare l’altro e non solo se stessi. Sono state ventotto le famiglie che nei primi mesi dell’anno si sono rivolte allo Sportello affetti speciali per chiedere informazioni, undici hanno dato la loro disponibilità, e a fronte di ventitrè richieste d’aiuto dei servizi sociali territoriali sono stati attivati nove nuovi progetti di accoglienza, con trentatrè minori accolti. Le richieste sono in progressivo aumento, e c’è quindi bisogno di persone e famiglie disponibili a prendersi cura per alcuni momenti della giornata di bambini e ragazzi provenienti da famiglie in temporanea difficoltà. Chi fosse interessato ad avvicinarsi a queste forme di solidarietà può chiedere un appuntamento per un colloquio informativo e, se disponibile, sostenere alcuni colloqui di conoscenza per cogliere gli elementi utili al fine dell’abbinamento con la situazione del bambino e della sua famiglia. Per l’autunno/inverno è in programmazione anche un corso formativo sul tema dell’accoglienza. Per informazioni: Sportello affetti speciali, corso Buonarroti n. 55 - n. tel. 0461/889948 www.comune.trento.it (Area tematica Politiche sociali e abitative) accoglienza_familiare@comune.trento.it

Che fine fanno i nostri rifiuti?

Sito Internet del Comune di Trento: www.comune.trento.it Numero Verde 800 017 615

A Trento si differenzia sempre di più: tra giugno di quest’anno e lo stesso mese dell’anno scorso il residuo si è ridotto del 23,8 per cento, mentre il valore medio della raccolta differenziata si è attestato a giugno al 74,34 per cento, circa dieci punti percentuali in più rispetto allo stesso mese del 2012. Nei primi sei mesi di quest’anno i ricavi dalla vendita dei rifiuti riciclabili, vetro, imballaggi leggeri, carta e cartone, metalli e batteri, olio vegetale, fino agli abiti usati, superano i 930mila euro. Effettuare una corretta raccolta differenziata, sia da parte dei cittadini che del gestore del servizio, non ha solo una forte valenza ambientale, ma anche economica. Da un lato infatti, i mate-

riali riciclati diventano base per la creazione di nuovi prodotti, riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente, la produzione e l’utilizzo di nuovi materiali, dall’altro il guadagno della vendita di materiali riciclabili libera risorse utili a coprire parte del costo della gestione del servizio di igiene

urbana, che per legge deve essere interamente coperto dalla tariffa pagata dagli utenti. Tra i materiali riciclabili quelli che attualmente hanno una migliore “resa” sul mercato sono gli abiti usati, gli imballaggi leggeri e il cartone. Un aspetto fondamentale è la qualità del materiale raccolto, che, se elevata, garantisce il miglior trattamento e la maggior quantità di recupero effettivo. La raccolta differenziata effettuata oggi a Trento presenta standard elevati. Ad esempio, l’ottima qualità della carta consente di vendere il materiale raccolto in città anche a recuperatori del nord Europa che provvedono alla selezione per ottenere materiale da indirizzare a cartiere produttrici di carta da quotidiano, più pregiata rispetto all’impiego tradizionale per la produzione di imballaggi in cartone. Per quanto riguarda gli imballaggi leggeri, il vecchio sistema di raccolta congiunta di tutti gli imballaggi, compreso il vetro, presentava valori di impurità mediamente superiori al 35%, mentre il sistema con sacco azzurro ha consentito un notevole miglioramento, con un valore medio di impurità prossimo al 25%. Un valore ancora elevato rispetto alle altre raccolte differenziate, che evidenzia la difficoltà di distinguere la funzione del bene che si vuole gettare rispetto al materiale di cui è costituito: un giocattolo in plastica non può essere inserito nel sacco azzurro perché non è e non ha mai avuto la funzione di imballaggio. Potrà essere recuperato, ma solo portandolo al centro raccolta materiali, dove è disponibile un container per la “plastica”, mentre potrà invece essere inserita nel sacco azzurro la confezione in materiale plastico in cui quel giocattolo era imballato nel punto vendita.

Trento Informa: notizie e partecipazione ora anche su Facebook È da poche settimane on-line sul social network Facebook la pagina ufficiale del Comune, Trento Informa: un nuovo canale che propone notizie utili e indicazioni per chi vive e lavora a Trento e che, garantendo a quanti la seguiranno l’aggiornamento sulle novità che riguardano la città, consentirà a chi lo desidera di avviare anche un dialogo con l’amministrazione, commentando le notizie e i temi proposti. L’utilizzo della rete e l’attenzione degli italiani

verso i social network hanno avuto un impatto tangibile sull’attività on-line di numerosissime realtà istituzionali e commerciali e stanno iniziando ad averlo anche sulla pubblica amministrazione: in Italia la presenza dei comuni capoluogo sui social media risulta ancora piuttosto limitata, dal momento che sono poco più di uno su due (il 52%) quelli che hanno una pagina ufficiale su Facebook, ma si tratta di un rapporto destinato a cambiare. L’amministrazione comunale, consapevole della crescita costante del numero di cittadini che conoscono ed utilizzano i social network, ha voluto credere nella pervasività del web “sociale” ed ha optato per la creazione della propria pagina su Facebook, Trento Informa. Tra gli scopi, oltre a quello di voler raggiungere un sempre più ampio e diverso numero di cittadini, quello di costituire uno strumento di partecipazione e non di semplice comunicazione unidirezionale. La pagina è infatti moderata dall’ufficio Stampa in stretta collaborazione con l’Ufficio Relazioni con il Pubblico, così da essere il più possibile in grado di dare delle risposte alle richieste e ai suggerimenti dei cittadini (e le segnalazioni su temi specifici, come ad esempio la manutenzione delle strade, verranno sempre inserite nell’apposito sistema informatico “SensoRcivico” perché possano essere gestite dagli uffici competenti). Diventare un fan di Trento Informa, ovvero un seguace della pagina (cioè cliccare “Mi piace” nel momento in cui la si visita), consente a coloro che dispongono di un account personale la visualizzione costante ed automatica di tutti gli aggiornamenti dal Comune, come ad esempio eventi culturali ed eventi in città, novità nei servizi comunali, lavori pubblici, attività dell’amministrazione, notizie sulla città e sulla mobilità. www.facebook.com/Trentoinforma

Mercati contadini di Trento: dal produttore al consumatore I mercati dei produttori agricoli nascono con l’intento di valorizzare la vocazione agricola del territorio, favorendo occasioni di diretto contatto tra produttori e consumatori, per calmierare i prezzi dei prodotti, garantirne l’origine e la qualità, favorire ed incentivare il consumo di prodotti di stagione e dei prodotti “a chilometri zero”. Dal 2006 è attivo il primo mercato contadino della città, ora localizzato in piazza Dante. Sulla scia del notevole successo riscosso tra la cittadinanza è stato deciso di istituire il mercato contadino S. Giuseppe, in via Fabio Filzi. Entrambi i mercati, affidati alla gestione di Coldiretti, offrono una vasta gamma di prodotti genuini del territorio trentino: ortofrutta, produzioni zootecniche, prodotti freschi e trasformati e prodotti biologici. Per chi non li avesse ancora provati, ecco gli orari di aperturadei due mercati contadini di Trento: Piazza Dante (Circoscrizione Centro storico - Piedicastello) ogni sabato, esclusi i festivi, dalle 7.30 alle 13; via Fabio Filzi (Circoscrizione San Giuseppe - Santa Chiara) ogni mercoledì, esclusi i festivi, dalle 7.30 alle 13.


L’arte del riuso di chi non ha più nulla

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Riciclo creativo

gni giorno buttiamo più cose di quelle che consumiamo, praticamente ogni cibo comperato è contenuto in almeno due confezioni. Plastica, cartone, metalli come alluminio e ferro riempiono i nostri bidoni della raccolta differenziata. Sì, un passo avanti rispetto a soli pochi anni fa quando era

a crearsi da solo negli anni ‘60 una macchina fotografica perfettamente funzionante con la quale è stato in grado di immortalare momenti di vita urbana che raccontano di disagio sociale e di emarginazione. Da giovane studiò all’accademia d’arte a Praga, si estraniò prima dalla vita politica e poi da quella sociale; da metà secolo smise di dipingere e iniziò la sua vita da closhard. Rimasto completamente sconosciuto al pubblico fino ai primi anni del 2000,

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nel 2005 le sue opere sono state riscoperte ed esposte. Istanti crudi della realtà di strada che raccontano la vita di una piccola cittadina dell’Europa dell’Est sotto il regime filo-sovietico. Prostituzione dilagante e povertà hanno ispirato Tichy fino a portarlo ad una sensibilità che ci fa riflettere. Un esempio come questo, ci mostra come l’ingegno umano, lo stato di necessità e la voglia di esprimersi possono essere una grande opportunità per vedere il rifiuto non più come qualcosa di negativo, ma anzi una risorsa inestimabile. Lorenzon Pupi Giulio Thiella

L’ANGOLO DELLA POESIA

norma comune buttare tutto in un unico contenitore, e questo finiva a rimpinzare discariche e inceneritori. Preciso che la situazione descritta si riferisce a un contesto regionale ben definito. In Trentino il sistema della differenziata è abbastanza radicato, nonostante ciò, c’è ancora chi getta la spazzatura nell’ambiente e chi brucia plastica nelle stufe durante l’inverno. Oggi il dogma del riciclo è entrato nelle nostre menti dopo anni di sensibilizzazione da parte delle amministrazioni pubbliche, gruppi di ambientalisti e in generale una cittadinanza che si è scoperta attenta a questa tematica divenendo più responsabile. Bene tutto questo progresso non è abbastanza. Questo dato è lampante: in un paio di giorni, forse tre, nonostante si stia attenti a comprare cibo meno confezionato possibile, riusciamo a riempire i bidoni colorati dedicati a carta, plastica, lattine e vetro. È veramente difficile evitare questo accumulo regolamentato di differenziata. È vero che tutta questa mole verrà riciclata, ma inevitabilmente parte di essa ripercorrerà le solite rotte. C’è qualcosa che non funziona nel sistema. Poche norme restrittive sugli imballaggi, e troppe norme dedicate alla conservazione dei cibi e forse troppi cibi conservati. Il problema è, a detta di molti, enorme e bisogna esserne consapevoli, ma soluzioni funzionali a risolverlo esistono: come ad esempio l’acquisto di cibi e liquidi sfusi. Si ha sempre un ottimo prodotto e magari anche a km 0 al quale si può accedere sempre con uno stesso contenitore senza creare alcun rifiuto da imballaggio. D’altronde non è mica un’invenzione dei tempi contemporanei. Anche se qualche ben pensante cerca di rivendicare la novità ecologica, cinquant’anni fa era normale recarsi in drogheria a prendere saponi sfusi, farina, pasta, pane, carne e verdura con un semplice sacchetto di tela, un cestino in vimini, insomma un normale contenitore casalingo, senza dover utilizzare sacchetti, sacchettini, strati su strati di plastica. Spesso però uno spunto lo si può trovare nei posti più impensati, lontano da dove cade l’attenzione comune. È il caso di Miroslav Tichy artista europeo, originario di Kyjov in Repubblica Ceca che prima di tutti ha saputo trarre beneficio dai rifiuti che l’uomo gettava. La sua pulsione nell’immortalare la realtà intorno a lui l’ha portato

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TU Ti ho incontrata sulla riva del mare mentre giocavi con l’acqua... la tua corona di capelli biondi brillava al sole... eri bella e sorridente come una dea mentre la tua voce esprimeva un canto d’amore... mi sono avvicinato a te ed ho incrociato il tuo sguardo... poi le nostre mani si sono legate carezzevolmente e ci siamo incamminati sulla rena oro come bimbi felici verso il destino sconosciuto. Luciano Trentini

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Per info chiama i numeri: 0461 925161 o 335 5600769, oppure visita il nostro sito: www. prodigio.it. Siamo a Trento, in via Gramsci 46 a/b

pro.di.gio. progetto di giornale | www.prodigio.it | redazione@prodigio.it | ottobre 2013 - n. 5

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